BAGNAIA E IL SUO CANTO ORIGINALE - Pier Isa Della Rupe ...
BAGNAIA E IL SUO CANTO ORIGINALE - Pier Isa Della Rupe ...
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<strong>BAGNAIA</strong> E <strong>IL</strong> <strong>SUO</strong> <strong>CANTO</strong><br />
<strong>Isa</strong> e Franco <strong>Pier</strong>ini<br />
‘E bbucie ci-hanno ‘e cianche corte<br />
‘A pucciarella<br />
Commedie bagnaiole<br />
.Il dialetto hagnaiolo così carico d’ironia, così<br />
flemmatico, così strascicato specialmente nell’ultima<br />
vocale, a noi parve un canto. E quel cantare, ingentiliva<br />
tutto, e qualsiasi racconto così narrato diventava<br />
divertente e simpatico. Perfino le antiche “paure”<br />
raccontate la sera “a veja” attorno al camino acceso<br />
nelle notti d’inverno, tramandate sommessamente di<br />
madre in figlio, perdevano la loro drammaticità per<br />
diventare ironiche, così ogni tensione crollava...<br />
<strong>Pier</strong> <strong>Isa</strong> <strong>Pier</strong>ini nasce a Bagnaia nel 1944. A venti<br />
anni inizia a dipingere.<br />
Nel 1980 viene pubblicato il suo primo libro:<br />
Per non morire.<br />
Nel 1981 si diploma all’Accademia di Belle Arti.<br />
Nel 1982 un recital di poesie legare alla sua pittura viene presentato alla sala Regia di Viterbo.<br />
Nel 1984 presenta la mostra personale a tema: “Una donna libera”.<br />
Nel 1986 viene segnalata al premio internazionale di poesia “Eugenio Montale”.<br />
Nel 1987 dipinge il battistero di Bagnaia.<br />
Nel 1990 pubblica il libro: “Le streghe di Montecchio”.<br />
Nel 1986 si unisce a lei nelle ricerche e nella elaborazione dei documenti della tradizione popolare<br />
di Bagnaia Franco <strong>Pier</strong>ini.<br />
Ai nonni<br />
Pippo de Pancotto che faceva l’arrotino sotto la torre, e il Cont ‘Andrea, così chiamato perché,<br />
commerciante, contava i carciofi a Corneto. La sera, quando moriva il sole, s’incontravano<br />
sotto l’arco del castello, davanti a un bicchiere mai vuoto.<br />
<strong>Isa</strong> e Franco<br />
copertina di <strong>Isa</strong> <strong>Pier</strong>ini
<strong>BAGNAIA</strong><br />
Bagnaia e il suo canto<br />
L’archeologo Luigi Rossi Danielli, scrivendo della città di Ferento e delle sue vie di comunicazione,<br />
accenna a una strada che, prima di inerpicarsi sui declivi dei Cimini, toccava al tempo<br />
degli Etruschi un altro piccolo pago che doveva sorgere alle falde di Montecchio, poco lontano<br />
dall’attuale Bagnaia. Recenti ritrovamenti confermerebbero questa tesi.<br />
Desiderio, l’ultimo re dei Longobardi (sec. VIII), in un suo decreto, anche se poco attendibile,<br />
si ascrive il merito di aver eretto dalle fondamenta “Balneariam”.<br />
Venendo ad epoca più recente, il castello e l’abitato di Bagnaia sarebbero sorti dopo la dominazione<br />
Longobarda, quando gli abitanti dei vici vicini cercarono scampo nei luoghi più fortificati<br />
per sfuggire alle incursioni dei Saraceni.<br />
Nel 1174, feudo dei baroni Teutonici e Franchi, Bagnaia diventava possesso di Viterbo.<br />
I consoli di questa città, volendogli fare cosa grata, donarono al loro vescovo Raniero il Castro<br />
di Bagnaia e tutto il suo territorio. Era il 5 ottobre 1202: aveva inizio la storia della Villa di Bagnaia,<br />
che, però, assumerà l’aspetto attuale dopo più di tre secoli.<br />
Nel frattempo i vescovi di Viterbo vi venivano a villeggiare, alloggiando in alcune stanze del<br />
Palazzetto comunale.<br />
Per il parco dobbiamo attendere il 1498 e l’arrivo del Cardinale Raffaele Galeotti Sansoni Riario,<br />
nipote di Papa Sisto IV della Rovere. Questi, attratto dall’amenità del luogo, maturava l’idea<br />
di costruire un barco, cioè un vasto parco recintato e popolato di ricca selvaggina per le delizie<br />
della caccia, sua grande passione. Sarà suo nipote Ottaviano Visconti Riario a delimitare con un<br />
muro il barco, a ripopolarlo di selvaggina e a costruire il primo edificio della Villa: il casino di<br />
caccia.<br />
Nel 1532 il Cardinale Nicolò Ridolfi, nipote di Papa Leone X e vescovo di Viterbo, iniziava la<br />
trasformazione del barco, immettendovi l’acqua di due grandi sorgenti.<br />
Morto il Cardinal Ridolfi, prendeva possesso del castello di Bagnaia e delle sue pertinenze il<br />
Cardinale Giovan Francesco Gambara. Era il 2 settembre del 1568. Il ventottenne prelato era tra i<br />
più ricchi e intelligenti del suo tempo. Nei giorni successivi ebbe contatti con il Vignola, impegnato<br />
nella costruzione del palazzo Farnese di Caprarola, e insieme a questi si adoperava per<br />
1’edificazione della Villa. Il Vignola assecondò l’ambizioso programma del Cardinal Gambara.<br />
La Villa di Bagnaia, nata in un clima di magnificenze, riflette il razionalismo dell’epoca che afferma<br />
il dominio dell’uomo sulla natura.<br />
Ed è proprio in quegli anni che si sviluppava anche “Bagnaia de fora”, ossia fuori del castello.<br />
Narra, infatti, lo storico bagnaiolo Arcangelo Carones nelle sue Memorie Istoriche <strong>Della</strong> Terra<br />
di Bagnaja raccolte nel 1779:<br />
«Non ebbe altro titolo la nostra Patria se non quello di Castello di Bagnaja fino a quasi al decimosesto<br />
secolo; dopo cui cominciò a distinguersi con il nome di Terra, mediante<br />
l’accrescimento di un nuovo Borgo determinato farsi in tempo che li duchi del Monte erano affittuari<br />
perpetui di essa ed indi a poco incominciato dalli propri concittadini a fabricarsi. Il motivo<br />
ne diede il vedersi accresciuto di abitatori il paese senza sufficiente comodo di questi onde diedero<br />
incombenza al bravo architetto Tommaso Chinucci da Siena ivi esistente, acciò ideasse un<br />
nuovo Borgo da farsi contiguo al Castello, intermedio fra la Villa ed il medesimo. Puntualmente<br />
corrispose all’ordine avuto dalli comunisti l’architetto ed esibì al pubblico Consiglio tenutosi per<br />
tal affare nell’anno 1567 la pianta ben formata del Borgo da farsi, la quale esiggé gradimento ed<br />
applauso de Consiglieri ed acciò venisse pienamente eseguita da quelli che i propri o comprati siti<br />
2
Bagnaia e il suo canto<br />
volean costruire di abitazioni fecero espresso divieto che niuno ardisse oltre passar i limiti di<br />
quello, i quali erano ancora stati apposti formalmente con termini nelli siti da vestirsi di fabbriche<br />
dal detto Chinucci dalla di cui vigilanza e comando doveano dipendere. Ed infatti quei che capricciosamente<br />
vollero dilungarsi dal suo disegno furono obbligati a demolire li muri come ho incontrato<br />
ne libri del nostro Comune.»<br />
Franco <strong>Pier</strong>ini<br />
Bibliografia:<br />
- CESARE PINZI, Storia della città di Viterbo. Viterbo 1913, volI.<br />
4, ristampa Bologna 1974.<br />
Il Castello e la Villa di Bagnaia, in “Bollettino storico archeologico<br />
viterbese”, Anno I fase. LII, Viterbo 1908.<br />
—VINCENZO FRITTELLI, Bagnaia cronaca di una terra del patrimonio, Roma 1977.<br />
Bagnaia e la Villa Lante, Viterbo 1979.<br />
-ARCANGELO CARONES, Memorie istoriche della terra di Bagnaja (manoscritto datato<br />
1779), Viterbo 1983.<br />
GIANFRANCO RUGGERI, Villa Lante, Firenze 1983.<br />
3
DALLA RICERCA AL TEATRO<br />
Bagnaia e il suo canto<br />
Un giorno così, quasi per gioco, forse..., io e Franco Iniziammo a raccogliere storie e leggende<br />
riguardanti Montecchio e la sua “piana sacra” che è proprio a fianco del castello di Bagnaia e<br />
conclude la catena dei monti Cimini.<br />
Sulla catena di quelle montagne sono state raccontate un’infinità di leggende, paurose e affascinanti,<br />
meravigliose e terribili.<br />
Cominciammo le ricerche facendo interviste senza immaginare minimamente dove ci avrebbero<br />
condotto.<br />
Andammo per i vicoli del borgo, per le campagne, nei casali; entrammo in un’infinità di case,<br />
muniti soltanto di un piccolissimo registratore che il più delle volte dovevamo nascondere. Molto<br />
presto ci rendemmo conto che quell’apparecchietto innervosiva l’intervistato; per cui, spesso, il<br />
suo racconto veniva sciupato del contenuto narrativo e impoverito nell’espressione verbale del<br />
dialetto, perdendo quella musicalità che tanto caratterizza la parlata Bagnaiola. Quanti giorni e<br />
quanti mesi girammo raccogliendo storie e leggende, quante donne e quanti uomini hanno parlato<br />
raccontando fatti che essi stessi credevano dimenticati, un patrimonio che non sapevano di possedere.<br />
E più parlavano e più affiorava una memoria collettiva che dormiva solo in apparenza, ma<br />
che svegliandosi divenne combattiva e fiera. Quella memoria conservava tutta intera la storia popolare<br />
di Bagnaia, storia mai scritta, così affascinante e fantastica e soprattutto quasi del tutto<br />
sconosciuta, destinata ad essere perduta e dimenticata per sempre.<br />
Quanto avevano dato con i loro racconti quelle donne e quegli uomini, quante indicazioni preziose<br />
in quella memoria!<br />
Presto ci rendemmo conto di avere in mano una quantità enorme di materiale da catalogare. Il<br />
dialetto bagnaiolo, così carico d’ironia, così flemmatico, così strascicato specialmente nell’ultima<br />
vocale, a noi parve un canto. E quel cantare, ingentiliva tutto, e qualsiasi racconto così narrato diventava<br />
divertente e simpatico. Perfino le antiche “paure” raccontate la sera “a veja” attorno al<br />
camino acceso nelle notti d’inverno, tramandate sommessamente di madre in figlio, perdevano la<br />
loro drammaticità per diventare ironiche, così ogni tensione crollava.<br />
Affiorarono dal grande pozzo buio della dimenticanza piccole e grandi storie di personaggi veramente<br />
vissuti, e poi nenie, filastrocche, proverbi, un numero incredibile di giochi semplicissimi.<br />
fatti con rudimentali attrezzi e con tanta fantasia!<br />
Ecco affiorare dal pozzo: stornelli, soprannomi, parole, parole, parole, tante parole! Infine ci<br />
parve di aver terminato il nostro lavoro, credevamo, perciò interrompemmo le interviste. Ma non<br />
erano della stessa idea i Bagnaioli che ormai si erano abituati alla nostra ricerca, e continuarono a<br />
regalarci ancora aneddoti, fatti, leggende, fermandoci per strada, nei negozi o venendoci addirittura<br />
a cercare. Ormai avevano capito il significato immenso del nostro lavoro. Tutti avevano qualcosa<br />
da salvare, piccole e grandi storie personali che volevano consegnare perché fossero conservate<br />
e superassero il limite imposto dal tempo. Ecco, questa è stata la cosa più emozionante di tutte,<br />
ci ha commosso ripagandoci della grande fatica e dandoci nuova energia. Decidemmo di conservare<br />
puro quel materiale così come ci era stato donato, e per farlo la parola scritta da sola non<br />
bastava più.<br />
Allora ecco affiorare l’idea delle commedie, che erano già lì, dovevamo soltanto scriverle, così<br />
ci mettemmo subito al lavoro. Poiché non era stato possibile recuperare l’antico stornello riguardante<br />
Bagnaia, né la filastrocca della “frulla”, di cui sono sopravvissuti soltanto i motivi musicali:<br />
li abbiamo reinventati usando piccolissimi frammenti.<br />
Fatto questo. scendemmo nel Borgo che è il cuore del dialetto. Scegliere gli interpreti è stato<br />
fin troppo facile. Non c’è stato bisogno d’insegnargli molto. Dovevano essere soltanto se stessi. E<br />
credetemi se vi giuro che non è poco!<br />
4
<strong>Isa</strong> <strong>Pier</strong>ini<br />
FRA DRAMMATURGIA POPOLARE<br />
E LETTERATURA TEATRALE<br />
Bagnaia e il suo canto<br />
Nella seconda metà del XIX secolo alcuni teorici del teatro, soprattutto francesi e tedeschi, introdussero<br />
nello studio della materia la distinzione tra teatro del popolo e teatro per il popolo. Attualmente,<br />
pur conservando il senso ditale distinzione, si può proporre una ripartizione più articolata.<br />
Per gli studi sulla cultura popolare, per il bisogno di riscoprire le proprie radici culturali in<br />
una società massificante, ombrato a volte dalla moda, il teatro popolare può essere la perpetuazione<br />
o il recupero di antiche forme drammatiche più o meno integre, può essere una forma espressiva<br />
attraverso la quale sollecitare intelletto e coscienza degli stessi depositari di quelle forme.<br />
Nelle due prospettive diversa è la funzione del dialetto, ma per entrambe esso rappresenta un<br />
patrimonio culturale, perché in esso vive la storia della comunità che lo possiede. Ma, muovendo<br />
da questa funzione del dialetto, si può dare senso “politico” anche al recupero di antiche testimonianze<br />
teatrali; oppure si può riproporre il vissuto della propria comunità trasponendolo in una<br />
dimensione artificiosa: la scena, ricreando, attraverso la propria soggettività, la propria sensibilità<br />
artistica, attraverso le immagini e i suoni impressi nella propria mente, una favola fatta di tanti<br />
frammenti di vita reale. E in quest’ultima ipotesi si collocano i due testi di <strong>Isa</strong> e Franco <strong>Pier</strong>ini.<br />
Il Grillo Parlante - così esordisce la prima delle due commedie: ‘E bbucie ci-hanno ‘e cianche<br />
corte - entra nella bottega di Geppetto, dove il falegname, come scrisse Collodi, sta portando a<br />
termine il suo lavoro: sta dando gli ultimi ritocchi al suo pupazzo di legno che chiamerà Pinocchio.<br />
Frattanto entrano nella bottega le donne del vicolo e la scena allora diventa “la piazza” del<br />
paese. Ognuna di esse porta dentro la bottega la sua casa, la sua vita, la sua famiglia e quella degli<br />
altri; e come tante pietruzze di un mosaico, tutte quelle storie costruiscono lo scenario quotidiano<br />
di Bagnaia.<br />
Intorno a Geppetto, che ora abbandona la sua impronta letteraria e si fa anch’esso popolano, si<br />
ammassano i materiali di quella cultura orale che irretiscono una comunità. Sono materiali che<br />
portano con loro frammenti di una esistenza vissuta dove il passato e il presente sostano, pigramente<br />
seduti l’uno accanto all’altro, in un angolo della strada. Sono frammenti di una esistenza<br />
segnata da sofferenze materiali e spirituali che fiorisce dall’interno della casa, dove la donna, madre<br />
e operaia, è per forza fisica e morale il cardine della vita familiare. Nella conversazione, sempre<br />
legata al vissuto quotidiano, prendono forma e vita scenica gli aneddoti di un costume di vita<br />
che, sottratti a un definitivo oblio, sono i tanti bozzetti della “storia paesana”; tipico l’episodio di<br />
quel contadino che seriamente si preoccupa dello stato di salute dei suoi familiari, soprattutto di<br />
quello della moglie, perché sono questi che hanno il carico di tutti i lavori, agricoli o domestici<br />
che siano.<br />
Dentro questa vita familiare nasce Pinocchio, o la storia di ogni fanciullo. E questa volta il<br />
fanciullo è di Bagnaia: e correrà e salterà e canterà e giocherà come un Pinocchio per le vie e i<br />
campi di Bagnaia. Appare sulla scena la fata, che giustamente ha tratti comuni più con una comare<br />
che con la Fata Turchina, e con movenze di una strega buontempona tratta dalla tradizione bagnaiola,<br />
dà la vita al pupazzo di legno. Ora la fantasia si distende sulla vita quotidiana e un velo<br />
5
Bagnaia e il suo canto<br />
fatto di tanti colori, di tanti suoni ricopre le sagome aspre e pesanti del mondo adulto e con Pinocchio<br />
dilaga sulla scena il folclore infantile. Le prime immagini a giungere a lui sono quelle del<br />
cibo, quelle che fanno parte di tutto un insieme di tradizioni, immagini che scorrono rapide nel<br />
dialogo tra padre e figlio, quando c’è poco da mangiare. Ne traspare anche quella semplicità, o<br />
povertà, che apparecchiava, una volta, tante tavole, anche quella del Geppetto collodiano.<br />
Come nel filone letterario, il Pinocchio di Bagnaia incontra il Gatto e la Volpe ed è una buona<br />
occasione per scoprire tutto quello che stimola la gola. Segue, poi, la scuola con il ricordo di una<br />
severissima maestra, autentica “istituzione”; quindi la conoscenza della Natura e delle stagioni attraverso<br />
un calendario stabilito dai giochi e trasmesso dal proverbio e dalla filastrocca. Anche<br />
Geppetto è sulla linea collodiana: egli cerca il suo errabondo Pinocchio nei vicoli e presso le donne<br />
di Bagnaia. Non trovandolo, come un buon padre è in preda alla disperazione, interpretata da<br />
chi gli sta vicino, ovvero dal buon senso popolare, come pazzia, cosicché la scena è in bilico tra il<br />
reale e 1’ immaginario, tra l’ironico e il patetico, perché così è la cultura popolare e così è lo<br />
sguardo di chi la traspone sulla scena. Per un momento la figura letteraria è accantonata e torna a<br />
prendere il sopravvento l’ambiente paesano.<br />
A ritrovare Pinocchio è il Grillo Parlante e a liberarlo dalle catene con cui lo aveva legato<br />
Mangiafuoco è sempre la fata-comare-strega. Ritornato nel suo ambiente, Pinocchio riprende a far<br />
scena con la sua storia di fanciullo e questa volta, liberatosi (purtroppo) della fanciullesca incoscienza,<br />
ha paura e chiede aiuto al padre. L’esito è, dunque letterario, ma in senso generale poiché,<br />
avvicinandosi alla meta finale, sul modello collodiano sembra imporsi quello disneyano. Ciò<br />
che resta, e questo conta, è tutto quello che della cultura di una comunità quel “burattino” ha saputo<br />
conservare nella sua testa di legno. Prima di essere liberato dalle catene, Pinocchio aveva<br />
raccontato la sua esperienza’ di scolaro. Una bugia, si sa. Però egli ha conservato nella sua mente,<br />
e anche questo conta, tutto quello che ha conosciuto dal mondo naturale e da quello sociale che<br />
gli stanno intorno.<br />
Se il primo testo ha come motivo animatore e di raffronto un soggetto letterario: “Pinocchio”<br />
di Collodi; il secondo, il cui titolo è “A Puceiarella”, ha per motivo la storia, ma secondo quella<br />
riduzione che di questa materia viene operata dalla cultura popolare che vuole la spiegazione di<br />
cause ed effetti all’interno dell’esperienza reale di ogni giorno.<br />
Un Folletto, ma sarebbe meglio dire un satirello abitatore dei boschi che ammantano i Monti<br />
Cimini, è con un bando chiamato a Bagnaia. Questa corre pericolo di essere assediata dai Lanzichenecchi<br />
e ha bisogno di essere difesa. Il satirello si trova subito nel bel mezzo della vita paesana:<br />
e tra le donne attive di braccia e di lingua presso il lavatoio. Si accavallano stornelli e aneddoti,<br />
dicerie e proverbi, storie di infedeltà coniugali e storie di streghe, per il divertimento del satirello<br />
che di tanto in tanto dà prova dei suoi poteri fermando la scena, divenendo, non visto,<br />
l’interlocutore di questo o di quel personaggio. Sullo sfondo, dietro il lavatoio, attraverso un racconto<br />
tanto semplice quanto incisivo, è tutto il paese, non più quello della casa, della famiglia, ma<br />
quello della vita sociale dove in meno alla contesa fra padroni e proletari ci sono le fasi altalenanti<br />
di una “fame atavica”.<br />
La conversazione a tratti si infiamma, ma mai si rovescia in litigio. In essa gli argomenti sono i<br />
più diversi, tuttavia uno in particolare è più persistente, affiorando e scomparendo dietro il racconto<br />
di qualcos’altro, ed è quello delle streghe che abiterebbero a Montecchio. La notizia che<br />
stanno per sopraggiungere i Lanzichenecchi si abbatte sul lavatoio: non c’è da far altro che fuggire<br />
e raccomandarsi alla Pucciarella.<br />
Sotto le mura del castello, dunque, pongono l’assedio quattro soldati che in verità non gettano<br />
molto terrore intorno a loro. E nella loro grottesca presenza, tuttavia, non vogliono rinunciare ad<br />
una delle prerogative più turpi degli eserciti invasori: fare razzia di donne, anche se fossero delle<br />
streghe; soltanto il loro capitano non ha pensieri che per la conquista militare del Castello. E come<br />
è giusto che sia, neanche questo personaggio può sottrarsi alle sferzate dell’ironia, con la qua-<br />
6
Bagnaia e il suo canto<br />
le sempre si accompagnano le vanità del potere. A volgere altrove le mire del capitano provvede il<br />
satirello, o folletto, il quale fa assalire il cuore del capitano da amore tanto improvviso quanto<br />
grande per la Pucciarella, bellissima giovane, così si dice, di Bagnaia. C’è materia ormai per toccare<br />
tutte le corde della comicità popolare: i soldati dissacrano ogni incantevole immagine della<br />
Pucciarella; dalle finestre del Castello si affacciano le donne di Bagnaia che, avendo per elmo un<br />
vaso da notte, oggetto frequente nel folclore orale bagnaiolo, aggrediscono con parole gli assalitori;<br />
il capitano vaga al centro della scena tra i due fuochi, perdutamente innamorato di chi neanche<br />
conosce.<br />
Come in tante altre storie sognate e dette dalla letteratura popolare, il capitano sarebbe disposto<br />
a togliere l’assedio purché gli venga concessa in sposa la Pucciarella, cosa che le donne di<br />
Bagnaia assolutamente non accettano. In una cultura che si esprime per mezzo di simboli, come è<br />
quella popolare, il rifiuto di cedere la Pucciarella da parte delle donne di Bagnaia è manifestazione<br />
di un sentimento fortemente radicato nella consapevole difesa della comunità e del proprio<br />
“femminile”.<br />
Ma affinché la situazione non precipiti, il satirello decide di intervenire, prendendosi gioco del<br />
capitano: il satirello, infatti, prende le sembianze della Pucciarella ed appare al capitano dall’alto<br />
di una torre. Ora sulla scena al grottesco si sostituisce il comico del surreale: intrecciando materiali<br />
della letteratura colta con forme popolaresche, si ha una raffinata trasposizione di una celebre<br />
scena d’amore tratta da “Romeo e Giulietta” di Shakespeare con l’aggiunta di versi tratti da<br />
Prevert. L’operazione è intellettualistica, ma non contraddittoria rispetto alla cultura popolare; essa<br />
non mira né a dipingere il “goffo”, né a formulare “dissacrazioni”, propone, invece, una accattivante<br />
ambiguità, forse perché tra la poesia e l’amore c’è il tutto e il niente, forse perché tra Pucciarella<br />
e Poppeo, il capitano, c’è un vero possibile reso falso dall’assurdo in cui possono combinarsi<br />
le vicende umane.<br />
Ma alla soldataglia poco interessa la passione amorosa del suo capitano e vorrebbe far preda di<br />
