il reperto archeologico, dallo scavo all'esposizione - PortaleRagazzi.it
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MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI<br />
SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA TOSCANA<br />
SEZIONE DIDATTICA<br />
IL REPERTO ARCHEOLOGICO,<br />
DALLO SCAVO ALL'ESPOSIZIONE<br />
Percorso di approfondimento didattico<br />
Sezione Didattica della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana - Via della Pergola, 65 - Firenze -<br />
Tel / Fax: 055/2480474<br />
www.comune.firenze.<strong>it</strong>/soggetti/sat/didattica
2<br />
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong>
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 3<br />
Indice<br />
IL REPERTO ARCHEOLOGICO, DALLO SCAVO ALL'ESPOSIZIONE<br />
Introduzione……………………………………………………………………………………………4<br />
Individuazione del <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>……………………..………………………………………4<br />
Scavo.…………………………………………………………………………………………………7<br />
Restauro……………………………………………………………………………..........…………15<br />
Inventariamento………………………………………………….………………..…………………17<br />
Documentazione......………………………………………………………………………………....17<br />
Catalogazione.....…………………………………………………..…………………………………18<br />
Studio………………………………………………………………………………………………....18<br />
Pubblicazione………………………………………………………………………………………..18<br />
Esposizione…………………………………………………………………………………………..18<br />
Legislatura……………………………………………………………………………………………19<br />
GLOSSARIO……..………………......…………………………………..……………………………22<br />
BIBLIOGRAFIA………………….…………………………………………………………………………24<br />
DIDASCALIE DELLE DIAPOSITIVE………………………………………………………………25<br />
In copertina:<br />
Fotografia aerea del v<strong>il</strong>laggio trincerato di Lucera (FG). Età neol<strong>it</strong>ica (da Atlante <strong>archeologico</strong> delle<br />
sedi umane in Italia, II, Firenze 1970, tav. I, 1). Nella fotografia sono visib<strong>il</strong>i le linee curve scure che<br />
indicano la presenza sotterranea di un doppio fossato circolare, che racchiude strutture subcircolari<br />
(fondi di capanna?). Le linee bianche indicano la viab<strong>il</strong><strong>it</strong>à e le canalizzazioni attuali.
4<br />
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />
IL REPERTO ARCHEOLOGICO, DALLO SCAVO ALL'ESPOSIZIONE<br />
Introduzione<br />
Per conoscere e comprendere la strada compiuta dagli oggetti che si trovano esposti nelle sale di<br />
un museo, è necessario ripercorrere puntualmente le varie fasi di intervento cui un <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong><br />
è sottoposto, dal primo momento della sua individuazione, fino all’esposizione al pubblico. Più<br />
precisamente, l’<strong>it</strong>er di sol<strong>it</strong>o compiuto è <strong>il</strong> seguente: individuazione del <strong>reperto</strong>, <strong>scavo</strong>, restauro,<br />
inventariamento, documentazione, catalogazione, studio, pubblicazione ed esposizione.<br />
È bene tuttavia precisare che l’archeologia non consiste semplicemente nella ricerca e nella<br />
raccolta di oggetti più o meno belli o preziosi da esporre nelle sale museali. Essa si può definire invece<br />
una scienza storica che, attraverso le residue testimonianze della v<strong>it</strong>a materiale, permette la ricostruzione<br />
delle vicende di un determinato periodo. Basandosi sullo studio dei documenti materiali rinvenuti<br />
si possono scoprire, infatti, una serie di dati su ciò che concerne la v<strong>it</strong>a, l’economia, la produzione di<br />
un determinato popolo o di un determinato terr<strong>it</strong>orio.<br />
Questo concetto di archeologia, intesa come scienza storica, induce necessariamente a prendere<br />
le dovute distanze da quella cultura tradizionale che valutava <strong>il</strong> proprio interesse per l’oggetto<br />
<strong>archeologico</strong> a seconda della sua bellezza, e che portava quindi a ignorare tutto ciò che non risultasse<br />
soddisfacente in base a tale canone. Certamente, anche la bellezza artistica di un oggetto <strong>archeologico</strong><br />
ha la sua importanza e contribuisce a renderlo interessante, ma non va tuttavia dimenticato che <strong>il</strong> valore<br />
prior<strong>it</strong>ario risiede soprattutto nel carattere di documento storico che <strong>il</strong> <strong>reperto</strong> riveste.<br />
È quindi tutto l’insieme dei manufatti archeologici di qualsiasi genere, preziosi o modesti, che<br />
cost<strong>it</strong>uisce un insost<strong>it</strong>uib<strong>il</strong>e archivio documentario, che va conservato integralmente.<br />
Individuazione del <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong><br />
Si può giungere in vari modi al r<strong>it</strong>rovamento di resti archeologici, che si trovano generalmente<br />
preservati e al tempo stesso nascosti dal terreno. Talvolta, ciò avviene in maniera del tutto fortu<strong>it</strong>a,<br />
mentre vengono esegu<strong>it</strong>i lavori agricoli (aratura, scavi per fossati, ecc.) (Dia 1-2) o durante la<br />
costruzione di strade (Dia 3) e altri lavori di sterro (Dia 4-6); oppure, antichi oggetti tornano alla luce<br />
grazie all’azione erosiva eserc<strong>it</strong>ata sul terreno dagli elementi naturali (piogge, smottamenti, ecc.).<br />
Esiste, tuttavia, anche una serie di metodi per l’individuazione di reperti e manufatti archeologici<br />
basati su cr<strong>it</strong>eri scientifici, quali la fotografia aerea, le prospezioni geofisiche e la ricognizione diretta<br />
del terreno.<br />
a) La fotografia aerea<br />
Da alcuni decenni, la fotografia aerea viene usata in modo sempre più sistematico come mezzo<br />
di scoperta archeologica, strumento ut<strong>il</strong>e per l’individuazione di tombe, antiche c<strong>it</strong>tà o v<strong>il</strong>laggi,<br />
fortificazioni, mura, ecc.; inoltre, la fotografia aerea è ut<strong>il</strong>izzata anche per <strong>il</strong> r<strong>it</strong>rovamento di resti<br />
sommersi nel mare o nei laghi, purché questi si trovino ad una profond<strong>it</strong>à non maggiore di 15 m e vi siano<br />
condizioni atmosferiche favorevoli, quali acque calme e limpide.<br />
Le fotografie aeree, scattate nel corso di appos<strong>it</strong>i voli effettuati spesso dall’areonautica m<strong>il</strong><strong>it</strong>are,<br />
permettono di ottenere una visione globale del terr<strong>it</strong>orio che si vuole esplorare (Dia 7), e consentono<br />
di correlare tra loro elementi che da terra potrebbero apparire isolati o insignificanti e che correrebbero<br />
quindi <strong>il</strong> rischio di non essere notati o valutati appieno nella loro importanza, come ad esempio leggere<br />
ondulazioni del suolo. Quando tali fotografie sono state scattate con la luce obliqua dell’alba o del<br />
tramonto (“luce radente”), che accentua le ombre, risultano maggiormente visib<strong>il</strong>i piccoli r<strong>il</strong>ievi del
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 5<br />
Fig. 1 - Sv<strong>il</strong>uppo differenziato dei cereali in presenza di strade, muri e fosse o fossati sotterranei (da CARANDINI 1981,<br />
p. 58, fig. 27)<br />
terreno (ad es. rovine appena affioranti dal suolo).<br />
Da uno studio attento e circostanziato delle foto aeree, perciò, è possib<strong>il</strong>e ricavare una serie di dati<br />
e indicazioni di notevole interesse ed importanza. Si è notato, ad esempio, che la vegetazione ha un<br />
maggiore sv<strong>il</strong>uppo sopra antichi fossati mentre, viceversa, cresce con più difficoltà in corrispondenza<br />
di strutture murarie interrate (fig. 1); di conseguenza, nella veduta dall’alto sarà possib<strong>il</strong>e l’individuazione<br />
delle diverse strutture a seconda della diversa tonal<strong>it</strong>à di colore della vegetazione (scuro-chiaro)<br />
riscontrab<strong>il</strong>e in fotografia (Dia 8). Ancora, si possono distinguere con chiarezza la pianta ed i tracciati<br />
dei resti sepolti quando, dopo lunghe piogge, sul terreno non ancora prosciugato sono visib<strong>il</strong>i e<br />
distinguib<strong>il</strong>i le zone permeab<strong>il</strong>i e quelle impermeab<strong>il</strong>i.<br />
Oltre che come strumento di scoperta, le fotografie aeree verticali, cioè realizzate perpendicolarmente<br />
al terreno (planimetriche), sono ut<strong>il</strong>izzate anche per la realizzazione di carte topografiche dei s<strong>it</strong>i<br />
archeologici. Le foto oblique, invece, sono più adatte e quindi maggiormente usate per la scoperta dei<br />
resti archeologici, in quanto evidenziano meglio le ombre derivanti dalle irregolar<strong>it</strong>à del terreno; <strong>il</strong> loro<br />
studio, comunque, viene generalmente integrato da quello delle foto verticali, in quanto queste ultime<br />
sono più adatte, ad esempio, per verificare eventuali discrepanze nella vegetazione.<br />
b) Le prospezioni geochimiche e geofisiche<br />
Da non sottovalutare come strumento di individuazione di reperti o strutture sepolti sono anche<br />
<strong>il</strong> metodo di ricerca geochimico e quelli geofisici. Il primo si basa sull’analisi della composizione<br />
chimica del terreno ed è stato particolarmente ut<strong>il</strong>izzato in s<strong>it</strong>i preistorici dell’area scandinava. Il suolo<br />
presenta infatti delle notevoli alterazioni nella propria composizione chimica, come un’elevata<br />
presenza di fosfati, se su di esso si è verificato in passato un accumulo di rifiuti organici. Il metodo risulta<br />
quindi assai ut<strong>il</strong>e per l’individuazione di centri ab<strong>it</strong>ati d’era preistorica, dove tali depos<strong>it</strong>i erano<br />
particolarmente frequenti. Le prospezioni geofisiche, invece, risultano più adatte per l’individuazione<br />
di tombe e costruzioni sepolte, dal momento che la presenza sotterranea di queste può modificare le<br />
proprietà fisiche del terreno (elettric<strong>it</strong>à, magnetismo). Uno dei metodi di prospezione geofisica più usato<br />
è <strong>il</strong> r<strong>il</strong>evamento di resistiv<strong>it</strong>à, cioè la misurazione (mediante un appos<strong>it</strong>o strumento, chiamato<br />
misuratore di resistiv<strong>it</strong>à) della resistenza elettrica di un terreno, che varia da una zona ad un’altra di uno<br />
stesso s<strong>it</strong>o a causa delle diverse quant<strong>it</strong>à di acqua contenuta nelle poros<strong>it</strong>à dei sedimenti rispetto a quelle
6<br />
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />
Fig. 2 - Particolare di una tavoletta IGM 1:25000 (F. 99, III, NE: S. Martino in Gattara)<br />
delle strutture. In pratica, la resistenza elettrica del suolo in corrispondenza di un muro è notevolmente<br />
più alta rispetto a quella r<strong>il</strong>evab<strong>il</strong>e su un fossato riemp<strong>it</strong>o di sedimenti poco compatti (Dia 9).<br />
Molto usate sono anche le prospezioni magnetiche, basate sulla misurazione dell’intens<strong>it</strong>à del<br />
campo magnetico di un terreno mediante uno strumento detto magnetometro. Le eventuali modifiche<br />
registrate nel campo magnetico di un s<strong>it</strong>o possono essere dovute, per esempio, alla presenza sotterranea<br />
di strutture quali forni, fornaci o focolari, in cui l’azione del fuoco ha alterato <strong>il</strong> naturale magnetismo<br />
del suolo.<br />
Esiste, infine, un terzo tipo di prospezione geofisica, che si basa sull’individuazione e la<br />
misurazione di differenze riscontrab<strong>il</strong>i nelle proprietà elettriche e magnetiche di un suolo dovute,<br />
ancora, alla presenza di strutture sepolte (prospezioni elettromagnetiche).<br />
c) La ricognizione diretta del terreno<br />
Lo studio diretto del terreno è <strong>il</strong> terzo, importante metodo scientifico ut<strong>il</strong>izzato dall’archeologo<br />
per l’individuazione di reperti e strutture.<br />
Affinché l’attiv<strong>it</strong>à di ricognizione diretta effettuata su un terr<strong>it</strong>orio dia risultati soddisfacenti è<br />
necessario che essa si svolga secondo un’accurata e sistematica programmazione. Imprescindib<strong>il</strong>e<br />
punto di partenza è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o <strong>dallo</strong> studio delle carte geografiche e topografiche relative alla zona o alla<br />
regione oggetto dell’indagine. In genere, la cartografia di base adottata è quella realizzata dall’Ist<strong>it</strong>uto<br />
geografico m<strong>il</strong><strong>it</strong>are (IGM), che copre tutto <strong>il</strong> terr<strong>it</strong>orio nazionale; in questo caso, la scala metrica più<br />
usata è quella delle tavolette 1:25.000 (1 cm = 25.000 cm reali = 250 m) (fig. 2).
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 7<br />
Lo studio del terreno sulla cartografia deve essere affiancato, in questa fase preliminare, da quello<br />
della bibliografia relativa al terr<strong>it</strong>orio che interessa. Notizie ut<strong>il</strong>i potranno essere ricavate, inoltre, dalla<br />
ricerca dei documenti archivistici e dall’esame delle fotografie aeree.<br />
Quando l’archeologia è in possesso di tutti i dati ricavab<strong>il</strong>i dalle fonti c<strong>it</strong>ate, allora è possib<strong>il</strong>e<br />
iniziare le ricognizioni vere e proprie sul terreno.<br />
Con un occhio attento e allenato, in buone condizioni di luce e di ombra (che si verificano quando<br />
la luce è “radente”, quindi nelle prime ore del mattino o al tramonto) e durante le stagioni migliori per<br />
effettuare attiv<strong>it</strong>à ricogn<strong>it</strong>ive (cioè durante l’inverno e all’inizio della primavera, quando sono lim<strong>it</strong>ati<br />
o del tutto assenti erbe ed arbusti), si possono individuare sul suolo le tracce di strutture anche di modesta<br />
ent<strong>it</strong>à quali solchi, fossati, dossi, ecc. Terreni sottoposti ad aratura o comunque oggetto di lavori agricoli<br />
o di sterro possono invece mostrare in superficie resti materiali (frammenti ceramici, laterizi, monete,<br />
ecc.) indicativi della presenza di una struttura o di un complesso di strutture sepolte.<br />
Scavo<br />
Dopo aver individuato <strong>il</strong> luogo dove presumib<strong>il</strong>mente si trovano reperti archeologici viene dato<br />
inizio allo <strong>scavo</strong>, che rappresenta forse la fase più delicata e diffic<strong>il</strong>e di tutto <strong>il</strong> processo (Dia 10).<br />
Dipende infatti da come viene esegu<strong>it</strong>o lo <strong>scavo</strong> se ci giungeranno materiali più o meno integri e,<br />
soprattutto, se questi saranno in grado di fornirci tutti i dati di carattere storico che potenzialmente<br />
custodiscono. Affinché questo avvenga, è necessario che ciascun <strong>reperto</strong> risulti inser<strong>it</strong>o nel contesto<br />
dello strato <strong>archeologico</strong> di cui faceva parte. Nel compiere lo <strong>scavo</strong> è indispensab<strong>il</strong>e, quindi, seguire <strong>il</strong><br />
“cr<strong>it</strong>erio stratigrafico”, che consiste nell’asportare un solo strato di terreno alla volta, dall’alto verso <strong>il</strong><br />
basso, cioè dalla superficie attuale del suolo a quella più antica, posta in profond<strong>it</strong>à, secondo <strong>il</strong> principio<br />
che ogni strato si è formato in epoca certamente successiva rispetto a quelli stratificati al di sotto di esso<br />
(fig. 3). Nel compiere tale operazione,<br />
di sol<strong>it</strong>o, lo scavatore si<br />
imbatte in una serie di strati di<br />
terreno sovrapposti l’uno all’altro,<br />
appartenenti a vari periodi<br />
di occupazione. L’insieme di<br />
questi strati, collegati fisicamente<br />
l’uno all’altro, è denominato<br />
“sequenza stratigrafica” o<br />
“stratigrafia”; <strong>il</strong> singolo strato,<br />
perciò, cost<strong>it</strong>uisce una un<strong>it</strong>à della<br />
stratigrafia o, più semplicemente,<br />
una un<strong>it</strong>à stratigrafica.<br />
Assai importanti, ai fini<br />
della datazione di ciascuno strato,<br />
sono sia la raccolta degli<br />
oggetti e dei materiali in esso<br />
contenuti, che verranno sub<strong>it</strong>o<br />
lavati, registrati e siglati, che la<br />
definizione dei rapporti esistenti<br />
fra le strutture di uno strato e<br />
gli altri livelli (uno strato sarà<br />
Fig. 3 - a) Scavare uno strato (4) prima di quello dal quale è coperto (3) è<br />
metodologicamente errato. b) E' invece corretto scavare prima lo strato più recente<br />
(1) e poi, a seguire, quelli più antichi (2, 3, 4 etc.) (da CARANDINI 1981, p. 167,<br />
fig. 144)
8<br />
sempre più recente di quello<br />
sottostante).<br />
Per ciò che concerne lo <strong>scavo</strong>,<br />
occorre sottolineare che gli<br />
scavatori procurano sempre, in<br />
qualche modo, una distruzione del<br />
documento che si è mantenuto per<br />
tanti secoli intatto. Viene infatti a<br />
scomparire per sempre l’assetto in<br />
cui i materiali furono lasciati dagli<br />
ab<strong>it</strong>anti di quel luogo; da ciò deriva<br />
la necess<strong>it</strong>à di impiegare nelle operazioni<br />
di <strong>scavo</strong> una serie di tecniche<br />
scientifiche che permettano una<br />
documentazione quanto più fedele<br />
possib<strong>il</strong>e del giacimento.<br />
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />
Perciò, via via che si procede nel lavoro, è necessario documentare con foto e disegni le singole<br />
fasi dell’opera, di modo che ne rimanga un’adeguata e soddisfacente testimonianza anche quando fasi<br />
successive d’intervento le avranno irrimediab<strong>il</strong>mente sconvolte.<br />
Lo <strong>scavo</strong> tradizionale di un s<strong>it</strong>o <strong>archeologico</strong> è organizzato in base alla cosiddetta ‘quadrettatura’<br />
del terreno, cioè in base alla sua regolare suddivisione in quadrati, orientati secondo i punti cardinali,<br />
da realizzarsi con picchetti disposti sistematicamente ogni quattro metri, emergenti di circa cinquanta<br />
centrimetri e ben visib<strong>il</strong>i sul suolo (Dia 11). La creazione di questa “scacchiera”, nella quale ogni<br />
quadrato è individuab<strong>il</strong>e singolarmente secondo <strong>il</strong> principio delle coordinate cartesiane (fig. 4),<br />
consente di localizzare in ogni momento su una pianta in scala qualunque <strong>reperto</strong> o struttura venga<br />
riportato alla luce.<br />
Fatto ciò, per documentare correttamente le eventuali testimonianze archeologiche, è necessario<br />
che esse siano localizzab<strong>il</strong>i nello spazio, oltre che orizzontalmente, anche verticalmente. Per questo, si<br />
deve scegliere una ‘quota zero’ di riferimento, naturalmente rapportata a un punto fisso assoluto, sia esso<br />
<strong>il</strong> livello del mare o un qualsiasi elemento non caduco del paesaggio circostante, che risulti quotato sul<br />
l.m.; tale quota rimarrà <strong>il</strong> riferimento necessario per ogni misurazione verticale durante lo <strong>scavo</strong>.<br />
Riportata la quadrettatura su una pianta generale dell’area di <strong>scavo</strong> si possono iniziare le<br />
operazioni di indagine archeologica,<br />
localizzando ciascun <strong>reperto</strong> con<br />
molta esattezza mediante le coordinate<br />
cartesiane. Queste possono r<strong>il</strong>evarsi<br />
con l’ut<strong>il</strong>izzo di rotelle metriche,<br />
oppure mediante regoli e f<strong>il</strong>i<br />
a piombo m<strong>il</strong>limetrati, in riferimento<br />
ai picchetti individuanti <strong>il</strong> quadrato<br />
nel quale è stato effettuato <strong>il</strong><br />
rinvenimento (fig. 5); la localizzazione,<br />
altrimenti, può effettuarsi me-<br />
diante un teodol<strong>it</strong>e o un tacheometro,<br />
sempre in rapporto a uno dei picchetti<br />
(Dia 12).<br />
Fig. 4 - La quadrettatura del terreno: si noti la numerazione che individua i<br />
singoli quadrati (tratto da L. Frédéric, "Manuale pratico di archeologia",<br />
M<strong>il</strong>ano, 1970).<br />
Fig. 5 - Regoli e f<strong>il</strong>o a piombo m<strong>il</strong>limetrati servono a trarre le coordinate<br />
cartesiane del luogo di r<strong>it</strong>rovamento dei reperti all'interno del quadrato (tratto<br />
da L. Frédéric, "Manuale pratico di archeologia", M<strong>il</strong>ano, 1970).
