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il reperto archeologico, dallo scavo all'esposizione - PortaleRagazzi.it

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MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI<br />

SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA TOSCANA<br />

SEZIONE DIDATTICA<br />

IL REPERTO ARCHEOLOGICO,<br />

DALLO SCAVO ALL'ESPOSIZIONE<br />

Percorso di approfondimento didattico<br />

Sezione Didattica della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana - Via della Pergola, 65 - Firenze -<br />

Tel / Fax: 055/2480474<br />

www.comune.firenze.<strong>it</strong>/soggetti/sat/didattica


2<br />

Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong>


Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 3<br />

Indice<br />

IL REPERTO ARCHEOLOGICO, DALLO SCAVO ALL'ESPOSIZIONE<br />

Introduzione……………………………………………………………………………………………4<br />

Individuazione del <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>……………………..………………………………………4<br />

Scavo.…………………………………………………………………………………………………7<br />

Restauro……………………………………………………………………………..........…………15<br />

Inventariamento………………………………………………….………………..…………………17<br />

Documentazione......………………………………………………………………………………....17<br />

Catalogazione.....…………………………………………………..…………………………………18<br />

Studio………………………………………………………………………………………………....18<br />

Pubblicazione………………………………………………………………………………………..18<br />

Esposizione…………………………………………………………………………………………..18<br />

Legislatura……………………………………………………………………………………………19<br />

GLOSSARIO……..………………......…………………………………..……………………………22<br />

BIBLIOGRAFIA………………….…………………………………………………………………………24<br />

DIDASCALIE DELLE DIAPOSITIVE………………………………………………………………25<br />

In copertina:<br />

Fotografia aerea del v<strong>il</strong>laggio trincerato di Lucera (FG). Età neol<strong>it</strong>ica (da Atlante <strong>archeologico</strong> delle<br />

sedi umane in Italia, II, Firenze 1970, tav. I, 1). Nella fotografia sono visib<strong>il</strong>i le linee curve scure che<br />

indicano la presenza sotterranea di un doppio fossato circolare, che racchiude strutture subcircolari<br />

(fondi di capanna?). Le linee bianche indicano la viab<strong>il</strong><strong>it</strong>à e le canalizzazioni attuali.


4<br />

Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />

IL REPERTO ARCHEOLOGICO, DALLO SCAVO ALL'ESPOSIZIONE<br />

Introduzione<br />

Per conoscere e comprendere la strada compiuta dagli oggetti che si trovano esposti nelle sale di<br />

un museo, è necessario ripercorrere puntualmente le varie fasi di intervento cui un <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong><br />

è sottoposto, dal primo momento della sua individuazione, fino all’esposizione al pubblico. Più<br />

precisamente, l’<strong>it</strong>er di sol<strong>it</strong>o compiuto è <strong>il</strong> seguente: individuazione del <strong>reperto</strong>, <strong>scavo</strong>, restauro,<br />

inventariamento, documentazione, catalogazione, studio, pubblicazione ed esposizione.<br />

È bene tuttavia precisare che l’archeologia non consiste semplicemente nella ricerca e nella<br />

raccolta di oggetti più o meno belli o preziosi da esporre nelle sale museali. Essa si può definire invece<br />

una scienza storica che, attraverso le residue testimonianze della v<strong>it</strong>a materiale, permette la ricostruzione<br />

delle vicende di un determinato periodo. Basandosi sullo studio dei documenti materiali rinvenuti<br />

si possono scoprire, infatti, una serie di dati su ciò che concerne la v<strong>it</strong>a, l’economia, la produzione di<br />

un determinato popolo o di un determinato terr<strong>it</strong>orio.<br />

Questo concetto di archeologia, intesa come scienza storica, induce necessariamente a prendere<br />

le dovute distanze da quella cultura tradizionale che valutava <strong>il</strong> proprio interesse per l’oggetto<br />

<strong>archeologico</strong> a seconda della sua bellezza, e che portava quindi a ignorare tutto ciò che non risultasse<br />

soddisfacente in base a tale canone. Certamente, anche la bellezza artistica di un oggetto <strong>archeologico</strong><br />

ha la sua importanza e contribuisce a renderlo interessante, ma non va tuttavia dimenticato che <strong>il</strong> valore<br />

prior<strong>it</strong>ario risiede soprattutto nel carattere di documento storico che <strong>il</strong> <strong>reperto</strong> riveste.<br />

È quindi tutto l’insieme dei manufatti archeologici di qualsiasi genere, preziosi o modesti, che<br />

cost<strong>it</strong>uisce un insost<strong>it</strong>uib<strong>il</strong>e archivio documentario, che va conservato integralmente.<br />

Individuazione del <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong><br />

Si può giungere in vari modi al r<strong>it</strong>rovamento di resti archeologici, che si trovano generalmente<br />

preservati e al tempo stesso nascosti dal terreno. Talvolta, ciò avviene in maniera del tutto fortu<strong>it</strong>a,<br />

mentre vengono esegu<strong>it</strong>i lavori agricoli (aratura, scavi per fossati, ecc.) (Dia 1-2) o durante la<br />

costruzione di strade (Dia 3) e altri lavori di sterro (Dia 4-6); oppure, antichi oggetti tornano alla luce<br />

grazie all’azione erosiva eserc<strong>it</strong>ata sul terreno dagli elementi naturali (piogge, smottamenti, ecc.).<br />

Esiste, tuttavia, anche una serie di metodi per l’individuazione di reperti e manufatti archeologici<br />

basati su cr<strong>it</strong>eri scientifici, quali la fotografia aerea, le prospezioni geofisiche e la ricognizione diretta<br />

del terreno.<br />

a) La fotografia aerea<br />

Da alcuni decenni, la fotografia aerea viene usata in modo sempre più sistematico come mezzo<br />

di scoperta archeologica, strumento ut<strong>il</strong>e per l’individuazione di tombe, antiche c<strong>it</strong>tà o v<strong>il</strong>laggi,<br />

fortificazioni, mura, ecc.; inoltre, la fotografia aerea è ut<strong>il</strong>izzata anche per <strong>il</strong> r<strong>it</strong>rovamento di resti<br />

sommersi nel mare o nei laghi, purché questi si trovino ad una profond<strong>it</strong>à non maggiore di 15 m e vi siano<br />

condizioni atmosferiche favorevoli, quali acque calme e limpide.<br />

Le fotografie aeree, scattate nel corso di appos<strong>it</strong>i voli effettuati spesso dall’areonautica m<strong>il</strong><strong>it</strong>are,<br />

permettono di ottenere una visione globale del terr<strong>it</strong>orio che si vuole esplorare (Dia 7), e consentono<br />

di correlare tra loro elementi che da terra potrebbero apparire isolati o insignificanti e che correrebbero<br />

quindi <strong>il</strong> rischio di non essere notati o valutati appieno nella loro importanza, come ad esempio leggere<br />

ondulazioni del suolo. Quando tali fotografie sono state scattate con la luce obliqua dell’alba o del<br />

tramonto (“luce radente”), che accentua le ombre, risultano maggiormente visib<strong>il</strong>i piccoli r<strong>il</strong>ievi del


Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 5<br />

Fig. 1 - Sv<strong>il</strong>uppo differenziato dei cereali in presenza di strade, muri e fosse o fossati sotterranei (da CARANDINI 1981,<br />

p. 58, fig. 27)<br />

terreno (ad es. rovine appena affioranti dal suolo).<br />

Da uno studio attento e circostanziato delle foto aeree, perciò, è possib<strong>il</strong>e ricavare una serie di dati<br />

e indicazioni di notevole interesse ed importanza. Si è notato, ad esempio, che la vegetazione ha un<br />

maggiore sv<strong>il</strong>uppo sopra antichi fossati mentre, viceversa, cresce con più difficoltà in corrispondenza<br />

di strutture murarie interrate (fig. 1); di conseguenza, nella veduta dall’alto sarà possib<strong>il</strong>e l’individuazione<br />

delle diverse strutture a seconda della diversa tonal<strong>it</strong>à di colore della vegetazione (scuro-chiaro)<br />

riscontrab<strong>il</strong>e in fotografia (Dia 8). Ancora, si possono distinguere con chiarezza la pianta ed i tracciati<br />

dei resti sepolti quando, dopo lunghe piogge, sul terreno non ancora prosciugato sono visib<strong>il</strong>i e<br />

distinguib<strong>il</strong>i le zone permeab<strong>il</strong>i e quelle impermeab<strong>il</strong>i.<br />

Oltre che come strumento di scoperta, le fotografie aeree verticali, cioè realizzate perpendicolarmente<br />

al terreno (planimetriche), sono ut<strong>il</strong>izzate anche per la realizzazione di carte topografiche dei s<strong>it</strong>i<br />

archeologici. Le foto oblique, invece, sono più adatte e quindi maggiormente usate per la scoperta dei<br />

resti archeologici, in quanto evidenziano meglio le ombre derivanti dalle irregolar<strong>it</strong>à del terreno; <strong>il</strong> loro<br />

studio, comunque, viene generalmente integrato da quello delle foto verticali, in quanto queste ultime<br />

sono più adatte, ad esempio, per verificare eventuali discrepanze nella vegetazione.<br />

b) Le prospezioni geochimiche e geofisiche<br />

Da non sottovalutare come strumento di individuazione di reperti o strutture sepolti sono anche<br />

<strong>il</strong> metodo di ricerca geochimico e quelli geofisici. Il primo si basa sull’analisi della composizione<br />

chimica del terreno ed è stato particolarmente ut<strong>il</strong>izzato in s<strong>it</strong>i preistorici dell’area scandinava. Il suolo<br />

presenta infatti delle notevoli alterazioni nella propria composizione chimica, come un’elevata<br />

presenza di fosfati, se su di esso si è verificato in passato un accumulo di rifiuti organici. Il metodo risulta<br />

quindi assai ut<strong>il</strong>e per l’individuazione di centri ab<strong>it</strong>ati d’era preistorica, dove tali depos<strong>it</strong>i erano<br />

particolarmente frequenti. Le prospezioni geofisiche, invece, risultano più adatte per l’individuazione<br />

di tombe e costruzioni sepolte, dal momento che la presenza sotterranea di queste può modificare le<br />

proprietà fisiche del terreno (elettric<strong>it</strong>à, magnetismo). Uno dei metodi di prospezione geofisica più usato<br />

è <strong>il</strong> r<strong>il</strong>evamento di resistiv<strong>it</strong>à, cioè la misurazione (mediante un appos<strong>it</strong>o strumento, chiamato<br />

misuratore di resistiv<strong>it</strong>à) della resistenza elettrica di un terreno, che varia da una zona ad un’altra di uno<br />

stesso s<strong>it</strong>o a causa delle diverse quant<strong>it</strong>à di acqua contenuta nelle poros<strong>it</strong>à dei sedimenti rispetto a quelle


6<br />

Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />

Fig. 2 - Particolare di una tavoletta IGM 1:25000 (F. 99, III, NE: S. Martino in Gattara)<br />

delle strutture. In pratica, la resistenza elettrica del suolo in corrispondenza di un muro è notevolmente<br />

più alta rispetto a quella r<strong>il</strong>evab<strong>il</strong>e su un fossato riemp<strong>it</strong>o di sedimenti poco compatti (Dia 9).<br />

Molto usate sono anche le prospezioni magnetiche, basate sulla misurazione dell’intens<strong>it</strong>à del<br />

campo magnetico di un terreno mediante uno strumento detto magnetometro. Le eventuali modifiche<br />

registrate nel campo magnetico di un s<strong>it</strong>o possono essere dovute, per esempio, alla presenza sotterranea<br />

di strutture quali forni, fornaci o focolari, in cui l’azione del fuoco ha alterato <strong>il</strong> naturale magnetismo<br />

del suolo.<br />

Esiste, infine, un terzo tipo di prospezione geofisica, che si basa sull’individuazione e la<br />

misurazione di differenze riscontrab<strong>il</strong>i nelle proprietà elettriche e magnetiche di un suolo dovute,<br />

ancora, alla presenza di strutture sepolte (prospezioni elettromagnetiche).<br />

c) La ricognizione diretta del terreno<br />

Lo studio diretto del terreno è <strong>il</strong> terzo, importante metodo scientifico ut<strong>il</strong>izzato dall’archeologo<br />

per l’individuazione di reperti e strutture.<br />

Affinché l’attiv<strong>it</strong>à di ricognizione diretta effettuata su un terr<strong>it</strong>orio dia risultati soddisfacenti è<br />

necessario che essa si svolga secondo un’accurata e sistematica programmazione. Imprescindib<strong>il</strong>e<br />

punto di partenza è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o <strong>dallo</strong> studio delle carte geografiche e topografiche relative alla zona o alla<br />

regione oggetto dell’indagine. In genere, la cartografia di base adottata è quella realizzata dall’Ist<strong>it</strong>uto<br />

geografico m<strong>il</strong><strong>it</strong>are (IGM), che copre tutto <strong>il</strong> terr<strong>it</strong>orio nazionale; in questo caso, la scala metrica più<br />

usata è quella delle tavolette 1:25.000 (1 cm = 25.000 cm reali = 250 m) (fig. 2).


Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 7<br />

Lo studio del terreno sulla cartografia deve essere affiancato, in questa fase preliminare, da quello<br />

della bibliografia relativa al terr<strong>it</strong>orio che interessa. Notizie ut<strong>il</strong>i potranno essere ricavate, inoltre, dalla<br />

ricerca dei documenti archivistici e dall’esame delle fotografie aeree.<br />

Quando l’archeologia è in possesso di tutti i dati ricavab<strong>il</strong>i dalle fonti c<strong>it</strong>ate, allora è possib<strong>il</strong>e<br />

iniziare le ricognizioni vere e proprie sul terreno.<br />

Con un occhio attento e allenato, in buone condizioni di luce e di ombra (che si verificano quando<br />

la luce è “radente”, quindi nelle prime ore del mattino o al tramonto) e durante le stagioni migliori per<br />

effettuare attiv<strong>it</strong>à ricogn<strong>it</strong>ive (cioè durante l’inverno e all’inizio della primavera, quando sono lim<strong>it</strong>ati<br />

o del tutto assenti erbe ed arbusti), si possono individuare sul suolo le tracce di strutture anche di modesta<br />

ent<strong>it</strong>à quali solchi, fossati, dossi, ecc. Terreni sottoposti ad aratura o comunque oggetto di lavori agricoli<br />

o di sterro possono invece mostrare in superficie resti materiali (frammenti ceramici, laterizi, monete,<br />

ecc.) indicativi della presenza di una struttura o di un complesso di strutture sepolte.<br />

Scavo<br />

Dopo aver individuato <strong>il</strong> luogo dove presumib<strong>il</strong>mente si trovano reperti archeologici viene dato<br />

inizio allo <strong>scavo</strong>, che rappresenta forse la fase più delicata e diffic<strong>il</strong>e di tutto <strong>il</strong> processo (Dia 10).<br />

Dipende infatti da come viene esegu<strong>it</strong>o lo <strong>scavo</strong> se ci giungeranno materiali più o meno integri e,<br />

soprattutto, se questi saranno in grado di fornirci tutti i dati di carattere storico che potenzialmente<br />

custodiscono. Affinché questo avvenga, è necessario che ciascun <strong>reperto</strong> risulti inser<strong>it</strong>o nel contesto<br />

dello strato <strong>archeologico</strong> di cui faceva parte. Nel compiere lo <strong>scavo</strong> è indispensab<strong>il</strong>e, quindi, seguire <strong>il</strong><br />

“cr<strong>it</strong>erio stratigrafico”, che consiste nell’asportare un solo strato di terreno alla volta, dall’alto verso <strong>il</strong><br />

basso, cioè dalla superficie attuale del suolo a quella più antica, posta in profond<strong>it</strong>à, secondo <strong>il</strong> principio<br />

che ogni strato si è formato in epoca certamente successiva rispetto a quelli stratificati al di sotto di esso<br />

(fig. 3). Nel compiere tale operazione,<br />

di sol<strong>it</strong>o, lo scavatore si<br />

imbatte in una serie di strati di<br />

terreno sovrapposti l’uno all’altro,<br />

appartenenti a vari periodi<br />

di occupazione. L’insieme di<br />

questi strati, collegati fisicamente<br />

l’uno all’altro, è denominato<br />

“sequenza stratigrafica” o<br />

“stratigrafia”; <strong>il</strong> singolo strato,<br />

perciò, cost<strong>it</strong>uisce una un<strong>it</strong>à della<br />

stratigrafia o, più semplicemente,<br />

una un<strong>it</strong>à stratigrafica.<br />

Assai importanti, ai fini<br />

della datazione di ciascuno strato,<br />

sono sia la raccolta degli<br />

oggetti e dei materiali in esso<br />

contenuti, che verranno sub<strong>it</strong>o<br />

lavati, registrati e siglati, che la<br />

definizione dei rapporti esistenti<br />

fra le strutture di uno strato e<br />

gli altri livelli (uno strato sarà<br />

Fig. 3 - a) Scavare uno strato (4) prima di quello dal quale è coperto (3) è<br />

metodologicamente errato. b) E' invece corretto scavare prima lo strato più recente<br />

(1) e poi, a seguire, quelli più antichi (2, 3, 4 etc.) (da CARANDINI 1981, p. 167,<br />

fig. 144)


8<br />

sempre più recente di quello<br />

sottostante).<br />

Per ciò che concerne lo <strong>scavo</strong>,<br />

occorre sottolineare che gli<br />

scavatori procurano sempre, in<br />

qualche modo, una distruzione del<br />

documento che si è mantenuto per<br />

tanti secoli intatto. Viene infatti a<br />

scomparire per sempre l’assetto in<br />

cui i materiali furono lasciati dagli<br />

ab<strong>it</strong>anti di quel luogo; da ciò deriva<br />

la necess<strong>it</strong>à di impiegare nelle operazioni<br />

di <strong>scavo</strong> una serie di tecniche<br />

scientifiche che permettano una<br />

documentazione quanto più fedele<br />

possib<strong>il</strong>e del giacimento.<br />

Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />

Perciò, via via che si procede nel lavoro, è necessario documentare con foto e disegni le singole<br />

fasi dell’opera, di modo che ne rimanga un’adeguata e soddisfacente testimonianza anche quando fasi<br />

successive d’intervento le avranno irrimediab<strong>il</strong>mente sconvolte.<br />

Lo <strong>scavo</strong> tradizionale di un s<strong>it</strong>o <strong>archeologico</strong> è organizzato in base alla cosiddetta ‘quadrettatura’<br />

del terreno, cioè in base alla sua regolare suddivisione in quadrati, orientati secondo i punti cardinali,<br />

da realizzarsi con picchetti disposti sistematicamente ogni quattro metri, emergenti di circa cinquanta<br />

centrimetri e ben visib<strong>il</strong>i sul suolo (Dia 11). La creazione di questa “scacchiera”, nella quale ogni<br />

quadrato è individuab<strong>il</strong>e singolarmente secondo <strong>il</strong> principio delle coordinate cartesiane (fig. 4),<br />

consente di localizzare in ogni momento su una pianta in scala qualunque <strong>reperto</strong> o struttura venga<br />

riportato alla luce.<br />

Fatto ciò, per documentare correttamente le eventuali testimonianze archeologiche, è necessario<br />

che esse siano localizzab<strong>il</strong>i nello spazio, oltre che orizzontalmente, anche verticalmente. Per questo, si<br />

deve scegliere una ‘quota zero’ di riferimento, naturalmente rapportata a un punto fisso assoluto, sia esso<br />

<strong>il</strong> livello del mare o un qualsiasi elemento non caduco del paesaggio circostante, che risulti quotato sul<br />

l.m.; tale quota rimarrà <strong>il</strong> riferimento necessario per ogni misurazione verticale durante lo <strong>scavo</strong>.<br />

Riportata la quadrettatura su una pianta generale dell’area di <strong>scavo</strong> si possono iniziare le<br />

operazioni di indagine archeologica,<br />

localizzando ciascun <strong>reperto</strong> con<br />

molta esattezza mediante le coordinate<br />

cartesiane. Queste possono r<strong>il</strong>evarsi<br />

con l’ut<strong>il</strong>izzo di rotelle metriche,<br />

oppure mediante regoli e f<strong>il</strong>i<br />

a piombo m<strong>il</strong>limetrati, in riferimento<br />

ai picchetti individuanti <strong>il</strong> quadrato<br />

nel quale è stato effettuato <strong>il</strong><br />

rinvenimento (fig. 5); la localizzazione,<br />

altrimenti, può effettuarsi me-<br />

diante un teodol<strong>it</strong>e o un tacheometro,<br />

sempre in rapporto a uno dei picchetti<br />

(Dia 12).<br />

Fig. 4 - La quadrettatura del terreno: si noti la numerazione che individua i<br />

singoli quadrati (tratto da L. Frédéric, "Manuale pratico di archeologia",<br />

M<strong>il</strong>ano, 1970).<br />

Fig. 5 - Regoli e f<strong>il</strong>o a piombo m<strong>il</strong>limetrati servono a trarre le coordinate<br />

cartesiane del luogo di r<strong>it</strong>rovamento dei reperti all'interno del quadrato (tratto<br />

da L. Frédéric, "Manuale pratico di archeologia", M<strong>il</strong>ano, 1970).


Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 9<br />

Fig. 6 - I diversi modi per ut<strong>il</strong>izzare la trowel (o cazzuola inglese) durante lo<br />

<strong>scavo</strong> (da CARANDINI 1981, p. 161, fig. 135).<br />

Lo <strong>scavo</strong> si approfondisce operando<br />

per ‘sfogliamento’, cioè<br />

liberando progressivamente <strong>il</strong><br />

quadrato dai singoli strati di terreno,<br />

dal più alto al più basso<br />

(cioè dal più recente al più antico),<br />

con un moderato uso di piccone<br />

e pala, ma soprattutto con<br />

un lento lavoro di trowel o cazzuola<br />

e di pennello (fig. 6) (Dia<br />

13-16). La delicata opera di <strong>scavo</strong><br />

permette di salvaguardare i<br />

reperti e di individuare, volta per<br />

volta, la superficie di ciascuno<br />

strato, così da poterlo studiare nel<br />

suo insieme, senza confonderlo<br />

con altri.<br />

La stratigrafia di uno <strong>scavo</strong>,<br />

infatti, è indispensab<strong>il</strong>e per comprendere<br />

le vicende dell’insediamento<br />

scavato (Dia 17-19). Ovviamente,<br />

gli strati più antichi di<br />

un insediamento si trovano più in basso di quelli più recenti: può accadere, tuttavia, che interventi umani<br />

(trincee, sepolcreti, ecc.) o agenti naturali (frane, radici, ecc.) abbiano sconvolto <strong>il</strong> processo di<br />

sedimentazione, di modo che elementi più antichi vengano a trovarsi sopra altri più recenti (fig. 7); va<br />

inoltre da sé che i differenti strati hanno spessori diversi fra loro, a seconda della durata dell’insediamento<br />

o della quant<strong>it</strong>à degli ‘scarichi’ che li hanno formati.<br />

Ogni strato si distingue da un altro in base al suo colore, alla compattezza e ai componenti del<br />

terreno: per esempio, uno strato piano e compatto indica spesso un piano di calpestio, anche solo<br />

sterrato; la ghiaia può essere invece indice di un livello alluvionale o di una colmata artificiale; mentre<br />

terriccio nerastro indicherà probab<strong>il</strong>mente un incendio o la presenza di un focolare.<br />

Qualsiasi variazione di colore e qualsiasi oggetto, pur di valore apparentemente minimo, possono<br />

essere perciò di importante significato per determinare la natura di uno strato <strong>archeologico</strong>. Così,<br />

persino un livello ‘ster<strong>il</strong>e’ (e cioè privo di insediamenti e reperti umani) può essere significativo, se non<br />

altro per stab<strong>il</strong>ire dati cronologici e climatici. Ogni <strong>reperto</strong>, anche organico, andrà quindi raccolto con<br />

la maggior cura possib<strong>il</strong>e, mentre si provvederà ad allontanare l’ingombrante materiale di scarico.<br />

Bisognerà ev<strong>it</strong>are ogni danno ai reperti, lim<strong>it</strong>ando al massimo i traumi che arreca loro <strong>il</strong> brusco contatto<br />

Fig. 7 - La fossa 3 ha sconvolto<br />

la precedente<br />

stratigrafia, facendo sì che<br />

lo strato 1, composto da<br />

materiale più antico, venga<br />

a trovarsi al di sopra<br />

dello strato 2, composto<br />

da materiale più recente<br />

(da CARANDINI 1981, p.<br />

43, fig. 13)


10<br />

Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />

con l’esterno e provvedendo ai primi essenziali interventi di restauro, variab<strong>il</strong>i a seconda della divers<strong>it</strong>à<br />

dei materiali.<br />

Via via che si scava è inoltre necessario scattare numerose fotografie, sia per documentare <strong>il</strong><br />

progressivo andamento del lavoro, che per fissare l’aspetto di strutture e reperti al momento del loro<br />

progressivo dissotterramento. Tali fotografie risulteranno ut<strong>il</strong>i in ogni caso, ma soprattutto nel caso che<br />

gli interventi di restauro non riuscissero a salvaguardare del tutto l’integr<strong>it</strong>à del <strong>reperto</strong>. Vanno inoltre<br />

fotografati i diversi strati, con particolare riguardo al loro insieme; si fotografano infatti anche le sezioni<br />

di <strong>scavo</strong> verticali, provvedendo a numerare ciascuno strato con piccole placche di metallo infisse nel<br />

terreno, e con l’ut<strong>il</strong>izzo di adeguati testimoni di misurazione (come i f<strong>il</strong>i a piombo m<strong>il</strong>limetrati; fig. 8)<br />

(Dia 20-21).<br />

Risultano indispensab<strong>il</strong>i anche i disegni dei reperti, da effettuarsi sul luogo o da ricavare in segu<strong>it</strong>o<br />

dalle fotografie (Dia 22).<br />

Bisogna poi provvedere alla trasposizione in pianta ed in sezione del quadrato di <strong>scavo</strong> ogni<br />

qualvolta si individui la superficie di<br />

uno strato nuovo.<br />

Ogni un<strong>it</strong>à stratigrafica, inoltre,<br />

distinta dalle altre mediante un<br />

‘nome’ convenzionale, in genere indicato<br />

con un numero arabo, deve<br />

essere descr<strong>it</strong>ta su un’appos<strong>it</strong>a scheda<br />

prestampata, denominata ‘scheda<br />

di un<strong>it</strong>à stratigrafica’, comprensiva<br />

di una serie di voci importanti per la<br />

classificazione e la datazione dello<br />

strato (Dia 23). Tali schede, oltre al<br />

valore documentario, posseggono<br />

anche <strong>il</strong> vantaggio di omogeneizzare<br />

<strong>il</strong> linguaggio <strong>archeologico</strong>, sottraendo<br />

così lo studio all’opinione soggettiva<br />

del singolo ricercatore e rendendolo<br />

viceversa maggiormente agevole<br />

e oggettivo.<br />

Può essere ut<strong>il</strong>e, infine, tenere<br />

quotidianamente <strong>il</strong> cosiddetto Gior-<br />

nale di Scavo (fino ad una ventina di<br />

anni fa unico strumento documentario<br />

relativo al lavoro svolto), cost<strong>it</strong>u-<br />

Fig. 8 - Sezione verticale pronta per la fotografia (tratto da L. Frédéric,<br />

"Manuale pratico di archeologia", M<strong>il</strong>ano, 1970).<br />

<strong>it</strong>o da appunti, notizie, schizzi e disegni che l’assistente di <strong>scavo</strong> e lo stesso ispettore archeologo<br />

prenderanno via via durante <strong>il</strong> lavoro, o che comunque stenderanno ogni sera sullo <strong>scavo</strong> svolto in<br />

giornata.<br />

Se <strong>il</strong> lavoro di <strong>scavo</strong> in Italia viene infatti svolto, spesso, dagli operai forn<strong>it</strong>i da un’impresa<br />

qualificata, è tuttavia necessaria la costante presenza di un archeologo supervisore, di uno o più<br />

assistenti con preparazione specifica e di personale aus<strong>il</strong>iario in grado di provvedere ai bisogni<br />

particolari (disegnatore, geometra e, possib<strong>il</strong>mente, retauratore e fotografi specializzati); negli scavi<br />

maggiori, inoltre, è ut<strong>il</strong>e la presenza, anche solo saltuaria, di antropologi, zoologi e botanici, in grado<br />

di determinare natura e cronologia dei reperti che esulano dalla stretta competenza degli archeologi.


Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 11<br />

Sia <strong>il</strong> quaderno del Giornale di Scavo e le schede di un<strong>it</strong>à stratigrafica, che l’attrezzatura e <strong>il</strong><br />

personale specializzato sono forn<strong>it</strong>i dall’Amministrazione archeologica e dall’eventuale Ente che<br />

scava. Bisogna tuttavia ricorrere a un’impresa qualificata, di grande fiducia, che fornisca attrezzatura<br />

e operai per <strong>il</strong> trasporto, lo scarico, la manovalanza di <strong>scavo</strong> e, comunque, <strong>il</strong> lavoro generico. Negli ultimi<br />

decenni, però, secondo l’esempio dell’archeologia inglese, costantemente all’avanguardia in questo<br />

settore scientifico, si tende ad affidare lo <strong>scavo</strong> interamente o quasi a personale specializzato, preparato<br />

e competente in materia.<br />

Il materiale scavato, pul<strong>it</strong>o e parzialmente restaurato, viene collocato in appos<strong>it</strong>i conten<strong>it</strong>ori<br />

numerati in base allo strato di provenienza, ordinati e inventariati (di modo che le schede di un<strong>it</strong>à<br />

stratigrafica ed <strong>il</strong> Giornale di Scavo possano riportarne <strong>il</strong> numero progressivo, da collocarsi anche<br />

accanto al <strong>reperto</strong> al momento di fotografarlo in <strong>scavo</strong> o di riprodurlo in carta m<strong>il</strong>limetrata).<br />

Tecniche di datazione<br />

Una delle domande più comuni che si pone <strong>il</strong> vis<strong>it</strong>atore del Museo è <strong>il</strong> sapere a quale età risalgano<br />

i vari reperti esposti. Il problema della datazione dei materiali, comunque, è certamente assai importante<br />

anche per l’archeologo, in quanto in base ad essa si stab<strong>il</strong>isce la cronologia assoluta dei vari strati<br />

archeologici. Le maggiori difficoltà di datazione riguardano soprattutto resti preistorici, in quanto per<br />

essi non sono ovviamente disponib<strong>il</strong>i dati di riferimento ricavab<strong>il</strong>i da documenti storico-letterari o<br />

numismatici. A questi reperti, salvo rari casi, può essere attribu<strong>it</strong>a solo un’età piuttosto approssimativa.<br />

In alcuni casi, per <strong>il</strong> periodo preistorico gli archeologi sono riusc<strong>it</strong>i a stab<strong>il</strong>ire una ‘cronologia relativa’,<br />

consistente nel determinare la sequenza delle varie civ<strong>il</strong>tà antiche che si sono sussegu<strong>it</strong>e in una zona<br />

particolare esclusivamente attraverso l’analisi st<strong>il</strong>istica dei loro resti (seriazione), senza però stab<strong>il</strong>ire<br />

con esattezza l’epoca di ciascuna di esse.<br />

Esiste tuttavia una serie di metodi alternativi, come la dendrocronologia o la datazione al<br />

radiocarbonio, che consentono di stab<strong>il</strong>ire una ‘cronologia assoluta’ (cioè una datazione ancorata con<br />

una certa precisione al computo degli anni relativi all’era cristiana) anche per <strong>il</strong> periodo preistorico, oltre<br />

che, naturalmente, per complessi archeologici di età storica.<br />

La dendrocronologia<br />

Uno dei metodi assoluti di datazione è la dendrocronologia, che permette di stab<strong>il</strong>ire una<br />

cronologia attraverso lo studio degli anelli annuali d’accrescimento degli alberi. Ogni anello di cresc<strong>it</strong>a<br />

annuale è ben visib<strong>il</strong>e in quanto si ha in esso un’alternanza di linee larghe e chiare, che rappresentano<br />

la cresc<strong>it</strong>a più rapida in primavera, e di linee strette e scure, che indicano la cresc<strong>it</strong>a più lim<strong>it</strong>ata in estate<br />

e autunno.<br />

Osservando la sequenza degli anelli concentrici del tronco di un albero, che rappresentano ognuno<br />

un anno di v<strong>it</strong>a, e contandoli a partire dal centro, si può determinare l’età dell’albero al momento<br />

dell’abbattimento. Si è notato, inoltre, che gli anelli degli alberi di una medesima regione, sottoposti alle<br />

stesse variazioni climatiche, presentano uguali variazioni regolari nello spessore (“sequenze di<br />

spessori”), dovute sia a fattori climatici (si ha ad esempio uno spessore maggiore dell’anello in annate<br />

umide), che alle radiazioni solari, per cui è possib<strong>il</strong>e stab<strong>il</strong>ire un confronto fra di essi, e fra questi e alberi<br />

morti o legno proveniente da depos<strong>it</strong>i archeologici della medesima zona. Sono state perciò elaborate<br />

tavole cronologiche valide per determinate regioni, secondo le specie di alberi in esse esistenti. Così,<br />

ad esempio, in America settentrionale è stato possib<strong>il</strong>e creare una sequenza basata sul pino della<br />

California, assai longevo; tale sequenza arretra nel tempo fino a circa 9.000 anni fa. Il metodo, pur non<br />

essendo perfetto, è tuttavia piuttosto preciso.