una donna rimasta fuori delle mura. Sulla scena torna un realismo ridanciano, perché è la donna,<br />
tutt’altro che dotata di bellezza e femminilità, a tentare di afferrare uno dei soldati per i quali<br />
l’unica soluzione è la fuga.<br />
L’epilogo è vicino. Le donne tornano ad affacciarsi alle finestre del Castello e altercano con i<br />
soldati riemergenti dopo essere stati messi in fuga; la battaglia è tutta di parole: le armi sono proverbi<br />
e battute sarcastiche. Invano i soldati tentano di far abbandonare al capitano la sua impresa.<br />
La tenzone va avanti fino a quando il satirello, o folletto, non decide di porvi fine: apparendo ancora<br />
una volta nelle sembianze della Pucciarella e chiamatolo sotto la torre, colpisce il capitano<br />
con un vaso. Nasce lo scompiglio tra gli assalitori, ma non c’è tempo per il dramma, perché a<br />
metterli in fuga pensa colei che di uno di loro vorrebbe fare il proprio uomo.<br />
Ogni buon testo teatrale raggiunge la sua pienezza e la sua efficacia nel momento in cui diventa<br />
vita sulla scena. Ciò vale ancor più per il teatro popolare che nella vivacità del dialogo, nelle<br />
coloriture e sonorità del dialetto ripone la possibilità di costruire e comunicare significati. Le<br />
trame possono essere fragili e pretestuose, ma non è per esse che nasce la scena popolare. Questa,<br />
anche se non vuole essere un soggetto politico, è pur sempre un soggetto culturale, perché può essere<br />
la dimensione nella quale le classi popolari hanno dato una loro interpretazione del mondo,<br />
una spiegazione del loro vivere. Fondamentale è che essa eviti di cadere nel compiacimento del<br />
pittoresco; e da questa ingannevole lusinga si sono tenuti ben lontani <strong>Isa</strong> e Franco <strong>Pier</strong>ini.<br />
Quirino Galli<br />
CRITERI DI TRASCRIZIONE<br />
7
Bagnaia e il suo canto<br />
Nella trascrizione abbiamo voluto render conto dei principali fenomeni linguistici del bagnaiolo,<br />
per consentire la lettura e la comprensione dei testi, evitando, tuttavia, i tecnicismi che avrebbero<br />
impacciato la loro immediata fruizione.<br />
Al fine di ottenere una corretta rappresentazione delle caratteristiche fonetiche di questo dialetto,<br />
ci siamo avvalsi della lettura interpretativa dei testi da parte di un dialettofono e della verifica<br />
scenica dei medesimi, fissate entrambe su nastro magnetico.<br />
I fenomeni presi in esame sono:<br />
E’ regolare lo scadimento della liquida palatare ad j per cui all’italiano voglio corrisponde il<br />
bagnaiolo vojo.<br />
L’articolazione di b è sempre geminata (come nell’italiano sabbia) quando la consonante si<br />
trova in inizio di frase, in posizione intervocalica oppure precede una r o una 1 (es. tabbellina,<br />
libbro). Lo stesso fenomeno si ha con la affricata palatare sonora (la g di agile che verrà, quindi,<br />
articolato come aggile).<br />
Si è preferito non differenziare graficamente la particolare realizzazione fricativa della affricata<br />
palatare sorda (la e di luce e dici, rappresentata spesso con ç), per non appesantire la trascrizione.<br />
Comunque, per una corretta lettura, si deve tener presente che nella zona questa consonante,<br />
quando è intervocalica e scempia, viene articolata come fricativa sorda palatare scempia, approssimatamente<br />
una sc(i) - sc(e).<br />
La sibilante s preceduta da consonante liquida o nasale si trasforma regolarmente in affricata<br />
dentale sorda (la z di ozio). Quindi si avrà penzo, non zo. al posto di penso e non so. E’ rara<br />
l’affricata dentale sonora (la z di zaino), che nei testi è indicata con z corsivo.<br />
d intervocalico è soggetto a lenizione per cui può avere come varianti v e O, sono, cioè compresenti<br />
forme come coda, cova, coa. v intervocalico, a sua volta, può cadere, si ha, quindi, alternanza<br />
tra uva e ua, evomo ed eomo.<br />
Si è voluto rendere conto, infine, del raddoppiamento fonosintattico per ricostruire, almeno in<br />
pane, la cadenza del bagnaiolo.<br />
L’accento grafico nei termini piani o sdruccioli indica che il grado di apertura della vocale tonica<br />
differisce da quello dell’italiano (ad es. pòrco, pòco, Pisciaréllo). Nei casi in cui si possono<br />
verificare delle incertezze e nei termini dialettali che non hanno un corrispondente italiano<br />
l’accento suggerisce la corretta lettura.<br />
La particella pronominale atona ci, anteposta al verbo avere con valore pleonastico, è graficamente<br />
rappresentata con ci(es. ci-ho, ci-hae).<br />
8
Bagnaia e il suo canto<br />
Sono apostrofate le parole che hanno subito troncamento, elisione o aferesi, (es. Ggeppè’,<br />
‘ntanto, pò’, ‘ndo’).<br />
Laura Galli<br />
9
Bagnaia e il suo canto<br />
‘E BBUCIE CI-HANNO ‘E CIANCHE CORTE<br />
Gennaio 1992<br />
Personaggi:<br />
PINOCCHIO<br />
GEPPETTO<br />
GR<strong>IL</strong>LO PARLANTE<br />
ADELE<br />
NENA<br />
F<strong>IL</strong>OMENA<br />
GIOVANNI<br />
FATINA<br />
GATTO<br />
VOLPE<br />
PIPPO<br />
PASQUA<br />
PASQUETTA<br />
PEPPA<br />
CENCINA<br />
ATTO PRIMO<br />
10
Bagnaia e il suo canto<br />
UNA VOCE (a sipario chiuso): E’ una sera di mezzagosto, il Grillo Parlante, eterno giramondo,<br />
attraversa Bagnaia... Indossa un vecchio vestito pieno di toppe, saltella vispo e pimpante sulle<br />
pietre del selciato. D’un tratto scorge una porta illuminata.<br />
Si apre il sipario.<br />
La scena: una bottega di falegname con scaffali pieni di giocattoli di legno, un banco di lavoro<br />
con sopra un grosso Pinocchio in legno e attrezzi rari. Il Grillo si affaccia con fare circospetto,<br />
poi saltellando si avvicina ai giocattoli.<br />
GR<strong>IL</strong>LO Ardà’ che bbella casa. Ha da essa’ de’ Ppapa... (rivolto al pubblico) de chi cce piscia<br />
e dde chi cce caca! Mo’ mme ci anguatto pe’ ffammice ‘na penichella. (Si avvicina ai giocattoli e<br />
li tocca). Le so’ bbelle ste ggiocarelle! (Poi avvicinandosi a Pinocchio.) E sto pucciarotto? Bbello<br />
ccosì no’ ll’ho vvisto mae, pare quase che capisce, eh.<br />
Entra Geppetto con in mano un pennello, il Grillo saltando si mette in un angolo della bottega.<br />
Geppetto dà gli ultimi ritocchi al volto di Pinocchio.<br />
GEPPETTO Ooh! Mo’ ssì che ppaie propio vero... Vero... Se non ci-avesse un occhio che<br />
mme guarda e ccon quell’altro me manna affan... Mo’ t’abbatezzo, te vojo chiamà’ Pa... Pa... Papà...<br />
Panaccio! No, nno, Panaccio no. Te vojo chiamà’... (Si gratta la testa.) Te vojo chiamà’ (si<br />
guarda le mani) Pi... .Pi... Pipì... Pipipì... (Prende il pidocchio e lo schiaccia con la punta delle<br />
dita poi schifato lo getta via.) Pidocchio! (Si a t’vicina a Pinocchio e, come a volersi scusare, lo<br />
accarezza.) No, non cell’evo mica con ti. non tofenna’, ma ‘mprò. Te vojo chiamà’ Pi... PI... Pìpì...<br />
Pipipi... Pinocchio! Se sse, Pinocchio. (Continua a dargli gli ultimi ritocchi. Poi si siede<br />
soddisfatto.) Ahò. e rnmica me starò a rrincojonì’, eeh? A mmomente me pareva ch’adera pe’ddavero<br />
un fijarello de ciccia!<br />
Entrano Adele e Filomena.<br />
ADELE Ohé, Ggeppé’! Con chi bborbottate? Con chi cee ll’ete? (Toccando i giocattoli.) Lle<br />
so’ bbelle ste bbaciaccole! (Si avvicina a Pinocchio.) E sto Pucciarotto? (Geppetto si spazientisce.)<br />
L’ete fatto vue? E cquanno l’ete fatto? Non zete come e’ mmi’ marito ch’ antruja ggiù ttutto.<br />
Adè com’ e’ zordate de’ Ppapa. che non zo’ hbone a ccavà’ na rapa. (Tocca ancora i giocattoli)<br />
Vue sì cche cc-ete ‘e mano che sanno fa’ eh’ occhie m’ ‘e purce, sapé’!<br />
GEPPETTO (Spazientito) E no le sae che chi fa dda sé fa ppe’ ttre e adé sservito come un re?!<br />
F<strong>IL</strong>OMENA Dato che sséte tanto bbravo, séte capitato come e’ ccacio su’ mmaccherone.<br />
GEPPETTO Perchè? Ch’ arivolete mò’?<br />
F<strong>IL</strong>OMENA Me s’è rrotto e’ zi prete, quello pe’ scallà’ e’ lletto. E mmi’ marito ci-ha certe<br />
piede ghiacce... Come un morto!<br />
11
Bagnaia e il suo canto<br />
GEPPETT0 Ma cche le scoppie pe’ tterra? E ppòe ancora non m’hae pagato e’ llavoro che tt’ho<br />
fatto l’altra vorta! E mmica poe annà’ sempre a mmigno!<br />
F<strong>IL</strong>OMENA Me cojonate che ppe’ mmetta’ ddu’ chioda volete da essa’ pagato?<br />
GEPPETTO Oh ffresca!<br />
F<strong>IL</strong>OMENA Che volete fa’ come ‘a gallina angorda che je crepa e ggozzo? Non le sapete che<br />
risparammia, risparammia, vene e’ llupo e sse le magna? Embè, vorrà ddì che vve pagherò a<br />
bbabbomorto!<br />
GEPPETTo (indispettito) Quello tuo! Adesso non ci-ho ttempo da perda’! No’ mme sento bbene.<br />
Ci-ho ‘a febbre de ‘nguattone! (Rivolto al pubblico). Va a fa’ dde’ bbene m’ e’ zomare... ce<br />
s’aricevono ‘e zarnpate m’ e’ cculo.<br />
ADELE Come séte scojonato! Ve compatiscemo ggiusto perché sséte vecchio.<br />
GEPPETTO (Rivolto al pubblico) Ahò! Ma ste donnarelle, se je dae e’ ddeto, (facendo il gesto)<br />
te stroncano ggiù pur’‘e bbraccia! Tutte ‘na patassa so’! Non te vonno mae pagà’! E cche fo ell’<br />
arte p’arimetta? E mmica m’avranno preso pe’ ggojo!<br />
ADELE E mmò’ ch’adhae?<br />
CEPPETTO (Adirato) Ch’ adhò?<br />
ADELE (Impaurita) E cch’adè ch’adhò?<br />
GEPPETTO Te le do io ch’adhò!<br />
E<strong>IL</strong>OMENA Oh Mmadonna mia, c’ete fatto storzà’! Que’ cce fa pijà’ e’ ccorpe! E cche ssarà<br />
mmae! State tutt’ e’ ggiorno a ccontemplà ste pupazze, e ppe’ mmetta’ ddu’ chioda... E ppòe se<br />
vv’emo da pagà’ ve pagamo! Che cci avanzate ‘che cosa? Mica semo venute mae a mmagnà’ a<br />
ccasa vostra?<br />
GEPPETTO Ce mancherebbe pure!<br />
F<strong>IL</strong>OMENA E cche cc-ete e’ ffurmine su ppe’... mmh! (Si copre la bocca con la mano.)<br />
Geppetto si pone una mano avanti e l’altra dietro.<br />
E<strong>IL</strong>OMENA Pare che vv’ ha ppizzicato ‘a vipera. C-ete sempre un diavolo pe’ ccapello! Se<br />
vede che non c-ete mae gnente da penzà’!<br />
ADELE Pe’ ffavve abbass’ ‘a crèsta ve ce vorrebbe propio ‘a moje co’ fijo.<br />
12
Bagnaia e il suo canto<br />
GEPPETTO Ma non me da’ ttanto e’ ppilotto! (Rivolto al pubblico.) Que’ mò’ le fa llonga<br />
quanto ‘a camicia de Meo!<br />
Adè vvero che pe’ ccompagnia prese moje pure un frate... M’adè ccento vorte mejo esse’ sole<br />
che mmal’ accompagnate! (Rivolto ad Adele.) Se ‘a moje ha da esse’ come vvue... Dio cene<br />
scamp’ e ddelibbere! (Si avvicina a Pinocchio accarezzandolo dolcemente.) Ma un fijarello me<br />
piacerebbe propio, bbello come sto Pinocchio.<br />
Entrano Nena e Cencina: Cencina ha due grappoli d’uva legati ai lati della testa e in mano<br />
per ventaglio la ventola del camino.<br />
NENA (Urlando.) Ohé! L’ete anteso Cice ch’ha bbuttato e’ bbanno?<br />
TUTTE Ch’aric’è?<br />
NENA Se sgolava co’ cquella trombetta. (Mette le mani davanti alla bocca imitando chi suona<br />
la tromba.) Pepè, pepè. pepè! Per ordine e ccontrordine dde’ Dduca e per ordine e contrordine<br />
dello stesso miediesimo, si avviertino ‘a popolazione tutta che non dovete bbuttà’ ppiù e’ ppitalàzzo<br />
ggiù pp’ ‘a ripa, perché mm”a ripa ce so’ e’ ffiche, e’ ffiche le magnono e’ bbeccafiche, e’<br />
bbeccafiche l’ammazza e Dduca, e’ Dduca no’ le pole magnà’ perché se schifa.<br />
E<strong>IL</strong>OMENA E ttu m’ e’ Dduca dije: (mette le mani davanti alla bocca imitando Nena.) Coucolina,<br />
concolina, chi le fa le sente prima!<br />
NENA E cci-hae propio raggione! Adesso famme annà’ a ccasa che sso’ stracca morta. So’ stata<br />
tutto stamane a llavà’ ‘e ppanne me llaggiù m’ e’ Ppisciaréllo. Aderano d’ ‘a Celina, poraccia,<br />
tòcc’aiutalla. Fiotta sempre che no’ je la fa con quel branco de fije ciuche.<br />
ADELE Tu ssì Ne’ che ssèe bbona, avrae d’annà’ in Paradiso, eh!<br />
NENA E mme piacerebbe propio, ma n’ ze po’ ssapé’sa<br />
ADELEE ccome n’ ze po’ ssapé’. Che ppeccate hae fatto tu? E ppoé, se sempre annata m’ ‘a chiésa!<br />
NENÀ Adè vvero, eeh!. Quanno ‘a mi’ padrona. (alza le mani al cielo) che Ddio l’abbia in pace!<br />
M’ha ppreso pe sserva, c-eo dodici anne, adero pura come un gijo! Quanto m’ha vvoluto bbene,<br />
eh! So’ entrata drento man quella casa e non me so’ mmae mossa, sa’! Non ho mmae guardato<br />
un omo su ggrugno! ‘A mi’ padrona, (alza le mani al cielo) che Ddio l’abbia in pace! Ch’adera<br />
‘na degna perzona, quante lavore m’ha ‘mparato a ffa’, mejo de ‘na matre, eh! M’ ha ‘mparato a<br />
rinnaccià, a ffa’ ell’ asole m’ e’ ccarzone, a rripezzà’, a ccucinà’, a mmetta’ via ell’ odore pe’<br />
ll’inverno, a ppulì e’ ggiardino, manco un filo d’erba ce voleva, eva da essa’ ‘no specchio. M’ ha<br />
‘mparato a sfulinà ‘a casa... me le faceva tené’ come un ermellino. Poe m’ ha ‘mparato pure a stirà’,<br />
e bbenanche ce mettevo parecchio, me diceva. che stiravo mejo de ‘na stiratrice. (Rivolta al<br />
pubblico) Pure ‘a maestra, ‘a signorina, ve la ricordate. Me faceva stirà’ ssempre quelle veste a<br />
ppiéghe. ‘A biancheria le voleva tutt’anamitata! Sì, mme teneva propio come ‘na fija.<br />
(S’candisce) Pe’ ffamme sentì’ dde casa, non m’ha mmae pagato! Pe’ non famme ‘a dote che sse<br />
fa mm’ ‘e serve, non m’ ha fatto sposà’! Quanto m’ha vvoluto bbene, mejo de così non me poteva<br />
trattà’. No’ smetterò mmae d’aringrazialla. (Alza le mani al cielo) E cche Ddio l’abbia in gloria!<br />
CENCINA Embè! Che cci-hae da lamentatte? Bbenanche non t’hanno mae pagato. Bbenanche<br />
non t’hanno fatto sposà’, bbenanche non t’hanno fatto ‘no straccio de dote e bbenanche non<br />
t’hanno fatto mae guardà’ un omo su’ mmuso, t’hanno trattato sempre da signora! Drentro man<br />
quella casa non ze moveva paia se non le moveve tu! Tant’è cche quanno c-eve a febbre arta te<br />
passavano da un letto a ‘n antro... (Rivolta al pubblico) Come ‘na bborsa calla!<br />
13
Bagnaia e il suo canto<br />
F<strong>IL</strong>OMENA Pure tu Cencì’, quanno hae preso marito, sè’ annata a ffinì drento un ventre de<br />
vacca!<br />
CENCINA Adè vvero! M’eono allocato bbene. Appena sposata, e’ mmi’ marito m’ eva detto<br />
ch’adero diventata ‘a reggina de’ ffocolare. Tant’è che quanno me so’ ppresentata m’ ‘a casa me<br />
llaggiù m‘e’ Ffòrno de Sotto, a spettamme c’era ‘a socera,e’ zocero, sette fratelle, see sorelle,<br />
vente vacche e ccento pecore…(rivolta al pubblico) annavo per uno pe’ ffa’ ttombola!<br />
ADELE E ttutte questoro pe’ sservitte man ti?<br />
CENCINA Allora see propio stupeta! N’ ha’ capito ch’adero ‘a reggina de’ ffocolare? Esse<br />
tutt’ a sseda’ davante e ttavolino, e io a ccucinà’ da mattina fino a sera!<br />
NENA Quanto s’è stata fortunata!<br />
CENctNA Se! Quanto e’ ccane m’ ‘a chiésa!<br />
F<strong>IL</strong>OMENA A corpa adè stata tua ch’ hae voluto sposà’ cquello llì. Poteve sposà’ quel forestiero<br />
ch’adera tanto ricco.<br />
CENCINA E cquale? Quello de Canepina? Ah, stavo fina! Così d’ ‘a patella cascavo s’ ‘a<br />
bbracia!<br />
F<strong>IL</strong>OMENA Aho, raccontice un po’ come adè annata a ffinì’.<br />
CENCINA Le voe sapé’, mò’ tte le laridico io! Adero de primo pelo, me se presenta sto bbardascio,<br />
(indica il petto) m’arrivava me cqui, m’ ha ccominciato a vvenimme appresso. Ahò, me<br />
s’era attaccato come ‘a pece. No’ me le potevo levà’ ppiù dde torno. Siccome che vvenneva ‘a lana,<br />
pe’ ffa’ ingazzurrì’ ‘a mi’ matre,j’ eva dato ad intenna’ che cc-eva un zacco de pecore. Più<br />
dde cento! E’ mmaiale co na porcareccia piéna de troie! ‘E crape con zacco de bbecche...come esso!<br />
E un potere grosso, grosso (alza le mani al cielo) ... come quello d’Ascenze. Quanno s’è avvicinata<br />
ell’ora de sposà’, semo annate a Ccanepina...<br />
NENA A mmagnà’ e’ mmaccherone m’ e’ schifetto!<br />
CENCINA ...Semo annate a Ccanepina...<br />
NENA ...Passa e ccammina!<br />
CENCINA Aho! E no’ le fa ttanto longa! Allora semo annate a Ccanepina, a vveda’ ste possedimente.<br />
‘E pecore, e mmaiale, ‘e crape ce Il’ eva parecchie... (Si mette a ridere forte e rivolta al<br />
pubblico). N’ aderano quelle de’ Ppresepio! Ma ‘mprò ho da esse’ onesta, ‘a terra ce ll’eva pe’<br />
ddavero... (Si mette a ridere forte.) E nnon ll’eva messa de fora ‘a finestra drento un vaso de tresimarino!<br />
Mo’ sse vedemo, ch’ho dd’annà’ a sturà’ ell’ orecchie m’ e’ ccurato!<br />
TUTTI E pperchè?<br />
CENCINA Che non le sapete? Mo’ vve Il’ aridico io! E ccurato n’ ha portato tutte e’ monelle<br />
de Bbagnaia a faje veda’ ell’ aco de Borzena. Quello piccolo mio, poro ciuco, dato che no’ ll’ea<br />
visto mae, quanno l’ha vvisto ha strillato (allarga le braccia): “Dio ch’aco!” A sorella contenta,<br />
fije, pur’ essa s’è mmessa a strillà’ (allarga le braccia): “Dio ch’acone!” E’ ccurato non j’ha ddato<br />
un zacco de bbotte?! E cch’avranno detto mae? L’ha pportate a vveda’ ell’ aco? Quelle hanno<br />
strillato: “Dio ch’aco!” Quanno le porterà a vveda’ e’ mmare strilleranno: “Dio mare!” Quello edera<br />
ell’ aco? Hanno strillato: “Dio ch’aco!”<br />
GIOVANNI (Entra disperato) Oh porett’a mmi, eh!<br />
GEPPETTO (Rivolto al pubblico.) Ah, ce mancava pure sto vacabbonno, sta cujalenta. Mo’<br />
ppotemo chiuda che ssemo tutte! (Rivolto a Giovanni) Compare Ggiovà’, che cc-ete da piagne’<br />
ogge?<br />
14
Bagnaia e il suo canto<br />
GIOVANNI M’è attocat’ arrocchià’ pe’ dde equi, perché mme s’è azzoppata ‘a miccia e mme<br />
s’è rrotto e’ ccarretto. Che annata quest’anno! Tutte e’ gguae porett’a mmi, eh! ‘A miccia ll’ho<br />
portata da Osogno a ffalla riferra, e’ ccarretto ll’ho lasciato me cqui dde fora pe’ ffavvelo accomodà’<br />
che mme s’è rrotta ‘a martinicchia! (Urlando) Tutte ma mmi mme capitano! Me toccherà<br />
annamme a ffa’ bbenedì’, eh!?! (Rivolto alle comari) Ohé! L’ete saputo che j’ è successo ma<br />
mmi’ moje?<br />
TUTTI Man chi, m’ ‘a Peppa?<br />
GIOVANNI (lndicando con le mani la rotonditò della pancia.) E no’ mm’ha sgravato! (Scansce)<br />
E senza di’ gnente ma gnuno! Le possin’ ammailla! Eh. le vedevo che s.s’angrossava. pensavo:<br />
ma che magnerà sta ciafregna pe’ ggonfiasse così, c-eo ‘na pena... Tantè cche quanno me s’è<br />
ammalata ‘a miccia, e ho chiamato e’ ddottore vetrinaro, p’avé’ II’anima ‘n pace, e ppe’ non passà’<br />
da pidocchioso, ggià cche l’eo da pagà’ ... me so’ ffatto visità’ pure a Peppa. (Urlando) Perché<br />
io je vojo bbene ma mmi’ moje! Je vojo bbene parecchio! (Pensando tra sé) E ppòe... se mme se<br />
ammala?<br />
CENCINA De ne guarde je s’ammala, poraccio... chi je le fa ‘e faccenne de casa? Chi je le<br />
raccoje ell’ erba p’ a somara e pp’ ‘e conije, poro...?<br />
F<strong>IL</strong>OMENA ...Cioco! Chi je le va a ffa’ ‘a legna m’ e’ Mmontecchio? Chi je lava ‘e ppanne m’<br />
e’ llavatoro?<br />
CENCINA E ppoe chi je le governa e’ ppòrco? Chi je le raccoje ell’ olive? Chi sdivigna? Chi<br />
sbarella? Chi ttorchia, eh? Chi?<br />
F<strong>IL</strong>OMENA ‘E patate? Chi je le cava ‘e patate man sto poro disgraziato che sta ttutt’ e’ ggiorno<br />
a bbeva’?<br />
CENCINA Ooh! E’ ppedaline chi je l’arinnaccia allora? E echi je l’aripezza e’ ccarzone che a<br />
fforza de sta a sseda’ je se conzumano tutte me’ cculo?<br />
F<strong>IL</strong>OMENA Chi je le carreggia ell’ acqua? Chi le mogne ‘e vacche? Chi? E’ gghighe, e’ gnocche,<br />
‘e patate e’ c‘a carne... Chije le fa ste còse? Chi?<br />
GIOVANNI (Soddisfatto) E mmìca le posso fa io? E cche sso’ un zomaro?<br />
TUTTI E cch’adè un zomaro esso?<br />
GIOVANNI Allora capiscerete quanto adero preoccupato! Perchè io je vojo bbene ma Ppeppa,<br />
je vojo bbene parecchio!<br />
TUTTI Eeh!<br />
GIOVANNI Guai man chi me la tocca! E ccosì e’ vvetrinaro, doppo che mm’eva visitato ‘a<br />
miccia, m’ha vvisitato pure ‘a Peppa. Vedevo che rrideva, adera propio contento, pensavo: “Ma<br />
che mmalattia ci-avrà sta ciafregna che le fa sbudellà’ de rida’?”. Quanno ch’eva finito, me dà<br />
ddu’ bbotte su’ spalle, poe me fa: “Caro mandrillone! Gallina vecchia fa bbon brodo! Auguri!<br />
Auguri!” (Si guarda attorno.) E ddato che n’adera nè Nnatale, nè Ppasqua, nè Ssa’ Rrocco,<br />
ch’avrà voluto di’, eh? Non ci-ho raccapezzato gnente.<br />
NENA (Verso il pubblico) Aho, que’ non ci-ha raccapezzato gnente poraccio! Però ‘ntanto ‘a<br />
Peppa j’ha sgravato e adesso sta ssempre allattà’ quello appena nato. Così ell’ olive quest’anno<br />
no’ je le pole coja’!<br />
ADELE Oh, e mmò’ ccome fate compare Giovà’ che sséte rimasto solo?<br />
15
Bagnaia e il suo canto<br />
GIOVANNI Oh! Me fo aiutà’ da Marietto, e’ mmi’ fijo de quattr’anne! Siccome adè ceiuco,<br />
prima raccoje quelle che stanno per terra... Poe dato che per aria non ci arriva.., le lego s’ ‘a pianta<br />
pe’ non fallo cascà’! Intanto ch’esso coje, vìsto ch’adè ssempre freddo, io me vo a rriposà’<br />
mm’ e’ ccasaletto. E mmica pe’ ddavero posso fa’ ttutto io! Mica so un zomaro io!<br />
PEPPA (Entra urlando) Ohé! Compare Ggeppé’, ch’ete visto gnente quel vagabbonno de’<br />
mmi’ marito?<br />
TUTTI (Urlando) Ejelo me llì!<br />
PEPPA Bbrutto vagabbonno! Delinguente! Che stae a fa’ mme equi ‘ntra mezzo co’ ttutte ste<br />
sciacquette, lengue longhe? E tu’ fijo ‘ndo’ l’hae lasciato? E’ ffijo ‘ndo’ sta? ‘Ndo’ l’hae lasciato?<br />
GIOVANNI (Ci pensa un attimo.) Corpo de Bbacco! Me le so’ scordato me llassù m’ e’ Ccallano<br />
legato s’ ‘a pianta!<br />
PEPPA Come? L’hae legato s’ ‘a pianta? Che tte possa pijatte un corpo! L’ete anteso? M’ ha<br />
legato e’ ffijo s’ ‘a pianta! Man ti te ce dovrebbero legà’! Ma attaccato pe ecollo! E ppoe a ffatte<br />
dondolà’ come e’ bbatocchio d’ ‘a campana armeno me levo pe’ ssempre ‘st’impiccio de torno!<br />
Curre, va a ppijà e’ fijio ch’ha da magnà!<br />
GIOVANNI Ha da magnà’? Oramae sarà bbello che ssatolIo, con tutte quell’olive ch’avrà<br />
mmagnato!<br />
PEPPA Come, me ce cojone pure? (Lo picchia con il mattarello) Bbirbaccione! Delinguente!<br />
Vagabbonno!<br />
GIOVANNI (Scappando.) E eche sso’ un zomaro’?! E mmicea posso fa’ ttutto io!<br />
Giovanni e Peppa escono urlando, si sentono urla e bastonate.<br />
GEPPETTO (Rivolto al pubblico.) E uno de meno. Mo’ ppe’ mmannà’ via ste ciafregne me<br />
toccherà sonà ‘e campane a mmartello... Quanno sona mezzoggiorno tutte e’ ffrate vanno a ppollo!<br />
Quanno sona ell’Ave Maria tutte e’ ffrate vanno via! Quanno sona ell’ora de notte tutte e’<br />
ffrate fanno a ccazzotte!<br />
ADELE Ma che vve séte ingojito? Che state a ddi’ compare Ggeppé’? Che vv’ha ddato de vorta<br />