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 9<br />
Fig. 6 - I diversi modi per ut<strong>il</strong>izzare la trowel (o cazzuola inglese) durante lo<br />
<strong>scavo</strong> (da CARANDINI 1981, p. 161, fig. 135).<br />
Lo <strong>scavo</strong> si approfondisce operando<br />
per ‘sfogliamento’, cioè<br />
liberando progressivamente <strong>il</strong><br />
quadrato dai singoli strati di terreno,<br />
dal più alto al più basso<br />
(cioè dal più recente al più antico),<br />
con un moderato uso di piccone<br />
e pala, ma soprattutto con<br />
un lento lavoro di trowel o cazzuola<br />
e di pennello (fig. 6) (Dia<br />
13-16). La delicata opera di <strong>scavo</strong><br />
permette di salvaguardare i<br />
reperti e di individuare, volta per<br />
volta, la superficie di ciascuno<br />
strato, così da poterlo studiare nel<br />
suo insieme, senza confonderlo<br />
con altri.<br />
La stratigrafia di uno <strong>scavo</strong>,<br />
infatti, è indispensab<strong>il</strong>e per comprendere<br />
le vicende dell’insediamento<br />
scavato (Dia 17-19). Ovviamente,<br />
gli strati più antichi di<br />
un insediamento si trovano più in basso di quelli più recenti: può accadere, tuttavia, che interventi umani<br />
(trincee, sepolcreti, ecc.) o agenti naturali (frane, radici, ecc.) abbiano sconvolto <strong>il</strong> processo di<br />
sedimentazione, di modo che elementi più antichi vengano a trovarsi sopra altri più recenti (fig. 7); va<br />
inoltre da sé che i differenti strati hanno spessori diversi fra loro, a seconda della durata dell’insediamento<br />
o della quant<strong>it</strong>à degli ‘scarichi’ che li hanno formati.<br />
Ogni strato si distingue da un altro in base al suo colore, alla compattezza e ai componenti del<br />
terreno: per esempio, uno strato piano e compatto indica spesso un piano di calpestio, anche solo<br />
sterrato; la ghiaia può essere invece indice di un livello alluvionale o di una colmata artificiale; mentre<br />
terriccio nerastro indicherà probab<strong>il</strong>mente un incendio o la presenza di un focolare.<br />
Qualsiasi variazione di colore e qualsiasi oggetto, pur di valore apparentemente minimo, possono<br />
essere perciò di importante significato per determinare la natura di uno strato <strong>archeologico</strong>. Così,<br />
persino un livello ‘ster<strong>il</strong>e’ (e cioè privo di insediamenti e reperti umani) può essere significativo, se non<br />
altro per stab<strong>il</strong>ire dati cronologici e climatici. Ogni <strong>reperto</strong>, anche organico, andrà quindi raccolto con<br />
la maggior cura possib<strong>il</strong>e, mentre si provvederà ad allontanare l’ingombrante materiale di scarico.<br />
Bisognerà ev<strong>it</strong>are ogni danno ai reperti, lim<strong>it</strong>ando al massimo i traumi che arreca loro <strong>il</strong> brusco contatto<br />
Fig. 7 - La fossa 3 ha sconvolto<br />
la precedente<br />
stratigrafia, facendo sì che<br />
lo strato 1, composto da<br />
materiale più antico, venga<br />
a trovarsi al di sopra<br />
dello strato 2, composto<br />
da materiale più recente<br />
(da CARANDINI 1981, p.<br />
43, fig. 13)
10<br />
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />
con l’esterno e provvedendo ai primi essenziali interventi di restauro, variab<strong>il</strong>i a seconda della divers<strong>it</strong>à<br />
dei materiali.<br />
Via via che si scava è inoltre necessario scattare numerose fotografie, sia per documentare <strong>il</strong><br />
progressivo andamento del lavoro, che per fissare l’aspetto di strutture e reperti al momento del loro<br />
progressivo dissotterramento. Tali fotografie risulteranno ut<strong>il</strong>i in ogni caso, ma soprattutto nel caso che<br />
gli interventi di restauro non riuscissero a salvaguardare del tutto l’integr<strong>it</strong>à del <strong>reperto</strong>. Vanno inoltre<br />
fotografati i diversi strati, con particolare riguardo al loro insieme; si fotografano infatti anche le sezioni<br />
di <strong>scavo</strong> verticali, provvedendo a numerare ciascuno strato con piccole placche di metallo infisse nel<br />
terreno, e con l’ut<strong>il</strong>izzo di adeguati testimoni di misurazione (come i f<strong>il</strong>i a piombo m<strong>il</strong>limetrati; fig. 8)<br />
(Dia 20-21).<br />
Risultano indispensab<strong>il</strong>i anche i disegni dei reperti, da effettuarsi sul luogo o da ricavare in segu<strong>it</strong>o<br />
dalle fotografie (Dia 22).<br />
Bisogna poi provvedere alla trasposizione in pianta ed in sezione del quadrato di <strong>scavo</strong> ogni<br />
qualvolta si individui la superficie di<br />
uno strato nuovo.<br />
Ogni un<strong>it</strong>à stratigrafica, inoltre,<br />
distinta dalle altre mediante un<br />
‘nome’ convenzionale, in genere indicato<br />
con un numero arabo, deve<br />
essere descr<strong>it</strong>ta su un’appos<strong>it</strong>a scheda<br />
prestampata, denominata ‘scheda<br />
di un<strong>it</strong>à stratigrafica’, comprensiva<br />
di una serie di voci importanti per la<br />
classificazione e la datazione dello<br />
strato (Dia 23). Tali schede, oltre al<br />
valore documentario, posseggono<br />
anche <strong>il</strong> vantaggio di omogeneizzare<br />
<strong>il</strong> linguaggio <strong>archeologico</strong>, sottraendo<br />
così lo studio all’opinione soggettiva<br />
del singolo ricercatore e rendendolo<br />
viceversa maggiormente agevole<br />
e oggettivo.<br />
Può essere ut<strong>il</strong>e, infine, tenere<br />
quotidianamente <strong>il</strong> cosiddetto Gior-<br />
nale di Scavo (fino ad una ventina di<br />
anni fa unico strumento documentario<br />
relativo al lavoro svolto), cost<strong>it</strong>u-<br />
Fig. 8 - Sezione verticale pronta per la fotografia (tratto da L. Frédéric,<br />
"Manuale pratico di archeologia", M<strong>il</strong>ano, 1970).<br />
<strong>it</strong>o da appunti, notizie, schizzi e disegni che l’assistente di <strong>scavo</strong> e lo stesso ispettore archeologo<br />
prenderanno via via durante <strong>il</strong> lavoro, o che comunque stenderanno ogni sera sullo <strong>scavo</strong> svolto in<br />
giornata.<br />
Se <strong>il</strong> lavoro di <strong>scavo</strong> in Italia viene infatti svolto, spesso, dagli operai forn<strong>it</strong>i da un’impresa<br />
qualificata, è tuttavia necessaria la costante presenza di un archeologo supervisore, di uno o più<br />
assistenti con preparazione specifica e di personale aus<strong>il</strong>iario in grado di provvedere ai bisogni<br />
particolari (disegnatore, geometra e, possib<strong>il</strong>mente, retauratore e fotografi specializzati); negli scavi<br />
maggiori, inoltre, è ut<strong>il</strong>e la presenza, anche solo saltuaria, di antropologi, zoologi e botanici, in grado<br />
di determinare natura e cronologia dei reperti che esulano dalla stretta competenza degli archeologi.
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 11<br />
Sia <strong>il</strong> quaderno del Giornale di Scavo e le schede di un<strong>it</strong>à stratigrafica, che l’attrezzatura e <strong>il</strong><br />
personale specializzato sono forn<strong>it</strong>i dall’Amministrazione archeologica e dall’eventuale Ente che<br />
scava. Bisogna tuttavia ricorrere a un’impresa qualificata, di grande fiducia, che fornisca attrezzatura<br />
e operai per <strong>il</strong> trasporto, lo scarico, la manovalanza di <strong>scavo</strong> e, comunque, <strong>il</strong> lavoro generico. Negli ultimi<br />
decenni, però, secondo l’esempio dell’archeologia inglese, costantemente all’avanguardia in questo<br />
settore scientifico, si tende ad affidare lo <strong>scavo</strong> interamente o quasi a personale specializzato, preparato<br />
e competente in materia.<br />
Il materiale scavato, pul<strong>it</strong>o e parzialmente restaurato, viene collocato in appos<strong>it</strong>i conten<strong>it</strong>ori<br />
numerati in base allo strato di provenienza, ordinati e inventariati (di modo che le schede di un<strong>it</strong>à<br />
stratigrafica ed <strong>il</strong> Giornale di Scavo possano riportarne <strong>il</strong> numero progressivo, da collocarsi anche<br />
accanto al <strong>reperto</strong> al momento di fotografarlo in <strong>scavo</strong> o di riprodurlo in carta m<strong>il</strong>limetrata).<br />
Tecniche di datazione<br />
Una delle domande più comuni che si pone <strong>il</strong> vis<strong>it</strong>atore del Museo è <strong>il</strong> sapere a quale età risalgano<br />
i vari reperti esposti. Il problema della datazione dei materiali, comunque, è certamente assai importante<br />
anche per l’archeologo, in quanto in base ad essa si stab<strong>il</strong>isce la cronologia assoluta dei vari strati<br />
archeologici. Le maggiori difficoltà di datazione riguardano soprattutto resti preistorici, in quanto per<br />
essi non sono ovviamente disponib<strong>il</strong>i dati di riferimento ricavab<strong>il</strong>i da documenti storico-letterari o<br />
numismatici. A questi reperti, salvo rari casi, può essere attribu<strong>it</strong>a solo un’età piuttosto approssimativa.<br />
In alcuni casi, per <strong>il</strong> periodo preistorico gli archeologi sono riusc<strong>it</strong>i a stab<strong>il</strong>ire una ‘cronologia relativa’,<br />
consistente nel determinare la sequenza delle varie civ<strong>il</strong>tà antiche che si sono sussegu<strong>it</strong>e in una zona<br />
particolare esclusivamente attraverso l’analisi st<strong>il</strong>istica dei loro resti (seriazione), senza però stab<strong>il</strong>ire<br />
con esattezza l’epoca di ciascuna di esse.<br />
Esiste tuttavia una serie di metodi alternativi, come la dendrocronologia o la datazione al<br />
radiocarbonio, che consentono di stab<strong>il</strong>ire una ‘cronologia assoluta’ (cioè una datazione ancorata con<br />
una certa precisione al computo degli anni relativi all’era cristiana) anche per <strong>il</strong> periodo preistorico, oltre<br />
che, naturalmente, per complessi archeologici di età storica.<br />
La dendrocronologia<br />
Uno dei metodi assoluti di datazione è la dendrocronologia, che permette di stab<strong>il</strong>ire una<br />
cronologia attraverso lo studio degli anelli annuali d’accrescimento degli alberi. Ogni anello di cresc<strong>it</strong>a<br />
annuale è ben visib<strong>il</strong>e in quanto si ha in esso un’alternanza di linee larghe e chiare, che rappresentano<br />
la cresc<strong>it</strong>a più rapida in primavera, e di linee strette e scure, che indicano la cresc<strong>it</strong>a più lim<strong>it</strong>ata in estate<br />
e autunno.<br />
Osservando la sequenza degli anelli concentrici del tronco di un albero, che rappresentano ognuno<br />
un anno di v<strong>it</strong>a, e contandoli a partire dal centro, si può determinare l’età dell’albero al momento<br />
dell’abbattimento. Si è notato, inoltre, che gli anelli degli alberi di una medesima regione, sottoposti alle<br />
stesse variazioni climatiche, presentano uguali variazioni regolari nello spessore (“sequenze di<br />
spessori”), dovute sia a fattori climatici (si ha ad esempio uno spessore maggiore dell’anello in annate<br />
umide), che alle radiazioni solari, per cui è possib<strong>il</strong>e stab<strong>il</strong>ire un confronto fra di essi, e fra questi e alberi<br />
morti o legno proveniente da depos<strong>it</strong>i archeologici della medesima zona. Sono state perciò elaborate<br />
tavole cronologiche valide per determinate regioni, secondo le specie di alberi in esse esistenti. Così,<br />
ad esempio, in America settentrionale è stato possib<strong>il</strong>e creare una sequenza basata sul pino della<br />
California, assai longevo; tale sequenza arretra nel tempo fino a circa 9.000 anni fa. Il metodo, pur non<br />
essendo perfetto, è tuttavia piuttosto preciso.
12<br />
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />
Datazione al radiocarbonio<br />
Per la datazione dei materiali archeologici si usa anche <strong>il</strong> metodo del radiocarbonio, che è basato<br />
sull’analisi della quant<strong>it</strong>à di carbonio radioattivo (C 14) contenuto nei resti organici che si trovano in<br />
uno strato <strong>archeologico</strong>.<br />
Il carbonio radioattivo, infatti, si trova in quant<strong>it</strong>à costante in ogni materia organica, animale e<br />
vegetale, vivente. Quando cessa la v<strong>it</strong>a dell’organismo, la quant<strong>it</strong>à di radiocarbonio va lentamente<br />
diminuendo, in tempi costanti e conosciuti (legge del decadimento radioattivo). Cosicché, è possib<strong>il</strong>e<br />
calcolare l’età dei resti organici (pezzi di legno, ossa, carboni, ecc.) rinvenuti negli scavi misurando, con<br />
un contatore Geiger o con un particolare acceleratore di particelle, <strong>il</strong> radiocarbonio residuo in essi<br />
contenuto (Dia 24). Di conseguenza, si giunge anche a calcolare l’età degli oggetti archeologici<br />
rinvenuti nello stesso strato dei reperti organici analizzati. Tale metodo, scoperto dal nord-americano<br />
W.F. Libby nel 1948, presenta un margine di errore piuttosto basso, che si va via via riducendo col<br />
perfezionamento delle tecniche e degli strumenti. Tuttavia, <strong>il</strong> margine di errore cresce quanto minore<br />
è la quant<strong>it</strong>à residua di C 14 che si deve r<strong>il</strong>evare, cioè quanto maggiore è l’età del <strong>reperto</strong> (Per datazioni<br />
superiori a 35000/40000 anni in "Radiocarbonio" non è più ut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>e). Il Carbonio 14 dimezza la sua<br />
quant<strong>it</strong>à ogni 5730 anni e ciò permette di avere alcune datazioni con un margine di errore minimo che<br />
può arrivare anche a soli 50 anni.<br />
Col perfezionarsi dei metodi di analisi e di campionatura, l’uso della datazione al radiocarbonio,<br />
non si lim<strong>it</strong>a più soltanto ai resti preistorici, ma va oggi estendendosi anche alla cronologia di altre<br />
epoche più recenti,<br />
La cronologia storica<br />
Per i periodi storici, stab<strong>il</strong>ire una cronologia assoluta è relativamente agevole, in quanto,<br />
ricorrendo alle fonti storiche, è possib<strong>il</strong>e riuscire a stab<strong>il</strong>ire una relazione fra i reperti rinvenuti e gli<br />
eventi riportati sui testi. L’attendib<strong>il</strong><strong>it</strong>à dei documenti che ci sono giunti è generalmente buona; tuttavia,<br />
si nota una maggiore precisione per le fonti greche o romane rispetto, ad esempio, a quelle del Medio-<br />
Oriente.<br />
Per l’archeologia greca e romana la datazione dei reperti è piuttosto esatta grazie anche alle<br />
numerose ceramiche rinvenute, che cost<strong>it</strong>uiscono una sorta di guida cronologica. Esse sono fac<strong>il</strong>mente<br />
datab<strong>il</strong>i (soprattutto a partire dalla fine dell’VIII secolo a.C.), attraverso lo studio dell’evoluzione delle<br />
decorazioni e delle forme vascolari. La ceramica, infatti, oltre a deteriorarsi meno degli altri reperti nel<br />
corso dei m<strong>il</strong>lenni, muta di forma e di st<strong>il</strong>e più rapidamente rispetto agli altri manufatti. Le numerose<br />
botteghe di vasai esistenti nell’antich<strong>it</strong>à e gli inconvenienti legati al largo uso quotidiano hanno<br />
comportato, quindi, un rapido ed ampio ricambio di pezzi, moduli e st<strong>il</strong>i (Dia 25-26).<br />
Di notevole ut<strong>il</strong><strong>it</strong>à per la datazione di diverse local<strong>it</strong>à archeologiche classiche sono risultate anche<br />
le monete ivi rinvenute (Dia 27).<br />
Inoltre, come già sopra accennato, per la cronologia assoluta delle epoche storiche è possib<strong>il</strong>e<br />
ricorrere anche alle fonti scr<strong>it</strong>te, dirette o indirette che siano. Ad esempio, soprattutto in età tardoclassica<br />
vi sono alcune opere, quali stele funerarie o commemorative, che accanto all’iscrizione che le<br />
data contengono scene figurate: esse ci forniscono quindi una sorta di cronologia st<strong>il</strong>istica. Ancora,<br />
alcune opere arch<strong>it</strong>ettoniche risultano datate da inventari ed<strong>il</strong>izi che vengono r<strong>it</strong>rovati nelle vicinanze:<br />
così, l’Eretteo di Atene è datato al 409-408 a.C. da una iscrizione rinvenuta sull’Acropoli, che descrive<br />
anche i r<strong>il</strong>ievi che decorano l’arch<strong>it</strong>rave(Dia 28); nello stesso modo, l’Asklepiêion di Epidauro può<br />
essere datato fra <strong>il</strong> 380 e <strong>il</strong> 375 a.C. e, ugualmente, trovano una collocazione cronologica sicura anche<br />
molte opere romane.<br />
Talvolta, per una datazione assoluta risulta ut<strong>il</strong>e <strong>il</strong> calcolo moderno relativo a fenomeni<br />
astronomici avvenuti nell’antich<strong>it</strong>à: così, la battaglia sul fiume Hàlys (l’odierno Kïsïlïrmak, in Turchia)
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 13<br />
Fig. 9 -<br />
Aryballos<br />
globulare<br />
- avvenuta fra Medi e Lidi - può datarsi al 585 a.C. a causa dell’eclissi totale di sole che<br />
la interruppe; non cap<strong>it</strong>a però quasi mai che i dati astronomici servano alla datazione<br />
archeologica.<br />
Più ut<strong>il</strong>i risultano quindi notizie storiche che si riferiscano a singoli oggetti<br />
antichi d’arte o di uso quotidiano: ciò permette non solo di sapere quando furono creati,<br />
ma anche di datare opere loro st<strong>il</strong>isticamente affini. Ad esempio, conoscendo da<br />
Tucidide e da altri storici antichi l’epoca in cui furono fondate le prime colonie greche<br />
in Italia, è possib<strong>il</strong>e dedurre una griglia cronologica sufficientemente precisa dello<br />
sv<strong>il</strong>uppo della ceramica vascolare partendo dalla fase st<strong>il</strong>istica cui appartengono i più antichi frammenti<br />
ceramici trovati nell’una o nell’altra di queste colonie. Così, per esempio, negli strati più antichi di<br />
Siracusa si rinvengono aryballoi ‘globulari’ (fig. 9), cioè porta-unguenti del tipo che apre <strong>il</strong> cosiddetto<br />
periodo ‘Protocorinzio arcaico’; ne arguiamo che tale periodo st<strong>il</strong>istico coincide, evidentemente, con<br />
la data di fondazione di Siracusa (Dia 29). Nello stesso modo possiamo fissare la cronologia assoluta<br />
di altri contesti archeologici, stab<strong>il</strong>endo per ogni colonia quale classe vascolare greca vi compaia per<br />
prima; ciò è molto importante anche per la cronologia dell’Etruria, che fu una grande importatrice di<br />
vasi corinzi. Le cose, però, non sempre risultano così semplici, dal momento che gli storici antichi ci<br />
tramandano, per le diverse c<strong>it</strong>tà <strong>it</strong>aliote e siceliote, date di fondazione spesso divergenti fra loro: così<br />
Siracusa fu fondata, a seconda delle fonti, nel 757-56, nel 734-30, nel 708 a.C.; e Selinunte, che serve<br />
a datare <strong>il</strong> periodo ‘Corinzio transizionale’, fu fondata nel 650 secondo Diodoro ed Eusebio e nel 629-<br />
28 a.C. secondo Tucidide.<br />
Un metodo di datazione basato su principi non troppo diversi consiste nel dedurre la cronologia<br />
di una local<strong>it</strong>à meta-storica in riferimento agli oggetti prodotti da una contemporanea cultura già inser<strong>it</strong>a<br />
in una griglia cronologica: così, ad esempio, si colloca la fine del ‘Tardo<br />
Minoico II’ (e del coevo ‘Tardo Elladico II’) all’incirca nel 1400 a.C. perché<br />
nella local<strong>it</strong>à egizia di Tell-el-Amarnah, che fu abbandonata nel 1350 a.C.,<br />
sono state rinvenute ceramiche cretesi di st<strong>il</strong>e ‘palaziale’, che appartiene al<br />
successivo periodo denominato ‘Tardo Minoico III’. Così, ancora, una statua<br />
egizia della XII Dinastia è stata rinvenuta in uno strato cretese del ‘Medio<br />
Minoico II’, mentre ceramiche ‘mediominoiche II’ sono state trovate ad<br />
Abido, in Eg<strong>it</strong>to, entro una tomba della XII Dinastia. Purtroppo, pure in<br />
questo caso, non tutto è semplice, poiché fonti ed opinioni sono spesso<br />
alquanto confuse anche per quanto riguarda le cronologie medio-orientali.<br />
Diversi reperti greci possono datarsi con una certa esattezza attraverso<br />
le notizie tramandateci dagli storici: così, le anfore panatenaiche più antiche<br />
andranno collocate prima della metà del VI secolo perché i Giochi Panatenaici<br />
furono ist<strong>it</strong>u<strong>it</strong>i da Pisistrato nel 566 a.C. Ancora, da referenze di Erodoto si<br />
può datare <strong>il</strong> “Thesauròs” dei Sifni a Delfi intorno al 530-25 (Dia 30); si tratta<br />
di un punto fermo di grande importanza, poiché lo st<strong>il</strong>e scultoreo riconoscib<strong>il</strong>e<br />
nel fregio sifnio è caratteristico di molti prodotti artistici greci del tempo,<br />
che possono quindi datarsi negli stessi anni del ‘tesoro’ di Delfi.<br />
Sui vasi attici compaiono spesso esaltazioni di questa o quella giovane<br />
bellezza dell’Atene del tempo: se si tratta di personaggi storicamente noti,<br />
tali iscrizioni possono datare <strong>il</strong> vaso in questione. A Firenze sono ad esempio<br />
presenti vasi del P<strong>it</strong>tore di Léagros, un prolifico ceramografo che trae <strong>il</strong><br />
proprio nome dal giovane di cui esalta spesso la bellezza. Questi è<br />
presumib<strong>il</strong>mente <strong>il</strong> futuro generale Léagros, che fu ucciso dai Traci a<br />
Drabesco nel 465, mentre guidava diecim<strong>il</strong>a cleruchi ateniesi. Considerando<br />
Fig. 10 - Kòre 159, dall’Acropoli<br />
di Atene. Atene, Museo<br />
dell’Acropoli n. inv. 159.<br />
500-490 a.C. circa.