12<br />

Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />

Datazione al radiocarbonio<br />

Per la datazione dei materiali archeologici si usa anche <strong>il</strong> metodo del radiocarbonio, che è basato<br />

sull’analisi della quant<strong>it</strong>à di carbonio radioattivo (C 14) contenuto nei resti organici che si trovano in<br />

uno strato <strong>archeologico</strong>.<br />

Il carbonio radioattivo, infatti, si trova in quant<strong>it</strong>à costante in ogni materia organica, animale e<br />

vegetale, vivente. Quando cessa la v<strong>it</strong>a dell’organismo, la quant<strong>it</strong>à di radiocarbonio va lentamente<br />

diminuendo, in tempi costanti e conosciuti (legge del decadimento radioattivo). Cosicché, è possib<strong>il</strong>e<br />

calcolare l’età dei resti organici (pezzi di legno, ossa, carboni, ecc.) rinvenuti negli scavi misurando, con<br />

un contatore Geiger o con un particolare acceleratore di particelle, <strong>il</strong> radiocarbonio residuo in essi<br />

contenuto (Dia 24). Di conseguenza, si giunge anche a calcolare l’età degli oggetti archeologici<br />

rinvenuti nello stesso strato dei reperti organici analizzati. Tale metodo, scoperto dal nord-americano<br />

W.F. Libby nel 1948, presenta un margine di errore piuttosto basso, che si va via via riducendo col<br />

perfezionamento delle tecniche e degli strumenti. Tuttavia, <strong>il</strong> margine di errore cresce quanto minore<br />

è la quant<strong>it</strong>à residua di C 14 che si deve r<strong>il</strong>evare, cioè quanto maggiore è l’età del <strong>reperto</strong> (Per datazioni<br />

superiori a 35000/40000 anni in "Radiocarbonio" non è più ut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>e). Il Carbonio 14 dimezza la sua<br />

quant<strong>it</strong>à ogni 5730 anni e ciò permette di avere alcune datazioni con un margine di errore minimo che<br />

può arrivare anche a soli 50 anni.<br />

Col perfezionarsi dei metodi di analisi e di campionatura, l’uso della datazione al radiocarbonio,<br />

non si lim<strong>it</strong>a più soltanto ai resti preistorici, ma va oggi estendendosi anche alla cronologia di altre<br />

epoche più recenti,<br />

La cronologia storica<br />

Per i periodi storici, stab<strong>il</strong>ire una cronologia assoluta è relativamente agevole, in quanto,<br />

ricorrendo alle fonti storiche, è possib<strong>il</strong>e riuscire a stab<strong>il</strong>ire una relazione fra i reperti rinvenuti e gli<br />

eventi riportati sui testi. L’attendib<strong>il</strong><strong>it</strong>à dei documenti che ci sono giunti è generalmente buona; tuttavia,<br />

si nota una maggiore precisione per le fonti greche o romane rispetto, ad esempio, a quelle del Medio-<br />

Oriente.<br />

Per l’archeologia greca e romana la datazione dei reperti è piuttosto esatta grazie anche alle<br />

numerose ceramiche rinvenute, che cost<strong>it</strong>uiscono una sorta di guida cronologica. Esse sono fac<strong>il</strong>mente<br />

datab<strong>il</strong>i (soprattutto a partire dalla fine dell’VIII secolo a.C.), attraverso lo studio dell’evoluzione delle<br />

decorazioni e delle forme vascolari. La ceramica, infatti, oltre a deteriorarsi meno degli altri reperti nel<br />

corso dei m<strong>il</strong>lenni, muta di forma e di st<strong>il</strong>e più rapidamente rispetto agli altri manufatti. Le numerose<br />

botteghe di vasai esistenti nell’antich<strong>it</strong>à e gli inconvenienti legati al largo uso quotidiano hanno<br />

comportato, quindi, un rapido ed ampio ricambio di pezzi, moduli e st<strong>il</strong>i (Dia 25-26).<br />

Di notevole ut<strong>il</strong><strong>it</strong>à per la datazione di diverse local<strong>it</strong>à archeologiche classiche sono risultate anche<br />

le monete ivi rinvenute (Dia 27).<br />

Inoltre, come già sopra accennato, per la cronologia assoluta delle epoche storiche è possib<strong>il</strong>e<br />

ricorrere anche alle fonti scr<strong>it</strong>te, dirette o indirette che siano. Ad esempio, soprattutto in età tardoclassica<br />

vi sono alcune opere, quali stele funerarie o commemorative, che accanto all’iscrizione che le<br />

data contengono scene figurate: esse ci forniscono quindi una sorta di cronologia st<strong>il</strong>istica. Ancora,<br />

alcune opere arch<strong>it</strong>ettoniche risultano datate da inventari ed<strong>il</strong>izi che vengono r<strong>it</strong>rovati nelle vicinanze:<br />

così, l’Eretteo di Atene è datato al 409-408 a.C. da una iscrizione rinvenuta sull’Acropoli, che descrive<br />

anche i r<strong>il</strong>ievi che decorano l’arch<strong>it</strong>rave(Dia 28); nello stesso modo, l’Asklepiêion di Epidauro può<br />

essere datato fra <strong>il</strong> 380 e <strong>il</strong> 375 a.C. e, ugualmente, trovano una collocazione cronologica sicura anche<br />

molte opere romane.<br />

Talvolta, per una datazione assoluta risulta ut<strong>il</strong>e <strong>il</strong> calcolo moderno relativo a fenomeni<br />

astronomici avvenuti nell’antich<strong>it</strong>à: così, la battaglia sul fiume Hàlys (l’odierno Kïsïlïrmak, in Turchia)


Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 13<br />

Fig. 9 -<br />

Aryballos<br />

globulare<br />

- avvenuta fra Medi e Lidi - può datarsi al 585 a.C. a causa dell’eclissi totale di sole che<br />

la interruppe; non cap<strong>it</strong>a però quasi mai che i dati astronomici servano alla datazione<br />

archeologica.<br />

Più ut<strong>il</strong>i risultano quindi notizie storiche che si riferiscano a singoli oggetti<br />

antichi d’arte o di uso quotidiano: ciò permette non solo di sapere quando furono creati,<br />

ma anche di datare opere loro st<strong>il</strong>isticamente affini. Ad esempio, conoscendo da<br />

Tucidide e da altri storici antichi l’epoca in cui furono fondate le prime colonie greche<br />

in Italia, è possib<strong>il</strong>e dedurre una griglia cronologica sufficientemente precisa dello<br />

sv<strong>il</strong>uppo della ceramica vascolare partendo dalla fase st<strong>il</strong>istica cui appartengono i più antichi frammenti<br />

ceramici trovati nell’una o nell’altra di queste colonie. Così, per esempio, negli strati più antichi di<br />

Siracusa si rinvengono aryballoi ‘globulari’ (fig. 9), cioè porta-unguenti del tipo che apre <strong>il</strong> cosiddetto<br />

periodo ‘Protocorinzio arcaico’; ne arguiamo che tale periodo st<strong>il</strong>istico coincide, evidentemente, con<br />

la data di fondazione di Siracusa (Dia 29). Nello stesso modo possiamo fissare la cronologia assoluta<br />

di altri contesti archeologici, stab<strong>il</strong>endo per ogni colonia quale classe vascolare greca vi compaia per<br />

prima; ciò è molto importante anche per la cronologia dell’Etruria, che fu una grande importatrice di<br />

vasi corinzi. Le cose, però, non sempre risultano così semplici, dal momento che gli storici antichi ci<br />

tramandano, per le diverse c<strong>it</strong>tà <strong>it</strong>aliote e siceliote, date di fondazione spesso divergenti fra loro: così<br />

Siracusa fu fondata, a seconda delle fonti, nel 757-56, nel 734-30, nel 708 a.C.; e Selinunte, che serve<br />

a datare <strong>il</strong> periodo ‘Corinzio transizionale’, fu fondata nel 650 secondo Diodoro ed Eusebio e nel 629-<br />

28 a.C. secondo Tucidide.<br />

Un metodo di datazione basato su principi non troppo diversi consiste nel dedurre la cronologia<br />

di una local<strong>it</strong>à meta-storica in riferimento agli oggetti prodotti da una contemporanea cultura già inser<strong>it</strong>a<br />

in una griglia cronologica: così, ad esempio, si colloca la fine del ‘Tardo<br />

Minoico II’ (e del coevo ‘Tardo Elladico II’) all’incirca nel 1400 a.C. perché<br />

nella local<strong>it</strong>à egizia di Tell-el-Amarnah, che fu abbandonata nel 1350 a.C.,<br />

sono state rinvenute ceramiche cretesi di st<strong>il</strong>e ‘palaziale’, che appartiene al<br />

successivo periodo denominato ‘Tardo Minoico III’. Così, ancora, una statua<br />

egizia della XII Dinastia è stata rinvenuta in uno strato cretese del ‘Medio<br />

Minoico II’, mentre ceramiche ‘mediominoiche II’ sono state trovate ad<br />

Abido, in Eg<strong>it</strong>to, entro una tomba della XII Dinastia. Purtroppo, pure in<br />

questo caso, non tutto è semplice, poiché fonti ed opinioni sono spesso<br />

alquanto confuse anche per quanto riguarda le cronologie medio-orientali.<br />

Diversi reperti greci possono datarsi con una certa esattezza attraverso<br />

le notizie tramandateci dagli storici: così, le anfore panatenaiche più antiche<br />

andranno collocate prima della metà del VI secolo perché i Giochi Panatenaici<br />

furono ist<strong>it</strong>u<strong>it</strong>i da Pisistrato nel 566 a.C. Ancora, da referenze di Erodoto si<br />

può datare <strong>il</strong> “Thesauròs” dei Sifni a Delfi intorno al 530-25 (Dia 30); si tratta<br />

di un punto fermo di grande importanza, poiché lo st<strong>il</strong>e scultoreo riconoscib<strong>il</strong>e<br />

nel fregio sifnio è caratteristico di molti prodotti artistici greci del tempo,<br />

che possono quindi datarsi negli stessi anni del ‘tesoro’ di Delfi.<br />

Sui vasi attici compaiono spesso esaltazioni di questa o quella giovane<br />

bellezza dell’Atene del tempo: se si tratta di personaggi storicamente noti,<br />

tali iscrizioni possono datare <strong>il</strong> vaso in questione. A Firenze sono ad esempio<br />

presenti vasi del P<strong>it</strong>tore di Léagros, un prolifico ceramografo che trae <strong>il</strong><br />

proprio nome dal giovane di cui esalta spesso la bellezza. Questi è<br />

presumib<strong>il</strong>mente <strong>il</strong> futuro generale Léagros, che fu ucciso dai Traci a<br />

Drabesco nel 465, mentre guidava diecim<strong>il</strong>a cleruchi ateniesi. Considerando<br />

Fig. 10 - Kòre 159, dall’Acropoli<br />

di Atene. Atene, Museo<br />

dell’Acropoli n. inv. 159.<br />

500-490 a.C. circa.


14<br />

Fig. 11 - I diversi opera ed<strong>il</strong>izi romani: dall'alto in basso e da sinstra a destra:<br />

opus quadratum, incertum, quasi reticulatum, reticulatum, mixtum e v<strong>it</strong>tatum.<br />

Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />

l’età media in cui si accedeva a<br />

tale carica m<strong>il</strong><strong>it</strong>are, si può collocare<br />

la nasc<strong>it</strong>a di Léagros nel 525<br />

circa e quindi la sua efebìa intorno<br />

al 510-505, anni nei quali avrà<br />

quindi operato l’omonimo p<strong>it</strong>tore<br />

(Dia 31).<br />

Altro esempio è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dai<br />

reperti rinvenuti nel tumulo di<br />

Maratona, che vanno evidentemente<br />

datati dopo <strong>il</strong> 490 a.C., anno<br />

in cui ebbe luogo la celebre battaglia<br />

contro i Persiani e in cui morirono<br />

i centonovantaquattro<br />

Ateniesi per i quali si edificò la<br />

tomba collettiva.<br />

In segu<strong>it</strong>o alle distruzioni operate<br />

dai Persiani sull’Acropoli di<br />

Atene nel 480-79, gli Ateniesi<br />

accumularono i sacri resti<br />

arch<strong>it</strong>ettonici e scultorei nelle trincee<br />

delle fortificazioni di<br />

Temìstocle (nel 478) e di Cimone<br />

(nel 467 a.C.): si tratta della cosiddetta<br />

‘colmata persiana’, un<br />

depos<strong>it</strong>o di materiali indispensab<strong>il</strong>e per la datazione della scultura arcaica, in quanto di esso facevano<br />

parte, in larga misura, statue e r<strong>il</strong>ievi di pietra che andranno rifer<strong>it</strong>i, evidentemente, a prima del 478 o<br />

del 467 a.C (fig. 10).<br />

Ancora: la ‘purificazione’ di Delos del 426 a.C. comportò la rimozione di tutti i corredi tombali<br />

dell’isola e <strong>il</strong> loro trasferimento nella vicina isoletta di Rhéneia, dove furono sistemati in una grande<br />

tomba comune. Questa è una tipica datazione archeologica ante quem (‘prima di cui’), in quanto i reperti<br />

trovati a Rhéneia sono evidentemente più antichi dell’anno 426. Quando invece i reperti sono più recenti<br />

dell’anno che serve a datarli si parla di datazione post quem (‘dopo di cui’: è tipico l’esempio dell’anno<br />

di fondazione delle Panatenee, <strong>il</strong> 566 a.C., dopo <strong>il</strong> quale si trovano le anfore panatenaiche).<br />

Dal 409-408 (st<strong>il</strong>e del Tesoriere del Partenone) al 295-94 a.C. (r<strong>il</strong>ievo onorario di Heròdotos) si<br />

può individuare lo sv<strong>il</strong>uppo artistico ateniese attraverso i r<strong>il</strong>ievi delle stele datate.<br />

Per l’età romana risulta ut<strong>il</strong>e anche lo studio delle diverse tecniche di muratura (opus caementicium,<br />

incertum, reticulatum, ecc., fig. 11), che iniziano ad essere ut<strong>il</strong>izzate in epoche storicamente determinate<br />

e che, perciò, sono in grado di fornire un termine di riferimento cronologico piuttosto preciso (Dia<br />

32). Con l’inizio dell’uso dei mattoni (testacea structura, I sec. a.C.), si può calcolare approssimativamente<br />

la data di un edificio, calcolando lo spessore dei laterizi e la relativa quant<strong>it</strong>à e qual<strong>it</strong>à della malta<br />

che li connette, elementi che variano con <strong>il</strong> variare delle epoche storiche.<br />

Assai più ut<strong>il</strong>e risulta però l’eventuale presenza di bolli di fabbrica sul materiale laterizio: essi<br />

recano <strong>il</strong> nome dell’officinatore o del proprietario delle figline e, nel II sec. d.C., la data consolare, che<br />

permette una chiara datazione assoluta. Anche dove manca la data consolare, <strong>il</strong> bollo laterizio permette<br />

di arguire dati cronologici, sia in base a cr<strong>it</strong>eri paleografici, sia per la forma stessa dei bolli, che si<br />

modifica con i secoli (fig. 12).


Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 15<br />

Fig. 12 - Evoluzione della forma dei bolli laterizi da Domiziano (81-86) a Caracalla (211-217 d.C.) (da H. Bloch, "I bolli<br />

laterizi e la storia ed<strong>il</strong>izia romana", Roma, 1947, figg. 1-12).<br />

Restauro<br />

Final<strong>it</strong>à del restauro<br />

Il moderno restauro <strong>archeologico</strong> non si propone di nascondere e camuffare, magari addir<strong>it</strong>tura<br />

con r<strong>it</strong>occhi, la frammentarietà e lacunos<strong>it</strong>à dell’oggetto per ridargli l’aspetto originale, bensì di rendere<br />

l’oggetto comprensib<strong>il</strong>e e fruib<strong>il</strong>e per lo studio e l’esposizione al pubblico (restauro conosc<strong>it</strong>ivo), e di<br />

garantirne la conservazione nel tempo (restauro conservativo). Perciò, anche quando si pone la necess<strong>it</strong>à<br />

di integrare parti mancanti per permettere una corretta comprensione del pezzo in sede espos<strong>it</strong>iva, le<br />

integrazioni devono risultare chiaramente distinguib<strong>il</strong>i dalla parte originale, anche se non devono<br />

turbare l’un<strong>it</strong>à d’insieme.<br />

Operazioni preliminari<br />

Ancora direttamente sullo <strong>scavo</strong>, <strong>il</strong> materiale viene documentato graficamente e fotograficamente<br />

nella s<strong>it</strong>uazione e nelle condizioni del rinvenimento (Dia 33). Foto e disegni documentano lo stato del<br />

pezzo prima del restauro, durante gli interventi e a restauro ultimato. Alcune tecniche fotografiche e<br />

analisi chimico-fisiche (come per esempio la foto all’infrarosso o all’ultravioletto, la fluorescenza o la<br />

radiografia) potranno essere necessarie nell’esame preliminare per pezzi o complessi che presentano


16<br />

Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />

particolari problemi. In certi casi potranno anche essere opportune, prima dell’intervento diretto, analisi<br />

chimico-fisiche, specialmente se si tratta di metalli. In casi di particolare frag<strong>il</strong><strong>it</strong>à dei materiali si dovrà<br />

effettuare, ancora in sede di <strong>scavo</strong>, un ‘pronto intervento’ di consolidamento prima della rimozione<br />

dell’oggetto (Dia 34). Finché quest’ultimo si trova interrato, esiste un equ<strong>il</strong>ibrio piuttosto stab<strong>il</strong>e con<br />

la materia con la quale è a contatto; al momento dello <strong>scavo</strong>, però, la repentina esposizione all’aria del<br />

<strong>reperto</strong> altera tale equ<strong>il</strong>ibrio, tanto più drasticamente quanto più l’oggetto è predisposto all’assorbimento<br />

o alla perd<strong>it</strong>a di umid<strong>it</strong>à. È assolutamente necessario, quindi, che <strong>il</strong> passaggio da uno stato climatico<br />

ad un altro avvenga <strong>il</strong> più gradualmente possib<strong>il</strong>e e, se del caso, con <strong>il</strong> consolidamento preventivo<br />

dell’oggetto.<br />

Le fasi del restauro<br />

Le tecniche di restauro sono estremamente differenziate a seconda dei materiali sui quali si opera;<br />

le successive fasi di intervento sono comunque usualmente le stesse, e sol<strong>it</strong>amente segnano questo<br />

ordine: pul<strong>it</strong>ura, consolidamento, ricomposizione, integrazione. Fanno eccezione i metalli, per i quali,<br />

di sol<strong>it</strong>o, non si può parlare di un consolidamento vero e proprio, ma necess<strong>it</strong>ano invece, a restauro<br />

terminato, di un procedimento di protezione.<br />

Restauro della ceramica<br />

Pul<strong>it</strong>ura<br />

La pul<strong>it</strong>ura si effettua usualmente con un lavaggio in acqua o alcool per asportare la terra, mentre<br />

eventuali incrostazioni più resistenti si rimuovono col bisturi, talora con l’aus<strong>il</strong>io di sostanze come<br />

acqua ossigenata, acetone o soluzione di acidi.<br />

Consolidamento<br />

L’oggetto, o i suoi frammenti, vengono poi consolidati, se necessario, con immersioni o<br />

pennellature di appos<strong>it</strong>e sostanze che siano assorb<strong>it</strong>e dalla terracotta (collanti polivin<strong>il</strong>ici d<strong>il</strong>u<strong>it</strong>i in<br />

alcool).<br />

Ricomposizione<br />

Se l’oggetto è in frammenti, si ricercano gli attacchi di essi (Dia 35) e si procede all’incollaggio,<br />

che si esegue, a caldo o a freddo secondo <strong>il</strong> caso, con collanti resistenti ma fac<strong>il</strong>mente reversib<strong>il</strong>i, in<br />

previsione di future possib<strong>il</strong>i necess<strong>it</strong>à di smontaggio (collanti a base di acetato di polivin<strong>il</strong>e, fac<strong>il</strong>mente<br />

solub<strong>il</strong>e in alcool o acetone).<br />

Integrazione<br />

Le eventuali parti mancanti possono essere integrate, qualora ciò risulti necessario alla comprensione<br />

del pezzo in sede espos<strong>it</strong>iva, con materiali anch’essi fac<strong>il</strong>mente reversib<strong>il</strong>i. Presso <strong>il</strong> Centro di<br />

Restauro della Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana è usato da qualche tempo un<br />

composto di cere, lavorab<strong>il</strong>i a caldo e a freddo, che presenta numerosi vantaggi pratici ed estetici rispetto<br />

ad altri materiali precedentemente usati, come le miscele di gesso e “Das” (Dia 36).<br />

Restauro dei metalli<br />

Per i metalli le operazioni di restauro sono più complesse e laboriose. Il ferro è <strong>il</strong> metallo che pone<br />

più problemi, poiché subisce nel tempo, specie a causa della giac<strong>it</strong>ura in terra, maggiori processi di<br />

ossidazione e di degradazione, spesso fino ad apparire come una massa informe nella quale è del tutto<br />

impossib<strong>il</strong>e distinguere la forma originaria dell’oggetto. In questi casi è indispensab<strong>il</strong>e, prima della<br />

pul<strong>it</strong>ura, una radiografia che mostri la sagoma e l’aspetto generale del pezzo. Diverso, ma non meno<br />

complesso, è <strong>il</strong> caso del bronzo o comunque delle leghe in rame. Se infatti, di rado, essi si ricoprono di<br />

prodotti di ossidazione (come avviene per <strong>il</strong> ferro), talvolta però lo stato di degradazione è tale, che del<br />

metallo non resta pressoché nulla, e l’oggetto è ormai in pratica cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dai prodotti stessi di


Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 17<br />

corrosione, che l’hanno sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o, e che devono perciò essere consolidati e protetti (Dia 37-38).<br />

Pul<strong>it</strong>ura<br />

La pul<strong>it</strong>ura dei metalli pone la necess<strong>it</strong>à di una scelta volta per volta sulle modal<strong>it</strong>à di intervento:<br />

essa può essere effettuata chimicamente con lavaggi e bagni in soluzioni alcaline, in alcool e<br />

ammoniaca, in alcool e acqua ossigenata, oppure meccanicamente, col bisturi, con piccole frese e<br />

spazzole rotanti, con sabbiatrici, in certi casi addir<strong>it</strong>tura con martelletti a ultrasuoni (Dia 39). Queste<br />

diverse tecniche spesso sono complementari.<br />

Successivamente, l’oggetto o i frammenti vengono posti per un certo periodo di tempo nella<br />

cosiddetta “camera umida” (cioè in un locale mantenuto ad una forte umid<strong>it</strong>à costante) per controllare<br />

che i processi di ossidazione siano effettivamente bloccati.<br />

Incollaggio, integrazione e protezione<br />

L’incollaggio dei frammenti e le eventuali integrazioni (Dia 40) vengono effettuati con gli stessi<br />

materiali, cioè cianacr<strong>il</strong>ati e resine epossidiche.<br />

L’oggetto viene protetto in superficie con una soluzione di paralloid che lo isola, per quanto<br />

possib<strong>il</strong>e, dall’aria (Dia 41).<br />

Il Centro di Restauro fiorentino<br />

In segu<strong>it</strong>o ai noti eventi del novembre 1966 si rese necessario via via allargare <strong>il</strong> vecchio<br />

laboratorio di restauro che operava presso la Soprintendenza alle Antich<strong>it</strong>à dell’Etruria, a Firenze. Una<br />

prima sezione, relativa al restauro delle ceramiche, fu cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a presso l’Ospedale degli Innocenti,<br />

mentre un’altra, che si occupava del restauro dei bronzi, fu collocata al piano terreno della Soprintendenza.<br />

Le dimensioni del laboratorio aumentarono al punto che fu necessario spostarlo nella sede di via<br />

del Palazzo Bruciato, mentre <strong>il</strong> personale che prestava la sua opera al laboratorio per contratto a trattativa<br />

privata veniva assunto a domanda nel ruolo esecutivo o del personale operaio. Alcuni anni fa, la sede<br />

del Centro di Restauro dell’attuale Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana è stata spostata<br />

in via D.M. Manni a Firenze.<br />

Inventariamento<br />

Dopo <strong>il</strong> restauro, esegu<strong>it</strong>o sotto la responsab<strong>il</strong><strong>it</strong>à di un archeologo, lo scavatore deve classificare<br />

gli oggetti. In questa fase, <strong>il</strong> <strong>reperto</strong> è identificato con un numero d’inventario defin<strong>it</strong>ivo, riportato sul<br />

pezzo e sul registro ufficiale dell’inventario.<br />

Questa operazione risponde ad una esigenza patrimoniale e di tutela, oltre che ad un fine<br />

scientifico.<br />

Secondo <strong>il</strong> R. D. n. 1917, del 28/8/1927, ogni Museo od Ist<strong>it</strong>uto governativo deve tenere un<br />

registro cronologico generale di entrata delle cose destinate a far parte delle raccolte, ciascuna dotata<br />

di una sommaria descrizione, con notizie di provenienza (art. 2) (Dia 42). Non si dovrà mai mutare od<br />

alterare la numerazione progressiva originaria, salvo speciale autorizzazione ministeriale (art. 14).<br />

Documentazione<br />

Fotografia e disegno sono strumenti indispensab<strong>il</strong>i per le successive operazioni di catalogazione<br />

e studio dell’oggetto. La fotografia dei reperti archeologici, con opportuni accorgimenti tecnici, deve<br />

far risaltare esclusivamente forma e decorazione dell’oggetto, fornendo un aiuto importantissimo anche<br />

ai fini delle operazioni di tutela (Dia 43).<br />

Il Gabinetto Fotografico della Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana ha oggi a<br />

disposizione un numero di circa 130.000 negativi, in continuo aumento.


18<br />

Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />

Il disegno ha essenzialmente lo scopo di sintetizzare visib<strong>il</strong>mente i dati formali. Indispensab<strong>il</strong>e<br />

risulta per la classificazione di determinate categorie di materiali, quali ceramica, secondo metodologie<br />

normative unificate, o per decorazioni di diffic<strong>il</strong>e lettura fotografica.<br />

Catalogazione<br />

Il <strong>reperto</strong>, descr<strong>it</strong>to e corredato di tutti i dati, è oggetto di un processo di schedatura scientifica per<br />

una definizione cronologica, tipologica e st<strong>il</strong>istica (Dia 44). Le schede, così comp<strong>il</strong>ate, sono inviate<br />

all’Ist<strong>it</strong>uto Centrale per <strong>il</strong> Catalogo e la Documentazione a Roma, per poter poi essere inser<strong>it</strong>e in<br />

elaboratori elettronici. Nella nuova strategia della catalogazione che si va delineando è adottata<br />

un’unica scheda, su tutto <strong>il</strong> terr<strong>it</strong>orio nazionale, per la catalogazione dei reperti archeologici (“RA”).<br />

Tali schede dispongono di elenchi terminologici che permettono di ottenere una maggiore uniform<strong>it</strong>à<br />

ed un maggiore rigore scientifico nel lavoro di schedatura, rendendo così meno ampio <strong>il</strong> campo delle<br />

variab<strong>il</strong><strong>it</strong>à e dell’approssimazione.<br />

Studio<br />

Essenziale è lo studio del <strong>reperto</strong>, che viene indagato in tutte le sue componenti: materia, forma,<br />

decorazione, per una valutazione storica e storico-artistica. Ove ci si trovi di fronte ad una rappresentazione<br />

figurata si procede anche ad una esegesi iconografica e m<strong>it</strong>ografica. Dopo l’analisi dei singoli<br />

oggetti ed <strong>il</strong> loro inquadramento, l’archeologo studia <strong>il</strong> r<strong>it</strong>rovamento nel suo insieme con i dati offerti<br />

anche dagli elementi presi in considerazione dagli studiosi di altre discipline, per giungere ad una<br />

valutazione storica. Lo studio di qualsiasi scoperta, infatti, anche della più modesta, può portare un<br />

contributo alla conoscenza delle strutture economiche, sociali, pol<strong>it</strong>iche e culturali, in una parola, della<br />

storia del terr<strong>it</strong>orio indagato. L’archeologia, infatti, spesso integra e colma le lacune della tradizione<br />

storica. Questo vale soprattutto per quelle civ<strong>il</strong>tà e per quegli aspetti del mondo antico e per quei popoli<br />

(per esempio gli Etruschi) che, per mancanza di una omogenea trama di tradizioni storiografiche,<br />

rimarrebbero per noi, così come per la maggior parte degli stessi autori antichi, praticamente<br />

sconosciuti.<br />

Pubblicazione<br />

Momento finale di questo processo di completa ut<strong>il</strong>izzazione dei dati desunti <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> è la<br />

pubblicazione, curata dall’archeologo che ha esegu<strong>it</strong>o lo <strong>scavo</strong> nelle riviste scientifiche specializzate,<br />

prima fra tutte «Notizie degli Scavi di Antich<strong>it</strong>à», ed<strong>it</strong>a a cura dell’Accademia Nazionale dei Lincei (Dia<br />

45).<br />

Esposizione<br />

Al momento di esporre in un museo un <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong> si devono tenere presenti,<br />

fondamentalmente, due problematiche di carattere conservativo. La prima è quella relativa all’<strong>il</strong>luminazione,<br />

in quanto gli oggetti composti da materiali organici (legno, cuoio, ecc.) sono più o meno<br />

sensib<strong>il</strong>i alla luce; in questo caso, sarebbe necessario apporre particolari f<strong>il</strong>tri alle finestre del museo<br />

oppure sulla vetrina che osp<strong>it</strong>a i reperti fotosensib<strong>il</strong>i, onde eliminare la maggiore quant<strong>it</strong>à possib<strong>il</strong>e di<br />

radiazioni.<br />

La seconda problematica concerne invece l’umid<strong>it</strong>à, che è più o meno nociva per tutti i reperti,<br />

sia organici che inorganici (primi fra tutti i metalli). Occorre, quindi, mantenere costante <strong>il</strong> tasso di


Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 19<br />

umid<strong>it</strong>à all’interno delle sale museali e ad un livello accettab<strong>il</strong>e a seconda dei materiali che in esse si<br />

conservano.<br />

Un aspetto particolarmente importante circa l’esposizione dei reperti archeologici è la loro<br />

fruib<strong>il</strong><strong>it</strong>à da parte del pubblico vis<strong>it</strong>atore, quindi <strong>il</strong> modo in cui a quest’ultimo essi vengono presentati.<br />

In primo luogo, non sarà possib<strong>il</strong>e esporre tutti gli oggetti rinvenuti in uno <strong>scavo</strong>, quindi si dovrà operare<br />

una scelta tra quelli che troveranno la loro collocazione nelle vetrine del museo e quelli che, invece,<br />

verranno depos<strong>it</strong>ati nei magazzini. Trattandosi, nella maggior parte dei casi, di oggetti frammentari, e<br />

perciò di per sé spesso non fac<strong>il</strong>mente comprensib<strong>il</strong>i per i “non addetti ai lavori”, la loro esposizione<br />

dovrà essere inoltre organizzata in modo tale da ricreare nel modo più esaustivo possib<strong>il</strong>e <strong>il</strong> contesto<br />

storico-<strong>archeologico</strong> di appartenenza. In altre parole, i materiali saranno disposti e ripart<strong>it</strong>i in sezioni<br />

espos<strong>it</strong>ive diverse, ognuna delle quali avrà un proprio apparato di documentazione didattica (ciclost<strong>il</strong>ati,<br />

pannelli, audiovisivi, ecc.) atto ad inquadrare i reperti nel loro contesto di rinvenimento o in una<br />

particolare problematica storica.<br />

Anche per questo motivo, è avvert<strong>it</strong>a attualmente la necess<strong>it</strong>à di cambiare radicalmente la pol<strong>it</strong>ica<br />

museale, che ha portato in passato alla cost<strong>it</strong>uzione dei grandi musei, che raccolgono i materiali<br />

provenienti dalle più svariate zone.<br />

Oggi si tende infatti ad ancorare ad una precisa realtà terr<strong>it</strong>oriale gli oggetti esposti, prendendo<br />

come un<strong>it</strong>à base un comprensorio omogeneo dal punto di vista storico-culturale, ev<strong>it</strong>ando d’altro lato<br />

un frazionamento dettato da un’ottica meramente municipalistica. Si pone quindi <strong>il</strong> problema di<br />

instaurare un nuovo rapporto dialettico tra <strong>il</strong> Museo Centrale ed i Musei di Comprensorio. Il Museo<br />

principale dovrà fornire un quadro organico delle culture che si sono sv<strong>il</strong>uppate in un dato terr<strong>it</strong>orio,<br />

offrendo, con la possib<strong>il</strong><strong>it</strong>à di confronti, una insost<strong>it</strong>uib<strong>il</strong>e visione d’insieme, mentre ai musei<br />

comprensoriali sarà dato <strong>il</strong> comp<strong>it</strong>o di valorizzare i reperti provenienti dal loro terr<strong>it</strong>orio (Dia 46).<br />

Legislazione<br />

Ciascuna delle fasi di intervento cui è sottoposto <strong>il</strong> <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong> nel corso del suo <strong>it</strong>er, vista<br />

dal momento della sua scoperta a quello dell’esposizione, è regolata da una serie di precise norme<br />

legislative. Queste erano espresse nella Legge del 1 giugno 1939, n. 1089 (Dia 47) e nelle sue successive<br />

modifiche, che hanno trovato una recente sintesi nel Testo Unico (D.Lgs. 490) entrato in vigore dal<br />

29 ottobre 1999 (a suo tempo previsto dalla L.352/'97)<br />

Sul r<strong>it</strong>rovamento<br />

In caso di r<strong>it</strong>rovamento fortu<strong>it</strong>o, lo scopr<strong>it</strong>ore deve farne immediata denuncia al Soprintendente<br />

o al Sindaco (art.87, D.Lgs. 490 del 29/10/1999), nonché richiedere l'eventuale intervento della forza<br />

pubblica ai fini della sicurezza. Il Soprintendente provvederà a far vis<strong>it</strong>are i reperti entro trenta giorni<br />

dalla scoperta (Dia 49). I reperti appartengono allo Stato, che corrisponde in premio allo scopr<strong>it</strong>ore e<br />

al proprietario del terreno in cui avviene la scoperta, un quarto al massimo del valore del <strong>reperto</strong>; <strong>il</strong><br />

premio può essere corrisposto in denaro o mediante <strong>il</strong> r<strong>il</strong>ascio di parte delle cose r<strong>it</strong>rovate (artt. 88-89,<br />

D.Lgs. 490). Lo scopr<strong>it</strong>ore deve occuparsi della conservazione temporanea dei reperti, lasciandoli nello<br />

stato in cui li ha trovati, o provvedendo a spostarli nel caso ne sia davvero in pericolo la salvaguardia;<br />

in questo caso, eventuali spese gli saranno rimborsate dal Ministero per i Beni e le Attiv<strong>it</strong>à Culturali<br />

(art. 87, D.Lgs.490).<br />

Sanzioni<br />

Ai sensi dell'art. 124, punto b), chiunque, essendovi tenuto, non denuncia nel termine prescr<strong>it</strong>to<br />

di 24h <strong>il</strong> r<strong>it</strong>rovamento o non provvede alla conservazione temporanea del "bene", è pun<strong>it</strong>o con l'arresto


20<br />

Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />

fino ad 1 anno e ammenda da £ 600.000 a £ 6.000.000. Ai sensi dell'art. 131, inoltre, qualora dalla<br />

violazione degli obblighi di conservazione derivi un danno al "bene culturale" è fatto obbligo al<br />

responsab<strong>il</strong>e di provvedere, a sue spese, alle opere necessarie per la reintegrazione. In presenza di una<br />

sua inottemperanza, gli interventi sono esegu<strong>it</strong>i d'ufficio a spese dell'obbligato.<br />

Nel caso che <strong>il</strong> danneggiamento sia tale da determinare la perd<strong>it</strong>a del bene, <strong>il</strong> responsab<strong>il</strong>e è tenuto<br />

a corrispondere allo Stato <strong>il</strong> valore del "bene" perduto.<br />

Chiunque si impossessi dei reperti rinvenuti, infine, è pun<strong>it</strong>o ai sensi dell'art. 125 T.U. con la<br />

reclusione sino a tre anni e la multa da £ 60.000 a £ 1.000.000.<br />

Spedizione ed esportazione<br />

L'intera materia legata alla circolazione dei beni culturali è stata ridisciplinata con L. 30/03/1998<br />

n.88, in conform<strong>it</strong>à con i principi individuati dalla normativa europea.<br />

