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Il logocentrismo di Lacan - La Psicanalisi secondo Sciacchitano

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contributo ancora attuale (per esempio, in matematica e in fisica si <strong>di</strong>stinguono<br />

simmetrie locali e globali). Ma devo farla breve per non andare fuori tema.<br />

L’azione della scrittura trasforma l’Altro nel luogo della legge. Le leggi <strong>di</strong> Solon 17 e<br />

sono le prime scritture civili; sono loro che istituiscono il soggetto civile greco, la polis,<br />

nel momento in cui iscrivono la legge nel luogo dell’Altro. Più problematica l’azione<br />

della scrittura sulla verità, che per <strong><strong>La</strong>can</strong> resta un fatto fonetico o dell’enunciazione.<br />

“Moi la vérité, je parle”, è il famoso aforisma lacaniano, enunciato a Vienna, città <strong>di</strong><br />

Freud, il 7 novembre 1955. 18 In questo snodo si incrociano problematiche tipicamente<br />

psicanalitiche, tuttora non risolte. L’analisi non si fa per iscritto, ma la memoria<br />

dell’inconscio è, freu<strong>di</strong>anamente intesa, un luogo <strong>di</strong> scrittura, dove avvengono<br />

iscrizioni, trascrizioni e, perché no? cancellazioni. Sul punto rimando al saggio <strong>di</strong><br />

Derrida: Freud e la scena della scrittura, che tratta proprio della decostruzione del<br />

<strong>logocentrismo</strong>. 19<br />

Potete da qui intravvedere la potenza logocentrica dell’Altro. L’Altro ti <strong>di</strong>ce le cose<br />

come stanno e, soprattutto, ti <strong>di</strong>ce che non possono stare <strong>di</strong>versamente da come ti <strong>di</strong>ce.<br />

L’Altro non <strong>di</strong>ce solo la verità ma enuncia al tempo stesso la necessità della verità che<br />

enuncia mentre la enuncia. Nel <strong>logocentrismo</strong> si realizza una sorta <strong>di</strong> sopraffazione<br />

dell’enunciazione sull’enunciato. Non mi soffermo oltre a commentare il potenziale<br />

terroristico delle formulazioni logocentriche lacaniane. Ricordo solo – è un ricordo<br />

personale – che nella scuola freu<strong>di</strong>ana, fondata da <strong><strong>La</strong>can</strong>, si viveva in una sorta <strong>di</strong><br />

soggezione religiosa al suo dettato. Racconta la Rou<strong>di</strong>nesco: “Gli allievi <strong>di</strong>pendevano<br />

da lui al punto <strong>di</strong> essere incapaci <strong>di</strong> pensare da sé”. 20 Questo, però, seppure è<br />

“storicamente” vero, non è “essenzialmente” vero. Sarebbe ingiusto affermare che il<br />

maestro inibisce il pensiero. L’inibizione a pensare è una conseguenza del<br />

<strong>logocentrismo</strong>, che si incarna nel maestro. È il <strong>logocentrismo</strong>, non il maestro, a inibire il<br />

pensiero, una volta “imposta” la necessità della verità. Chi ha esperienza <strong>di</strong> vita<br />

religiosa lo sa bene. In realtà, anche il maestro è assoggettato al proprio <strong>logocentrismo</strong> e<br />

non è libero <strong>di</strong> pensare.<br />

Ma, vi chiederete, come si coniuga tutto l’ambaradan logocentrico con il freu<strong>di</strong>smo?<br />

Semplice. L’Altro è il luogo da cui viene imposta al soggetto la legge del desiderio, che<br />

è da sempre per <strong><strong>La</strong>can</strong>, dai tempi dello sta<strong>di</strong>o dello specchio, il desiderio dell’Altro.<br />

L’altro, grande o piccolo che sia, a o A, istituisce l’intersoggettività del soggetto,<br />

<strong>secondo</strong> un modulo caro ai filosofi e co<strong>di</strong>ficato da Kant in poi, <strong>secondo</strong> cui l’oggettività<br />

si riduce a intersoggettività. A conferma <strong>di</strong> quanto sto <strong>di</strong>cendo ricordo che l’oggetto a,<br />

che <strong>secondo</strong> <strong><strong>La</strong>can</strong> causa il desiderio nella sua funzione <strong>di</strong> plus-godere (su cui non mi<br />

soffermo), è un oggetto o vuoto o originariamente perduto. In effetti, da Eraclito in poi<br />

il <strong>logocentrismo</strong> è tipicamente un <strong>di</strong>scorso senza oggetto. Tanto che mi autorizzo a<br />

17 Oltre che attraverso il co<strong>di</strong>ce giuri<strong>di</strong>co, la scrittura agisce sull’Altro attraverso la<br />

grammatica e la matematica nel suo aspetto puramente sintattico <strong>di</strong> concatenazione <strong>di</strong><br />

simboli senza significato.<br />

18 J. <strong><strong>La</strong>can</strong>, “<strong>La</strong> chose freu<strong>di</strong>enne ou Sens du retour à Freud en psychanalyse” (1955), in<br />

Id., Ecrits, Seuil, Paris 1966, p. 409. Curiosamente, lo stesso aforisma è riportato 10<br />

anni dopo con una virgola in più. “Moi, la vérité, je parle.” Dopo un decennio <strong>di</strong> pratica<br />

logocentrica dura e pura <strong><strong>La</strong>can</strong> si era identificato alla verità. Non deve meravigliare;<br />

questo è un normale effetto psicopatologico del <strong>logocentrismo</strong>. Cfr. J. <strong><strong>La</strong>can</strong>, “<strong>La</strong><br />

science et la vérité” (1965), in Id., Ecrits, Seuil, Paris 1966, p. 866.<br />

19 J. Derrida, “Freud e la scena della scrittura” (1966), in Id., <strong>La</strong> scrittura e la<br />

<strong>di</strong>fferenza, trad. G. Pozzi, Einau<strong>di</strong>, Torino 1990, p. 255 sg.<br />

20 E. Rou<strong>di</strong>nesco, Jacques <strong><strong>La</strong>can</strong>. Profilo <strong>di</strong> una vita, storia <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> pensiero<br />

(1993), trad. F. Polidori, Cortina, Milano 1995, p. 277.

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