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SCHEDA 30 Michelangelo, “Giudizio Universale ... - percorsi di arte

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<strong>SCHEDA</strong> <strong>30</strong><br />

<strong>Michelangelo</strong>, <strong>“Giu<strong>di</strong>zio</strong> <strong>Universale</strong>”, 1536-1541, affresco, 13,70x12,20 m, Città del Vaticano,<br />

Cappella Sistina.<br />

Venti anni dopo la conclusione della Volta, nel 1536 papa Clemente VII de’ Me<strong>di</strong>ci, commissiona a<br />

<strong>Michelangelo</strong> l’esecuzione <strong>di</strong> un grande affresco nella parete <strong>di</strong>etro l’altare della stessa Cappella.<br />

L’opera venne realizzata durante il pontificato <strong>di</strong> Paolo III Farnese.<br />

Distrutti gli affreschi quattrocenteschi, quelli <strong>di</strong> due lunette della volta e tamponate due finestre,<br />

<strong>Michelangelo</strong>, non più timoroso della vastità dello spazio da affrescare, <strong>di</strong>pinge l’intera superficie<br />

senza ricorrere all’organizzazione architettonica che aveva razionalizzato le storie della Genesi.<br />

Il Giu<strong>di</strong>zio è come una visione sparita come d’incanto la parete, gli ultimi eventi della storia<br />

dell’umanità si mostrano agli occhi rapiti dell’osservatore contro un profondo sfondo azzurro<br />

oltremare.<br />

Qui l’artista non cerca più la bellezza ideale, ciò che lo interessa ora è il senso tragico del destino<br />

dell’uomo. I corpi sono rozzi e pesanti. I salvati (a sinistra) attoniti e <strong>di</strong>sorientati, come foglie portate<br />

dal vento, volano verso l’alto. Faticosamente conquistano il cielo aggrappandosi alle nuvole, quasi<br />

fossero solide rocce, o con affanno vi vengono issati.<br />

Con angoscia e <strong>di</strong>sperazione pari alle loro colpe i dannati (a destra) vengono a loro volta trascinati in<br />

basso da creature <strong>di</strong>aboliche. Invano tentano l’assalto al Cielo, quasi fossero Giganti, ma gli angeli,<br />

con forza, li respingono e così precipitano pesantemente verso l’inferno rosseggiante <strong>di</strong> fuoco.<br />

Altri vengono ammassati in quel luogo <strong>di</strong> dolore da Caronte, che li percuote con un remo. Il<br />

mitologico traghettatore delle anime agli Inferi è però <strong>di</strong>pinto da <strong>Michelangelo</strong> non tanto pensando<br />

alla creatura immaginata dai pagani, quanto seguendo la descrizione che Dante ne dà nell’Inferno (III,<br />

82-99). Caronte è visto, quin<strong>di</strong>, attraverso le pagine <strong>di</strong> un poeta cristiano.<br />

L’ascesa dei salvati, ai quali la Vergine volge il suo sguardo materno e pietoso, e la <strong>di</strong>scesa dei<br />

dannati seguono il gesto imperioso e terribile delle braccia <strong>di</strong> Cristo-giu<strong>di</strong>ce.<br />

Posto al centro della composizione, infatti, Gesù è attorniato da una moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> santi al <strong>di</strong> sopra dei<br />

quali sono <strong>di</strong>pinti due gruppi <strong>di</strong> angeli che recano i simboli della passione (la croce, la colonna della


flagellazione, la corona <strong>di</strong> spine). A questa rinvia simbolicamente anche il braccio sinistro <strong>di</strong> Cristo<br />

piegato e tenuto all’altezza della ferita sul costato.<br />

Non c’è gioia nei volti dei salvati, ma solo cupo terrore fra i dannati verso i quali si volge il Giu<strong>di</strong>ce<br />

<strong>di</strong>vino. È il giorno della sua ira tremenda, quello in cui tutti saranno giu<strong>di</strong>cati e il movimento<br />

vorticoso dei corpi si somma alle grida <strong>di</strong>sperate, agli urli dei demoni, all’assordante suono delle<br />

trombe degli angeli che, com’è scritto nell’Apocalisse, annunciano l’arrivo <strong>di</strong> Cristo.<br />

L’affresco è il riflesso del tormento dell’anima <strong>di</strong> <strong>Michelangelo</strong>, priva della certezza della salvezza.

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