Il testo, recep<strong>it</strong>o nel D. Lgs. 490/99, si articola in tre sezioni dirette a considerare la circolazione<br />

in amb<strong>it</strong>o comun<strong>it</strong>ario (artt. 65-70), l'esportazione verso paesi extracomun<strong>it</strong>ari (artt. 71-72), ed infine,<br />

la rest<strong>it</strong>uzione dei beni <strong>il</strong>lec<strong>it</strong>amente usc<strong>it</strong>i dal terr<strong>it</strong>orio di uno stato membro (artt. 73-84).<br />

Su tutte le c<strong>it</strong>ate disposizioni, vale <strong>il</strong> principio sanc<strong>it</strong>o dal comma 1) art. 65 che vieta "se cost<strong>it</strong>uisce<br />

danno per <strong>il</strong> patrimonio storico e culturale nazionale", l'usc<strong>it</strong>a dal terr<strong>it</strong>orio della Repubblica dei beni<br />

indicati all'art. 2 e di quelli indicati all'art. 3, comma 1, lett. d) ed f). Il giudizio tecnico sull'usc<strong>it</strong>a del<br />

bene è pronunciato dal Ministero per i Beni e le Attiv<strong>it</strong>à Culturali e riportato in un attestato di libera<br />

circolazione. L'art. 66 ne disciplina in modo puntuale <strong>il</strong> procedimento.<br />

Per tali beni, l'art. 69 del T.U. in oggetto, contempla inoltre la possib<strong>il</strong><strong>it</strong>à di una usc<strong>it</strong>a temporanea<br />

per manifestazioni, mostre o esposizioni d'arte di alto interesse culturale, sempre che ne siano garant<strong>it</strong>e<br />

l'integr<strong>it</strong>à e la sicurezza.<br />

L'art. 72 D.Lgs. 490/99 regola, invece, l'esportazione dei beni culturali, vale a dire la loro usc<strong>it</strong>a<br />

dai confini dell'U.E.; in tali casi <strong>il</strong> giudizio tecnico espresso dagli Uffici Esportazione del M.B.A.C.<br />

troverà espressione, oltre che nell'attestato di libera circolazione, anche nella "licenza di esportazione<br />

prevista dall'art. 2 dei Regolamenti CE", la cui valid<strong>it</strong>à è lim<strong>it</strong>ata a 6 mesi.<br />

Sanzioni<br />

Ai sensi dell'art. 123, chiunque, in violazione delle norme su c<strong>it</strong>ate, trasferisce all'estero i beni<br />

culturali di cui agli artt. 2 e 3 T.U. senza attestato di libera circolazione o licenza di esportazione, è pun<strong>it</strong>o<br />

con l'arresto da 1 a 4 anni e con la multa da £ 500.000 a £ 10.000.000.<br />

I beni, oggetto di usc<strong>it</strong>e <strong>il</strong>lec<strong>it</strong>e, sono soggetti a confisca secondo le norme della legge doganale<br />

sul contrabbando.<br />

Esproprio<br />

Il Ministero per i Beni e le Attiv<strong>it</strong>à Culturali può provvedere, con decreto (art. 94, D.Lgs. 490),<br />

all’esproprio di cose e reperti per ragioni di pubblica ut<strong>il</strong><strong>it</strong>à, quando l’esproprio risponda a importante<br />

interesse per la conservazione e l’incremento del patrimonio nazionale (artt. 91-92, D.Lgs. 490);<br />

l’esproprio può avvenire anche per consentire scavi (art. 93, D.Lgs 490). La procedura è oggi<br />

regolamentata dagli artt. 95 - 96 T.U. D.Lgs 490/'99.<br />

"Dichiarazione di interesse" (o vincolo)<br />

La circolare n. 211 dell’11/7/1963 del Ministero della Pubblica Istruzione si preoccupava di<br />

assicurare la completa aderenza alla Legge n. 1089 dei cr<strong>it</strong>eri cui devono uniformarsi gli uffici<br />

competenti nell’azione di tutela del patrimonio <strong>archeologico</strong> (Dia 52). In particolare, la circolare n. 211


Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 21<br />

chiariva che i “vincoli diretti” (emanati ai sensi degli articoli 1-3 della ‘1089’) vanno giustificati con<br />

i requis<strong>it</strong>i intrinseci della cosa, che se immob<strong>il</strong>e andrà soggetta a vincolo diretto solo se vi sia certa<br />

l’esistenza di resti antichi.<br />

I vincoli “indiretti” (emanati ai sensi dell’articolo 21 della ‘1089’) determinavano invece le “zone<br />

di rispetto” intorno ad un monumento, e andavano invece giustificati con concrete esigenze di<br />

salvaguardia della cosa.<br />

I cr<strong>it</strong>eri di vincolo sono ulteriormente specificati dalla circolare n. 107 del 24/04/1974 del<br />

Ministero della Pubblica Istruzione. In particolare, <strong>il</strong> vincolo indiretto viene considerato atto a tutelare<br />

immob<strong>il</strong>i che si trovino presso monumenti già vincolati (parte III, comma 1.b); si estende inoltre <strong>il</strong><br />

vincolo diretto a r<strong>it</strong>rovamenti fortu<strong>it</strong>i (III, 2); in certi casi, si consiglia la temporanea adozione di ambo<br />

i vincoli (III, 1.c); e, pur indicando cautela (ibid.), si esorta a un’interpretazione estensiva della Legge<br />

(I, 1).<br />

Il Testo Unico (D.Lgs. 490) chiarisce nell'art.2 quello che è <strong>il</strong> patrimonio storico, artistico, demoetno-antropologico,<br />

<strong>archeologico</strong>, archivistico, librario; in base a questo e agli artt. 3-4, si esprimono<br />

le cosiddette "dichiarazioni di interesse" (che sost<strong>it</strong>uiscono <strong>il</strong> 'vincolo') che si eseguono nei modi e nei<br />

tempi dati agli artt. 5-6-7-8 della legge stessa.<br />

Si dettano inoltre le norme per la catalogazione delle cose vincolate (Parte IV), secondo la circolare n.<br />

297 del 16/10/1972, per la quale si rimanda alla legislazione relativa a ‘Documentazione e Catalogazione’<br />

(vedi infra).<br />

Sullo <strong>scavo</strong><br />

Il Ministero per i Beni e le Attiv<strong>it</strong>à Culturali può eseguire ricerche archeologiche in tutto <strong>il</strong><br />

terr<strong>it</strong>orio della Repubblica (art. 85, D.Lgs. n. 490). A tale scopo, <strong>il</strong> Ministero può ordinare l’occupazione<br />

del bene immob<strong>il</strong>e in cui si svolgeranno i lavori indennizzando <strong>il</strong> proprietario (art. 85 comma 3). Il<br />

Soprintendente competente per terr<strong>it</strong>orio e materia, avrà la responsab<strong>il</strong><strong>it</strong>à del buon andamento degli<br />

scavi, dell’inventariamento dei reperti e della loro catalogazione, conservazione ed eventuale pubblicazione<br />

(art. 84, R. D. n. 363).<br />

Il Ministero per i B. e le A.C. può concedere, su loro richiesta, a enti o privati di fare ricerche<br />

archeologiche su immob<strong>il</strong>i loro o altrui (art. 86, D.Lgs. 490): in ambo i casi, i reperti appartengono allo<br />

stato (art. 88, D.Lgs. 490), che corrisponde al concessionario e al proprietario rispettivamente un quarto<br />

al massimo del valore dei reperti, in denaro (art. 89, D.Lgs. 490); al proprietario spetta invece al<br />

massimo metà del valore dei reperti, qualora esegua egli stesso i lavori (art. 89), fatto ormai rarissimo.<br />

L’eventuale concessionario dello <strong>scavo</strong> deve osservare, oltre alle norme imposte nell’atto di<br />

concessione, tutte le altre che l’Amministrazione r<strong>it</strong>enga di prescrivere, pena la revoca della concessione,<br />

che potrà essere altresì tolta quando <strong>il</strong> M. B.A.C. intenda sost<strong>it</strong>uirsi nel proseguimento degli scavi<br />

(art. 86, D.Lgs. 490). I concessionari privati dovranno permettere la sorveglianza governativa e l’uso<br />

scientifico dei reperti (art. 104, R. D. 363).<br />

Numerose risultano le sanzioni comminate a chi trasgredisca le norme del D.Lgs. 490: in<br />

propos<strong>it</strong>o, si veda qui, capo VII (in particolare artt. 119 - 126) che riassume le Leggi n. 44 del 1/3/1975<br />

(con successive modifiche ex lege n. 689 del 24/11/1981) e n. 706 del 24/12/1975. Chiunque danneggi,<br />

rimuova o modifichi senza autorizzazione cose pubbliche o private è punib<strong>il</strong>e con l’arresto e con<br />

ammenda (artt. 120-121-122, D.Lgs. 490): chi si impossessi di reperti è punib<strong>il</strong>e ai sensi degli artt. 624<br />

o 625 del Codice Penale (art. 125, D.L. 490). Per quanto riguarda l’esproprio di cose o reperti, si veda<br />

la legislazione relativa all’individuazione.


22<br />

Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />

Sul restauro<br />

Le norme per la conservazione, l’integr<strong>it</strong>à e la sicurezza delle cose d’interesse artistico-storico<br />

sono indicate dal II capo del Testo Unico (artt. 21 - 33, sezione I), che vieta in particolare l’esecuzione<br />

di lavori senza autorizzazione ministeriale. Il Ministero per i Beni e le Attiv<strong>it</strong>à Culturali può inoltre<br />

imporre al proprietario possessore o detentore l'esecuzione delle opere necessarie per la salvaguardia<br />

del bene o, qualora questi non vi provvedano, eseguire direttamente le opere; in tal caso, essi dovranno<br />

rimborsare lo Stato (art. 44).<br />

La Legge n. 1552 del 21/12/1961 rese più sped<strong>it</strong>o l’intervento del Ministero per restauri minori,<br />

fino a 20 m<strong>il</strong>lioni di lire (art. 1), e per opere di cui si ponga urgentemente <strong>il</strong> problema della conservazione<br />

(art. 4); inoltre, lo Stato si assunse in tutto o in parte la spesa per <strong>il</strong> ripristino di opere di particolare<br />

interesse (art. 3). Il Testo Unico (D.Lgs. 490) richiama <strong>il</strong> tutto all'art. 44.<br />

Infine, <strong>il</strong> Ministero della Pubblica Istruzione emanò le circolari n. 12270 del 15/12/1969 e n. 117<br />

del 6/4/1972 (detta “Carta del Restauro 1972” Dia 54), con l’intento di pervenire a cr<strong>it</strong>eri uniformi nel<br />

campo della conservazione del patrimonio artistico. In particolare, la “Carta del Restauro 1972”, divisa<br />

in quattro sezioni, ne riserva la prima alla “salvaguardia ed <strong>il</strong> restauro delle antich<strong>it</strong>à”. Il documento è<br />

stato modificato e rinnovato nel 1987, ad opera del CNR; quest’ultimo ha apportato una “Carta del<br />

Restauro 1987”, suddivisa in sei allegati, di cui <strong>il</strong> terzo si riferisce “alla salvaguardia del sottosuolo<br />

<strong>archeologico</strong> e alla conservazione e al restauro dei reperti”.<br />

Opera a Roma l’Ist<strong>it</strong>uto Centrale per <strong>il</strong> Restauro, creato con la Legge n. 1240 del 2/7/1939, allo<br />

scopo di provvedere al restauro delle opere, di perfezionarne i metodi, di impartirne l’insegnamento<br />

(con corsi triennali, integrati da un anno di perfezionamento, vedi D.P.R. n. 1517 del 16/9/1955), e di<br />

studiare i mezzi tecnici atti a una migliore conservazione delle opere.<br />

Le altre due scuole di alta formazione e di studio operano presso l'Opificio delle pietre dure di<br />

Firenze e l'Ist<strong>it</strong>uto centrale per la patologia del libro (art.9 D.Lgs n.368, 20.10.98).<br />

Sulla catalogazione<br />

Il Ministero della Pubblica Istruzione emanò un prontuario (‘Norme per la redazione delle schede<br />

di catalogo’, c<strong>it</strong>ato dalla Circolare n. 297 del 16/10/1972) e provvide a consegnarlo ai funzionari addetti<br />

alla catalogazione ai sensi del R. D. n. 1889. In tale Prontuario sono esposti i cr<strong>it</strong>eri per la redazione di<br />

schede relative, ad esempio, alle Opere d’arte (‘schede OA’), ai disegni (‘schede D’), ai S<strong>it</strong>i<br />

Archeologici (‘schede SI’), ai Complessi Archeologici (‘schede CA’), ai Monumenti Archeologici<br />

(‘schede MA’), ai Reperti Archeologici (‘schede RA’). Tali modelli di scheda sono anche concep<strong>it</strong>i per<br />

essere ridotti in codice per elaboratore elettronico, e come tali vanno forn<strong>it</strong>i di un numero di catalogo<br />

generale nazionale, e riemp<strong>it</strong>i con la massima osservanza delle norme indicate.<br />

Le schede e le relative copie (tre o quattro), una volta comp<strong>il</strong>ate, vanno firmate dal comp<strong>il</strong>atore,<br />

dal possessore del <strong>reperto</strong> (se privato) e dal Soprintendente o dal Funzionario addetto (comma 1.b, d del<br />

Prontuario) (Dia 44). L’originale viene conservato nell’Archivio Catalogo della Soprintendenza,<br />

collocato in ordine topografico (comma 1.e); una copia della scheda, con foto 18x24 o 13x18, va inviata<br />

al Centro Regionale Microf<strong>il</strong>matura (comma 1.e), che la microf<strong>il</strong>ma in scheda “Camera Card” (comma<br />

2). Con vari processi (commi 3-7) si pone in grado <strong>il</strong> Centro Elaborazione Dati di trasmettere via<br />

elaboratore tutte le informazioni richiestegli dalle Soprintendenze (comma 7); queste ultime, d’altra<br />

parte, conservano nell’appos<strong>it</strong>o schedario una copia delle defin<strong>it</strong>ive schede microf<strong>il</strong>mate (del tipo<br />

“Duplicacard”; comma 6).<br />

Sulla pubblicazione<br />

Il R.D. 363 del 30/1/1913 prevede che, fin<strong>it</strong>o lo <strong>scavo</strong> e nei casi di maggiore importanza, <strong>il</strong><br />

Soprintendente invii al Ministero una relazione sui risultati scientifici ottenuti. La relazione sarà


Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 23<br />

sottoposta all’esame del Com<strong>it</strong>ato per la pubblicazione delle ‘Notizie degli Scavi’, che esprimerà un<br />

parere sulla convenienza di pubblicarla (art. 83) (Dia 45). L’uso scientifico del <strong>reperto</strong> è previsto anche<br />

in caso di scavi ad opera di privati (art. 104).<br />

Sull’esposizione<br />

Le mostre ed esposizioni sono disciplinate dalla Legge n. 328 del 2/4/1950, quando si tratti di<br />

mostre su cose tutelate del D.Lgs. n. 490 del 29/10/1999 (art. 1-2) (Dia 46).<br />

Mostre sul terr<strong>it</strong>orio <strong>it</strong>aliano devono essere autorizzate dal Ministero, che può richiedere eventuali<br />

prest<strong>it</strong>i di reperti relativi, da parte di Enti o Ist<strong>it</strong>uti riconosciuti (art. 102 D.Lgs. 490).<br />

GLOSSARIO<br />

Alcaline, soluzioni - Soluzioni di idrossidi alcalini (viene usato principalmente l'idrossido di Sodio) o di sali di<br />

acidi deboli.<br />

Asklepiêion - Santuario dedicato ad Asclepio, dio della medicina, la cui area centrale era, in genere, cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a<br />

da un pozzo o da una fonte, circondati da un bosco sacro. Fra i più noti erano quelli di Atene, Epidauro e Coo.<br />

Carbonio radioattivo, o radiocarbonio - Isotopo radioattivo del carbonio, di peso atomico 14. Decade in<br />

carbonio di peso atomico 12, non più radioattivo e quindi stab<strong>il</strong>e, con un tempo di dimezzamento di 5730 anni,.<br />

Cimóne - (515 ca. - 449 a.C. ca.) - Figlio di M<strong>il</strong>ziade, <strong>il</strong> vinc<strong>it</strong>ore di Maratona, capeggiò ad Atene <strong>il</strong> part<strong>it</strong>o<br />

conservatore, opponendosi alle tendenze democratiche di Temistocle. Ostracizzato nel 461 a.C., fu poi<br />

richiamato in patria ed ebbe l’incarico di sottomettere Cipro, dove morì durante l’assedio di Cizico.<br />

Cleruco - Colono greco che, pur risiedendo in una colonia (cleruchìa), manteneva la c<strong>it</strong>tadinanza della<br />

madrepatria.<br />

Corinzia, ceramica - Produzione vascolare dipinta di Corinto, caratterizzata dal colore pallido dell’arg<strong>il</strong>la,<br />

presente nelle regioni occidentali del Med<strong>it</strong>erraneo dalla seconda metà dell’VIII alla seconda del VI secolo a.C.<br />

E’ suddivisa in protocorinzia (seconda metà VIII-630 a.C. ca.), transizionale (630-625 a.C. ca.) e corinzia (625-<br />

550/40 a.C. ca.).<br />

Delfi (Delphoi) - Antica c<strong>it</strong>tà greca, posta sul versante meridionale del monte Parnaso, nella Focide, famosa per<br />

<strong>il</strong> suo oracolo e per <strong>il</strong> suo santuario, frequentato da pellegrini provenienti da tutto <strong>il</strong> mondo greco ma anche da<br />

paesi stranieri.<br />

Delo (Delos) - Isola greca dell’Egeo, nelle Cicladi settentrionali. Secondo <strong>il</strong> m<strong>it</strong>o, l’isola era galleggiante sul mare<br />

finché Zeus la bloccò per consentire a Latona di partorirvi Apollo e Artemide.<br />

Diodòro Siculo - Storico greco, nato ad Agirio, in Sic<strong>il</strong>ia, intorno al 90 a.C. Compose un’importante opera<br />

antologica, la Bibliotheca, in 40 libri. Vi erano narrati eventi storici e aneddoti dalle origini del mondo greco<br />

all’epoca di Giulio Cesare.<br />

Efebìa - Stato sociale degli adolescenti ateniesi, che, raggiunti i diciotto anni di età, venivano sottoposti ad un<br />

esame (docimasia) da parte dell’assemblea del demo di appartenenza, prima di essere iscr<strong>it</strong>ti nelle liste<br />

anagrafiche.<br />

Elettric<strong>it</strong>à - Fenomeno fisico che comporta lo spostamento di cariche elettriche nella materia. la sua presenza<br />

può variare l'energia termica, chimica e luminosa della materia.<br />

Ellàdico - Termine che indica l’età del bronzo della Grecia continentale, equivalente al Cicladico nelle isole egee<br />

e al Minoico cretese. E’ suddiviso in antico, medio e tardo, quest’ultimo chiamato anche Miceneo.<br />

Epossìdiche, resine - Resine contenenti gruppi epossidici, cioè gruppi contenenti un atomo di ossigeno in una<br />

struttura a ponte.<br />

Erettèo - Edificio destinato a contenere oggetti sacri e a coprire aree di culto, posto sul lato settentrionale<br />

dell’Acropoli di Atene. Così chiamato dal nome del leggendario re ateniese Eretteo, è caratterizzato dalla loggia<br />

delle Cariatidi, sul suo lato meridionale.<br />

Eròdoto - (484-413 a.C.) - Storico greco, nato ad Alicarnasso, autore di Storie in 9 libri, dalla storia della Lidia


24<br />

Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />

e della formazione dell’impero persiano alla presa di Sesto (478 a.C.).<br />

Eusèbio di Cesarea - (265-circa 340 d.C.) - Ecclesiastico ed erud<strong>it</strong>o cristiano, vescovo di Cesarea in Palestina,<br />

è autore, fra l’altro, di numerosi scr<strong>it</strong>ti storici in lingua greca: la Storia ecclesiastica, in 10 libri; <strong>il</strong> Chronikon,<br />

in 2 libri; la V<strong>it</strong>a di Costantino.<br />

Fluorescenza - Fenomeno fisico consistente nell’emissione di luce, da parte di alcuni corpi solidi, liquidi o<br />

gassosi, colp<strong>it</strong>i da radiazioni elettromagnetiche (luce, raggi ultravioletti, raggi X, ecc.). Il fenomeno cessa con<br />

<strong>il</strong> cessare della sollec<strong>it</strong>azione esterna.<br />

Fosfati - Sali dell’acido fosforico, reperib<strong>il</strong>i in tutti gli organismi viventi.<br />

Ist<strong>it</strong>uto geografico m<strong>il</strong><strong>it</strong>are (IGM) - Nato a Torino nel 1861 e trasfer<strong>it</strong>o a Firenze nel 1865, l’Ist<strong>it</strong>uto ha <strong>il</strong><br />

comp<strong>it</strong>o, tra l’altro, di controllare la cartografia nazionale e pubblica le carte topografiche m<strong>il</strong><strong>it</strong>ari.<br />

Magnetismo - Proprietà fisica di alcuni corpi (compresa la Terra) in grado di creare campi magnetici, cioè campi<br />

di forza che eserc<strong>it</strong>ano attrazione su determinate sostanze dette paramagnetiche.<br />

Minòico - Termine indicante l’età del bronzo di Creta, derivante dal nome del leggendario re Minosse. E’<br />

suddiviso in antico, medio e tardo.<br />

Panatenaiche, anfore - Anfore contenenti olio cost<strong>it</strong>uenti <strong>il</strong> premio per i vinc<strong>it</strong>ori delle gare ginniche disputate<br />

durante le Panatenee.<br />

Panatenèe - Feste celebrate ad Atene, in onore di Atena Poliade, nel luglio e agosto di ogni anno. Ogni quattro<br />

anni erano sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>e dalle Grandi Panatenee, alle quali assistevano spettatori provenienti da tutto <strong>il</strong> mondo greco.<br />

Dopo i consueti sacrifici, si svolgevano concorsi musicali e ginnici.<br />

Pisìstrato - (ca. 600-528/27 a.C.) - Tiranno di Atene, autore di riforme agrarie e monetarie e promotore di grandi<br />

lavori pubblici. Durante <strong>il</strong> suo governo, le grandi feste delle Panatenee e delle Dionisie assunsero una dimensione<br />

internazionale, panellenica.<br />

Polivin<strong>il</strong>ici, collanti - Sostanze colloidi dotate di buona resistenza agli acidi e al calore.<br />

Resistiv<strong>it</strong>à - Resistenza di un conduttore alla circolazione della corrente elettrica in un circu<strong>it</strong>o in cui è inser<strong>it</strong>a<br />

una forza elettromotrice continua.<br />

Sabbiatrice - Macchina mediante la quale è possib<strong>il</strong>e conferire alla sabbia l’energia cinetica necessaria per<br />

compiere l’azione abrasiva di pul<strong>it</strong>ura di oggetti metallici.<br />

Seriazione - Organizzazione di una o più classi di oggetti in una sequenza, sulla base delle loro caratteristiche<br />

fisiche.<br />

Sifni - Antichi ab<strong>it</strong>anti dell’isola greca di Sifno (Sìphnos), nelle Cicladi.<br />

Strato - Traccia di una azione fisica che è avvenuta su un luogo,quindi sono strati gli accumuli di materiale, ma<br />

anche gli scavi di fosse lo sono.<br />

Tacheòmetro - Strumento usato per la misurazione degli angoli nelle operazioni topografiche.<br />

Temìstocle - (527-460 a.C. ca.) - Pol<strong>it</strong>ico e generale ateniese, nel 480 a.C. sconfisse i Persiani all’Artemisio e<br />

nella battaglia navale di Salamina.<br />

Teodolìte - Strumento usato per la misurazione degli angoli nelle operazioni topografiche. Si differenzia dal<br />

tacheometro per la maggiore precisione.<br />

Thesauròs - Edificio costru<strong>it</strong>o all’interno dei santuari panellenici, nel quale ciascuna c<strong>it</strong>tà greca custodiva le<br />

offerte preziose della propria comun<strong>it</strong>à e dei propri c<strong>it</strong>tadini.<br />

Tucìdide - (circa 460-inizi IV sec. a.C.) - Storico ateniese e stratego nel 424 a.C., è autore della storia della guerra<br />

del Peloponneso, in 8 libri, dal 431 al 411 a.C. L’opera rimase incompiuta per la morte dell’autore.


Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 25<br />

Appendice<br />

Il volontariato <strong>archeologico</strong> nell'attuale legislazione <strong>it</strong>aliana<br />

Negli ultimi decenni è indubbiamente aumentato l'interesse per l'archeologia. C'è motivo di<br />

sperare che non si tratti di una voga effimera ma che nasca dalla consapevolezza della notevole<br />

importanza rivest<strong>it</strong>a dall'archeologia, che cost<strong>it</strong>uisce forse la principale fra le scienze aus<strong>il</strong>iarie della<br />

ricerca storica.<br />

Sono sorte in questo modo in tutta Italia, numerose associazioni private -a carattere volontario- che<br />

hanno, come fine dichiarato, vari tipi di attiv<strong>it</strong>à (tutela, promozione, studio, archivistica, ricerca)<br />

connessi all'attiv<strong>it</strong>à archeologica. Si tratta di un fenomeno, quello dei gruppi archeologici, estremamente<br />

articolato e complesso, almeno quanto multiformi e complessi risultano le esperienze e gli interessi<br />

rivelati dalle singole associazioni di volontariato <strong>archeologico</strong>.<br />

Va da sé che, nel complesso, la loro attiv<strong>it</strong>à si è rivelata sostanzialmente e ampiamente pos<strong>it</strong>iva. A esse<br />

si devono una sensib<strong>il</strong>izzazione dell'opinione pubblica, numerose segnalazioni indispensab<strong>il</strong>i ecc.<br />

Aspetti negativi si segnalano qua e là, nel caso di eccesso di zelo, coltivato (magari in buona fede)<br />

nell'ottica di un voler surrogare supposte carenze degli Organi ist<strong>it</strong>uzionalmente preposti: in questo<br />

caso, va da sé, l'attiv<strong>it</strong>à del volontariato <strong>archeologico</strong> degenera in attiv<strong>it</strong>à diverse da quelle dichiarate,<br />

attiv<strong>it</strong>à che -specie nel caso di saggi non autorizzati- degradano in flagrante violazione degli articoli di<br />

legge.§<br />

Ovviamente, parte della responsab<strong>il</strong><strong>it</strong>à di ciò dipende dalla mancanza di una specifica legislazione<br />

concernente <strong>il</strong> volontariato <strong>archeologico</strong>. Ciò è dovuto a vari elementi, ma principalmente al fatto che<br />

(almeno finora) è risultato diffic<strong>il</strong>e stab<strong>il</strong>ire norme e lim<strong>it</strong>i validi per tutte le singole associazioni, quali<br />

che fossero i rispettivi livelli di competenza, sensib<strong>il</strong><strong>it</strong>à, interesse, cultura, civismo e scopi.<br />

In Toscana, meno che altrove, si sono dati fenomeni negativi nel corso delle attiv<strong>it</strong>à dei gruppi<br />

archeologici, sia per la generale matur<strong>it</strong>à civica del c<strong>it</strong>tadino, sia per l'attenzione ad essi rivolta -fin<br />

dall'inizio- da parte dei responsab<strong>il</strong>i della Soprintendenza Archeologica, già dagli ultimi tempi in cui<br />

si denominava (era la seconda metà degli scorsi anni Settanta) "alle Antich<strong>it</strong>à d'Etruria".<br />

Proprio perché prosegua tale tipo di fattiva collaborazione, appare opportuno riassumere qui le<br />

norme che, pur non contemplandole direttamente, regolano le attiv<strong>it</strong>à del Volontariato.<br />

Mancando dunque, una legislazione specifica in materia, è giocoforza rifarsi a quella vigente sui Beni<br />

Culturali, riassunta nel Testo Unico 490 del 29 ottobre '99, pubblicato <strong>il</strong> 27 dicembre successivo e<br />

vigente da gennaio 2000. Come è tipico per i "testi unici", esso sost<strong>it</strong>uisce le leggi precedenti -quando<br />

siano venute accumulandosi in troppe- ma le sintetizza senza modificarle. Lo spir<strong>it</strong>o e anche la sostanza<br />

sono rimaste sostanzialmente quelle della Legge "Bottai" del '39 (la famosa 1089) e del R.D.<br />

d'applicazione della precedente Legge del '09, del Decreto cioè del 1913; sono però cambiate alcune<br />

sfumature e, nell'articolo 105 del T.U., è per la prima volta nominato <strong>il</strong> Volontariato sui beni culturali.<br />

Tuttavia, la perdurante mancanza di quest'ultimo nella legislazione tuttora vigente paradossalmente<br />

richiede un rigore ancora maggiore da parte del volontariato: 1) sia da un punto di vista etico, date<br />

le final<strong>it</strong>à del volontariato stesso; 2) sia da un punto di vista pratico, giacché l'associazione rende meno<br />

plausib<strong>il</strong>e l'eventuale ignoranza della legge, mentre <strong>il</strong> possib<strong>il</strong>e reato è reso più grave dal concorso di<br />

più persone. Tutto questo fa diventare necessari una rigida autodisciplina e un reciproco controllo da<br />

parte dei membri di un gruppo.<br />

In caso di dubbio, specie poi nel caso di argomenti non contemplati dalla legge, ci si rivolgerà al<br />

locale soprintendente o al suo delegato (l'ispettore o direttore archeologo). Essi non agiranno d'arb<strong>it</strong>rio


26<br />

Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />

ma, com'è ovvio, cercheranno di applicare la normativa vigente alle s<strong>it</strong>uazioni nuove (mentre<br />

continuano sostanzialmente a mancare, come si è visto, norme appos<strong>it</strong>e sul volontariato dei beni<br />

culturali).<br />

Lo Stato <strong>it</strong>aliano ha da tempo riconosciuto l'opportun<strong>it</strong>à che l'Amministrazione si serva dell'aus<strong>il</strong>io<br />

di privati di comprovati mer<strong>it</strong>i e fiducia: fin dal '23 un Regio Decreto ha riconosiuto la figura<br />

dell'Ispettore Onorario, i cui principi e moduli di comportamento sono poi stati implic<strong>it</strong>amente<br />

delim<strong>it</strong>ati da un D.P.R. del 1972, che individua nel Soprintendente colui che -di volta in volta- ne<br />

determina modal<strong>it</strong>à e proporzioni d'azione.<br />

Venendo tuttavia alle norme giuridiche che, nel presente contesto, restano ancora valide, si<br />

ricorda <strong>il</strong> nuovo art. 85 del T.U. (non si possono fare ricerche archeologiche; ciò negherebbe a ben<br />

vedere la possib<strong>il</strong><strong>it</strong>à di effettuare raccolta di superficie, giacché tale articolo non vieta lo <strong>scavo</strong> ma più<br />

semplicemente, la ricerca). Ne deriva che, ai sensi dell'art. 87, beni in superficie devono essere segnalati<br />

al Soprintendente o all'Arma oppure (nov<strong>it</strong>à non del tutto perspicua, per modi e scopi) al Sindaco; non<br />

vanno raccolti: ogni manomissione potrebbe infatti modificare, più o meno sostanzialmente, la<br />

s<strong>it</strong>uazione esistente e rendere meno significativa la ricerca. Questo è vero, naturalmente, a meno che la<br />

locale soprintendenza (date s<strong>it</strong>uazioni di tutela particolarmente complessa del bene segnalato) non ne<br />

autorizzi lo spostamento, fatto -quest'ultimo- contemplato anch'esso nell'articolo appena c<strong>it</strong>ato (l'87<br />

appunto), al secondo comma. Come si vede, la norma trova in sé le proprie eccezioni, segno che -se<br />

ben inteso alla fonte e ben applicato in arrivo- appare cifra di civ<strong>il</strong>tà piuttosto che di cinica causistica.<br />

Qualora fosse stata concessa l'autorizzazione al prelievo, vanno comunque considerati alcuni<br />

obblighi: 1) redazioni di elenchi completi dei reperti raccolti, elenchi contenenti luogo e data di raccolta<br />

e, se nel caso, fotografie dei reperti via via in questione; 2) richiesta di un regolare atto di depos<strong>it</strong>o dei<br />

beni (provvista di congrue garanzie di sorveglianza e condizioni di sicurezza altrettanto adeguate),<br />

specie se fra le final<strong>it</strong>à dell'associazione richiedente vi fosse lo studio del materiale <strong>archeologico</strong>; 3)<br />

astensione da ogni intervento di restauro dei reperti, a meno che non siano state ottenute un'appos<strong>it</strong>a<br />

autorizzazione contraria dalla locale soprintendenza nonché concrete direttive su come intervenire nel<br />

caso in questione; 4) astensione da ogni intervento di rimozione -e, tanto più, di modifica o<br />

demolizione- di un <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong> (v. artt. 11 e 163-164 del T.U.); ogni azione contraria a ciò<br />

andrà preventivamente autorizzata dalla soprintendenza locale.<br />

Come ormai da tempo accade, <strong>il</strong> gruppo potrà collaborare alle indagini archeologiche, ma<br />

bisognerà -come si sa- che i singoli soci ne vengano preventivamente messi in regola con gli oneri<br />

assicurativi e previdenziali.<br />

Infine giova ripetere che <strong>il</strong> recentissimo T.U. non toglie né aggiunge niente, in materia di<br />

volontariato, alla normativa finora vigente, salvo l'art. 105 che rec<strong>it</strong>a: "Al fine di promuovere e<br />

sv<strong>il</strong>uppare la fruizione..<strong>il</strong> Ministero..può stipulare appos<strong>it</strong>e convenzioni con le associazioni di volontariato<br />

che svolgono attiv<strong>it</strong>à per la salvaguardia e la diffusione della conoscenza dei beni culturali". A dire <strong>il</strong><br />

vero, convenzioni consim<strong>il</strong>i sono state da tempo stipulate, almeno per la salvaguardia di aree<br />

archeologiche demanializzate.


Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 27<br />

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Science in Archaeology, a cura di D. Brothwell e E. Higgs, London 1969<br />

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L. FRÈDÈRIC, Manuale pratico di archeologia, M<strong>il</strong>ano 1970<br />

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Bollettino DIMOS, parte II, mod. 1, 1979


28<br />

DIDASCALIE DELLE DIAPOSITIVE<br />

Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />

1. Zona di r<strong>it</strong>rovamento fortu<strong>it</strong>o durante lavori agricoli (loc. Domo, com. di Bibbiena, AR); estate<br />

1987. Nei campi compaiono frammenti di laterizi e ceramica romani; comunicazione di privato.<br />

2. Ibid. Il saggio esplorativo, effettuato con opera di volontariato (Gruppo Archeologico), ha<br />

r<strong>il</strong>evato una profonda discarica romana di età giulio-claudia, riferib<strong>il</strong>e a insediamento fin<strong>it</strong>imo (da<br />

localizzare).<br />

3. Individuazione fortu<strong>it</strong>a durante sterro stradale (loc. Nebbiaia, com. di Barberino di Mugello,<br />

FI), su comunicazione di privato; autunno 1986. Nuova strada, sost<strong>it</strong>utiva di quella di fondo valle,<br />

destinata ad essere coperta col prossimo riempimento dell’invaso del B<strong>il</strong>ancino.<br />

4-5. Individuazione fortu<strong>it</strong>a durante opere ed<strong>il</strong>izie (loc. Fonte Castellare, com. di Bibbiena, AR);<br />

estate 1987. In occasione della costruzione di annessi a case di ca. 10/15 anni fa è emersa una<br />

tomba medievale, priva di corredo; comunicazione di Gruppo di volontariato.<br />

6. Individuazione fortu<strong>it</strong>a durante lavori di ristrutturazione ed<strong>il</strong>izia (Castel San Niccolò, Strada,<br />

AR). Lavori ristrutturativi alla pavimentazione di una sala -effettuati dal proprietario con l’aiuto<br />

della Soprintendenza (art. 3/L. 1552/’61)- hanno r<strong>il</strong>evato impreviste strutture più antiche.<br />

Comunicazione di privato.<br />

7. Foto aerea, Castello di Roména (com. di Pratovecchio, AR); ottobre ’86. La ricognizione,<br />

organizzata col cortese concorso dei Vig<strong>il</strong>i del Fuoco di Arezzo, insistette molto sulla zona di<br />

Roména, essendo essa oggetto di numerosi rinvenimenti archeologici fortu<strong>it</strong>i nei decenni scorsi.<br />

La diapos<strong>it</strong>iva, tuttavia, non risulta rivelativa di strutture sommerse.<br />

8. Foto aerea, Buiano (com. di Poppi, AR). La foto è stata effettuata nel medesimo volo della<br />

precedente e ha r<strong>il</strong>evato, ben visib<strong>il</strong>i, tracce di strada (al centro) e di struttura anulare aperta ovale<br />

(presso la carrozzab<strong>il</strong>e, quasi al margine del campo). Scavi alla Pieve furono effettuati dalla<br />

S.A.T. nel 1977.<br />

9. Diagramma di resistiv<strong>it</strong>à elettrica (con anomalie corrispondenti a murature sepolte).<br />

10. Preparazione di un cantiere <strong>archeologico</strong>. La zona, individuata, viene preparata per lo <strong>scavo</strong>,<br />

effettuando <strong>il</strong> diserbamento dei quadrati in cui si opererà (Monte di Gianni, com. di Stia, AR,<br />

luglio 1986).<br />

11. Allestimento della quadrettatura (Palazzuolo sul Senio, primavera 1987).<br />

12. Il tacheòmetro (o, più raramente, <strong>il</strong> raffinato teodol<strong>it</strong>e) permettono di calcolare la quota relativa<br />

di qualsiasi livello di <strong>scavo</strong> o di qualsiasi <strong>reperto</strong> che durante la campagna s’intenda ancorare alla<br />

precisa altimetria. Per misurazioni interne al quadrato di <strong>scavo</strong> si possono ovviamente usare<br />

metodi più empirici (e, talvolta, più pratici) quali regoli, f<strong>il</strong>i a piombo, tubi e livelli ad acqua, ecc.<br />

(Stia, loc. c<strong>it</strong>ata).<br />

13. Un quadrato di <strong>scavo</strong> a circa un’ora dall’inizio dello <strong>scavo</strong> (Stia, loc. c<strong>it</strong>ata). I quadrati,<br />

generalmente di 4 m. di lato, vengono per lo più indagati a singoli sottoquadrati di 1 o 2 m 2 per<br />

volta, allargando nel caso la ricerca successivamente ai sottoquadrati -e ai quadrati- fin<strong>it</strong>imi. In<br />

vista di foto, si indicherà <strong>il</strong> nord con una freccia, si porrà un testimone di misurazione e si<br />

collocherà una lavagnetta con su scr<strong>it</strong>to i dati ut<strong>il</strong>i all’individuazione di s<strong>it</strong>o, giorno e quadrato di<br />

scatto.<br />

14. Idem, dopo alcuni giorni di <strong>scavo</strong>. Si opera stratigraficamente, scavando cioè uno strato per<br />

volta.<br />

15. Idem, dopo alcune settimane. Si è già allargata l’indagine ai quadrati fin<strong>it</strong>imi e si sono eliminati<br />

i margini. Al loro posto sono stati stesi f<strong>il</strong>i, che permettono di tener traccia del (sotto-) quadrato<br />

in cui via via si è operato.


Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 29<br />

16. Idem. In alcune fasi dello <strong>scavo</strong> si tolgono anche i f<strong>il</strong>i, specie durante <strong>il</strong> lavoro di sterro, se essi<br />

lo intralciano.<br />

17. Saggio stratigrafico. Nel caso di rapide prospezioni, specie se s’intenda verificare l’opportun<strong>it</strong>à<br />

di un vero intervento di <strong>scavo</strong>, si possono operare saggi localizzati (Masseto, ottobre 1986; in<br />

questo caso fu deciso di effettuare lo <strong>scavo</strong>). Tali saggi, se permettono di appurare la r<strong>il</strong>evanza di<br />

un s<strong>it</strong>o, rischiano -per la loro lim<strong>it</strong>atezza- di fraintenderne la natura e, perfino, di comprometterne<br />

la comprensione generale nel caso di vero e proprio successivo <strong>scavo</strong>.<br />

18. Sarebbe invece opportuno effettuare uno <strong>scavo</strong> <strong>il</strong> più ampio possib<strong>il</strong>e, sfogliando strato per strato<br />

<strong>il</strong> s<strong>it</strong>o in tutta l’estensione dello strato stesso.<br />

19. Masseto. Dopo <strong>il</strong> lim<strong>it</strong>ato saggio dell’autunno 1986 (Dia 17), nel settembre 1987 è stato effettuato<br />

lo <strong>scavo</strong> vero e proprio. Qui lo vediamo dopo la conclusione.<br />

20-21. Fotografia delle sezioni. Si delim<strong>it</strong>a la s<strong>it</strong>uazione stratigrafica di una delle quattro sezioni di un<br />

quadrato di <strong>scavo</strong>, in vista della documentazione fotografica (Masseto, autunno 1986).<br />

22. Disegno dei reperti. Per un’accurata quadrettatura dello strato e/o del singolo <strong>reperto</strong>, specie in<br />

vista del r<strong>il</strong>ievo grafico, è ut<strong>il</strong>e una griglia di 1 m 2 , suddivisa in cento sottoquadrati di 1 dm 2<br />

ciascuno, intorno ai quali si opera con f<strong>il</strong>i a piombo, regoli, ecc. (Masseto, loc. c<strong>it</strong>ata); essa sarà<br />

provvista di gambe mob<strong>il</strong>i e di livelle ad acqua incorporate, per un’esatta collocazione.<br />

23. Scheda (comp<strong>il</strong>ata) di un<strong>it</strong>à stratigrafica, adottata anni fa dal Ministero, sulla falsariga della<br />

tecnica archeologica inglese. Questa, che preferisce una visione sintetica dell’intero strato in un<br />

s<strong>it</strong>o <strong>archeologico</strong> all’analisi particolareggiata del “Giornale di Scavo”, ha portato alla sost<strong>it</strong>uzione<br />

di quest’ultimo con schede sintetiche.<br />

24. Datazione al C14. Va raccolto ogni <strong>reperto</strong>, anche organico. Il carbone, in particolare, (spesso<br />

frequente negli scavi, per antichi incendi o combustioni) si presenta ut<strong>il</strong>e per la datazione, giacché<br />

in esso la quant<strong>it</strong>à di radiocarbonio va lentamente diminuendo secondo tempi fissi, conoscendo<br />

i quali si può calcolare con buona approssimazione l’età dello strato in cui è stato raccolto<br />

(Masseto, com. di Pratovecchio, AR, settembre 1987).<br />

25-26. La ceramica riveste particolare importanza ai fini della datazione archeologica, mutando spesso<br />

di st<strong>il</strong>e e resistendo relativamente bene al deterioramento in strato. Vaso protocorinzio (725-640<br />

a.C.) e kylix attica (V sec. a.C.) al Museo Archeologico di Firenze.<br />

27. Le monete hanno anch’esse notevole importanza nella datazione degli strati archeologici, perché<br />

spesso coniate in anni precisi (e deducib<strong>il</strong>i).<br />

28. L'Eretteo di Atene. L'edificio è datab<strong>il</strong>e al 409-408 a.C. grazie ad un'iscrizione.<br />

29. La ceramica protocorinzia trovata negli strati di fondazione di Siracusa andrà datata all’VIII<br />

sec. a.C., quando la c<strong>it</strong>tà fu creata dai coloni corinzi; d’altra parte, ovunque tale ceramica venga<br />

rinvenuta in strato, essa data quest’ultimo all’epoca cui le fonti datano le colonie greche.<br />

30. Di certi monumenti antichi conosciamo la data e così possiamo estendere quest’ultima, per<br />

analogia, ad ogni complesso artistico ad essi sim<strong>il</strong>e. Così sappiamo che <strong>il</strong> Tesoro dei Sifni a Delfi<br />

è datato al 530-525 a.C.<br />

31. P<strong>it</strong>tore di Lyandros. Altro modo in cui si può definire l’epoca della ceramica greca antica (e<br />

quindi lo strato <strong>archeologico</strong> in cui la si rinvenga) sono le acclamazioni amorose di cui è ricca.<br />

Questa coppa attica a fondo bianco è attribu<strong>it</strong>a all’anonimo P<strong>it</strong>tore di Lyandros, che trae nome dal<br />

giovane che egli acclama su di essa. Se <strong>il</strong> personaggio acclamato ci è storicamente noto, <strong>il</strong> gioco<br />

(della datazione) è fatto.<br />

32. Anche tecniche arch<strong>it</strong>ettoniche sono talora datate. Così l’opus quadratum (le mura di “Servio<br />

Tullio”, davanti alla stazione Termini, in Roma) e gli altri opera costruttivi romani, tutti<br />

pressappoco datab<strong>il</strong>i.<br />

33. Restauro sul campo. In vista della rimozione, bisognerà documentare fotograficamente <strong>il</strong>


30<br />

Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />

<strong>reperto</strong>, specie se -come qui- promette una relativa completezza di frammenti; ciò va fatto anche<br />

in vista di una più fac<strong>il</strong>e ricomposizione del <strong>reperto</strong> in sede di restauro. Poi si provvede,<br />

eventualmente, a un pronto intervento di consolidamento (Masseto, settembre 1987).<br />

34. Restauro sul campo. Parte del pronto intervento consiste anche in un accurato imballaggio. I<br />

materiali vanno imballati per <strong>il</strong> trasporto, nella stessa giac<strong>it</strong>ura in cui son stati rinvenuti (in modo<br />

da fac<strong>il</strong><strong>it</strong>are la ricomposizione). L’imballaggio dev’essere effettuato con abbondante materiale<br />

contemporaneamente soffice e resistente. I reperti vengono poi raccolti in cassette, usuali nello<br />

<strong>scavo</strong>.<br />

35. Restauro della ceramica. Il <strong>reperto</strong> ceramico, lavato e inventariato, viene disteso in tutti i suoi<br />

frammenti per cercare le parti collimanti e definire quelle invece mancanti (anfora attica a figure<br />

nere, Museo Archeologico di Firenze, inv. n. 3773).<br />

36. Integrazione a gesso. Qualora si restauri nuovamente un <strong>reperto</strong> già restaurato decenni orsono<br />

con cr<strong>it</strong>eri ormai desoleti (ossia con reintegrazione dipinta delle parti mancanti), si definiranno<br />

le parti antiche con cr<strong>it</strong>eri appos<strong>it</strong>i (foto agl’infrarossi, ecc.) e si reintegreranno poi solo esse.<br />

37. Restauro dei metalli. Anche per i metalli, lavati e inventariati, è indispensab<strong>il</strong>e disporre di una<br />

preliminare visione insieme, che definisca le parti collimanti, quelle lacunose ed, eventualmente,<br />

quelle a più imminente deterioramento.<br />

38. Il cancro del bronzo, una volta individuato, va fermato con appos<strong>it</strong>e soluzioni liquide (ammoniaca<br />

ed acqua ossigenata, e poi quest’ultima con alcool oppure Benzotriazolo in alcool).<br />

39. Pul<strong>it</strong>ura dei metalli. Ut<strong>il</strong>i risultano anche prove preliminari di pul<strong>it</strong>ura, come questa praticata sul<br />

volto della statua antica di una musa.<br />

40. Restauro in corso. Un’antica brocca in bronzo viene approntata, con mezzi meccanici, per la<br />

ricomposizione e l’integrazione, che avverranno entrambe con cianacr<strong>il</strong>ati e resine epossidiche.<br />

41. Restauro ultimato. La brocca, ricomposta, è stata protetta in superficie con una soluzione di<br />

“paralloid”. Le parti non esattamente collimanti, benché certamente pertinenti, le si preferisce<br />

ormai tenere ben distinte dal fulcro del <strong>reperto</strong>, anche in sede espos<strong>it</strong>iva, piuttosto che ricorrere<br />

a discutib<strong>il</strong>i reintegrazioni non esattamente documentab<strong>il</strong>i f<strong>il</strong>ologicamente.<br />

42. Il Regio Decreto 1917/26.08.1927 definisce che ogni Museo tenga un registro cronologico<br />

generale di entrata delle cose che entrano a far parte delle raccolte. Reperto inventariato (dai<br />

“Bronzi di Cartoceto”).<br />

43. La foto di un <strong>reperto</strong>, con opportuni accorgimenti tecnici, deve far risaltare al meglio la forma<br />

e i dettagli importanti del <strong>reperto</strong>, che forniscono l’essenziale del suo insieme. Una buona<br />

documentazione del <strong>reperto</strong> è operazione fondamentale per la sua valorizzazione (sia, ovviamente,<br />

per l’edizione che, persino, in vista della musealizzazione).<br />

44. La catalogazione. Per la catalogazione sono usate particolari schede (S.A.S., ecc.), da comp<strong>il</strong>arsi<br />

secondo voci fisse, con terminologia la più omologa possib<strong>il</strong>e (in modo da raccogliersi una<br />

documentazione omogenea, atta alla computerizzazione).<br />

45. La pubblicazione dei risultati di uno <strong>scavo</strong> rientra tra i doveri dell’amministrazione. Riviste<br />

come “Notizie degli Scavi di Antich<strong>it</strong>à” sono ist<strong>it</strong>uzionalmente adib<strong>it</strong>e a tale scopo.<br />

46. L'esposizione. Il <strong>reperto</strong> deve essere auspicab<strong>il</strong>mente esposto al pubblico. La museologia è<br />

andata modificando i propri cr<strong>it</strong>eri nell’ultimo decennio: a tale mutamento si va uniformando la<br />

Soprintendenza Archeologica per la Toscana nelle ristrutturazioni museali in atto in numerosi<br />

musei archeologici statali di tutto <strong>il</strong> terr<strong>it</strong>orio toscano.<br />

47. Legge 1089/01.06.1939. Si tratta della legge che disciplina la tutela dei beni artistici e storici.<br />

Sost<strong>it</strong>uisce una precedente legge del 1909, sulla cui normativa di applicazione tuttora si basa.<br />

48. Regio Decreto n. 363/30.01.1913. Regolamento di applicazione della Legge 1909, rimasto sinora<br />

anche per la Legge 1089 (in diapos<strong>it</strong>iva precedente). Ne era prevista la sost<strong>it</strong>uzione che, però -


Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 31<br />

rimandata per gli eventi bellici- non è stata più effettuata.<br />

49. Sopalluogo. Dopo la denuncia, <strong>il</strong> Soprintendente (o l’ispettore di zona, come qui) effettua un<br />

sopralluogo atto a decidere l’importanza del s<strong>it</strong>o, ai sensi dell’art. 119 del R.D. 363/1913.<br />

Masseto, com. di Pratovecchio, AR.<br />

50. Zona di interventi di <strong>scavo</strong> abusivo (Masseto, presso Ama, com. di Pratovecchio, AR), verificati<br />

dall’ispettore di zona nel 1984 ai sensi dell’art. 119 del R.D. 363/1913. L’interesse dell’area e<br />

l’urgenza di ev<strong>it</strong>are ulteriori eventuali manomissioni hanno consigliato alla Soprintendenza di<br />

effettuarvi prima un saggio e poi un intervento di <strong>scavo</strong> di vasta portata, negli anni successivi.<br />

51. Sequestro (vaso attico in tecnica “a figure nere”, del 550 a.C. circa), effettuato -ai sensi dei Codici<br />

Civ<strong>il</strong>e e Penale per contravvenzione della L. 1089- nel 1961 dalla Guardia di Finanza di V<strong>it</strong>erbo,<br />

ove ora è conservata, n. inv.86673. L’anfora, importata in Etruria in antico, proviene<br />

presumib<strong>il</strong>mente dall’area di Vulci e rappresenta i preparativi per <strong>il</strong> sacrificio di un bue.<br />

52. Vincolo (statuetta in marmo di Carrara, com. di San Pietro a Sieve, FI). Il proprietario, con<br />

encomiab<strong>il</strong>e senso civico, ha inv<strong>it</strong>ato la Soprintendenza Archeologica per la Toscana a richiedere<br />

al superiore Ministero dei Beni Culturali e Ambientali, l’emanazione di un vincolo sulla statua.<br />

Questo, lungi dal ledere <strong>il</strong> dir<strong>it</strong>to di proprietà, sancisce <strong>il</strong> valore di un <strong>reperto</strong>; d’altra parte, esso<br />

permette allo Stato, in caso di proposta di vend<strong>it</strong>a, di eserc<strong>it</strong>are dir<strong>it</strong>to di prelazione (al prezzo<br />

dichiarato dal proprietario) in modo da preparare al pubblico la via per la fruizione del <strong>reperto</strong><br />

(vincolato).<br />

53. Decreto di “occupazione temporanea” emanato ai sensi dell’art. 43/L. 1089 dal superiore<br />

Ministero dei Beni Culturali e Ambientali, su richiesta della Soprintendenza che intende<br />

effettuare lo <strong>scavo</strong>. Tale decreto, di effetto plurimens<strong>il</strong>e, viene notificato al proprietario dal messo<br />

comunale.<br />

54. La “Carta del Restauro 1972” (circolare n. 117/06.04.’72 dal Min. P.I.) ha regolato fino al 1987<br />

i cr<strong>it</strong>eri di restauro, secondo le norme del II Capo della Legge 1089. Il restauro <strong>archeologico</strong> è<br />

trattato dalla prima delle quattro sezioni della “Carta”.<br />

Ciclost<strong>il</strong>ato a cura della Sezione Didattica della Soprintendenza Archeologica della Toscana, via della Pergola, 65 - Firenze


etruria


PICCHETTO<br />

L’ARCHEOLOGO<br />

in<br />

LE ARMI, I SOLDATI,<br />

LA GUERRA


MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI<br />

SOPRINTENDENZA ARCHEOLOGICA DELLA TOSCANA<br />

SEZIONE DIDATTICA<br />

D 2-6<br />

STRUMENTI E ARMI: AGRICOLTURA, CACCIA, PESCA E GUERRA IN<br />

ETRURIA<br />

L’agricoltura<br />

L’Etruria antica è particolarmente rinomata, nelle fonti letterarie latine, per la propria produzione<br />

di grano, tanto che la stessa Roma ne importò gran quant<strong>it</strong>à di cereali nei periodi di carestia (più volte<br />

nel corso del V secolo) e di guerra (per esempio nel 205 a.C., al momento di allestire la spedizione<br />

contro Cartagine di Scipione l’Africano). Altre colture molto produttive dovettero essere quelle della<br />

v<strong>it</strong>e e dell’olivo, importate dalla Grecia e documentate a partire dalla seconda metà del VII secolo (v.<br />

D 2-2). In particolare, la grande quant<strong>it</strong>à di anfore da trasporto per vino rinvenute in gran parte del<br />

Med<strong>it</strong>erraneo occidentale testimonia l’importanza della produzione vinaria etrusca (Dia 56).<br />

Se l’aratro trainato da buoi (Dia 57) conobbe una certa evoluzione tecnica fra l’età arcaica e<br />

quella ellenistica, non molta differenza, da un punto di vista tipologico, dovette esistere fra gli attrezzi<br />

agricoli di epoca etrusca e quelli di epoca romana, quali pennati, roncole, zappe etc. (Dia 58) (v. E V-<br />

2).<br />

La caccia<br />

Le nostre conoscenze su questo argomento sono legate alle testimonianze degli autori antichi e ai<br />

dati dello <strong>scavo</strong> <strong>archeologico</strong>: reperti osteologici e monumenti mun<strong>it</strong>i di raffigurazioni di vario genere.<br />

L’analisi dei resti ossei, cost<strong>it</strong>uendo un tipo di esame di acquisizione relativamente recente, non offre<br />

ancora una campionatura sufficientemente vasta di s<strong>it</strong>i su cui basarsi e fornisce quindi risposte di<br />

portata ancora lim<strong>it</strong>ata. Le notizie degli scr<strong>it</strong>tori antichi vanno interpretate in senso generale, senza<br />

tener conto di riferimenti cronologici precisi, in quanto tali autori -come Strabone (V, 2, 9), Varrone<br />

(De re rust.,II, 3, 3), Giovenale (I, 22) e Marziale (7, 26)- non furono contemporanei al momento di<br />

massima fior<strong>it</strong>ura della cultura etrusca; le loro notizie possono risultare invece molto importanti per<br />

conoscere meglio l’hab<strong>it</strong>at dell’Etruria d’età romana.<br />

I monumenti, a loro volta, ci offrono una vasta campionatura di raffigurazioni, che però riflettono<br />

solo in parte la reale attiv<strong>it</strong>à venatoria etrusca e sono quasi sempre connesse con <strong>il</strong> mondo funerario.<br />

Gli affreschi delle tombe di Tarquinia (VT) (“Tomba della Caccia e della Pesca”, Dia 59) ci mostrano<br />

scene di caccia legate alle classi sociali aristocratiche, un’attiv<strong>it</strong>à venatoria per “diporto”, socialmente<br />

importante; è chiaro però che doveva esistere, anche se non è testimoniata, una caccia eserc<strong>it</strong>ata per<br />

necess<strong>it</strong>à. In alcune raffigurazioni <strong>il</strong> cinghiale viene colp<strong>it</strong>o con <strong>il</strong> venàbulum (Fig. 1), una specie di<br />

lancia, mun<strong>it</strong>a di una parte offensiva in metallo, ferro o bronzo e di un’immanicatura in legno, ut<strong>il</strong>izzato<br />

per la caccia al cinghiale. Sappiamo dagli autori antichi che, per la caccia alla lepre, era usato <strong>il</strong><br />

lagòbolo, un bastone che era impiegato per uccidere l’animale. Altra arma sicuramente ut<strong>il</strong>izzata era<br />

l’arco con le frecce, usato più probab<strong>il</strong>mente per la caccia al cervo.<br />

I dati archeologici per <strong>il</strong> periodo v<strong>il</strong>lanoviano attestano la caccia al cinghiale e al cervo. Per<br />

questo tipo di cattura occorrevano particolari doti fisiche, cioè cacciatori forti e veloci. Volendo fare un<br />

parallelo con <strong>il</strong> mondo greco, troviamo molti eroi -successivamente destinati ad avere un ruolo regale-


2<br />

che partecipano a cacce assai impegnative (per la<br />

caccia al Cinghiale Calidonio si pensi, per esempio,<br />

al Vaso François). Ulisse stesso sappiamo che era<br />

immaginato quale ab<strong>il</strong>e cacciatore.<br />

Successivamente, in età orientalizzante, i<br />

monumenti (o le raffigurazioni in genere) mun<strong>it</strong>i<br />

di questo soggetto decorativo risultano in numero<br />

maggiore e riguardano non soltanto cinghiale e<br />

cervo ma anche altri animali, quali càpridi, lepri<br />

nonché leoni o struzzi i quali ultimi non facevano<br />

certo parte dell’antico hab<strong>it</strong>at etrusco. Si tratta,<br />

evidentemente, di nuovi riflessi culturali che<br />

Strumenti e armi: agricoltura, caccia , pesca e guerra in Etruria<br />

Fig. 1 - Urna volterrana in alabastro raffigurante la<br />

caccia al Cinghiale calidonio. Datazione: III-II secc.<br />

a.C. Piano I, Sala IX, inv.5697.<br />

arrivano in Etruria attraverso gli importantissimi contatti commerciali con <strong>il</strong> mondo greco e l’Oriente.<br />

Nel periodo arcaico si nota un incremento delle raffigurazioni di caccia, anche di quelle m<strong>it</strong>ologiche,<br />

che aumentano contemporaneamente anche in Grecia.<br />

In età classica le scene di attiv<strong>it</strong>à venatoria reale e non m<strong>it</strong>ologica diminuiscono e lo stesso si<br />

denota nel periodo ellenistico in cui, su alcune urnette cinerarie provenienti da Volterra (PI), troviamo<br />

scolp<strong>it</strong>a in alto r<strong>il</strong>ievo la caccia m<strong>it</strong>ologica al Cinghiale Calidonio (Fig. 1) (Dia 60) (Museo Archeologico<br />

di Firenze, Sala IX, Parete A, I ripiano, inv. 5697 ecc.): queste rappresentazioni, d’altro canto, si<br />

avvicinano sempre più -nella resa figurativa- alle cacce realmente praticate in Etruria. In quest'ultima<br />

è attestata la dea greca della caccia, Artemide, ma non sempre vi risulta mun<strong>it</strong>a dei medesimi attributi<br />

che la definivano in Grecia. Pochi sono gl’indizi della presenza di una divin<strong>it</strong>à autoctona preposta<br />

all’attiv<strong>it</strong>à venatoria; nella stipe votiva di Brolio (AR) (Museo Archeologico, Topografico, Sala Val di<br />

Chiana), per esempio, sono stati trovati anche bronzetti raffiguranti lepri e cervi, mentre un “càpride”<br />

proviene dal depos<strong>it</strong>o votivo di Bibbona (LI): ci mancano tuttavia rappresentazioni di divin<strong>it</strong>à.<br />

La pesca<br />

La pesca non era considerata, a differenza della caccia, socialmente r<strong>il</strong>evante. Di conseguenza<br />

scarse risultano le raffigurazioni al riguardo (Dia 61). Ciò che rimane dell’attiv<strong>it</strong>à <strong>it</strong>tica sono pesi da<br />

rete in impasto fìtt<strong>il</strong>e o in pietra, ami e aghi in bronzo, quest’ultimi usati per riparare le reti (Museo<br />

Archeologico di Firenze, piano I, sala XV, vetrina A, inv.<br />

871 - età romana).<br />

Del vasellame in ceramica rimangono, a<br />

testimonianza di una dieta <strong>it</strong>tica, i cosiddetti “piatti da<br />

pesce”, forma proveniente dal mondo greco, mun<strong>it</strong>i al<br />

proprio centro di una depressione emisferica, forse fatta<br />

appos<strong>it</strong>amente per contenere salse da accompagnare al<br />

pesce stesso. La superficie esterna del piatto risulta<br />

decorata con varie raffigurazioni di fauna marina, che ci<br />

rivelano una conoscenza diffusa delle specie <strong>it</strong>tiche del<br />

Med<strong>it</strong>erraneo.<br />

I testi antichi ci informano soltanto sulla pesca dei<br />

tonni: sappiamo da Strabone (V, 2, 6; V, 2, 8) che sui<br />

promontori di Populonia (LI) e del Monte Argentario (GR)<br />

Fig. 2 - Elmi, spade e puntale di lancia (IX-VIII<br />

secc. a.C.) (da Dizionario della civ<strong>il</strong>tà etrusca, -a<br />

cura di M. Cristofani- , Firenze 1985, p. 19).


Strumenti e armi: agricoltura, caccia , pesca e guerra in Etruria<br />

Fig. 3 - Elmi, spade, punta di lancia e<br />

schinieri (VII sec. a.C.) (da Dizionario<br />

della civ<strong>il</strong>tà etrusca, -a cura di M.<br />

Cristofani- Firenze 1985, p. 19).<br />

vi erano due posti di osservazione per sorvegliarne l’arrivo.<br />

Anche <strong>il</strong> porto di Caere (RM), Pyrgi, era famoso per le sue<br />

peschiere e i laghi di Bracciano (RM), Bolsena e Vico (VT)<br />

erano stati popolati dagli Etruschi con pesci quali spigole,<br />

orate ecc., che tollerassero -si diceva- l’acqua dolce (in<br />

propos<strong>it</strong>o cfr. Columella, De re rust., VIII, 16).<br />

La guerra<br />

guerriero, che si fregia delle armi per denotare la propria eminenza.<br />

Risultano di questo periodo gli elmi realizzati in lamina bronzea,<br />

dotati di una calotta emisferica e mun<strong>it</strong>i di un pìleo centrale o di una<br />

cresta (Fig. 2). Alla fine dell’VIII sec. a.C. compaiono i grandi scudi<br />

di cuoio, ricoperti in lamina bronzea e decorati a sbalzo con motivi<br />

geometrici (Museo Archeologico di Firenze, Sala XV, vetrina A -<br />

umboni di scudo provenienti da Tarquinia; VT); un’altra arma di<br />

difesa è la placca quadrangolare in lamina bronzea che, atta a<br />

proteggere organi v<strong>it</strong>ali come<br />

<strong>il</strong> cuore, veniva legata al<br />

corpo mediante corregge di<br />

cuoio. Scudi ed elmi di questo<br />

tipo sono stati trovati anche<br />

Fig. 6 - Raffigurazione di un fromboliere<br />

da un’anfora di Nola (NA), V sec. a.C.<br />

Fra l’VIII e <strong>il</strong> I secc. a.C., nei corredi delle tombe etrusche<br />

la presenza delle armi assume diversi significati a seconda<br />

del periodo. Infatti, all’inizio l’armatura contraddistingue <strong>il</strong><br />

ruolo sociale del defunto, e diventa in segu<strong>it</strong>o caratteristica<br />

specifica di un capo<br />

m<strong>il</strong><strong>it</strong>are. Nell’Età del Ferro<br />

le armature distinguono <strong>il</strong><br />

ruolo sociale assunto nel<br />

gruppo dal signore-<br />

Fig. 4 - Elmi, scudo, spada a<br />

scim<strong>it</strong>arra, punte di lancia e<br />

schiniere (VI-V secc. a.C.)<br />

(da Dizionario della civ<strong>il</strong>tà etrusca,<br />

-a cura di M. Cristofani-, Firenze<br />

1985, p. 19).<br />

al di fuori dell’Etruria, a Cuma (NA) e nel santuario di Olimpia<br />

in Grecia, verosim<strong>il</strong>mente con la funzione di ex-voto offerti come<br />

spoglia del vinto. Tra le armi d’offesa vi sono punte di lancia in<br />

bronzo che venivano innestate su un’asta di legno, mun<strong>it</strong>a di un<br />

puntale inferiore bronzeo, oppure accette e scuri, spade lunghe<br />

e corte (Dia 62-63). Si tratta di armi ut<strong>il</strong>izzate in combattimenti<br />

nei quali prevalesse <strong>il</strong> corpo a corpo. Nel corso del VII sec. a.C.<br />

la forma dell’elmo subisce variazioni per influsso del mondo<br />

greco e, così, troviamo elmi di tipo corinzio in bronzo mun<strong>it</strong>i di<br />

nasale e occhiaie (Fig. 3). Nel VI sec. a.C. si affermano lo scudo<br />

in lamina di bronzo, la spada in ferro “a scim<strong>it</strong>arra” (Fig. 4) e<br />

l’elmo conico del tipo detto Negau (Museo Archeologico di Firenze,<br />

Sala XV, vetrina A, inv. 1630) (Dia 64), forn<strong>it</strong>o di paraguance mob<strong>il</strong>i.<br />

Questa tipologia di elmo viene raffigurata sulle monete vetuloniesi del<br />

IV sec. a.C. e compare in gran numero, sempre in questa c<strong>it</strong>tà, nel<br />

giacimento votivo trovato presso le mura (Museo Archeologico di<br />

Fig. 5 - Ghianda miss<strong>il</strong>e.<br />

3


4<br />

Strumenti e armi: agricoltura, caccia , pesca e guerra in Etruria<br />

Firenze, Topografico, Sala di Vetulonia). In segu<strong>it</strong>o, la sua forma viene sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a da quella a calotta<br />

con “bottone” centrale e paranuca.<br />

Le armi da guerra giunte fino a noi (lance, spade, asce, coltelli ecc.) e le armature (elmi, schinieri,<br />

foderi ecc.) (Dia 62-65) vanno considerate per la maggior parte “da parata”: non venivano dunque<br />

usate nella realtà dei combattimenti, ma custod<strong>it</strong>e per essere indossate nelle rassegne m<strong>il</strong><strong>it</strong>ari (Museo<br />

Archeologico, Sala XV, vetrina A; Topografico, sala di Vetulonia e Populonia) e per esser deposte<br />

quali corredo nelle tombe. Possiamo comunque farci un'idea di quale fosse l'assetto di guerra del<br />

guerriero etrusco grazie, per esempio, ai bronzetti votivi raffiguranti un opl<strong>it</strong>a in attacco (Dia 66).<br />

Oltre alle armi in metallo, vi sono anche particolari proiett<strong>il</strong>i, le cosiddette ghiande miss<strong>il</strong>i, così<br />

denominate a causa della loro stessa forma (Fig. 5). Questi proiett<strong>il</strong>i, realizzati in piombo, risultano<br />

del peso medio di 30/50 g.; risultano altresì ricavati in pietra, o in terracotta e cost<strong>it</strong>uiscono piccole<br />

armi da offesa, la cui g<strong>it</strong>tata poteva superare i 100 m (Fig. 6).<br />

GLOSSARIO<br />

Arcaico, periodo - Periodo culturale (e artistico) (fine VII, VI e inizio V secc. a.C.) compreso tra quello orientalizzante e<br />

quello classico. Particolarmente intenso vi risulta l’apporto st<strong>il</strong>istico della Grecia.<br />

Bròlio - Local<strong>it</strong>à della Val di Chiana in cui nel 1863 fu scoperta un’importante stipe votiva. Nel suo amb<strong>it</strong>o vennero trovati<br />

bronzetti votivi di varie dimensioni e di soggetto diverso, da quelli che raffigurano guerrieri con elmo e lancia a quelli che<br />

rappresentano animali (cervi ecc.).<br />

Calidònio, cinghiale - M<strong>it</strong>ico cinghiale gigantesco, mandato dalla dea Artemide a devastare le campagne di Calìdone, a<br />

ovest della Grecia centrale. L’animale fu ucciso da Meleagro, figlio di un re di Calidone (Enèo).<br />

Classica, Età - Momento artistico tra <strong>il</strong> V e <strong>il</strong> IV sec. a.C. che si colloca tra l’arcaismo e l’ellenismo. E’ determinato<br />

dall’influenza st<strong>il</strong>istica dei grandi centri artistici della Grecia: la regione dell’Attica e in particolare Atene.<br />

Giovenale - Nato ad Aquino, c<strong>it</strong>tà del Lazio, fu poeta contemporaneo di Marziale, di cui era amico. Scrisse celebri Sàtyrae,<br />

divise in cinque libri.<br />

Lagòbolo (gr. lagobòlon) - Bastone appos<strong>it</strong>o per uccidere la lepre.<br />

Negau (pronuncia Nègau) - Nome tedesco della local<strong>it</strong>à austro-ungarica (attualmente Negova, in Slovenia) in cui avvenne<br />

<strong>il</strong> primo r<strong>it</strong>rovamento moderno di un elmo dell’antico tipo ormai denominato appunto, nel linguaggio <strong>archeologico</strong>, “di<br />

Negau”.<br />

Nola - Antica c<strong>it</strong>tà della Campania, fondata dagli Ausonî. Dopo essere stata conquistata dai Romani, rimase sempre fedele<br />

a Roma anche durante le guerre puniche. Vi morì l’imperatore Augusto nel 14 d.C. Divenne colonia romana sotto Vespasiano,<br />

mantenendo <strong>il</strong> proprio nome fino a oggi (NA).<br />

Orientalizzante, età - Locuzione che indica un momento artistico (fine VIII-VII sec. a.C.) durante <strong>il</strong> quale si assiste ad un<br />

fenomeno di diffusione e di im<strong>it</strong>azione di motivi orientali giunti in Etruria attraverso una notevole importazione di prodotti<br />

dal Vicino Oriente.<br />

Píleo (lat. píleus o pílum) - Vocabolo usato per indicare un antico tipo di berretto di pelle o di stoffa. Talvolta recava, sulla<br />

cima, un anello con cui lo si poteva appendere, e in basso un nastro con cui legarlo sotto <strong>il</strong> mento. Nel mondo greco veniva<br />

portato dai viaggiatori e dai marinai, mentre dai Romani e dagli Etruschi era considerato parte del costume “nazionale”.