14<br />
Fig. 11 - I diversi opera ed<strong>il</strong>izi romani: dall'alto in basso e da sinstra a destra:<br />
opus quadratum, incertum, quasi reticulatum, reticulatum, mixtum e v<strong>it</strong>tatum.<br />
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />
l’età media in cui si accedeva a<br />
tale carica m<strong>il</strong><strong>it</strong>are, si può collocare<br />
la nasc<strong>it</strong>a di Léagros nel 525<br />
circa e quindi la sua efebìa intorno<br />
al 510-505, anni nei quali avrà<br />
quindi operato l’omonimo p<strong>it</strong>tore<br />
(Dia 31).<br />
Altro esempio è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dai<br />
reperti rinvenuti nel tumulo di<br />
Maratona, che vanno evidentemente<br />
datati dopo <strong>il</strong> 490 a.C., anno<br />
in cui ebbe luogo la celebre battaglia<br />
contro i Persiani e in cui morirono<br />
i centonovantaquattro<br />
Ateniesi per i quali si edificò la<br />
tomba collettiva.<br />
In segu<strong>it</strong>o alle distruzioni operate<br />
dai Persiani sull’Acropoli di<br />
Atene nel 480-79, gli Ateniesi<br />
accumularono i sacri resti<br />
arch<strong>it</strong>ettonici e scultorei nelle trincee<br />
delle fortificazioni di<br />
Temìstocle (nel 478) e di Cimone<br />
(nel 467 a.C.): si tratta della cosiddetta<br />
‘colmata persiana’, un<br />
depos<strong>it</strong>o di materiali indispensab<strong>il</strong>e per la datazione della scultura arcaica, in quanto di esso facevano<br />
parte, in larga misura, statue e r<strong>il</strong>ievi di pietra che andranno rifer<strong>it</strong>i, evidentemente, a prima del 478 o<br />
del 467 a.C (fig. 10).<br />
Ancora: la ‘purificazione’ di Delos del 426 a.C. comportò la rimozione di tutti i corredi tombali<br />
dell’isola e <strong>il</strong> loro trasferimento nella vicina isoletta di Rhéneia, dove furono sistemati in una grande<br />
tomba comune. Questa è una tipica datazione archeologica ante quem (‘prima di cui’), in quanto i reperti<br />
trovati a Rhéneia sono evidentemente più antichi dell’anno 426. Quando invece i reperti sono più recenti<br />
dell’anno che serve a datarli si parla di datazione post quem (‘dopo di cui’: è tipico l’esempio dell’anno<br />
di fondazione delle Panatenee, <strong>il</strong> 566 a.C., dopo <strong>il</strong> quale si trovano le anfore panatenaiche).<br />
Dal 409-408 (st<strong>il</strong>e del Tesoriere del Partenone) al 295-94 a.C. (r<strong>il</strong>ievo onorario di Heròdotos) si<br />
può individuare lo sv<strong>il</strong>uppo artistico ateniese attraverso i r<strong>il</strong>ievi delle stele datate.<br />
Per l’età romana risulta ut<strong>il</strong>e anche lo studio delle diverse tecniche di muratura (opus caementicium,<br />
incertum, reticulatum, ecc., fig. 11), che iniziano ad essere ut<strong>il</strong>izzate in epoche storicamente determinate<br />
e che, perciò, sono in grado di fornire un termine di riferimento cronologico piuttosto preciso (Dia<br />
32). Con l’inizio dell’uso dei mattoni (testacea structura, I sec. a.C.), si può calcolare approssimativamente<br />
la data di un edificio, calcolando lo spessore dei laterizi e la relativa quant<strong>it</strong>à e qual<strong>it</strong>à della malta<br />
che li connette, elementi che variano con <strong>il</strong> variare delle epoche storiche.<br />
Assai più ut<strong>il</strong>e risulta però l’eventuale presenza di bolli di fabbrica sul materiale laterizio: essi<br />
recano <strong>il</strong> nome dell’officinatore o del proprietario delle figline e, nel II sec. d.C., la data consolare, che<br />
permette una chiara datazione assoluta. Anche dove manca la data consolare, <strong>il</strong> bollo laterizio permette<br />
di arguire dati cronologici, sia in base a cr<strong>it</strong>eri paleografici, sia per la forma stessa dei bolli, che si<br />
modifica con i secoli (fig. 12).
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 15<br />
Fig. 12 - Evoluzione della forma dei bolli laterizi da Domiziano (81-86) a Caracalla (211-217 d.C.) (da H. Bloch, "I bolli<br />
laterizi e la storia ed<strong>il</strong>izia romana", Roma, 1947, figg. 1-12).<br />
Restauro<br />
Final<strong>it</strong>à del restauro<br />
Il moderno restauro <strong>archeologico</strong> non si propone di nascondere e camuffare, magari addir<strong>it</strong>tura<br />
con r<strong>it</strong>occhi, la frammentarietà e lacunos<strong>it</strong>à dell’oggetto per ridargli l’aspetto originale, bensì di rendere<br />
l’oggetto comprensib<strong>il</strong>e e fruib<strong>il</strong>e per lo studio e l’esposizione al pubblico (restauro conosc<strong>it</strong>ivo), e di<br />
garantirne la conservazione nel tempo (restauro conservativo). Perciò, anche quando si pone la necess<strong>it</strong>à<br />
di integrare parti mancanti per permettere una corretta comprensione del pezzo in sede espos<strong>it</strong>iva, le<br />
integrazioni devono risultare chiaramente distinguib<strong>il</strong>i dalla parte originale, anche se non devono<br />
turbare l’un<strong>it</strong>à d’insieme.<br />
Operazioni preliminari<br />
Ancora direttamente sullo <strong>scavo</strong>, <strong>il</strong> materiale viene documentato graficamente e fotograficamente<br />
nella s<strong>it</strong>uazione e nelle condizioni del rinvenimento (Dia 33). Foto e disegni documentano lo stato del<br />
pezzo prima del restauro, durante gli interventi e a restauro ultimato. Alcune tecniche fotografiche e<br />
analisi chimico-fisiche (come per esempio la foto all’infrarosso o all’ultravioletto, la fluorescenza o la<br />
radiografia) potranno essere necessarie nell’esame preliminare per pezzi o complessi che presentano
16<br />
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />
particolari problemi. In certi casi potranno anche essere opportune, prima dell’intervento diretto, analisi<br />
chimico-fisiche, specialmente se si tratta di metalli. In casi di particolare frag<strong>il</strong><strong>it</strong>à dei materiali si dovrà<br />
effettuare, ancora in sede di <strong>scavo</strong>, un ‘pronto intervento’ di consolidamento prima della rimozione<br />
dell’oggetto (Dia 34). Finché quest’ultimo si trova interrato, esiste un equ<strong>il</strong>ibrio piuttosto stab<strong>il</strong>e con<br />
la materia con la quale è a contatto; al momento dello <strong>scavo</strong>, però, la repentina esposizione all’aria del<br />
<strong>reperto</strong> altera tale equ<strong>il</strong>ibrio, tanto più drasticamente quanto più l’oggetto è predisposto all’assorbimento<br />
o alla perd<strong>it</strong>a di umid<strong>it</strong>à. È assolutamente necessario, quindi, che <strong>il</strong> passaggio da uno stato climatico<br />
ad un altro avvenga <strong>il</strong> più gradualmente possib<strong>il</strong>e e, se del caso, con <strong>il</strong> consolidamento preventivo<br />
dell’oggetto.<br />
Le fasi del restauro<br />
Le tecniche di restauro sono estremamente differenziate a seconda dei materiali sui quali si opera;<br />
le successive fasi di intervento sono comunque usualmente le stesse, e sol<strong>it</strong>amente segnano questo<br />
ordine: pul<strong>it</strong>ura, consolidamento, ricomposizione, integrazione. Fanno eccezione i metalli, per i quali,<br />
di sol<strong>it</strong>o, non si può parlare di un consolidamento vero e proprio, ma necess<strong>it</strong>ano invece, a restauro<br />
terminato, di un procedimento di protezione.<br />
Restauro della ceramica<br />
Pul<strong>it</strong>ura<br />
La pul<strong>it</strong>ura si effettua usualmente con un lavaggio in acqua o alcool per asportare la terra, mentre<br />
eventuali incrostazioni più resistenti si rimuovono col bisturi, talora con l’aus<strong>il</strong>io di sostanze come<br />
acqua ossigenata, acetone o soluzione di acidi.<br />
Consolidamento<br />
L’oggetto, o i suoi frammenti, vengono poi consolidati, se necessario, con immersioni o<br />
pennellature di appos<strong>it</strong>e sostanze che siano assorb<strong>it</strong>e dalla terracotta (collanti polivin<strong>il</strong>ici d<strong>il</strong>u<strong>it</strong>i in<br />
alcool).<br />
Ricomposizione<br />
Se l’oggetto è in frammenti, si ricercano gli attacchi di essi (Dia 35) e si procede all’incollaggio,<br />
che si esegue, a caldo o a freddo secondo <strong>il</strong> caso, con collanti resistenti ma fac<strong>il</strong>mente reversib<strong>il</strong>i, in<br />
previsione di future possib<strong>il</strong>i necess<strong>it</strong>à di smontaggio (collanti a base di acetato di polivin<strong>il</strong>e, fac<strong>il</strong>mente<br />
solub<strong>il</strong>e in alcool o acetone).<br />
Integrazione<br />
Le eventuali parti mancanti possono essere integrate, qualora ciò risulti necessario alla comprensione<br />
del pezzo in sede espos<strong>it</strong>iva, con materiali anch’essi fac<strong>il</strong>mente reversib<strong>il</strong>i. Presso <strong>il</strong> Centro di<br />
Restauro della Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana è usato da qualche tempo un<br />
composto di cere, lavorab<strong>il</strong>i a caldo e a freddo, che presenta numerosi vantaggi pratici ed estetici rispetto<br />
ad altri materiali precedentemente usati, come le miscele di gesso e “Das” (Dia 36).<br />
Restauro dei metalli<br />
Per i metalli le operazioni di restauro sono più complesse e laboriose. Il ferro è <strong>il</strong> metallo che pone<br />
più problemi, poiché subisce nel tempo, specie a causa della giac<strong>it</strong>ura in terra, maggiori processi di<br />
ossidazione e di degradazione, spesso fino ad apparire come una massa informe nella quale è del tutto<br />
impossib<strong>il</strong>e distinguere la forma originaria dell’oggetto. In questi casi è indispensab<strong>il</strong>e, prima della<br />
pul<strong>it</strong>ura, una radiografia che mostri la sagoma e l’aspetto generale del pezzo. Diverso, ma non meno<br />
complesso, è <strong>il</strong> caso del bronzo o comunque delle leghe in rame. Se infatti, di rado, essi si ricoprono di<br />
prodotti di ossidazione (come avviene per <strong>il</strong> ferro), talvolta però lo stato di degradazione è tale, che del<br />
metallo non resta pressoché nulla, e l’oggetto è ormai in pratica cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dai prodotti stessi di
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 17<br />
corrosione, che l’hanno sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o, e che devono perciò essere consolidati e protetti (Dia 37-38).<br />
Pul<strong>it</strong>ura<br />
La pul<strong>it</strong>ura dei metalli pone la necess<strong>it</strong>à di una scelta volta per volta sulle modal<strong>it</strong>à di intervento:<br />
essa può essere effettuata chimicamente con lavaggi e bagni in soluzioni alcaline, in alcool e<br />
ammoniaca, in alcool e acqua ossigenata, oppure meccanicamente, col bisturi, con piccole frese e<br />
spazzole rotanti, con sabbiatrici, in certi casi addir<strong>it</strong>tura con martelletti a ultrasuoni (Dia 39). Queste<br />
diverse tecniche spesso sono complementari.<br />
Successivamente, l’oggetto o i frammenti vengono posti per un certo periodo di tempo nella<br />
cosiddetta “camera umida” (cioè in un locale mantenuto ad una forte umid<strong>it</strong>à costante) per controllare<br />
che i processi di ossidazione siano effettivamente bloccati.<br />
Incollaggio, integrazione e protezione<br />
L’incollaggio dei frammenti e le eventuali integrazioni (Dia 40) vengono effettuati con gli stessi<br />
materiali, cioè cianacr<strong>il</strong>ati e resine epossidiche.<br />
L’oggetto viene protetto in superficie con una soluzione di paralloid che lo isola, per quanto<br />
possib<strong>il</strong>e, dall’aria (Dia 41).<br />
Il Centro di Restauro fiorentino<br />
In segu<strong>it</strong>o ai noti eventi del novembre 1966 si rese necessario via via allargare <strong>il</strong> vecchio<br />
laboratorio di restauro che operava presso la Soprintendenza alle Antich<strong>it</strong>à dell’Etruria, a Firenze. Una<br />
prima sezione, relativa al restauro delle ceramiche, fu cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a presso l’Ospedale degli Innocenti,<br />
mentre un’altra, che si occupava del restauro dei bronzi, fu collocata al piano terreno della Soprintendenza.<br />
Le dimensioni del laboratorio aumentarono al punto che fu necessario spostarlo nella sede di via<br />
del Palazzo Bruciato, mentre <strong>il</strong> personale che prestava la sua opera al laboratorio per contratto a trattativa<br />
privata veniva assunto a domanda nel ruolo esecutivo o del personale operaio. Alcuni anni fa, la sede<br />
del Centro di Restauro dell’attuale Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana è stata spostata<br />
in via D.M. Manni a Firenze.<br />
Inventariamento<br />
Dopo <strong>il</strong> restauro, esegu<strong>it</strong>o sotto la responsab<strong>il</strong><strong>it</strong>à di un archeologo, lo scavatore deve classificare<br />
gli oggetti. In questa fase, <strong>il</strong> <strong>reperto</strong> è identificato con un numero d’inventario defin<strong>it</strong>ivo, riportato sul<br />
pezzo e sul registro ufficiale dell’inventario.<br />
Questa operazione risponde ad una esigenza patrimoniale e di tutela, oltre che ad un fine<br />
scientifico.<br />
Secondo <strong>il</strong> R. D. n. 1917, del 28/8/1927, ogni Museo od Ist<strong>it</strong>uto governativo deve tenere un<br />
registro cronologico generale di entrata delle cose destinate a far parte delle raccolte, ciascuna dotata<br />
di una sommaria descrizione, con notizie di provenienza (art. 2) (Dia 42). Non si dovrà mai mutare od<br />
alterare la numerazione progressiva originaria, salvo speciale autorizzazione ministeriale (art. 14).<br />
Documentazione<br />
Fotografia e disegno sono strumenti indispensab<strong>il</strong>i per le successive operazioni di catalogazione<br />
e studio dell’oggetto. La fotografia dei reperti archeologici, con opportuni accorgimenti tecnici, deve<br />
far risaltare esclusivamente forma e decorazione dell’oggetto, fornendo un aiuto importantissimo anche<br />
ai fini delle operazioni di tutela (Dia 43).<br />
Il Gabinetto Fotografico della Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana ha oggi a<br />
disposizione un numero di circa 130.000 negativi, in continuo aumento.
