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Il logocentrismo di Lacan - La Psicanalisi secondo Sciacchitano

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<strong><strong>La</strong>can</strong> riconosce che la teoria della fuoclusione del Nome del Padre, con la conseguente<br />

pousse à la femme, non spiega tutte le psicosi; per esempio, lascia nel suo enigma la<br />

follia <strong>di</strong> Hölderlin.)<br />

Visto come azione del significante, il <strong>logocentrismo</strong> avrebbe degli innegabili effetti<br />

terapeutici. A proposito dei quali mi sento <strong>di</strong> aggiungere: non esageriamo! <strong>Il</strong><br />

<strong>logocentrismo</strong> può <strong>di</strong>ventare una forma <strong>di</strong> accanimento terapeutico anche in psicanalisi.<br />

Tuttavia, ammesso che si possa conservare qualcosa <strong>di</strong> questo <strong>logocentrismo</strong>, è proprio<br />

la <strong>di</strong>mensione collettiva, che evidentemente mutua dal linguaggio, per cui il soggetto<br />

in<strong>di</strong>viduale non è più un in<strong>di</strong>viduo isolato, a rischio <strong>di</strong> essere risucchiato nel rapporto<br />

simbiotico con la madre, ma <strong>di</strong>venta un soggetto collettivo civilizzato.<br />

*<br />

Le considerazioni sopra esposte si possono sintetizzare brevemente in modo da<br />

essere utilizzabili come guida nella lettura degli scritti <strong>di</strong> questo autore. Allora, riprendo<br />

la questione iniziale: cos’è questo benedetto <strong>logocentrismo</strong> lacaniano? Darò alla<br />

questione tre risposte sostanzialmente equivalenti: una più generale (o generica) <strong>di</strong><br />

indole filosofica e le altre più specifiche (tecniche) <strong>di</strong> indole sintattica e semantica.<br />

Ho detto all’inizio che la questione del <strong>logocentrismo</strong> in <strong><strong>La</strong>can</strong> fu sollevata da<br />

Derrida, il quale parlava <strong>di</strong> fallo<strong>logocentrismo</strong>, perché, come abbiamo visto, nel Grande<br />

Altro domina il significante fallico. <strong>Il</strong> fallo è un significante sui generis; come tutti i<br />

significanti <strong>di</strong> <strong><strong>La</strong>can</strong> è un significante non linguistico; è il significante del go<strong>di</strong>mento,<br />

che permette agli altri significanti <strong>di</strong> rappresentare il desiderio. Se i significanti<br />

significano è merito del fallo. <strong>Il</strong> fallo è il significante principe grazie al quale tutti i<br />

significanti <strong>di</strong>ventano significanti, cioè rappresentano il soggetto del desiderio per un<br />

altro significante. <strong>Il</strong> fallo<strong>logocentrismo</strong> è questo: la significazione è centrata sul fallo;<br />

ogni significazione ruota attorno al fallo. 27 <strong>Il</strong> fallo<strong>logocentrismo</strong> importa nel<br />

<strong>logocentrismo</strong> lacaniano un tratto costante e caratteristico <strong>di</strong> millenni <strong>di</strong> metafisica<br />

occidentale: la riduzione ontologica del Tutto all’Uno, <strong>di</strong> ogni ente all’essere, la quale<br />

inevitabilmente conferisce alla cogitazione filosofica un carattere teologico, anche<br />

quando si configura come atea. Uno dei refrain dell’ultimo <strong><strong>La</strong>can</strong> era proprio y’a<br />

d’l’Un, 28 una vera e propria giaculatoria.<br />

Scendendo <strong>di</strong> poco nei dettagli, propongo due definizioni <strong>di</strong> <strong>logocentrismo</strong>. Alla<br />

Jakobson <strong>di</strong>stinguo due versioni <strong>di</strong> <strong>logocentrismo</strong>: la versione semantica e la versione<br />

sintattica.<br />

<strong>La</strong> definizione semantica è più semplice da cogliere perché più filosofica, ad<strong>di</strong>rittura<br />

fa parte del senso comune. In senso semantico, il <strong>logocentrismo</strong> non è altro che il<br />

<strong>di</strong>scorso delle essenze. <strong>Il</strong> <strong>di</strong>scorso delle essenze è un <strong>di</strong>scorso tipicamente filosofico.<br />

Nelle prime righe della Fenomenologia della percezione Merleau-Ponty scrive: “<strong>La</strong><br />

fenomenologia è lo stu<strong>di</strong>o delle essenze, e per essa tutti i problemi consistono nel<br />

definire delle essenze: per esempio, l’essenza della percezione e quella della<br />

coscienza”. 29 <strong><strong>La</strong>can</strong> era più vecchio <strong>di</strong> sette anni <strong>di</strong> Merleau-Ponty ma lo stimava molto;<br />

27 Cfr. J. <strong><strong>La</strong>can</strong>, “<strong>La</strong> signification du phallus” (1958), in Id., Ecrits, Seuil, Paris 1966, p.<br />

685. <strong><strong>La</strong>can</strong> tenne questa conferenza a Monaco, dove ebbe ricezione pressoché nulla.<br />

28 “C’è dell’Uno”, ma si potrebbe tradurre spiritosamente: “Non cede l’Uno”. Cfr. J.<br />

<strong><strong>La</strong>can</strong>, Le Séminaire. Livre XX. Encore (1972), Seuil, Paris 1975, p. 130. Ma su questo<br />

Uno <strong><strong>La</strong>can</strong> non è categorico. Le Un incarné dans lalangue est quelque chose qui reste<br />

indécis entre le phonème, le mot, la phrase, voire toute la pensée. C’est ce dont il s’agit<br />

dans ce que j’appelle signifiant-maitre (ivi, p. 131).<br />

29 M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione (1945), trad. A. Bonomi, <strong>Il</strong><br />

Saggiatore, Milano 1965, p. 15.

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