Strumenti e armi: agricoltura, caccia , pesca e guerra in Etruria<br />

Stipe votiva - Con questa locuzione gli archeologi indicano <strong>il</strong> depos<strong>it</strong>o dei doni votivi raccolti nelle vicinanze di un<br />

santuario. La stipe poteva essere ricavata nella roccia, o più semplicemente nel terreno, una vera e propria fossa scavata; in<br />

essa erano riposti i doni portati dai devoti in dono alla divin<strong>it</strong>à di un santuario, quando non vi era più spazio fisico per<br />

esporli.<br />

Strabone -Storico e geografo greco nato ad Amasia, nel regno del Ponto (regione storica s<strong>it</strong>a nell’attuale Turchia centrosettentrionale),<br />

pochi anni prima del 60 a.C. La sua opera più importante, che possediamo quasi per intero, è la Geografia,<br />

un vasto trattato generale scr<strong>it</strong>to intorno al 7 a.C.<br />

Umbone - Parte centrale dello scudo realizzato in metallo per risultare più resistente agli attacchi delle armi.<br />

Varrone (Marcus Terentius Varro) - Studioso romano, vissuto tra <strong>il</strong> 116 e <strong>il</strong> 27 a.C. circa. Scrisse biografie, orazioni, <strong>il</strong><br />

trattato De re rustica, <strong>il</strong> De lingua Latina e numerose altre opere (solo parzialmente pervenuteci).<br />

Venàbulum - Termine latino usato per indicare una sorta di spiedo da caccia, usato come arma.<br />

.<br />

Sull'agricoltura:<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

M. CRISTOFANI - M. GRAS, Agricoltori, artigiani e mercanti, in AA.VV., Gli Etruschi. Una nuova immagine, Firenze<br />

1984, pp. 68-99: 68-77;<br />

Dizionario della civ<strong>il</strong>tà etrusca, a cura di M. Cristofani, Firenze 1985, s.v. "agricoltura", pp. 6-7 (M. Cristofani).<br />

Sulla caccia, la pesca e le armi:<br />

M. MICHELUCCI, La collezione Ciacci nel Museo Archeologico di Grosseto, Roma 1981, n. 304;<br />

G. CAMPOREALE, La caccia in Etruria, Roma 1984;<br />

Dizionario della civ<strong>il</strong>tà etrusca, a cura di M. Cristofani, Firenze 1985, s.v. "armi", pp. 18-20 (M. Cristofani);<br />

L. GIACOPINI et aliae, L’<strong>it</strong>ticoltura nell’antich<strong>it</strong>à, Roma 1994.<br />

Ciclost<strong>il</strong>ato a cura della Sezione Didattica della Soprintendenza Archeologica della Toscana, via<br />

della Pergola 65, Firenze<br />

5


L'AGRICOLTURA<br />

D 2-6<br />

Scheda di verifica n. 1<br />

a) Quali erano i principali prodotti dell’agricoltura etrusca ?<br />

...............................................................................................................................................................<br />

...............................................................................................................................................................<br />

...............................................................................................................................................................<br />

...............................................................................................................................................................<br />

.....................................................................................................<br />

b) Chi ha introdotto in Etruria le piante della v<strong>it</strong>e e dell’olivo, e quando ?<br />

................................................................................................................................................................<br />

................................................................................................................................................................<br />

................................................................................................................................................................<br />

................................................................................................................................................................<br />

.....................................................................................................<br />

c) Con quali mezzi venivano trasportati vino ed olio ?<br />

................................................................................................................................................................<br />

................................................................................................................................................................<br />

................................................................................................................................................................<br />

................................................................................................................................................................<br />

.......................................................................................................<br />

d) Al Museo Archeologico di Firenze, hai visto alcuni attrezzi agricoli di epoca antica ? Quali ?<br />

................................................................................................................................................................<br />

................................................................................................................................................................<br />

................................................................................................................................................................<br />

.................................................................................................................................................................<br />

........................................................................................................


LA CACCIA E LA PESCA<br />

D 2-6<br />

Scheda di verifica n. 2<br />

a) Qual è l’importanza della caccia in Etruria ?<br />

................................................................................................................................................................<br />

................................................................................................................................................................<br />

...........................................................................................................................<br />

b) Quali erano gli animali cacciati di preferenza?<br />

................................................................................................................................................................<br />

................................................................................................................................................................<br />

...........................................................................................................................<br />

c) Quali documenti (reperti, immagini, ecc.) abbiamo sull’attiv<strong>it</strong>à della pesca ?<br />

................................................................................................................................................................<br />

................................................................................................................................................................<br />

...........................................................................................................................


PICCHETTO<br />

L’ARCHEOLOGO<br />

in<br />

IL MONDO DEL<br />

BANCHETTO


IL BANCHETTO IN ETRURIA<br />

Il banchetto come momento socialmente importante nella comun<strong>it</strong>à è un'usanza che gli Etruschi<br />

derivano nelle sue caratteristiche principali dal mondo greco.<br />

Possediamo numerose raffigurazioni antiche di scene di banchetto; tuttavia, nella maggior parte<br />

dei casi, si tratta di contesti legati al mondo funerario, dalle pareti affrescate di tombe, come a Tarquinia,<br />

ai bassor<strong>il</strong>ievi dei segnacoli funerari (stele e cippi) o delle urne cinerarie.<br />

Gli studiosi, riguardo al significato di tali raffigurazioni, hanno avanzato varie ipotesi che possono<br />

riassumersi in quattro teorie fondamentali:<br />

I - Il banchetto raffigurato sarebbe la rievocazione delle cerimonie funebri<br />

tenute in onore del defunto.<br />

II - Il banchetto sarebbe l'immagine della v<strong>it</strong>a dei beati nell’ald<strong>il</strong>à.<br />

III - Il banchetto sarebbe <strong>il</strong> ricordo della v<strong>it</strong>a terrena vissuta.<br />

IV - Il banchetto avrebbe la funzione di rallegrare <strong>il</strong> defunto durante la v<strong>it</strong>a<br />

vissuta da quest'ultimo nell'ald<strong>il</strong>à, cioè nella propria tomba.<br />

Probab<strong>il</strong>mente nessuna di queste ipotesi, presa singolarmente, può essere<br />

accettata in toto, ma ognuna contiene una parte di ver<strong>it</strong>à. Alcuni studiosi<br />

(S. de Marinis) interpretano le scene di convivio come rievocazione del<br />

reale banchetto che doveva essere consumato, nel giorno dei funerali e<br />

probab<strong>il</strong>mente in ricorrenze fisse, in onore del defunto, presso o all’interno<br />

della tomba medesima. Per alcune raffigurazioni di banchetti, come quelle<br />

della Tomba “della Caccia e Pesca” a Tarquinia (Dia 30), non si devono<br />

Fig. 1 - Coperchio del<br />

cinerario di Montescudaio<br />

(PI) - metà VII sec. a.C.<br />

Topografico, Sala di Pisa, inv.<br />

82930.<br />

ricercare significati particolari, ma visti i contesti delle p<strong>it</strong>ture in un amb<strong>it</strong>o di v<strong>it</strong>a quotidiano, queste<br />

scene vanno interpretate come strettamente legate alla v<strong>it</strong>a di ogni giorno. La seconda ipotesi, evidenziata<br />

da alcuni studiosi, non risulta valida per i monumenti funebri del VI-V secc. a.C. Infatti, nelle tombe<br />

di questo periodo non vi sono elementi che indichino che l’azione si svolge nell’ald<strong>il</strong>à. Più tardi, per<br />

rappresentare <strong>il</strong> banchetto negli Inferi, troviamo raffigurate le divin<strong>it</strong>à stesse, come Ade e Persefone<br />

della Tomba Golini I di Orvieto (TR) (Fig. 2 del percorso d’approfondimento D 2-2). Spesso, accanto<br />

alla stanza funeraria, nei sepolcri antichi si trovano<br />

una “sala da pranzo” e persino una “cucina”. Gli scavi<br />

archeologici hanno talvolta rivelato l’esistenza di<br />

letti da banchetto (klìnai) tutt’intorno alla tavola su<br />

cui venivano a celebrare i parenti del defunto. L’antich<strong>it</strong>à<br />

di questi usi funerari è attestata dal fatto che,<br />

talvolta, attorno alla tavola funebre si trovano sedie (e<br />

non letti), ered<strong>it</strong>à di epoche in cui non si mangiava<br />

ancora sdraiati.<br />

Fig. 2 - Urna in pietra “fetida” da Chiusi (SI)<br />

- 520 a.C. Piano I, Sala X, inv. 5501<br />

MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI<br />

SOPRINTENDENZA ARCHEOLOGICA DELLA TOSCANA<br />

SEZIONE DIDATTICA<br />

D 2-3<br />

Dai dati archeologici è infatti evidente che <strong>il</strong> banchetto<br />

etrusco subì un’evoluzione nel corso del tempo. Se esa-


2<br />

Il banchetto in Etruria<br />

miniamo <strong>il</strong> cinerario di Montescudaio (PI) (Museo Archeologico - Topografico, sala di Pisa), del VII<br />

secolo a.C. (Dia 31), vediamo, realizzata plasticamente sul coperchio dell’ossuario, una piccola tavola<br />

rotonda apparecchiata (Fig.1) alla quale sta seduto in trono (lo schienale di questo è perduto) un uomo;<br />

accanto a lui è riprodotta una piccola figura femmin<strong>il</strong>e, probab<strong>il</strong>mente una serva. Il grande vaso che si<br />

trova di fronte al gruppo, sim<strong>il</strong>e al cratère greco, serviva per mescolare l'acqua con <strong>il</strong> vino nel corso del<br />

banchetto (D 2-2).<br />

Questo tipo di banchetto è molto diverso da quello che appare raffigurato nel corso del VI e del V<br />

secolo, per esempio sulla cassa di un’urna proveniente da Chiusi (sala X, inv. 5501; Fig. 2; Dia 32)<br />

oppure sulla base c<strong>il</strong>indrica di un cippo funerario proveniente dal medesimo terr<strong>it</strong>orio (Fig. 3; Dia 33).<br />

I conv<strong>it</strong>ati sono distesi sulle klìnai; davanti a loro compaiono le tavole su cui sono disposte le vivande<br />

e i serv<strong>it</strong>ori pronti ad accudirli. Vi sono anche suonatori che allietano i commensali, i cani pronti a<br />

raccogliere gli avanzi della mensa e alcune decorazioni vegetali per la sala: ramoscelli e ghirlande.<br />

Quest’ultime - simbolo funerario - appese alle pareti della sala e tenute in mano da qualche commensale<br />

(cfr. inv. 5501) oppure portate agli inv<strong>it</strong>ati dai serv<strong>it</strong>ori (cfr. inv. 86508), fanno pensare piuttosto a un<br />

immaginario banchetto avvenuto nell’oltretomba che a uno reale. Possiamo presupporre, ovviamente,<br />

che anche i conv<strong>it</strong>i terreni non fossero molto diversi da quelli attribu<strong>it</strong>i all’ald<strong>il</strong>à.<br />

L’evoluzione nella tipologia del banchetto qui denotata è dovuta al successivo influsso grecoorientale,<br />

giunto in Etruria a partire dalla metà del VI secolo a.C. Da questo momento in poi si perde<br />

l’originario carattere famigliare evidenziato dal cinerario di Montescudaio (PI). I banchettanti, in segu<strong>it</strong>o,<br />

risulteranno distesi sulle klìnai a coppia, appoggiati col gom<strong>it</strong>o sinistro su di un cuscino, in<br />

un’ambientazione vivacizzata dalla raffigurazione di animali: non solo <strong>il</strong> cane, come in Grecia, ma<br />

anche oche, anatre ecc. Flautisti e danzatori fanno parte integrante del banchetto, come nella tradizione<br />

greca (cfr. inv. 5501; Figg. 2, 3).<br />

Come si è già detto, gli scr<strong>it</strong>tori antichi spesso esagerarono riferendo dei “licenziosi” costumi<br />

etruschi. Posidònio di Apamea, f<strong>il</strong>osofo e scienziato greco del II-I secc. a.C., evidenzia che gli Etruschi<br />

mangiavano due volte al giorno, un vero lusso per un greco (dal momento che in Grecia <strong>il</strong> pranzo<br />

di metà giornata era frugale). Evidentemente, Posidonio generalizza questo discorso a tutta la società<br />

etrusca, mentre probab<strong>il</strong>mente esso era valido solo per i ceti più abbienti, che potevano ostentare così<br />

la loro ricchezza. Il coperchio di sarcofago tradizionalmente denominato “dell’obeso” (Dia 34) è<br />

diventato <strong>il</strong> simbolo dell’obesus etruscus di cui scrivono Virg<strong>il</strong>io (Georgiche, II, 193) e Catullo (39,<br />

11) ma, certo, gli aristocratici etruschi non dovevano risultare tutti così e <strong>il</strong> nostro coperchio andrà<br />

piuttosto considerato un “r<strong>it</strong>ratto tipologico”, vòlto a compiacere aspettative di “status”. Un altro aspetto<br />

peculiare del banchetto etrusco che scandalizzò letteralmente gli scr<strong>it</strong>tori greci è la presenza della<br />

donna di condizione sociale libera fra i conv<strong>it</strong>ati, spesso al fianco del consorte. In Grecia, infatti, le<br />

uniche donne che partecipavano a queste manifestazioni erano etère o schiave, mai le leg<strong>it</strong>time spose<br />

degli inv<strong>it</strong>ati (v. D 2-4).<br />

Fig. 3 - Cippo funerario da Chiusi - 450 a.C. Piano I, sala X, inv. 86508.


Il banchetto in Etruria 3<br />

Durante <strong>il</strong> banchetto, inoltre, non mancavano i giochi, tra i quali erano particolarmente popolari<br />

quello dei dadi e quello del kòttabos, quest'ultimo arrivato dalla Sic<strong>il</strong>ia e assai in voga nel IV secolo<br />

a.C. (C 4-3).<br />

GLOSSARIO<br />

Klìne (plurale klìnai) - Vocabolo greco per indicare in generale <strong>il</strong> letto, talvolta da banchetto.<br />

Kòttabos. - Gioco che consisteva nel colpire con <strong>il</strong> vino contenuto in una coppa un disco di metallo messo in equ<strong>il</strong>ibrio su<br />

di un’asta.<br />

Etèra - Termine usato nel mondo greco per indicare una cortigiana libera nel comportamento e in possesso di certo grado<br />

di cultura, superiore a quello delle altre donne.<br />

Posidònio di Apamea - F<strong>il</strong>osofo e scienziato greco (135-50 a.C.) originario della c<strong>it</strong>tà siriaca di Apamea. Suo maestro fu<br />

lo stoico Panèzio. Delle sue opere ci sono pervenuti vent<strong>it</strong>re t<strong>it</strong>oli e una serie di frammenti.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

S. de MARINIS, La tipologia del banchetto nell’arte etrusca arcaica, Roma 1961<br />

J. HEURGON, V<strong>it</strong>a quotidiana degli Etruschi, M<strong>il</strong>ano 1974 3<br />

AA.VV., Corpus delle urne etrusche in età ellenistica, Firenze 1975<br />

M. CRISTOFANI, Statue-cinerari chiusine di età classica, Roma 1975<br />

M. MORETTI, Cerveteri, Novara 1977<br />

M.CRISTOFANI, L’arte degli Etruschi. Produzione e consumo, Torino 1978<br />

E. COLONNA DI PAOLO, Necropoli rupestri del V<strong>it</strong>erbese, Novara 1979<br />

R. BIANCHI BANDINELLI, L’arte etrusca, Roma 1982<br />

E. MACNAMARA, V<strong>it</strong>a quotidiana degli Etruschi, Roma 1982<br />

M. MORETTI, Vulci, Novara 1982<br />

S. STEINGRÄBER, C<strong>it</strong>tà e Necropoli d’Etruria, Roma 1983<br />

AA.VV., Gli Etruschi. Una nuova immagine, Firenze 1984<br />

AA.VV., La civ<strong>il</strong>tà degli Etruschi (Catalogo della Mostra, Firenze), M<strong>il</strong>ano 1985<br />

Dizionario della civ<strong>il</strong>tà etrusca, a cura di M. Cristofani, Firenze 1985, s.v. "banchetto", pp. 35-36 (P. Santoro)<br />

G. CAMPOREALE, V<strong>it</strong>a privata, in Rasenna, M<strong>il</strong>ano 1986, pp. 241-308: 281-286<br />

G. BARTOLONI, La cultura v<strong>il</strong>lanoviana, Roma 1988<br />

Ciclost<strong>il</strong>ato a cura della Sezione Didattica della Soprintendenza Archeologica della Toscana, via<br />

della Pergola 65 - Firenze


Cippo funerario da Chiusi - 450 a.C.<br />

IL BANCHETTO<br />

D 2-3<br />

Scheda di verifica n. 1<br />

1) Qual è l'antica civ<strong>il</strong>tà che ha introdotto in Etruria l'uso del banchetto ?<br />

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2) Quali analogie ricordi tra <strong>il</strong> banchetto etrusco e quello greco ?<br />

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3) E quali differenze ?<br />

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3) Perché, spesso, le scene di banchetto sono riprodotte su monumenti funerari ?<br />

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MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI<br />

SOPRINTENDENZA ARCHEOLOGICA DELLA TOSCANA<br />

SEZIONE DIDATTICA<br />

L’ALIMENTAZIONE, LA CUCINA E ALTRE ATTIVITÀ DOMESTICHE<br />

Le fonti letterarie conservateci che trattino questi soggetti risultano davvero scarse; le notizie che<br />

abbiamo ci sono infatti riportate da autori greci e latini, i quali - colp<strong>it</strong>i in modo negativo dal “lusso”<br />

dell’aristocrazia etrusca - non possono considerarsi una fonte attendib<strong>il</strong>e, anche perché risultano di<br />

molto posteriori al periodo di fior<strong>it</strong>ura della civ<strong>il</strong>tà etrusca. Posidonio di Apamea, per esempio, racconta<br />

che gli Etruschi apparecchiavano le loro tavole “ben” due volte al giorno (!): del resto, anche i<br />

Greci consumavano due pasti al giorno, ma <strong>il</strong> pranzo era molto frugale.<br />

Il dato <strong>archeologico</strong>, che in genere è così importante, nel caso dell’alimentazione non è direttamente<br />

determinante; infatti, solo recentemente gli scavi degli ab<strong>it</strong>ati sono stati affiancati da indagini<br />

Fig. 1 - Affresco della “Tomba Golini I” o dei “Velii”, di Orvieto (TR) (seconda metà del IV sec. a.C. circa): i serv<strong>it</strong>ori<br />

preparano <strong>il</strong> banchetto di cui alla fig. 2. Si noti come <strong>il</strong> lavoro sia accompagnato da un “flautista” (in realtà un aulete, cioè<br />

un suonatore di doppio aulos).<br />

paleonutrizionali; oltre a ciò, relativamente rari risultano gli avanzi di pasto rinvenuti. Comunque, ut<strong>il</strong>i<br />

Fig. 2 - Affresco della "Tomba Golini I",<br />

Orvieto, con la presenza delle divin<strong>it</strong>à<br />

etrusche dell'oltretomba: A<strong>it</strong>a e Phersipnai<br />

(Plutone e Persefone).<br />

D 2-2


2<br />

L'alimentazione, la cucina e altre attiv<strong>it</strong>à domestiche<br />

notizie possono essere dedotte dagli utens<strong>il</strong>i r<strong>it</strong>rovati negli ambienti adib<strong>it</strong>i a cucina (v. infra), ma<br />

soprattutto dagli affreschi che decorano le pareti di alcune tombe, soprattutto quelli della “Tomba<br />

Golini I” di Orvieto (TR), che mostrano immagini relative alla preparazione del banchetto (figg. 1-2)<br />

(V. percorso di approfondimento D 2-3).<br />

Da un famoso brano dello storico T<strong>it</strong>o Livio (Historiae XXXVIII, 45) sappiamo che in Etruria si<br />

coltivavano copiosissime messi (in particolare grano e farro); esse dovevano cost<strong>it</strong>uire l’alimento-base<br />

sulla mensa di tutti i giorni, sia sotto forma di pani e focacce, che di minestre e zuppe. Dalla c<strong>it</strong>ata<br />

notizia di Livio, inoltre, possiamo indurre che i bovini fossero allevati non solo per la carne, ma anche<br />

perché necessari per <strong>il</strong> lavoro dei campi, soprattutto per l’aratura (v. D 2-6). Gli avanzi di pasto rinvenuti<br />

durante gli scavi ci testimoniano, d’altra parte, la presenza sulla tavola etrusca di altri animali<br />

domestici quali ovini, caprini e suini, in proporzioni diverse a seconda del tempo o luogo in cui ci si<br />

trovasse (Dia 16); altra fonte di alimentazione, inoltre, era la selvaggina (v. D 2-6), come ci testimoniano<br />

gli autori antichi e alcuni famosi affreschi (la c<strong>it</strong>ata “Tomba Golini I” di Orvieto o la “Tomba<br />

della Caccia e della Pesca” di Tarquinia - VT - ecc.).<br />

Per quanto riguarda l’alimentazione <strong>it</strong>tica, ancora più rari risultano (dalla ricerca archeologica)<br />

gli avanzi di pasto, a causa della deperib<strong>il</strong><strong>it</strong>à degli scheletri dei pesci e del guscio dei molluschi;<br />

rimangono, comunque, come testimonianza archeologica, ami da pesca, aghi e pesi da rete (v. D 2-6).<br />

Gli Etruschi dovevano conoscere diverse varietà <strong>it</strong>tiche diffuse nel Med<strong>it</strong>erraneo, come mostrano<br />

i cosiddetti “piatti da pesce” in cui appaiono raffigurate, sulla superficie esterna, numerose specie<br />

marine.<br />

Il vino<br />

Già nel VII secolo a.C. la v<strong>it</strong>e e l’olivo erano coltivati intensivamente<br />

in Etruria ma, per quest’ultimo, la produzione non fu mai considerata importante<br />

dagli autori antichi; del vino etrusco, invece (anche se in senso<br />

talvolta negativo), scrivono sia Orazio che Marziale. Il vino bevuto nell’antich<strong>it</strong>à<br />

era molto diverso da quello d’oggi: denso, fortemente aromatico,<br />

ad elevata gradazione alcolica. Il primo mosto ottenuto dalla vendemmia<br />

veniva in genere consumato sub<strong>it</strong>o, mentre <strong>il</strong> restante veniva versato<br />

in conten<strong>it</strong>ori di terracotta con le pareti interne coperte di pece o di resina.<br />

Il liquido veniva lasciato riposare, schiumato per circa sei mesi e a primavera,<br />

infine, poteva essere f<strong>il</strong>trato e versato nelle anfore da trasporto. Il<br />

liquido così ottenuto non veniva bevuto schietto ma mescolato, all’interno<br />

di crateri (Dia 17), con acqua e miele, e travasato nelle coppe dei<br />

commensali, servendosi di atting<strong>it</strong>oi (Dia 18) e sìmpula (Dia 19). Sulla<br />

mensa, <strong>il</strong> vino era contenuto in brocche (Dia 20) e vasi a doppia ansa<br />

(stàmnoi) (Dia 21), mentre per l’acqua si ut<strong>il</strong>izzavano spesso piccoli secchi,<br />

denominati sìtule (Dia 22).<br />

Non potevano mancare, in una cucina ben attrezzata, i colini (Piano I,<br />

Sala XV, Vetrina B, invv. nn. 1395, 1396, 1496) (fig. 3 e Dia 19). Questi<br />

instrumenta sono presenti in tutta l’area med<strong>it</strong>erranea, dall’Egeo alla Gallia<br />

Meridionale, a iniziare dal VI secolo a.C. fino all’età romana imperiale.<br />

Gli esemplari più antichi (II m<strong>il</strong>lennio a.C.) sono stati trovati in Grecia,<br />

nell’isola cicladica di Santorino, realizzati in terracotta. Potevano essere<br />

ottenuti anche in altro materiale (argento, bronzo, rame, ceramica) e diver-<br />

Fig. 3 - Colino; datazione:<br />

fine IV-metà III sec. a.C.,<br />

inv. 1396.


L'alimentazionze, la cucina e altre attiv<strong>it</strong>à domestiche<br />

se risultano le varianti della forma a seconda dell’uso. Alcuni colini appaiono provvisti di un imbuto<br />

(nome latino infundìbulum) (Dia 23), collegato al colino stesso, altri ne sono privi (invv. nn. 1395,<br />

1396), altri infine si denotano semplicemente per un “bulbo” ricavato al centro della vasca (inv. n.<br />

1496). Alcuni di essi rivelano, sul lato opposto al manico, un sostegno rettangolare orizzontale (fig. 3)<br />

destinato a reggere <strong>il</strong> colino stesso sull’imboccatura del vaso in cui veniva versato <strong>il</strong> liquido; in un<br />

secondo momento, <strong>il</strong> colum poteva essere lasciato appeso all’orlo del recipiente, pure tram<strong>it</strong>e questa<br />

sorta di gancio. I colini provvisti di imbuto venivano usati per f<strong>il</strong>trare <strong>il</strong> vino e altri liquidi in tipi di<br />

recipiente contraddistinti da strette imboccature.<br />

Fornelli, stoviglie e altri utens<strong>il</strong>i per la cucina<br />

Gli Etruschi, di sol<strong>it</strong>o, non avevano,<br />

all’interno delle loro ab<strong>it</strong>azioni, un vano<br />

adib<strong>it</strong>o a cucina quale lo intendiamo oggi;<br />

spesso si cuoceva all’aperto, ma comunque<br />

esistevano sistemi di cottura che ut<strong>il</strong>izzavano<br />

dei particolari “fornelli”. Ne esistono<br />

sostanzialmente di tre tipi, provvisti<br />

ognuno di relative varianti (fig. 4): <strong>il</strong> tipo<br />

più antico è di forma c<strong>il</strong>indrica (Tipo I A-<br />

D) e mun<strong>it</strong>o sulla superficie superiore di<br />

una piastra forata e, sulla parte inferiore,<br />

di un’apertura per l’alimentazione del fuo-<br />

co; verso la fine del VII sec. a.C. compare<br />

un secondo fornello semic<strong>il</strong>indrico (Tipo<br />

II B), a forma di ferro d cavallo, con tre<br />

parti sporgenti verso l’interno per sostene-<br />

re la pentola (Museo Archeologico di Firenze, Sezione Topografica, Sala di Roselle) (Dia 24); c’è<br />

infine un ultimo modello (Tipo III A-B), sim<strong>il</strong>e a una piccola botte aperta - nella parte superiore - per<br />

appoggiarvi <strong>il</strong> recipiente per la cottura e, in quella inferiore, per <strong>il</strong> carico del combustib<strong>il</strong>e. Il secondo<br />

tipo era già conosciuto nella Magna Grecia e doveva risultare migliore del primo modello, in quanto<br />

permetteva una cottura più veloce (Dia 25).<br />

In diverse zone dell’Etruria, per esempio a Poggio Civ<strong>it</strong>ate, Murlo (SI), sono state trovate specie<br />

di campane di terracotta provviste di un’ansa alla somm<strong>it</strong>à, sotto le quali venivano posti i cibi da<br />

cuocere; intorno veniva messa la brace per consentire la cottura, sim<strong>il</strong>e dunque a quella sub testo dei<br />

Romani.<br />

Altri utens<strong>il</strong>i per cuocere i cibi sono gli spiedi (in greco obelòi), usati per arrostire la carne. Li<br />

troviamo talvolta conservati nelle tombe,<br />

Fig. 5 - Graffione.<br />

Fig. 4 - Tipi di fornelli da Acquarossa. In alto, tipi I A-D; in basso,<br />

tipi II B e IIIA-B (da L'alimentazione nel mondo antico. Gli<br />

Etruschi, Roma 1987, p. 99).<br />

forgiati in bronzo o ferro, lunghi anche 1 m e associati a graffioni (Dia 26) (Piano I, sala XV, vetrine A<br />

e B, invv. nn 2676, 1171, 1172 - figg. 5-6).<br />

Quest’ultimo tipo di strumento ha più volte attirato l’attenzione degli studiosi, che hanno tentato<br />

3<br />

Fig. 6 - Particolare<br />

di un vaso attico a<br />

figure rosse<br />

conservato ai<br />

Musei di Berlino.


4<br />

L'alimentazione, la cucina e altre attiv<strong>it</strong>à domestiche<br />

di definirne l’uso. Prevalgono oggi due interpretazioni: la prima tende a identificare questo oggetto<br />

con un porta-fiaccole, i cui rebbî sarebbero stati destinati a sostenere materiale combustib<strong>il</strong>e; la seconda,<br />

avvalorata anche da fonti letterarie (strumenti sim<strong>il</strong>i sono infatti<br />

descr<strong>it</strong>ti, con tale uso, dalle testimonianze romane,<br />

contraddistinti dal nome latinizzato di hàrpago), lo considera un<br />

utens<strong>il</strong>e domestico, anzi culinario, usato per inf<strong>il</strong>zare e cuocere<br />

pezzi di carne, recuperarli dai calderoni e togliere pietanze “dal<br />

fuoco”. Nel medioevo (Dante, Inferno XXI, vv. 55-57), per es., si<br />

usavano uncini per impedire che i cibi in cottura venissero a galla.<br />

Tra gli instrumenta domestica vanno anche annoverate le<br />

“teglie” (sim<strong>il</strong>i nella forma alle odierne padelle) (Dia 27) (Piano<br />

I, Sala XV, vetrina A, ripiano in basso, invv. nn. 1460, 1461),<br />

alcune del tipo monoansato, in bronzo. Si tratta di utens<strong>il</strong>i domestici<br />

adib<strong>it</strong>i a contenere i cibi in fase di cottura e chiamati anche<br />

pàtere o bacinelle (vedi «Notizie degli Scavi», 1971, p. 74, figg.<br />

24-25), di cui esistono diverse varianti a seconda del modo in cui<br />

risultino forgiati orlo e ansa. La medesima classe di recipiente si<br />

trova replicata, nel corso del III secolo a.C., nella cosiddetta “Ceramica<br />

a Vernice Nera” di produzione volterrana, che ispira le<br />

Fig. 7 - Grattugia inv. 811.<br />

sue forme a prototipi di vasi in metallo, ottenendo così conten<strong>it</strong>ori a un costo inferiore di quello<br />

raggiunto dagli originali.<br />

Un altro oggetto d’uso domestico che compare tra le suppellett<strong>il</strong>i da cucina è la grattugia (Piano<br />

I, Sala XV, vetrina A, invv. nn. 811, 812), in genere ricavata in bronzo, ma talvolta anche in metallo<br />

pregiato (fig. 7). Il termine latino ràdula è usato da Columella (De re rust. XII, 15, 5) per un oggetto<br />

che doveva servire a raschiare la vecchia pegola dai vasi, prima di spalmarvela nuovamente. Non<br />

siamo certi, tuttavia, che si tratti del medesimo oggetto, in quanto Columella non lo descrive. Omero<br />

già la menziona (Iliade XI, 638), usata per grattugiare <strong>il</strong> formaggio; era infatti usata per fare <strong>il</strong> kykèion,<br />

bevanda composta da vino forte, orzo, miele e formaggio grattugiato, bevuta dagli eroi omerici (Ateneo,<br />

I, 30b). Non sappiamo se anche gli Etruschi avessero una bevanda sim<strong>il</strong>e.<br />

Fig. 8 -Tintinnabulo<br />

in bronzo, da Bologna.<br />

Da Dizionario<br />

della civ<strong>il</strong>tà etrusca,<br />

a cura di M.<br />

CRISTOFANI, Firenze<br />

1985, p. 1, figg. 1-2,<br />

s.v. “abbigliamento”<br />

(B. ADEMBRI).