18<br />
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />
Il disegno ha essenzialmente lo scopo di sintetizzare visib<strong>il</strong>mente i dati formali. Indispensab<strong>il</strong>e<br />
risulta per la classificazione di determinate categorie di materiali, quali ceramica, secondo metodologie<br />
normative unificate, o per decorazioni di diffic<strong>il</strong>e lettura fotografica.<br />
Catalogazione<br />
Il <strong>reperto</strong>, descr<strong>it</strong>to e corredato di tutti i dati, è oggetto di un processo di schedatura scientifica per<br />
una definizione cronologica, tipologica e st<strong>il</strong>istica (Dia 44). Le schede, così comp<strong>il</strong>ate, sono inviate<br />
all’Ist<strong>it</strong>uto Centrale per <strong>il</strong> Catalogo e la Documentazione a Roma, per poter poi essere inser<strong>it</strong>e in<br />
elaboratori elettronici. Nella nuova strategia della catalogazione che si va delineando è adottata<br />
un’unica scheda, su tutto <strong>il</strong> terr<strong>it</strong>orio nazionale, per la catalogazione dei reperti archeologici (“RA”).<br />
Tali schede dispongono di elenchi terminologici che permettono di ottenere una maggiore uniform<strong>it</strong>à<br />
ed un maggiore rigore scientifico nel lavoro di schedatura, rendendo così meno ampio <strong>il</strong> campo delle<br />
variab<strong>il</strong><strong>it</strong>à e dell’approssimazione.<br />
Studio<br />
Essenziale è lo studio del <strong>reperto</strong>, che viene indagato in tutte le sue componenti: materia, forma,<br />
decorazione, per una valutazione storica e storico-artistica. Ove ci si trovi di fronte ad una rappresentazione<br />
figurata si procede anche ad una esegesi iconografica e m<strong>it</strong>ografica. Dopo l’analisi dei singoli<br />
oggetti ed <strong>il</strong> loro inquadramento, l’archeologo studia <strong>il</strong> r<strong>it</strong>rovamento nel suo insieme con i dati offerti<br />
anche dagli elementi presi in considerazione dagli studiosi di altre discipline, per giungere ad una<br />
valutazione storica. Lo studio di qualsiasi scoperta, infatti, anche della più modesta, può portare un<br />
contributo alla conoscenza delle strutture economiche, sociali, pol<strong>it</strong>iche e culturali, in una parola, della<br />
storia del terr<strong>it</strong>orio indagato. L’archeologia, infatti, spesso integra e colma le lacune della tradizione<br />
storica. Questo vale soprattutto per quelle civ<strong>il</strong>tà e per quegli aspetti del mondo antico e per quei popoli<br />
(per esempio gli Etruschi) che, per mancanza di una omogenea trama di tradizioni storiografiche,<br />
rimarrebbero per noi, così come per la maggior parte degli stessi autori antichi, praticamente<br />
sconosciuti.<br />
Pubblicazione<br />
Momento finale di questo processo di completa ut<strong>il</strong>izzazione dei dati desunti <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> è la<br />
pubblicazione, curata dall’archeologo che ha esegu<strong>it</strong>o lo <strong>scavo</strong> nelle riviste scientifiche specializzate,<br />
prima fra tutte «Notizie degli Scavi di Antich<strong>it</strong>à», ed<strong>it</strong>a a cura dell’Accademia Nazionale dei Lincei (Dia<br />
45).<br />
Esposizione<br />
Al momento di esporre in un museo un <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong> si devono tenere presenti,<br />
fondamentalmente, due problematiche di carattere conservativo. La prima è quella relativa all’<strong>il</strong>luminazione,<br />
in quanto gli oggetti composti da materiali organici (legno, cuoio, ecc.) sono più o meno<br />
sensib<strong>il</strong>i alla luce; in questo caso, sarebbe necessario apporre particolari f<strong>il</strong>tri alle finestre del museo<br />
oppure sulla vetrina che osp<strong>it</strong>a i reperti fotosensib<strong>il</strong>i, onde eliminare la maggiore quant<strong>it</strong>à possib<strong>il</strong>e di<br />
radiazioni.<br />
La seconda problematica concerne invece l’umid<strong>it</strong>à, che è più o meno nociva per tutti i reperti,<br />
sia organici che inorganici (primi fra tutti i metalli). Occorre, quindi, mantenere costante <strong>il</strong> tasso di
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 19<br />
umid<strong>it</strong>à all’interno delle sale museali e ad un livello accettab<strong>il</strong>e a seconda dei materiali che in esse si<br />
conservano.<br />
Un aspetto particolarmente importante circa l’esposizione dei reperti archeologici è la loro<br />
fruib<strong>il</strong><strong>it</strong>à da parte del pubblico vis<strong>it</strong>atore, quindi <strong>il</strong> modo in cui a quest’ultimo essi vengono presentati.<br />
In primo luogo, non sarà possib<strong>il</strong>e esporre tutti gli oggetti rinvenuti in uno <strong>scavo</strong>, quindi si dovrà operare<br />
una scelta tra quelli che troveranno la loro collocazione nelle vetrine del museo e quelli che, invece,<br />
verranno depos<strong>it</strong>ati nei magazzini. Trattandosi, nella maggior parte dei casi, di oggetti frammentari, e<br />
perciò di per sé spesso non fac<strong>il</strong>mente comprensib<strong>il</strong>i per i “non addetti ai lavori”, la loro esposizione<br />
dovrà essere inoltre organizzata in modo tale da ricreare nel modo più esaustivo possib<strong>il</strong>e <strong>il</strong> contesto<br />
storico-<strong>archeologico</strong> di appartenenza. In altre parole, i materiali saranno disposti e ripart<strong>it</strong>i in sezioni<br />
espos<strong>it</strong>ive diverse, ognuna delle quali avrà un proprio apparato di documentazione didattica (ciclost<strong>il</strong>ati,<br />
pannelli, audiovisivi, ecc.) atto ad inquadrare i reperti nel loro contesto di rinvenimento o in una<br />
particolare problematica storica.<br />
Anche per questo motivo, è avvert<strong>it</strong>a attualmente la necess<strong>it</strong>à di cambiare radicalmente la pol<strong>it</strong>ica<br />
museale, che ha portato in passato alla cost<strong>it</strong>uzione dei grandi musei, che raccolgono i materiali<br />
provenienti dalle più svariate zone.<br />
Oggi si tende infatti ad ancorare ad una precisa realtà terr<strong>it</strong>oriale gli oggetti esposti, prendendo<br />
come un<strong>it</strong>à base un comprensorio omogeneo dal punto di vista storico-culturale, ev<strong>it</strong>ando d’altro lato<br />
un frazionamento dettato da un’ottica meramente municipalistica. Si pone quindi <strong>il</strong> problema di<br />
instaurare un nuovo rapporto dialettico tra <strong>il</strong> Museo Centrale ed i Musei di Comprensorio. Il Museo<br />
principale dovrà fornire un quadro organico delle culture che si sono sv<strong>il</strong>uppate in un dato terr<strong>it</strong>orio,<br />
offrendo, con la possib<strong>il</strong><strong>it</strong>à di confronti, una insost<strong>it</strong>uib<strong>il</strong>e visione d’insieme, mentre ai musei<br />
comprensoriali sarà dato <strong>il</strong> comp<strong>it</strong>o di valorizzare i reperti provenienti dal loro terr<strong>it</strong>orio (Dia 46).<br />
Legislazione<br />
Ciascuna delle fasi di intervento cui è sottoposto <strong>il</strong> <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong> nel corso del suo <strong>it</strong>er, vista<br />
dal momento della sua scoperta a quello dell’esposizione, è regolata da una serie di precise norme<br />
legislative. Queste erano espresse nella Legge del 1 giugno 1939, n. 1089 (Dia 47) e nelle sue successive<br />
modifiche, che hanno trovato una recente sintesi nel Testo Unico (D.Lgs. 490) entrato in vigore dal<br />
29 ottobre 1999 (a suo tempo previsto dalla L.352/'97)<br />
Sul r<strong>it</strong>rovamento<br />
In caso di r<strong>it</strong>rovamento fortu<strong>it</strong>o, lo scopr<strong>it</strong>ore deve farne immediata denuncia al Soprintendente<br />
o al Sindaco (art.87, D.Lgs. 490 del 29/10/1999), nonché richiedere l'eventuale intervento della forza<br />
pubblica ai fini della sicurezza. Il Soprintendente provvederà a far vis<strong>it</strong>are i reperti entro trenta giorni<br />
dalla scoperta (Dia 49). I reperti appartengono allo Stato, che corrisponde in premio allo scopr<strong>it</strong>ore e<br />
al proprietario del terreno in cui avviene la scoperta, un quarto al massimo del valore del <strong>reperto</strong>; <strong>il</strong><br />
premio può essere corrisposto in denaro o mediante <strong>il</strong> r<strong>il</strong>ascio di parte delle cose r<strong>it</strong>rovate (artt. 88-89,<br />
D.Lgs. 490). Lo scopr<strong>it</strong>ore deve occuparsi della conservazione temporanea dei reperti, lasciandoli nello<br />
stato in cui li ha trovati, o provvedendo a spostarli nel caso ne sia davvero in pericolo la salvaguardia;<br />
in questo caso, eventuali spese gli saranno rimborsate dal Ministero per i Beni e le Attiv<strong>it</strong>à Culturali<br />
(art. 87, D.Lgs.490).<br />
Sanzioni<br />
Ai sensi dell'art. 124, punto b), chiunque, essendovi tenuto, non denuncia nel termine prescr<strong>it</strong>to<br />
di 24h <strong>il</strong> r<strong>it</strong>rovamento o non provvede alla conservazione temporanea del "bene", è pun<strong>it</strong>o con l'arresto
20<br />
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />
fino ad 1 anno e ammenda da £ 600.000 a £ 6.000.000. Ai sensi dell'art. 131, inoltre, qualora dalla<br />
violazione degli obblighi di conservazione derivi un danno al "bene culturale" è fatto obbligo al<br />
responsab<strong>il</strong>e di provvedere, a sue spese, alle opere necessarie per la reintegrazione. In presenza di una<br />
sua inottemperanza, gli interventi sono esegu<strong>it</strong>i d'ufficio a spese dell'obbligato.<br />
Nel caso che <strong>il</strong> danneggiamento sia tale da determinare la perd<strong>it</strong>a del bene, <strong>il</strong> responsab<strong>il</strong>e è tenuto<br />
a corrispondere allo Stato <strong>il</strong> valore del "bene" perduto.<br />
Chiunque si impossessi dei reperti rinvenuti, infine, è pun<strong>it</strong>o ai sensi dell'art. 125 T.U. con la<br />
reclusione sino a tre anni e la multa da £ 60.000 a £ 1.000.000.<br />
Spedizione ed esportazione<br />
L'intera materia legata alla circolazione dei beni culturali è stata ridisciplinata con L. 30/03/1998<br />
n.88, in conform<strong>it</strong>à con i principi individuati dalla normativa europea.<br />
Il testo, recep<strong>it</strong>o nel D. Lgs. 490/99, si articola in tre sezioni dirette a considerare la circolazione<br />
in amb<strong>it</strong>o comun<strong>it</strong>ario (artt. 65-70), l'esportazione verso paesi extracomun<strong>it</strong>ari (artt. 71-72), ed infine,<br />
la rest<strong>it</strong>uzione dei beni <strong>il</strong>lec<strong>it</strong>amente usc<strong>it</strong>i dal terr<strong>it</strong>orio di uno stato membro (artt. 73-84).<br />
Su tutte le c<strong>it</strong>ate disposizioni, vale <strong>il</strong> principio sanc<strong>it</strong>o dal comma 1) art. 65 che vieta "se cost<strong>it</strong>uisce<br />
danno per <strong>il</strong> patrimonio storico e culturale nazionale", l'usc<strong>it</strong>a dal terr<strong>it</strong>orio della Repubblica dei beni<br />
indicati all'art. 2 e di quelli indicati all'art. 3, comma 1, lett. d) ed f). Il giudizio tecnico sull'usc<strong>it</strong>a del<br />
bene è pronunciato dal Ministero per i Beni e le Attiv<strong>it</strong>à Culturali e riportato in un attestato di libera<br />
circolazione. L'art. 66 ne disciplina in modo puntuale <strong>il</strong> procedimento.<br />
Per tali beni, l'art. 69 del T.U. in oggetto, contempla inoltre la possib<strong>il</strong><strong>it</strong>à di una usc<strong>it</strong>a temporanea<br />
per manifestazioni, mostre o esposizioni d'arte di alto interesse culturale, sempre che ne siano garant<strong>it</strong>e<br />
l'integr<strong>it</strong>à e la sicurezza.<br />
L'art. 72 D.Lgs. 490/99 regola, invece, l'esportazione dei beni culturali, vale a dire la loro usc<strong>it</strong>a<br />
dai confini dell'U.E.; in tali casi <strong>il</strong> giudizio tecnico espresso dagli Uffici Esportazione del M.B.A.C.<br />
troverà espressione, oltre che nell'attestato di libera circolazione, anche nella "licenza di esportazione<br />
prevista dall'art. 2 dei Regolamenti CE", la cui valid<strong>it</strong>à è lim<strong>it</strong>ata a 6 mesi.<br />
Sanzioni<br />
Ai sensi dell'art. 123, chiunque, in violazione delle norme su c<strong>it</strong>ate, trasferisce all'estero i beni<br />
culturali di cui agli artt. 2 e 3 T.U. senza attestato di libera circolazione o licenza di esportazione, è pun<strong>it</strong>o<br />
con l'arresto da 1 a 4 anni e con la multa da £ 500.000 a £ 10.000.000.<br />
I beni, oggetto di usc<strong>it</strong>e <strong>il</strong>lec<strong>it</strong>e, sono soggetti a confisca secondo le norme della legge doganale<br />
sul contrabbando.<br />
Esproprio<br />
Il Ministero per i Beni e le Attiv<strong>it</strong>à Culturali può provvedere, con decreto (art. 94, D.Lgs. 490),<br />
all’esproprio di cose e reperti per ragioni di pubblica ut<strong>il</strong><strong>it</strong>à, quando l’esproprio risponda a importante<br />
interesse per la conservazione e l’incremento del patrimonio nazionale (artt. 91-92, D.Lgs. 490);<br />
l’esproprio può avvenire anche per consentire scavi (art. 93, D.Lgs 490). La procedura è oggi<br />
regolamentata dagli artt. 95 - 96 T.U. D.Lgs 490/'99.<br />
"Dichiarazione di interesse" (o vincolo)<br />
La circolare n. 211 dell’11/7/1963 del Ministero della Pubblica Istruzione si preoccupava di<br />
assicurare la completa aderenza alla Legge n. 1089 dei cr<strong>it</strong>eri cui devono uniformarsi gli uffici<br />
competenti nell’azione di tutela del patrimonio <strong>archeologico</strong> (Dia 52). In particolare, la circolare n. 211
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 21<br />
chiariva che i “vincoli diretti” (emanati ai sensi degli articoli 1-3 della ‘1089’) vanno giustificati con<br />
i requis<strong>it</strong>i intrinseci della cosa, che se immob<strong>il</strong>e andrà soggetta a vincolo diretto solo se vi sia certa<br />
l’esistenza di resti antichi.<br />
I vincoli “indiretti” (emanati ai sensi dell’articolo 21 della ‘1089’) determinavano invece le “zone<br />
di rispetto” intorno ad un monumento, e andavano invece giustificati con concrete esigenze di<br />
salvaguardia della cosa.<br />
I cr<strong>it</strong>eri di vincolo sono ulteriormente specificati dalla circolare n. 107 del 24/04/1974 del<br />
Ministero della Pubblica Istruzione. In particolare, <strong>il</strong> vincolo indiretto viene considerato atto a tutelare<br />
immob<strong>il</strong>i che si trovino presso monumenti già vincolati (parte III, comma 1.b); si estende inoltre <strong>il</strong><br />
vincolo diretto a r<strong>it</strong>rovamenti fortu<strong>it</strong>i (III, 2); in certi casi, si consiglia la temporanea adozione di ambo<br />
i vincoli (III, 1.c); e, pur indicando cautela (ibid.), si esorta a un’interpretazione estensiva della Legge<br />
(I, 1).<br />
Il Testo Unico (D.Lgs. 490) chiarisce nell'art.2 quello che è <strong>il</strong> patrimonio storico, artistico, demoetno-antropologico,<br />
<strong>archeologico</strong>, archivistico, librario; in base a questo e agli artt. 3-4, si esprimono<br />
le cosiddette "dichiarazioni di interesse" (che sost<strong>it</strong>uiscono <strong>il</strong> 'vincolo') che si eseguono nei modi e nei<br />
tempi dati agli artt. 5-6-7-8 della legge stessa.<br />
Si dettano inoltre le norme per la catalogazione delle cose vincolate (Parte IV), secondo la circolare n.<br />
297 del 16/10/1972, per la quale si rimanda alla legislazione relativa a ‘Documentazione e Catalogazione’<br />
(vedi infra).<br />
Sullo <strong>scavo</strong><br />
Il Ministero per i Beni e le Attiv<strong>it</strong>à Culturali può eseguire ricerche archeologiche in tutto <strong>il</strong><br />
terr<strong>it</strong>orio della Repubblica (art. 85, D.Lgs. n. 490). A tale scopo, <strong>il</strong> Ministero può ordinare l’occupazione<br />
del bene immob<strong>il</strong>e in cui si svolgeranno i lavori indennizzando <strong>il</strong> proprietario (art. 85 comma 3). Il<br />
Soprintendente competente per terr<strong>it</strong>orio e materia, avrà la responsab<strong>il</strong><strong>it</strong>à del buon andamento degli<br />
scavi, dell’inventariamento dei reperti e della loro catalogazione, conservazione ed eventuale pubblicazione<br />
(art. 84, R. D. n. 363).<br />
Il Ministero per i B. e le A.C. può concedere, su loro richiesta, a enti o privati di fare ricerche<br />
archeologiche su immob<strong>il</strong>i loro o altrui (art. 86, D.Lgs. 490): in ambo i casi, i reperti appartengono allo<br />
stato (art. 88, D.Lgs. 490), che corrisponde al concessionario e al proprietario rispettivamente un quarto<br />
al massimo del valore dei reperti, in denaro (art. 89, D.Lgs. 490); al proprietario spetta invece al<br />
massimo metà del valore dei reperti, qualora esegua egli stesso i lavori (art. 89), fatto ormai rarissimo.<br />
L’eventuale concessionario dello <strong>scavo</strong> deve osservare, oltre alle norme imposte nell’atto di<br />
concessione, tutte le altre che l’Amministrazione r<strong>it</strong>enga di prescrivere, pena la revoca della concessione,<br />
che potrà essere altresì tolta quando <strong>il</strong> M. B.A.C. intenda sost<strong>it</strong>uirsi nel proseguimento degli scavi<br />
(art. 86, D.Lgs. 490). I concessionari privati dovranno permettere la sorveglianza governativa e l’uso<br />
scientifico dei reperti (art. 104, R. D. 363).<br />
Numerose risultano le sanzioni comminate a chi trasgredisca le norme del D.Lgs. 490: in<br />
propos<strong>it</strong>o, si veda qui, capo VII (in particolare artt. 119 - 126) che riassume le Leggi n. 44 del 1/3/1975<br />
(con successive modifiche ex lege n. 689 del 24/11/1981) e n. 706 del 24/12/1975. Chiunque danneggi,<br />
rimuova o modifichi senza autorizzazione cose pubbliche o private è punib<strong>il</strong>e con l’arresto e con<br />
ammenda (artt. 120-121-122, D.Lgs. 490): chi si impossessi di reperti è punib<strong>il</strong>e ai sensi degli artt. 624<br />
o 625 del Codice Penale (art. 125, D.L. 490). Per quanto riguarda l’esproprio di cose o reperti, si veda<br />
la legislazione relativa all’individuazione.
