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rivista 1-2-2005 - Sindacato Libero Scrittori Italiani

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Molti hanno avvertito in Giovanni Paolo II il primato<br />

della fede, il suo servizio alla Chiesa e all’umanità<br />

come un punto di riferimento e di orientamento.<br />

Si può affermare questo, ben sapendo che<br />

la sua figura non può essere colta e valutata in<br />

tutta la sua portata ecclesiale e storica a ridosso<br />

degli avvenimenti vissuti in questi giorni. Sarà<br />

un’impresa improba anche per gli storici del futuro,<br />

data la larghezza e la ricchezza di un pontificato<br />

che ha incrociato e si è anche scontrato con i<br />

grandi snodi della modernità e i temi che il grande<br />

mutamento epocale pone all’ordine del giorno<br />

della Chiesa per inculturare il Vangelo ed evangelizzare<br />

la cultura.<br />

Sulla grande umanità presente a Roma in questi<br />

giorni, il linguaggio della fede ha parlato davanti<br />

al mondo con la persona del papa morto.<br />

Abbiamo visto un popolo di Dio che si è sentito<br />

Chiesa, assemblea convocata nel suo protagonismo<br />

pubblico spontaneo, non organizzato, ma sintonizzato<br />

dentro l’istituzione, aderendovi, inserendosi<br />

e collaborando liturgicamente nei vari<br />

momenti, dalla veglia al funerale. Una folla disciplinata<br />

che ha accettato fatiche, privazioni, sacrifici,<br />

che si è espressa come forza mossa dallo spirito<br />

nell’acclamarlo “Santo subito”.<br />

Questo protagonismo pubblico del popolo di Dio ci<br />

interpella; è un’eredità che non può andare di-<br />

A N N A C I V R A N<br />

4<br />

spersa. Chiede alla Chiesa, all’istituzione ecclesiastica<br />

di misurarsi e di intervenire e di rispondere<br />

a questa forte ricerca del sacro, a questo bisogno<br />

inedito di paternità spirituale, di conferma<br />

della fede, di vita secondo lo Spirito.<br />

Ciò che Giovanni Paolo II ha seminato anche con<br />

la sua morte darà i suoi frutti. Li sapremo riconoscere<br />

e raccogliere se questo diventerà per noi un<br />

tempo di rinnovata spiritualità.<br />

Una spiritualità della fiducia e non del pessimismo;<br />

della fedeltà autentica a Dio e non del risultato<br />

immediato; una spiritualità della responsabilità<br />

delle coscienze e non dei divieti; della speranza<br />

e non della nostalgia; della pazienza che sa<br />

guardare al futuro e non della fretta schiacciata<br />

sull’oggi. Una spiritualità che riscopre la vicinanza<br />

alle persone nelle loro relazioni perché è una<br />

spiritualità della salvezza e non della condanna.<br />

Sapremo rispondere alla sfida di questi giorni e<br />

raccoglierne i frutti, assumendo la sete di Dio di<br />

questo mondo globale che passa per la coscienza<br />

e la libertà della persona? La Chiesa, noi che siamo<br />

Chiesa, siamo interpellati a divenire capaci di<br />

esprimere una vera lingua della fede nelle diverse<br />

realtà e culture per parlare a tutti con la Parola<br />

che salva e con la forza dello Spirito. Perché<br />

si possa dire, come per Giovanni Paolo II, che<br />

“ciascuno raccoglierà ciò che avrà seminato”.

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