L'alimentazionze, la cucina e altre attiv<strong>it</strong>à domestiche<br />

La f<strong>il</strong>atura e la tess<strong>it</strong>ura<br />

A parte la preparazione e la cottura dei cibi, le attiv<strong>it</strong>à domestiche<br />

peculiari della donna etrusca (anche di elevato ceto sociale)<br />

erano la f<strong>il</strong>atura e la tess<strong>it</strong>ura della lana e delle fibre vegetali<br />

(lino). Già in epoca v<strong>il</strong>lanoviana, i corredi delle tombe femmin<strong>il</strong>i<br />

contengono frequentemente rocchetti e fuseruole di ceramica<br />

e, talvolta, fusi di bronzo (Dia 28). L’attiv<strong>it</strong>à della tess<strong>it</strong>ura,<br />

del resto, è documentata negli scavi degli ab<strong>it</strong>ati da numerosi<br />

pesi da telaio, di norma realizzati in terracotta in forma<br />

troncopiramidale (Dia 29), oppure cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>i da semplici ciottoli<br />

(<strong>il</strong> telaio vero e proprio era invece interamente di legno).<br />

Alcune antiche scene figurate, per esempio sul tintinnàbulo<br />

di bronzo di Bologna (VII sec. a.C.), riproducono le diverse fasi<br />

di lavorazione delle fibre tess<strong>il</strong>i, in particolare della lana (fig. 8).<br />

Dopo essere stata cardata, cioè pul<strong>it</strong>a e pettinata, quest’ulti-<br />

ma veniva attorcigliata in f<strong>il</strong>i grezzi e poi f<strong>il</strong>ata con <strong>il</strong> fuso (in legno, osso o bronzo) (fig. 9); <strong>il</strong> f<strong>il</strong>o così<br />

ottenuto, avvolto sui rocchetti, era quindi ut<strong>il</strong>izzato per la tess<strong>it</strong>ura, esegu<strong>it</strong>a per lo più mediante telai<br />

verticali, nei quali i f<strong>il</strong>i erano tenuti in tensione, a gruppi, dagli appos<strong>it</strong>i pesi.<br />

Fig. 10 - Fuseruola<br />

d'impasto.<br />

GLOSSARIO<br />

Fig. 9 - F<strong>il</strong>atrice greca: <strong>il</strong> f<strong>il</strong>o ottenuto<br />

viene deposto in un cesto.<br />

Aulète (o aulèta; gr. auletés) - Il vocabolo indica <strong>il</strong> suonatore di aulós (strumento a fiato tipo<br />

oboe).<br />

Colum - Termine latino usato per indicare colatoio, straccio, f<strong>il</strong>tro.<br />

Columella, Gaio Iunio Moderato - Scr<strong>it</strong>tore latino originario di Càdice e contemporaneo di<br />

Seneca (I sec. d.C.), si occupò di esporre la scienza dell’agricoltura (De re rustica).<br />

Cratère -Grande vaso dalla bocca piuttosto larga, ut<strong>il</strong>izzato per mescolare <strong>il</strong> vino con l'acqua.<br />

Fuseruòla - Elemento (spesso in ceramica o in impasto) ut<strong>il</strong>izzato per fissare la lana sul fuso<br />

(fig. 10).<br />

Hàrpago - Termine latino che deriva dal greco arpàg(h)e, che veniva usato per indicare un’asta<br />

ad uncino. L’asta era attaccata a una catena e mun<strong>it</strong>a di sopra di un uncino in ferro. Nelle commedie di Plauto ha, non a<br />

caso, <strong>il</strong> significato di “ladrone”. Oggigiorno <strong>il</strong> termine è anche usato, con convenzione etruscologica, per designare i<br />

“graffioni”.<br />

Instrumentum - Vocabolo latino per indicare arredo, suppellett<strong>il</strong>e, arnese.<br />

Marziale, Marco Valerio - Poeta latino nato in Spagna orientale (a Bìlb<strong>il</strong>is) nel 39-40 d.C., morì nella sua patria di origine<br />

nel 102 d.C. Scrisse dodici libri di epigrammi.<br />

Obelòs - Parola greca per indicare spiedo (da cui deriva <strong>il</strong> nostro vocabolo obelisco).<br />

Orazio, (Quinto Orazio Flacco) - Scr<strong>it</strong>tore e poeta latino nato a Venosa nel 65 a.C., amico di Mecenate, morì poco dopo<br />

di lui nell’8 a.C. Tra le sue opere principali le Epistole, due libri di Satire e varie poesie, Epòdi e Odi.<br />

Pegola - Sost., sinonimo di pece.<br />

“Piatto da pesce” - Locuzione usata per indicare una particolare forma di piatto - sv<strong>il</strong>uppatasi in Grecia - che presenta al<br />

centro una depressione emisferica, forse ut<strong>il</strong>izzata per contenere salse da gustare con <strong>il</strong> pesce.<br />

Posidònio di Apamea - F<strong>il</strong>osofo e scienziato greco (135-50 a.C.), originario della c<strong>it</strong>tà siriaca di Apamea. Suo maestro fu<br />

lo stoico Panèzio. Delle sue opere ci sono pervenuti vent<strong>it</strong>ré t<strong>it</strong>oli e una serie di frammenti.<br />

Sìmpulum - Termine latino per indicare <strong>il</strong> ramaiolo, sol<strong>it</strong>amente in bronzo.<br />

Sìtula - Termine latino per indicare <strong>il</strong> secchiello per l'acqua.<br />

Stàmnos - Vaso dalle alte spalle e dal collo molto basso, con due anse orizzontali.<br />

Testum - Parola latina usata per indicare <strong>il</strong> coperchio di terracotta. La locuzione “Sub testo” alludeva alla cottura sotto<br />

coperchio.<br />

Tintinnàbulo - Pendaglio bronzeo di destinazione non chiara, con raffigurazioni a basso r<strong>il</strong>ievo.<br />

5


BIBLIOGRAFIA<br />

Sull’alimentazione e la cucina:<br />

L’alimentazione nel mondo antico. Gli Etruschi, Roma 1987.<br />

Sulla f<strong>il</strong>atura e la tess<strong>it</strong>ura:<br />

L’ab<strong>it</strong>ato etrusco dell’Accesa. Il quartiere B, a cura di G. CAMPOREALE, Roma 1997.<br />

Sulle occupazioni domestiche in genere:<br />

G. CAMPOREALE, V<strong>it</strong>a privata, in «Rasenna», M<strong>il</strong>ano 1986, pp. 241-308: 269-281.<br />

Ciclost<strong>il</strong>ato a cura della Sezione Didattica della Soprintendenza Archeologica della Toscana, via<br />

della Pergola 65, Firenze


LA TESSITURA<br />

D 2-2<br />

Scheda di verifica n. 1<br />

Tintinnabulo in bronzo, da Bologna. Da Dizionario della civ<strong>il</strong>tà etrusca, a cura di M. CRISTOFANI, Firenze 1985, p. 1, figg.<br />

1-2, s.v. “abbigliamento” (B. ADEMBRI).<br />

a) Osserva <strong>il</strong> disegno qui riprodotto. Quali operazioni stanno eseguendo le donne raffigurate?<br />

...............................................................................................................................................................<br />

................................................................................................................................................................<br />

................................................................................................................<br />

b) Riesci a riconoscere e a descrivere alcuni degli oggetti che esse stanno ut<strong>il</strong>izzando?<br />

................................................................................................................................................................<br />

................................................................................................................................................................<br />

................................................................................................................<br />

c) Quali di essi sono stati rinvenuti negli scavi archeologici?<br />

.................................................................................................................................................................<br />

.................................................................................................................................................................<br />

...................................................................................................................


grecia


PICCHETTO<br />

L’ARCHEOLOGO<br />

in<br />

LE ARMI, I SOLDATI,<br />

LA GUERRA


IL CITTADINO IN ARMI<br />

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI<br />

SOPRINTENDENZA ARCHEOLOGICA DELLA TOSCANA<br />

SEZIONE DIDATTICA<br />

C 4-4<br />

Il congedo dell'opl<strong>it</strong>a dalla famiglia e la partenza per la battaglia<br />

Nella ceramica attica le rappresentazioni relative al congedo di un guerriero dalla famiglia<br />

superano complessivamente quelle che presentano opl<strong>it</strong>i in azione sul campo di battaglia, e si articolano<br />

in varie scene: la consegna delle armi; l’applicazione degli schinieri; la preparazione del carro; la<br />

partenza del guerriero sopra un carro, rappresentato di prof<strong>il</strong>o o di prospetto; la partenza a cavallo;<br />

l’extispicio; la partenza a piedi; la libagione; guerrieri che raccolgono o recidono una ciocca di capelli.<br />

La formulazione originaria di alcune delle rappresentazioni sopra ricordate (così per la consegna<br />

delle armi, per quella del guerriero che indossa uno schiniere, per la partenza su carro) non si deve ai<br />

ceramografi ateniesi, ma trova precedenti nell’arte corinzia del VII secolo. La loro comparsa<br />

nell’iconografia attica, inoltre, non è simultanea; le attestazioni note dell’extispicio, per esempio,<br />

rientrano fra le più tarde.<br />

E’ degno d’interesse che di una parte r<strong>il</strong>evante delle s<strong>it</strong>uazioni considerate esistano testimonianze<br />

anteriori alla metà del VI secolo, recanti iscrizioni che identificano i personaggi con figure attinte al<br />

m<strong>it</strong>o. Almeno le prime tre scene sopra ricordate (consegna delle armi, applicazione degli schinieri,<br />

preparazione del carro) risultano legate ad Ach<strong>il</strong>le: magari, perché si tratta dell’eroe principale<br />

dell’Iliade, la cui popolar<strong>it</strong>à era forse inferiore solo a quella di Eracle (gli Ateniesi avevano fam<strong>il</strong>iar<strong>it</strong>à<br />

con i poemi epici, provata per esempio dal fatto che Ipparco, <strong>il</strong> figlio di Pisistrato, introdusse la<br />

rec<strong>it</strong>azione di poemi omerici nelle Panatenee [Platone, Ipparco 228 b-c]). In immagini di partenza su<br />

carro con <strong>il</strong> veicolo rappresentato di prospetto, le possib<strong>il</strong><strong>it</strong>à sono diverse: incontriamo infatti,<br />

identificati tram<strong>it</strong>e iscrizioni, non solo Ach<strong>il</strong>le ma anche Ettore, Diomede e altri eroi.<br />

Le rappresentazioni in cui le figure non sono indicate per nome possono rinviare, sull’esempio<br />

degli ‘archetipi’ m<strong>it</strong>ici sopra ricordati, alla sfera m<strong>it</strong>ica, oppure a s<strong>it</strong>uazioni della v<strong>it</strong>a d’ogni giorno,<br />

ponendo in tal caso in risalto <strong>il</strong> c<strong>it</strong>tadino pronto a indossare le armi per difendere la famiglia e la c<strong>it</strong>tà<br />

natia.<br />

L’equipaggiamento del c<strong>it</strong>tadino-guerriero, cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dall’elmo, dalla corazza, dagli schinieri,<br />

dalla lancia e <strong>dallo</strong> scudo circolare (hòplon), è quello caratteristico dell’opl<strong>it</strong>a addestrato a combattere<br />

nella falange, la formazione m<strong>il</strong><strong>it</strong>are tipica del tempo. Quanto alle figure che simboleggiano la famiglia,<br />

si può immaginare che <strong>il</strong> personaggio anziano rappresenti la precedente generazione di c<strong>it</strong>tadini-soldati,<br />

che trasmette <strong>il</strong> suo esempio all’attuale. Questa, raccogliendolo, deve a sua volta svolgere la stessa<br />

funzione nei confronti della futura generazione di guerrieri, simboleggiata in talune scene dalla figura<br />

di un giovane nudo. La donna, infine, rappresenta la madre o la moglie, disposte a lasciar partire <strong>il</strong><br />

proprio congiunto per la guerra; in qualche caso vediamo questo personaggio mentre cura l’aspetto<br />

r<strong>it</strong>uale del commiato, con l’offerta di una libagione. Potremmo dire, in defin<strong>it</strong>iva, che nelle immagini<br />

di congedo si rispecchia quella disponib<strong>il</strong><strong>it</strong>à e quella preparazione a combattere, che lo stato richiedeva<br />

ai propri c<strong>it</strong>tadini.<br />

Uno sguardo, se pure rapido, alle componenti essenziali delle scene di congedo non può trascurare<br />

aspetti che, a parte le scene corredate d’iscrizioni, segnalano ancora un livello d’interferenza fra amb<strong>it</strong>o<br />

reale e sfera m<strong>it</strong>ica e fanno sì che eroe e c<strong>it</strong>tadino-guerriero appaiano quasi intercambiab<strong>il</strong>i: si tratta delle<br />

partenze su carro, estranee alle consuetudini m<strong>il</strong><strong>it</strong>ari del periodo arcaico e interpretab<strong>il</strong>i in defin<strong>it</strong>iva<br />

come rel<strong>it</strong>ti dei poemi omerici, e della presenza di elementi antiquari quali lo scudo beotico, anch’esso


2<br />

Il c<strong>it</strong>tadino in armi<br />

anacronistico, per esempio su un’anfora con scena d’armamento conservata a Londra (fig.1). Questo<br />

tipo di scudo, noto peraltro solo da documenti figurati, non era infatti più impiegato all’epoca in cui fu<br />

dipinto <strong>il</strong> nostro vaso. Potremmo forse supporre, che un ateniese chiamato alle armi nel VI secolo<br />

riconoscesse in immagini siffatte un modello di comportamento e uno stimolo a fare proprio <strong>il</strong> valore<br />

degli eroi del m<strong>it</strong>o.<br />

La consegna delle armi<br />

Nel campo principale della hydrìa inv.3808 (sala<br />

II, vetr.1 in a. a d.) (Dia 30) un personaggio femmin<strong>il</strong>e<br />

porge un elmo corinzio a una figura barbata in ch<strong>it</strong>one<br />

e himàtion, che regge una lancia nella d.; fra i due è<br />

raffigurato uno scudo visto di prof<strong>il</strong>o, appoggiato a<br />

terra. Fanno da cornice alle figure centrali due coppie,<br />

composte ciascuna da un personaggio masch<strong>il</strong>e e da uno<br />

femmin<strong>il</strong>e; la donna alle spalle della figura barbata<br />

regge un tralcio vegetale.<br />

Come nel caso di altre scene riferib<strong>il</strong>i al tema<br />

‘congedo di un guerriero’, anche per quella appena<br />

considerata esistono nella ceramografia attica del secondo<br />

quarto del VI secolo versioni corredate da iscrizioni,<br />

che identificano i personaggi principali con Ach<strong>il</strong>le<br />

e sua madre, la nereide Teti. Se si accetta tale lettura in<br />

chiave m<strong>it</strong>ologica per la nostra hydrìa (e per una replica<br />

Fig.1 - Anfora attica a figure nere. Londra, Br<strong>it</strong>.<br />

Mus. 1843.11-13.101. Gruppo delle Sirene con<br />

corpo a forma di occhio. Verso <strong>il</strong> 520. Un guerriero<br />

indossa uno schiniere (da A.B. Spiesß, Der<br />

Kriegerabschied auf attischen Vasen der<br />

archaischen Ze<strong>it</strong>, Francoforte 1992, fig.6).<br />

sul frammento inv.94316, esposto al suo fianco), l’abbigliamento di Ach<strong>il</strong>le suggerisce di collocare<br />

l’episodio a Ftia, cioè prima della partenza della spedizione troiana, piuttosto che nell’accampamento<br />

davanti alle mura di Troia nel quale, dopo la morte di Patroclo (spogliato delle armi di Ach<strong>il</strong>le da parte<br />

di Ettore) la dea consegnò al figlio nuove armi, forgiate per lui da Efesto (Iliade XIX 1 ss.).<br />

Allo stesso eroe e a raffigurazioni nelle quali Teti è accompagnata dalle sue sorelle, le Nereidi,<br />

che l’aiutano a trasportare le armi, fa pensare altresì l’immagine nel ridotto campo figurato sul collo di<br />

un’anfora (inv.3773, sala I, vetr. 6, retro a sin.): un personaggio barbato nudo riceve uno scudo beotico<br />

da una figura femmin<strong>il</strong>e, mentre altre donne reggono uno scudo analogo (visto questa volta di prof<strong>il</strong>o,<br />

con un emblema reso plasticamente a sbalzo), un elmo e due spade inser<strong>it</strong>e nel fodero.<br />

L’applicazione degli schinieri<br />

Un motivo strettamente connesso alla consegna delle armi, quello del guerriero che indossa uno<br />

schiniere, appare fissato su varie immagini; sull’anfora inv.3839 (sala III, vetr. 5 in b.) (Dia 31) un uomo<br />

barbato ha deposto un elmo a terra e si accinge ad applicare a una gamba uno schiniere, assist<strong>it</strong>o da un<br />

personaggio femmin<strong>il</strong>e - la madre, la sorella o la moglie - che regge uno scudo e una lancia; fra le due<br />

figure, in alto, è sospesa una spada. Alle spalle della donna è rappresentato un cane, sulla sinistra un<br />

guerriero che si allontana dal gruppo principale, volgendosi indietro.<br />

E’ invece lim<strong>it</strong>ato alla figura del guerriero curvo in avanti, attorniato dalle proprie armi, <strong>il</strong><br />

frammentario medaglione di una coppa a figure rosse (inv.73131, sala IV, vetr. 6 a d.), rimarchevole<br />

per l’alta qual<strong>it</strong>à della p<strong>it</strong>tura ed esibente un corsetto provvisto di spallacci allacciati davanti al petto e<br />

di una serie di fimbrie in basso (ptèryges), che sost<strong>it</strong>uisce <strong>il</strong> corsetto campaniforme, corrente nelle<br />

rappresentazioni di guerrieri del VI secolo.


Il c<strong>it</strong>tadino in armi 3<br />

Preparazione e partenza di un carro<br />

Un frammento di hydrìa a figure nere (inv.94314, sala IV, vetr. 2 in b. al c.) (Dia 32) si riferisce<br />

alla preparazione di un carro per raggiungere <strong>il</strong> campo di battaglia, come dimostra la presenza di un<br />

armato con l’elmo sollevato sopra la fronte, che mette un piede sopra al veicolo reggendo la frusta e le<br />

redini. Il suo auriga, contraddistinto da un lungo ch<strong>it</strong>one, è occupato con i finimenti di tre cavalli già<br />

allineati al timone del carro, mentre un giovane trattiene gli animali - o mette a essi <strong>il</strong> morso - e un<br />

personaggio barbato introduce un altro cavallo, tenendolo per una cavezza.<br />

Il momento vero e proprio della partenza, con un guerriero che sale su un carro mentre si volge<br />

a guardare la famiglia (anfora tirrenica inv.3773, sala I, vetr. 6 in b. a d.), viene descr<strong>it</strong>to nel quadro di<br />

un episodio m<strong>it</strong>ologico distinto, <strong>il</strong> congedo del veggente Anfiarao. All’amb<strong>it</strong>o del m<strong>it</strong>o rinvia altresì un<br />

frammento attribu<strong>it</strong>o al P<strong>it</strong>tore di Priamo (inv.94355, sala III, vetr. 7 in a.), sul quale i personaggi<br />

recavano i nomi scr<strong>it</strong>ti accanto - <strong>il</strong> solo conservato per intero è quello di un arciere reso davanti ai cavalli,<br />

Pàris (Paride) -. Sulla base di una lettera eta superst<strong>it</strong>e è stata avanzata, pur con la cautela del caso,<br />

l’ipotesi che chi parte sia l’eroe troiano Ettore.<br />

Esempi del motivo della partenza su carro come ce li presenta, senza riferimento a s<strong>it</strong>uazioni<br />

specifiche e quindi in maniera più pertinente al tema di questo percorso, un certo numero di vasi del terzo<br />

quarto del VI secolo, figurano su entrambi i lati dell’anfora inv. 3860 (sala III, vetr. 4 in b. a d.). Su uno<br />

di essi (Dia 33), un opl<strong>it</strong>a sta in piedi accanto al proprio auriga su un carro, che sta per muovere verso<br />

d. alla presenza di altri guerrieri e di figure femmin<strong>il</strong>i.<br />

A una s<strong>it</strong>uazione sostanzialmente analoga alla precedente fanno pensare, sebbene <strong>il</strong> carro sia per<br />

<strong>il</strong> momento occupato solo da un conduttore barbato, le coppie di opl<strong>it</strong>i a fianco di una quadriga mostrata<br />

in piena frontal<strong>it</strong>à sulla hydrìa inv.3789 (sala II, vetr. 4 in b. a sin.).<br />

La partenza a cavallo<br />

La formula delle figure di prospetto risulta altresì adottata per un cavaliere equipaggiato con elmo,<br />

scudo e due lance, affiancato da un compagno apparentemente disarmato (anfora inv.3828, sala II, vetr.<br />

4 in b. al c.). Si penserebbe a prima vista a un opl<strong>it</strong>a a cavallo che, giunto sul campo di battaglia, smonterà<br />

per combattere, affidando la propria cavalcatura all’accompagnatore fino alla conclusione dello scontro<br />

o al momento d’inseguire un nemico (una s<strong>it</strong>uazione che, comunque, una parte della cr<strong>it</strong>ica respinge<br />

come non rispondente alla tattica m<strong>il</strong><strong>it</strong>are del VI secolo, riferendola piuttosto a consuetudini del passato<br />

e al mondo degli eroi); ma <strong>il</strong> fatto che la figura armata indossi non una corazza, bensì un ch<strong>it</strong>one,<br />

autorizza a riconoscervi un cavaliere.<br />

Da queste immagini connesse con la sfera prettamente m<strong>il</strong><strong>it</strong>are, spostiamo nuovamente la nostra<br />

attenzione sul commiato del c<strong>it</strong>tadino-guerriero dalla propria casa e su rappresentazioni attinenti ad<br />

aspetti r<strong>it</strong>uali.<br />

La partenza a piedi<br />

Un’atmosfera statica contraddistingue le scene sul cratere inv.141879 (sala II, vetr. 1 in b. a d.)<br />

e sulla lèkythos inv.3810 (sala V, vetr. 4), incentrate su un opl<strong>it</strong>a attorniato da personaggi ammantati.<br />

Sull’anfora inv.3845 (sala III, vetr. 5, retro in a. a sin.) (Dia 34) un guerriero in armatura completa,<br />

con scudo beotico, si allontana volgendosi a guardare una donna velata, che insieme a un anziano<br />

personaggio masch<strong>il</strong>e simboleggia la sua famiglia. Va notata anche la presenza di un arciere sulla sin.,<br />

nel caratteristico costume sc<strong>it</strong>ico con tunica e berretto a punta. (Nella seconda metà del VI secolo furono<br />

introdotti ad Atene, probab<strong>il</strong>mente per iniziativa di Pisistrato, arcieri originari delle steppe della Russia<br />

meridionale. Il loro modo di vestire fu adottato nell’arte greca per raffigurare arcieri, personaggi di stirpe<br />

orientale e Amazzoni).


4<br />

Fig.2 - Anfora attica a figure rosse. Würzburg, Martin-von-<br />

Wagner-Museum 507. P<strong>it</strong>tore di Kleophràdes. 500.<br />

Il c<strong>it</strong>tadino in armi<br />

L’extispicio<br />

La tecnica dell’extispicio, ignota ai<br />

poemi omerici, fu probab<strong>il</strong>mente introdotta<br />

in Grecia dall’Oriente nel VII secolo<br />

e conobbe grande diffusione anche in<br />

Etruria. Fonti letterarie attestano <strong>il</strong> ricorso<br />

alla ieroscopia come procedura corrente<br />

fra i comandanti di spedizioni m<strong>il</strong><strong>it</strong>ari<br />

desiderosi di conoscere l’es<strong>it</strong>o dell’impresa<br />

cui si accingevano, che si servivano<br />

di un veggente per l’interpretazione dei<br />

segni. Secondo alcuni studiosi la particolar<strong>it</strong>à<br />

e la difficoltà interpretativa di immagini<br />

di divinazione come quella sulla<br />

nostra anfora inv. 3856 (sala III, vetr. 5 in<br />

a. al c.) (Dia 35) in cui un opl<strong>it</strong>a esamina<br />

i visceri di una v<strong>it</strong>tima sacrificale, che gli<br />

viene presentata da un giovane schiavo fra<br />

un vecchio canuto appoggiato a uno scet-<br />

tro e una figura femmin<strong>il</strong>e, o su un esemplare a figure rosse conservato a Würzburg (fig.2), è data dal<br />

fatto che la lettura dei visceri non viene esegu<strong>it</strong>a da un veggente di professione, per conto di tutto<br />

l’eserc<strong>it</strong>o e sul campo di battaglia, bensì da un singolo opl<strong>it</strong>a al momento del distacco dai famigliari:<br />

appare poco verosim<strong>il</strong>e che tutti gli opl<strong>it</strong>i disponessero delle cognizioni necessarie per compiere<br />

correttamente l’esame dei visceri. Ci si potrebbe chiedere pertanto se immagini di epatoscopia come la<br />

nostra esprimano l’aspirazione da parte del singolo c<strong>it</strong>tadino-opl<strong>it</strong>a a un’interrogazione personale<br />

riguardo al futuro - o all’opportun<strong>it</strong>à del momento per affrontare la partenza - o se invece pongano in<br />

risalto <strong>il</strong> significato, valido per <strong>il</strong> singolo, di un’interpretazione dei segni cui nella realtà si procedeva<br />

in funzione di tutto l’eserc<strong>it</strong>o.<br />

La libagione<br />

Un aspetto r<strong>it</strong>uale documentato di rado nella tecnica a figure nere, ma ricorrente nella tecnica a<br />

figure rosse è quello della libagione. Su un frammento di hydrìa (inv.151235, sala IV, vetr. 6 in b. al c.)<br />

(Dia 36) un anziano personaggio regge lo scudo poggiato a terra di un guerriero, che stringe a sua volta<br />

due lance. La metà d. dell’immagine è occupata da una figura femmin<strong>il</strong>e che versa del vino nella phiàle<br />

protesa di un guerriero, seduto sopra un blocco quadrangolare con l’elmo sollevato sopra la fronte e lo<br />

scudo poggiato a terra. Costui tiene la coppa inclinata, spagliando a terra una parte del liquido e<br />

compiendo con la sin. un gesto di preghiera.<br />

Un’atmosfera che evoca l’amb<strong>it</strong>o della famiglia caratterizza altresì le raffigurazioni sui lati esterni<br />

di una coppa d’età classica (inv.151534 [PD 372], sala IX, vetr. 3 in a.). Sul lato A una figura femmin<strong>il</strong>e<br />

regge l’elmo e lo scudo di un giovane guerriero appoggiato a un’asta, che volge <strong>il</strong> capo verso un’altra<br />

donna, intenta a versare del vino in una phiàle. Un personaggio barbato assiste alla libagione,<br />

appoggiato a uno scettro. Quest’ultima figura si ripete sul lato opposto, in cui non troviamo invece la<br />

donna che regge le armi; l’altra figura femmin<strong>il</strong>e protende la phiàle verso un giovane, che in questo caso<br />

sta accanto al suo cavallo.


Il c<strong>it</strong>tadino in armi 5<br />

Il taglio di una ciocca di capelli<br />

Come corollario al nostro esame dell’iconografia connessa con <strong>il</strong> congedo del guerriero, sembra<br />

opportuno richiamare l’attenzione del vis<strong>it</strong>atore su una particolar<strong>it</strong>à delle scene d’armamento degli inizi<br />

del V secolo, nelle quali vediamo figure che avvicinano ai propri capelli la lama di una spada: è quanto<br />

accade su un frammento attribu<strong>it</strong>o al P<strong>it</strong>tore<br />

di Kleophràdes (inv.151553 [8 B 6]<br />

sala V, vetr. 1), in cui riconosciamo a d.<br />

parte del corpo di un guerriero, che stando<br />

in equ<strong>il</strong>ibrio su una gamba aggiusta la<br />

posizione di uno schiniere; a sin. è invece<br />

l’estrem<strong>it</strong>à della lunga chioma di un’altra<br />

figura, con parte della sua mano d. che<br />

impugna una spada.<br />

Data l’incompletezza della rappresentazione,<br />

non è possib<strong>il</strong>e determinare<br />

<strong>il</strong> contesto né <strong>il</strong> gesto esatto del guerriero<br />

a sin., intento a raccogliere i capelli per<br />

pratic<strong>it</strong>à prima di indossare l’elmo oppu-<br />

re a reciderne una ciocca in atto di dedica.<br />

Nei casi in cui <strong>il</strong> contesto è riconoscib<strong>il</strong>e<br />

con sicurezza, occorre trasferirsi<br />

dal piano dell’esperienza quotidiana al<br />

mondo degli eroi: si tratta infatti dell’ar-<br />

Fig. 3 - Coppa attica a figure rosse. Atene, Mus. Naz., Acr.336.<br />

P<strong>it</strong>tore di Kleophràdes. Verso <strong>il</strong> 480. Carro e guerrieri che si<br />

armano; forse i Sette a Tebe (Da Antike Kunst 19, 1976, tav.3,2).<br />

mamento che precede la spedizione o, più probab<strong>il</strong>mente, l’ultimo assalto dei Sette a Tebe (cfr. i<br />

frammenti di una coppa, anch’essa assegnata al P<strong>it</strong>tore di Kleophràdes, trovati sull’Acropoli di Atene<br />

[fig.3]). In quella circostanza, la recisione di una ciocca di capelli acquista <strong>il</strong> senso di un atto di dedica.<br />

(I Sette - Adrasto, Partenopeo, Polinice, Tideo, Anfiarao, Ippomedonte, Capaneo - mossero contro Tebe<br />

al comando di Adrasto, signore di Argo, per riportarvi sul trono Polinice. Sapendo che solo Adrasto<br />

sarebbe tornato vivo, i partecipanti compirono un sacrificio e appesero al suo carro ciocche di capelli,<br />

da recare in ricordo ai congiunti; cfr. Esch<strong>il</strong>o, Sette a Tebe, 42-50).<br />

Il r<strong>it</strong>orno di un caduto<br />

In un percorso che tratta delle rappresentazioni connesse con <strong>il</strong> distacco del guerriero dalla<br />

famiglia, vale la pena di spendere una parola sulle immagini relative a una circostanza a esso<br />

complementare e opposta dal punto di vista del contenuto: quelle del r<strong>it</strong>orno. In particolare, accenniamo<br />

qui alle scene in cui <strong>il</strong> r<strong>it</strong>orno di un guerriero avviene da morto. Si veda <strong>il</strong> medaglione di una coppa del<br />

P<strong>it</strong>tore di Heidelberg (inv.3893, sala I, vetr. 3 in b.) (Dia 37): <strong>il</strong> corpo inanimato del guerriero vi è<br />

trasportato sopra le spalle da un compagno.<br />

Anche questo episodio, successivo alla nob<strong>il</strong>e morte (thànatos kalòs) sul campo di battaglia, può<br />

venire trasfer<strong>it</strong>o dal piano dell’esperienza reale nel passato eroico; e anche in questo caso, come per la<br />

consegna delle armi, l’applicazione degli schinieri e la preparazione del carro, <strong>il</strong> modello m<strong>it</strong>ico è<br />

rappresentato da Ach<strong>il</strong>le: abbiamo l’opportun<strong>it</strong>à di osservarne esempi sicuri - e <strong>il</strong>lustri - sui tratti esterni<br />

delle anse del Cratere François (inv.4209, sala I, vetr. 4), in cui <strong>il</strong> gigantesco corpo nudo di Ach<strong>il</strong>le<br />

(Ach<strong>il</strong>èus) grava sopra le spalle del cugino Aiace (Aias).<br />

Alle immagini di Aiace con la salma di Ach<strong>il</strong>le si ricollega anz<strong>it</strong>utto <strong>il</strong> medaglione interno di una<br />

coppa all’incirca coeva al Cratere François; <strong>il</strong> medesimo gruppo compare inoltre sul frammento


6<br />

d’anfora inv.141814 (sala II, vetr. 4 al c.), composto<br />

però secondo uno schema diverso - <strong>il</strong> cadavere appare<br />

trasportato dal compagno non già sulle spalle, ma sulla<br />

schiena -. E’ probab<strong>il</strong>e che l’invenzione di quest’ultimo<br />

schema si debba a una delle personal<strong>it</strong>à più alte<br />

della ceramografia attica a figure nere, Exekìas, che ne<br />

ha lasciato esempi su anfore conservate a Monaco<br />

(fig.4) e a Berlino.<br />

Il c<strong>it</strong>tadino in armi<br />

Fig. 4 - Anfora attica a figure nere. Monaco,<br />

Antikensammlung 1470. Exekìas. Verso <strong>il</strong> 540. Aiace<br />

trasporta <strong>il</strong> corpo di Ach<strong>il</strong>le.