22<br />
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />
Sul restauro<br />
Le norme per la conservazione, l’integr<strong>it</strong>à e la sicurezza delle cose d’interesse artistico-storico<br />
sono indicate dal II capo del Testo Unico (artt. 21 - 33, sezione I), che vieta in particolare l’esecuzione<br />
di lavori senza autorizzazione ministeriale. Il Ministero per i Beni e le Attiv<strong>it</strong>à Culturali può inoltre<br />
imporre al proprietario possessore o detentore l'esecuzione delle opere necessarie per la salvaguardia<br />
del bene o, qualora questi non vi provvedano, eseguire direttamente le opere; in tal caso, essi dovranno<br />
rimborsare lo Stato (art. 44).<br />
La Legge n. 1552 del 21/12/1961 rese più sped<strong>it</strong>o l’intervento del Ministero per restauri minori,<br />
fino a 20 m<strong>il</strong>lioni di lire (art. 1), e per opere di cui si ponga urgentemente <strong>il</strong> problema della conservazione<br />
(art. 4); inoltre, lo Stato si assunse in tutto o in parte la spesa per <strong>il</strong> ripristino di opere di particolare<br />
interesse (art. 3). Il Testo Unico (D.Lgs. 490) richiama <strong>il</strong> tutto all'art. 44.<br />
Infine, <strong>il</strong> Ministero della Pubblica Istruzione emanò le circolari n. 12270 del 15/12/1969 e n. 117<br />
del 6/4/1972 (detta “Carta del Restauro 1972” Dia 54), con l’intento di pervenire a cr<strong>it</strong>eri uniformi nel<br />
campo della conservazione del patrimonio artistico. In particolare, la “Carta del Restauro 1972”, divisa<br />
in quattro sezioni, ne riserva la prima alla “salvaguardia ed <strong>il</strong> restauro delle antich<strong>it</strong>à”. Il documento è<br />
stato modificato e rinnovato nel 1987, ad opera del CNR; quest’ultimo ha apportato una “Carta del<br />
Restauro 1987”, suddivisa in sei allegati, di cui <strong>il</strong> terzo si riferisce “alla salvaguardia del sottosuolo<br />
<strong>archeologico</strong> e alla conservazione e al restauro dei reperti”.<br />
Opera a Roma l’Ist<strong>it</strong>uto Centrale per <strong>il</strong> Restauro, creato con la Legge n. 1240 del 2/7/1939, allo<br />
scopo di provvedere al restauro delle opere, di perfezionarne i metodi, di impartirne l’insegnamento<br />
(con corsi triennali, integrati da un anno di perfezionamento, vedi D.P.R. n. 1517 del 16/9/1955), e di<br />
studiare i mezzi tecnici atti a una migliore conservazione delle opere.<br />
Le altre due scuole di alta formazione e di studio operano presso l'Opificio delle pietre dure di<br />
Firenze e l'Ist<strong>it</strong>uto centrale per la patologia del libro (art.9 D.Lgs n.368, 20.10.98).<br />
Sulla catalogazione<br />
Il Ministero della Pubblica Istruzione emanò un prontuario (‘Norme per la redazione delle schede<br />
di catalogo’, c<strong>it</strong>ato dalla Circolare n. 297 del 16/10/1972) e provvide a consegnarlo ai funzionari addetti<br />
alla catalogazione ai sensi del R. D. n. 1889. In tale Prontuario sono esposti i cr<strong>it</strong>eri per la redazione di<br />
schede relative, ad esempio, alle Opere d’arte (‘schede OA’), ai disegni (‘schede D’), ai S<strong>it</strong>i<br />
Archeologici (‘schede SI’), ai Complessi Archeologici (‘schede CA’), ai Monumenti Archeologici<br />
(‘schede MA’), ai Reperti Archeologici (‘schede RA’). Tali modelli di scheda sono anche concep<strong>it</strong>i per<br />
essere ridotti in codice per elaboratore elettronico, e come tali vanno forn<strong>it</strong>i di un numero di catalogo<br />
generale nazionale, e riemp<strong>it</strong>i con la massima osservanza delle norme indicate.<br />
Le schede e le relative copie (tre o quattro), una volta comp<strong>il</strong>ate, vanno firmate dal comp<strong>il</strong>atore,<br />
dal possessore del <strong>reperto</strong> (se privato) e dal Soprintendente o dal Funzionario addetto (comma 1.b, d del<br />
Prontuario) (Dia 44). L’originale viene conservato nell’Archivio Catalogo della Soprintendenza,<br />
collocato in ordine topografico (comma 1.e); una copia della scheda, con foto 18x24 o 13x18, va inviata<br />
al Centro Regionale Microf<strong>il</strong>matura (comma 1.e), che la microf<strong>il</strong>ma in scheda “Camera Card” (comma<br />
2). Con vari processi (commi 3-7) si pone in grado <strong>il</strong> Centro Elaborazione Dati di trasmettere via<br />
elaboratore tutte le informazioni richiestegli dalle Soprintendenze (comma 7); queste ultime, d’altra<br />
parte, conservano nell’appos<strong>it</strong>o schedario una copia delle defin<strong>it</strong>ive schede microf<strong>il</strong>mate (del tipo<br />
“Duplicacard”; comma 6).<br />
Sulla pubblicazione<br />
Il R.D. 363 del 30/1/1913 prevede che, fin<strong>it</strong>o lo <strong>scavo</strong> e nei casi di maggiore importanza, <strong>il</strong><br />
Soprintendente invii al Ministero una relazione sui risultati scientifici ottenuti. La relazione sarà
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 23<br />
sottoposta all’esame del Com<strong>it</strong>ato per la pubblicazione delle ‘Notizie degli Scavi’, che esprimerà un<br />
parere sulla convenienza di pubblicarla (art. 83) (Dia 45). L’uso scientifico del <strong>reperto</strong> è previsto anche<br />
in caso di scavi ad opera di privati (art. 104).<br />
Sull’esposizione<br />
Le mostre ed esposizioni sono disciplinate dalla Legge n. 328 del 2/4/1950, quando si tratti di<br />
mostre su cose tutelate del D.Lgs. n. 490 del 29/10/1999 (art. 1-2) (Dia 46).<br />
Mostre sul terr<strong>it</strong>orio <strong>it</strong>aliano devono essere autorizzate dal Ministero, che può richiedere eventuali<br />
prest<strong>it</strong>i di reperti relativi, da parte di Enti o Ist<strong>it</strong>uti riconosciuti (art. 102 D.Lgs. 490).<br />
GLOSSARIO<br />
Alcaline, soluzioni - Soluzioni di idrossidi alcalini (viene usato principalmente l'idrossido di Sodio) o di sali di<br />
acidi deboli.<br />
Asklepiêion - Santuario dedicato ad Asclepio, dio della medicina, la cui area centrale era, in genere, cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a<br />
da un pozzo o da una fonte, circondati da un bosco sacro. Fra i più noti erano quelli di Atene, Epidauro e Coo.<br />
Carbonio radioattivo, o radiocarbonio - Isotopo radioattivo del carbonio, di peso atomico 14. Decade in<br />
carbonio di peso atomico 12, non più radioattivo e quindi stab<strong>il</strong>e, con un tempo di dimezzamento di 5730 anni,.<br />
Cimóne - (515 ca. - 449 a.C. ca.) - Figlio di M<strong>il</strong>ziade, <strong>il</strong> vinc<strong>it</strong>ore di Maratona, capeggiò ad Atene <strong>il</strong> part<strong>it</strong>o<br />
conservatore, opponendosi alle tendenze democratiche di Temistocle. Ostracizzato nel 461 a.C., fu poi<br />
richiamato in patria ed ebbe l’incarico di sottomettere Cipro, dove morì durante l’assedio di Cizico.<br />
Cleruco - Colono greco che, pur risiedendo in una colonia (cleruchìa), manteneva la c<strong>it</strong>tadinanza della<br />
madrepatria.<br />
Corinzia, ceramica - Produzione vascolare dipinta di Corinto, caratterizzata dal colore pallido dell’arg<strong>il</strong>la,<br />
presente nelle regioni occidentali del Med<strong>it</strong>erraneo dalla seconda metà dell’VIII alla seconda del VI secolo a.C.<br />
E’ suddivisa in protocorinzia (seconda metà VIII-630 a.C. ca.), transizionale (630-625 a.C. ca.) e corinzia (625-<br />
550/40 a.C. ca.).<br />
Delfi (Delphoi) - Antica c<strong>it</strong>tà greca, posta sul versante meridionale del monte Parnaso, nella Focide, famosa per<br />
<strong>il</strong> suo oracolo e per <strong>il</strong> suo santuario, frequentato da pellegrini provenienti da tutto <strong>il</strong> mondo greco ma anche da<br />
paesi stranieri.<br />
Delo (Delos) - Isola greca dell’Egeo, nelle Cicladi settentrionali. Secondo <strong>il</strong> m<strong>it</strong>o, l’isola era galleggiante sul mare<br />
finché Zeus la bloccò per consentire a Latona di partorirvi Apollo e Artemide.<br />
Diodòro Siculo - Storico greco, nato ad Agirio, in Sic<strong>il</strong>ia, intorno al 90 a.C. Compose un’importante opera<br />
antologica, la Bibliotheca, in 40 libri. Vi erano narrati eventi storici e aneddoti dalle origini del mondo greco<br />
all’epoca di Giulio Cesare.<br />
Efebìa - Stato sociale degli adolescenti ateniesi, che, raggiunti i diciotto anni di età, venivano sottoposti ad un<br />
esame (docimasia) da parte dell’assemblea del demo di appartenenza, prima di essere iscr<strong>it</strong>ti nelle liste<br />
anagrafiche.<br />
Elettric<strong>it</strong>à - Fenomeno fisico che comporta lo spostamento di cariche elettriche nella materia. la sua presenza<br />
può variare l'energia termica, chimica e luminosa della materia.<br />
Ellàdico - Termine che indica l’età del bronzo della Grecia continentale, equivalente al Cicladico nelle isole egee<br />
e al Minoico cretese. E’ suddiviso in antico, medio e tardo, quest’ultimo chiamato anche Miceneo.<br />
Epossìdiche, resine - Resine contenenti gruppi epossidici, cioè gruppi contenenti un atomo di ossigeno in una<br />
struttura a ponte.<br />
Erettèo - Edificio destinato a contenere oggetti sacri e a coprire aree di culto, posto sul lato settentrionale<br />
dell’Acropoli di Atene. Così chiamato dal nome del leggendario re ateniese Eretteo, è caratterizzato dalla loggia<br />
delle Cariatidi, sul suo lato meridionale.<br />
Eròdoto - (484-413 a.C.) - Storico greco, nato ad Alicarnasso, autore di Storie in 9 libri, dalla storia della Lidia
24<br />
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />
e della formazione dell’impero persiano alla presa di Sesto (478 a.C.).<br />
Eusèbio di Cesarea - (265-circa 340 d.C.) - Ecclesiastico ed erud<strong>it</strong>o cristiano, vescovo di Cesarea in Palestina,<br />
è autore, fra l’altro, di numerosi scr<strong>it</strong>ti storici in lingua greca: la Storia ecclesiastica, in 10 libri; <strong>il</strong> Chronikon,<br />
in 2 libri; la V<strong>it</strong>a di Costantino.<br />
Fluorescenza - Fenomeno fisico consistente nell’emissione di luce, da parte di alcuni corpi solidi, liquidi o<br />
gassosi, colp<strong>it</strong>i da radiazioni elettromagnetiche (luce, raggi ultravioletti, raggi X, ecc.). Il fenomeno cessa con<br />
<strong>il</strong> cessare della sollec<strong>it</strong>azione esterna.<br />
Fosfati - Sali dell’acido fosforico, reperib<strong>il</strong>i in tutti gli organismi viventi.<br />
Ist<strong>it</strong>uto geografico m<strong>il</strong><strong>it</strong>are (IGM) - Nato a Torino nel 1861 e trasfer<strong>it</strong>o a Firenze nel 1865, l’Ist<strong>it</strong>uto ha <strong>il</strong><br />
comp<strong>it</strong>o, tra l’altro, di controllare la cartografia nazionale e pubblica le carte topografiche m<strong>il</strong><strong>it</strong>ari.<br />
Magnetismo - Proprietà fisica di alcuni corpi (compresa la Terra) in grado di creare campi magnetici, cioè campi<br />
di forza che eserc<strong>it</strong>ano attrazione su determinate sostanze dette paramagnetiche.<br />
Minòico - Termine indicante l’età del bronzo di Creta, derivante dal nome del leggendario re Minosse. E’<br />
suddiviso in antico, medio e tardo.<br />
Panatenaiche, anfore - Anfore contenenti olio cost<strong>it</strong>uenti <strong>il</strong> premio per i vinc<strong>it</strong>ori delle gare ginniche disputate<br />
durante le Panatenee.<br />
Panatenèe - Feste celebrate ad Atene, in onore di Atena Poliade, nel luglio e agosto di ogni anno. Ogni quattro<br />
anni erano sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>e dalle Grandi Panatenee, alle quali assistevano spettatori provenienti da tutto <strong>il</strong> mondo greco.<br />
Dopo i consueti sacrifici, si svolgevano concorsi musicali e ginnici.<br />
Pisìstrato - (ca. 600-528/27 a.C.) - Tiranno di Atene, autore di riforme agrarie e monetarie e promotore di grandi<br />
lavori pubblici. Durante <strong>il</strong> suo governo, le grandi feste delle Panatenee e delle Dionisie assunsero una dimensione<br />
internazionale, panellenica.<br />
Polivin<strong>il</strong>ici, collanti - Sostanze colloidi dotate di buona resistenza agli acidi e al calore.<br />
Resistiv<strong>it</strong>à - Resistenza di un conduttore alla circolazione della corrente elettrica in un circu<strong>it</strong>o in cui è inser<strong>it</strong>a<br />
una forza elettromotrice continua.<br />
Sabbiatrice - Macchina mediante la quale è possib<strong>il</strong>e conferire alla sabbia l’energia cinetica necessaria per<br />
compiere l’azione abrasiva di pul<strong>it</strong>ura di oggetti metallici.<br />
Seriazione - Organizzazione di una o più classi di oggetti in una sequenza, sulla base delle loro caratteristiche<br />
fisiche.<br />
Sifni - Antichi ab<strong>it</strong>anti dell’isola greca di Sifno (Sìphnos), nelle Cicladi.<br />
Strato - Traccia di una azione fisica che è avvenuta su un luogo,quindi sono strati gli accumuli di materiale, ma<br />
anche gli scavi di fosse lo sono.<br />
Tacheòmetro - Strumento usato per la misurazione degli angoli nelle operazioni topografiche.<br />
Temìstocle - (527-460 a.C. ca.) - Pol<strong>it</strong>ico e generale ateniese, nel 480 a.C. sconfisse i Persiani all’Artemisio e<br />
nella battaglia navale di Salamina.<br />
Teodolìte - Strumento usato per la misurazione degli angoli nelle operazioni topografiche. Si differenzia dal<br />
tacheometro per la maggiore precisione.<br />
Thesauròs - Edificio costru<strong>it</strong>o all’interno dei santuari panellenici, nel quale ciascuna c<strong>it</strong>tà greca custodiva le<br />
offerte preziose della propria comun<strong>it</strong>à e dei propri c<strong>it</strong>tadini.<br />
Tucìdide - (circa 460-inizi IV sec. a.C.) - Storico ateniese e stratego nel 424 a.C., è autore della storia della guerra<br />
del Peloponneso, in 8 libri, dal 431 al 411 a.C. L’opera rimase incompiuta per la morte dell’autore.
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 25<br />
Appendice<br />
Il volontariato <strong>archeologico</strong> nell'attuale legislazione <strong>it</strong>aliana<br />
Negli ultimi decenni è indubbiamente aumentato l'interesse per l'archeologia. C'è motivo di<br />
sperare che non si tratti di una voga effimera ma che nasca dalla consapevolezza della notevole<br />
importanza rivest<strong>it</strong>a dall'archeologia, che cost<strong>it</strong>uisce forse la principale fra le scienze aus<strong>il</strong>iarie della<br />
ricerca storica.<br />
Sono sorte in questo modo in tutta Italia, numerose associazioni private -a carattere volontario- che<br />
hanno, come fine dichiarato, vari tipi di attiv<strong>it</strong>à (tutela, promozione, studio, archivistica, ricerca)<br />
connessi all'attiv<strong>it</strong>à archeologica. Si tratta di un fenomeno, quello dei gruppi archeologici, estremamente<br />
articolato e complesso, almeno quanto multiformi e complessi risultano le esperienze e gli interessi<br />
rivelati dalle singole associazioni di volontariato <strong>archeologico</strong>.<br />
Va da sé che, nel complesso, la loro attiv<strong>it</strong>à si è rivelata sostanzialmente e ampiamente pos<strong>it</strong>iva. A esse<br />
si devono una sensib<strong>il</strong>izzazione dell'opinione pubblica, numerose segnalazioni indispensab<strong>il</strong>i ecc.<br />
Aspetti negativi si segnalano qua e là, nel caso di eccesso di zelo, coltivato (magari in buona fede)<br />
nell'ottica di un voler surrogare supposte carenze degli Organi ist<strong>it</strong>uzionalmente preposti: in questo<br />
caso, va da sé, l'attiv<strong>it</strong>à del volontariato <strong>archeologico</strong> degenera in attiv<strong>it</strong>à diverse da quelle dichiarate,<br />
attiv<strong>it</strong>à che -specie nel caso di saggi non autorizzati- degradano in flagrante violazione degli articoli di<br />
legge.§<br />
Ovviamente, parte della responsab<strong>il</strong><strong>it</strong>à di ciò dipende dalla mancanza di una specifica legislazione<br />
concernente <strong>il</strong> volontariato <strong>archeologico</strong>. Ciò è dovuto a vari elementi, ma principalmente al fatto che<br />
(almeno finora) è risultato diffic<strong>il</strong>e stab<strong>il</strong>ire norme e lim<strong>it</strong>i validi per tutte le singole associazioni, quali<br />
che fossero i rispettivi livelli di competenza, sensib<strong>il</strong><strong>it</strong>à, interesse, cultura, civismo e scopi.<br />
In Toscana, meno che altrove, si sono dati fenomeni negativi nel corso delle attiv<strong>it</strong>à dei gruppi<br />
archeologici, sia per la generale matur<strong>it</strong>à civica del c<strong>it</strong>tadino, sia per l'attenzione ad essi rivolta -fin<br />
dall'inizio- da parte dei responsab<strong>il</strong>i della Soprintendenza Archeologica, già dagli ultimi tempi in cui<br />
si denominava (era la seconda metà degli scorsi anni Settanta) "alle Antich<strong>it</strong>à d'Etruria".<br />
Proprio perché prosegua tale tipo di fattiva collaborazione, appare opportuno riassumere qui le<br />
norme che, pur non contemplandole direttamente, regolano le attiv<strong>it</strong>à del Volontariato.<br />
Mancando dunque, una legislazione specifica in materia, è giocoforza rifarsi a quella vigente sui Beni<br />
Culturali, riassunta nel Testo Unico 490 del 29 ottobre '99, pubblicato <strong>il</strong> 27 dicembre successivo e<br />
vigente da gennaio 2000. Come è tipico per i "testi unici", esso sost<strong>it</strong>uisce le leggi precedenti -quando<br />
siano venute accumulandosi in troppe- ma le sintetizza senza modificarle. Lo spir<strong>it</strong>o e anche la sostanza<br />
sono rimaste sostanzialmente quelle della Legge "Bottai" del '39 (la famosa 1089) e del R.D.<br />
d'applicazione della precedente Legge del '09, del Decreto cioè del 1913; sono però cambiate alcune<br />
sfumature e, nell'articolo 105 del T.U., è per la prima volta nominato <strong>il</strong> Volontariato sui beni culturali.<br />
Tuttavia, la perdurante mancanza di quest'ultimo nella legislazione tuttora vigente paradossalmente<br />
richiede un rigore ancora maggiore da parte del volontariato: 1) sia da un punto di vista etico, date<br />
le final<strong>it</strong>à del volontariato stesso; 2) sia da un punto di vista pratico, giacché l'associazione rende meno<br />
plausib<strong>il</strong>e l'eventuale ignoranza della legge, mentre <strong>il</strong> possib<strong>il</strong>e reato è reso più grave dal concorso di<br />
più persone. Tutto questo fa diventare necessari una rigida autodisciplina e un reciproco controllo da<br />
parte dei membri di un gruppo.<br />
In caso di dubbio, specie poi nel caso di argomenti non contemplati dalla legge, ci si rivolgerà al<br />
locale soprintendente o al suo delegato (l'ispettore o direttore archeologo). Essi non agiranno d'arb<strong>it</strong>rio
26<br />
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />
ma, com'è ovvio, cercheranno di applicare la normativa vigente alle s<strong>it</strong>uazioni nuove (mentre<br />
continuano sostanzialmente a mancare, come si è visto, norme appos<strong>it</strong>e sul volontariato dei beni<br />
culturali).<br />
Lo Stato <strong>it</strong>aliano ha da tempo riconosciuto l'opportun<strong>it</strong>à che l'Amministrazione si serva dell'aus<strong>il</strong>io<br />
di privati di comprovati mer<strong>it</strong>i e fiducia: fin dal '23 un Regio Decreto ha riconosiuto la figura<br />
dell'Ispettore Onorario, i cui principi e moduli di comportamento sono poi stati implic<strong>it</strong>amente<br />
delim<strong>it</strong>ati da un D.P.R. del 1972, che individua nel Soprintendente colui che -di volta in volta- ne<br />
determina modal<strong>it</strong>à e proporzioni d'azione.<br />
Venendo tuttavia alle norme giuridiche che, nel presente contesto, restano ancora valide, si<br />
ricorda <strong>il</strong> nuovo art. 85 del T.U. (non si possono fare ricerche archeologiche; ciò negherebbe a ben<br />
vedere la possib<strong>il</strong><strong>it</strong>à di effettuare raccolta di superficie, giacché tale articolo non vieta lo <strong>scavo</strong> ma più<br />
semplicemente, la ricerca). Ne deriva che, ai sensi dell'art. 87, beni in superficie devono essere segnalati<br />
al Soprintendente o all'Arma oppure (nov<strong>it</strong>à non del tutto perspicua, per modi e scopi) al Sindaco; non<br />
vanno raccolti: ogni manomissione potrebbe infatti modificare, più o meno sostanzialmente, la<br />
s<strong>it</strong>uazione esistente e rendere meno significativa la ricerca. Questo è vero, naturalmente, a meno che la<br />
locale soprintendenza (date s<strong>it</strong>uazioni di tutela particolarmente complessa del bene segnalato) non ne<br />
autorizzi lo spostamento, fatto -quest'ultimo- contemplato anch'esso nell'articolo appena c<strong>it</strong>ato (l'87<br />
appunto), al secondo comma. Come si vede, la norma trova in sé le proprie eccezioni, segno che -se<br />
ben inteso alla fonte e ben applicato in arrivo- appare cifra di civ<strong>il</strong>tà piuttosto che di cinica causistica.<br />
Qualora fosse stata concessa l'autorizzazione al prelievo, vanno comunque considerati alcuni<br />
obblighi: 1) redazioni di elenchi completi dei reperti raccolti, elenchi contenenti luogo e data di raccolta<br />
e, se nel caso, fotografie dei reperti via via in questione; 2) richiesta di un regolare atto di depos<strong>it</strong>o dei<br />
beni (provvista di congrue garanzie di sorveglianza e condizioni di sicurezza altrettanto adeguate),<br />
specie se fra le final<strong>it</strong>à dell'associazione richiedente vi fosse lo studio del materiale <strong>archeologico</strong>; 3)<br />
astensione da ogni intervento di restauro dei reperti, a meno che non siano state ottenute un'appos<strong>it</strong>a<br />
autorizzazione contraria dalla locale soprintendenza nonché concrete direttive su come intervenire nel<br />
caso in questione; 4) astensione da ogni intervento di rimozione -e, tanto più, di modifica o<br />
demolizione- di un <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong> (v. artt. 11 e 163-164 del T.U.); ogni azione contraria a ciò<br />
andrà preventivamente autorizzata dalla soprintendenza locale.<br />
Come ormai da tempo accade, <strong>il</strong> gruppo potrà collaborare alle indagini archeologiche, ma<br />
bisognerà -come si sa- che i singoli soci ne vengano preventivamente messi in regola con gli oneri<br />
assicurativi e previdenziali.<br />
Infine giova ripetere che <strong>il</strong> recentissimo T.U. non toglie né aggiunge niente, in materia di<br />
volontariato, alla normativa finora vigente, salvo l'art. 105 che rec<strong>it</strong>a: "Al fine di promuovere e<br />
sv<strong>il</strong>uppare la fruizione..<strong>il</strong> Ministero..può stipulare appos<strong>it</strong>e convenzioni con le associazioni di volontariato<br />
che svolgono attiv<strong>it</strong>à per la salvaguardia e la diffusione della conoscenza dei beni culturali". A dire <strong>il</strong><br />
vero, convenzioni consim<strong>il</strong>i sono state da tempo stipulate, almeno per la salvaguardia di aree<br />
archeologiche demanializzate.