e’ ccervello? E ppòe che ssarebbero tutte ste sonate? E cquanno l’ete antese?<br />
GEPPETTO Ah, allora séte de Chia Commà’! Propio non volete capì, eh! (Rivolto al pubblico.)<br />
Que’ ffa come e’ zordo de’ ccompare che ce sente solo quando je pare! (Rivolto alle comari.) N’<br />
ete visto ch’adè nnugolo e mmartemp’è, a ccasa dell’antre non se sta bbe’, non ve le dico man vue<br />
commare, statice pure quanto ve pare... (Rivolto al pubblico) E mmeno possibbile!<br />
F<strong>IL</strong>OMENA Aho, que’ s’è propio ‘ngojito! Non se capisce che ceazzarola dice! Je s’ha da esse’<br />
sfranto e’ ccervello!<br />
CENCINA Invecchienno, impazzenno!<br />
GEPPETTO (Rivolto al pubblico) Pazienza vita mia se ppati pena. sarà ppe’ cquanno hae fatto<br />
vita bbona. Se vvita bbona no’ ll’ha’ fatta mae, pazienza vita mia se ppatirae. Chi ttanto a llavorà’<br />
chi ttanto a spasso. chi bbeve ‘e vino e echi l’acqua de’ ffosso!<br />
C ENCINA Ma se sséte tutt’e’ ggiorno ‘mbriaco fracio.<br />
GEPPETTO Allora famo e ggioco dell’uva?<br />
TUTTE E come se fa?<br />
GEPPTTO Ognuno a ecasa sua!<br />
CENCINACe le potevate di’ pprima!<br />
16
Bagnaia e il suo canto<br />
ADELE Commà’, annamo, annamo, che stasera con questue non ce se raccapezza gnente, l’ha<br />
d’avé pizzicato a vipera me llì sotto e’ ccarzone.<br />
Escono tutte.<br />
GEPPETO Ooh, ste margolle finalmente se ne so’ ite. (Si avvicina a Pinocchio con il pennello,<br />
poi lascia il pennello e rivolto al pubblico.) Le so’ strambe ‘e donne femmine! Vorrebbero annà’<br />
sempre a mmigno. No’ le sanno che a uffo non canta ceco? (Si riavvicina a Pinocchio e in atteggiamento<br />
riflessivo) E ppòe, pure quella goja d’ ‘a Cencina, ancora non ze vole ficca su ppe’ ccapo<br />
che e’ rampazze delI’ua, pe’ ffalle ammoscià’ s’hanno da attacca me llà ssu m’ e’ ttrave... No’<br />
ss’ ‘a capoccia! (Pensieroso) E ppòe. come farà a ddormicce pure? Mo’ annamose a rriposà’ ste<br />
quattr’ossa. Certo, me ce vorrebbe proprio un fijarello vero, bbello come sto Pinocchio!<br />
Esce sbadigliando.<br />
Si abbassano le luci e si sente il suono del Valzer delle candele,’ entra la fatina ballando, attraversa<br />
tutta la scena, il Grillo la guarda stupito, la fatina si avvicina a Pinocchio, si riaccendono<br />
le luci...<br />
FATINA Sareste tu, mmuso de fresca, che fae angojì’ quel por’omo? (Rivolta al pubblico.)<br />
Che cee troverà pòe de bbello ma sto pupazzo? Tutte e’ gguste so’ gguste: Sant’Antonio<br />
s’annamorò de’ pporco! (Rivolta a Pinocchio.) Mo’ tte svejo io patalocco! (Prende dalla borsa un<br />
po’ di terra e la getta su Pinocchio.) Bbucialacchè, bbucialaccò, ‘a vita man ti tte do! (La fata<br />
guarda il burattino che non si muove.) Ahò! Mica se move sto ciafregno! Me sa ttanto ch’a ricetta<br />
ha da essa’ trapassata o sennò m’è vvenuta male. Tant’è n’adera ‘a terra de’ Mmontecchio, va!<br />
Qua, qua, qua, me tocca arifà’ ll’ intrujo. E mmica me vojo angojì’ con ti. (Tira fuori dal petto un<br />
pezzo di cartapaglia contenente la formula. Leggendo, estrae dalla borsa gli ingredienti, mettendoli<br />
nel mortaio.) ‘Na manciata de fonghe secche velenose: cianche storte e ttignose come tti, un’<br />
ogna de pòrco, du’ palle... de piccasorce, ova de saettone, tre ppenne de ciuitta, un gnummello de<br />
sanguinaccio de ‘na vergine, ale de nottola, un ciuffo de capelle... d’ ‘a pidocchiesa. (Si mette a<br />
obattere con il pestello.) Adesso bbattemo a ceppa... Apposta n’adera venuta, mancava e’ mmejo.<br />
(Tira fuori una boccetta.) Mancavano sette gocce de sudore d’ ‘a lengua... de’ zindeco! (Contando<br />
versa sette gocce.) Ce provo sta vorta e ppoe bbasta, eh; mica ci-ho ttempo da perda’ con ti!<br />
(Prende il contenuto e lo versa su Pinocchio.) Bbucialacchè, bbucialaccò, ‘a vita man ti tte do!<br />
Si spengono le luci, effetto musicale. L’attore prende il posto di Pinocchio, si riaccendono le<br />
luci e la musica svanisce, Pinocchio si sveglia e balbetta.<br />
PlNocct-no Evvi’... evvì’... evviva! Parlo! Ce veggo! Me se movono e palle dell’ocehie! Me se<br />
movono ‘e zampe, ‘e bbraccia, ‘e norzole de’ ppiede, e’ cciuccico (sifa il solletico sotto le ascelle)<br />
le so’ scuroso! E’ ccapo, e’ ddeta, e pposso pure arzà’ a coscia pe’ ssonà’ a tromba. E pposso<br />
fa’ ‘e lenguacce. (Fa delle smotfle.)<br />
FATINA (Rivolta al pubblico.) Ahò! Que’ mmc fa ggira e’ ccapo, eh! ‘Sto fregno quanno a<br />
ttorde, quanno a ggrille! (Pensierosa) Mica me saranno cascate ggiù ttroppe gocce? E ppija fiato!<br />
Le po’ fa’ sì ste cése. Poe camnìinà’. hhallà’, ggiocà’.<br />
17
Bagnaia e il suo canto<br />
PINOCCHIO Camminà’? Ballà’? Ggiucà”? (igiocù a ‘nguattavito? A ‘cchiapparella? A scarcabharile?<br />
A hhaiiimuro? A ssartalamula? A ccampana? A bbuzuico ri:tr,alo? A ttana libbera tutte?<br />
A ggalone? Posso pure aniìà’ a ha e’ hhagno<br />
me Scorticapanze? E ppure m’ e’ Ffosse Càchere? E pposso stroneà’ ‘e code man tutte ‘e lucertole?<br />
FATINA E je le poi stronca ssì ‘e code m’ ‘e lucertole, bbasta che non te sbaje ce’ vipere, che<br />
mmc’ mmonno ce so’ pparecchie! Pe’ non imbrojasse bbisogna riconoscele; e ppe’ rriconoscele te<br />
ce vole ‘na coscenza. (Al Grillo.) Ahò, Grillo, tu che stae sempre in giro e cconosce e’ mmonno,<br />
voe essa a coseeenza de sto fijarello?<br />
GR<strong>IL</strong>LO (Saltando si avvicina e guarda Pinocchio.) Se, sse! Me piacerebbe parecchio!<br />
FATINA Adesso ci-ho pprescia! Ho dd’annà’ a mmett’a bbagno ‘e purce! Me raeeomanno, eh!<br />
GR<strong>IL</strong>LO Poe annà’ vvia tranquilla che tte l’abbato io!<br />
Effetto musicale, lafatina ballando se ne va, il Grillo e Pinocchio la seguono per un po’ ballando.<br />
GR<strong>IL</strong>LO (Saltando) Sta’ attento capoccione che tte fac male! Non le sae che ppiano piano<br />
l’ammalato arriva al zano? Guardeme ma mmi, te ‘nzegno io a eeamminà’... (Saltella).<br />
PINOCCHIO A ccamminà’ o a zompà’? lo a ccanlmtnà’ so’ bbono! Vojo ggiocà’ a mmamma<br />
ch’or’è!<br />
GR<strong>IL</strong>LO A mmamma ch’or’è? Vene equa che tt’amparo io come se fa. (Fanno il girotondo saltando<br />
e cantano.) Mamma eh’or’è? I Latte e ccaffè / pizza, ricotta, Oreste -bbu. Mamma ch’or’è? /<br />
Latte e ccaffè / pizza ricotta, Oreste<br />
- bbu.<br />
Fuori scena Geppetto urla.<br />
GEPPErrO Aho! E cch’adè ttutta sta sinagoga! Non te poe ariposa u’ mmomento che non te<br />
danno un attimo de pace!<br />
Entra sbadigliando e, vedendo Pinocchio, rimane a bocca aperta.<br />
GEPPE-I-rO Oh Mmadonna de’ Ppisciaréllo! E eque’ chi adè! E’ ppucciarotto adè diventato de<br />
ciccia! Cbiacchera, se<br />
18
Bagnaia e il suo canto<br />
rnovc come n zaettone. ‘A bhrefàgola adè diventata vera! Filo, iijo mio bbello, vene equa da<br />
bhahbo tuo! (Si abbracciano e Geppetto accarezza la testa di Pinocchio.) Me so addormito<br />
ch’adere un fijo pe’ ddischerzo. me so’ svejato che ssèe un fijo pe’ddavero!<br />
PINOCCHIO Tata! Tata mio quanto see bbello! (Lo tocca.) Fatte veda’ mejo! Ih, ci-hae<br />
du’oechie! (Gli mette le dita negli occhi). ‘Ardà’ che bbelle frocie piéne de taeeole! Che bbella<br />
bbocca a sciampella! Famme veda’ e’ ddente che cci-hae. Uno, due, tre. E ccon quell’altre che<br />
cci-hae fatto ‘a corona de’ rrosario? Che orecchie a sventola che cci-hae... so’ ttutte inciancicate!<br />
E eehe tte ll’hanno rosieate e’ zorce? Fatte veda’ mejo. (Gli toglie il berretto.) Ardà’ che bbella<br />
zucca pelata! Ce so’ e’ ppidocchie che stanno a ffa’ a scivorarella!<br />
GEPPETTO Dio cene scampe e ddelibbere! E eque’ sarebbe un fijo? E cche cei~ha e’ ffoco de<br />
Sant’Antonio? Me sa ttanto ch’ho ffinito de campà’ ce’ sto ciafregno! Me pare un sartapicchio!<br />
PINOCCHIO Oh tata! ci-ho ‘na fame che me s’arintorcinano ‘e bbudella! Famme magnà’ ssubbeto<br />
sennò mmc sturbo! Che ci-hae pe’ ffamme riempì’ ‘a panza? Damme un euletto de pane!<br />
GEPPETVrO Un culetto de pane? Me equi c’è rimasto solo e’ cculetto... e’ ppane da quant’a’<br />
che ll’ho mmagnato! Tè’! M’è avanzato e’ ppancotto co’ un pd’ d’acquacotta, e ‘na mollica de<br />
pane pe’ ffa’ e’ ppane e ll’ojo. Ci-hae pòco da sceja’: o bbeve, o affuehe!<br />
PINOCCHIO Se, e’ ppancotto: te fa ‘e guance bbelle e’ cculo grosso! E l’acqua cotta: ‘a panza<br />
te se gonfia e’ ccorpo bborbotta! (Urlando) Vojo ‘a ‘ntrisa!<br />
GEPPETTO Ecch’adè?<br />
PINOCCHIO ‘E frascarélle.<br />
GEPPETT0 E cchi ll’ha magnate mae!<br />
PINoCCHIo Sennà damme du’ ròcchie.<br />
GEPPETTO lo te le darebbe su’ mmuso!<br />
PINOCCHIO ‘E viarélle.<br />
GEPPETTO ‘E via... rélle? So’ annate via!<br />
PINOCCHIO E’ bbudellone?<br />
GEPPETTO (Fa il gesto.) ‘A bbudellona.<br />
PINOCCHIO E’ sfricciole!<br />
GEPPETrO Mo’ te sfricciolo io!<br />
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PINOCCHIO E’ zangulnacclO.<br />
GEPÈETTO Quello tuo!<br />
PINoCCHIO ‘A piattella.<br />
GEPPErrO E cche sso’ Cceneio dell’Adele?<br />
PINOCCHIO Un portocallo.<br />
Bagnaia e il suo canto<br />
GLPPETTO Un portocallo? Me equi non c’è mmanco ‘a<br />
gallina, que’ va a ccercà’ e’ ggallo!<br />
PINOCCHIO Embè, damme solo e’ ppane e ll’ojo. GEPPEITO Le sec ggiotto! Tè’! Que’ ce<br />
ll’ho. (Gli condisce pane e olio.) Magna, bbeve e ffatte grosso. Pija moje e rrompije l’osso. Magna,<br />
antegne, ogne. Ma sta attento, non t’untà’! Non t’ariduce come ‘no sciamanna, che mmò’ hae<br />
da annà’ a seola e cci-hae solo sta mutata!<br />
PINOCCHIO Panza mia fatte capanna! (Mangia fame lico.) Ho proprio scialato. Che c’è pe’<br />
ddoppo? Che c’è pe’ ddoppo? Che c’è pe’ ddoppo?<br />
GEPPEYrO Ahò! E cche aricominciamo ce’ ste litanie? Hae d’annà’ a scola!<br />
PINOCCHIO E cch’adè ‘a scola? Robba che sse magna? Se magna? Se magna?<br />
GEPPETTO Per la miseria! E eque’ ci-ha e’ vverme solitario! Penza solo a magnà’! Fijo, fijo,<br />
se’ conijo e mme da’ guae. Quanno sarae granne che ffarae? A scola serve pe<br />
ddatte ‘n’ istruzione. P’amparà’ a lleggia’, p’amparà’ a scnva’, p’amparà’ ‘a tavola pittagorica,<br />
p’amparà’ a sporcellà’! Insomma pe’ ffatte crescia e ddiventà ‘strutto. E ppoe clhae pe’ mmaestra<br />
‘a signorina Porzia... (Rivolto al pubblico) Vedarae quanto adè bbonat E cee so’ ttante fijarelle<br />
cieche come tti. Tè’, pija e’ zillabario, con du’ merluzzole e ddu’ mosciarelle m’ e’ ccapagno pe’<br />
ccolazione e vva’ a scola.<br />
PINOCCHIO Se, se, se, famme annà’ a scola da Porzia (mordendo una mela) ch’adè bbona.<br />
Pinocchio esce.<br />
GEPPETTO Ah Grillo. Tu see ‘a coscenza de quel ciafregno; e cche le manne a scola da solo?<br />
N’ha visto l’adè strambo? Tocca portano a ccapezza. Cun-e! Vaje appresso, che stae a ffa’ me llì<br />
ampalato. Curre! Sennò vve meno man tutt’ e ddue ce’ ccuriato!<br />
20
Bagnaia e il suo canto<br />
GR<strong>IL</strong>LO Se, ssc, sse, ce vo pur’io a scola da Porzia ch’adè bbona!<br />
IlGrillo esce. Geppetto si mette le mani in testa disperato.<br />
Sipario<br />
ATTO SECONDO<br />
Piazza del paese. Entrano il Gatto e la Volpe parlando tra loro.<br />
VOLPE Aho! Vegghe tu cquello che vveggo io’? Guarda un pò’ quel ciafregno!<br />
GATTO Adè un burattino senza file che ccammina! Me pare un pupazzo, le volemo venna’?<br />
Magnafoco. ce darebbe cinquanta bbaiocche, le facemo diventà’ sartimbanco.<br />
VOLPE Se, sse, acchiappamolo!<br />
GATTO E ccome? Che je mettemo e’ zale s’ ‘a coa?<br />
VOLPE Te le fo vveda’ io come se fa: je fo ‘a cianchetta, non vegghe ch’è ttutto zampe e<br />
gnente cervello.<br />
Entra Pinocchio. La Volpe gli fa lo sgambetto e Pinocchio cade.<br />
VOLPE Oh cche bbel fijarello! Do’ vae così tutt’aripulit? Me paie ‘n paino!<br />
PINOCCHIO (Piagnucolando.) M’hae fatto inciampicà’! (Tornando a parlare normalmente.)<br />
Vo a scola da Porzia. E’ mmi’ padre m’ha ddetto che mm’ ampara ‘n zacco de càse bbelle e ppoe<br />
dice ch’ adè ‘na signorina tanto bbona.<br />
GATTO (Alla volpe.) Non te preoccupà’ che ppiano piano le convincemo nue a ccambià’ strada.<br />
VOLPE (Al Gatto.) Se, sse, piano piano se frega e pprete co’ zagrestano!<br />
GATTOA scola da Porzia? Che ssee goio? Sa’ ‘e bbachettate su mmano che tte dà!<br />
VOLPE ppòe che cce vae a ffa’, che cci-hae e’ ttcmpo<br />
da perda’?<br />
21
Bagnaia e il suo canto<br />
GATTO Se proprio te voe affugà’, affughete m’ ll’ acquaa arta! Co’ sto fisico che tt’aritrove...<br />
avreste d’annà’ a ffa’ e’ ccommediante co’ Mmagnafoco. Ortre che ggirà’ e’ mmonno...<br />
VOLPE (Rivolta al pubblico.) Se, pe’ llargo e ppe’ llon-<br />
go!<br />
GATTO(Dà una gomitata alla Volpe.) Oltre che ggirà’e’ mmonno guadagnerae ‘na montagna de<br />
sorde.<br />
PINoCCHIO E cche cee fo ce’ zorde?<br />
VOLPE E ssentelo, eh! Que’ ddorme da piede! Non za ch’ e’ zorde mannano l’acqua per<br />
l’inzu!<br />
GATTO Ce se compra e’ ppòco e ll’assae.<br />
PINOCCHIO E’ ppòco? Ell’assae? Allora posso comprà’ e’ lleccalecca, e’ struffole, ‘a ggioncata,<br />
‘a scarzella, e’ zzuccoro d’orzo, e’ mmaccherone co’ noce, e’ ppangiallo, ‘e fregnacee, e’<br />
ccastagnaccio! Le compro, le compro, le compro!<br />
VOLPE E eche cci-hae e’ fantijole! E cche ssee sfonnato? (Rivolta al pubblico.) Que’ penza<br />
solo a ‘nciancicà’! (A Pinocchio.) Man ti conviene mejo fatte e’ vvestito nove ch’anvitatte a ceena!<br />
PINOCCHIO Ma ‘mprò ho ppromesso m’ ‘a fata che studiavo, che ddiventavo un monello<br />
ggiudizioso.<br />
GATTO Quante fregne vae cercanno! No’ le sae che cchi non risica no’ rrosica! Se vede che e’<br />
cconfette non zo ffatte pe’ zomare. Tu vvo’ metta’ d’annà’ a scola e sta rinchiuso tutt’ e’ ggiorno<br />
o annasse a ddivertì?<br />
VOLPE (Rivolto al gatto) Daje, daje, che ppure ‘e cipolle diventeno aje!<br />
PINOCCHIO Me sa ttanto che vo’ ddue ch’annate sempre a ccoppia come ll’ova goje, le sapete<br />
longa ma no’ le sapete raccontà’.<br />
VOLPE (Al Gatto). Po’ ffa’ ssangue ‘na rapa? (A Pinocchio.) No’ le voe capì’ che a fforza de<br />
leggia’ te se conzumano ell’occhie e ddivente guercio?<br />
PINOCCHIO Ma mme ‘nzegnano ‘e stagione, quanno adè primavera, estate, autunno...<br />
GATTO Ma che sfonnone stae a ddi’. Embè, mà’ pe’ ssapé’ ch’adè ffreddo o adè ccallo hae<br />
d’annà’ a scola? Che non le sente da solo? Quanno fae a ppallate c’ ‘a neve e a scivorarella ggiù<br />
ppe’ Llice e vvae a scapicollatte me llaggiù m’ ‘a bbuca, capiscerae, allora, ch’adè inverno. E<br />
ppo’e p’ ‘a Candelora dell’inverno seme fora...<br />
VOLPEMa se ppieve o ttira vento dell’inverno seme drento!<br />
GATTO..E ppòe, quanno ‘e perziche, ‘e bbiricocole...<br />
VOLPE Come ti!<br />
GATTO...‘E pornelle so’ in fiore, e ll’ulive hanno messo ‘a trama, adè pprimavera.<br />
VOLPE E ddoppo pòe annà’ a ffregà’ ‘e cerase me llaggiù mmeCeampe ll’Orbo, e cquanno vae<br />
a nnide me llassù m’ ‘a Villa e eco’ ll’ova de’ mmerlo...<br />
GATTO ...Come tti!<br />
VOLPE ...Ce fae tizzo-tozzo maritozzo, capiscerae ch’adà estate.<br />
22
Bagnaia e il suo canto<br />
PINOCCHiO E eche mmese adè quanno se stroncono e code m’ ‘e lucertole e sse fa e’ bbagno<br />
m’ e’ Ppisciaréllo, me llaggiù m’ e’ ffosse Càchere o mme llassù me Scorticapanze de’ zor Furio<br />
me llì m’ ell’ Acqua Sita vicino ‘a Fontana de’ bbacio? Ch’adè? Ch’adè? Ch’adè?<br />
GATTO (Rivolto al pubblico.) S’ ha da essa’ ‘ncantato!<br />
VOLPE Stupeto! Adè ssempre estate. E’ zole adè arto m’ e’ celo che tt’ annucca e tte tegne e’<br />
ggrugno ch’adè na meravija. Pure e’ ggrano se coce con quer zole e ddoppo un pò’ se mete. Sarebbe<br />
un bel lavoro se non ze faticasse e sse sudasse tanto, ma ‘mprò, m’ e’ villan pòrche je piace<br />
sbudellasse con quer callo, tant’è che ccantano...<br />
GATTO (Rivolto al pubblico) ...Cantano... rajano come e’ zomare!<br />
VOLPE E ppòe quanno l’ua adè ffatta e’ ffico penne. e m’ ‘a piazza de drento vegghe e’ bbiconze<br />
piéne d’ua, te conviene arrocchià’ sennò tte fanno ‘a mostarella!<br />
PINOCCHIO (Saltando) Ch’adè, ch’adè, ch’adè?<br />
GATTO (Rivolto al pubblico.) S’è rincantato ‘n’antra vorta! Ma da do’ vene sto gojo. Mica sarà<br />
ffuggito de’ mmanicomio?<br />
VOLPE Quanno te fanno ‘a mostarella, te strofinano e rrampazze dell’ua su’ ggrugno. (Fa il<br />
gesto.) E’ vvòrchie te s’ arimpiccicano tutte su’ mmuso... ha da sentì che ggusto!<br />
GATTO E ppoe quanno vedete e’ nnespolo piagnete ch’adè ll’ultimo frutto dell’estate. Allora<br />
eapiscerae ch’adè autunno.<br />
PINOCcHIo Ma ‘mprò m’amparano a lleggia’, a scriva’<br />
VOLPE De leggia non te ne curà’ che tte sbarbijono ell’occhie e ppòe adè ‘na noia. E a scriva’,<br />
un commediante come tti fa ‘na croce e ttira via!<br />
PINOCCHIo Ma mm’ amparano a esse’ ordinato, pulito...<br />
VOLPE Se tu darae retta ma nnue, ‘a pulizia ce ll’avrae sempre...<br />
GATTO Speciarmente m’ ‘e saccocce!<br />
PINOCCHIO Ma mm’amparano ‘a tavola pittagorica, a ffa’ e’ cconte...<br />
VOLPE Sé, e’ Ccont’ Andrea! E cquello Contava e ccarciofole, e ppoe da quant’ a’ ch’adè<br />
morto. Manco e dduea Lante c’è ppiù, que’ v’ a ccereà’ e’ Cconte!<br />
PINOCCHIO ‘A tabhellina...<br />
GATTO ‘A tabbellina? Sente come se fa. (Si prendono per mano facendo il girotondo e cantano.)<br />
Un per uno uno, un per due due, un per tre tre, un per quattro quattro.<br />
PINOCCHIO (Saltando) E ppòe, e ppòe, e ppòe, e ppòe, e ppoe?<br />
GATTO Mo’ bbasta che sse seme scordate ‘a musica.<br />
PINOCCHIO Se, sse, sse! Vo ffa e’ ppajaccio! A scola ci- andrò ‘n’ antra vorta!<br />
VOLPE Bravo! Mo’ sì cche ccapisce! Aricordate sempre: De ne guarde te venisse voja de lavorà,<br />
mettete subbeto a sseda’ e ppenzace parecchio! Perché adè ssempre mejo non fa’ mmae ogge<br />
quello che ppo’ ffa un antro domare... pe’ tti!<br />
PINOCCHIO Non eapiseerete troppo? Ve fuma ‘a capoccia ma vo’ ddue! Se, sse, sse! Vo a ffa<br />
e’ ppajaccie, tante ‘a tabbellina l’ho ‘mparata!<br />
Si prendono per mano e uscendo cantano: un per uno... Entra Geppetto disperato.<br />
23
Bagnaia e il suo canto<br />
GEPPETTO Ohé, donne de Bbagnaia. aiutateme vue! Me s’è pperso e ffije! Com’ho dda fa’ io,<br />
eh?! Adè uscite p’annà’ a seola e n’adè ppiù vvenute a ceasa! E mmò’ ch’adè sfor d’ora, do’<br />
l’avrò d’anna a ecereà’’?! De’ vanno e’ fije cm-che quando non vengono a ceasa? lo ne’ le so’.<br />
Perett’ a mmi, eh! Me va vvia e’ ecapo d’ ‘a pena! Me sto ‘ngojì’ d’ e’ ddispiaeere!<br />
Entrano Pasqua e Pasquetta, due gemelle vestite nello stesso modo.<br />
PASQUA Te l’ce dette io che ss’era ‘ngojite pe’ ddavero, sto rineejenito! E’ ggente dicono che<br />
dda iere chiaeehiera con pupazzo de legno. E mmò’ dice che s’è pperso e’ ffijo.<br />
PASQIJETTA Me sa ttanto che iere sera s’è rriannate a ‘mbriaeà’ m’ ‘a bbettola sotto ell’arco.<br />
GEPPETTO (Le guarda, poi si stropiccia gli occhi.) Non zo ‘mbriaco, adè ‘a pena che mme fa<br />
rimbambì’. (Guardando-le meglio) Tant’è che tte vegge doppia!<br />
PASQUA e P~SQUETTA Ohé, Ggeppé’, ma che state a ddiU<br />
GEPPETTO Oh Mmadonna mia! Te sente pure doppia! (Si avvicina e le tocca.) Occe! Le veggo<br />
ddue. le sento ddue, le tocco ddue! (Rivolto al pubblico.) Me so’ ‘ngojite p& ddavero! Me’<br />
mm’ armnchiudone a’ mmanicomio!<br />
Pasqua si sposta dalla parte opposta di Pasquetta.<br />
GEPPETTO (La guarda, si mette le mani in testa disperato.) Adesso so’ ppeggiorato! Te se’<br />
allargata! ‘Na vort.a sUe a Llevante ‘na vola stae a Pponente. (Le tocca spostandosi dall’una<br />
all’altra, poi ritorna al centro.) Te veggo e tte sente ‘na vola de cqua, ‘ra vola de llà! Mo’ me ve<br />
a bhuttà’ de’ Pponte Rico! (Si avvicina a Pasqua.) Ma tu echi ssee?<br />
PASQUA So’ ‘a Pasqua.<br />
GEPPE’ITO Chi ssee?<br />
PASQUA ‘A Pasqua!<br />
GEPPETTO (A Pasquetta.) E ttu chi ssèe’?<br />
PASQLTETTA So ‘a Pasquetta! GEPPETrO Chi ssee?<br />
PASQUETrA ‘A Pasquetta?<br />
GEPPETTO (Rivolto al pubblico.) ‘A Pasqua... ‘a Pasquetta... (Urlando) Allora io so’ Nnatale<br />
e Ssanto Stefano! (Poi continua a guardarle girando la testa a sinistra e a destra.) PASQU’ETrA<br />
E ffermateve con quella capoceia! No’ le movete de equa e de llà sennò p’ ‘a legge de’ ffin di<br />
ferro ve se stronca!<br />
PASQUA Oh Ggeppé’ earmateve! Che vve succede’? De quale fijo parlate?<br />
24
Bagnaia e il suo canto<br />
GEPPETrO Come! Non l’hae visto iere sera quer ppuh... cciarotto eh’eo fatto? (Alla parola<br />
pucciarotto Geppetto si avvicina a Pasqua e le sputa sul viso. Pasqua si asciuga<br />
con il palmo di entrambe le mani, che poi squote terso terra.) Quello che stava su’ bbancone?<br />
E nn’adè ddiventato de cieeia? Parlava, parlava, parlava. Senza sapé’ quelle che ddiceva! E ppòe<br />
e-eva ‘na gran fame, c’è mmancate pòeo che mmagnasse ma mmi con tutte e’ ppignattello d’ ‘a<br />
colla!<br />
PASQUETTA Adè ddiventate de cieeia? Parlava? Magnava? Ma che state a ddi’?<br />
GEPPETTO Se, sse! Adè ddiventato de ciceia! C’era pure e Ggrillo parlante!<br />
PASQUA E’ Ggrillo parlante? E eque’ adè ppropie d’ arinehiuda’!<br />
GEPPETTO Stamane e’ ppueeiarette. adè uscite p’annà’ a scola da Porzia e ppée non s’è ppiù<br />
vviste.<br />
PASQUETTA L’ete mannato a seola da Perzia? Allora stame a pposto! Me sa ttanto che non le<br />
trevamo ppiù!<br />
PASQUA Aho. aho! Che eei-hae da di’ dd’ ‘a Porzia? Adè stata ‘a maestra mia, sa’! Adè ~na<br />
santa! Penza che dd’inverne, pe’ non facce morì dde freddo, ce faceva pertà’ ‘a legna da casa p’<br />
accenn& a stula. Che tte le negava e’ eealore? E ppde mica adera corpa sua se a scola s’ariempiva<br />
de fumo come ‘n seccatore e ttutte nue a ppiagna’... Allora, poraceia. ce faceva oprì’ ‘a porta e’ ‘a<br />
finestra pe non facce piagna’ ... Ch’ adera eerpa sua se ddoppo piagnévemo de’ ffreddo!?<br />
PASQUA Adè vvero! Quanno non se piagneva né de fumo, né de freddo, ce pensava essa con<br />
quattro bbacchettate su’ mano, allora... piagnevomo tutte de dolore.<br />
PASQUETTA Quella bbrava donna, p’ anvejamme a studià’, date eh’eo fatte pe’ ceinque verte<br />
‘a prima elementare, e ancora, non c-eo capito gnente. non m’ha fatto fa’ ssu mmisura du’ orecchie<br />
de cartone resse come e’ ffeeo, e llonghe lenghe... quanto ‘a camicia de Meo! Me ll’ha legate<br />
s’ ‘a eapoecia c’ ‘a fettuccia, pòe m’ha fatto ggirà’ pe’ llargo e ppe’ longo tutt’ ‘a scela. Ha’ da<br />
veda’ e’ monelle ‘e feste<br />
che mmiianno fatte: io davante e ttutte quelore dietro a strillà’: “Somara, somara, somara!”<br />
Quanto adera bbona, non me la scorderà mmae!<br />
