Il mestiere del sonettista. Un metacanzoniere ... - Europa Orientalis
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106 Sanja Roié<br />
mente, Rastanak scolastico segna la partenza da Roma e in epigrafe<br />
reca l'indicazione "maccheronico, ma senza maccheroni". Maroevie<br />
ritorna al procedimento <strong>del</strong>la versificazione stratificata, rime dispari in<br />
italiano, pari in serbo-croato. Non evita le citazioni intratestuali, i<br />
richiami ipernoti a Petrarca ("chiare o fresche — non saprei mica", v.<br />
3), a Dante ("di Croazia, forse, si direbbe", v. 9) e a Calvino ("gli<br />
incubi d'una notte <strong>del</strong>l'inverno", v. 15) che gettano luce sulla sua<br />
posizione di romario, non più quell'umile quasi indigeno che veniva<br />
a mirare "la Veronica nostra", ora nella situazione <strong>del</strong> "nuovo romario",<br />
che deride il proprio dubbio se fosse stato meglio tacere o<br />
stendere, con falsa umiltà, come sta appunto facendo davanti agli<br />
occhi dei suoi lettori, i propri incubi letterari e esistenziali.<br />
4. CODA<br />
Conseguente fino all'ultimo nel perseverare le linee direttrici sull'orlo<br />
<strong>del</strong> grottesco <strong>del</strong> suo progetto di mondo sonettistico, abitato da interlocutori<br />
reali e immaginari, alcuni dei quali nel frattempo diventati<br />
fantasmi, a causa <strong>del</strong>la perversa realtà bellica e postbellica nello spazio<br />
culturale e intellettuale degli slavi meridionali, dai "molteplici io",<br />
alcuni dei quali talvolta scomodi, ma sempre pronti alla scommessa e<br />
al gioco, Maroevie non cade nella facile posa o nell'affettazione pseudosapiente<br />
che potrebbe diventare fine a se stessa. Non smette di<br />
autointerrogarsi se il suo ludismo linguistico e metrico slavo-italiano<br />
abbia senso e fondamento, quale sia la validità, quale sia la resistenza<br />
<strong>del</strong> materiale poetico, quale l'abilità <strong>del</strong> <strong>mestiere</strong>. Le parole proibite? I<br />
nomi consacrati? Le forme dalla torre d'avorio? Non tabuizzare è il<br />
suo programma, ma nello stesso tempo non volgarizzare, perché il discorso<br />
poetico rimane sempre alto. L'autoironia non insabbia le proprie<br />
tracce, i propri debiti letterari o poetici, i propri dubbi linguistici.<br />
Nel paesaggio mutilato <strong>del</strong> vivere, mentre "il vuoto sta in agguato<br />
nella propria cavità" (XI, 14) si può ancora tentare l'avventura <strong>del</strong>la<br />
parola, scrivere "l'ultimo sonetto" nella partita a scacchi con la Morte,<br />
sonetto sull'assenza di tutto (e persino di sillabe!), fatto di sole lettere<br />
iniziali che lette verticalmente, come in una sorta di parole crociate<br />
(magari crucciate per l'autore!): Jamo moja sam sam (XIII). E ancora<br />
riderci sopra, perché domani può apparire una nuova raccolta su un<br />
nucleo tematico davvero inaspettato, persino su Laure o Beatrici, ma<br />
nel caso di Maroevie piuttosto Becchine novecentesche.