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 27<br />
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L. FRÈDÈRIC, Manuale pratico di archeologia, M<strong>il</strong>ano 1970<br />
E.C. HARRIS, “The Stratigraphic Sequence: a Question of Time”, in World Archaeology, VII, n. 1, 1975, pp. 109-121<br />
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Bollettino DIMOS, parte II, mod. 1, 1979
28<br />
DIDASCALIE DELLE DIAPOSITIVE<br />
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />
1. Zona di r<strong>it</strong>rovamento fortu<strong>it</strong>o durante lavori agricoli (loc. Domo, com. di Bibbiena, AR); estate<br />
1987. Nei campi compaiono frammenti di laterizi e ceramica romani; comunicazione di privato.<br />
2. Ibid. Il saggio esplorativo, effettuato con opera di volontariato (Gruppo Archeologico), ha<br />
r<strong>il</strong>evato una profonda discarica romana di età giulio-claudia, riferib<strong>il</strong>e a insediamento fin<strong>it</strong>imo (da<br />
localizzare).<br />
3. Individuazione fortu<strong>it</strong>a durante sterro stradale (loc. Nebbiaia, com. di Barberino di Mugello,<br />
FI), su comunicazione di privato; autunno 1986. Nuova strada, sost<strong>it</strong>utiva di quella di fondo valle,<br />
destinata ad essere coperta col prossimo riempimento dell’invaso del B<strong>il</strong>ancino.<br />
4-5. Individuazione fortu<strong>it</strong>a durante opere ed<strong>il</strong>izie (loc. Fonte Castellare, com. di Bibbiena, AR);<br />
estate 1987. In occasione della costruzione di annessi a case di ca. 10/15 anni fa è emersa una<br />
tomba medievale, priva di corredo; comunicazione di Gruppo di volontariato.<br />
6. Individuazione fortu<strong>it</strong>a durante lavori di ristrutturazione ed<strong>il</strong>izia (Castel San Niccolò, Strada,<br />
AR). Lavori ristrutturativi alla pavimentazione di una sala -effettuati dal proprietario con l’aiuto<br />
della Soprintendenza (art. 3/L. 1552/’61)- hanno r<strong>il</strong>evato impreviste strutture più antiche.<br />
Comunicazione di privato.<br />
7. Foto aerea, Castello di Roména (com. di Pratovecchio, AR); ottobre ’86. La ricognizione,<br />
organizzata col cortese concorso dei Vig<strong>il</strong>i del Fuoco di Arezzo, insistette molto sulla zona di<br />
Roména, essendo essa oggetto di numerosi rinvenimenti archeologici fortu<strong>it</strong>i nei decenni scorsi.<br />
La diapos<strong>it</strong>iva, tuttavia, non risulta rivelativa di strutture sommerse.<br />
8. Foto aerea, Buiano (com. di Poppi, AR). La foto è stata effettuata nel medesimo volo della<br />
precedente e ha r<strong>il</strong>evato, ben visib<strong>il</strong>i, tracce di strada (al centro) e di struttura anulare aperta ovale<br />
(presso la carrozzab<strong>il</strong>e, quasi al margine del campo). Scavi alla Pieve furono effettuati dalla<br />
S.A.T. nel 1977.<br />
9. Diagramma di resistiv<strong>it</strong>à elettrica (con anomalie corrispondenti a murature sepolte).<br />
10. Preparazione di un cantiere <strong>archeologico</strong>. La zona, individuata, viene preparata per lo <strong>scavo</strong>,<br />
effettuando <strong>il</strong> diserbamento dei quadrati in cui si opererà (Monte di Gianni, com. di Stia, AR,<br />
luglio 1986).<br />
11. Allestimento della quadrettatura (Palazzuolo sul Senio, primavera 1987).<br />
12. Il tacheòmetro (o, più raramente, <strong>il</strong> raffinato teodol<strong>it</strong>e) permettono di calcolare la quota relativa<br />
di qualsiasi livello di <strong>scavo</strong> o di qualsiasi <strong>reperto</strong> che durante la campagna s’intenda ancorare alla<br />
precisa altimetria. Per misurazioni interne al quadrato di <strong>scavo</strong> si possono ovviamente usare<br />
metodi più empirici (e, talvolta, più pratici) quali regoli, f<strong>il</strong>i a piombo, tubi e livelli ad acqua, ecc.<br />
(Stia, loc. c<strong>it</strong>ata).<br />
13. Un quadrato di <strong>scavo</strong> a circa un’ora dall’inizio dello <strong>scavo</strong> (Stia, loc. c<strong>it</strong>ata). I quadrati,<br />
generalmente di 4 m. di lato, vengono per lo più indagati a singoli sottoquadrati di 1 o 2 m 2 per<br />
volta, allargando nel caso la ricerca successivamente ai sottoquadrati -e ai quadrati- fin<strong>it</strong>imi. In<br />
vista di foto, si indicherà <strong>il</strong> nord con una freccia, si porrà un testimone di misurazione e si<br />
collocherà una lavagnetta con su scr<strong>it</strong>to i dati ut<strong>il</strong>i all’individuazione di s<strong>it</strong>o, giorno e quadrato di<br />
scatto.<br />
14. Idem, dopo alcuni giorni di <strong>scavo</strong>. Si opera stratigraficamente, scavando cioè uno strato per<br />
volta.<br />
15. Idem, dopo alcune settimane. Si è già allargata l’indagine ai quadrati fin<strong>it</strong>imi e si sono eliminati<br />
i margini. Al loro posto sono stati stesi f<strong>il</strong>i, che permettono di tener traccia del (sotto-) quadrato<br />
in cui via via si è operato.
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 29<br />
16. Idem. In alcune fasi dello <strong>scavo</strong> si tolgono anche i f<strong>il</strong>i, specie durante <strong>il</strong> lavoro di sterro, se essi<br />
lo intralciano.<br />
17. Saggio stratigrafico. Nel caso di rapide prospezioni, specie se s’intenda verificare l’opportun<strong>it</strong>à<br />
di un vero intervento di <strong>scavo</strong>, si possono operare saggi localizzati (Masseto, ottobre 1986; in<br />
questo caso fu deciso di effettuare lo <strong>scavo</strong>). Tali saggi, se permettono di appurare la r<strong>il</strong>evanza di<br />
un s<strong>it</strong>o, rischiano -per la loro lim<strong>it</strong>atezza- di fraintenderne la natura e, perfino, di comprometterne<br />
la comprensione generale nel caso di vero e proprio successivo <strong>scavo</strong>.<br />
18. Sarebbe invece opportuno effettuare uno <strong>scavo</strong> <strong>il</strong> più ampio possib<strong>il</strong>e, sfogliando strato per strato<br />
<strong>il</strong> s<strong>it</strong>o in tutta l’estensione dello strato stesso.<br />
19. Masseto. Dopo <strong>il</strong> lim<strong>it</strong>ato saggio dell’autunno 1986 (Dia 17), nel settembre 1987 è stato effettuato<br />
lo <strong>scavo</strong> vero e proprio. Qui lo vediamo dopo la conclusione.<br />
20-21. Fotografia delle sezioni. Si delim<strong>it</strong>a la s<strong>it</strong>uazione stratigrafica di una delle quattro sezioni di un<br />
quadrato di <strong>scavo</strong>, in vista della documentazione fotografica (Masseto, autunno 1986).<br />
22. Disegno dei reperti. Per un’accurata quadrettatura dello strato e/o del singolo <strong>reperto</strong>, specie in<br />
vista del r<strong>il</strong>ievo grafico, è ut<strong>il</strong>e una griglia di 1 m 2 , suddivisa in cento sottoquadrati di 1 dm 2<br />
ciascuno, intorno ai quali si opera con f<strong>il</strong>i a piombo, regoli, ecc. (Masseto, loc. c<strong>it</strong>ata); essa sarà<br />
provvista di gambe mob<strong>il</strong>i e di livelle ad acqua incorporate, per un’esatta collocazione.<br />
23. Scheda (comp<strong>il</strong>ata) di un<strong>it</strong>à stratigrafica, adottata anni fa dal Ministero, sulla falsariga della<br />
tecnica archeologica inglese. Questa, che preferisce una visione sintetica dell’intero strato in un<br />
s<strong>it</strong>o <strong>archeologico</strong> all’analisi particolareggiata del “Giornale di Scavo”, ha portato alla sost<strong>it</strong>uzione<br />
di quest’ultimo con schede sintetiche.<br />
24. Datazione al C14. Va raccolto ogni <strong>reperto</strong>, anche organico. Il carbone, in particolare, (spesso<br />
frequente negli scavi, per antichi incendi o combustioni) si presenta ut<strong>il</strong>e per la datazione, giacché<br />
in esso la quant<strong>it</strong>à di radiocarbonio va lentamente diminuendo secondo tempi fissi, conoscendo<br />
i quali si può calcolare con buona approssimazione l’età dello strato in cui è stato raccolto<br />
(Masseto, com. di Pratovecchio, AR, settembre 1987).<br />
25-26. La ceramica riveste particolare importanza ai fini della datazione archeologica, mutando spesso<br />
di st<strong>il</strong>e e resistendo relativamente bene al deterioramento in strato. Vaso protocorinzio (725-640<br />
a.C.) e kylix attica (V sec. a.C.) al Museo Archeologico di Firenze.<br />
27. Le monete hanno anch’esse notevole importanza nella datazione degli strati archeologici, perché<br />
spesso coniate in anni precisi (e deducib<strong>il</strong>i).<br />
28. L'Eretteo di Atene. L'edificio è datab<strong>il</strong>e al 409-408 a.C. grazie ad un'iscrizione.<br />
29. La ceramica protocorinzia trovata negli strati di fondazione di Siracusa andrà datata all’VIII<br />
sec. a.C., quando la c<strong>it</strong>tà fu creata dai coloni corinzi; d’altra parte, ovunque tale ceramica venga<br />
rinvenuta in strato, essa data quest’ultimo all’epoca cui le fonti datano le colonie greche.<br />
30. Di certi monumenti antichi conosciamo la data e così possiamo estendere quest’ultima, per<br />
analogia, ad ogni complesso artistico ad essi sim<strong>il</strong>e. Così sappiamo che <strong>il</strong> Tesoro dei Sifni a Delfi<br />
è datato al 530-525 a.C.<br />
31. P<strong>it</strong>tore di Lyandros. Altro modo in cui si può definire l’epoca della ceramica greca antica (e<br />
quindi lo strato <strong>archeologico</strong> in cui la si rinvenga) sono le acclamazioni amorose di cui è ricca.<br />
Questa coppa attica a fondo bianco è attribu<strong>it</strong>a all’anonimo P<strong>it</strong>tore di Lyandros, che trae nome dal<br />
giovane che egli acclama su di essa. Se <strong>il</strong> personaggio acclamato ci è storicamente noto, <strong>il</strong> gioco<br />
(della datazione) è fatto.<br />
32. Anche tecniche arch<strong>it</strong>ettoniche sono talora datate. Così l’opus quadratum (le mura di “Servio<br />
Tullio”, davanti alla stazione Termini, in Roma) e gli altri opera costruttivi romani, tutti<br />
pressappoco datab<strong>il</strong>i.<br />
33. Restauro sul campo. In vista della rimozione, bisognerà documentare fotograficamente <strong>il</strong>
30<br />
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong><br />
<strong>reperto</strong>, specie se -come qui- promette una relativa completezza di frammenti; ciò va fatto anche<br />
in vista di una più fac<strong>il</strong>e ricomposizione del <strong>reperto</strong> in sede di restauro. Poi si provvede,<br />
eventualmente, a un pronto intervento di consolidamento (Masseto, settembre 1987).<br />
34. Restauro sul campo. Parte del pronto intervento consiste anche in un accurato imballaggio. I<br />
materiali vanno imballati per <strong>il</strong> trasporto, nella stessa giac<strong>it</strong>ura in cui son stati rinvenuti (in modo<br />
da fac<strong>il</strong><strong>it</strong>are la ricomposizione). L’imballaggio dev’essere effettuato con abbondante materiale<br />
contemporaneamente soffice e resistente. I reperti vengono poi raccolti in cassette, usuali nello<br />
<strong>scavo</strong>.<br />
35. Restauro della ceramica. Il <strong>reperto</strong> ceramico, lavato e inventariato, viene disteso in tutti i suoi<br />
frammenti per cercare le parti collimanti e definire quelle invece mancanti (anfora attica a figure<br />
nere, Museo Archeologico di Firenze, inv. n. 3773).<br />
36. Integrazione a gesso. Qualora si restauri nuovamente un <strong>reperto</strong> già restaurato decenni orsono<br />
con cr<strong>it</strong>eri ormai desoleti (ossia con reintegrazione dipinta delle parti mancanti), si definiranno<br />
le parti antiche con cr<strong>it</strong>eri appos<strong>it</strong>i (foto agl’infrarossi, ecc.) e si reintegreranno poi solo esse.<br />
37. Restauro dei metalli. Anche per i metalli, lavati e inventariati, è indispensab<strong>il</strong>e disporre di una<br />
preliminare visione insieme, che definisca le parti collimanti, quelle lacunose ed, eventualmente,<br />
quelle a più imminente deterioramento.<br />
38. Il cancro del bronzo, una volta individuato, va fermato con appos<strong>it</strong>e soluzioni liquide (ammoniaca<br />
ed acqua ossigenata, e poi quest’ultima con alcool oppure Benzotriazolo in alcool).<br />
39. Pul<strong>it</strong>ura dei metalli. Ut<strong>il</strong>i risultano anche prove preliminari di pul<strong>it</strong>ura, come questa praticata sul<br />
volto della statua antica di una musa.<br />
40. Restauro in corso. Un’antica brocca in bronzo viene approntata, con mezzi meccanici, per la<br />
ricomposizione e l’integrazione, che avverranno entrambe con cianacr<strong>il</strong>ati e resine epossidiche.<br />
41. Restauro ultimato. La brocca, ricomposta, è stata protetta in superficie con una soluzione di<br />
“paralloid”. Le parti non esattamente collimanti, benché certamente pertinenti, le si preferisce<br />
ormai tenere ben distinte dal fulcro del <strong>reperto</strong>, anche in sede espos<strong>it</strong>iva, piuttosto che ricorrere<br />
a discutib<strong>il</strong>i reintegrazioni non esattamente documentab<strong>il</strong>i f<strong>il</strong>ologicamente.<br />
42. Il Regio Decreto 1917/26.08.1927 definisce che ogni Museo tenga un registro cronologico<br />
generale di entrata delle cose che entrano a far parte delle raccolte. Reperto inventariato (dai<br />
“Bronzi di Cartoceto”).<br />
43. La foto di un <strong>reperto</strong>, con opportuni accorgimenti tecnici, deve far risaltare al meglio la forma<br />
e i dettagli importanti del <strong>reperto</strong>, che forniscono l’essenziale del suo insieme. Una buona<br />
documentazione del <strong>reperto</strong> è operazione fondamentale per la sua valorizzazione (sia, ovviamente,<br />
per l’edizione che, persino, in vista della musealizzazione).<br />
44. La catalogazione. Per la catalogazione sono usate particolari schede (S.A.S., ecc.), da comp<strong>il</strong>arsi<br />
secondo voci fisse, con terminologia la più omologa possib<strong>il</strong>e (in modo da raccogliersi una<br />
documentazione omogenea, atta alla computerizzazione).<br />
45. La pubblicazione dei risultati di uno <strong>scavo</strong> rientra tra i doveri dell’amministrazione. Riviste<br />
come “Notizie degli Scavi di Antich<strong>it</strong>à” sono ist<strong>it</strong>uzionalmente adib<strong>it</strong>e a tale scopo.<br />
46. L'esposizione. Il <strong>reperto</strong> deve essere auspicab<strong>il</strong>mente esposto al pubblico. La museologia è<br />
andata modificando i propri cr<strong>it</strong>eri nell’ultimo decennio: a tale mutamento si va uniformando la<br />
Soprintendenza Archeologica per la Toscana nelle ristrutturazioni museali in atto in numerosi<br />
musei archeologici statali di tutto <strong>il</strong> terr<strong>it</strong>orio toscano.<br />
47. Legge 1089/01.06.1939. Si tratta della legge che disciplina la tutela dei beni artistici e storici.<br />
Sost<strong>it</strong>uisce una precedente legge del 1909, sulla cui normativa di applicazione tuttora si basa.<br />
48. Regio Decreto n. 363/30.01.1913. Regolamento di applicazione della Legge 1909, rimasto sinora<br />
anche per la Legge 1089 (in diapos<strong>it</strong>iva precedente). Ne era prevista la sost<strong>it</strong>uzione che, però -
Il <strong>reperto</strong> <strong>archeologico</strong>, <strong>dallo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>all'esposizione</strong> 31<br />
rimandata per gli eventi bellici- non è stata più effettuata.<br />
49. Sopalluogo. Dopo la denuncia, <strong>il</strong> Soprintendente (o l’ispettore di zona, come qui) effettua un<br />
sopralluogo atto a decidere l’importanza del s<strong>it</strong>o, ai sensi dell’art. 119 del R.D. 363/1913.<br />
Masseto, com. di Pratovecchio, AR.<br />
50. Zona di interventi di <strong>scavo</strong> abusivo (Masseto, presso Ama, com. di Pratovecchio, AR), verificati<br />
dall’ispettore di zona nel 1984 ai sensi dell’art. 119 del R.D. 363/1913. L’interesse dell’area e<br />
l’urgenza di ev<strong>it</strong>are ulteriori eventuali manomissioni hanno consigliato alla Soprintendenza di<br />
effettuarvi prima un saggio e poi un intervento di <strong>scavo</strong> di vasta portata, negli anni successivi.<br />
51. Sequestro (vaso attico in tecnica “a figure nere”, del 550 a.C. circa), effettuato -ai sensi dei Codici<br />
Civ<strong>il</strong>e e Penale per contravvenzione della L. 1089- nel 1961 dalla Guardia di Finanza di V<strong>it</strong>erbo,<br />
ove ora è conservata, n. inv.86673. L’anfora, importata in Etruria in antico, proviene<br />
presumib<strong>il</strong>mente dall’area di Vulci e rappresenta i preparativi per <strong>il</strong> sacrificio di un bue.<br />
52. Vincolo (statuetta in marmo di Carrara, com. di San Pietro a Sieve, FI). Il proprietario, con<br />
encomiab<strong>il</strong>e senso civico, ha inv<strong>it</strong>ato la Soprintendenza Archeologica per la Toscana a richiedere<br />
al superiore Ministero dei Beni Culturali e Ambientali, l’emanazione di un vincolo sulla statua.<br />
Questo, lungi dal ledere <strong>il</strong> dir<strong>it</strong>to di proprietà, sancisce <strong>il</strong> valore di un <strong>reperto</strong>; d’altra parte, esso<br />