PASQUETTA Adè vvero! E ppàe eom’ adoprava ‘a bbaeehetta de legno essa, non c’era gnuno,<br />
pareva un direttore d’orchestra. (Imita il gesto del direttore d’orchestra.) Ma ‘mprò, ‘a bbacehetta<br />
de saremo, l’usava solo con chi adera contadino! Quant’ adera bbona! Non faceva ‘e parzialità!<br />
PASQUA Adè vvere, non faceva mae ‘e parzialità. ‘A Signorina...<br />
PASQUETTA Signorina sì, ma mmica pe’ vvolontà sua!<br />
25
Bagnaia e il suo canto<br />
PASQUA ‘A signorina, quanne eva da menà’ una de nue, ce metteva tutte ‘n fila, ce faceva<br />
piegà’ a ceulo perzene (fa vedere la posizione) e ggiù, ggiù ‘e baeehettate! Quanto adera precisa!<br />
PASQUETTA Allora ma mmi me faceva pertà’ ssempre a scola un gnummello de cece secche e<br />
eeesì cquanne me metteva in gastiee, in ginocchio per terra, dietro ‘a lavagna, adero sicura che e’<br />
ceee setto ‘e gginocehia erono quelle mie! Non se sbajava!<br />
PASQUA E equella vela che ci-ha menato man tutte perché le volévomo fa’ riscallà’? (Rivolta<br />
al pubblico.) Adera un fredde che eeaseavano ell’oreechie m’ e’ zemare. Allora nue pe’ ffalla<br />
contenta e ppe’ non tali’ arrabbià’, j’évomo portato a seola ‘ne seallino piéno de bbraeia eh’ eomo<br />
preso m’ e’ fferno d’ ‘a nonna d’ ‘a Laurina deppo eh’ea sbraciate. Allora ‘a signorina, tutta contenta,<br />
se l’è mmesso sotto ‘e veste, ‘n mezzo ‘e cosce, come faceva sempre. Adera propio contenta...<br />
PASQUETTA Adesso me le ricordo pur’io. Quel giorno evo portate pe’ ccolazìone e’ ppane e<br />
ll’eje e ddu’ castagne. ‘E castagne me s’ erano ‘ntrujate d’ejo. Allora pe’ ffalle asciuttà’,<br />
d’enguattone je ll’ho mmesse drento e’ seallino. Ha’ da sentì’ che bbotto eh’ hanno fatte! le se’<br />
annate a ffece pure ‘e mutanne! (A/za il vestito efa vedere i mutando-<br />
ni.) Allora essa pe’ non dacce soddisfazione, s’è arzata de scatto (imita il gesto) e adè annata<br />
via a bbuee ritto. (Cammina impettita.)<br />
PASQUA Mica pe’ seappa vvia da quella donna quel pere ciueo sarà ffuggito a seapieollone<br />
su’ Mmentecchie!<br />
PASQUETFA Su’ Mmontecchio? E non l’avranno preso ‘e streghe?<br />
PASQUA ‘E streghe? E eehe cee fanno ‘e streghe’? Quello adè d’orme, n’adè bbeno né ppe’<br />
ffoce né ppe’ fforno!<br />
GEPPETTO Aho! E ffalla finita! (Le guarda smarrito.) De cento galle a ecantà’ non ze fa mae<br />
ggiorno! Anveee de ehiaechierà’ e de ffa’ ‘e lavannare, annamolo a ecereà’. De quarehe parte ha<br />
da essa’ annate. Sarà annato me llaggiù a Bbagnaia de drento, me llì m’ e’ ggiro o ssotte ‘e colonne<br />
a ggiocà’ a ‘nguattavito, o m’ ‘a Piazza Patella a ggiocà’ a ecampana. Vo’ veda’ che ss’è scapicellato<br />
drente ‘a concia!? Non zarà annate a ffà’ e’ bbagne me Seorticapanze?<br />
Entra Pippo de Pancotto<br />
Pippe Oh compare Ggeppè’, che tte urle! Paie ‘na gallina che je stanno a ttirà e’ ccoilo! Manco<br />
se avesse visto e’ ddiavole! Te mancano sempre ddu’ sorde pe’ ffa’ ‘na lira! Te’, tte’, tt’ho portate<br />
e’ ccortello che mmae fatto arrotà’. (Estrae il coltello e glielo porge.) Guarda che bbel lavoro<br />
che tt’ho fatte!<br />
26
Bagnaia e il suo canto<br />
GEPPETTO Ahe, ah Pippe de Paneetto! Me frega pdeo de’ eeortello, me se’ pperse e’ ffijo!<br />
Hae capito? Ah Pippo de Pancotte, me s’è pperso e’ ffije!<br />
Pw~o Ma quale fije? E’ ffije de chi?<br />
GEPPETTO Ah, Pippo de Paneetto! Come quale fijo, quelle<br />
mio!<br />
flppeMa che ssee ‘mbriace? Se non ci-hae manco ‘a<br />
meje! Quale fijo vae cereanne?<br />
PASQUEYrA Ah Pippo de Pancotto! Je ll’emo dette pure nue che ss’ha da essa’ ‘ngejite! Ce<br />
ll’ha con pueciarotte de legno e ss’è ‘ntignato ch’adè ddiventato de ciccia!<br />
PiPPOMe sa ttanto che j’ha mmagnato e’ ccervello e’<br />
ggatto<br />
GEPPErVOAh Pippo de Pancotto! Me vo’ sta a ssentì’? Ah<br />
Pippo de Pancotto, adè vvero! Prima e’ ppucciarotto adera de legno e ddoppo adè ddiventato de<br />
ciccia. Tu cche stae sempre me lii ssotto ‘a torre a ‘rrotà’ e’ ccortelle CO’ ccarrettino, hae visto<br />
‘che ccésa? Ci-hae quarche idea do’ po’ ess’annato. Do’ pole annà’ un fregno che sse move come<br />
un burattino?<br />
Pi~~o Un fregno che sse move come un burattino? Stamane presto, quanno adera ancora bbuio,<br />
‘ntanto ch’arrotavo e ccortelle propio me llì ssotto ‘a torre m’ ‘a piazza de fora, adè ppassato un<br />
carrettone de zingare con zacco de pucciarotte sopra. Adè sceso un fregno grosso, le chiamavono...<br />
Magnapane... Magnauffo... Magnapòco... No,no! Le chiamavono Magnafoco. M’ha ffatto arrotà’<br />
un zacco de cortelle, pòe adè annato me llassù m’ e’ pprato vicino ‘a chiésa de San Carlo,<br />
inzomma, me llì me Ppinche. M’ha ddetto che stasera ha da fa’ ‘no spettacolo de bburrattine.<br />
Drento e’ ccarrettone c’era un morammazzato che non smetteva mae de strillà’: “Ci-ho ffame, ciho<br />
ffame, ci-ho ffame!”.<br />
GEPPETrO Ejelo! Adè esso! Ah Pippo de Pancotto, adè ppropio esso! Curremo me llassù m’ e’<br />
Ppinche, m’ e’ Mmuro Bbarco! Se Mmagnafoco ci ha ppreso Pinocchio, prima je facemo magnà’<br />
e’ ffoco, e ppòe le mannamo via co’ ‘n carcio m’ e’ cculo e mmedicato s’ ‘a fronte!<br />
Tufi Se, sse, sse! Annamo a ppijà’ e’ ffijo!<br />
GEPPErTO (Guarda le due getnelle e poi rivolgendosi a<br />
Pasqua.) Tu pporta pure sta pantasima (indica Pasquetta)!<br />
(Rivolto al pubblico.) E vvue pée portate tutto e’ ccucuzzaro!<br />
Escono tutti.<br />
Entrano il Gatto e la Volpe con Pinocchio incatenato.<br />
PINOCCHIO (Piagnucolando.) Signor Gatto, signora Volpe. perché mm’ ete incatenato? Vojo<br />
annà’ a ccasa de Ggeppetto! So’ stronco! Ho ffame! Ho ssonno! Ho dda fa’ ‘a pipì!<br />
VOLPE E ‘a ppoppò! N’ ha capito che ttu dde cqui non te rnove! Magnafoco ci-ha ddato sta<br />
responzabbilità de te-nette.<br />
GAnO Voleve diventà’ ffamoso? Pe’ ddiventà’ ffamoso s’ha da soffrì’!<br />
PINOCCHIO Allora non posso annà’ ppiù a ccasa? Non posso veda’ ppià ‘a Latina? E’ ggrillo,<br />
‘a Porzia ch’adè ttanto bbona no’ le veggherò ppiù?<br />
27
Bagnaia e il suo canto<br />
VOLPE Voleve ggirà’ e’ mmonno pe’ llargo e pe’ llongo? Mo’ le ggire!<br />
PINOCCHIO (Jndispettito.) ‘A fatina ma ‘mprò m’eva detto che ppotevo annà’ a ggioca a<br />
‘nguattavito, a ‘cchiapparella. a scarcabbarile, a bbattimuro, a ssartalamula, a ccampana, a bbuzzico<br />
riarzato, a ttana libbera tutte, potevo annà’ a ffa’ e’ bbagno me Scorticapanze e ppée potevo<br />
stroncà’ ‘e code man tutte ‘e lucertole. Quanno le stronco, quanno le stronco, quanno le stronco?<br />
GAno (Rivolto al pubblico.) E cque’ ha da avé’ rifinito ‘a carica!<br />
VOLPE Ma pe’ ffa ste cése tu eve d’annà’ a scola. A scola non ce see voluto annà’ perché hae<br />
detto ch’ ‘a tabbellina le sapeve. E ppde voleve fa’ un zacco de sorde?<br />
PINOCCHIO Se, sse, sse! Perché vvojo comprà’ e’ ppoco e 11’ assae! E’ lleccalecca, e’ struffole,<br />
‘a ggioncata. ‘a scarzella, e’ zuccoro d’orzo, e’ mmaccherone co’ nnoce, e’ pan-giallo. ‘e<br />
fregnacce! Le vojo, le vojo, le vojo!<br />
GATTO (Rivolto al pubblico.) Non c’è gnente da fa’. S’ha da essa’ ‘ncantato ‘n antra vorta!<br />
Toccherà pportallo dall’ ombrellaro?<br />
VOLPE Allora che ppiagne moccolone! Pe’ ccomprà’ ste cése ce vonno e zorde! Tu e’ zorde<br />
non ce ll’hae, allora<br />
hae da fa’ cquello che ddicemo nue! Tu ssee bburrattino? Hae da fa’ e’ hburrattino! E no’ le fa’<br />
ttanto longa, non le sae che chi dde gallina nasce in terra ruspa?<br />
Pinocchio piange il Gatto e la Volpe cantano.<br />
GArrO e VOLPE Piagne, piagne moccolone I che domane èll’Ascenzìone.<br />
GATrO ‘Ntanto che ttu ppiagne, caro bbabbafave, nue annamo a mmagnà’ ddu’ facioie in<br />
greppa! E cquanno hae finito de piagna’, aripdsete perché ddomane t’emo da fa’ zompà’ pparecchio!<br />
Il Gatto e la Volpe escono di scena Pinocchio piange. PINOCCHIO E mmi’ padre no’ le veggherò<br />
ppiù? Non posso annà’ ppiii a ggiocà’ m’ e’ vvicinato, me llaggiù m’ e’ ggiro. So’ ssolo un<br />
bbuaattino da circo, e ppée me so’ pperso pure ‘a coscenza, le so’ sfortunato!<br />
GR<strong>IL</strong>LO (Entrando.) T’ho ttrovato bbrutto guitto! Do’ t’ere anguattato? Stavo pe’ annà’ d’ e’<br />
ccarbignere! (indica la catena.) E cque’ ch’adè? T’hanno legato come un gojo! Com’ho dda fa’ io<br />
pe’ llevatte da ‘st’ impiccio?<br />
PINOCCHIO Chiama ‘a Latina, curre! Vaje a ddi’ che mm hanno legato e’ ‘a catena d’ ‘a vacca!<br />
GR<strong>IL</strong>LO E mmà’ do’ sarà ‘nnata pure quella, che sta sempre a bballà’? (Imita il ballo della fatina.)<br />
Vo’ veda’ ch’ è annata m’ e’ Ppitocchietto sotto ‘e colonne?<br />
Effetto musicale. Entra la fata ballando, Pinocchio si nasconde dietro il Grillo.<br />
FATINA Perché t’anguatte cipiccioso? Ch’ hae combinato che tt’hanno legato c’ ‘a catena d’<br />
‘a vacca?<br />
28
Bagnaia e il suo canto<br />
PINOCCHIO (Piagnucolando.) Cara fatina, stavo a ‘nna’ a scola da Porzia, quanno me llì m’<br />
‘a Fontanella, dietro e’ Gghettaccio, adè scappato fora un mostro co’ ddu’ occhie cossì. E ‘na lengua<br />
de foco... (Al Grillo.) Dijelo pure tu!<br />
GR<strong>IL</strong>LO Se, sse, sse! Adé vvero! C’ero pur’io! C-eva<br />
na capoccia grossa... grossa... grossa come un majo. E ‘na Iengua longa... longa... longa, quanto...<br />
quanto... quanto...<br />
FArINA ‘A tua! (A Pinocchio.) Ma a scola ce se’ annaIo? Racconteme un pd’ ch’ ha ‘mparato.<br />
PINOCCHIO Se, sse, sse! Ce so’ annato a seola! ‘A Porna appena m’ha vvisto ‘e feste che<br />
m’ha fatto!<br />
GR<strong>IL</strong>LO ‘E teste che j’ha fatto!<br />
PINOCCHIO M’ha mmesso a sseda’ subbeto vicino e’ ffoco. Quanto se stava bbene c’era un<br />
callo.<br />
GR<strong>IL</strong>LO Quanto se stava bbene.<br />
FATINA E ppòe, e ppée, e ddoppo?<br />
PINOCCHIO E ppde doppo ci ha gguardato ‘e mano se aderano pulite e mman quelle che cee<br />
l’eono sporche je ll’ha llavate essa. E pprima che ssonasse ‘a campanella ci ha ffatto magnà’ e’<br />
ccece. Quanto adè bbona ‘a Porzia!<br />
GR<strong>IL</strong>LO Quanto adè bbona ‘a Porzia!<br />
FATINA (Rivolta al pubblico.) E eque’ invece de ‘n grillo me pare un pappagallo, eh. (A Pinocchio.)<br />
Bbene, bbene! E ppde eh’ ha ‘mparato.<br />
PINOCCHIO ‘A tabbellina tutta. GR<strong>IL</strong>LO Tutta!<br />
PINOCCHIO E’ Cconte pde... tu le sapeve ch’adera morto? GR<strong>IL</strong>LO Adè mmorto.<br />
PINOCCHIO E ppure e’ Dduca Lante non c’è ppiù! GR<strong>IL</strong>LO Non c’è ppiù.<br />
PINOCCHIO Sente ‘a tabbellina, eh. (Il Grillo e Pinocchio cantano insieme facendo il girotondo.)<br />
Un per uno uno, un per due due...<br />
PINOCCHIO Sente le so’ bbravo? Sente, sente, sente? GR<strong>IL</strong>LO (Saltando si avvicina alla fatina.)<br />
Sente, sente, sente?<br />
FATINA Adè ppropio vero che cquanno non c’è e’ ggatto e’ zoree bballa! Le sè’ bbravo e<br />
ddoppo?<br />
29
Bagnaia e il suo canto<br />
PINOCCHIO Sente ‘e staggione. A pprimavera se fregano ‘e cerase.<br />
GR<strong>IL</strong>LO ... ‘e cerase.<br />
PINOCCHIO D’estate co’ Yl’ova dell’uccelle se fa tizzo-tozzo...<br />
GR<strong>IL</strong>LO ...marltozzO.<br />
PINOCCHIO Quanno adè autunno te fanno ‘a mostarella su’ ggrugno.<br />
GR<strong>IL</strong>LO ... su’ ggrugno.<br />
PINOCCHIO Pell’innocentine so’ ffinite ‘e feste e’ cquatrine.<br />
GR<strong>IL</strong>LO ... e’ Cquatrlne.<br />
PINOCCHIO Bbefana e Bbefania tutte ‘e feste porta via.<br />
GR<strong>IL</strong>LO ... porta vla.<br />
PINOCCHIO Je risponne Sant’ Antonio: “Piano piano che c’è ‘a mia!”<br />
GR<strong>IL</strong>LO ... piano, piano che c’è ‘a mia!<br />
PINOCCHIO (Saltando.) Sente le so’ bbravo? Sente, sente, sente?<br />
GR<strong>IL</strong>LO (Si avvicina alla fatina saltando.) Sente, sente, sente?<br />
FATINA (Rivolta al pubblico.) Ahà, e eque’ ei-hanno e bballo de San Vito! (Rivolta a Pinocchio.)<br />
Non le sae che echi se lota se sbrodola? E ppée ‘e bbucie ci-hanno ‘e cianche corte!<br />
PINOCCHIO (Si avvicina alla fatina e si inginocchia pia gnucolando.) Perdoname fatina, te<br />
prometto eh’ ‘e bbucie no’ le dirà ppiù... (rivolto al pubblico) una alla vorta! (Rivolto alla fatina.)<br />
E dda domane vo a scola da Porzia. Te le ggiuro! Diventerà un santarello appiecicato m’ e’ mmuro!<br />
GR<strong>IL</strong>LO Se, sse! Diventerà un santarello! Je spunteranno<br />
pure ell’ale! (Fa il gesto di volare.)<br />
FATINA E eque’ sso’ eculo e ccamicia! Le sanno longa ma non le sanno raccontà’! E ttu, pappagallo,<br />
non le poteve guardà’ mmejo? Che non le vegghe che una le fa e ccento le penza?<br />
30
Bagnaia e il suo canto<br />
GR<strong>IL</strong>LO (Si inginocchia davanti alla fatina.) Perdoname pure ma mmi. Adè vvero, so’ bbuciardo<br />
pur’io! A fforza de anna co zoppo ho ‘mparato a zoppieà’! Ma quest’artra vorta le lego a<br />
ccapezza!<br />
FATINA Embè pe’ sta vorta ve perdono, ma ‘n’antra vorta ve bbastono! Meno male che mm’è<br />
avanzata ‘na manciata de terra de Montecchio pe’ scioja’ ste catene. Bhucialacchè, bbucialaccà,<br />
‘a catena se ne annò!<br />
Butta la terra sulla catena, la catena cade in terra. Comincia l’effetto musicale. La fata ballando<br />
esce, Pinocchio e il Grillo, contenti, la imitano ballando.<br />
Dafùori scena Geppetto chiama.<br />
GEPPETTO Pinocchio, Pinocchio! Scappa fora! ‘Do te sèe ‘nguattato?<br />
PINOCCHIO Bbabbo, Bbabbo mio! Sto mmc equi!<br />
Entrano in scena Geppetto, Adele, Nena, Pasqua, Pasquetta, Filomena.<br />
GEPPETTO (Abbracciando Pinocchio teneramente.) Fijo, fijo mio bbello più de’ zole! Adesso<br />
che tte veggo ho ffinito de tribbolà’! A fforza de chiamatte me so’ ‘ncamato! (Rivolto alle donne.)<br />
Ve ll’eo detto eh’ e’ ppucciarotto adera diventato de eiccia?<br />
ADELE (Toccando Pinocchio.) Adè vvero! E’ ppropio de cieeia. E nnue che ll’eomo preso pe’<br />
ggojo!<br />
NENA E invece mica sfarfallava pe’ gnente!<br />
PASQUA A ppenzà’ che ttutte dicevomo che ss’adera ‘mbriacato!<br />
PASQUE7TA Prima de parlà’ nimale d’ ‘a ggente bbisogne<br />
rebbe sciacquasse ‘a lengua e’ ‘a soda!<br />
F<strong>IL</strong>OMENA Vedarae mò’ a Vvitorchiano come ce ‘nvidiano. TUTTI E pperchè?<br />
F<strong>IL</strong>OMENA Perchè mà’, ortre che avecee ‘a Pucciarella. eemo pure e’ ppueeiarotto!<br />
PINOCCHIO Bbabbo, bbabbo mio, fatte veda’ le see bbello! Se, sse, sse! See propio tu! Ci-hae<br />
ddu’ oeehie! (Gli mette le dita negli occhi.) E’ nnaso CO’ ffroce piéne de taccole! ‘A bboee’ a<br />
sciampella! E ffamme veda’ e’ ddente! Ih, so’ ssempre tre! Non te so’ ccresciute pe’ gnente!<br />
Ell’oreeehie so’ ssempre ‘nciancicate d’ e’ zorce (Gli toglie il cappello.) Lh, ‘ardà’ che zucca!<br />
31
Bagnaia e il suo canto<br />
TUTTI (Cantano.) Zucca pelata con cento capelle, tutta le notte je cantano e’ grille, je le fanno<br />
la serenata, zucca pelata, zucca pelata.<br />
GEPPETTO E ttrova loco! Non t’è bbastato quello che hae passato e cehe mm’hae fatto passà’?<br />
Adesso l’avarae ‘mparato eh’ ‘e bbucie ci-hanno ‘e cianehe corte?!<br />
PINOCCHIO (Mortificato.) Se, sse, sse! Le so che ‘e bbueie ci-hanno ‘e cianche corte, me<br />
ll’ha ddetto pure ‘a fatina! Ma ‘mprò adesso vojo ggiocà’ a ‘nguattavito (porta in scena i personaggi,<br />
uno per ogni gioco, prendendoli alternativamente a destra e a sinistra del palcoscenico), a<br />
ssartalamula, a ‘cchiapparella, a bbuzzico riarzato, a ttana libbera tutte! Vojo pure fa’ e’ bbagno<br />
me Scorticapanze. m’ e’ Ffosse Càchere! E ppòe vojo stroneà’ ‘e code man tutte ‘e lucertole.<br />
GR<strong>IL</strong>LO e PINOCCHIO (Si prendono per mano e saltano gridando.) Quanno le stronco?<br />
Quanno le stronco? Quanno le stronco?<br />
GATTO S’è rrineantato!! Toccherà portallo d’ ell’ ombrellaro?<br />
Sipario<br />
‘A PUCCIARELLA<br />
32
Ottobre 1993<br />
Bagnaia e il suo canto<br />
LIBERAZIONE DAL SACCHEGGIO Dl <strong>BAGNAIA</strong><br />
DALLE M<strong>IL</strong>IZIE IMPERIALI<br />
Se nel precedente capitolo ho avuto motivo di decorare di condegne lodi il valore e coraggio<br />
de’ nostri Concittadini, mancherei ai doveri di un imparziale storico qualora tra-lasciassi narrare<br />
quello che ridonda in gloria delle nostre Concittadine giacchè fra esse in un tempo trovossi una<br />
donna che con il suo spirito e coraggio liberò non solo la Patria da un imminente saccheggio ma<br />
ancora, ammazzato il Capitano, dissipò e disperse li di lui soldati. Questo fu il tempo calamitoso<br />
per Roma, dell’anno 1527 in cui per ordine dell’Imperatore Carlo V essendo venuto in Italia<br />
l’Esercito Imperiale sottoposto alla direzione del generale Carlo Borbone per dare il saccheggio<br />
alla metropoli ed essendosi esposto detto generale per dar coraggio ai soldati all’azzardo di essere<br />
il primo a scavalcare le di lei muraglie e restato morto da una palla colpitagli ne’ fianchi; risaputasi<br />
tal nuova da quella milizia che rimanea acquartierata nel Convento dei Padri Religiosi Domenicani<br />
della Madonna SS. della Quercia, poco distante della nostra Terra, abbandonata la disciplina<br />
militare si dettero subito a rapire e rubare con tanta sfrenatezza che dopo aver apportato<br />
molti disordini al detto convento e vicinanze dettero a conoscere di voler dare il sacco alla nostra<br />
Patria.<br />
Ben lo previdero gli abitanti e preventivamente al loro arrivo avean chiuse le porte. Diligenza<br />
era questa molto vantaggiosa. tuttavia non li rendeva abbastanza sicuri perché essendo stati chiamati<br />
da Clemente PP VII tutti gli uomini atti alla guerra per difesa di Roma ed essendovi rimasti<br />
gli inabili e le donne non potevano questi far valida resistenza contro dell’agguerriti inimici. Tuttavolta<br />
s’impegnarono al meglio che potettero ed ora con sassi ed ora con acque bollenti procuravano<br />
di tenerli indietro dallo scalo delli muri. Cagione per altro per cui tanto si inquietarono quei<br />
ri<br />
haldi che andati tutti in collera ed anelanti di vendetta per il trattamento da cani come diceano,<br />
a tutto impeto si gettarono a scalare le muraglie. Avvidesi una donna dell’imminente pericolo e<br />
senza alcun indugio corre ad un luogo superiore e preso in mano un mortaio lo scagliò con tanto<br />
impeto e direzione che privò di vita quel primo che più ardito precedeva gli altri nella scalata. Il<br />
buono fu che l’ucciso precipitosamente caduto dalla scala era il capitano di essi il quale per dargli<br />
maggior coraggio andava avanti di loro e perciò talmente restarono sopraffatti dal terrore e spavento<br />
che deposto il mal nato disegno si diedero ad una vergognosa fuga e più non si viddero. Ritornata<br />
pertanto la calma li Bagnajuoli non cessarono ricolmare di lodi la coraggiosa loro liberatrice<br />
(...). Quindi per memoria ed in attestato di grata riconoscenza posero un semibusto donnesco<br />
a pie’ della torre ove presentemente stanno le campane, come ancor adesso si scorge.<br />
Da: A. CARONES, Memorie istori che, op. cit., pagg. 32-37.<br />
Personaggi:<br />
FOLLETrO<br />
POPPEO, capitano dei Lanzichenecchi<br />
33
ROM0LO, soldato Lanzichenecco<br />
PEPPE, soldato Lanzichenecco<br />
Pippo, soldato Lanzichenecco<br />
CHECCA<br />
PASQUA<br />
PASQUETTA<br />
COMMARE TUTA<br />
CENCIO<br />
M1MM0<br />
LISETrA<br />
COMMARE NENA<br />
COMMARE GIUINA<br />
CURATO<br />
ATTO PRIMO<br />
Bagnaia e il suo canto<br />
UNA VOCE (a sipario chiuso): E’ l’anno del Signore 1527. Un paventoso turbine di guerra si<br />
è addensato e viene a disgropparsi proprio qui nelle nostre contrade. E’ un formidabile esercito di<br />
trentamila uomini a piedi e a cavallo: sono quei demoni dei Lanzichenecchi, tutti ferventi d’odio<br />
contro il Papato. Giunti sotto le mura di Viterbo, sfondano e abbattono porta Fiorita, e come fiumana<br />
trabboccante si precipitano furibondi dentro.V abitato a disfrenarvi la loro rabbia di saccheggio<br />
e di sterminio. Uno sparuto gruppo di Lanzi, si sta spingendo verso Bagnaia nel tentativo<br />
di sfogare i loro istinti più bestiali. Le donne del piccolo castello, ignare del pericolo, conducono<br />
la semplice vita di sempre...<br />
Il sipario si apre lentamente sulle note dell’inno a Bagnaia<br />
34
Inno a Bagnaia<br />
Bagnaia e il suo canto<br />
(sul motivo musicale dello stornello romanesco)<br />
Bagnaia ci-ha mm’ ‘a piazza un gran cannello che non ze trova in nessun altro loco l’antiche<br />
l’han chiamato Pisciaréllo<br />
e stae sicuro che n’adè pe’ ggioco. Larà, larà, larà, larà, larà ecc. ecc.<br />
Ci-avemo pure ‘a torre medievale co’ ‘n grosso orloggio che non zona mae m’ e’ ppeticone pde<br />
c’è ‘a Pucciarella<br />
se 11’erano fregata ma mmd’ è ppiù hbclla. Larà, larà, larà, Farà, larà ecc.ecc.<br />
E cc-emo pure ‘a ripa su’ Mmontecchio ‘a concia co’ colonne so’ un merletto<br />
e’ ppalazzo de’ Dduca appunteilato se ttu ce soffie te casca su’ ceapo.<br />
Larà, larà, larà, larà, larà ecc. ecc.<br />
‘A Vvilla Lante pòe è ‘n fiore bbello<br />
CO’ cquattro more gnude senza ombrello<br />
e cc’è ‘n giardino granne co’ ‘n boschetto dove ‘e coppiette se danno e’ hbaeetto.<br />
Larà, larà, larà, larà, larà ecc. ecc.<br />
Me equi me’ llavatoro adè ‘na festa se taja e ccuce senza mal de testa<br />
se lava co’ la lengua a pperditiato se parla male pure de’ ccurato.<br />
Larà, larà, larà, Iarà. larà ecc. ecc.<br />
Lavatoio di Bagnaia, appare una nuvola diflimo da cui fltoriesce un Folletto che è invisibile<br />
agli altri interpreti, opera incantesimi alzando le mani e contemporaneamente produce un suono<br />
metallico che hlocca tutti i presenti finché lo stesso suono riporta tutti alla realtà. Inoltre durante<br />
la recitazione, non visto, dà fastidio alle (omniari che lavano, con dispetti e tutto quello che può<br />
inventore la jùntasia dell’attore. Il Folletto tiene in mano una pergamena e legge.<br />
F0LLETT0 Un castello e’ ‘a torre tonna, ‘n orloggio... che va co’ ppiccione, e ssona sempre<br />
sfor d’ora, vicino Montecchio, sotto e’ ppotere d’ ‘e streghe, anguattato ‘ntra mezzo ‘a Fontana de<br />
Bbacio, e’ Ffosse Càchere, ‘a Fontana dell’Oro, ‘e Sette Cannelle, e’ Ffosso d’ ‘a Madonna<br />
dell’Urnara, e’ Vvotamare, e’ mmulino d’ ‘a Concia e’ llavatoro de’ Ppiseiaréllo. (Rivolto al pubblico)<br />
Per la miseria!<br />
35
Bagnaia e il suo canto<br />
Antro ch’anguattato! Con tutta st’acqua... que’ adè affugato! E ccome se chiama sto paese?<br />
