Geologia dell'Ambiente - Centro Studi prof. ing. Angelo Spizuoco
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Presentazione<br />
Tra i giorni 1 e 2 ottobre 2009, un forte nubifragio<br />
si è abbattuto su una zona ristretta della<br />
Sicilia nordorientale a cavallo tra i comuni di<br />
Scaletta Zanclea e Messina. In alcune delle<br />
zone colpite sono caduti fino a 220/230 millimetri<br />
di pioggia nell’arco di 3-4 ore, circa un terzo delle<br />
precipitazioni che cadono mediamente in un anno<br />
nella stazione di Messina-Osservatorio (quota:<br />
59 m s.l.m. – periodo: 1921-1998). I fenomeni di<br />
dissesto idrogeologico connessi all’evento, straripamento<br />
dei corsi d’acqua e diversi eventi franosi,<br />
a cui è seguito lo scivolamento a valle di colate di<br />
fango e detriti, hanno purtroppo interessato centri<br />
abitati (Scaletta Marina, Giampilieri Superiore,<br />
Giampilieri Marina, Altolia, Molino, Santo Stefano<br />
di Briga, Briga Superiore, Pezzolo, Guidomandri<br />
Superiore) e provocato distruzione di edifici, decine<br />
di vittime e di feriti e centinaia di sfollati.<br />
L’evento meteorico che ha provocato il disastro<br />
dell’ottobre 2009 è una delle cosiddette<br />
piogge intense: l’intensità di una pioggia è<br />
il rapporto tra l’altezza della stessa (espressa<br />
in mm) e la durata (in ore). Le piogge intense<br />
sono fenomeni naturali che avvengono ogni<br />
anno nel nostro Paese, sono state registrate<br />
nel passato e si verificheranno in futuro.<br />
Facendo ricorso alle poche stazioni meteorologiche<br />
che dispongono di un numero di<br />
dati pluviografici ritenuto sufficiente per le<br />
elaborazioni statistiche, per questi eventi si<br />
forniscono solitamente tempi di ritorno ultracentenari:<br />
ciò vuol dire in realtà che è molto<br />
improbabile che si registri nuovamente quella<br />
pioggia intensa nello stesso punto di misura,<br />
ma ogni anno ci sono fenomeni di questo tipo<br />
che colpiscono porzioni più o meno ampie del<br />
nostro Paese (tra l’altro, forti temporali avevano<br />
causato dissesti nello stesso territorio<br />
colpito nell’ottobre 2009 appena due anni<br />
prima, il 25 ottobre 2007).<br />
Le piogge intense, specialmente se associate<br />
a grandine o fulmini, sono pericolose,<br />
già come tali, per l’uomo e per le sue attività.<br />
Ma esse sono da temere soprattutto in quanto<br />
causa di altri fenomeni geologici ben più<br />
pericolosi. La parte di pioggia che si infiltra<br />
sui versanti aumenta il peso del terreno, abbassandone<br />
al contempo i parametri di resistenza;<br />
in condizioni predisponenti (per pendenza,<br />
natura del terreno, umidità iniziale…)<br />
si supera l’equilibrio limite e si verificano le<br />
<strong>Geologia</strong> dell’Ambiente • n. 1/2010<br />
frane. La parte di pioggia che, proprio per la<br />
particolare intensità, non riesce a infiltrarsi<br />
nel terreno, ruscella lungo tutti i pendii erodendo<br />
il terreno, si <strong>ing</strong>olfa in corsi d’acqua<br />
che non riescono a contenerla nei propri alvei,<br />
esondando e provocando alluvioni nei territori<br />
limitrofi.<br />
Frane e alluvioni sono fenomeni geomorfologici<br />
pericolosi da considerarsi “normali”<br />
in Italia sia per il clima (eventi di pioggia<br />
intensa ma anche di pioggia durevole come<br />
quella del dicembre 2009 in Toscana settentrionale)<br />
sia per la morfologia del Paese: un<br />
territorio geologicamente giovane, costituito<br />
prevalentemente da rilievi (35% montagna e<br />
42% collina) destinati a essere smantellati<br />
dagli agenti esogeni.<br />
La popolazione deve essere consapevole<br />
che esistono zone pericolose dal punto di vista<br />
geomorfologico e che si rischia la vita propria<br />
e dei propri cari nell’andare ad abitarvi.<br />
L’aumento demografico (siamo passati da<br />
circa 30 milioni a circa 60 milioni di abitanti<br />
in un secolo) e lo sviluppo economico (siamo<br />
nel gruppo delle prime potenze economiche<br />
al mondo) sono stati – e sembrano ancora<br />
oggi – accompagnati da un’occupazione del<br />
territorio poco attenta ai pericoli naturali.<br />
Per quanto riguarda il pericolo geomorfologico,<br />
le norme urbanistiche stanno recependo<br />
solo ora le indicazioni dei Piani di<br />
Assetto Idrogeologico redatti da troppo poco<br />
tempo dalle autorità a tal fine istituite. Nel<br />
frattempo troppi edifici sono sorti, molte volte<br />
abusivamente, in aree pericolose del nostro<br />
Paese.<br />
Sarebbe interessante dare un’occhiata<br />
alle carte topografiche del comune di Scaletta<br />
Zanclea della prima metà del secolo<br />
scorso: probabilmente i pochi centri abitati<br />
erano limitati alle sommità dei rilievi e posti a<br />
debita distanza dal mare e le “marine” erano<br />
costituite dagli approdi e dai ricoveri per le<br />
barche dei pescatori. Oggi si può verificare<br />
con le immagini da satellite quanto sia edificata<br />
la striminzita fascia di litorale costretta<br />
tra le coste alte (attraversate necessariamente<br />
in galleria da autostrada, strada statale e<br />
ferrovia) e il mare. Tra l’altro, in questo caso<br />
il pericolo geologico non viene solo dai ripidi<br />
pendii che incombono sulle case ma anche<br />
LUCIANO MASCIOCCO<br />
SIGEA, Area Tematica “Dissesto idrogeologico”<br />
dall’estrema vicinanza al mare e dalla conseguente<br />
esposizione a fortunali e maremoti.<br />
A queste situazioni di rischio non si fa quasi<br />
mai fronte con il trasferimento degli edifici<br />
in zone più sicure, se non nei casi eclatanti di<br />
alcuni centri abitati instabili. Molte persone<br />
che hanno subìto danni in seguito agli eventi<br />
alluvionali desiderano al più presto ritornare<br />
ad abitare nel medesimo luogo. Finora, la<br />
prassi per le amministrazioni è stata quella<br />
di intervenire dopo le catastrofi con opere di<br />
difesa dei beni esposti.<br />
È giusto che la popolazione sia consapevole<br />
che, anche con la realizzazione di opere<br />
di difesa, quelle zone rimangono pericolose;<br />
e che le difese possono cedere con effetti devastanti<br />
sulle cose e sulle persone (è ancora<br />
viva l’immagine della falla per un fronte di<br />
170 m nell’argine artificiale del fiume Serchio<br />
a Nodica di Pisa).<br />
Il nostro compito di geologi ambientali è<br />
sicuramente quello di continuare a segnalare<br />
con sempre maggior dettaglio le zone rese<br />
pericolose da fenomeni geologici. Ma non possiamo<br />
esimerci dal cercare insistentemente<br />
di convincere i nostri governanti e amministratori<br />
che l’occupazione del territorio non<br />
può essere né illimitata né indiscriminata,<br />
ma rigorosamente regolamentata e controllata<br />
per uno sviluppo armonioso e compatibile<br />
con la sicurezza della popolazione.<br />
Torino, 29 gennaio 2010