permette allo Stato, in caso di proposta di vend<strong>it</strong>a, di eserc<strong>it</strong>are dir<strong>it</strong>to di prelazione (al prezzo<br />
dichiarato dal proprietario) in modo da preparare al pubblico la via per la fruizione del <strong>reperto</strong><br />
(vincolato).<br />
53. Decreto di “occupazione temporanea” emanato ai sensi dell’art. 43/L. 1089 dal superiore<br />
Ministero dei Beni Culturali e Ambientali, su richiesta della Soprintendenza che intende<br />
effettuare lo <strong>scavo</strong>. Tale decreto, di effetto plurimens<strong>il</strong>e, viene notificato al proprietario dal messo<br />
comunale.<br />
54. La “Carta del Restauro 1972” (circolare n. 117/06.04.’72 dal Min. P.I.) ha regolato fino al 1987<br />
i cr<strong>it</strong>eri di restauro, secondo le norme del II Capo della Legge 1089. Il restauro <strong>archeologico</strong> è<br />
trattato dalla prima delle quattro sezioni della “Carta”.<br />
Ciclost<strong>il</strong>ato a cura della Sezione Didattica della Soprintendenza Archeologica della Toscana, via della Pergola, 65 - Firenze
etruria
PICCHETTO<br />
L’ARCHEOLOGO<br />
in<br />
LE ARMI, I SOLDATI,<br />
LA GUERRA
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI<br />
SOPRINTENDENZA ARCHEOLOGICA DELLA TOSCANA<br />
SEZIONE DIDATTICA<br />
D 2-6<br />
STRUMENTI E ARMI: AGRICOLTURA, CACCIA, PESCA E GUERRA IN<br />
ETRURIA<br />
L’agricoltura<br />
L’Etruria antica è particolarmente rinomata, nelle fonti letterarie latine, per la propria produzione<br />
di grano, tanto che la stessa Roma ne importò gran quant<strong>it</strong>à di cereali nei periodi di carestia (più volte<br />
nel corso del V secolo) e di guerra (per esempio nel 205 a.C., al momento di allestire la spedizione<br />
contro Cartagine di Scipione l’Africano). Altre colture molto produttive dovettero essere quelle della<br />
v<strong>it</strong>e e dell’olivo, importate dalla Grecia e documentate a partire dalla seconda metà del VII secolo (v.<br />
D 2-2). In particolare, la grande quant<strong>it</strong>à di anfore da trasporto per vino rinvenute in gran parte del<br />
Med<strong>it</strong>erraneo occidentale testimonia l’importanza della produzione vinaria etrusca (Dia 56).<br />
Se l’aratro trainato da buoi (Dia 57) conobbe una certa evoluzione tecnica fra l’età arcaica e<br />
quella ellenistica, non molta differenza, da un punto di vista tipologico, dovette esistere fra gli attrezzi<br />
agricoli di epoca etrusca e quelli di epoca romana, quali pennati, roncole, zappe etc. (Dia 58) (v. E V-<br />
2).<br />
La caccia<br />
Le nostre conoscenze su questo argomento sono legate alle testimonianze degli autori antichi e ai<br />
dati dello <strong>scavo</strong> <strong>archeologico</strong>: reperti osteologici e monumenti mun<strong>it</strong>i di raffigurazioni di vario genere.<br />
L’analisi dei resti ossei, cost<strong>it</strong>uendo un tipo di esame di acquisizione relativamente recente, non offre<br />
ancora una campionatura sufficientemente vasta di s<strong>it</strong>i su cui basarsi e fornisce quindi risposte di<br />
portata ancora lim<strong>it</strong>ata. Le notizie degli scr<strong>it</strong>tori antichi vanno interpretate in senso generale, senza<br />
tener conto di riferimenti cronologici precisi, in quanto tali autori -come Strabone (V, 2, 9), Varrone<br />
(De re rust.,II, 3, 3), Giovenale (I, 22) e Marziale (7, 26)- non furono contemporanei al momento di<br />
massima fior<strong>it</strong>ura della cultura etrusca; le loro notizie possono risultare invece molto importanti per<br />
conoscere meglio l’hab<strong>it</strong>at dell’Etruria d’età romana.<br />
I monumenti, a loro volta, ci offrono una vasta campionatura di raffigurazioni, che però riflettono<br />
solo in parte la reale attiv<strong>it</strong>à venatoria etrusca e sono quasi sempre connesse con <strong>il</strong> mondo funerario.<br />
Gli affreschi delle tombe di Tarquinia (VT) (“Tomba della Caccia e della Pesca”, Dia 59) ci mostrano<br />
scene di caccia legate alle classi sociali aristocratiche, un’attiv<strong>it</strong>à venatoria per “diporto”, socialmente<br />
importante; è chiaro però che doveva esistere, anche se non è testimoniata, una caccia eserc<strong>it</strong>ata per<br />
necess<strong>it</strong>à. In alcune raffigurazioni <strong>il</strong> cinghiale viene colp<strong>it</strong>o con <strong>il</strong> venàbulum (Fig. 1), una specie di<br />
lancia, mun<strong>it</strong>a di una parte offensiva in metallo, ferro o bronzo e di un’immanicatura in legno, ut<strong>il</strong>izzato<br />
per la caccia al cinghiale. Sappiamo dagli autori antichi che, per la caccia alla lepre, era usato <strong>il</strong><br />
lagòbolo, un bastone che era impiegato per uccidere l’animale. Altra arma sicuramente ut<strong>il</strong>izzata era<br />
l’arco con le frecce, usato più probab<strong>il</strong>mente per la caccia al cervo.<br />
I dati archeologici per <strong>il</strong> periodo v<strong>il</strong>lanoviano attestano la caccia al cinghiale e al cervo. Per<br />
questo tipo di cattura occorrevano particolari doti fisiche, cioè cacciatori forti e veloci. Volendo fare un<br />
parallelo con <strong>il</strong> mondo greco, troviamo molti eroi -successivamente destinati ad avere un ruolo regale-
2<br />
che partecipano a cacce assai impegnative (per la<br />
caccia al Cinghiale Calidonio si pensi, per esempio,<br />
al Vaso François). Ulisse stesso sappiamo che era<br />
immaginato quale ab<strong>il</strong>e cacciatore.<br />
Successivamente, in età orientalizzante, i<br />
monumenti (o le raffigurazioni in genere) mun<strong>it</strong>i<br />
di questo soggetto decorativo risultano in numero<br />
maggiore e riguardano non soltanto cinghiale e<br />
cervo ma anche altri animali, quali càpridi, lepri<br />
nonché leoni o struzzi i quali ultimi non facevano<br />
certo parte dell’antico hab<strong>it</strong>at etrusco. Si tratta,<br />
evidentemente, di nuovi riflessi culturali che<br />
Strumenti e armi: agricoltura, caccia , pesca e guerra in Etruria<br />
Fig. 1 - Urna volterrana in alabastro raffigurante la<br />
caccia al Cinghiale calidonio. Datazione: III-II secc.<br />
a.C. Piano I, Sala IX, inv.5697.<br />
arrivano in Etruria attraverso gli importantissimi contatti commerciali con <strong>il</strong> mondo greco e l’Oriente.<br />
Nel periodo arcaico si nota un incremento delle raffigurazioni di caccia, anche di quelle m<strong>it</strong>ologiche,<br />
che aumentano contemporaneamente anche in Grecia.<br />
In età classica le scene di attiv<strong>it</strong>à venatoria reale e non m<strong>it</strong>ologica diminuiscono e lo stesso si<br />
denota nel periodo ellenistico in cui, su alcune urnette cinerarie provenienti da Volterra (PI), troviamo<br />
scolp<strong>it</strong>a in alto r<strong>il</strong>ievo la caccia m<strong>it</strong>ologica al Cinghiale Calidonio (Fig. 1) (Dia 60) (Museo Archeologico<br />
di Firenze, Sala IX, Parete A, I ripiano, inv. 5697 ecc.): queste rappresentazioni, d’altro canto, si<br />
avvicinano sempre più -nella resa figurativa- alle cacce realmente praticate in Etruria. In quest'ultima<br />
è attestata la dea greca della caccia, Artemide, ma non sempre vi risulta mun<strong>it</strong>a dei medesimi attributi<br />
che la definivano in Grecia. Pochi sono gl’indizi della presenza di una divin<strong>it</strong>à autoctona preposta<br />
all’attiv<strong>it</strong>à venatoria; nella stipe votiva di Brolio (AR) (Museo Archeologico, Topografico, Sala Val di<br />
Chiana), per esempio, sono stati trovati anche bronzetti raffiguranti lepri e cervi, mentre un “càpride”<br />
proviene dal depos<strong>it</strong>o votivo di Bibbona (LI): ci mancano tuttavia rappresentazioni di divin<strong>it</strong>à.<br />
La pesca<br />
La pesca non era considerata, a differenza della caccia, socialmente r<strong>il</strong>evante. Di conseguenza<br />
scarse risultano le raffigurazioni al riguardo (Dia 61). Ciò che rimane dell’attiv<strong>it</strong>à <strong>it</strong>tica sono pesi da<br />
rete in impasto fìtt<strong>il</strong>e o in pietra, ami e aghi in bronzo, quest’ultimi usati per riparare le reti (Museo<br />
Archeologico di Firenze, piano I, sala XV, vetrina A, inv.<br />
871 - età romana).<br />
Del vasellame in ceramica rimangono, a<br />
testimonianza di una dieta <strong>it</strong>tica, i cosiddetti “piatti da<br />
pesce”, forma proveniente dal mondo greco, mun<strong>it</strong>i al<br />
proprio centro di una depressione emisferica, forse fatta<br />
appos<strong>it</strong>amente per contenere salse da accompagnare al<br />
pesce stesso. La superficie esterna del piatto risulta<br />
decorata con varie raffigurazioni di fauna marina, che ci<br />
rivelano una conoscenza diffusa delle specie <strong>it</strong>tiche del<br />
Med<strong>it</strong>erraneo.<br />
I testi antichi ci informano soltanto sulla pesca dei<br />
tonni: sappiamo da Strabone (V, 2, 6; V, 2, 8) che sui<br />
promontori di Populonia (LI) e del Monte Argentario (GR)<br />
Fig. 2 - Elmi, spade e puntale di lancia (IX-VIII<br />
secc. a.C.) (da Dizionario della civ<strong>il</strong>tà etrusca, -a<br />
cura di M. Cristofani- , Firenze 1985, p. 19).
Strumenti e armi: agricoltura, caccia , pesca e guerra in Etruria<br />
Fig. 3 - Elmi, spade, punta di lancia e<br />
schinieri (VII sec. a.C.) (da Dizionario<br />
della civ<strong>il</strong>tà etrusca, -a cura di M.<br />
Cristofani- Firenze 1985, p. 19).<br />
vi erano due posti di osservazione per sorvegliarne l’arrivo.<br />
Anche <strong>il</strong> porto di Caere (RM), Pyrgi, era famoso per le sue<br />
peschiere e i laghi di Bracciano (RM), Bolsena e Vico (VT)<br />
erano stati popolati dagli Etruschi con pesci quali spigole,<br />
orate ecc., che tollerassero -si diceva- l’acqua dolce (in<br />
propos<strong>it</strong>o cfr. Columella, De re rust., VIII, 16).<br />
La guerra<br />
guerriero, che si fregia delle armi per denotare la propria eminenza.<br />
Risultano di questo periodo gli elmi realizzati in lamina bronzea,<br />
dotati di una calotta emisferica e mun<strong>it</strong>i di un pìleo centrale o di una<br />
cresta (Fig. 2). Alla fine dell’VIII sec. a.C. compaiono i grandi scudi<br />
di cuoio, ricoperti in lamina bronzea e decorati a sbalzo con motivi<br />
geometrici (Museo Archeologico di Firenze, Sala XV, vetrina A -<br />
umboni di scudo provenienti da Tarquinia; VT); un’altra arma di<br />
difesa è la placca quadrangolare in lamina bronzea che, atta a<br />
proteggere organi v<strong>it</strong>ali come<br />
<strong>il</strong> cuore, veniva legata al<br />
corpo mediante corregge di<br />
cuoio. Scudi ed elmi di questo<br />
tipo sono stati trovati anche<br />
Fig. 6 - Raffigurazione di un fromboliere<br />
da un’anfora di Nola (NA), V sec. a.C.<br />
Fra l’VIII e <strong>il</strong> I secc. a.C., nei corredi delle tombe etrusche<br />
la presenza delle armi assume diversi significati a seconda<br />
del periodo. Infatti, all’inizio l’armatura contraddistingue <strong>il</strong><br />
ruolo sociale del defunto, e diventa in segu<strong>it</strong>o caratteristica<br />
specifica di un capo<br />
m<strong>il</strong><strong>it</strong>are. Nell’Età del Ferro<br />
le armature distinguono <strong>il</strong><br />
ruolo sociale assunto nel<br />
gruppo dal signore-<br />
Fig. 4 - Elmi, scudo, spada a<br />
scim<strong>it</strong>arra, punte di lancia e<br />
schiniere (VI-V secc. a.C.)<br />
(da Dizionario della civ<strong>il</strong>tà etrusca,<br />
-a cura di M. Cristofani-, Firenze<br />
1985, p. 19).<br />
al di fuori dell’Etruria, a Cuma (NA) e nel santuario di Olimpia<br />
in Grecia, verosim<strong>il</strong>mente con la funzione di ex-voto offerti come<br />
spoglia del vinto. Tra le armi d’offesa vi sono punte di lancia in<br />
bronzo che venivano innestate su un’asta di legno, mun<strong>it</strong>a di un<br />
puntale inferiore bronzeo, oppure accette e scuri, spade lunghe<br />
e corte (Dia 62-63). Si tratta di armi ut<strong>il</strong>izzate in combattimenti<br />
nei quali prevalesse <strong>il</strong> corpo a corpo. Nel corso del VII sec. a.C.<br />
la forma dell’elmo subisce variazioni per influsso del mondo<br />
greco e, così, troviamo elmi di tipo corinzio in bronzo mun<strong>it</strong>i di<br />
nasale e occhiaie (Fig. 3). Nel VI sec. a.C. si affermano lo scudo<br />
in lamina di bronzo, la spada in ferro “a scim<strong>it</strong>arra” (Fig. 4) e<br />
l’elmo conico del tipo detto Negau (Museo Archeologico di Firenze,<br />
Sala XV, vetrina A, inv. 1630) (Dia 64), forn<strong>it</strong>o di paraguance mob<strong>il</strong>i.<br />
Questa tipologia di elmo viene raffigurata sulle monete vetuloniesi del<br />
IV sec. a.C. e compare in gran numero, sempre in questa c<strong>it</strong>tà, nel<br />
giacimento votivo trovato presso le mura (Museo Archeologico di<br />
Fig. 5 - Ghianda miss<strong>il</strong>e.<br />
3
4<br />
Strumenti e armi: agricoltura, caccia , pesca e guerra in Etruria<br />
Firenze, Topografico, Sala di Vetulonia). In segu<strong>it</strong>o, la sua forma viene sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a da quella a calotta<br />
con “bottone” centrale e paranuca.<br />
Le armi da guerra giunte fino a noi (lance, spade, asce, coltelli ecc.) e le armature (elmi, schinieri,<br />
foderi ecc.) (Dia 62-65) vanno considerate per la maggior parte “da parata”: non venivano dunque<br />
usate nella realtà dei combattimenti, ma custod<strong>it</strong>e per essere indossate nelle rassegne m<strong>il</strong><strong>it</strong>ari (Museo<br />
Archeologico, Sala XV, vetrina A; Topografico, sala di Vetulonia e Populonia) e per esser deposte<br />
quali corredo nelle tombe. Possiamo comunque farci un'idea di quale fosse l'assetto di guerra del<br />
guerriero etrusco grazie, per esempio, ai bronzetti votivi raffiguranti un opl<strong>it</strong>a in attacco (Dia 66).<br />
Oltre alle armi in metallo, vi sono anche particolari proiett<strong>il</strong>i, le cosiddette ghiande miss<strong>il</strong>i, così<br />
denominate a causa della loro stessa forma (Fig. 5). Questi proiett<strong>il</strong>i, realizzati in piombo, risultano<br />
del peso medio di 30/50 g.; risultano altresì ricavati in pietra, o in terracotta e cost<strong>it</strong>uiscono piccole<br />
armi da offesa, la cui g<strong>it</strong>tata poteva superare i 100 m (Fig. 6).<br />
GLOSSARIO<br />
Arcaico, periodo - Periodo culturale (e artistico) (fine VII, VI e inizio V secc. a.C.) compreso tra quello orientalizzante e<br />
quello classico. Particolarmente intenso vi risulta l’apporto st<strong>il</strong>istico della Grecia.<br />
Bròlio - Local<strong>it</strong>à della Val di Chiana in cui nel 1863 fu scoperta un’importante stipe votiva. Nel suo amb<strong>it</strong>o vennero trovati<br />
bronzetti votivi di varie dimensioni e di soggetto diverso, da quelli che raffigurano guerrieri con elmo e lancia a quelli che<br />
rappresentano animali (cervi ecc.).<br />
Calidònio, cinghiale - M<strong>it</strong>ico cinghiale gigantesco, mandato dalla dea Artemide a devastare le campagne di Calìdone, a<br />
ovest della Grecia centrale. L’animale fu ucciso da Meleagro, figlio di un re di Calidone (Enèo).<br />
Classica, Età - Momento artistico tra <strong>il</strong> V e <strong>il</strong> IV sec. a.C. che si colloca tra l’arcaismo e l’ellenismo. E’ determinato<br />
dall’influenza st<strong>il</strong>istica dei grandi centri artistici della Grecia: la regione dell’Attica e in particolare Atene.<br />
Giovenale - Nato ad Aquino, c<strong>it</strong>tà del Lazio, fu poeta contemporaneo di Marziale, di cui era amico. Scrisse celebri Sàtyrae,<br />
divise in cinque libri.<br />
Lagòbolo (gr. lagobòlon) - Bastone appos<strong>it</strong>o per uccidere la lepre.<br />
Negau (pronuncia Nègau) - Nome tedesco della local<strong>it</strong>à austro-ungarica (attualmente Negova, in Slovenia) in cui avvenne<br />
<strong>il</strong> primo r<strong>it</strong>rovamento moderno di un elmo dell’antico tipo ormai denominato appunto, nel linguaggio <strong>archeologico</strong>, “di<br />
Negau”.<br />
Nola - Antica c<strong>it</strong>tà della Campania, fondata dagli Ausonî. Dopo essere stata conquistata dai Romani, rimase sempre fedele<br />
a Roma anche durante le guerre puniche. Vi morì l’imperatore Augusto nel 14 d.C. Divenne colonia romana sotto Vespasiano,<br />
mantenendo <strong>il</strong> proprio nome fino a oggi (NA).<br />
Orientalizzante, età - Locuzione che indica un momento artistico (fine VIII-VII sec. a.C.) durante <strong>il</strong> quale si assiste ad un<br />
fenomeno di diffusione e di im<strong>it</strong>azione di motivi orientali giunti in Etruria attraverso una notevole importazione di prodotti<br />
dal Vicino Oriente.<br />
Píleo (lat. píleus o pílum) - Vocabolo usato per indicare un antico tipo di berretto di pelle o di stoffa. Talvolta recava, sulla<br />
cima, un anello con cui lo si poteva appendere, e in basso un nastro con cui legarlo sotto <strong>il</strong> mento. Nel mondo greco veniva<br />
portato dai viaggiatori e dai marinai, mentre dai Romani e dagli Etruschi era considerato parte del costume “nazionale”.