(Legge la pergamena) Ba-gna-ìa, Bagnaia. Allora e’ ppaesane so’ ttutte bbagnarole. Eh, pe’ fforza,<br />
con tutta st’acqua. (Rivolto al pubblico) Aho, me equi ‘e donne femmene non pijano marito se<br />
non partorisciono armeno ddu’ vorte! Stanotte appena s’è arzata ‘a luna, ‘e streghe m’hanno mannato<br />
a cehiamà’ da Cice e scopino. Stavo tanto bbene a ddormì’ callo callo drento un arbero cavo<br />
propio me llassù, me lEi, me llà, me llaggiù m’ e’ bbòseo d’ ‘a faggeta, quanno all’improviso me<br />
se presenta sto fregno, arto arto, co’ ‘na trombetta ciuca ciuca; me s’è mmesso a ssoffià’ su’<br />
mmuso come un mandrice pe svejamme: “Pe-pè, pe-pè, pe-pè! Signor Folletto illustnssimo, padrone<br />
e ssignore de tutta ‘a faggeta e dde tutto e’ bbosco ancantato, tu eehe ssee envesibbele de<br />
ggiorno e ppure de notte, e eehe ccc vegghe m’ e’ bbuio com’ e’ ggatte, stamme a ssentì’ senza<br />
che tt’anguatte. Pe’ ordine e ccontrordine d’ ‘a reggina d’ ‘e streghe de Monteechio, e ppe’ vvolontà<br />
della stessa rniediesima. te s’ ordina: da curra’ subbeto a Bhagiiaia senta metteLe• ~a maja<br />
pe Pii l’encantesemo pe’ sarvà’ e’ ppaese d’ e’ Llanzichenecche, perchè c’è ‘n capitano che vvene<br />
da lontano eh’ adè ddisumano. Tu cche sse’ ‘n folletto senza tetto levece st’ impiccio perchè<br />
nnue, niccio, niecio, sentemo puzza de bbruciaticeio!”<br />
Entra la comare Tuta con la conca dei panni, si guarda intorno, posa i panni, rivolta al pubblico.<br />
TUTA ‘Ardà’ che bbellezza! Ogge e’ llavatoro adè spiccio. Cqua, equa, e’ ccannello me le pijo<br />
tutto io. (Si mette a lavare e canta nervosamente). Domane se comincia ell’ anno novo / de pane e<br />
dde vino, de cacio pecorino I se ammazzate e’ ppt5rco dadice ‘a parte I ‘a rina che cee nasce I sopra<br />
‘a rima I ‘a rosa costantina... Ammazza le so’ llorde ste pedaline, che ci-avrà fatto, eh? Come<br />
1’ avarà ‘ntmjate così, eh?... Sopra ‘a rosa / e’ ppiccolo ce ggioea / ggioca e ggiocanno ejo ell’<br />
ueello che vva vvolanno / eggfl - eggrì -<br />
eggrò, ce le date sì o nno? / Se non ce le date, ve pijamo a hbastonate...<br />
Entrano le sorelle Materazzo: Pasqua e Pasquetta con una conca dei panni.<br />
PASQUA Le séte gattiva ogge commare Tu’! Man chi vvolete pijà’ a bbastonate?<br />
PASQUEITA Ohé, e’ ccanello I’ ete già impicciato? Ma che non ce dormite p’ esse’ a prima?<br />
FOLLErrO Que’ so’ ‘e sorelle Materazzo, una lavora e cquell’ altra non fa un... rampazzo!<br />
TUTA (Irritata) Ohé! lo me sveio quanno canta e ggallo, sapé’!<br />
PASQUA Sé, quello senza cresta. Come mmae séte così nervosetta?<br />
PASQUETTA Che vv’ ha pizzicato ‘a vipera 7 Non v’ arrabbiate sennò facete ddu’ fatiche, sapé’!<br />
TUTA So ‘ndiavolata con quell’imbriacone de’ mmi’ marito, iere sera s’è presentato tutto pesto.<br />
Voleva damme ad intenna’ eh’ adera cascato d’ ‘a pianta dell’ ulive, ‘nvece n’era annato a<br />
Bbettelemme, m’ ‘a cantina de’ ceompare.<br />
36
Bagnaia e il suo canto<br />
GIUINA (Entra con il canestro, cantando) M’ ‘a piazza de Bbagnaia c’è ‘n cannello / che non<br />
ze trova in nessun antro loco /l’ antiche l’han chiamato Pisciaréllo / e stae sicuro che nn’adè pe’<br />
ggioco. Ah regà’, ce volete vedi’ co’ mmi a rraccapezzà’ ddu’ strigole?<br />
PASQUA (Con espressione deficiente) E eche so’ e’ strigole?<br />
GniLNA Sarebbero dl’ ammazza mOje.<br />
PASQUETrA E pperchè ammazza ‘e moje?<br />
GIUINA Perchè de ‘na padellata ce rimangono solo... na manciata.<br />
PASQUA E sse so’ ‘na manciata come se fa a ssapé’ chi ll’ha dda magnà’?<br />
GIUINA Come se fa? Adesso ve le fo vveda’ io. Venete equa che ffamo ‘a conta. Sotto e’<br />
pponte de pipì / c’è ‘na mmerda da sparù’ / ‘a parte mia le do man ti! (Indica la bocca delle sorelle).<br />
Il Folletto incanta tutti, le sorelle rimangono a bocca aperta. Poi fa un giro intorno al lavatoio<br />
ridendo, si avvicina di nuovo alle sorelle e chiude loro la bocca.<br />
FOLLETrO Scnnòje c’entravde’ mmoscone!<br />
Effetto sonoro che segna la fine dell’incantesimo.<br />
PASQUA e PASQUETTA (Si massa ggiano la bocca e contemporaneamente dicono.) Ahò!<br />
Perché mm’hae chiuso ‘a<br />
bbocca?<br />
GIUINA La’ ,lla’! Fateme annà’ sennò se fa ttarde.<br />
Esce Giuina. Entra Nena con la conca dei panni e la figlia Lisetta che gioca con lafrulla.<br />
NENA (Cantando) Me equi m’ e’ llavatoro adè ‘na festa! se taja e ccuce senza mal de testa / se<br />
lava co’ lla lengua a pperdifiato / se parla male purc de’ ccurato (Posa i panni e si rivolge alla figlia)<br />
Tu sta me equi bhona! E ccercada non anfraciatte eo’ 11’acqua sennò ce pije e’ rresto! Ce<br />
mancava pure eh’ ‘a Porzia non facesse ‘a scola ogge. Ahà, a ccasa da sola non me ce vole sta<br />
ppiù, dice che cci-ha paura. Accidente a cquanno ci-hanno raccontato a vveja ‘a storia d’ ‘e streghe!<br />
LISErrA (Piagnucolando) No, nno, nno! Non ce vojo restà’ a ccasa da sola, sennò divento un<br />
gatto nero!<br />
PASQUA Ahò, e ccome fae a ddiventà’ un gatto nero?<br />
PASQUETTA Ahò, e rracconticela pure ma nnue ‘a storia d’ ‘e streghe.<br />
37
Bagnaia e il suo canto<br />
LISETTA Je le posso raccontà’ ma’ 7 NENA Se, ssc, raccontejela.<br />
Lisetta felice, saltellando, va verso il pubblico.<br />
LISETTA Quanno e’ mmi’ nonno Pippo de Pancotto, ade<br />
ra ancora ggiovanotto, ‘na mattina presto, ‘ntanto ch’annava su ppe’ Mmontecchio a ccercà’ ‘e<br />
radiche d’ ell’albere pe’ facce e’ mmaniche d’ e’ ccortelle e stava p’attraversà’ e’ Ffosse Càchere,<br />
s’è ‘nteso chiamà’ forte da ‘na voce bbella, ‘na voce de femmena: “Pippo, Pippo, Pippetto! Aiuteme<br />
che m’affugo!” Siccome ch’adera ancora bbuio, e ppée e’ mmi’ nonno ce vedeva pt5co. Vero,<br />
ma’?<br />
NENA Sì, ssì, adera ceco.<br />
LISETTA Allora s’adè rivortato ma n’ha vvisto gnuno. Così stava p’annà’ vvia, quanno ha rinteso<br />
quella bella voce ch’ aristrillava forte: “Pippo, Pippo, Pippetto!” Ma esso non vedeva gnente.<br />
Allora ‘a voce s’è mmessa a urlà’ ppiù fforte: “Ah Pippo de Pancotto, e non t’arrenna’! Per la miseria,<br />
guarda bbene! Sto me cqui propio dietro e’ zasse! Vengheme a rraccoje sennò moro affugata!”<br />
Allora e’ mmi’ nonno ha fatto ‘a strada all’ arinverso e ss’è avvicinato ma ste sasse, e me llì<br />
‘ntra mezzo, propio vicino ‘a proda d’ e’ ffosso, drento ‘na pozza d’acqua, invece de ‘na bbella<br />
donna, non te ce trova un gatto nero ciuco ciuco?!<br />
il Folletto incanta tutti e toglie dalle mani di Lisetta lafrulla e ci si mette a giocare.<br />
FOLLEYrO Un gatto nero ciuco ciuco che strillava: “Pippo, Pippo, Pippetto!” Ma ‘n zarà stato<br />
e’ ggatto mammone? (Poi giocando con la frulla) Frulla frulla castagnola / che ddomane ho<br />
dd’ann’ a scola / e cee vo co’ ccanestrino / senza e’ bbecco d’un quatrino / e ppée pijo ‘a cartella<br />
/ drento c’è ‘a mortadella / mà’ cee metto du’ castagne / così mmc-no e’ mi’ compagne! se ccc<br />
porto e’ mmi’ fratello / non adè un giorno bbello / se mmc metto le bbretelle / do ‘e zampate m’<br />
e’ mmonelle / e sse pporto ‘a minestra / è pe’ ffa’ strozzà’ ‘a maestra / frulla fmlla castagnola!<br />
che ddomane ho dd’ann’ a scolal e ee’è ppure ‘a mi’ compagna / quella vene d’ ‘a campagna / e<br />
mme porta e’ fiche fatte / io le metto drento ‘a bbotte / quanno porta e’ mmaritozze / io je do un<br />
zacco de bbotte / quanno porta e’ gije bbianche / pija un carcio sulle cianche / e ssc ppde me porta<br />
ell’ova / io le pe<br />
sto come ell’ua / quanno pde magna ‘a frittata / io ll’ho ssempre cojonata / se cbha e’ ppane e’<br />
‘a sarciccia /je le fo magnà’ d’ ‘a miccia / se cci-ha e’ ppane e ssalame / je le magno senza fame /<br />
se cci-ha pane e fformaggino /je le tiro ma Ggiggino / se cci-ha e’ ppane c’ ‘a mentresca / io le<br />
vojo sempre fresca / se pper caso non ci-ha gnente / pija un earcio sotto e’ ddente.<br />
Lascia cadere la frulla. Effetto sonoro che segna la fine dell’incantesimo. Lisetta scaccia<br />
qualcosa di invisibile che la infastidisce e raccoglie la frulla.<br />
LlsvrrA Ah ma’, a fforza de parlà’ de streghe, ‘a fmlla me vola da sola! D’adero rimasta? Ah,<br />
allora e’ mmi’ nonno ha raccapezzato su e’ gattino e se l’è ‘nfilato drento ‘a maja de lana<br />
p’asciuttallo. ‘Ntanto pensava che sse avesse raccontato e’ ffatto l’avrebbero cojonato. Ma ‘mprò<br />
adera contento perchè quel gatto parlante l’avrebbe fatto diventà rricco sfonnato, quanto e’ dduca<br />
Lante...<br />
38
Bagnaia e il suo canto<br />
FOLLErTO Antro eh’ e’ zomaro che ccacava e’ zordeM!<br />
LIsnrrA (Si soj]érma un attimo pensierosa) Antro che e’ zomaro che ccacava e’ zorde! Allora<br />
se l’è pportato su Mmontecchio, e ppe’ ffallo p1iiù ccarino j’ ha ffatto ‘na treccia c’ ‘a gginestra<br />
in fiore e je l’ha mmessa ‘ntorno e ggargarozzo. Quanno adè stato a ssera, so nnate a ccasa inzieme<br />
me llaggiù de drento. E’ nnonno ha mmesso e ggatto ‘ntorno e’ ffoco pe’ ffallo riscallà’, e<br />
ppée adè annato m’ ‘a stalla pe’ gguernà’ e’ ppòrco. ‘Ntanto Romolo e’ ccampanaro ha ssonato<br />
ell’Ave Mmaria...<br />
FOLLETTO Chi sta a ccasa dell’altre vada via!<br />
LISETrA (Come se avesse sentito) No! N’adera annato via! Quanno e’ mmi’ nonno è rriannato<br />
a ccasa pe’ mmetta’ su ell’acquaeotta, appena ha operto ‘a porta da cucinaj’ ha ppreso un corpo!<br />
Perchè invece d’un gatto, a rriscallasse ntorno e’ ffoco c’era ‘na donna tutta gnuda, co’ ecapelle<br />
longhe e rrosse e ‘na treccia de gginestra in fiore legata ‘ntorno e’ ccollo...<br />
Il Folletto incanta tutti. Le sorelle Materazzo rimangono a bocca aperta con le mani alzate. il<br />
Folietto si avvicina alle sorelle e chiude loro la bocca.<br />
FOLLETTO Sennòje ci arientrano e’ mmoscone!<br />
Ejjètto sonoro che segna la fine dell’incantesimo.<br />
PASQUA e PASQUETTA (Guardandosi dicono contemporaneamente) Ahò, perché mm’ hae<br />
chiuso ‘a bbocca?<br />
TUTA Ma facetela finita co’ ste gojerie! Se vede proprio che n’ c-ete gnente da penzà’!<br />
NENA Tu sì che cee ll’hae e’ ppensiere, co’ ttu marito che tt’è vvenuto a ccasa co’ ll’occhie<br />
muffe! Non zarà an-nato co streghe?<br />
TUrA (irritata) Lengua longa! Che cci-hae da di’ tu dde’ mmi’ marito? Che lle sae?<br />
NENA Come che lle so? Le stanno a ddi’ tutte giù mme Llice!<br />
TUTA (Indispettita) E cche ddicheno?<br />
NENA (Come a volersi scusare) Ahò, ‘a bbocca mia adè un fico, quello che ssento da di’ aridico!<br />
E ppòe se sa che cquanno se tratta de... (Fa il gesto delle corna e si sposta al centro del<br />
palcoscenico) L’ultima a ssapello adè echi le porta! Dicheno che compare Serafino s’adè ‘ntricato<br />
m e’ llenzola drento ‘na casa d’ ‘a piazza Patella. Allora pe stricallo e aiutallo a uscì’ dde fora, e’<br />
mmarito d’ ‘a padrona de’ llenzolo (fa le corna) j’ha dato ggiù co’ mmajo!<br />
Tuta senza parlare torce i panni come per strozzarla.<br />
PASQUA (Stralunata) Ma e’ mmajo non s’addopra pe mmettelo drento?<br />
39
Bagnaia e il suo canto<br />
NENA (Soddisfatta) Envece sta vorta l’hanno addoprato pe’ ttirallo foraI (Fa il gesto)<br />
TUTA (Sbottando) Aho! Lengua longa! Rovinafamije! Non te sbajerae co’ ttu’ marito? Te fo<br />
chiamà’ d’ e’ guardie, sa’!<br />
NENA Aho! Te l’eo detto commare Tu’ ch’ ‘a bbocca mia adè un fico, l’hae voluto sapé’ tu<br />
cquello che ddìcheno, e ppde ci-hae péco da offennete. Adè vvenuto a casa coll’occhie muffe?<br />
Rotto m’ e’ cculo e mmedicato s’ ‘a fronte! Nena ritorna a lavare i panni.<br />
TUTA Ma che cee parlo a ffa’ con ti che non se stata manco ambaronata!<br />
FOLLETrO (Cantando) Non è stata manco ‘mbaronata! Non è stata manco ‘mbaronata!<br />
Entrano Cencio e Mimmo portando un secchio.<br />
CENnO Ah zi’ Tuta, ce mettete un pò’ d’acqua me cqui drento, che ‘a mamma ci-ha commannato<br />
d’annà’ a gguemà’ e’ ppérco?<br />
TUTA (Prende il secchio e guarda) E cche magnano quelle pore bbestie? E’ bbeverone le fate<br />
solo co’ sta manciata de tritello? Con che le facete sazià’?<br />
CENno Ah zi’, ‘a mamma drento e’ Lccchio, c-eva messo pure ‘e castagne co’ mmerluzzole,<br />
ma quelle l’emo magnate nue pe’ strada<br />
TUTAMa non aderono quelle frace piene de verme?<br />
MIMMOEmbé! Ogge mica adé vvenerdì che non ze pole<br />
magnà’ ‘a ciccia!<br />
CENcI0 Così co’ ‘na bbotta emo fatto pane e ccompanafico!<br />
Tutti ridono.<br />
NENA Pure tu vae a ccercà’ e’ ppelo m’ dl’ ovo: quello che non strozza ‘ngrassa!<br />
Tuta gli ridà il secchio.<br />
CENno Ah zi’! Sapesse ‘e risate che stanno a ffa’ m’ ‘a piazza Padella.<br />
TUTA(Indispettita) Ancora non l’hanno fatta finita?<br />
CENCIO Ah zi’, non v’arrabbiate! E cch’ete dormito co<br />
cculo scoperto?<br />
MIMMO Mica ridevono co’ vvue!<br />
CENnO Ridevono perchè e’ zoccio de’ dduca, quest anno a mmeta’ ha messo ell’ ommine a<br />
ggiomata, le sapete eh’ adè un pidocchio arifatto!<br />
40
MIMMO Non magna pe’ non cacà’<br />
Bagnaia e il suo canto<br />
CENno Embé, pe’ ppranzo m’ ell’operaie, j’ ha portato ‘e cipolle co’ ccacio; così a mmezzogiorno<br />
quanno se so mmesse sotto ‘a pergola, esso s’è ppreso ‘na cipolla e sse ll’è mmessa a rrosicà’.<br />
M’ ell’ operaie quel cacio je faceva su e ggiù m’ e’ ggargarozzo. (Fa il gesto) Così ‘ntanto<br />
che e’ zoccio de’ Dduca s’è arrivortato pe’ ppijà un bicchiere d’acqua, tutt’insieme ell’operaie<br />
hanno allongato ‘e mano p’acchiappà’ quelle du’ pezzette de cacio. (Fa il gesto.) Appena esso s’è<br />
accorto che je volevono magnà’ e’ ccacio, s’è mmesso a strillà’ forte co’ ttutta a bbocca piéna:<br />
“L’adè bbona ‘a cipolla co’ ppane!!!”<br />
MIMMO L’adè bbona ‘a cipolla!<br />
CENCIO Quanto adè bbona ‘a cipolla!<br />
MIMMO L’adè bbona ‘a cipolla co’ ppane!<br />
CENCIO Adè ppiù mmejo d’ ‘e patate e’ ‘a carne! M1MM0 Mejo d’ ‘e patate e’ ‘a carne!<br />
CENcI0 Più mejo d’ e’ rrdcchie!<br />
MIMMO Ma ppiù mmejo, ppiù mmejo d’ e’ rrdcchie! CENCIO Più mmejo dell’acquacotta!<br />
MIMMO Eh, le vo’ metta’ coll’acquacotta, tu? Più mmejo, più mmejo dell’acquacotta!<br />
CENnO‘Ntanto che le magne te fa piagna’ d’ ‘a conten-<br />
tezza!<br />
MIMMO ‘Ntanto.che le magne, te tocca piagna’!<br />
CENnOAllora man quelle pore operaie che già evono<br />
messo ‘e mano su ccacio (Fa il gesto), a ssentillo strillà’<br />
così je se so’ stroncate ‘e bbraccia! E ppe’ ffallo contento, hanno lasciato perda’ e’ ccacio, e<br />
mmosce mosce, j’è toccata acchiappà’ ‘na cipolla per omo. Voe veda e’ ffijo ciuco che stava a<br />
ssentì me llì a bbocc’ aperta? Con urlo s’è arzato ‘n piede! Rosso su’ mmuso! Co’ mano che je<br />
tremavono d’ ‘a rabbia! (Fa il gesto.) C’ ‘a bbava s’ ‘a bbocca. Co’ ‘n zompo ha strappato ‘e cipolle<br />
d’ ‘e mano de quelle villane e ss 4 è mmesso a urlà: “Guae man chi tocca ‘e cipolle de’ ttata<br />
mio!”<br />
MIMMO ‘E cipolle piaciono m’ e’ ttata!<br />
CENcI0 Vue magnateve e ccacio che ‘e cipolle le magna tutte e’ ttata mio!<br />
41
Bagnaia e il suo canto<br />
MIMMO Ha’ da senù’ che ppestoj’ ha ddato e’ ppadre! Tutti ridono.<br />
FOLLETrO Meno male che m’ ‘a faggeta ‘e cipolle non ce so’, sennò... ha’ da sentì e’ ppiante!<br />
JlJòlletto si siede sul secchio dei ragazzi.<br />
CENCIO Adesso annamo a ggucrnà’ e’ ppérco. (Prende il secchio ma non riesce a sollevano)<br />
Le pesa sto secchio! (Rivolto a Mimmo) Portalo tu!<br />
MIMM0 No! Facemo ‘a conta: Ambarabà ciccì coccò / tre ciuitte su’ ccommò I che ffacevono<br />
ell’amore colla fija de’ ddottore / e’ ddottore s’ammalò I ambarabà C1cCÌ co -eco.<br />
Tocca a Cencio.<br />
CENnO Sempre ma mmi me tocca!<br />
MLMMO Pija su sto secchio tignellaccia!<br />
Il Folletto si toglie dal secchio, Cencio afferra il secchio e lo tina con forza cadendo a terra.<br />
Lisetta saltella contenta seguita dal Folletto e cantano.<br />
FOLLETTO e L1SEr-rÀ Adè ccascato a cculo perzone je se so notte le carzone! Adè ccascato<br />
a cculo perzone je se so notte le carzone!<br />
Cencio si alza.<br />
CENcI0 Tu zitta Lisetta pippetta!<br />
CENcIo e MIMMO (Cantando) Lisetta pippetta! Lisetta pippetta! Lisetta pippetta!<br />
LISETVA (Piangendo) Ah ma’ me cojonano.<br />
NENA E ffalla finita! Trova loco!<br />
CENcI0(Guardando sotto il secchio) Ma perché adè<br />
ddiventato leggero leggero? Che butta?<br />
Cencio e Mimmo prendono il secchio e, uscendo, cantano.<br />
CENCIO e M1MM0 Lisetta pippetta! Lisetta pippetta! Lisetta pippetta!<br />
LISETTA Goje! Goje! Goje! (Ritornata la calma) Oh ma’, dijelo un pò’ d’ e’ ccarhignere ch’<br />
hanno acchiappato ell’omo nero che ddava vastidio in’ ‘e donne femmene quanno annavano a ppìjà’<br />
eII’acqua in’ e’ Ppisciaréllo.<br />
42
Bagnaia e il suo canto<br />
PASQUA Ma sarà vvero? Che te pare, eh. Ce l’eono detto pure ma nnue. C-eomo ‘na paura.<br />
FOLLETTO Eh, je tremava ell’orlo d’ ‘a camicia!<br />
PASQUEnA Nue aspettavomo propio ch’adera bbuio pesto pe’ vvenì me cqua ggiù a ppijà’<br />
ell’acqua. Aho, ma mica l’emo ancontl7ato mae, sa’!<br />
FoLLErro (Contento) Se vede che s’anguattava pe’ no’ ‘ncontrà’ ste du’ scorfane!<br />
NENA Se vede che ss’anguattava! Iere sera man Cice fè ttoccato girà’ ppe’ ttutto Bbagnaia pe’<br />
buttà’ e’ bbanno. Strillava co’ cquella trombetta che ppareva un gojo: “Pe-pè, pe-pè, pe-pè! Pe’<br />
ordine e ccontrordine de’ zindeco e ddello stesso miediesimo, si avvertino tutte le madri e tutte le<br />
padri che le possino mannà’ le fije giovinotte a rripijà’ ell’acqua m’ e’ Ppisciaréllo perchè e’...<br />
mmontone l’hanno arimesso! PASQUA Ma ‘mprò quanno le rifaranno scappà’?<br />
PASQUETTA E’ ccarbignere non poteono aspettà’ ‘n antro pochetto?<br />
Poustrro Ahò. ste due so’ cculo e ccamicia!<br />
NENA Ste due ci-hanno sempre sto batocchio ficcato a’ ‘a campana!<br />
LISEUrA O ma’, quale campana? Che vvole di’? NENA Quanno see più ggranne te le spiego.<br />
PASQUA Te’,se semo scordate ‘a cendere, c-eomo da mett’ a bbagno ste panne che so’ llorde<br />
come e’ lloto. Con che se saranno ampataccate così, eh? Manco se ct-avessemo sfulinato e’ ccamrnino!<br />
PASQUEITA Aho, mica vorrae annà’ ssu ppe’ ppijalla, eh? Provamo a chiama’ e’ ffijo pe’<br />
ffaccela portà’ giù. Pasqua e Pas queSta si spostano verso il pubblico.<br />
o!<br />
PASQUA Saturnin’ ahoo! PASQUEnA Satumin’ ahoo! PASQUA e PASQUEnA Saturnin’ aho-<br />
IlFo/letto blocca le sorelle mentre chiamano. TUTA (Si avvicina alle sorelle, e le guarda perpiessa)<br />
Ohé! Dato che cc-ete ‘a bbocca aperta me chiamate pure ‘a mi’ fija2! (Visto che non rispondono<br />
passa loro la mano davanti agli occhi, e rivolta al pubblico.) Ahà, e cque’ da stamane che<br />
vveggono ‘a Madonna?<br />
Tuta, squotendo il capo torna a lavare. Il Fo/letto si avvicina alle sorelle e richiude loro la<br />
bocca.<br />
FOLLEnO Sennà je ce arientrava e’ mmoscone. Effetto sonoro che segna la fine<br />
dell’incantesimo. PASQUA (Rivolta alla sorella) Aho, l’ha’ da fa ffinita da chiudeme a bbocca!<br />
PASQUETTA Aho, che cee 11’ hae co’ mmi? Mica me starae a ppUà’ pe’ ‘r culo, eh?<br />
NENA Ohe, ma e’ ppitalòzzo stamane ‘ndo’ l’ete messo?<br />
PASQUETTA Come ‘ndo’ l’emo messo? De fora ‘a finestra.<br />
43
Bagnaia e il suo canto<br />
PASQUA Perchè, tu ‘ndo’ l’hae messo drento e’ lletto?<br />
NENA Oh fresca, come no’ l’ete anteso stamane Cice<br />
ch’aribbuUava e’ bbanno?<br />
TtJTA Che ssonava e’ ‘a trombetta?<br />
NENA Ce strillava con quella trombetta che ppareva che sfonnava ell’orecchie! Pe-pè, pe-pè,<br />
pe-pè! Per ordine e ccontrordine de’ zindeco e ddello stesso miediesimo, rimettete e’ ppitalòzzo<br />
ch’ha da passà’ e’ Dduca!!!<br />
PASQUA Aho, sto Duca ggira quanto un zordo farzo. A ssenù’ ma esso emo da sta’ ssempre<br />
CO’ ppitalézzo su’ mano. (Fa il gesto) E ttiralo fora e mmettelo drento, e ttiralo fora e mmettelo<br />
drento!<br />
PASQUEFrA Tiralo fora e mmettelo drento, e tiralo fora e mmettelo drento.<br />
PASQUA e PASQUETTA Nue semo stucehe!!!<br />
FOLLEFrO Ioje le rivorterebbe su’ ccapo!<br />
TUTA(Pensandoci un po’) Io je le rivorterebbe su<br />
ccapo!<br />
NaNA Ahò, porta rispetto! Le sae che nnue bbagnaiole<br />
semo tutte fije de’ Dduca!<br />
FOLLETrO Se, de’ Dduca, de’ bbarone e dde’ mmarchese!<br />
PASQUA(Alla sorella) Ch’ hae detto? De’ mmarchese?<br />
PASQUETTA (Scocciata) Ma quale marchese? Quello che<br />
‘ncontro ‘gni mese!<br />
NENA E allora l’ete saputo che j’ è ssuccesso man questoro de Magnapane?<br />
TUrI Chej’ è ssuccesso?<br />
NaNA Eono allevato un pérco a mmezzo con quelle de Bbuconero. Allora quelle de Magnapane,<br />
furbe, volevono ‘a parte d’ ‘a coda pe’ ppijà’ e’ pprosciutte e mnìan queloro de Bbuconero volevono<br />
daje ‘a parte d’ ‘a capoccia. Quanno adè stato pe’ Ssant’ Antonio ll’hanno ammazzato e<br />
ll’hanno spaccato in due pe’ spartilio. Ma litigorono e ppe’ mmetta’<br />
‘e cése a pposto j’è toccato annà’ d’ e’ ggiudice. E’ ggiudice a vvedelle così ‘ndiavolate pe’<br />
‘na coda de pòrco, e ppde pe’ llevassele de torno je fa: “La’, ha’! Sbrigateve e spiega-teme che<br />
vv’è ssuccesso.” Quello de Buconero sporcellanno je fa: “Signor giudice. eccellentissimo, vostra<br />
grazia, bbenanche tu non ei-hae ‘a coda, ma de panza ce rassomije parecchio... fatte conto da essa’<br />
un pérco! E sse nnue adesso te spaccamo m’ e’ mmezzo, tu quale parte pijereste?”<br />
Tutti ridono.<br />
FOLLETTO Se tte dicesse pijetela, pijetela. pijetela, tu do’ te le pijereste?<br />
44
Bagnaia e il suo canto<br />
NaNA (Toccandosi l’orecchio) E mmica farà ‘a luna nera che mme uzza ell’orecchio?<br />
LISETFA (Cantando) Hanno ammazzato e’ zomaro de<br />
Scloma, hanno ammazzato e’ zomaro de Scloma...<br />
TUTA Ah musa de fresca. e cee cante pure?<br />
L<strong>Isa</strong>nA Sì, perché iere sera, m’ ‘a piazza de fora, c’era e’ zindeco co’ tutte e’ ccapiscione; stavano<br />
a vveda’ e’ lavore che avrembero da fa antorno ‘a fontana d’ e’ Ppisciaréllo, ‘nzomma quelle<br />
che non fanno mae...<br />
Il Fo/letto incanta tutti e prosegue il racconto.<br />
FoLLaro ‘Ntanto che stavano me llì a pperda’ tempo. Come ssempre, s’adera fatto tarde e dda<br />
dietro Montecchio s’e arzata ‘a luna bella, grossa, rossa, come ‘na fetta de cocommero e<br />
s’arispecchiava drento e’ ffontanile. Pareva che ggalleggiava!<br />
Effetto sonoro che segna la fine dell’incantesimo.<br />
IUTA Ahà, adè vvero, c’ero pur’io, eh. Adero annata a rraccommannamme de’ zindeco,<br />
p’ambucà’ da quarche parte e mmi’ fijo. Quel poro ciuco non ci-ha voja de lavorà’, soffre de carfagnite<br />
