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maison LaVEZZi - Ezequiel Lavezzi

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Quando le chiedemmo qual era il<br />

posto più bello in cui era stato, rispose:<br />

Parigi. Questo, quanto ha influito<br />

nella scelta di trasferirsi?<br />

«In una percentuale che non so definire.<br />

Parigimi piace perché dovunque guardi<br />

scopri quanto è bella, anche se non è facile<br />

viverci perché la gente è diversa rispetto<br />

a quella italiana o argentina».<br />

In cosa consiste la differenza?<br />

(ride, tossicchia): «Diciamo che non hanno<br />

la stessa naturalezza nel trattare gli altri<br />

che dimostrano gli argentini o gli italiani.<br />

Stanno, come si dice, sulle loro. Sono<br />

riservati. Non sono peggiori o migliori:<br />

sono diversi. Devi abituarti».<br />

Insomma, a Napoli usciva e la portavano<br />

in trionfo, qui invece non la fila<br />

nessuno?<br />

«Qua la gente sa chi sei e ti riconosce,<br />

forse può chiederti una foto o un autografo,<br />

ma non è invadente. Soprattutto,<br />

non si fa impressionare dalla tua fama e<br />

dalla tua professione. A Napoli, ma anche<br />

a Milano, potevo chiamare un qualsiasi<br />

ristorante pure di domenica alle 10 di<br />

sera, sicuro che un tavolo sarebbe uscito.<br />

Qui, se la sala è piena, ti dicono che è<br />

piena. Se vuoi, aspetti. Se no, ciao. Anche<br />

se ti chiami <strong>Lavezzi</strong>. E so di locali dove i<br />

calciatori non sono ben accetti. A Parigi<br />

sei come tutti gli altri, nessuno ti guarda<br />

in maniera diversa, compresi i vigili. Ma<br />

a me è andata bene».<br />

Cioè?<br />

«Mi ero infilato per sbaglio contromano<br />

in una via. Li trovo all’uscita. Sono in<br />

due. Penso: sono finito. Mi chiedono i<br />

documenti, mi guardano e uno dice: ma<br />

lei è il <strong>Lavezzi</strong> che gioca nel Psg? Borbotto<br />

un “sì” perché non so bene cosa mi<br />

convenga rispondere. E aggiungo: scusate,<br />

mi sono perso. Non mi hanno multato.<br />

I compagni hanno detto che ho avuto<br />

un culo grande così».<br />

Le dispiace ricevere meno attenzioni<br />

e considerazione rispetto all’Italia?<br />

«Al contrario, penso sia la cosa migliore<br />

che mi potesse capitare. Io non farò il<br />

“<br />

A Parigi nessuno<br />

si impressiona<br />

perché sei calciatore.<br />

E nessun ristorante<br />

ti libera un tavolo<br />

IN salotto<br />

Eccolo sul divano di<br />

casa, anche questo già<br />

nell’abitazione di<br />

Napoli. Pocho ha al suo<br />

servizio una signora.<br />

calciatore tutta la vita: essere trattato<br />

come una persona normale mi aiuta a<br />

tenere i piedi per terra».<br />

Nella prima intervista a SW disse che<br />

non le importava guadagnare tanto,<br />

ma, ricordando da dove era partito<br />

– l’Argentina, una famiglia povera –<br />

salire nella scala sociale. L’arrivo a<br />

Parigi e al Psg le ha permesso di superare<br />

un altro gradino?<br />

«Sicuramente. Questa è un’esperienza<br />

calcistica e di vita. Una città come Parigi<br />

ti fa crescere anche come uomo».<br />

In cosa sente di essere cresciuto?<br />

«Sto imparando una lingua e un modo<br />

di pensare differenti. Ma si cresce col<br />

tempo in tante piccole cose di cui nemmeno<br />

ti rendi conto. So però che i miei<br />

vecchi amici si accorgono che sono una<br />

persona diversa. Parlavo l’altro giorno<br />

al telefono con un mio vecchio compagno<br />

del San Lorenzo, e a un certo punto lui<br />

mi ha detto: “Come ragioni bene, Pocho,<br />

sei maturato. Si vede che hai approfittato<br />

del calcio per crescere”. Di questo devo<br />

ringraziare innanzi tutto l’Italia».<br />

Cosa le ha insegnato, il calcio, che<br />

non sapeva?<br />

«A conoscere posti migliori di quelli che<br />

frequentavo. Semplicemente, a sedere a<br />

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