Il c<strong>it</strong>tadino in armi 7<br />

GLOSSARIO<br />

Amazzoni - Popolazione di donne guerriere, collocata dagli autori antichi ai confini del mondo conosciuto. Si affermava<br />

che per provvedere alla continu<strong>it</strong>à della stirpe incontrassero uomini di un’altra razza e che tenessero in segu<strong>it</strong>o le figlie<br />

femmine, liberandosi dei maschi; che tagliassero inoltre alle fanciulle una mammella, perché non fosse d’impedimento in<br />

battaglia. Le loro occupazioni erano la caccia e la guerra. Le fonti letterarie le mettono in rapporto con varie leggende: le<br />

Amazzoni per esempio prendono parte alla guerra di Troia, devono affrontare spedizioni di Eracle, di Teseo e muovono<br />

contro l’Attica per vendicare <strong>il</strong> rapimento di Antìope. Sono un soggetto frequente nelle arti figurative, a partire almeno dalla<br />

fine del VII secolo.<br />

Anfiarào - Eroe e veggente, figlio di Oiklès e Ipermestra. Prevedendo <strong>il</strong> risultato della spedizione dei Sette a Tebe,<br />

organizzata da Adrasto, re di Argo, per porre sul trono di Tebe l’esule Polinìce, non volle parteciparvi finché la moglie Erifìle,<br />

corrotta da Polinìce con la collana di Armonia, ve lo costrinse; Anfiarào e Adrasto avevano infatti convenuto che, in caso<br />

di divergenze, la decisione sarebbe spettata a Erifìle. Prima di partire per Tebe, in cui sarebbe morto inghiott<strong>it</strong>o da un<br />

crepaccio prodotto dal fulmine di Zeus, Anfiarào ordinò ai figli di vendicare la sua morte su Erifìle e di compiere una<br />

spedizione contro Tebe.<br />

Beotico, scudo - Scudo di forma ovale, con lati inflessi nella zona centrale.<br />

Clàmide - Corto mantello appuntato sopra una spalla, caratteristico in particolare di guerrieri e viaggiatori.<br />

Elmo corinzio - Ricavato da un’unica lamina martellata, aveva una calotta globulare ed era mun<strong>it</strong>o di un paranuca, di<br />

paraguance sv<strong>il</strong>uppati e di un elemento di protezione per <strong>il</strong> naso.<br />

Epatoscopìa - Metodo di divinazione basato sull’esame del fegato di un animale sacrificale.<br />

Ftia - Nei poemi omerici è <strong>il</strong> nome del regno di Peleo e di Ach<strong>il</strong>le, patria dei Mirmìdoni, nella valle del fiume Sperchèo.<br />

Himàtion - Indumento cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da un rettangolo di stoffa, drappeggiato intorno al corpo, indossato sia dagli uomini, sia<br />

dalle donne.<br />

Ieroscopìa - Esame dei visceri di una v<strong>it</strong>tima sacrificale a scopo divinatorio.<br />

Nerèidi - Figlie del dio marino Nereo e dell’oceanina Doride, che vivevano nelle profond<strong>it</strong>à del mare.<br />

Opl<strong>it</strong>a - Soldato appiedato, mun<strong>it</strong>o di armatura composta da lancia, spada, scudo, elmo, corazza e schinieri. Era in genere<br />

<strong>il</strong> c<strong>it</strong>tadino che godeva di pieni dir<strong>it</strong>ti e doveva provvedere con i propri mezzi, completamente o in parte, all’acquisto delle<br />

armi. L’opl<strong>it</strong>a combatteva nella falange, uno schieramento rigidamente frontale, concep<strong>it</strong>o per <strong>il</strong> combattimento ravvicinato.<br />

Schinieri - Elementi dell’armatura, realizzati in lamina metallica, che proteggevano la parte anteriore della gamba dal<br />

ginocchio alla caviglia. La maggior parte degli schinieri pervenuti fino a noi reca f<strong>il</strong>e di punti lungo i margini, probab<strong>il</strong>mente<br />

per assicurare un’imbott<strong>it</strong>ura interna piuttosto che per essere allacciati.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

W. WREDE, “Kriegers Ausfahrt in der archaisch-griechischen Kunst” in Deutsches Archäologisches Inst<strong>it</strong>ut, Athenische<br />

M<strong>it</strong>te<strong>il</strong>ungen 41, 1916, p. 221 ss.<br />

A.B. SPIESS, Der Kriegerabschied auf attischen Vasen der archaischen Ze<strong>it</strong>, Francoforte 1992<br />

Recisione di una ciocca di capelli: J. BOARDMAN, Antike Kunst 19, 1976, p. 15 s.<br />

Ciclost<strong>il</strong>ato a cura della Sezione Didattica della Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana,<br />

via della Pergola, 65 - Firenze


IL CONGEDO DELL’OPLITA DALLA FAMIGLIA E LA<br />

PARTENZA PER LA BATTAGLIA<br />

Anfora attica a figure nere. Londra, Br<strong>it</strong>ish Museum<br />

1843.11-13.101. Gruppo delle Sirene con <strong>il</strong> Corpo a<br />

forma di Occhio. Verso <strong>il</strong> 520 a.C.<br />

1) Ricordate motivi o momenti relativi al congedo di un guerriero, che vengano raffigurati di frequente<br />

sui vasi attici?<br />

…………………………………………………………………………………………………………<br />

…………………………………………………………………………………………………………<br />

…………………………………………………………………………………………………………<br />

2) Qual è <strong>il</strong> significato simbolico delle figure che talora prendono parte alla scena?<br />

C 4-4<br />

Scheda di verifica n. 1<br />

A. Personaggio anziano:<br />

…………………………………………………………………………………………………………<br />

…………………………………………………………………………………………………………<br />

…………………………………………………………………………………………………………<br />

B. Figura femmin<strong>il</strong>e:<br />

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…………………………………………………………………………………………………………<br />

…………………………………………………………………………………………………………<br />

C. Personaggio masch<strong>il</strong>e in giovane età:<br />

…………………………………………………………………………………………………………<br />

…………………………………………………………………………………………………………<br />

…………………………………………………………………………………………………………<br />

3) Nelle rappresentazioni del congedo di un guerriero vi sono talvolta iscrizioni che identificano i<br />

personaggi con figure del m<strong>it</strong>o (per esempio con Ach<strong>il</strong>le). Quando le iscrizioni non ci sono, quali<br />

elementi possono fare ugualmente pensare a una s<strong>it</strong>uazione ambientata nel passato eroico?<br />

…………………………………………………………………………………………………………<br />

…………………………………………………………………………………………………………<br />

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Anfora attica a figure rosse. Würzburg,<br />

Martin-von-Wagner-Museum 507. P<strong>it</strong>tore<br />

di Kleophràdes. 500 a.C.<br />

L’EXTISPICIO<br />

C 4-4<br />

Scheda di verifica n. 2<br />

1) In cosa consisteva l’extispicio?<br />

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…………………………………………………………………………………………………………<br />

…………………………………………………………………………………………………………<br />

2) Nella realtà, l’esame dei visceri di una v<strong>it</strong>tima era affidato ai singoli guerrieri, o veniva affidato a un<br />

incaricato che lo compiva per conto di tutto l’eserc<strong>it</strong>o?<br />

…………………………………………………………………………………………………………<br />

…………………………………………………………………………………………………………<br />

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Frammento di coppa attica a figure rosse.<br />

Atene. Mus. Naz., Acr.336. P<strong>it</strong>tore di<br />

Kleophràdes. 480 a.C.<br />

IL TAGLIO DI UNA CIOCCA DI CAPELLI<br />

C 4-4<br />

Scheda di verifica n. 3<br />

1) Quale azione puo indicare l’immagine di un soldato che accosta la lama di una spada ai suoi capelli?<br />

A ………………………………………………………………………………………………………<br />

…………………………………………………………………………………………………………<br />

B ………………………………………………………………………………………………………<br />

…………………………………………………………………………………………………………<br />

2) Quale episodio del m<strong>it</strong>o racconta che alcuni guerrieri recisero una ciocca di capelli, da portare in<br />

ricordo ai parenti nel caso soccombessero in battaglia?<br />

…………………………………………………………………………………………………………<br />

…………………………………………………………………………………………………………<br />

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PICCHETTO<br />

L’ARCHEOLOGO<br />

in<br />

I COMMERCI NEL<br />

MONDO ANTICO


MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI<br />

SOPRINTENDENZA ARCHEOLOGICA DELLA TOSCANA<br />

SEZIONE DIDATTICA<br />

VIAGGI, VIAGGIATORI E MEZZI DI TRASPORTO<br />

Nel mondo antico non si viaggia né ci si sposta frequentemente: gli orizzonti del greco sono<br />

necessariamente ristretti e la conoscenza del mondo è forzatamente lim<strong>it</strong>ata all’esperienza di rari viaggi<br />

o alle parole di chi, avendo “sperimentato” <strong>il</strong> mondo, diffonde su di esso racconti spesso mirabolanti.<br />

La vicenda di Esìodo è, in questo senso, emblematica: come <strong>il</strong> poeta stesso racconta nelle Opere e giorni<br />

(vv. 635-640) <strong>il</strong> padre “qui (=ad Ascra) giunse una volta lasciata l’eolica Cuma, sulla sua nera nave,<br />

non beni fuggendo, né ricchezza, né prosper<strong>it</strong>à ma la malvagia miseria che Zeus agli uomini manda;<br />

e venne ad ab<strong>it</strong>are vicino all’Elicòna, in un tristo v<strong>il</strong>laggio, ad Ascra, d’inverno cattiva, aspra d’estate,<br />

piacevole mai”. L’orizzonte d’Esìodo è fortemente lim<strong>it</strong>ato ai campi di Ascra e <strong>il</strong> poeta si vanta di “non<br />

aver mai, finora, su nave l’ampio mare percorso” se non per recarsi una volta in Eubèa (vv. 650-659),<br />

notoriamente separata dal continente da un brevissimo tratto di mare.<br />

Pochi “priv<strong>il</strong>egiati” si spostano, conoscono <strong>il</strong> mondo, ne affrontano i pericoli. Viaggiano i<br />

guerrieri che portano ma che talora trovano, lontano dalle case, morte. Viaggiano, con le loro merci, su<br />

navi proprie o altrui i mercanti e sperimentano, con coraggio, come Ulisse, l’“indole” degli uomini.<br />

Viaggiano i pellegrini diretti talora verso lontani santuari panellenici. Viaggiano, o meglio abbandonano<br />

le terre d’origine “fuggendo -come <strong>il</strong> padre di Esìodo- la malvagia miseria che Zeus agli uomini<br />

manda” maestranze artigiane in cerca di lavoro e intere popolazioni in cerca di una terra lontana che li<br />

nutra. Si viaggia e ci si sposta per necess<strong>it</strong>à, affrontando l’ignoto e consapevoli dei rischi e pericoli.<br />

Non diverso è <strong>il</strong> comportamento dell’Ateniese. L’ateniese medio risiede in c<strong>it</strong>tà e si sposta<br />

periodicamente verso la campagna nella quale possiede una casa generalmente posta al centro di un<br />

lim<strong>it</strong>ato appezzamento di terra; ma non oltrepassa i confini dell’Attica se non quando maggiori necess<strong>it</strong>à<br />

lo trasformano in soldato e lo spingono verso lontani teatri di guerra (v. C4-4). Anche lo sguardo dei<br />

ceramografi attici non sembra spingersi frequentemente al di là dei confini dell’Attica: l’esperienza del<br />

mondo pare mediata attraverso i racconti del m<strong>it</strong>o che hanno per protagonisti eroi viaggiatori (si pensi<br />

a Ulisse). L’attenzione del ceramografo attico, per comprensib<strong>il</strong>i motivi (central<strong>it</strong>à della figura umana,<br />

carattere allusivo e “simbolico” delle notazioni d’ambiente -v. C4-6), si sofferma per lo più sulla figura<br />

del viaggiatore (molto spesso un guerriero in procinto di partire) o, comunque, di colui che si sposta e<br />

sul mezzo di trasporto. Spesso la raffigurazione del mezzo di trasporto manca (ovviamente anche perché<br />

nell’antich<strong>it</strong>à si viaggiava soprattutto a piedi) e solo la “tenuta” da viaggio (corto mantello, stivaletti,<br />

cappello a larghe tese=pètasos) individua <strong>il</strong> viaggiatore.<br />

Gli spostamenti per via di terra: carri e animali da tiro e da “sella”<br />

C 4-7<br />

1 - Quadrighe<br />

Tra i “mezzi” di trasporto più frequentemente raffigurati dai ceramografi attici si segnalano bighe<br />

e quadrighe, carri molto leggeri trainati rispettivamente da due e da quattro cavalli. Si tratta, come è noto<br />

(v. C4-4), essenzialmente di carri da guerra, talvolta impiegati tuttavia anche per spostamenti non<br />

necessariamente legati a “eventi” bellici. Il loro impiego però è regolarmente lim<strong>it</strong>ato sui vasi attici a<br />

eroi del m<strong>it</strong>o oppure a personaggi che, anonimi, rinviano comunque a un passato remoto e m<strong>it</strong>ico.<br />

Sull’hydrìa a figure nere n. inv. 3867, del Gruppo di Lèagros, datab<strong>il</strong>e al 520-510 a.C. circa (Piano


2<br />

Fig. 1 - Hydrìa a figure nere. Firenze, Museo<br />

Archeologico n. inv. 3867. Gruppo di Lèagros. 520-<br />

510 a.C. circa. Partenza del guerriero.<br />

Viaggi, viaggiatori e mezzi di trasporto<br />

II, Sala IV, Vetrina 2, ripiano superiore al centro, n. 1)<br />

(fig.1) è raffigurata la partenza del guerriero. In primo<br />

piano è visib<strong>il</strong>e <strong>il</strong> carro trainato da quattro cavalli<br />

intorno al quale si affollano i personaggi: una figura<br />

femmin<strong>il</strong>e con un’oinochòe (allusiva all’offerta di un<br />

liquido -una libagione- che sottolinea normalmente <strong>il</strong><br />

momento del distacco e della partenza), due guerrieri<br />

armati e l’auriga che è già sal<strong>it</strong>o sul cocchio. I guerrieri<br />

sono “anonimi”, nessun elemento consente una loro<br />

più precisa identificazione, ma la presenza del carro<br />

trainato da quattro cavalli rinvia comunque a una<br />

pratica quotidiana degli eroi della leggenda. Sulla<br />

hydrìa a figure nere n. inv. 3789, del P<strong>it</strong>tore del Louvre<br />

F51, datab<strong>il</strong>e al 550-540 a.C. circa (Piano II, Sala II,<br />

Vetrina 4, ripiano inferiore a sinistra, n. 1) (Dia 45) è<br />

raffigurata una quadriga. La visione di prospetto, alternativa a quella di prof<strong>il</strong>o, è attestata frequentemente<br />

nella ceramica attica intorno alla metà del VI sec. a.C. e successivamente. Generalmente, in<br />

questo caso, la quadriga occupa interamente <strong>il</strong> campo figurato con i corpi dei cavalli in primo piano,<br />

mentre le figure umane vi svolgono un ruolo secondario: sulla hydrìa fiorentina, ai lati del cocchio, si<br />

dispongono due coppie di opl<strong>it</strong>i mentre l’auriga, che indossa la caratteristica lunga veste bianca,<br />

s’intravede appena fra le teste dei cavalli. Quest’ultime, rese di prof<strong>il</strong>o su un corpo di prospetto, si<br />

volgono verso destra o verso sinistra e compongono, sostanzialmente, un motivo araldico: i cavalli di<br />

centro guardano verso l’interno e formano un motivo ad arco, i cavalli di destra e di sinistra guardano<br />

verso l’esterno. Anche in questo caso la scena rinvia a un generico passato m<strong>it</strong>ico.<br />

Altre scene m<strong>it</strong>iche rinviano a un impiego della quadriga come ab<strong>it</strong>uale mezzo usato per spostarsi<br />

dagli eroi. Sul frammento di anfora a figure nere n. inv. 151067, del P<strong>it</strong>tore di Lysippìdes, datab<strong>il</strong>e al<br />

530-520 a.C. circa (Piano II, Sala III, Vetrina 4, ripiano inferiore a sinistra, n. 1) (fig.2), Heraklés sta<br />

salendo sul carro che lo condurrà, dopo la morte, fra gli dèi dell’Olimpo: si notano, dietro <strong>il</strong> carro, Athèna<br />

armata e Dioniso coronato d’edera.<br />

In periodo arcaico e classico non si parte più per<br />

la guerra (né si viaggia) salendo su un carro trainato<br />

da cavalli: <strong>il</strong> passato eroico rivive tuttavia periodicamente,<br />

nell’amb<strong>it</strong>o delle festiv<strong>it</strong>à in onore degli dèi<br />

protettori della c<strong>it</strong>tà e degli dèi panellenici, con la<br />

gara delle quadrighe. I membri più in vista di ogni<br />

comun<strong>it</strong>à, come segno distintivo della purezza della<br />

loro stirpe, allevano cavalli e partecipano attivamente<br />

alle gare sportive e in caso di v<strong>it</strong>toria non mancano<br />

d’essere celebrati dagli epinìci dei poeti o dalle statue<br />

dei grandi maestri. Gareggiare in veloc<strong>it</strong>à con la<br />

quadriga è, naturalmente, anche una pratica “eroica”.<br />

Sul lato A del cratere François (fregio del collo) è<br />

raffigurato un momento dei giochi funebri indetti da<br />

Ach<strong>il</strong>le in onore di Pàtroclo (fig.3): la corsa delle<br />

quadrighe. La gara si svolge fra i due estremi, rappresentati<br />

dal p<strong>il</strong>astro che segna la “partenza” e dalla<br />

Fig. 2 - Frammento di anfora a figure nere. Firenze,<br />

Museo Archeologico n. inv. 151067. P<strong>it</strong>tore di<br />

Lysippìdes. 530-520 a.C. circa. Heraklés sale sul<br />

carro che lo condurrà fra gli dèi dell’Olimpo.


Vieggi, viaggiatori e mezzi di trasporto 3<br />

Fig. 3 - Cratere a volute a figure nere (“Vaso François”). Firenze, Museo Archeologico n. inv. 4209. Kle<strong>it</strong>ìas. 570<br />

a.C. circa. I giochi funebri in onore di Pàtroclo.<br />

figura di Ach<strong>il</strong>le in piedi presso un trìpode, premio per <strong>il</strong> vinc<strong>it</strong>ore. Fra la “partenza” e l’”arrivo” cinque<br />

eroi che indossano la lunga veste bianca dell’auriga guidano le loro quadrighe mentre trìpodi e lebèti,<br />

premi per <strong>il</strong> vinc<strong>it</strong>ore, sembrano quasi intralciare la corsa dei cavalli. Gli eroi che gareggiano sono, come<br />

rivelano le iscrizioni, Hippothòon, Damàsippos, Diomèdes, Automèdon e Olytèus (=Ulisse).<br />

2 - Cavalli e muli<br />

I cavalli non sono solo animali da traino ma possono essere cavalcati, in genere da guerrieri. Sul<br />

lato A dell’anfora a figure nere n. inv. 151091, del P<strong>it</strong>tore dell’Acropoli 606, datab<strong>il</strong>e al 570-560 a.C.<br />

circa (Piano II, Sala I, Vetrina 5, ripiano di sinistra) (Dia 46), un guerriero elmato nascosto dietro un<br />

grosso scudo rotondo (scudo contraddistinto da un albero raffigurato quale epìsema=contrassegno)<br />

cavalca un cavallo al galoppo.<br />

Meno “prestigiosi” animali “da sella”, ma comunemente usati per gli spostamenti per via di terra<br />

attraverso gli aspri e sassosi sentieri e piste del mondo egeo, risultano asini e muli. Sul lato B del cratere<br />

François (fregio del ventre) è raffigurato <strong>il</strong> r<strong>it</strong>orno di Efesto nell’Olimpo (Dia 47). Come è noto, Efesto<br />

era <strong>il</strong> figlio storpio e deforme di Hèra, la sposa del signore degli dèi Zeus. Rifiutato dalla madre e<br />

precip<strong>it</strong>ato giù dall’Olimpo, Efesto, ab<strong>il</strong>e artigiano e fabbro, si era vendicato inviando in dono alla<br />

madre un trono magico da cui Hèra non avrebbe più potuto rialzarsi. Dioniso riuscì tuttavia a convincere<br />

Efesto a liberare la madre dalle catene e dai lacci invisib<strong>il</strong>i del trono, promettendogli in sposa la<br />

bellissima Afrod<strong>it</strong>e. Sul Cratere François Efesto, a dorso di mulo, s’inerpica per i sentieri dell’Olimpo:<br />

<strong>il</strong> dio stringe in mano un frustino mentre Dioniso lo guida tirando <strong>il</strong> mulo per la cavezza. Segue <strong>il</strong> corteo<br />

festante dei S<strong>il</strong>eni <strong>it</strong>ifallici, curvi sotto gli otri gonfi di vino. Lo stesso mulo partecipa della gioiosa<br />

atmosfera dionisiaca del r<strong>it</strong>orno di Efesto esibendo <strong>il</strong> grosso fallo.<br />

3 - Carri agricoli<br />

Per le campagne ci si sposta su carri più pesanti e meno veloci, trainati da muli e asini, ma più<br />

spaziosi, sui quali si viaggia non in piedi bensì seduti. Sul davanti c’è posto per <strong>il</strong> guidatore e per una<br />

persona seduta al suo fianco, sul retro si può sedere con le spalle rivolte al conducente e coi piedi<br />

penzoloni, mentre le spallette della cassa, alte e robuste (in legno e vimini intrecciati), consentono <strong>il</strong>


4<br />

Viaggi, viaggiatori e mezzi di trasporto<br />

trasporto di fieno, derrate e oggetti. Le ruote sono caratteristiche e si distinguono bene dalle ruote leggere<br />

dei carri da guerra: presentano raggi non radiali bensì una grossa traversa diametrale incrociata da due<br />

sbarre più sott<strong>il</strong>i, parallele fra di loro e perpendicolari alla traversa (un tipo di ruota semplice da costruire,<br />

che non richiede l’intervento di un carradore specializzato).<br />

Il legame stretto col mondo dei campi spiega la presenza e <strong>il</strong> ruolo giocato da questo semplice<br />

mezzo di trasporto nell’amb<strong>it</strong>o di cerimonie e di r<strong>it</strong>i di passaggio che scandiscono la v<strong>it</strong>a dell’uomo<br />

greco e la reinseriscono, in un certo senso, nel r<strong>it</strong>mo dei cicli stagionali. Sul carro agricolo l’uomo<br />

compie -morto- l’estremo viaggio verso <strong>il</strong> luogo di sepoltura (trasporto=ekphorà -v. C4-5-). Sul carro<br />

agricolo la coppia degli sposi novelli, deb<strong>it</strong>amente scortata da un corteo festante, raggiunge la dimora<br />

comune dove l’uomo “feconderà” la donna e nascerà l’erede. Sul lato A del cratere a colonnette a figure<br />

nere n. inv. 3823, del P<strong>it</strong>tore di Michigan, datab<strong>il</strong>e al 510-500 a.C. circa (Piano II, Sala IV, Vetrina 2,<br />

ripiano superiore a sinistra, n. 1) (Dia 48; fig. 4), è raffigurata la coppia degli sposi novelli seduta sul<br />

carro. Lo sposo tiene in mano le redini mentre la sposa, seduta al suo fianco, è avvolta nel velo. Sul retro,<br />

con le spalle al conducente, siede un fanciullo, evidentemente un parente degli sposi. La casa non è<br />

raffigurata. Accompagnano <strong>il</strong> carro, in corteo, tre uomini e una donna.<br />

Gli spostamenti via mare<br />

Per raggiungere terre lontane gli “umidi sentieri<br />

del mare” (per usare un’espressione formulare nei<br />

poemi omerici) sono forse i più pericolosi e infidi ma<br />

anche i più diretti e percorrib<strong>il</strong>i. Non ci si avventura mai<br />

in mare aperto, ma in genere si preferisce costeggiare<br />

(=cabotaggio) senza perdere mai di vista la terra. In un<br />

mare come l’Egeo, pullulante di isole e di scogli affioranti,<br />

non è poi così diffic<strong>il</strong>e navigare senza perdere mai<br />

di vista la terra. Vedere la terra infonde sicurezza ai<br />

marinai. Trovarsi soli fra <strong>il</strong> cielo e <strong>il</strong> mare, come cap<strong>it</strong>a<br />

frequentemente alla nave di Ulisse, dà angoscia (Odissea<br />

XII, vv. 403-406: “ma appena l’isola avemmo lasciata<br />

e ormai nessun’altra delle terre appariva, ma solo<br />

cielo e mare, ecco livido nembo distese Zeus sopra la<br />

concava nave, s’abbuiò sotto <strong>il</strong> mare”).<br />

Fig. 4 - Cratere a colonnette a figure nere. Firenze,<br />

Museo Archeologico n. inv. 3823. P<strong>it</strong>tore di<br />

Michigan. 510-500 a.C. circa. Gli sposi raggiungono<br />

la casa comune.<br />

I ceramografi antichi, pur con poche o addir<strong>it</strong>tura inesistenti notazioni d’ambiente, riescono<br />

efficacemente a dare un’idea della pericolos<strong>it</strong>à del mare. I ceramografi di periodo geometrico, <strong>il</strong> periodo<br />

eroico della colonizzazione del Med<strong>it</strong>erraneo occidentale, non mancano di raffigurare navi rovesciate<br />

e marinai galleggianti e senza v<strong>it</strong>a, divorati da grossi pesci. I pericoli del mare rivivono soprattutto<br />

attraverso i racconti del m<strong>it</strong>o: i ceramografi attici di periodo arcaico e classico raffigurano spesso la nave<br />

di Ulisse che costeggia e rasenta gli scogli delle Sirene biancheggianti di ossa umane. Su vasi da<br />

simposio <strong>il</strong> tema del viaggio per mare perde spesso, tuttavia, ogni connotazione terrificante e diviene<br />

metafora del viaggio immaginario e sovrarazionale di chi, ebbro, vede d<strong>il</strong>atare e dissolversi gli angusti<br />

spazi della sala da banchetto e crede di vagare su un mare “color del vino”. Si veda a questo propos<strong>it</strong>o<br />

<strong>il</strong> tondo interno della kylix di Exechìas conservata a Monaco di Baviera, raffigurante Dioniso, dio del<br />

vino e dell’ebbrezza, placidamente disteso sulla nave perduta nel mare, mentre una v<strong>it</strong>e carica di<br />

grappoli s’arrampica su per l’albero. Inoltre sui labbri di alcuni dèinoi (=grossi vasi sim<strong>il</strong>i a lebèti e<br />

assim<strong>il</strong>ab<strong>il</strong>i funzionalmente ai crateri), naturalmente dal lato interno, talvolta i ceramografi raffigurano<br />

minuscole navi in f<strong>il</strong>a indiana che, quando <strong>il</strong> vaso è colmo di vino, sembrano galleggiare, per usare


Vieggi, viaggiatori e mezzi di trasporto 5<br />

un’espressione omerica, su “un mare rosso -veramente- come <strong>il</strong> vino”.<br />

Fra i vasi del Museo Archeologico di Firenze, unico, <strong>il</strong> Cratere François offre una splendida<br />

immagine di nave. Sul lato B (fregio del labbro) è raffigurata la nave di Tèseo, reduce dalla v<strong>it</strong>toriosa<br />

impresa del Minotauro, che approda sull’isola di Dèlos (Dia 49). I rematori e i marinai, lieti per <strong>il</strong> succeso<br />

dell’impresa e per lo scampato pericolo, si alzano dai banchi della triakòntoros (=nave a trenta remi)<br />

e raggiungono l’isola a nuoto, tuffandosi in mare. I rematori indossano <strong>il</strong> caratteristico copricapo conico<br />

dei marinai (<strong>il</strong> pìlos). La nave è raffigurata con straordinaria ricchezza di particolari: sono chiaramente<br />

visib<strong>il</strong>i <strong>il</strong> timone e <strong>il</strong> timoniere seduto a poppa (desinente quest’ultima in una testa di uccello) mentre<br />

la prua presenta un rostro a testa di cinghiale.<br />

GLOSSARIO<br />

Ach<strong>il</strong>le - Figlio di Pèleo e Tèti, massimo eroe acheo. Muore sotto le mura di Troia per mano di Pàride.<br />

Afrod<strong>it</strong>e - Dèa dell’amore, nata dalla schiuma del mare. Amante del dio della guerra Ares, viene promessa in sposa al dio<br />

zoppo Efesto come premio per la liberazione di Hèra dai lacci e dalle catene invisib<strong>il</strong>i del trono che lo stesso Efesto aveva<br />

fabbricato.<br />

Ascra - Misero v<strong>il</strong>laggio della Beozia (regione della Grecia centro-meridionale a ovest dell’Attica), patria del poeta Esiodo.<br />

Athèna - Dèa della saggezza, nata dalla testa di Zeus.<br />

Attica - Regione della Grecia centro-meridionale facente capo ad Atene.<br />

Auriga - Colui che, affiancando sul carro <strong>il</strong> guerriero, ha <strong>il</strong> comp<strong>it</strong>o di guidare <strong>il</strong> cocchio.<br />

Cuma - Da tenere distinta dall’omonima colonia greca dell’Italia meridionale non lontana dal Golfo di Napoli. C<strong>it</strong>tà greca<br />

(ab<strong>it</strong>ata da stirpi eoliche), affacciata sul Mar Egeo, s<strong>it</strong>a sulle coste settentrionali dell’Anatolia, non lontano dall’antica Troia.<br />

Il padre di Esìodo sarebbe originario di tale Cuma eolica.<br />

Dèlos - Minuscola isola egea dell’arcipelago delle Cìcladi, sacra ad Apollo e ad Artemide.<br />

Dioniso - Dio del vino e dell’ebbrezza, circondato dal thìasos (=corteo) festante e delle Menadi e dei Satiri.<br />

Efesto - Figlio storpio e deforme di Hèra (la consorte di Zeus). Rifiutato dalla madre e precip<strong>it</strong>ato giù dall’Olimpo, E., ab<strong>il</strong>e<br />

artigiano e fabbro, si era vendicato della madre crudele inviandole in dono un trono magico da cui Hèra non avrebbe più<br />

potuto rialzarsi, se non in segu<strong>it</strong>o a un intervento del figlio.<br />

Elicòna - Monte della Beozia (regione della Grecia centro-meridionale a ovest dell’Attica) sacro alle Muse (le dèe, figlie<br />

di Zeus e di Mnemosìne, protettrici delle arti).<br />

Epinicio - Canto corale (in un certo senso affine all’encomio) che celebra la v<strong>it</strong>toria in un agone sportivo.<br />

Esìodo - Poeta greco, originario per parte di padre di Cuma eolica, vissuto verso la fine dell’VIII sec. a.C. in Beozia, nel<br />

v<strong>il</strong>laggio di Ascra, ai piedi del monte Elicona. Autore di una Teogonìa e delle Opere e giorni, nonché di opere attualmente<br />

conservate solo in frammenti (<strong>il</strong> Catalogo delle donne).<br />

Eubèa - Grossa isola greca che fronteggia le coste dell’Attica e della Beozia ed è separata dal continente da un breve tratto<br />

di mare (l’Euripo).<br />

Geometrico, periodo - Periodo della storia artistica greca (IX-VIII sec. a.C.) caratterizzato da un peculiare st<strong>il</strong>e astratto e<br />

lineare. Il periodo, attraverso la fase del protogeometrico (X sec. a.C.), segna <strong>il</strong> lento trapasso dal mondo dei regni micenei<br />

alla Grecia delle pòleis vivificata dai rinnovati contatti con <strong>il</strong> mondo orientale.<br />

Heraklés - Massimo eroe greco, protagonista di infin<strong>it</strong>e avventure (tra l’altro, le celebri dodici fatiche). Alla morte fu assunto<br />

fra gli dèi dell’Olimpo e ricevette in sposa la figlia di Hèra, Hèbe (dèa della giovinezza).<br />

Lebète - Calderone bronzeo.<br />

Libagione - Offerta incruenta di un liquido (vino, latte) alla divin<strong>it</strong>à.<br />

Minotauro - Mostruoso figlio di Pasìfae (la consorte del re di Cnosso Minosse) e di un toro: viene generalmente raffigurato<br />

dai ceramografi attici con la testa taurina e <strong>il</strong> corpo umano. Tèseo era riusc<strong>it</strong>o a uccidere <strong>il</strong> mostro, che annualmente divorava<br />

sette fanciulli e sette fanciulle ateniesi, avvalendosi dell’aiuto della figlia di Minosse Arianna.<br />

Oinochòe - Sorta di brocca monoansata, usata per versare.<br />

Olimpo - Altissimo monte della Grecia centrale (fra la Macedonia e la Tessaglia), dimora degli dèi olimpici.<br />

Omerici, poemi - L’Iliade e l’Odissea, attribu<strong>it</strong>i tradizionalmente a un poeta vissuto nell’VIII sec. a.C. di nome Omero.<br />

L’Iliade narra un episodio della guerra di Troia (l’“ira di Ach<strong>il</strong>le”), l’Odissea narra <strong>il</strong> nòstos (=r<strong>it</strong>orno) di Ulisse in patria<br />

dopo la conclusione della guerra di Troia.<br />

Opere e giorni - Breve poema didascalico, una serie d’insegnamenti rivolti da Esìodo al fratello Pèrse (col quale <strong>il</strong> poeta<br />

aveva avuto a che ridire circa la divisione dell’ered<strong>it</strong>à paterna) che ruotano intorno al problema della necess<strong>it</strong>à del lavoro


(<strong>il</strong> lavoro come punizione infl<strong>it</strong>ta all’uomo per un suo “peccato originale” e come mezzo giusto e lec<strong>it</strong>o per arrichire e<br />

conquistare <strong>il</strong> benessere).<br />

Opl<strong>it</strong>a - Fante armato di elmo, corazza, schinieri, scudo rotondo, lancia e spada.<br />

Panellenici, dèi - Divin<strong>it</strong>à i cui santuari, detti appunto panellenici, sono meta del pellegrinaggio di tutti i “popoli” greci,<br />

soprattutto in occasione di determinate festiv<strong>it</strong>à (per esempio a Olimpia le Olimpiadi).<br />

Panellenici, santuari - Il santuario di Zeus a Olimpia, <strong>il</strong> santuario di Apollo a Delfi, <strong>il</strong> santuario di Posidone a Istmìa, <strong>il</strong><br />

santuario di Zeus a Nemèa, meta del pellegrinaggio di tutti i “popoli” della Grecia.<br />

Pàtroclo - Amico e scudiero di Ach<strong>il</strong>le. Muore, vest<strong>it</strong>o delle armi di Ach<strong>il</strong>le, per mano di Ettore.<br />

S<strong>il</strong>eni - Creature semiferine (volto grottescamente difforme, zampe e coda animalesca) del corteggio di Dioniso, affini ai<br />

Satiri.<br />

Simposio - Momento conclusivo di un banchetto. Sparecchiate le tavole, gli inv<strong>it</strong>ati bevono “insieme” (simposio<br />

etimologicamente significa “bevuta comune”).<br />

Sirene - Creature mostruose (per metà uccelli e per metà esseri umani, almeno a giudicare dalle più antiche raffigurazioni<br />

vascolari), protagoniste di un celebre episodio dell’Odissea omerica. Il loro canto melodioso e apportatore di morte attirava<br />

le navi e i marinai verso gli scogli detti appunto delle Sirene, biancheggianti di ossa umane. Le Sirene, Muse dell’Ald<strong>il</strong>à,<br />

sedevano su di un prato fior<strong>it</strong>o promettendo la rivelazione di arcane conoscenze.<br />

Tèseo - Principale eroe attico, figlio del re di Atene Egeo.<br />

Trìpode - Sorta di braciere metallico su tre piedi, usuale premio per i vinc<strong>it</strong>ori nelle gare poetico-musicali e sportive.<br />

Ulisse - Eroe acheo celebre per la sua astuzia e per l’insaziab<strong>il</strong>e curios<strong>it</strong>à e sete di conoscenza, figlio di Laèrte e sposo di<br />

Penèlope, protagonista dell’Odissea omerica.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

J. ANDERSON, Ancient Greek Horsemanship, Berkeley-Los Angeles 1961<br />

L. CASSON, Viaggi e viaggiatori dell’Antich<strong>it</strong>à, M<strong>il</strong>ano 1978<br />

J. BOARDMAN, I Greci sui mari. Traffici e colonie, Firenze 1986<br />

Partenza del guerriero:<br />

W. WREDE, “Kriegers Ausfahrt” in Athenische M<strong>it</strong>te<strong>il</strong>ungen 42 1916, pgg. 221 ss.<br />

F. LISSARRAGUE, “Intorno al guerriero” in AA.VV., La c<strong>it</strong>tà delle immagini. Religione e società nella Grecia antica,<br />

Modena 1986, pgg. 33 ss.<br />

Il r<strong>it</strong>orno di Efesto:<br />

T. H. CARPENTER, Art and Myth in Ancient Greece, London 1991, pgg. 13 ss.<br />

Matrimonî, funerali:<br />

C. BERARD, “La condizione delle donne” in AA.VV., La c<strong>it</strong>tà delle immagini. Religione e società nella Grecia antica,<br />

Modena 1986, pgg. 88 ss.<br />

Navi e navigazione:<br />

P. POMEY, “Navigazione e navi all’epoca della colonizzazione greca” in I Greci in occidente, Venezia 1996, pgg. 133 ss.<br />

F. PONTRERA, “Le comunicazioni mar<strong>it</strong>time” in I Greci in Occidente, Venezia 1996, pgg. 201 ss.<br />

Il simposio come viaggio:<br />

F. LISSARRAGUE, L’immaginario del simposio greco, Bari 1989, pgg. 132 ss.<br />

Ciclost<strong>il</strong>ato a cura della Sezione Didattica della Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana,<br />

via della Pergola, 65 - Firenze


LA QUADRIGA<br />

Frammento di anfora a figure nere. Firenze, Museo<br />

Archeologico n. inv. 151067. P<strong>it</strong>tore di Lysippìdes.<br />

530-520 a.C. circa. Heraklés sale sul carro che lo<br />

condurrà fra gli dèi dell’Olimpo.<br />

C 4-7<br />

Scheda di verifica n. 1<br />

1) Chi viaggia su cocchi trainati da quattro cavalli?<br />

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…………………………………………………………………………………………………………<br />