acuta. ‘Nsomma me raccommannavo pe trovaje un posto dove non se fa gnente. E’ zindeco<br />
m’ha gguardato e m’ha ddettò: “M’ e’ ttu’ fijo, invece de’ pposto, je ce vorrebbe e’ passone... ma<br />
s’ ‘a capoccia!”<br />
PASQUA L’ade ‘gnorante, ma ‘mprò!<br />
LISETTA Quell’ ignorante, stava me Ilì quanno da sotto e’ ponte, adè vvenuto su ìocco locco,<br />
tutta pellancica. e’ zomaro de Scloma pe’ bbeva m’ e’ ffontanile...<br />
IlFolletto incanta tutti e prosegue il racconto.<br />
FOLLETTO ‘Ntanto che beveva, ‘na nugola ha ‘nguattato ‘a luna. Quell’ ignorantone non s’è<br />
mmesso a urlà’ come un gojo: “Madonna! Currete! E’ zomaro s’è bbevuto ‘a luna!”<br />
Effetto sonoro che segna la fine dell’incantesimo.<br />
L<strong>Isa</strong>rrÀ (Saltellando e canticchiando) E’ zomaro ha bevuto ‘a luna, e’ zomaro ha bevuto ‘a luna!<br />
PASQUETTA Aho, poraccio, vo’ veda che e’ zindeco je fa ppagà’ ‘a luna ma Scloma?<br />
LISETTA Allora, quell’ ignorantone de’ zindeco ha fatto portà’ quella pora bestia me llaggiù<br />
sotto ‘e colonne de’ ccommune...<br />
IlFo/letto incanta tutti e prosegue il racconto.<br />
FOLLETTO Ci ha mmesso Cice e’ scopino a ccontrollà’ tutta ‘a notte e’ ffiche che ffaceva e’<br />
zomaro, pe’ rraccoje ‘ntra mezzo quarche pezzetto de luna in modo da riappiccicalla su. ‘A mattina,<br />
dato che e’ zomaro e’ ffiche l’ea fatte parecchie, ma d’ ‘a luna Cera solo ‘a puzza, ha chiamato<br />
‘a leva-tn ce...<br />
Effetto sonoro che segna la fine dell’incantesimo.<br />
45
Bagnaia e il suo canto<br />
PASQUAOh Mmadonna! Mica j’avranno fatto e’ pparto<br />
cesarèo?<br />
IUTA Quanto see stupeta, quello adera maschio? Al<br />
lora l’hanno strippato! Tutti ridono.<br />
FOLLETTO Certo che sto paese adè strano parecchio! ‘E donne femmene, m’ ‘e bbestie e m’<br />
ell’omine maschie je fanno fa’ mman tutte ‘na bbrutta fine. Meno male che non me veggono, sennò<br />
me toccava pure ma mmi!<br />
L<strong>Isa</strong>nA (Uscendo) Hanno ammazzato e’ zomaro de Scloma. hanno ammazzato e’ zomaro de<br />
Scloma.<br />
IUTA Ohé, comma’! M’aiutate a ttorcia’ sto lenzolo? NaNA Ecche tte pare, eh, t’aiuto sì.<br />
(Strizzando il lenzuolo) E’ nnovo novo, eh, ch’ adè d’ ‘a tu’ fija, che già se spdsa? (Fa i/I segno<br />
della pancia)<br />
IUTA (Indiavolata) Ahò!<br />
Il Folletto le incanta tutte.<br />
FOLLE’ITO Quante vorte avarà partorito?<br />
Effetto sonoro che segna la fine dell’incantesimo.<br />
IUTA (Jnviperita) Ahò! Lengua longa, micaje vorrare metta’ e’ vvestito tuo ma mmi’ fija! Essa<br />
non c’è ‘nnata mae ‘a sera co’ rregazzo dòpp’ ‘a chiésa de Sa’ Rrocco, dove non c è ‘a luce e<br />
adè bbuio pesto, come faceve tu m’ e’ ttempo de schiccherennonno! Non te le ricorde più, eh?<br />
Adè vvero che cquanno ‘a vecchia ha mmesso ‘a gobba quello ch’ha fatto flOfl ze ricorda!<br />
NaNA Le se’ permalosa, ch’avrò ddetto mae? (Indispettita) E ppòe hhasta! Staccate da sta cannella<br />
che adesso tocca ma mmi a sciacquà’ e’ ppannc! (Rivolta al pubblico) Da stamane che s’è<br />
mmessa a bhuco ritto me equi, non c’è vverso de falla scollà’! Se crede che c’è ssolo essa!<br />
Entra Checca con un bastone sulle spalle all ‘estremità del quale è legato un jàzzolettone. In<br />
testa, per coprirsi dal sole, ha unjùzzoletto annodato ai quattro pizzi.<br />
CI-IEccA Ah raga’! Non ve sdradicate mae de cqui, eh! Ve piace propio de sta’ tutt’ e’ ggiorno<br />
a bbuco perzone a llavà’ c’ ‘a lengua! Ogge man chì l’ete messo e’ vvestito novo? Certo che ccon<br />
vue non se sana propio gnuno, eh!<br />
NaNA Ha parlato ‘a moje de’ pprete! Senté’ da quale purpito vene ‘a predica!<br />
F0LLEn0 Ahò, me equi pure e’ pprete pijano moje!<br />
CHEcCA Embè! Tu che ppo’ di’ dde mi? E ppòe, mica<br />
l’ho ddetto che da ggiovane faceve ‘a bbonadonna! E mman vue commare Iu’, che l’ho detto io<br />
che cc-ete ‘e corna? Le sta a ddi’ tutto Bagnaia! lo però mmica ll’ho ddetto che ccete pure ‘a fija<br />
gravida; e mmo pe’ ffalla sposà’. con tutte ste grille che cc-ete su ppe’ ccapo, ete da fa ‘e nozze<br />
co’ ffiche secche, o sennò ve tocca ‘mpegnavve pure e’ ppitalézzo! E ppée ‘a tu’ fija se le credeva<br />
de poté’ ffa ‘a Veronica m’ ‘a sera da Bbara. Envece pole fa solo ‘a Maddalena, (Rivolta al pubblico)<br />
porca, sudicia e rripiena! (Rivolta alle sorelle Materazzo) E mman queste cqui chi je l’ha<br />
detto che so’ du’ gatte in amore e che stanno sempre a mmiagolà’. Annarebbero pure coll’omo nero!<br />
PASQUA e PASQUEnA Nue?!<br />
46
Bagnaia e il suo canto<br />
CHEccA Zitte! Non séte manco degne de parlà’ co mmi, prima sciacquatev a lengua e’ ‘a soda!<br />
E ppée io no’ mme mpiccio e no’ mme ‘ntrico! ‘Nvece da perda’ tempo con vue fateme annà’ a<br />
ffonghe su ppe’ Montecchio, che co’ sto fricciolo de sole sa’ ‘e capoccenere, ‘e cianchestorte, ‘e<br />
cosce de monache, ‘e grucole, e’ ccagnante, ‘e loffe che 550 scappate.<br />
IUTA Va’! Va’! Che nnue non c-emo tempo da perda’! Ma ‘na zitellona come tti, n’ha paura<br />
d’annà’ su’ pe’ Mmontecchio da sola? E ppòe vae propio me llassù che cee so’ ‘e streghe?<br />
CHECCA Come tti! Magara l’ancontrasse una, ammeno me fo dda’ ‘e numbere pe’ vvencia’ m’<br />
‘a Sisa! Adesso ve saluto e strefolate forte... e’ ‘a lengua!<br />
Esce Checca.<br />
NaNA Antro che vvencia’ ‘a Sisa! Dovrebbe raccommannasse pe’ trovà’ ‘no straccio de marito<br />
che sse le raccoje, e ppòe mica me va ggiù che cei-ha mercato man tutte! F0LLETrO Ahò, me so’<br />
ssarvato solo io perchè non m’ha visto.<br />
PASQUA<br />
Passò l’angelo e ddisse ammenne!<br />
F0LLEr-ro E cche cculo e ccamicia m’avranno visto?<br />
PASQUETTA Ma ‘mprò te le dice su’ mmuso ‘e ccdse. Non fa come quelle bbocche de fregne<br />
che davante te fanno bbille bbille e ppòe de dietro te chiacchierano.<br />
EOLLETTO Bille, bille, bille.<br />
Tutti si guardano intorno ma non vedono niente.<br />
PASQUA E cche cee so’ ‘e bbille?<br />
ItrrA Adè vvero, non fa come quelle bbizzoche farze che ttutt’ ‘e mattine vanno a bbattise e’<br />
ppetto m’ ‘a chiésa e ppòe fregano e’ pprete co’ zagrestano! La’, la’, la’! Mò’ vvojo annà’ vvia<br />
pur’io. Sennò me equi ogge va a ffinì’ che ffacemo a ccapellina.<br />
Tuta prende i panni e esce. Entra Giuina.<br />
GIUINA Ah rega’, l’ete antese iere sera ell’urle de’ zindeco che ss’è ‘rrabbiato eo’ Ccice?<br />
TUrI E pperchè?<br />
GIUINA E le sae tu? Cice adè annato in giro p’ arihbuttà’ e bbanno. I arisfonnava eIl’orecchie<br />
co’ cquella trombetta: “Pe-pè, pe-pè, pe-pè! Si avvertino la popolazione tutta, pe’ ordine e ccontrordine<br />
de’ zindeco e pper ordine e ccontrordine dello stesso miediesinìo, quanno fanno e cconsijo<br />
communale, si proibbiscino de legà’ e’ zornare m ‘e colonne sotto e’ ccommune... perché e’<br />
zomare che stanno de sotto, danno fastidio man quelle... che stanno de sopra!”<br />
Tutti ridono.<br />
FOLLETTO Seconno mi se dovrebbero offenna’ e’ zomare che stanno de sotto!<br />
GIUINA E ppde pe’ ffinì’ ve voio raccontà’ de quelle quattro scarzacane, quelle de’ Llice che<br />
sse sentono cacciatore.<br />
PASQUA Ah, quelle? Le veggo tutte ‘e domeniche appe<br />
47
Bagnaia e il suo canto<br />
na venuono d’ ‘a caccia. Se mettono s’ ‘a porta de’ ttinello de Checco e ffanno e’ spaccone.<br />
‘Ncominciono a spellà’ quello che cchiamano e’ llepre. mica le dicono, ma mprò, eh’ adè ggatto!<br />
FoLLarrO Miaooo, miaooo, mia000!<br />
Tutti si guardano intorno per cercare il gatto ma non vedono niente.<br />
PASQUA Madonna! Stamane che sso’ tutte ste bbestie che ffiottano?<br />
GIUiNA Domenica come ssempre, so annate a bbeccafiche, le sapete che fanno a ggara a cchi<br />
Il’ ammazza de ppiù, perché chi pperde ha da pagà’ ‘a cena. Sentete quanto so’ ffurbe. Se so’<br />
messe alla posta, anguattate sotto ‘a ficona, me llì m’ ‘a ripa, addosso ‘a concia. Finarmente adè<br />
arrivato un ucello, allora Pietro, eh’ Ordinarione, j’ha sparato e ll’ha ammazzato. Doppo un pò’<br />
adè arrivato ‘n antro beccafico, allora Checco tutto nervoso, pija su e’ ffucile (Fa il gesto) e ppe’<br />
sbrigasse, ggiù! ‘Na scoppiettata alla “do’ cojo, cojo”! Ma ‘nvece d’acchiappà’ e’ bbeccafico...<br />
non t’acchiappa e’ ppassero de quel poro disgraziato dell’ Ordinarione che s’è nimesso a urlà come<br />
‘n ossesso! E cco’ mano (Fa il gesto) ‘ntra mezzo ‘e cosce, sartava come se avesse vento ‘a<br />
tombola de Sa’ Rrocco! Allora le vo veda Checco? Tufi’ ancazzatoje s’avvicina eje fa: “E che tte<br />
strillerae mae! Che ci-hae da essa’ contento? Mica hae vento! Stamo ancora pare, un ucello hae<br />
ammazzato tu, e un ucello ho ammazzato io!”<br />
Tutti ridono.<br />
FOLLETTO Meno male che so vvenuto io a ffa ‘a Pucciarella, che que non so’ bbone a<br />
‘mmazzà’ manco ell’ucella! (Ride in maniera beffarda) E bbenanche so’ u~ folletto, ammazzerò<br />
e’ ccapitano Lanzechenecco!<br />
IlFolletto esce ridendo forte. Entrano Mimmo e Cencio.<br />
MIMMO Ohé,l’ete anteso che stanno p’arrivà’ e’ Llanzichenecche?<br />
PASQUA Ch’ha detto? ‘E cheeehe?<br />
MIMM0 Se, e’ mmaccherone! Ho detto e’ Llanzichenecche antro che cchecche!<br />
PASQUErA E echi sso’ cquestòro?<br />
MIMM0 Sarebbero quelòro de Peloroscio, quelle sgrassatore dell’ austrieche!<br />
PASQUA E cche cce ponno rubbà’ ma nnue che ssemo porette?<br />
MIMM0 S’accontentassero solo da mbbà’! No’ le sapete che zompono addosso m’ ‘e donne<br />
ggiovane e vvecchie?!<br />
PASQUA e PASQUErrA (Felici) E mmica ce faranno ‘a festa?! GIUINA Non ve preoccupate<br />
che ttanto ma nnue non ce tocca gnuno!<br />
PASQUA Tu ‘mpiceete pe’ tti<br />
PASQUA e PASQUETTA Quanno adè gguena adè gguerra pe ttutte!<br />
GIUINA Oh Mmadonna della Porta aiutatice vue! Semo solo nue co’ ffije. Non c-emo manco<br />
‘no straccio d’orno che cee difenne!<br />
MIMM0 De che vve preoccupate, c-emo ‘a Pucciarella, adè cciuca, ma ci-ha ‘n fascio de nerve.<br />
Quarche idea je vene, quella adè ttutta cervello. Adè ffurba quanto ‘na strega de Montecchio,<br />
sa’! Pòe se ss’ancazza diventa gattiva quanto...<br />
PASQUA Quanto un ‘upo!<br />
48
MIMMO Se, dde ppiù!<br />
PASQUETTA Quanto un ‘upo canaro!<br />
Bagnaia e il suo canto<br />
MIMMO Se, de ppiù!<br />
PASQUA Quanto ‘na vipera!<br />
MIMMO Se, dde ppiù, dde ppiù!<br />
PASQUErA Quanto e’ lleone allora!<br />
MIMMO Se, dde ppiù, dde ppiù, dde ppiù! PASQUA E ppiù dde’ lleone che cc’è?<br />
MIMM0 E’ lleone ‘ncazzato!!! Iant’ è cche mme llaggiù me Lliee, ‘a Pucciarella, ha ccommannato<br />
de fa’ bbolli’ ell’ojo man tutte ‘e case, e ppde ha fatto tirà’ flora tutte ‘e ceppe, e troccole<br />
d’ e’ ppérche, e’ ppitalòzze rase rase, e sealline c’ ‘a bbracia, ell’ospìde ‘nfocate p’anfilajele<br />
me llì, e ss’ ‘a torre hanno già pportato su e’ ccapagne piene d’ova goje.<br />
PASQUETTA Allora potemo chiuda’ e’ pportone che stamo drento un ventre de vacca!<br />
MIMM0 Se dovemo arinchiuda’ m’ e’ ceastello appena sentemo sonà’ ‘e campane.<br />
PASQUA Che ssona ‘na campana sola o ttutt’ e ddue?<br />
MIMM0 Quanto see zuccarona! Quanno sona ‘na campana sola fa: cun chè, cun chè, cun chè!<br />
PASQUETrA E cquanno sonano tutt’ e ddue?<br />
CaNcIo Quell’altra je risponne: colI’ onto, coll’ onto, coll’ onto!<br />
GLUINA Anvece de veni’ mme equi dda nue sto Peloroscio, non se poteva fermà’ ggià ppe’<br />
Piasearano che ammeno je facevono magnà’ e’ ceaccavelle a cquattro a cquattro?<br />
MIMM0 Ce so’ annate a Ppiascarano, ma pe’ mmannalle via j’ hanno dato ad intenna’ ch’ a<br />
Bbagnaia c’è ‘na pessima canaja: ‘e donne non pijano marito se non hanno partorito ammeno du<br />
vorte!<br />
GRaNA Apposta stanno a vvenì me equi ssu da nue, eh? PASQUA e PASQUETTA (Felici)<br />
Madonna quanto ce mettono ma ‘mprò!<br />
Suona la campana, le donne urlando dalla paura, prendono i panni e sono tutti pronti per<br />
scappare dentro il castello.<br />
CENCIO ‘A Checea! ‘A Checca! Sta su’ Mmontecehio! Se le trovano e’ Llanzicheneeche cheje<br />
faranno, eh?!<br />
PASQUA Beata essa, quanto adè ffortunata, ma ‘mprà! PASQUErrA N’ av& ppaura che cee<br />
sarà pure pe nnue!<br />
PASQUA e PASQUETTA ‘Na bbotta m’ e’ ecerchio e ‘na bbottam’ ‘atoga!<br />
49
Escono tutti correndo.<br />
Sipario<br />
AlTO SECONDO<br />
Bagnaia e il suo canto<br />
Si apre il sipario: sul castello di Bagnaia. Entra un gruppo di Lanzichenecchi, guardandosi attorno.<br />
CAPI1ANO Ohé! Mica se saremo sbajate castello? Que’ me pare quello d’ e’ ppantasime!<br />
RoMoI.o Ma quale pantasime, me equi, non ce so mmanco cli’ anime de’ Ppurgatorio!<br />
(Impaurito) Ma quelle dell’inferno sì!<br />
Pippo (Nascondendosi dietro Peppe.) Allora mò’ seappa ora c’ ddiavolo!<br />
RoMoIo Vo’ veda’ che cquelle de Piascarano ci-hanno cojonato! Pe’ llevacce de torno, cihanno<br />
dato ad intennr che a i3hagnaia ce so’ ccerte streghe gajarde e bbelle.<br />
PaPPE E ppòe manco c’è bbisogno de sposalle! Pi~~o E non s’hanno da sposà’, nno! Que’ non<br />
pijano marito se non partorisciono ammeno du’ vorte! Ha’ voja a ddaje!<br />
CAPITANO (Con arroganza) Ah raga’, ma mmi d’ ‘e streghe me frega péco, anze, non me frega<br />
pe’ gnente!<br />
Il Follettofa un incantesimo.<br />
FoLLaro (Rivolto al Capitano) Hucialacchè, Bucialaccò, innamorà’ de mi tte fo!<br />
Gli toglie la sciabola, e al suo posto mette un fiore. Effetto sonoro che segna la fine dell ‘incantesimo<br />
e il Folletto esce<br />
ridendo.<br />
CAPITANO (Trasognato) Le sapete, io so’ vvenuto p a.. madonna Pucciarella, che dicheno ciha<br />
‘na bbellezza da surtana!<br />
R0M0L0 Ah capita’! Come so’ ‘e surtane che non ll’ho vviste mae?<br />
50
Bagnaia e il suo canto<br />
Pippo e Paa~a Manco nue l’emo viste mae! CAPITANO E cche lle so io? Avrembero da essa’<br />
bbelle, sennò sa’ che ffregatura! So’ arrivato finante me equi, e mme le so’ fatta tutta a ppiede. a<br />
ssapello me fermavo a La Quercia! (Estasiato) Dicheno che mmadonna Pucciarella adè bbianca<br />
come ‘a luna, tanto che ‘a pelle je traspare che ppare de vetro!. (Rimane sognante)<br />
PEPPE (Ironico) Dicheno che dde quanto traspare, bbenanche sta e’ ‘abbocca chiusa... tuje<br />
conte e’ ddente!<br />
Pw~o Je conte e’ ddente. E’ ggargarozzo pée, ce ll’ha tutto de fora!<br />
PaPPE Sotto ‘e zinne je se vedono... PaPPE e Pino ‘E costole e’ ggracile!<br />
CAPITANO (Sognando) Dicheno che cquanno cammina pare che s’vola.., vola.., vola...<br />
PIPPO e PaPPE ... Su’ mmanico d’ ‘a scopa! CAPITANO E’ ccapelle ce ll’ha Ionghe e mmorbide...<br />
morbide... morbide...<br />
Pa~~a e Pi~ao .. Quanto e’ pporcospino!<br />
CAPITANO Ell’occhie so’ languide... splendente... e uno dicheno ch’adè... ch’adè... eh’ adè...<br />
PEPPE De cristallo!<br />
Pwr’o ‘A sera pe’ llevallo!<br />
CAPITANO Ci-ha tutte e’ ddente bbianche che ppaiono d’argento...<br />
Oro fugge e argento scappa...<br />
PIPPO Ce manca pòco che ddivènta latta! CAPITANO Madonna Pucciarella, ma ‘mprò. dicheno<br />
ch’adè ccome un angelo, come un raggio de sole che illumena ‘a notle ppiù nnera.<br />
PaPPE Allora adè un furmene!<br />
PIPPO Un trono!<br />
RoMoLo Ah capita’! Mò’ ddatte ‘na svejata! Non camminà’ su’ nugole! Volemo veda’ se cee<br />
so’ ste meravije? Daje un pò’ ‘na voce tanto pe’ ssentì se cc’è ‘ccheduno vivo.<br />
I/capitano dà un fischio e tutti tendono l’orecchio CAPITANO Ohé! Donne de Bbagnaia! Se<br />
cee séte bbattete un corpo! (Tende l’orecchio) Se non ce séte bbattetele ddue! Tutti tendono<br />
l’orecchio.<br />
PaPPE Ah capita’, mica t’hanno anteso, urlave piano. E strilht urlanno ppiù fforte!<br />
PIPPOE ppòe daje ggiù un bel fischio da pecoraro!<br />
CAPITANO Mò’ ce penzo io, strillo urlanno ppiù fforte,<br />
m’hanno da senti finante ‘a piana de Montecchio! (Dopo aver dato un lungo fischio) Ohé!<br />
Donne de Bbagnaia! Se cee séte bbattete un corpo!<br />
Si attù~ìiono Giuina, Nena, Lisetta con il vaso da notte sulla testa.<br />
NENA Che tte pije! Man ti e mma sto bbranco de scarzaeanc!<br />
51
I soldati rimangono esterrefatti.<br />
Bagnaia e il suo canto<br />
Pw~o ‘Ardà’, se so’ ttutte abbardate coll’ermo su<br />
ccapo!<br />
RoMoLo Ma quale ermo, che vvegghe lucciche pe’ llan<br />
terne? Quello che cei-hanno s” a capoccia adè e’ ppitalòzzo ch’anguattano quanno passa e<br />
Dduca!<br />
PaPPE E ppe’ non fallo veda’ m’ e’ Dduca se le rivor<br />
tano su’ ccapo?<br />
RoMoLo Se vede che mme equi non mannano a mmale gnen te!<br />
Per la miseria! E eque’ sarebbero ‘e streghe bbellissime? Que so’ streghe e bbasta!<br />
NaNA Ahò! Strega dijelo m’ ‘a tu sorella! Mica pe vvantamme, ma so una d’ ‘e mejo de Bbagnaia,<br />
anze, me sa che sso’ ppropio ‘a ppiù mejo! Guarda un pò’ che ffisico!<br />
PEPPE Ah capità’, ma semo sicure ch’adè ‘na donna? Tutta sta gran bellezza mica ce le veggo,<br />
sa’!<br />
Prn~o Se eque’ adè ‘a mejo de Bbagnaia, come saranno quell’artre? Dio ce le scamp’ e ddelibbere!!!<br />
RoMoLo Speriamo che non oprono ‘a porta, così facemo ancora in tempo a scapicollasse via!<br />
i soldati ]ùnno per andarsene.<br />
NENA (Urlando) Ohé! Non annate via! Sennò ‘e sorelle Materazzo chi le sente?! E ppée a essa’<br />
sincera, non zo propio ‘a mejo de Bbagnaia, più bbella de mi adè ‘a Pucciarella. Ma quella ciha<br />
‘na bbellezza da surtana che n’adè pe’ vvue! Allora accontentateve, no!<br />
Nena mostra le sue grazie.<br />
CAPITANO Scusate bbona donna, non vv evomo visto bbene. Pc’ fortuna c’è ppàca luce. Prima<br />
da discorre’ pennetteteme de presentamme. (Si mette in ordine, prende la trombetta e suona.)<br />
Io, capitano Poppeo d’ ‘a nobile casata de’ Pelirosci, pe’ vvolontà dell’imperatore e pe’ ordine e<br />
contrordine dello stesso miediesimo, sono vieniuto finante me cquine a Bbagnaia pe’ pprenne<br />
possesso de’ ceastello e ddell’acqua de Ppisciaréllo, ma avante a ttutte p’ammojamme e’ ‘a madonna<br />
Pucciarella, che ddìcheno ch’adè bbella, e cche a ‘mparagone a essa, ‘a principessa Diana<br />
diventa ‘na bbanana!<br />
Si sente una pernacchia. I soldati si guardano smarriti si<br />
sturano le orecchie. il capitano si rimette in ordine e prose-gue.<br />
CAPITANO Non sono vieniuto pe’ rrapilla, né pe’ sbranare le mie voje. se vue me la date le<br />
pijo pure co’ le doje! Inziomma, sono vieniuto a chiedeve ‘a mano!<br />
52
Bagnaia e il suo canto<br />
GIUINA Se, ‘a mano. Ogge ‘a mano, domane e’ ppiede, a ceapo ‘a otto ggiorne ma nnue non<br />
ce rimane più gnente! Ahò! Ah capità’, no’ le sae eh’ ‘a pagnotta ancominciata finisce subbeto?<br />
RoMoLo Ah capità’, ma de quale pagnotta stanno a<br />
pparlà’?<br />
PaPPESe vede che mme equi ci-hanno e’ ppartito d’ ‘a<br />
pagnotta.<br />
PIPPO Dove se, magna, beve e fa...<br />
PaPPEOhé! Donne d’ ‘a pagnotta! Opritece ‘a porta<br />
eh’ e ddiavole ve porta! Semo stucche d’aspettà’ me equi dde fora! Facetece entrà’, e ppòe ma<br />
sto pucciarotto dadije ‘a puceiarotta sennò ss’arrabbia e vve fa ‘a guerra!<br />
E ddoppo man chi ammazza ammazza!<br />
RoMoLo Poraccio, adè stronco a fforza de camminà, tant’è che je se so’ llessate e’ ppiede, e’<br />
s’viaggio adè stato longo.<br />
CAPITANO (Incrociando le braccia) Viengo da Ggerusalemme senza rida’ e ssenza piagna’!<br />
Viengo da Ggerusalemme senza rida’ e ssenza piagna’<br />
luna LE DONNE Legatelo ch’adè ggojo!<br />
GIIJINA Ohé! Quell’ omo! Pijo dell’oca bbianca! Aspettate me llì che adesso ve ll’annamo a<br />
cchiama<br />
Le donne si ritirano. Il Folletto riappare pronto per far addormentare i soldati.<br />
CAPITANO (Rivolto ai soldati) Vite riposateve un péco man quel cantoncello che a vvejà’ rimango<br />
io, p’aspettà’ mmadonna Pucciarella.<br />
Il Folletto addormenta i soldati con l’effetto sonoro e poi, ridendo, corre per uflùcciarsi dalla<br />
torre e il capitano lo scamhia per la Pucciarella. Musica di sottojondo. Appare la luna, mentre le<br />
luci si attenuano. il Folletto si affaccia da/la torre e guarda la luna.<br />
CAPITANO (Rivolto al pubblico) Ejela! Adè essa! Adè e’ zole! Arzate sole, e ammazza sta luna<br />
anvidiosa che ppe sta césa adè ggialla de rabbia, e ttu amparagone a essa se un fiore de vitabbia.<br />
(Tende l’orecchio alla Pucciarella, poi, si rivolge al pubblico) Essa parla senza parlà’! Co’<br />
mmotte parla, e ecoll’ occhie m’ampatassa, e a gguardalla l’amore non me passa! (Congiunge le<br />
mani e rivolto verso la torre) Oh, Pucciarella, Pueciarella... tira fora ‘e cornicella!<br />
FoLLaro (Sospira guardando la luna) Oh, porett’ a mmi, eh!<br />
CAPITANO (Rivolto al pubblico) Ma cehiacchiera! Ci-ha pure ‘a lengua! Opre ‘a bbocca e je<br />
dà ffiato! (Poi verso il Folletto) Chiaeehiera! Chiaeehiera ancora amore, ‘a voce tua adè un ospìdo<br />
‘nfilato m’ e’ ecuore.<br />
FOLLETTO (Rivolto alla luna) O Poppeo, Poppeo, doree Poppeo, perchè se’ tu Poppeo? Cambiete<br />
e’ nnome, sennò me equi... te danno e’ bboceone!<br />
CAPITANO (Rivolto al pubblico) L’avarò da sta a ssentì’ ancora o je risponno? Sta voce adè<br />
ccome ‘na latrina.., me fa vvenì ‘a eiceia de gallina!<br />
53
Bagnaia e il suo canto<br />
FoLLaro (Rivolto alla luna) Adè ssolo e’ nnome tuo che mme fa schifo! Che sarebbe sto Poppeo<br />
Peloroseio? Mica adè ‘a mano, e’ ddeto, ell’ogna de’ ppiede, ‘e bbraccia, e’ ggraeile, ‘e froee<br />
de’ nnaso e gnun’ antra parte de’ corpo de n omo. Ch’ adè e’ nnome? E ppija ‘n antro nome! E’<br />
ffiore che mme equi chiamamo rosa, con antro nome, ‘nvece da profumà’ ... che ppuzzerebbe? le<br />
le ripeto amore, cambiete e’ nnome e a’ pposto suo pijeme ma mmi!<br />
CAPITANO (Rivolto alla Pucciarella) le pijo in parola. Chiamame amore e ttegneme e’ ecapelle!<br />
FOLLET-rO (Facendo finta di non aver/o visto) Chi adene eh’ antrofulato m’ ‘a sto bbuio pesto,<br />
‘nguattato m’ e’ mmanto d’ ‘a notte, ‘neiampiea m’ e’ ppensiere mie?<br />
CAPITANO (Titubante) Non te le dico e’ nnome amore!<br />
POLLETTO Drento ell’oreeehie mie so’ entrate pdehe parole, ma ‘a voce tua già rriconoseio.<br />
Mica sarae... Poppeo e Ppeloroseio?<br />
CAPITANO Nè Ppoppeo, nè Ppeloroscio amore, se tte fa schifo. Ma ‘mprò te vojo! le vojo! le<br />
vojo!<br />
FoLLEno Come hae fatto a ‘rrivà’ finante me equi? Co’ nnome che ei-hae, con tti a Bbagnaia...<br />
ce fanno ‘a paja! E’ Ppeloroseio, te le fanno diventà’ mmoscio! E ecome farae a ‘rrampieà’ su sto<br />
muro... ch’adè dduro?<br />
CAPITANO Ell’ale dell’amore me faranno appianà’. Non c’è gnuno che mme fermerà’! Quanno<br />
