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TRASFORMAZIONI DELLE PROFESSIONI E REGOLAZIONE IN EUROPA
di qualità e sulla loro certificazione da parte di aziende specializzate.
Nel caso italiano poi, la pressione delle nuove professioni
per un maggior riconoscimento sociale si è come “incontrato” e
sommato con la tendenza delle istituzioni europee a considerare
nel nuovo contesto internazionale le professioni intellettuali come
imprese produttrici di servizi e, in quanto imprese, da sottoporre
alle regole del mercato.
La scelta della Comunità europea di considerare le professioni
come imprese di servizio, ha implicato conseguentemente
la richiesta di una riforma liberalizzatrice del sistema di regolazione
e in particolare degli ordini professionali. La riforma veniva
richiesta in quanto il sistema ordinistico italiano, e soprattutto
la riserva di attività e la fissazione di tariffe minime che
stanno alla base dei poteri degli ordini in Italia, erano ritenute
responsabili della creazione di sacche di imprese professionali
protette dalla concorrenza. In Italia l’ente che con più continuità
ha sostenuto queste posizioni è stata l’Autorità garante della
concorrenza e del mercato (Agcm), o Antitrust. Esso, a più riprese,
e con vari documenti ha richiamato il governo e
l’opinione pubblica sulla importanza della liberalizzazione.
Ne è scaturito un lungo e acceso dibattito tra favorevoli e
contrari alla liberalizzazione delle professioni in Italia, che ha
contraddistinto l’ultimo decennio e che ha condotto a varie ipotesi
di riforma. Tuttavia le uniche modifiche introdotte sono
quelle, abbastanza limitate, del decreto Bersani del 2006 di parziale
liberalizzazione di alcuni servizi farmaceutici e di abolizione
delle tariffe minime. Le ipotesi di riforma poi del successivo
governo Berlusconi, dopo lunghe discussioni, sono finite
infine nell’elenco degli interventi urgenti concordati con le auto-
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