2) In quali contesti compaiono immagini di quadrighe?<br />

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…………………………………………………………………………………………………………<br />

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3) Qual è la funzione dell’auriga?<br />

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…………………………………………………………………………………………………………<br />

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4) In periodo arcaico e classico qual è la funzione del cocchio trainato da quattro cavalli?<br />

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…………………………………………………………………………………………………………<br />

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IL CARRO AGRICOLO<br />

Cratere a colonnette a figure nere. Firenze, Museo<br />

Archeologico n. inv. 3823. P<strong>it</strong>tore di Michigan. 510-<br />

500 a.C. circa. Gli sposi raggiungono la casa comune.<br />

C 4-7<br />

Scheda di verifica n. 2<br />

1) Sapresti descrivere <strong>il</strong> carro raffigurato sul cratere a colonnette del P<strong>it</strong>tore di Michigan?<br />

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…………………………………………………………………………………………………………<br />

2) In che cosa si differenzia la ruota di una quadriga dalla ruota di un carro agricolo?<br />

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3) Sullo sfondo di quali r<strong>it</strong>uali i ceramografi attici generalmente raffigurano un carro agricolo?<br />

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4) Verso quale meta <strong>il</strong> conducente raffigurato sul cratere a colonnette del P<strong>it</strong>tore di Michigan conduce<br />

<strong>il</strong> suo carro?<br />

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…………………………………………………………………………………………………………<br />

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PICCHETTO<br />

L’ARCHEOLOGO<br />

in<br />

IL MONDO DEL<br />

BANCHETTO


IL BANCHETTO<br />

Uno dei motivi ricorrenti fra le scene di v<strong>it</strong>a quotidiana che troviamo rappresentate sia sui vasi<br />

greci che sui monumenti funebri etruschi, è la rappresentazione del banchetto secondo lo schema tipico<br />

delle civ<strong>il</strong>tà antiche.<br />

La prima testimonianza del costume degli antichi di banchettare non seduti, ma adagiati su letti triclinari, appartiene<br />

all’arte assira. Un famoso r<strong>il</strong>ievo, proveniente dal palazzo di Assurbanipàl (datab<strong>il</strong>e perciò fra <strong>il</strong> 669 e <strong>il</strong> 626 a.C.), mostra<br />

<strong>il</strong> re adagiato su un alto letto e la regina seduta su un trono ai piedi dello stesso; verso la coppia convergono, in due lunghe<br />

f<strong>il</strong>e, coppieri, musici, e servi che fanno vento con grandi flabelli.<br />

Tale tipo di rappresentazione diviene uno dei temi più frequenti nella decorazione dei crateri a<br />

colonnette nella ceramica corinzia (vedi n.1 a p.3), che influenzerà in segu<strong>it</strong>o (II venticinquennio del<br />

VI secolo) anche altre forme vascolari della ceramica attica a figure nere.<br />

E’ soprattutto grazie alla ceramica, corinzia ed attica, importata sul suolo etrusco, che la<br />

rappresentazione del banchetto comincia ad apparire anche in Etruria (II metà del VI secolo),<br />

assumendo nell’impostazione generale <strong>il</strong> modello greco ed acquisendo carattere di status.<br />

Il banchetto in Grecia<br />

I Greci erano sol<strong>it</strong>i mangiare tre volte al giorno: akràtisma (colazione), àriston (pranzo) e déipnon<br />

(cena).<br />

I cibi erano alquanto poveri. Si mangiavano soprattutto màza (specie di focaccia d’orzo), vari tipi di insalata, agli<br />

e cipolle.<br />

Gli stranieri si facevano giuoco di questa frugal<strong>it</strong>à, soprannominando i Greci mikrotràpezai (‘tavole piccole’) o<br />

ph<strong>il</strong>lotròg(h)es (‘erbivori’)<br />

Fig. 1 - Psyktèr<br />

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI<br />

SOPRINTENDENZA ARCHEOLOGICA DELLA TOSCANA<br />

SEZIONE DIDATTICA<br />

Fig. 2 - Un giovane, col ramaiolo, versa del vino in una<br />

coppa da uno psyktèr tenuto in ghiaccio in un cratere a<br />

calice.<br />

La raffigurazione è tratta da una brocca; 550-525 a.C.<br />

circa (Atene, Museo Nazionale, n. inv.1045).<br />

C 4-3


2<br />

Il banchetto<br />

I banchetti, però, erano più abbondanti: alla cena vera e propria (pròtai tràpezai, ossia “prime<br />

tavole”), che cominciava circa al tramonto ed in cui non si beveva vino, faceva segu<strong>it</strong>o <strong>il</strong> simposio (detto<br />

anche déuterai tràpezai, cioè “seconde tavole”), che poteva durare fino all’alba.<br />

Durante <strong>il</strong> simposio si beveva abbondantemente, accompagnando <strong>il</strong> vino con formaggio,<br />

ghiottonerie salate, cibi piccanti, spezie e frutta secca od esotica (mandorle, fichi, datteri).<br />

Non si beveva quasi mai vino schietto, ma lo si mescolava con acqua nei crateri o nei dìnoi. La proporzione usuale<br />

era di una parte di vino e tre di acqua (miscuglio derisoriamente defin<strong>it</strong>o, da Ateneo, ‘vino delle ranocchie’); più di rado<br />

<strong>il</strong> vino era usato in proporzioni maggiori. Bere vino puro, comunque, era r<strong>it</strong>enuto un eccesso tipico dei barbari.<br />

L’acqua poteva essere adoprata calda o fredda, a seconda delle stagioni. D’estate <strong>il</strong> vino veniva sovente mescolato<br />

direttamente a neve o ghiaccio, o collocato in speciali recipienti (psyktéres ) tenuti in ghiaccio (figg.1-2).<br />

Si eleggeva a dadi un ‘simposiarca’ (fig.7), che decideva la giusta proporzione del vino, <strong>il</strong> numero<br />

di coppe che sarebbe toccato a ciascun commensale, e le norme che avrebbero regolato la festa, norme<br />

da sanzionarsi con eventuali “pen<strong>it</strong>enze” di carattere burlesco o derisorio. Si cominciava a bere in coppe<br />

piccole, ma la loro dimensione tendeva ad aumentare nel corso della nottata, che terminava spesso<br />

nell’ubriachezza generale.<br />

Ai banchetti greci non erano ammessi i bambini né le donne, salvo le etère; possiamo quindi<br />

comprendere la perpless<strong>it</strong>à, spesso lo scandalo, provocati nei Greci dal fatto che gli Etruschi invece<br />

ammettessero mogli ed altre donne a banchettare con loro, sovente sulla stessa klìne degli uomini.<br />

Non sempre c’era un padrone di casa a<br />

presiedere <strong>il</strong> simposio, ma numerosi amici si<br />

riunivano insieme, portando ciascuno in un<br />

canestro (la spyrìs ) cibi già pronti; tali banchetti<br />

erano denominati pasti ‘alla cesta’ (apò<br />

spyrìdos), ed è infatti questo recipiente di vimini<br />

che compare su numerosi vasi greci presenti<br />

Fig. 3 - Scena di banchetto dipinta all'esterno di<br />

una coppa attica, dipinta da Doùris e datata alla<br />

fine del VI sec. a.C. (Musei Vaticani, proveniente<br />

da Vulci).<br />

Si notino la flautista e <strong>il</strong> banchettante che<br />

suona. Tutt'intorno al piede si notino, riassunte,<br />

alcune tipiche forme di vasi di banchetto. Alle<br />

pareti sono appese le ceste da provvigioni e gli<br />

astucci per i flauti (sybènai).<br />

Fig. 4 - Raffigurazione<br />

su una kylix attica<br />

datab<strong>il</strong>e tra <strong>il</strong> 520 ed <strong>il</strong><br />

510 a.C. (Louvre, n. inv.G<br />

73; proveniente da<br />

Vulci).


Il banchetto<br />

a Firenze (vedi nn.5,7-8; v., inoltre, fig.3).<br />

Il ‘canto conviviale’ (skòlion), sorto a Lesbo nel VII secolo a.C., godette in Grecia di una lunga fior<strong>it</strong>ura.<br />

Accano a skòlia di tradizione letteraria, vi erano anche canti improvvisati che celebravano argomenti di interesse<br />

generale e che venivano riun<strong>it</strong>i in raccolte popolari. Passavano di bocca in bocca e rallegravano i convegni della buona società<br />

greca, come vediamo sul n.5. I conv<strong>it</strong>ati cantavano a turno: quelli che sapevano suonare si accompagnavano con la lira, gli<br />

altri si passavano un àisakos (ramoscello di alloro o di mirto, come quello che regge in mano l’efebo che canta sul n.5).<br />

La musica aveva un ruolo fondamentale nel simposio greco: se la lira, spesso in guscio di tartaruga<br />

(vedi più oltre n.8 b), accompagnava lo skòlion, <strong>il</strong> flauto serviva ad introdurlo ed accompagnava inoltre<br />

le libagioni ed <strong>il</strong> canto del peana (si veda fig.6).<br />

Frequentemente si suonava anche la cetra, talora i crotali o dei piccoli tamburi. Flautisti e c<strong>it</strong>aristi, spesso giovani<br />

donne, suonavano per i conv<strong>it</strong>ati (vedi nn.6 e 9; fig.6), ma talvolta erano questi ultimi che si divertivano a suonare<br />

personalmente (più sotto, n.8).<br />

Altri akroàmata (‘intrattenimenti’) rallegravano <strong>il</strong> banchetto e, come testimonia Senofonte nel “Simposio”, si<br />

ingaggiavano talvolta piccole compagnie di due o tre professionisti : per esempio, nel caso riportato <strong>dallo</strong> stesso Senofonte,<br />

una flautista, una acrobata e un c<strong>it</strong>arista-danzatore.<br />

I conv<strong>it</strong>ati partecipavano personalmente alla danza, che non si manteneva sempre nei lim<strong>it</strong>i della sobrietà. Talvolta<br />

degenerava in movimenti scomposti, o viceversa i commensali tentavano di dimostrare la propria destrezza e coordinazione<br />

con diffic<strong>il</strong>i giochi di equ<strong>il</strong>ibrio (vedi fig.4).<br />

Numerosi erano i giochi che rallegravano <strong>il</strong> simposio: <strong>il</strong> lessicografo Polluce (II sec. d.C.) ne<br />

enumera ben cinquantadue. Per lo più si trattava di indovinelli od enigmi, ma <strong>il</strong> gioco più diffuso era<br />

<strong>il</strong> kòttabos, che consisteva nell’affondare o rovesciare piccoli recipienti (le plàstinghes), collocati in<br />

equ<strong>il</strong>ibrio instab<strong>il</strong>e a una distanza convenuta dai conv<strong>it</strong>ati, su una particolare asta (detta rhàbdos<br />

kottabikè). Nato come forma di libagione, <strong>il</strong> kòttabos assunse spesso un carattere amatorio, poiché chi<br />

colpiva <strong>il</strong> bersaglio lo faceva pronunciando <strong>il</strong> nome della persona di cui sperava procurarsi <strong>il</strong> favore.<br />

Sul kòttabos si veda anche più oltre, n.6.<br />

1 - Cratere a colonnette (Kelèbe)<br />

Provvisoriamente non esposto.<br />

N.inv.4198<br />

Cratere tardo-corinzio(575-550 a.C.)<br />

Quattro klìnai con un uomo e una donna distesi su ciascuna. Si noti la pelle bianca delle figure<br />

femmin<strong>il</strong>i. La ripetizione di pose sim<strong>il</strong>i per ogni banchettante conferisce alla scena un valore più<br />

decorativo che narrativo, in conform<strong>it</strong>à<br />

al gusto corinzio. Si notino,<br />

comunque, le tre lire appese<br />

idealmente alla parete, i recipienti<br />

nonché gli oggetti (diffic<strong>il</strong>mente<br />

identificab<strong>il</strong>i) deposti sui tavoli.<br />

2 - Anfora a collo separato<br />

Piano II, Sala I, Vetr.5, Rip. sup. a<br />

destra<br />

3


4<br />

N. 3<br />

Il banchetto<br />

N.inv.70995<br />

Anfora dipinta da Lydòs (550 a.C. circa), uno dei maggiori ceramografi attici che dipinsero con<br />

la tecnica a figure nere (probab<strong>il</strong>mente un meteco lidio).<br />

A) Giudizio di Paride; B) Conv<strong>it</strong>o<br />

(Dia 24). Un uomo e una donna sdraiati<br />

su klìne e intrattenuti da due coppie di<br />

danzatori, di cui l’uomo è nudo e la<br />

donna vest<strong>it</strong>a. Il carattere non usuale<br />

della scena spinse J.D. Beazley a supporre<br />

un contesto m<strong>it</strong>ologico: Lydòs<br />

avrebbe inteso rappresentare Arianna e<br />

Dioniso. Tuttavia l’inquadramento<br />

N. 2<br />

“araldico” della scena può attribuirsi al<br />

gusto ornamentale corintizzante e non, di necess<strong>it</strong>à, al carattere aulico di un'ambientazione m<strong>it</strong>ica.<br />

3 - Kylix<br />

Piano II, Sala IV, Vetr.6, Rip. sup. centrale<br />

N.inv.73127<br />

Si tratta di una kylix (510-500<br />

a.C.) sul cui esterno troviamo un<br />

altro contesto m<strong>it</strong>ologico. Come<br />

indicano, col ramaiolo, infatti i nomi<br />

scr<strong>it</strong>ti accanto alle figure, Hermès<br />

giace (forse a banchetto) accanto ad<br />

a Heraklès, Posidone accanto ad<br />

Apollo. Si noti <strong>il</strong> caprone vicino a<br />

Hermès, frequente attributo del padre<br />

di Pan (Dia 25).<br />

Fig. 5 - Kylix n. inv.91456. - Particolare<br />

è <strong>il</strong> tipo di klìne sulla kylix<br />

n.inv.91456 (Sala IV, Vetr.5), anch’essa<br />

di soggetto m<strong>it</strong>ologico. Illustra infatti<br />

le imprese di Tèseo, fra cui ci<br />

interessa quella di destra sulla faccia<br />

A. Teseo con doppia ascia costringe<br />

Procruste a sdraiarsi sul suo letto di<br />

tortura. Si tratta insomma del<br />

proverbiale ‘letto di Procuste’. Il particolare<br />

lebete che giace sotto <strong>il</strong> letto<br />

rammenta, comunque, <strong>il</strong> contesto conviviale<br />

cui in genere si associava la<br />

klìne (ultimo quarto del VI sec. a.C.).


Il banchetto<br />

4 - Kylix<br />

Non esposta.<br />

N.inv.81601<br />

Coppa dipinta da<br />

Oltos (rinvenuta a Saturnia/<br />

GR).<br />

Uno dei maggiori p<strong>it</strong>tori<br />

della prima generazione che<br />

dipinse a figure rosse, Oltos<br />

N. 4<br />

ha dipinto una scena di danza<br />

scomposta, che si riferisce certamente all’ebbrezza del simposio, come mostra lo skyphos nella mano<br />

sinistra dell’efebo di centro. Si notino inoltre l’aulòs e <strong>il</strong> relativo astuccio che pende dal braccio del<br />

danzatore di destra (ultimo quarto del VI sec. a.C.); l’aulòs è uno strumento musicale antico mun<strong>it</strong>o<br />

quasi sempre di doppia canna, dotato di ancia e impropriamente confuso col flauto (che invece ne è<br />

privo).<br />

Altro efebo comaste troviamo nell’interno della kylix n.inv.3924 (Sala IV, Vetr.6, rip. inf. a ds.,<br />

n.2) del 510-500 a.C. circa.<br />

5 - Kylix<br />

N. 5<br />

Piano II, Sala VI, Vetr.2, Rip. sup. a sin., n.3<br />

N.inv.3949<br />

Kylix dipinta dal P<strong>it</strong>tore di Brygos, importante ceramografo<br />

della seconda generazione di ceramografi attici che dipinsero ‘a<br />

figure rosse’ (primo quarto del V sec. a.C.), forse un meteco<br />

tracio. L’efebo reclinato nel tondo della kylix canta una canzone<br />

d’amore, come indicano le lettere che gli escono dalla bocca:<br />

“p(h)ìle kài” (ama e ... ). Si tratta di due parole di uno di quegli<br />

skòlia (‘canzoni da tavola’) che passavano di bocca in bocca e<br />

rallegravano i convegni della buona società greca. Si notino <strong>il</strong><br />

bastone e i calzari, deposti prima di sdraiarsi sulla klìne. Si noti<br />

inoltre, appeso idealmente alla parete, un cestino, probab<strong>il</strong>mente<br />

<strong>il</strong> recipiente portavivande che ognuno dei partecipanti al banchetto<br />

portava spesso per conto proprio (Dia 26).<br />

La ghirlanda che cinge <strong>il</strong> capo dell’efebo rammenta <strong>il</strong> celebrato ingresso di Alcibiade nel “Simposio” di Platone: “Era<br />

ebbro assai ... e stette lì sulla porta, incoronato d’edera e di violette, avvolte in corona assai f<strong>it</strong>ta”. La ghirlanda di foglie e<br />

fiori, in Grecia, era strettamente connessa all’ebbrezza ed ai piaceri del banchetto, fino a divenire un tòpos (luogo comune)<br />

letterario ellenistico, presente in Callimaco (Anthologia Palatina, XII, 134), in Stratone di Sardi (ibidem XII, 8) e nel<br />

bell'epigramma di Asclepiade di Samo (III sec. a.C.): “Spia dell’amore è <strong>il</strong> vino. Una tazza/ dopo l’altra, convinsero<br />

Nicàgora/ che negava d’amarmi./ Pianse allora e piegò <strong>il</strong> capo nel sonno/ con lo sguardo imbronciato, e la corona/ gli pendeva<br />

da un lato.” (ibidem., XII; 135; trad. S. Quasimodo).<br />

5


6<br />

6 - Kylix<br />

Piano II, Sala VI, Vetr.3, Rip. sup. centrale<br />

N.inv.3922<br />

Il banchetto<br />

Dipinta da Doùris, altro grande p<strong>it</strong>tore della ‘seconda generazione’ di ceramografi attici che<br />

dipinsero con la tecnica “a figure rosse” (primo quarto del V sec. a.C.).<br />

Si tratta di un’ampia scena, molto varia e interessante (Dia 27). All’esterno della coppa sono<br />

rappresentati sei uomini, ciascuno su una klìne, di cui tre giocano al kòttabos. Sono inoltre presenti due<br />

serv<strong>it</strong>ori e un giovane auleta. Alle pareti sono appesi tipici vasi da banchetto.<br />

Si noti la rhàbdos kottabiké, l’alta asta di metallo su cui è posta la plàstinx, <strong>il</strong> piatto collocato in equ<strong>il</strong>ibrio instab<strong>il</strong>e,<br />

su cui <strong>il</strong> giocatore doveva dirigere i getti di vino con la coppa. Si noti inoltre <strong>il</strong> copricapo di foggia ‘barbarica’ che<br />

contraddistingue uno dei banchettanti, evidentemente un orientale. Siamo negli anni che precedono le terrib<strong>il</strong>i Guerre<br />

Persiane e risultavano ancora frequenti i rapporti con i futuri nemici, che -non lo si dimentichi- avevano da tempo occupato<br />

l’Anatolia occidentale. La quant<strong>it</strong>à di vino lanciata in ciascun getto era detta làtax o latàghe ed occorrevano naturalmente<br />

una particolare ab<strong>il</strong><strong>it</strong>à e precisi movimenti del polso per rovesciare la plàstinx. Il gioco andava infatti esegu<strong>it</strong>o con una tecnica<br />

particolare ed invariab<strong>il</strong>e: la coppa andava presa ad un’ansa con l’indice ed appoggiata con la base al polso; <strong>il</strong> lancio avveniva<br />

quindi con gesti assai delicati e calibrati, tanto che Sofocle scrive che molti Siculi erano più fieri di un bel getto col kòttabos<br />

che col giavellotto. Come si è visto, accanto all’aspetto agonistico ve<br />

n’era uno amatorio, in quanto i giocatori, a seconda che vincessero o<br />

perdessero, si credevano destinati a conquistarsi o meno <strong>il</strong> favore della<br />

persona cui rivolgevano <strong>il</strong> proprio interesse.<br />

All’interno della kylix (n.inv.3922) si notino i tralci<br />

sul tavolino di fronte alla klìne. essi rammentano la corona<br />

che cinge <strong>il</strong> capo dell’efebo sulla kylix precedente<br />

(n.inv.3949).<br />

7 - Kelèbe<br />

N. 6<br />

Piano II, Sala V, Vetr.3, Rip. centrale, n.3<br />

N.inv.3999<br />

Si tratta di una tipica scena di banchetto, da collocare nella<br />

I metà del V secolo a.C.<br />

N. 7


Il banchetto<br />

Sono rappresentate due klìnai, l’una<br />

con un uomo e l’altra con un giovane, i quali<br />

discorrono fra loro. Un servo con oinochòe e<br />

ramaiolo si avvicina da sinistra. Si notino<br />

<strong>il</strong>tripode ed <strong>il</strong> vaso appeso alla parete. Si noti<br />

inoltre l’oggetto nero ovale tenuto in mano<br />

dall’uomo; si tratta forse dicibo o più probab<strong>il</strong>mente<br />

di una sfera usata, al posto del più<br />

comune dado, per eleggere <strong>il</strong> ‘simposiarca’<br />

della serata (si veda, ancora in amb<strong>it</strong>o romano,<br />

Orazio, Odi I,4, verso 18).<br />

8 - Kylix<br />

Piano II, Sala VI, Vetr.1, Rip. superiore centrale<br />

N.inv.3946<br />

All’esterno (a) sono raffigurate quattro<br />

klìnai, di cui tre osp<strong>it</strong>ano un uomo e un efebo,<br />

mentre la quarta (di prof<strong>il</strong>o) osp<strong>it</strong>a un giovane.<br />

All’interno (b) (Dia 28), un uomo sdraiato,<br />

cui un ragazzo porge una lira, la cui cassa<br />

è visib<strong>il</strong>mente cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a da un carapace di<br />

tartaruga. Si tratta del procedimento più prim<strong>it</strong>ivo,<br />

e contemporaneamente più usuale<br />

nell’antica Grecia, per dotare la lira di una<br />

cassa armonica. La kylix inv.n.3946 è datata<br />

al 450 a.C. circa ed attribu<strong>it</strong>a (da Beazley) al<br />

P<strong>it</strong>tore di Euàion, una figura (della III “generazione”<br />

dei ceramografi attici che dipingevano<br />

con la tecnica a figure rosse), accostata<br />

al P<strong>it</strong>tore di V<strong>il</strong>la Giulia (cui si attribuisce lo<br />

stàmnos inv. n.4005).<br />

9 - Kylix<br />

Piano II, Sala IX, Vetr.3, secondo rip. centrale<br />

n.3<br />

N.inv.3938<br />

Datazione: 425-420 a.C. P<strong>it</strong>tore di Marlay<br />

La semplice scena è distinta dalla presenza<br />

di una auleta, presenza assai usuale<br />

nelle scene di banchetto greche (Dia 29). Si<br />

veda la fig. 6, in cui è rappresentato un auleta<br />

in un probab<strong>il</strong>e contesto conviviale.<br />

N. 9<br />

b<br />

N. 8 - a) esterno, b) interno<br />

a<br />

7


8<br />

Fig. 6 - Kylix n.inv.3917 di Onèsimos (sala VI, Vetr.<br />

1, rip. sup. a sin., n.6).<br />

La presenza di auleti era comune nei banchetti greci.<br />

Si noti la presenza di un bastone da passeggio,<br />

idealmente appoggiato a una parete:<br />

presumib<strong>il</strong>mente la raffigurazione s'intende s<strong>it</strong>uata,<br />

quindi, in un luogo chiuso; in tale sede la musica<br />

andrà connessa a un'occasione conviviale.<br />

GLOSSARIO<br />

Il banchetto<br />

Alcibìade - (circa 450-404 a.C.) Uomo pol<strong>it</strong>ico e generale ateniese.<br />

Ancia - Linguetta caratteristica di alcuni strumenti a fiato, in cui <strong>il</strong> suono viene prodotto dal suo vibrare.<br />

Antologia Palatina - Celebre raccolta di 3700 epigrammi ellenistici e bizantini, divisa in 15 libri e così denominata giacché<br />

rinvenuta nel 1607 nella Biblioteca Palatina di Heidelberg.<br />

Aràldico - agg. (che riguarda gli stemmi). Disposizione araldica è sinonimo di disposizione simmetrica e speculare.<br />

Arianna - M<strong>it</strong>ica principessa cretese, figlia di Minosse. Aiutò Teseo ad uccidere <strong>il</strong> fratellastro Minotauro. Abbandonata da<br />

Teseo a Nàxos, divenne poi la sposa di Diòniso.<br />

Aristòfane - Commediografo ateniese (445-385 a.C.), la maggiore personal<strong>it</strong>à della cosiddetta “Commedia Antica” greca,<br />

del V sec. a.C.<br />

Asclepìade, di Samos - Poeta greco, fior<strong>it</strong>o intorno al 290 a.C.; ne restano 45 epigrammi, forse i migliori dell’ampia<br />

produzione ellenistica.<br />

Assurbanipàl - Celebre re di Assiria (668-628 a.C.), noto anche come Sardanapalo.<br />

Aulèta era <strong>il</strong> suonatore di aulòs.<br />

Aulòs - Strumento musicale antico, quasi sempre a due canne. Era mun<strong>it</strong>o di ancia ed è impropriamente confuso col moderno<br />

flauto (che, invece, è privo di ancia).<br />

Beazley, John Davidson (1885-1970) - Archeologo br<strong>it</strong>annico, professore (1925-1955) ad Oxford; <strong>il</strong> maggiore studioso di<br />

ceramografia greca in questo secolo.<br />

Callìmaco - Celebre poeta greco (310 circa - 240 a.C. circa), <strong>il</strong> maggiore teorico della poesia ellenistica.<br />

C<strong>it</strong>arista - Suonatore di cetra.<br />

Comaste - Colui che partecipava al kômos, che tra le altre cose, nella Grecia antica, indicava la danza dei banchettanti ebbri.<br />

Corintizzante - Agg., relativo a correnti che im<strong>it</strong>avano l’arte corinzia: ad es., sono c. i primi ceramografi attici che dipingono<br />

a figure nere (600-570 a.C. circa).<br />

Corinzio - Agg., relativo alla c<strong>it</strong>tà greca di Corinto. In particolare, si dice c. l’antica produzione vascolare di quella c<strong>it</strong>tà.<br />

Etèra - Nell’antica Grecia, nome con cui si indicava la cortigiana.<br />

Klìne - Sost. greco, letto.<br />

Lebete - Nell’antica Grecia, recipiente in metallo o ceramica, mun<strong>it</strong>o di larga bocca.<br />

Meteco - Nome che si attribuiva, nella grecia antica, ai forestieri liberi che risiedessero stab<strong>il</strong>mente in una c<strong>it</strong>tà. Privo di dir<strong>it</strong>ti<br />

pol<strong>it</strong>ici, poteva tuttavia acquisire (col tempo) la c<strong>it</strong>tadinanza.<br />

Orazio - Poeta latino (65-8 a.C.), autore di Epodi ed Odi, in metri lirici, e di Satire ed Epistole in esametri.<br />

Pan - Figura m<strong>it</strong>ologica greca, mun<strong>it</strong>o di corna e zampe di capra, in quanto Hermês si tramutò in caprone, per concepirlo<br />

incogn<strong>it</strong>o dalla ninfa Driope.<br />

Peana - Forma di lirica greca inizialmente riservata al culto di Apollo e Artemide, poi estesa a tutti gli dei olimpici e infine<br />

a uomini <strong>il</strong>lustri.<br />

Platone - F<strong>il</strong>osofo ateniese (428/27-348/47 a.C.). Tra i suoi più famosi “dialoghi” è qui c<strong>it</strong>ato <strong>il</strong> “Simposio”, incentrato sulla<br />

natura dell’amore. Ambientato idealmente nel 416 a.C., vi prendono parte, tra gli altri, Socrate, Alcibiade ed Aristofane.


Il banchetto<br />

Pollùce - Sofista o grammatico del II sec. d.C., che ci ha tramandato importanti notizie sull’antica letteratura greca.<br />

Procruste - M<strong>it</strong>ico brigante greco che assaltava i viaggiatori stendendoli su un letto: se troppo bassi li stirava, altrimenti<br />

amputava loro le gambe. Fu sconf<strong>it</strong>to da Teseo. Il nome è più noto in Italia nella forma di “Procuste”, usato nella locuzione<br />

proverbiale “letto di P.”<br />

Senofonte - Storico e moralista ateniese (430-354 a.C.), autore di numerose opere. Qui è c<strong>it</strong>ato <strong>il</strong> suo “Simposio”, ambientato<br />

nel 422 a.C., assai più interessante per le notizie di v<strong>it</strong>a quotidiana che ci fornisce che per l’aspetto f<strong>il</strong>osofico, molto inferiore<br />

all’omonimo di Platone.<br />

Siculi - Popolo <strong>it</strong>alico insediato nella Sic<strong>il</strong>ia occidentale.<br />

Sòfocle - Uno dei tre maggiori tragediografi greci (Atene, 497-406 a.C.).<br />

Stratone - Poeta erotico del II sec. d.C., cui è riservata buona parte del XII volume dell’Antologia Palatina.<br />

Sybène - (pl. sybènai ) Termine antico greco, indicante un astuccio, in particolare quello (generalmente in cuoio) atto a<br />

contenere l’aulòs.<br />

Tèseo - Famoso eroe leggendario greco, <strong>il</strong> più popolare nella tradizione di Atene, del cui re Egeo era figlio.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

Risultano indispensab<strong>il</strong>i i brani di autori antichi che ci forniscano un’immagine o un resoconto diretto di banchetti:<br />

ARISTOFANE, I Calabroni, versi 1208-1264 (vedi, ad es. la traduzione a cura di R. Cantarella, II volume, M<strong>il</strong>ano 1982).<br />

ATENEO, I sofisti a banchetto, vol. XV (vedi, ad es., la traduzione inglese a cura di Ch. Burton Gulick, “The<br />

Deipnosophists”, vol.VII, Cambridge, Massachussets.-London 1961); risulta importante per gli skòlia <strong>il</strong> vol. XV, 694-696.<br />

PLATONE, Simposio (vedi, ad es., le traduzioni a cura di G. Colli, M<strong>il</strong>ano 1979; ed a cura di R. Luca, con ampio apparato<br />

cr<strong>it</strong>ico, Firenze 1982).<br />

SENOFONTE, Simposio (vedi la traduzione a cura di L. Montoneri, in “Senofonte-Scr<strong>it</strong>ti Socratici”, Bologna 1976 2 ).<br />

Inoltre:<br />

CH. DAREMBERG, E. SAGLIO, Dictionnaire des antiqu<strong>it</strong>és grecques et romaines, 9 volumi, Paris 1877-1919 (sotto le voci<br />

relative: vedi volume d’indice, p.13; p.19).<br />

A. PAULY, G. WISSOWA, Real-Encyclopädie der Altertumswissenschaft, 33 volumi, Stuttgart 1894-1967 (sotto voci<br />

consim<strong>il</strong>i a quelle di cui nella precedente opera c<strong>it</strong>ata).<br />

CH. PICARD, La v<strong>it</strong>a nella Grecia classica, M<strong>il</strong>ano 1955, p. 55 ss.<br />

V. EHREMBERG, L’Atene di Aristofane, Firenze 1957, p. 145 ss.<br />

E. MIREAUX, I Greci al tempo di Omero, M<strong>il</strong>ano 1972, p. 75 ss<br />

M.A. LEVI, La Grecia antica, Torino 1976, cap. II.<br />

M. VICKERS, Greek Symposia, London 1978.<br />

R. FLACÉLIÈRE, La v<strong>it</strong>a quotidiana in Grecia nel secolo di Pericle, M<strong>il</strong>ano 1963, pp. 213-230.<br />

G. MURRAY, La Grecia delle origini, Bologna 1983, p. 239 ss.; v., inoltre, p. 153 ss. e p. 201 ss.<br />

Su argomenti correlati si vedano, inoltre:<br />

J. MARTIN, Symposion. Die Geschichte einer l<strong>it</strong>erarischen Form, Paderborn 1931<br />

CH. SELTMAN, Wine in the Ancient World, London and Baccles 1957<br />

M.T.W. ARNHEIM, Aristocracy in Greek Society, London 1977<br />

H. LICHT, L’amore al banchetto, in L’amore in Grecia (a cura di C. Calame), Roma-Bari 1983, pp. 103-116<br />

M. VETTA (a cura di), Poesia e simposio nella Grecia antica. Una guida storica e cr<strong>it</strong>ica, Roma-Bari 1983.<br />

Per i ceramografi c<strong>it</strong>ati nel testo, si vedano le voci relative, in Enciclopedia dell’Arte Antica I-VII, Roma 1958-1966<br />

(ciascuna dotata di bibliografia relativa).<br />

Per i vasi c<strong>it</strong>ati nelle didascalie, si vedano le attribuzioni, rispettivamente in :<br />

J.D. BEAZLEY, Attic Black-Figure Vase-Painters I, Oxford 1963, pp. 170 e 427<br />

L’Antologia Palatina è c<strong>it</strong>ata dalla scelta tradotta da S. Quasimodo, Antologia Palatina, M<strong>il</strong>ano 19792. Sono usc<strong>it</strong>i negli<br />

scorsi anni (Torino, 1978 ss.) i diversi volumi della traduzione integrale a cura di F.M. Pontani.<br />

Ciclost<strong>il</strong>ato a cura della Sezione Didattica della Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana,<br />

via della Pergola, 65 - Firenze<br />

9


BANCHETTO E SIMPOSIO<br />

Kylix a figure rosse. Firenze, Museo Archeologico n. inv. 3922. Doùris. 490-480 a.C. circa.<br />

C 4-3<br />

Scheda di verifica n. 1<br />

1) Che cosa è <strong>il</strong> simposio?<br />

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2) Il simposio precede o segue <strong>il</strong> banchetto?<br />

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3) Quali sono le funzioni del “simposiarca”?<br />

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4) Che cos’è la spyrìs?<br />

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LA MUSICA E I GIUOCHI<br />

Kylix a figure rosse. Firenze, Museo Archeologico n.<br />

inv. 3946. Tondo interno. P<strong>it</strong>tore di Euàion. 450 a.C.<br />

circa.<br />

C 4-3<br />

Scheda di verifica n. 2<br />

1) In che cosa consiste <strong>il</strong> gioco del kòttabos?<br />

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2) Quali strumenti musicali ricorrono più frequentemente sui vasi attici in scene di simposio?<br />

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3) Che cosa è uno skòlion?<br />

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