l’amore vole, l’amore pole. Non ci-ho ppaura n’adè ‘na fregatura! Io te vojo! le vojo! Te vojo!<br />
FOLLETTO Amore, non di’ sempre vojo, vojo. vojo. (Indica /‘interno del caste/lo) Perchè me<br />
equi •.. hanno messo a bbollì ell’ojo!<br />
CAPtTANO DeII’ojo no’ mme ‘mporta. se ttu mme opre ‘a porta! Guardame con dorcezza, te<br />
porterà... a ceapezza! ‘A notte m’anguanta col zu’ manto, sbrigate amore prima che mme pento!<br />
F0I±Ero O Poppeo, doree Poppeo dal core gnudo, te ei-hanno mannato o cee se’ venuto?<br />
CAPITANO Pe’ pprimo m’ ha ‘nzeppato ell’amore. e ddoppo ci-ho mmesso e’ ceore. Se ‘nvece<br />
de sta s’ ‘a torre tu sta-ve s’ ‘a morre, io me spenegavo fintanto che ecaseavo.<br />
FOLLETTO 5’ e’ bbuio n’anguattasse e’ mmuso mio, le vegghereste rosso, core mio! Poppeo,<br />
Poppeo, doree Poppeo, so ttanto ‘mpeeiata che non me ‘mporta da essa chiacchierata! Vedarae<br />
come te sarà ffedele... farà quello che fece Caino con Abbele! Ma ‘mprà perdoname amore,<br />
se m’ e’ bbuio d’ ‘a notte, te daranno un zaeco de bbotte! CAPITANO Madonna Pueeiarella, te<br />
le giuro s’ ‘a luna...<br />
FoI,LEnO No, nno, non giurà’ s’ ‘a luna eh’adè dd’argento solo quanno soffia e’ vvento!<br />
CAPITANO Su eehe ho dda ggiurà’ allora, amore?<br />
54
Bagnaia e il suo canto<br />
F0LLEr0 Non giurà’ pe’ gnente, che io ce credo, guarda-me, amore... ce metto pure e’ ddeto!<br />
CAPITANO St’ amore troppo sverto, troppo violento, troppo bbello, troppo doree, troppo salato,<br />
st’ amore così eeolorato adè ttroppo smelato, troppo forte, troppo sazio, st’amore così rrosso,<br />
così aranciato, così llento, quanno ll’amore è llento. St’amore così amaro, così sciapo, così affamato,<br />
così ddisgraziato! St’ amore adè stato un furmene, e pprima che ppotesse oprì a bboeea e<br />
ddaje fiato...so’ rrimasto furminato!<br />
FOLLETTO Bbonanotte, bbonanotte amore! (Mostra un vaso di fiori.) Sto bocciolo d’amore<br />
sarà ecresiuto e bbello, quanno ce rivedremo.., te servirà ell’ombrello! Bbonanotte. bbonanotte<br />
amore!<br />
CAPITANO E mmà’ me lasce nè ceotto né ccrndo?<br />
F0LLEr0 Da essa’ crudo te c’è rrimasto pòco, hae detto vojo, vojo, vojo! Io t’ho avvisato, mà’<br />
eque’ ... te cociono eoll’ojo!<br />
CAPITANO Seambiamoee ‘na promessa d’amore.<br />
FOLLETTO (Rivo/to a//a luna) Oh luna! Fajelo capì che dde equi ha’ da fuggì!<br />
CAPITANO No, nno, nno, de qui non vo vvia! Manco se mm’ ammazzono me porteranno via!<br />
FOLLETTO Certo che sse’ tignoso quanto un fongo velenoso! Adesso addio, addio amore, sta<br />
vorta adè bbonanotte pe’ ddavero! Ma tu aspetta me equi ssotto fino a cquanno non ze cotto! Che<br />
ttra un pochetto te cocemo come un porehetto!<br />
CAPITANO (Diventa pensieroso e rivo/to a/ pubb/ico) St’ occhie tue storte.., me sa ttanto che<br />
mme portano alla morte!<br />
FoLLnro Addio, addio amore!<br />
1/ Fo//etto scompare con una grande risata.<br />
La luna scompare e viene il giorno. Si sente in /ontananza Checca che canta una strofa de/I<br />
‘Inno di Bagnaia. I so/dati si svegliano.<br />
RoMoLo A ragà’! Le sentete pure vue sta voce meravijosa che mme fa sturbà’? Me sa cche ‘na<br />
donna femmena ha da essa’ rimasta de fora e’ ccastello. S’adè bbella quanto ‘a voce, artro ch’ ‘a<br />
surtana!<br />
PEPPE Meno male! Que’ ‘ntanto semo sicure che ll’acchiappamo! Mejo eh’ ovo ogge eh’ ‘a<br />
gallina domane!<br />
PIPPO Mejo eII’ovo ogge eh’ ‘a gallina domane!<br />
RoMoI.o Aho! Ferme tutte che cque adè mmia! L’ho antesa prima io!<br />
PEPPE e Pippo Nue da mò’ che ll’eomo antesa!<br />
55
Bagnaia e il suo canto<br />
RoMoLo Allora facemo ‘a conta, man chi ttocca non s’angrugna!<br />
PEPPE Se, sse! Facemo ‘a conta.<br />
Man chi ttoeea non s’angrugna!<br />
Entra Checca tutta stralunata, ricoperta di vegetazione e di animali vari. I so/dati si spaventano<br />
e si nascondono / ‘uno dietro l’altro.<br />
RoMoLo Anime sante de’ Ppurgatorio! E echi adè sto spaventapassere? Me pare ‘n Za’ Llazzaro,<br />
eh!<br />
CHECCA (Guarda i so/dati ed esu/ta da//a contentezza) Oh Mmadonna de Ppisciaréllo! Me s’è<br />
avverata ‘a profèzia, eh! Eva ragione ‘a reggina d’ ‘e streghe che ogge trovavo marito. Ma ‘mprò<br />
‘nvece de uno, me equi ce so’ cquattro! Troppa grazia Sant’Antò’! Allora ci-ho dda sceja’. (Rivolta<br />
al pubb/ico) Le volete sapé’ che mm’è ssuccesso? Mò’ ve<br />
le dico io. Stavo me llì, me llà. me llassù s’ ‘a piana de Monteechio, propio sotto e’ ttrono d’ ‘a<br />
reggina d’ ‘e streghe. Me so’ allontanata quel tanto pe ffa’ ‘n goeeio d’acqua. ‘Ntanto che stavo<br />
co’ mutanne a ppennolone... n’ voIenno, non l’ero annata a ffa propio me llì s’ ‘a bbraeia dove ‘e<br />
streghe ce fanno e’ ffiltro dell’amore! Allora de’ bbraeere s’è arzata ‘na nugola fitta fitta de fumo,<br />
e ‘na voce grossa m’ha urlato: “Checea! Cheeca! Che vvae ‘nfraeianno me cqui su Monteechio?”<br />
A ssentì’ equehla voce, ma mmi nane s’è ggelato e’ ceore, e mme s’è rrimposto ‘gni edsa!<br />
Volevo seapicollamme via, ma p’ ‘a paura me se so’ stroncate e ppiede, e non me so’ ppotuta ppiù<br />
mmova’! Ma ppòe me so’ ddetta: “Mò’ dato che mm’hanno visto me fo e’ ceore grosso e je risponno”.<br />
Allora sverta sverta me so’ ritirata su ‘e mutanne e me so messa a urlà’ pur’io: “Signor<br />
fumo! Signor fumo! Cercavo e’ ffonghe! Ma ggià che cee séte e mm’ete visto, dateme ‘e numbere<br />
pe’ veneia’ ‘a Sisa’ !“ Ma pée ho ppensato subbeto che ‘n’occasione in quer mò’ non me sarebbe<br />
eapetata più, allora me so’ rrimessa a urlà’: “Signor fumo! ‘A sisa ggià ce ll’ho! (Si tocca il petto)<br />
Sarebbe mejo che mme fate trovà’ ‘no straccio de marito! Bbenanche usato! Ammeno m’alloeo<br />
pe’ ssempre!” Allora ‘a voce m’ha risposto: “Cheeea! Pe’ sta vorta te vojo accontentà’! Ma<br />
‘n’antra vorta portete e’ ppitalàzzo... sennò te le eocio! Quanno vae a eeasa guarda bbene sotto e’<br />
ppeticone d’ ‘a torre!” (Soddisfatta) Mò’ adesso me scejo e’ mmejo fico de bhieonzo! Le so io<br />
come se fa! E’ mmi patre quanno va m ‘a fiera d’ ‘e bhestie a La Quercia a ccomprà’ e’ zomare,<br />
(indica i soldati) je guarda drento ‘a bbocea. (Si avvicina al capitano, gli guarda dentro la bocca,<br />
poi schifata...) ‘Ardà’! Que’ e’ ddente ce ìh’ha tutte, ma ‘mprà adè mmejo haseiallo perda’, perché<br />
ell’occhie ce ll’ha ggialle. Me sa che ei-ha e’ ffiele sparzo! Me pare mezzo morto! ‘Arda’,<br />
(indica i/fiore che ha in mano al posto de/la spada) ggià j’hanno portato e’ fiore! (Si avvicina a<br />
Romo/o.)<br />
R0M0L0 Io no, io no! (Rivo/to ai compagni) Eromo d’accordo che faeevomo ‘a conta! Mò’<br />
mmica farete e’ ttignel<br />
laeee! Ma echi ttoeca non z’angrugna.<br />
PEPPE e Pw~o Nue no, nue no! Adè stato esso che tt’ha ‘nteso pe’ pprimo!<br />
56
Bagnaia e il suo canto<br />
CHEcCA (Rivo/ta al pubb/ico e indicando Peppe e Pippo) ‘Ardà, que’ me paiono Baiocchino e<br />
Cammillaceio! Adè mmejo perdele che aequistalle. De due non ce s araccapezza uno bbono! (Si<br />
avvicina a Romolo, lo prende per il petto) Allora sareste tu e’ mmejo fico de’ bbieonzo? Certo<br />
che ‘e streghe n’ ze so’ sprecate tanto, ma ssarà sempre mejo que’ che ‘n carcio m’ e’ eeulo. (Lo<br />
trascina verso il pubb/ico) Me pare ‘a reelame del lucido Bbrille, eh! Adesso aspetteme me equi<br />
che vvo a cchiamà’ e’ ecurato pe sposatte subbeto. ‘Ntanto ch’aspette, fatte ‘na partita a ttressette...<br />
(indica il capitano) co’ mmorto! (Poi esce cantando) Fior de mimosa / ho ttrovato pur’io un<br />
fregnone che mme se spàsa.<br />
RoMoLo Ah eapità’, movete a ssonà’ sta trombetta, sennò mò’ que’ ce sonano eo’ ttrombone!<br />
CAPITANO (Riprende la trombetta e suona) Io, Capitano Poppeo, d’ ‘a nobbile casata de Pelirosei,<br />
pe’ vvolontà dell’imperatore, e per ordine e eontrordine dello stesso miediesimo, me so’<br />
annoiato d’aspettà’ me equi de fora! Anze, me so’ stufato! E oramae me puzza e’ ffiato! (Irritato)<br />
Oprite ‘a porta, eh’ e’ ddiavolo ve porta!<br />
Si affacciano da/le mura Giuina, Nena, Lisetta.<br />
GIÙINA Ahò! Muso de fresca! Fijo dell’oca bianca! Chi tte crederae da essa’?! Mò’ pperehè<br />
cei-hae sta trombetta fae tanto e’ spaccone! Nue me equi e-emo Cice che le sona sempre. antro<br />
che sto tarà ppattà!<br />
NENA Aho, Poppeo! E ccarmete un tantinello! No’ le sae che ‘a gatta preseiolosa ha fallo e’<br />
ffije guereie?<br />
GIuINA E ppée chi vva piano va ssano e vva llontano!<br />
LISETrA (Cantando) Aprile non t’alleggerire, maggio vaeee adaggio, ggiugno spellete e’<br />
ggrugno.<br />
NENA Mò’ ce penzamo nue a mmonnatte come na raTuTTE LE DONNE Se, sse! Te cocemo<br />
amore, amore!<br />
ROMOLO Ah capità’, me sa che mme cqui se mette male. Annamo via prima che cquella goja<br />
c’ ‘a fratta su’ ccapo arivene co’ ccurato!<br />
PEPPE Se, ssc! Scappamo via perché quanno non c’è e’ gguadagno ‘a remissione adè ccerta!<br />
Pw~o Stamo a ffa ‘a fine de’ ccerasaro, semo venute pe’ ffregà’ e ssemo rimaste fregate!<br />
TUTTI I SOLDATI Co’ cculo rotto e senza cerase!<br />
CAPITANO No, nno, mo! Vojo madonna Pucciarella ch’adè bbella! E ppée de cqui non vo<br />
vvia! Manco se m’ammazzo-no me porteranno via!<br />
57
Bagnaia e il suo canto<br />
LI5ETTA Certo che sse’ tignoso quarto un fongo velenoso!<br />
GIIJINA E cque’ ci-ha ‘a tigna peggio d’un rospo, eh!<br />
NENA Ah Peloroscio, stamme un pri’ a ssenù. Tu cche pretemne a mano e’ ppiede de sta monella,<br />
chi tte crederae da essa’? E ppòe, che pporte pe’ ddote? Ce ll’hae e’ ppòrche? E’ cconije?<br />
‘E polanche? ‘E pecore pe’ ffacce ‘a lana ce ll’hae? ‘E vacche pe-ffa ‘a ggioncata?<br />
GIUINA Quanno vene ell’inverno ma sta fija che je fae magnà’? Le sae scriva’ l’o co’ bbicchiere?<br />
‘A croce pe’ ffa ‘a firma l’hae fatta mac? Le sae piantà’ ell’orto s’ ‘a schiassa? Le sae rivortà’<br />
e’ mmonno? E’ mmiracole le sae fa? Nue me cqui a Bbagnaia de ste còse semo maestre,<br />
non ce frega gnuno! E ppòe ortre a ffa’ e’ spaccone che llavoro sae fa’? Le sae risola’ ‘e scarpe?<br />
E’ ccortelle le sae arrotà’? E’ ccapagne, e’ bbotte, e’ bbigonze, e’ ccaratelle, le sae fa ste còse? ‘E<br />
scale p’annà’ a ccoje ell’ulive ce ìl’hae?<br />
NENA Come fae a ccoja’ ell’ulive senza scala? Eregnone! E ddo’ le mette ell’ua quanno sdivigne<br />
se non ci-hae e’ bbigonze? Tutta drento ‘a bbocca? Doppo te stomacaI<br />
‘Nzomma. che sae fa’ ortre a ddi’: “Te vojo, te vojo, te vojo!”<br />
CAPITANO Scusate scardavone peloso... GIUINA Aho! Donna bbaffuta da tutte è ppiaciuta!<br />
CAPITANO Scusate donna baffuta, me sa che nn’ ete ancora capito che sso’ e’ nnobbile Poppeo<br />
d’ ‘a casata dei Pelirosci.<br />
NENA Ma nnue d’ ‘a nobiltà ce frega péco. Me cqui semo tutte fije de’ Dduca! (Rivolta alla<br />
Nena) E ppòe che ssarebbe sta casata’?<br />
GIuINA E cche lle so io. Avrenìbe da essa’ ‘na casa grossa, grossa, grossa.<br />
NENA E ssa’ mmc cqui a Bbagnaia quante casone grosse c-emo!<br />
LISETTA Tra e’ Ppalazzaccio, ‘a Concia ‘e Colonne, stamo a ‘spettà’ man ti! Sa’ quanto ce<br />
frega d’ ‘a casona tua!<br />
NENA E ccc se’ venuto da Ggerusalemnìe senza rida’ e ssenza piagna’ pe’ ddi’ stc frcgnacce?<br />
GIUINA Adè propio gojo. ce s’è lessato pure e’ ppiede pe’ vveniccelo a ddi’.<br />
CAPITANO Vojo madonna Pucciarella ch’ adè bbella. Le vojo, le vojo, le vojo!<br />
58
Bagnaia e il suo canto<br />
LISETTA Ah bbeccamorto! Ma che tte see messo su ppe ccapo? ‘A Pucciarella adè un partito<br />
co’ fiocche, sa’! Mica le potemo da’ m’ e’ pprimo fregnone che ccapita!<br />
NENA Ah camposantiere! Non le sae ch’adè rrinnomata de quanto adè bbella? Pe’ vvedella e’<br />
bbacaronzc co ffrate torzone ce vengono in processione! Sta fija non ci-ha prezzo, mica se sa<br />
quanto vale!<br />
GIIJINA Tant’è che ssc so’ ffregate pure ‘a statuetta che stava sotto e’ ppeticone d’ ‘a torre!<br />
LI5EnA Adè bbianca<br />
RoMoLo (Ironico) Pare ppiù mmorta che vviva!<br />
NENA Adè ddorce...<br />
Pippo Che tte stomaca!<br />
G<strong>IL</strong>IINA Adè ddritta...<br />
PEPPE Come ‘na spianatora!<br />
LI5EnA Quanno canta adè antonata...<br />
RoMoLo Quanto ‘na campana senza bbatocchio!<br />
NENA Le sente quante preggie ci-ha?<br />
SOLDATI Le sente, le sente, le sente?<br />
NENA Allora te pare che le damo proprio man ti? Mica ci-ha magnato e ccervello e’ ggatto! Le<br />
voe capì ch’hae d’annà’ vvia!<br />
CAPITANO No, nno, nno, non vo vvia! Manco se m’ammazzono me porteranno via!<br />
SOLDATI Que’ de cqui non va vvia, manco se l’ammazzate le porteremo via.<br />
GIUINA N’ete paura che pe’ portallo via le portamo via nue, ma co’ zzampe davante!<br />
LI5EnA (Cantando) T’ammazzamo co’ zasso / che mmanco ‘a pellancica adè ppiù bbona!<br />
T’ammazzamo co zasso / che mmanco ‘a pellancica adè ppiù bbona!<br />
CAPITANO Questa cqui ciuca propio no’ le sopporto. NENA N’ha capito che ssc tt’antigne, te<br />
mannamo a ccambia aria me llì, me llaggiù. m’ dl’ albere pinzute!?<br />
GHJINA Te m’annamo a celTi cilà, a ff’ a’ terra p’ e’ cce-<br />
ce!<br />
LI5EFrA(Cantando) Omo avvisato mezzo sarvato.<br />
CAPITANO E SOLDATI (Cansilenando) Chi non flsica non rosica! Chi non fisica non rosica!<br />
LISETTA E mmò’ te le famo rosicà’ nnue. R0M0LO Ah capità’, famo ‘a guerra o annamo in<br />
processione? Ma nnue co st’ ariefta c’è vvenuta fame. Se non ma-<br />
gnamo ce sturbamo!<br />
59
PIPPO Se vvolete restà’ séte e’ ppadrone!<br />
PEPPE Ma nue caro capitano ve piantamo!<br />
Bagnaia e il suo canto<br />
CAPITANO V’ antre séte come e’ zordate de’ Ppapa, che non zo bboùe a ccavà’ ‘na rapa! Finché<br />
cc’era d’acchiappà’ quarche femmena ce séte state, adesso dite che vve la squajate? Tocca pijà’<br />
Bbagnaia!<br />
ROMOLO Se! Co’ patate! Non vedete che cci aresistono ste sciroccate?<br />
CAPITANO Le pijamo pe’ ffame e ppe’ sséte!<br />
Le donne fanno vedere ifiaschi del vino e bevono.<br />
PIPP0 Ci-hanno un zacco de vino ste scannate! PEPPE Già sso’ ttutte ‘mbriache!<br />
CAPITANO ‘Mbè, aspettamo che le finisceranno.<br />
NENA Oh Poppeo, Poppeo, me equi sotto ‘a torre cemo e’ cantinone de’ Dduca ch’adè ppieno<br />
pieno!<br />
CAPITANO Co’ vvino io ce ceno! Aspetto madonna Pucciarella e ddoppo appiano!<br />
Effetto musicale. Sulla torre appare il Folletto con un vaso di fiori in mano, ride forte e con un<br />
ampio gesto della mano sinistra fa scomparire le donne dalle mura, poi con un gesto della i-nano<br />
destra fa scendere la luna.<br />
FOLLETTO Amore, amore, propio non voe annà’ vvia?<br />
CAPITANO No, nno, nno! Perché te vojo! Te vojo! Te vojo! FOLLETTO Allora amore avvicinete<br />
mejo sennò non te cojo!<br />
O Poppeo, Poppeo, dorce Poppeo<br />
s’ e’ nnome tuo ce ll’esse scritto m’ e’ cquaderno l’abbrucerebbe coll’amore eterno<br />
se ce ll’esse scritto sopra un fojo<br />
l’abbrucerebbe fino a ffacce ell’ojo<br />
se ppde ce ll’esse scritto sopra ‘a porta<br />
l’abhrucerebbe come fosse carta se ce ll’esse scritto sopra un muro<br />
l’abbrucerebbe fino a cquaimo è ppuro siccome ce ll’ho scritto nella mente<br />
de ti Poppeo... non me ne frega gnente!!!<br />
Il folletto lancia il vaso sulla testa del capitano che stramazza al suolo. I soldati prendono il<br />
capitano e lo trascinano lontano dalle mura.<br />
60
Bagnaia e il suo canto<br />
RoMoLo Mampròje ll’eono detto da n’antignasse!<br />
Ma esso s’adera ‘ncornato, sempre a ddi’... SOLDATI Te vojo, te vojo, te vojo!<br />
ROMoI~O E eque’ ll’hanno cotto come ell’ojo!<br />
Entra Checca che indossa un velo da sposa ed è accompagnata dal curato.<br />
CHECCA Ahd! Reclame del lucido Brille, do’ vae? Finarmente ho trovato e’ ccurato, mò’ ancomincia<br />
‘a festa!<br />
I soldati si spaventano,lascia no cadere il capitano e fanno per scappare. Entra il Folletto.<br />
R0M0LO Dio ce ne scamp’ e ddelibbere! D’ ‘a padella stamo a ccascà’ s’ ‘a hbracia! Fuggemo<br />
via da sto paese de goje!<br />
CHECCA Aspettame reclame del lucido Brill<br />
Il folletto incanta tutti. Ridendo forte fa un giro intorno ai personaggi, poi rivolto al pubblico.<br />
Fourno Tra streghe, incante e follette, Bagnaia s’è ssarvata d’ e’ Llanzichenecche!<br />
Il Eolletto esce ridendo forte.<br />
Sipario<br />
GLOSSARIO E MATERIALI<br />
DELLA TRADIZIONE ORALE<br />
In quest’ultima sezione del volume si intendc dare un primissimo contributo allo studio delle<br />
tradizioni orali e del dialetto di Bagnaia (dopo la raccolta di “Blasoni popolari” curata da F. Petroselli<br />
nel 1978). Muovendo sempre dai testi scritti, mediante il supporto della lettura interpretativa<br />
e della verifica scenica, sono stati individuati e vengono sinteticamente esaminati i principali<br />
fenomeni fonetici e morfologici del dialetto bagnaiolo.<br />
Segue un glossario per la composizione del quale si è usato come limite di esclusione il 6.<br />
DEVOTO - G. C. OLI, Dizionario della lingua italiana, Firenze 1971, e come strumento di consultazione<br />
per le singole voci:<br />
S. BAYI’AGLIA, Grande Dizionario della lingua italiana, Torino 1967-92;<br />
61
Bagnaia e il suo canto<br />
C. BATTISTI - 6. ALESSIO, Dizionario etimologico italiano, Firenze 1975.<br />
Infine, a delineare alcuni aspetti della tradizione orale e del folclore bagnaiolo, compaiono<br />
proverbi e modi di dire, giochi e filastrocche, scioglilingua e toponimi, seguiti questi ultimi da<br />
una sommaria indicazione topograficw (Laura Galli)<br />
fenomenifonetici<br />
Alcuni termini presentano un grado di apertura di e ed o diverso da quello dell’italiano standard:<br />
pòrco. perchè, pòco, chiésa.<br />
Passaggio di -i finale atona a -e: fiche, g~e, rnaritozze, zorde, gatte, pedaline, lorde, iere, pòe,<br />
mae, furbe, lavore, fonghe.<br />
Riduzione del dittongo uo per cui si ha: lenzola, bbona, ecc.<br />
Mancanza di anafonesi (lengua in luogo di lingua): longa, ogna, fonghe.<br />
Rotacismo, ossia, passaggio di I preconsonantieo ad r: arto, ormo,<br />
purpito, carzone, sarcìccìa, rivortato.<br />
Assimilazione del nesso consonantico -Id- in -il- (solo in caldo e nei suoi composti): callo,<br />
scalline.<br />
Assimilazione del nesso -nd- in -nn-: offennete, hanno, seconno, mutanne, arrenna’, sfonnato,<br />
riannato, granne, mannato.<br />
Gemmazione sistematica di g intervocalico e di b quando si trova tra vocali o precede una liquida:<br />
orloggio, ggiudizioso, tabbellina, libbro.<br />
Frequente gemmazione di m ed n postonici, seguita talvolta da dissimilazione ipercorrettiva:<br />
commare, Commune, numbere, cendere, cocommero.<br />
Scadimento di -gl(i)- e di -li- a -j- per cui si ha: famija, gtjo, canaja, rìccoja, cojonata, taja,<br />
moje, veja, ojo.<br />
62
Bagnaia e il suo canto<br />
Affricazione, ossia passaggio a z sordo, di s dopo liquida (1, r) o nasale (n): conzumano, penza.<br />
Ilfenomeno sopra indicato si verifica anche in fonosintassi: e’ zasse, e’ zorde, e’ zale, e’ zindeco,<br />
CO’ zasso.<br />
Articolazione fricativa di c(i) intervocalico.<br />
Palatalizzazione di n seguito da i: gnente, gnuno.<br />
Esito palatare del nesso -ng-: pia gna’, ogna.<br />
Sonorizzazione consonantiea meno estesa che in toscano: aco, mal re.<br />
Lenizione di d e caduta di v: coa, ua.<br />
Presenza del raddoppiamento fonosintattico per assimilazione tra consonanti iniziali e finali di<br />
parola, dopo alcuni monosillabi tonici e atoni, più raramente dopo termini ossitoni: e ffosso, pe<br />
mmettelo, a ccasa, che ppesto, sè m,nessa. perché ddomane.<br />
Perdita della consonante iniziale nell’ articolo femminile: ‘a colla, e patate.<br />
Fenomeni di disagglutinazione dovuti all’omofonia tra le forme e llupo ed ell’upo: ell’aco, un<br />
aco, un upo.<br />
Troncamento (sistematico nei verbi all’infinito), elisione e aferesi più diffusi rispetto<br />
all’italiano standard: sapé’ (sapete), c’ ‘a, guernà’, pia gna’, ‘ntanto.<br />
fenomeni morfologici<br />
Articolo determinativo maschile, sing. e pl., in posizione preconsonantica e’ (si deve suppone<br />
che la forma non apocopata sia el), in posizione prevocalica e/I’, foneticamente molto vicino al<br />
latino i/lu: effrate, e’ ccarzone, eliodore, eI/inverno, e/l’amore.<br />
Articolo indeterminativo ‘no, ‘n, ‘na.<br />
Tra i pronomi personali con funzione di soggetto e complemento esso (egli, lui) ed essa (ella,<br />
lei), in combinazione con preposizioni si ha de mmi, iran ti.<br />
63
Bagnaia e il suo canto<br />
Frequente plur. in -a per i sostantivi maschili: ginocchia, deta, lenzola, chioda, ucella.<br />
Prefisso ari- in luogo di ri- esteso a tutte le forme verbali che cominciano per ri-: aridico, ariposete,<br />
arinchiudono.<br />
Prevalenza del prefisso an- su -in: ampataccata, amparò’, ampalato, ancantato.<br />
Suffissi (-aro), -oro in luogo di -010, -010: seccatoro, lavato ro. Forma unica per il pronome<br />
pers. le per il maschile e il femminile, sia sing. che plur.<br />
Ma dativo, dal laL in medium ad, presente anche con -n eufonica:<br />
iran chi, man ti, ma nnue.<br />
Me locativo, dal lat. medium, anche in combinazione con altri av-verbi di luogo: me api, me<br />
1/i, me llassu.<br />
I pers. plur. del pres. md. in -amo, -emo, (-imo): annamo, piagnemo.<br />
III plur. del pres. md. in -eno in luogo di -ano -ono e in -ono In luogo di -ano: diventeno, dicheno,<br />
‘ncominciono.<br />
I pers. plur dell’imperfetto md. in -aomo: aspettaomo.<br />
III pers. plur. dell’imperfetto indicativo in -avono, -evono/-eono:<br />
tremarono, ridevono, evono, poteono.<br />
Passaggio di e postonico ad a nell’infinito dei verbi della LI coniug.: metta’, seda’, piagna’,<br />
essa’.<br />
Presenza di forme verbali analogiche: partorisciono, compatiscemo, capiscerete, cYlpiscerae.<br />
glossano<br />
elenco delle abhreviaziont<br />
agg. aggettivo m. maschile<br />
avv. avverhiale pafl. participio<br />
cong. congiunzione pass. passato<br />
dimostr. dimostrativopers. persona f. femminile p 1 . plurale imperf. imperfetto pres. presente<br />
md. indicativo sing. singolare mdccl. indeclinabile sost. sostantivo inter. interiezione v. verbo locuz.<br />
locuzione<br />
64
Bagnaia e il suo canto<br />
Abbatezzo, v. pres. md. I pers. sing., io battezzo<br />
Acquacotta, sost. f sing., piatto a base di acqua pane e baccalà, a volte un uovo,<br />
Aco, sost. m. sing., lago.<br />
Ambaronata, part. pass., donna che ha ricevuto le attenzioni del Duca con riferimento allo jus<br />
primae noctis.<br />
Ammailla, v., eufemismo per ammazzarla.<br />
Ampatassa (s’), v. pres. md. III pers. pl., si ingarbuglia.<br />
Ampeciata, agg., innamorata.<br />
(A)ncamato, agg. rauco.<br />
(A)nciancicò’, v., inciaffare, masticare, mangiare<br />
(A)nciancicate, v. part. pass., masticate, ma anche gualcite.<br />
(A)nfraciatte, v., bagnarti, infradiciarti.<br />
Angojì’, v., impazzire; cfr. gojo.<br />
Anguatto, v. pres. md. I pers. sing., nascondo.<br />
anguattato, v. part. pass., nascosto.<br />
(A)nguattone (de), locuz. avv., di nascosto.<br />
Annucca (I), v. pres. md. III pers. pl., ti intontisce.<br />
Ant riso, sost. f sing., pizza di farina di castagne<br />
Appiano, v. pres. md. i pers. sìng, io salgo.<br />
‘Ardà’, espressione di meraviglia da guardate, con aferesi e troncamento.<br />
Arimpiccicano (s’), v. pres. md. III pers. pl., si appiccicano. Cattiva, agg. f sing., cattiva.<br />
Arinverso (all’), locuz. avv., al contrario, a rovescio.<br />
Bbacaronze, sost. m. pI. bacarozzi, confratelli.<br />
Bbabbafave, agg., sciocco,<br />
Bbardascio, sost. m. sing., ragazzo non più bambino e non ancora adulto.<br />
Bbatocchio, sost. m. sing., battaglio della campana.<br />
Bbigonzo, sost. m. sing., bigoncio.<br />
Bille, buIe, bille (fare), locuz., comportarsi da ipocrita.<br />
65
Bbiricocole, sost. f pI., albicocche.<br />
Bagnaia e il suo canto<br />
Bbocca a sciampella, locuz., persona che piange a bocca aperta.<br />
Bbrefacola, sost. f sing., favola.<br />
Bbuco ritto (a), Iocuz. avv., impettito.<br />
Caccavelle, sost. m. PI., bacche di rosa canina.<br />
Cagnante, sost. m. pI., fungo, Boletus luridus.<br />
Capagne, sost. m. pI., canestri.<br />
Capocennere, sost. m. pl., fungo, Clitopilus prunulus.<br />
Carratelle, sost. m. pl., piccole botti.<br />
Cendere, sost. f. sing., cenere.<br />
Ceppo, sost. f. sing., mortaio.<br />
Checce, sost. f. sing., rigatoni.<br />
Cìafregna, sost. f sing., persona lagnosa, che piangc sempre a bocca aperta.<br />
Cianchestorte, sost. f p 1 ., fungo, Boletus granulatus.<br />
Cioco, sost. m. sing., asino (nei centri limitrofi: maiale), anche scolaro poco studioso.<br />
Cipiccioso, agg., cisposo.<br />
Ciuco, agg., piccolo.<br />
Ciuccico, sost. m. sing., ascella.<br />
Ciuitta, sost. <strong>IL</strong> sing., civetta.<br />
Cosce de monache, sost. f. pI., fungo, Coprinus comatus.<br />
Crape, sost. f. pl., metatesi di capre.<br />
Cujalenta, sost. mdccl., buono a nulla.<br />
Culo perzone (a), locuz. avv., chinato in avanti a formare un ari— golo retto.<br />
Curiato, sost. m. sing., correggiato.<br />
Deto, sost. m. sing., dito.<br />
Drento, avv. e prep., metatesi di dentro.<br />
Famo a ccapellina, locuz., facciamo ai capelli.<br />
Ficona, sost. <strong>IL</strong> sing., pianta di fico.<br />
Froce, sost. f. pl., narici.<br />
Faciole ‘n greppa, fagioli in unìido.<br />
66
Fin di ferro, fil di ferro.<br />
Bagnaia e il suo canto<br />
Frascarelle, sost. <strong>IL</strong> pI., pasta di acqua e farina, si bagna la farina e poi si passa al setaccio.<br />
Fregnacce, sost. <strong>IL</strong> pI., frittelle di acqua e farina, a volte con zucchero e ricotta.<br />
Giotto, agg., ghiotto.<br />
Ghighe, sost. m. pI., pasta dì acqua e urina, di forma allungata, stesa con le mani.<br />
Gracile, sost. m. pI., ventriglio degli Liccelli, usato metaforicamente per indicare l’addome<br />
dclla donna.<br />
Gnummello, sost. m. slng., quantità contenuta nel cavo delle due mani giunte, manciata.<br />
Gnuno, pron. indef., nessuno.<br />
Gnado, agg., nudo.<br />
Gojo, sost. m. sing., matto, estroso.<br />
Grugole, sost. f. pl., funghi<br />
intorcinono, v. prcs. i. III pers., attorcigliano.<br />
Loffe, sost. f. pl., fungo, Lycoperdon giganteum.<br />
Lucciche, sost. f. pI. lucciole.<br />
Maccarone, sost. m. pl., maccheroni.<br />
Maccherone co noce, dolce fatto di pasta condita con noci, cacao, zucchero.<br />
Mandrice, sost. m. sing., mantice; con -r- epentetica. Margolle, sost. f. p 1 ., streghe, megere.<br />
Martinicchia, sost. f. sing., martinicca, freno.<br />
Merluzzole, sost. f. pI. piccole mele selvatiche, dette anche melIuzzole.<br />
Miedesimo, agg., ipercorrettismo tipico dello scopino-banditore:<br />
medesimo.<br />
Migno (a), locuz. avv., a scrocco.<br />
Mosto rella, sost. f sing., scherzo che si fa strofinando un grappolo d’uva sul viso di un compagno<br />
o di una compagna.<br />
‘Mprò, cong., però.<br />
Morre, .sost. f. sing., scarpata.<br />
Mutata, sost. <strong>IL</strong> sing., cambio dì abito.<br />
Norzole de ppiede, malleoli.<br />
Nugola, sost. f. sing., nuvola.<br />
Numhcre, sost. m. pI., numen.<br />
Occe, esclamazione che indica meraviglia, contrarietà.<br />
Ogna, sost. <strong>IL</strong> sing., unghia.<br />
Oprono, v. pres. i. III pers. pl., aprono.<br />
Operto, v. part. pass., aperto.<br />
67
Orloggio, sost. m. sing., orologio.<br />
Ospìde, sost. m. p 1 ., spiedi.<br />
Bagnaia e il suo canto<br />
O-va goje, uova non inseminate che marciscono durante la cova.<br />
Paie, v. pres. md. III pers. pI. tu sembri, pari.<br />
Pangiallo, dolce fatto con nocciole, zucchero, noci, miele, cioccolata, fichi secchi.<br />
Pantasima, sost. m. pI., fantasma.<br />
Passone, sost. m. sing., grosso palo conficcato nel terreno.<br />
Pedaline, sost. m. pl., calzini.<br />
Pellancica, sost. f. sing., pelle avvizzita.<br />
Piattella, sost. <strong>IL</strong> sing., spezzature di maiale cotte in un tegame di terracotta sul quale cola il<br />
grasso di un maialino che sta arrostendo.<br />
Piccasorce, sost. m. sing., pungitopo (Ruscus aculeatus). Pilotto, sost. m. sing., piccolo mestolo<br />
di rame con il quale si raccoglie il grasso dalla ghiotta, o Ieccarda, e Io si versa sulla carne che<br />
sta arrostendo, per estensione semantica, tormento.<br />
Pornelle, sost. f. pl., prugne.<br />
Portacallo, sost. m. pl., arancia.<br />
Posto, sost. m. sing., palo di legno su cui corre il filo che sorregge i tralci dell’uva, passone.<br />
Pucciarella, sost. f. sing., bassorilievo rappresentante una figura femminile posta ai piedi della<br />
torre.<br />
Pucciarotto, sost. m. sing., pupazzo, uomo che non mantiene la parola.<br />
Questòro, pron. dimostr., costoro.<br />
Raccapezzà’, v., per estensione semantica raccogliere, mettere insieme.<br />
Rampazze, sost. m. pI., raspi, grappoli d’uva.<br />
Rina, sost. f. sing., nonsenso.<br />
Rincojonì, v., diventare stupido.<br />
Rinnaccià, v., rammendare<br />
Risparammià’, v., risparmiare.<br />
Sapé’, interc., sapete; intercalare.<br />
Saremo, sost. m. sing., salice.<br />
Sbarb( jena (te), v. pres. md iii pers. pl., detto degli occhi quando vedono dei bagliori.<br />
Sbarellà’, v., portare su delle barelle di legno bigonci pieni di uva. Seallino, sost. m. sing., recipiente<br />
di coccio con manico che si<br />
riempie di brace.<br />
Seardavone, sost. m. sing., scarafaggio.<br />
68
Bagnaia e il suo canto<br />
Searzella, sost. f. sing., dolce pasquale a forma di bambina con un uovo sodo nel centro, anche<br />
sesso femminile.<br />
Schiassa, sost. f. sing., pictra.<br />
Sehiccherennonno, sost. m. s., tnsavolo.<br />
Sehijétto, sost. m. sing., contenitore di legno per sbucciare i legumi.<br />
Seuroso, agg., persona che soffre il solletico.<br />
Sdivignà’, v., vendemmiare; da vigna con affisso sdi- da dis-.<br />
Seecatoro, sost. m. sing., essiccatoio.<br />
Sfor d’ora, locuz., fuori orario, tardi.<br />
Sfriccìole, sost. m. pI. pezzetti di grasso di maiale abbrustolito, ciccioli.<br />
.Vìilinò’, v., pulire<br />
Sua, sost. f sing., seno.<br />
Sisa, sost. f. sing., Sisal.<br />
Speneeavo (me), v. imperf. md. I pers. sing., mi sporgevo.<br />
Spiedo, agg., per estensione semantica libero.<br />
Sporeellà’, v., tentare di parlare correttamente commettendo ridicoli errori.<br />
Struffole, sost. m. PI.’ frittelle di latte, farina, uova, zucchero.<br />
Strutto, agg., istruito.<br />
Taeeole, sost. f. PI.’ cispe.<br />
Tata, sost. m. sìng., papa.<br />
Tignellaceìa, agg, prepotente.<br />
Trama, sost. f. sing., fioritura dell’ olivo.<br />
Tresimmarino, sost. m. sing., rosmarino (Rosmarinus officinalis).<br />
Troeeole d’ e’pporehe, trogoli.<br />
Tutta sta sinagoga, locuz., questa confusione.<br />
Tutta il cucuzzaro, locuz., tutte le persone presenti, con riferimento al gioco dì gruppo.<br />
Upo, sost. m. sing., lupo.<br />
Upo canaro, licantropo.<br />
Uzza, v. pres. md. III pers sing., ronza.<br />
Vettrinaro, sost. m. sing., veterinario.<br />
Viareile, sost. in. pI., intestini di maiale essiccati.<br />
Vorchie, sost. m. pl., buccia dell’uva.<br />
Zi’ prete, attrezzo di legno per mettere il bracere nel letto.<br />
Zindeco, sost. in. sing., sindaco.<br />
Zinne, sost. f. pl., mammelle.<br />
69
toponitni<br />
Bagnaia e il suo canto<br />
Acqua Sìta: contrada agricola a ridosso del centro da cui fu presa l’acqua per alimentare<br />
l’abitato.<br />
Bagnaia de drento: il Borgo.<br />
Callano: contrada agricola tra il colle di Montecchio e il monte San Valentino.<br />
Camp ‘‘all’ Orhc: contrada rurale verso l’Acquarossa Canepina: centro abitato adagialo sulle<br />
pendici orientali dei Monti Cimini. non lontano da Bagnaia e blasonato con “Canepina passa e<br />
cammina”.<br />
Chìa: piccola frazione del Comune di Soriano, non lontana da Bagnaia, blasonata con “Capisci<br />
quanto il medico de Chia” a significare la poca intelligenza degli abitanti.<br />
Chiésa de Sa’ Rrocco: una volta fuori del centro abitato, costruita nel 1569 e data in custodia<br />
alla confraternita di 5. Rocco. Chiésa de San Carlo: a fianco dell’ingresso della Villa Lante antecedente<br />
l’edificazione della Villa stessa.<br />
Colonne: palazzo del Comune.<br />
Concia: fuori del centro nella parte bassa del Borgo. Faggeta: bosco di faggi dei Monti Cimini.<br />
Fontana del Bacio: nella zona alta verso i Monti Cimini, punto d’incontro degli innamorati.<br />
Fontana dell’Oro: si trova nel castagneto posto tra due colli, la Rocchetta e Monte Lestro.<br />
Fontanella: fuori dal centro lungo la strada per Vitorchiano Forno de Sotto: all’interno del<br />
Borgo nella zona bassa. Fosse Càchere: fosso che costeggia Bagnaia, nel quale venivano<br />
gettati gli escrementi umani.<br />
Posso d’ ‘a Madoonna dell’Urnara: ultimo tratto del fosso che nasce dall’acqua Sita, e prende<br />
tale nome scorrendo fra urne cinerane romane.<br />
Lago de Bhorzena: lago di Bolsena<br />
Ghettaccio: fuori dal Centro, una traversa della strada che va a Vitorchiano, una volta vi sorgeva<br />
un ospedale.<br />
Lice, da licet: posterla a ridosso della Ripa, nella quale era lecito gettare i rifiuti.<br />
Madonna d’ ‘a Porta: edicola immediatamente a destra entrando nel borgo; di origine medievale,<br />
ivi collocata a metà del XVI sec. Montecchio: ultima propagine dei Monti Cimini di fronte<br />
al Borgo che la tradizione vuole frequentato da streghe.<br />
Mulino d’ ‘a Concia: posto sotto il palazzo della Concia. Muro Barco: il muro che delimita il<br />
Parco della Villa Lante. Palazzaccio: chiamato così perché mal ridotto, palazzo della nobile famiglia<br />
Tondi di Bagnaia.<br />
Palazzo de’ Dduca: così chiamato, il vero nome è Palazzo delle Logge, costruito per volontà<br />
de] Cardinale Nìcolò Ridolfi tra il 1539 e il 1540, divenuto, poi, di proprietà dei Duchi Lante della<br />
Rovere.<br />
Pia’ Scarano: antico quartiere di Viterbo.<br />
Piazza de Drento: subito dopo la porta di ingresso al Borgo. Piazza Patella: piccola piazza che<br />
precede la piazza del Comune. Pidocchi etto: sala da ballo popolare, a ridosso del Palazzo del Comune.<br />
70
Bagnaia e il suo canto<br />
Pinche: zona alta del centro abitato, vicino alla Fontana del Bacio. Pisciaréllo: sorgente a ridosso<br />
delle mura, in basso nel Borgo. Ponte Rico: fuori dal centro, porta il nome del progettista,<br />
sede ferroviaria.<br />
Ripa su’ Mmontecchio: rivolta verso Montecchio. Scorticapanze: tratto pulito del Fosse Chàchere,<br />
così chiamato perché chi si tuffa si graffia la pancia.<br />
Sette Cannelle: fontanile posto lungo una antica strada che univa Bagnaia a Viterbo.<br />
Torre: sulla porta di ingresso del Borgo, risale agli inizi del XIII secolo.<br />
Villa: Villa dei Duchi Lante della Rovere.<br />
Vitorchiano: centro abitato confinante con il territorio di Bagnaia,<br />
per cui è forte la rivalità soprattutto nei giovani dei due centri. Votamare: sorgente che rifornisce<br />
Bagnaia, è posta sul Monte San Valentino.<br />
proverbi<br />
Chi fa dda sé fa ppe’ ttre e adé sservito come un re.<br />
Chi non risica non rosica.<br />
Chi dde gallina nasce in terra ruspa.<br />
Chi se lota se sbrodola.<br />
Chi ttanto a llavorà’ chi ttanto a spasso,<br />
chi bbeve vino e chi Il’ acqua de’ ffosso.<br />
Chi vva piano va ssano e vva llontano.<br />
‘A gallina ingorda cheje crepa e’ ggozzo. E’ zorde mannano l’acqua per l’in zu. E’ cconfette<br />
non zo’ ffatte pe’ zomare. ‘E bbucie ci-hanno ‘e cianche corte.<br />
‘A pagnotta ancominciata finisce subbeto. ‘A gatta presciolosa ha fatto e’ ffije guercie. E’<br />
ppancotto: te fa ‘e guance bbelle ‘e cculo grosso. Ell’ acquacotta: ‘a panza te se gonfia e’ ccorpo<br />
bborbotta.<br />
Oro fugge e argento scappa<br />
ce manca pdco che ddiventa latta.<br />
L’ultima a ssapello adè cchi le porta.<br />
Donna bbaffuta da tutte è ppiaciuta.<br />
Omo avvisato mezzo sarvato.<br />
Gallina vecchia fa bbon brodo.<br />
De cento galle a ccantà’ non ze fa mac ggiorno.<br />
Concolina, concolina,<br />
chi le fa le sente prima.<br />
71
Tutte e’ gguste so’ gguste:<br />
Sant’Antonio s’annamorò de’ pp6rco.<br />
Mejo ell’ovo ogge ch’ ‘a gallina domane.<br />
Mmejo esse’ sole che mal’ accompagnate.<br />
Bagnaia e il suo canto<br />
Mmejo non fa’ mmae ogge quello che po’ ffa un antro domane...<br />
pe’ tti.<br />
Quanno a ttorde, quanno a grille.<br />
Quanno non c’è e’ ggatto e’ zorce bballa.<br />
Quanno ‘a vecchia ha mmesso ‘a gobba<br />
quello ch’ha fatto non ze ricorda.<br />
Quanno non c’è e’ gguadagno ‘a remissione adè ccerta.<br />
Quanno adè gguerra adè gguerra pe ttutte.<br />
Daje, daje, che ppure ‘e cipolle diventeno aje.<br />
Piano piano se frega e’ pprete co’ zagrestano.<br />
Risparammia, risparammia. vene e’ llupo e sse le magna.<br />
A ffa’ dde’ bbene m’ e’ zomare, ce s’aricevono ‘e zampate m e<br />
cculo.<br />
Que’ mo le fa llonga quanto ‘a camicia de Meo.<br />
A fforza dv annà’ co zoppo ho ‘mparato a zoppica<br />
A uffo non canta ceco.<br />
Invecchienno impazzenno.<br />
Magna. bbeve e ffatte grosso.<br />
Pija moje e rrompije l’osso.<br />
Pe’ ccompagnia prese moje un frate.<br />
Una le fa e ccento le penza.<br />
Quello che no’ strozza ‘agrassa.<br />
paragotii popolari<br />
Annate a ccoppia com’ ell’ova goje.<br />
Fortunato quanto e’ ccane m’ ‘a chiésa.<br />
72
Adè ffurba quanto ‘na strega de Montecchio.<br />
Bagnaia e il suo canto<br />
Certo che ssc’ tignoso quanto un fongo velenoso.<br />
Com’ e’ zordate de’ Ppapa. che non zo’ bbone a ccavà’ ‘na rapa.<br />
Come e’ ccacio su’ mmaccherone.<br />
Come e’ zordo de’ ccompare che cce sente solo quandoje pare.<br />
modi di dire<br />
La sapete longa ma no’ la sapete raccontà’.<br />
Pe’ ffavve abbass’ ‘a cresta.<br />
Vue sì cche ce-de ‘e mano che sanno fa’ dl’ occhie in’ ‘e purce.<br />
E cche cc-ete e’ ffurmine su ppe’.<br />
Seje dae e’ ddeto, te stroncano ggiù pur’ ‘e bbraccia.<br />
C-ete sempre un diavolo pe’ ccapello.<br />
Pare che vv’ ha ppizzicato ‘a vipera.<br />
Se’ annata affini drento un ventre de vacca.<br />
D’ ‘a padella cascavo s’ ‘a bbracia.<br />
A mmagn’a’ e’ mmaccherone m’ e’ schifetto.<br />
Panza mia fatte capanna.<br />
Je mettemo e’zale s’ ‘a coa.<br />
Ce se compra e’ ppoco e ll’assae.<br />
Te mancano sempre ddu’ sorde pe’ ffa’ ‘na lira!<br />
Man ti conviene mejo fatte e’ vvestito novo ch’anvitatte a ccena.<br />
Micaje vorrare metta e’ vvestito tuo ma mmi’ fija.<br />
Po’ ffa’ ssangue ‘na rapa?<br />
E cque’ sso’ cculo e ccamlcla.<br />
Allora famo e’ ggioco dell’ uva? Ognuno a ccasa sua.<br />
Ccercà’ e’ ppelo m’ dl’ ovo.<br />
Non magna pe’ non cacà’.<br />
le tremava ell’orlo d’ ‘a camicia.<br />
‘Na bbotta m’ e’ ccerchio e ‘na bbotta m’ ‘a toga<br />
Adè mmejo perdele che acquistalle.<br />
De due non ce s’ araccapezza uno bbono.<br />
73
E’ mmejo fico de’ bbigonzo.<br />
Bagnaia e il suo canto<br />
Sarà sempre mejo que’ che ‘n carcio m’ e’ cculo.<br />
Stamo a ffa ‘a fine de’ ccerasaro, semo venute pe’ ffregà’ e ssemo<br />
rimaste fregate. Co’ cculo rotto e senza cerase.<br />
E cque’ ci-ha ‘a tigna peggio d’un rospo.<br />
Pe’ vvedella e’ bbacaronze co’ ffrate torzone<br />
ce vengono in processione.<br />
Te m’annamo a celì cilà, a ff ‘a terra p’ e’ ccece.<br />
Dio ce ne scamp’ e ddelibbere.<br />
Quanno l’ua adè ffatta e’ ffico penne.<br />
Pe’ sta vorta ve perdono.<br />
ma ‘n’antra vorta ve bbastono.<br />
Quello adè d’ormo,<br />
n’adè bbono né ppe’ ffoco né ppe’ ffomo.<br />
‘A bbocca mia adè un fico,<br />
quello che ssento da di’ aridico.<br />
filastrocche<br />
Quanno sona mezzoggìomo tutte e’ ffrate vanno a ppollo! Quanno sona ell’ Ave Maria tutte e’<br />
ffrate vanno via! Quanno sona dl’ ora de notte tutte e’ fùate fanno a ccazzotte!<br />
N’ ete visto ch’adè nnugolo e mmar temp’è,<br />
a ccasa dell’antre non se sta bbe’,<br />
non ve le dico mao vue commare,<br />
statìce pure quanto ve pare.<br />
E mmeno possibbile!<br />
Pazienza vita mia se ppati pena, sarà ppe’ cquanno hae fatto vita bbona. Se vvìta bbona no’<br />
ll’ha’ fatta mac, pazienza vita mia se ppatirae.<br />
74
Bagnaia e il suo canto<br />
Fijo, fijo. se’ cooijo e mmc da’ guae. Quanno sarae granne che ffarae?<br />
Quanno vedete e’ nnespolo piagnete ch’adè l’ultimo frutto dell’estate.<br />
Pell’innocentine<br />
so’ ffinite ‘e feste e’ cquatrine.<br />
Bbefana e Bbefanìa tutte ‘e feste porta via. le risponne Saiit’Antonio:<br />
“Piano piano che c’è ‘a mia!”<br />
P’ aCandelora dell’inverno semo fora. Ma se ppiove o ttira vento dell’inverno semo drento.<br />
Piagne, piagne moccolone<br />
che domane è ll’Ascenzione.<br />
Aprile, non t’ alleggerire. maggio, vacce adaggio, ggiugno, spellete e’ ggrugno.<br />
Domare se comincia dl’ anno novo de pane e dde vino, de cacio pecorino se ammazzate e’<br />
ppòrco dadice ‘a parte ‘a rina che ccc nasce<br />
sopra ‘a rima a rosa costantina. Sopra ‘a rosa e’ ppiccolo ce ggioca ggioca e ggiocanno dio dl’<br />
ucello che vva vvolanno eggrì - eggrì - eggrò, ce le date sì o nno? Se non ce le date, ve pijamo a<br />
bbastonate.<br />
Bbucialacchè, bbucialaccò, ‘a catena se ne annò!<br />
Bbucialacchè, bbucialaccò, ‘a vita man ti tte do.<br />
Bbucialacchè, bbucialaccò, innamorà’ de mi tte fo!<br />
giochi e filastrocche dell’infanzia<br />
(A)cchiapparella: acchiapparella.<br />
(A)nguattavito: nasconderella.<br />
Bbattimuro: si tira una moneta contro il muro cercando di avvicinarsi il più possibile alla moneta<br />
lanciata da un altro giocatore.<br />
Bbuzzico riarzato: variante di acchiapparella, chi si pone su un piano rialzato non può essere<br />
preso.<br />
75
Campana: comunemente noto.<br />
Bagnaia e il suo canto<br />
FrulIa: giocattolo costruito con uno spago che attraversa una castagna, un nocciolo di pesca, o<br />
un bottone.<br />
Galone: il gioco consiste nel far calare una biglia di coccio da un piano inclinato, per vincere<br />
si deve colpire la biglia dell’avversa-no.<br />
Sartalamula: rincorsa e salto a gambe divaricate, passando sopra un ragazzo curvo in avanti.<br />
Scarcabbarile: scauicabarile, rotolarsi su un fianco lungo un pendio.<br />
Tana libberatutte: rimpiattino.<br />
Zucca pelata con cento capelle, tutta le notte je cantano e’ grille, ie le fanno la serenata, zucca<br />
pelata, zucca pelata.<br />
Tizzo-tozzo<br />
maritozzo<br />
Mamma ch’ or’ è? Latte e ccaffè, pizza ricotta, Oreste bbu.<br />
Sotto e’ pponte de pipì c’è ‘na mmerda da spartì’ ‘a pane mia le do man ti.<br />
Vengo da Ggernsalemme<br />
senza rida’ e ssenza piagna’.<br />
Ambarabà cicci coccò, tre ciuitte su’ ccommò, che ffacevono dl’ amore colla fija de’ ddottore<br />
e’ ddottore s’ammalò ambarabà ciccì co - ccò.<br />
Frulla frulla castagnola che ddomane ho dd’ann’ a scola<br />
(Prosegue con una libera composizione degli autori.)<br />
scìoglihingua<br />
Me ilassù, me lii, me llà, me llaggiù m’ e’ bbosco.<br />
Se tte dicesse pijetela. pijetela, pijetela.<br />
tu do’ te le pijereste?<br />
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Magna, antegne, ogne.<br />
Ma sta attento, non t’untà’.<br />
su Bagnaia<br />
M’ e’ ttempo de schiccherennonno.<br />
Bagnaia e il suo canto<br />
‘Ardà, que’ me paiono Baiocchino e Cammiilaccio. Rimettete e’ ppitaldzzo che ppassa e’ Dduca.<br />
Pepè, pepè, pepè! Per ordine e contrordine dde’ Dduca non dovete bbuttà’ ppiù e’ ppitaldzzo<br />
ggiù pp’ ‘a ripa, perchè m’ ‘a ripa ce so’ e’ ffiche, e’ ffiche le magnono e’ bbeccafiche, e’ bbeccafiche<br />
l’ammazza e’ Dduca. e’ Dduca non le pole magnà’ perchè se schifa.<br />
Pe’ ordine e ccontrordine de’ zindeco e pper ordine e ccontrordine dello stesso miediesimo,<br />
quanno fanno e’ cconsijio comxnunale, si proibbiscino de legà’ e’ zomare m’ ‘e colonne sotto e’<br />
Ccommune... perché e’ zomare che stanno de sotto, danno fastidio man quelle.., che stanno de sopra.<br />
Quanno sona ‘na campana sola fa: cun chè, cun chè, cun chè.<br />
E cquanno sonano tutt’ e ddue?<br />
Queli’altraje risponne: coll’ onto, coli’ onto, coli’ onto.<br />
A Bbagnaia c’è ‘na pessima canaja: ‘e donne non pijano marito se non hanno partorito armeno<br />
ddu’ vorte.<br />
Mio, me cqui ‘e donne femmene non pijano marito se non partorisciono armeno ddu’ vorte.<br />
Le sae che nnue bbagnaiole semo tutte fije de’ Dduca.<br />
INDICE<br />
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Bagnaia<br />
Bagnaia e il suo canto<br />
di Franco <strong>Pier</strong>ini p. 7<br />
Dalla ricerca al teatro<br />
di isa <strong>Pier</strong>ini » IO<br />
Fra drammaturgia popolare e letteratura teatrale<br />
di Quirinì Galli » 12<br />
Criteri di trascrizione<br />
di Laura Galli » 18<br />
‘E BBUCIE CI-HANNO E CIANCHE CORTE<br />
Atto primo »25<br />
Atto secondo » 41<br />
‘A PUCCLARELLA<br />
Liberazione dal saccheggio di Bagnaia dalle milizie imperiali<br />
diA. Camnes »60<br />
A~primo » 63<br />
Atto secondo » 87<br />
Glossario e materiali della tradizione orale<br />
di Laura Galli<br />
» 103<br />
fine<br />
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