Strumenti e armi: agricoltura, caccia , pesca e guerra in Etruria<br />
Stipe votiva - Con questa locuzione gli archeologi indicano <strong>il</strong> depos<strong>it</strong>o dei doni votivi raccolti nelle vicinanze di un<br />
santuario. La stipe poteva essere ricavata nella roccia, o più semplicemente nel terreno, una vera e propria fossa scavata; in<br />
essa erano riposti i doni portati dai devoti in dono alla divin<strong>it</strong>à di un santuario, quando non vi era più spazio fisico per<br />
esporli.<br />
Strabone -Storico e geografo greco nato ad Amasia, nel regno del Ponto (regione storica s<strong>it</strong>a nell’attuale Turchia centrosettentrionale),<br />
pochi anni prima del 60 a.C. La sua opera più importante, che possediamo quasi per intero, è la Geografia,<br />
un vasto trattato generale scr<strong>it</strong>to intorno al 7 a.C.<br />
Umbone - Parte centrale dello scudo realizzato in metallo per risultare più resistente agli attacchi delle armi.<br />
Varrone (Marcus Terentius Varro) - Studioso romano, vissuto tra <strong>il</strong> 116 e <strong>il</strong> 27 a.C. circa. Scrisse biografie, orazioni, <strong>il</strong><br />
trattato De re rustica, <strong>il</strong> De lingua Latina e numerose altre opere (solo parzialmente pervenuteci).<br />
Venàbulum - Termine latino usato per indicare una sorta di spiedo da caccia, usato come arma.<br />
.<br />
Sull'agricoltura:<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
M. CRISTOFANI - M. GRAS, Agricoltori, artigiani e mercanti, in AA.VV., Gli Etruschi. Una nuova immagine, Firenze<br />
1984, pp. 68-99: 68-77;<br />
Dizionario della civ<strong>il</strong>tà etrusca, a cura di M. Cristofani, Firenze 1985, s.v. "agricoltura", pp. 6-7 (M. Cristofani).<br />
Sulla caccia, la pesca e le armi:<br />
M. MICHELUCCI, La collezione Ciacci nel Museo Archeologico di Grosseto, Roma 1981, n. 304;<br />
G. CAMPOREALE, La caccia in Etruria, Roma 1984;<br />
Dizionario della civ<strong>il</strong>tà etrusca, a cura di M. Cristofani, Firenze 1985, s.v. "armi", pp. 18-20 (M. Cristofani);<br />
L. GIACOPINI et aliae, L’<strong>it</strong>ticoltura nell’antich<strong>it</strong>à, Roma 1994.<br />
Ciclost<strong>il</strong>ato a cura della Sezione Didattica della Soprintendenza Archeologica della Toscana, via<br />
della Pergola 65, Firenze<br />
5
L'AGRICOLTURA<br />
D 2-6<br />
Scheda di verifica n. 1<br />
a) Quali erano i principali prodotti dell’agricoltura etrusca ?<br />
...............................................................................................................................................................<br />
...............................................................................................................................................................<br />
...............................................................................................................................................................<br />
...............................................................................................................................................................<br />
.....................................................................................................<br />
b) Chi ha introdotto in Etruria le piante della v<strong>it</strong>e e dell’olivo, e quando ?<br />
................................................................................................................................................................<br />
................................................................................................................................................................<br />
................................................................................................................................................................<br />
................................................................................................................................................................<br />
.....................................................................................................<br />
c) Con quali mezzi venivano trasportati vino ed olio ?<br />
................................................................................................................................................................<br />
................................................................................................................................................................<br />
................................................................................................................................................................<br />
................................................................................................................................................................<br />
.......................................................................................................<br />
d) Al Museo Archeologico di Firenze, hai visto alcuni attrezzi agricoli di epoca antica ? Quali ?<br />
................................................................................................................................................................<br />
................................................................................................................................................................<br />
................................................................................................................................................................<br />
.................................................................................................................................................................<br />
........................................................................................................
LA CACCIA E LA PESCA<br />
D 2-6<br />
Scheda di verifica n. 2<br />
a) Qual è l’importanza della caccia in Etruria ?<br />
................................................................................................................................................................<br />
................................................................................................................................................................<br />
...........................................................................................................................<br />
b) Quali erano gli animali cacciati di preferenza?<br />
................................................................................................................................................................<br />
................................................................................................................................................................<br />
...........................................................................................................................<br />
c) Quali documenti (reperti, immagini, ecc.) abbiamo sull’attiv<strong>it</strong>à della pesca ?<br />
................................................................................................................................................................<br />
................................................................................................................................................................<br />
...........................................................................................................................
PICCHETTO<br />
L’ARCHEOLOGO<br />
in<br />
IL MONDO DEL<br />
BANCHETTO
IL BANCHETTO IN ETRURIA<br />
Il banchetto come momento socialmente importante nella comun<strong>it</strong>à è un'usanza che gli Etruschi<br />
derivano nelle sue caratteristiche principali dal mondo greco.<br />
Possediamo numerose raffigurazioni antiche di scene di banchetto; tuttavia, nella maggior parte<br />
dei casi, si tratta di contesti legati al mondo funerario, dalle pareti affrescate di tombe, come a Tarquinia,<br />
ai bassor<strong>il</strong>ievi dei segnacoli funerari (stele e cippi) o delle urne cinerarie.<br />
Gli studiosi, riguardo al significato di tali raffigurazioni, hanno avanzato varie ipotesi che possono<br />
riassumersi in quattro teorie fondamentali:<br />
I - Il banchetto raffigurato sarebbe la rievocazione delle cerimonie funebri<br />
tenute in onore del defunto.<br />
II - Il banchetto sarebbe l'immagine della v<strong>it</strong>a dei beati nell’ald<strong>il</strong>à.<br />
III - Il banchetto sarebbe <strong>il</strong> ricordo della v<strong>it</strong>a terrena vissuta.<br />
IV - Il banchetto avrebbe la funzione di rallegrare <strong>il</strong> defunto durante la v<strong>it</strong>a<br />
vissuta da quest'ultimo nell'ald<strong>il</strong>à, cioè nella propria tomba.<br />
Probab<strong>il</strong>mente nessuna di queste ipotesi, presa singolarmente, può essere<br />
accettata in toto, ma ognuna contiene una parte di ver<strong>it</strong>à. Alcuni studiosi<br />
(S. de Marinis) interpretano le scene di convivio come rievocazione del<br />
reale banchetto che doveva essere consumato, nel giorno dei funerali e<br />
probab<strong>il</strong>mente in ricorrenze fisse, in onore del defunto, presso o all’interno<br />
della tomba medesima. Per alcune raffigurazioni di banchetti, come quelle<br />
della Tomba “della Caccia e Pesca” a Tarquinia (Dia 30), non si devono<br />
Fig. 1 - Coperchio del<br />
cinerario di Montescudaio<br />
(PI) - metà VII sec. a.C.<br />
Topografico, Sala di Pisa, inv.<br />
82930.<br />
ricercare significati particolari, ma visti i contesti delle p<strong>it</strong>ture in un amb<strong>it</strong>o di v<strong>it</strong>a quotidiano, queste<br />
scene vanno interpretate come strettamente legate alla v<strong>it</strong>a di ogni giorno. La seconda ipotesi, evidenziata<br />
da alcuni studiosi, non risulta valida per i monumenti funebri del VI-V secc. a.C. Infatti, nelle tombe<br />
di questo periodo non vi sono elementi che indichino che l’azione si svolge nell’ald<strong>il</strong>à. Più tardi, per<br />
rappresentare <strong>il</strong> banchetto negli Inferi, troviamo raffigurate le divin<strong>it</strong>à stesse, come Ade e Persefone<br />
della Tomba Golini I di Orvieto (TR) (Fig. 2 del percorso d’approfondimento D 2-2). Spesso, accanto<br />
alla stanza funeraria, nei sepolcri antichi si trovano<br />
una “sala da pranzo” e persino una “cucina”. Gli scavi<br />
archeologici hanno talvolta rivelato l’esistenza di<br />
letti da banchetto (klìnai) tutt’intorno alla tavola su<br />
cui venivano a celebrare i parenti del defunto. L’antich<strong>it</strong>à<br />
di questi usi funerari è attestata dal fatto che,<br />
talvolta, attorno alla tavola funebre si trovano sedie (e<br />
non letti), ered<strong>it</strong>à di epoche in cui non si mangiava<br />
ancora sdraiati.<br />
Fig. 2 - Urna in pietra “fetida” da Chiusi (SI)<br />
- 520 a.C. Piano I, Sala X, inv. 5501<br />
MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI<br />
SOPRINTENDENZA ARCHEOLOGICA DELLA TOSCANA<br />
SEZIONE DIDATTICA<br />
D 2-3<br />
Dai dati archeologici è infatti evidente che <strong>il</strong> banchetto<br />
etrusco subì un’evoluzione nel corso del tempo. Se esa-
2<br />
Il banchetto in Etruria<br />
miniamo <strong>il</strong> cinerario di Montescudaio (PI) (Museo Archeologico - Topografico, sala di Pisa), del VII<br />
secolo a.C. (Dia 31), vediamo, realizzata plasticamente sul coperchio dell’ossuario, una piccola tavola<br />
rotonda apparecchiata (Fig.1) alla quale sta seduto in trono (lo schienale di questo è perduto) un uomo;<br />
accanto a lui è riprodotta una piccola figura femmin<strong>il</strong>e, probab<strong>il</strong>mente una serva. Il grande vaso che si<br />
trova di fronte al gruppo, sim<strong>il</strong>e al cratère greco, serviva per mescolare l'acqua con <strong>il</strong> vino nel corso del<br />
banchetto (D 2-2).<br />
Questo tipo di banchetto è molto diverso da quello che appare raffigurato nel corso del VI e del V<br />
secolo, per esempio sulla cassa di un’urna proveniente da Chiusi (sala X, inv. 5501; Fig. 2; Dia 32)<br />
oppure sulla base c<strong>il</strong>indrica di un cippo funerario proveniente dal medesimo terr<strong>it</strong>orio (Fig. 3; Dia 33).<br />
I conv<strong>it</strong>ati sono distesi sulle klìnai; davanti a loro compaiono le tavole su cui sono disposte le vivande<br />
e i serv<strong>it</strong>ori pronti ad accudirli. Vi sono anche suonatori che allietano i commensali, i cani pronti a<br />
raccogliere gli avanzi della mensa e alcune decorazioni vegetali per la sala: ramoscelli e ghirlande.<br />
Quest’ultime - simbolo funerario - appese alle pareti della sala e tenute in mano da qualche commensale<br />
(cfr. inv. 5501) oppure portate agli inv<strong>it</strong>ati dai serv<strong>it</strong>ori (cfr. inv. 86508), fanno pensare piuttosto a un<br />
immaginario banchetto avvenuto nell’oltretomba che a uno reale. Possiamo presupporre, ovviamente,<br />
che anche i conv<strong>it</strong>i terreni non fossero molto diversi da quelli attribu<strong>it</strong>i all’ald<strong>il</strong>à.<br />
L’evoluzione nella tipologia del banchetto qui denotata è dovuta al successivo influsso grecoorientale,<br />
giunto in Etruria a partire dalla metà del VI secolo a.C. Da questo momento in poi si perde<br />
l’originario carattere famigliare evidenziato dal cinerario di Montescudaio (PI). I banchettanti, in segu<strong>it</strong>o,<br />
risulteranno distesi sulle klìnai a coppia, appoggiati col gom<strong>it</strong>o sinistro su di un cuscino, in<br />
un’ambientazione vivacizzata dalla raffigurazione di animali: non solo <strong>il</strong> cane, come in Grecia, ma<br />
anche oche, anatre ecc. Flautisti e danzatori fanno parte integrante del banchetto, come nella tradizione<br />
greca (cfr. inv. 5501; Figg. 2, 3).<br />
Come si è già detto, gli scr<strong>it</strong>tori antichi spesso esagerarono riferendo dei “licenziosi” costumi<br />
etruschi. Posidònio di Apamea, f<strong>il</strong>osofo e scienziato greco del II-I secc. a.C., evidenzia che gli Etruschi<br />
mangiavano due volte al giorno, un vero lusso per un greco (dal momento che in Grecia <strong>il</strong> pranzo<br />
di metà giornata era frugale). Evidentemente, Posidonio generalizza questo discorso a tutta la società<br />
etrusca, mentre probab<strong>il</strong>mente esso era valido solo per i ceti più abbienti, che potevano ostentare così<br />
la loro ricchezza. Il coperchio di sarcofago tradizionalmente denominato “dell’obeso” (Dia 34) è<br />
diventato <strong>il</strong> simbolo dell’obesus etruscus di cui scrivono Virg<strong>il</strong>io (Georgiche, II, 193) e Catullo (39,<br />
11) ma, certo, gli aristocratici etruschi non dovevano risultare tutti così e <strong>il</strong> nostro coperchio andrà<br />
piuttosto considerato un “r<strong>it</strong>ratto tipologico”, vòlto a compiacere aspettative di “status”. Un altro aspetto<br />
peculiare del banchetto etrusco che scandalizzò letteralmente gli scr<strong>it</strong>tori greci è la presenza della<br />
donna di condizione sociale libera fra i conv<strong>it</strong>ati, spesso al fianco del consorte. In Grecia, infatti, le<br />
uniche donne che partecipavano a queste manifestazioni erano etère o schiave, mai le leg<strong>it</strong>time spose<br />
degli inv<strong>it</strong>ati (v. D 2-4).<br />
Fig. 3 - Cippo funerario da Chiusi - 450 a.C. Piano I, sala X, inv. 86508.
Il banchetto in Etruria 3<br />
Durante <strong>il</strong> banchetto, inoltre, non mancavano i giochi, tra i quali erano particolarmente popolari<br />
quello dei dadi e quello del kòttabos, quest'ultimo arrivato dalla Sic<strong>il</strong>ia e assai in voga nel IV secolo<br />
a.C. (C 4-3).<br />
GLOSSARIO<br />
Klìne (plurale klìnai) - Vocabolo greco per indicare in generale <strong>il</strong> letto, talvolta da banchetto.<br />
Kòttabos. - Gioco che consisteva nel colpire con <strong>il</strong> vino contenuto in una coppa un disco di metallo messo in equ<strong>il</strong>ibrio su<br />
di un’asta.<br />
Etèra - Termine usato nel mondo greco per indicare una cortigiana libera nel comportamento e in possesso di certo grado<br />
di cultura, superiore a quello delle altre donne.<br />
Posidònio di Apamea - F<strong>il</strong>osofo e scienziato greco (135-50 a.C.) originario della c<strong>it</strong>tà siriaca di Apamea. Suo maestro fu<br />
lo stoico Panèzio. Delle sue opere ci sono pervenuti vent<strong>it</strong>re t<strong>it</strong>oli e una serie di frammenti.<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
S. de MARINIS, La tipologia del banchetto nell’arte etrusca arcaica, Roma 1961<br />
J. HEURGON, V<strong>it</strong>a quotidiana degli Etruschi, M<strong>il</strong>ano 1974 3<br />
AA.VV., Corpus delle urne etrusche in età ellenistica, Firenze 1975<br />
M. CRISTOFANI, Statue-cinerari chiusine di età classica, Roma 1975<br />
M. MORETTI, Cerveteri, Novara 1977<br />
M.CRISTOFANI, L’arte degli Etruschi. Produzione e consumo, Torino 1978<br />
E. COLONNA DI PAOLO, Necropoli rupestri del V<strong>it</strong>erbese, Novara 1979<br />
R. BIANCHI BANDINELLI, L’arte etrusca, Roma 1982<br />
E. MACNAMARA, V<strong>it</strong>a quotidiana degli Etruschi, Roma 1982<br />
M. MORETTI, Vulci, Novara 1982<br />
S. STEINGRÄBER, C<strong>it</strong>tà e Necropoli d’Etruria, Roma 1983<br />
AA.VV., Gli Etruschi. Una nuova immagine, Firenze 1984<br />
AA.VV., La civ<strong>il</strong>tà degli Etruschi (Catalogo della Mostra, Firenze), M<strong>il</strong>ano 1985<br />
Dizionario della civ<strong>il</strong>tà etrusca, a cura di M. Cristofani, Firenze 1985, s.v. "banchetto", pp. 35-36 (P. Santoro)<br />
G. CAMPOREALE, V<strong>it</strong>a privata, in Rasenna, M<strong>il</strong>ano 1986, pp. 241-308: 281-286<br />
G. BARTOLONI, La cultura v<strong>il</strong>lanoviana, Roma 1988<br />
Ciclost<strong>il</strong>ato a cura della Sezione Didattica della Soprintendenza Archeologica della Toscana, via<br />
della Pergola 65 - Firenze
Cippo funerario da Chiusi - 450 a.C.<br />
IL BANCHETTO<br />
D 2-3<br />
Scheda di verifica n. 1<br />
1) Qual è l'antica civ<strong>il</strong>tà che ha introdotto in Etruria l'uso del banchetto ?<br />
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2) Quali analogie ricordi tra <strong>il</strong> banchetto etrusco e quello greco ?<br />
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3) E quali differenze ?<br />
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3) Perché, spesso, le scene di banchetto sono riprodotte su monumenti funerari ?<br />
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SEZIONE DIDATTICA<br />
L’ALIMENTAZIONE, LA CUCINA E ALTRE ATTIVITÀ DOMESTICHE<br />
Le fonti letterarie conservateci che trattino questi soggetti risultano davvero scarse; le notizie che<br />
abbiamo ci sono infatti riportate da autori greci e latini, i quali - colp<strong>it</strong>i in modo negativo dal “lusso”<br />
dell’aristocrazia etrusca - non possono considerarsi una fonte attendib<strong>il</strong>e, anche perché risultano di<br />
molto posteriori al periodo di fior<strong>it</strong>ura della civ<strong>il</strong>tà etrusca. Posidonio di Apamea, per esempio, racconta<br />
che gli Etruschi apparecchiavano le loro tavole “ben” due volte al giorno (!): del resto, anche i<br />
Greci consumavano due pasti al giorno, ma <strong>il</strong> pranzo era molto frugale.<br />
Il dato <strong>archeologico</strong>, che in genere è così importante, nel caso dell’alimentazione non è direttamente<br />
determinante; infatti, solo recentemente gli scavi degli ab<strong>it</strong>ati sono stati affiancati da indagini<br />
Fig. 1 - Affresco della “Tomba Golini I” o dei “Velii”, di Orvieto (TR) (seconda metà del IV sec. a.C. circa): i serv<strong>it</strong>ori<br />
preparano <strong>il</strong> banchetto di cui alla fig. 2. Si noti come <strong>il</strong> lavoro sia accompagnato da un “flautista” (in realtà un aulete, cioè<br />
un suonatore di doppio aulos).<br />
paleonutrizionali; oltre a ciò, relativamente rari risultano gli avanzi di pasto rinvenuti. Comunque, ut<strong>il</strong>i<br />
Fig. 2 - Affresco della "Tomba Golini I",<br />
Orvieto, con la presenza delle divin<strong>it</strong>à<br />
etrusche dell'oltretomba: A<strong>it</strong>a e Phersipnai<br />
(Plutone e Persefone).<br />
D 2-2
2<br />
L'alimentazione, la cucina e altre attiv<strong>it</strong>à domestiche<br />
notizie possono essere dedotte dagli utens<strong>il</strong>i r<strong>it</strong>rovati negli ambienti adib<strong>it</strong>i a cucina (v. infra), ma<br />
soprattutto dagli affreschi che decorano le pareti di alcune tombe, soprattutto quelli della “Tomba<br />
Golini I” di Orvieto (TR), che mostrano immagini relative alla preparazione del banchetto (figg. 1-2)<br />
(V. percorso di approfondimento D 2-3).<br />
Da un famoso brano dello storico T<strong>it</strong>o Livio (Historiae XXXVIII, 45) sappiamo che in Etruria si<br />
coltivavano copiosissime messi (in particolare grano e farro); esse dovevano cost<strong>it</strong>uire l’alimento-base<br />
sulla mensa di tutti i giorni, sia sotto forma di pani e focacce, che di minestre e zuppe. Dalla c<strong>it</strong>ata<br />
notizia di Livio, inoltre, possiamo indurre che i bovini fossero allevati non solo per la carne, ma anche<br />
perché necessari per <strong>il</strong> lavoro dei campi, soprattutto per l’aratura (v. D 2-6). Gli avanzi di pasto rinvenuti<br />
durante gli scavi ci testimoniano, d’altra parte, la presenza sulla tavola etrusca di altri animali<br />
domestici quali ovini, caprini e suini, in proporzioni diverse a seconda del tempo o luogo in cui ci si<br />
trovasse (Dia 16); altra fonte di alimentazione, inoltre, era la selvaggina (v. D 2-6), come ci testimoniano<br />
gli autori antichi e alcuni famosi affreschi (la c<strong>it</strong>ata “Tomba Golini I” di Orvieto o la “Tomba<br />
della Caccia e della Pesca” di Tarquinia - VT - ecc.).<br />
Per quanto riguarda l’alimentazione <strong>it</strong>tica, ancora più rari risultano (dalla ricerca archeologica)<br />
gli avanzi di pasto, a causa della deperib<strong>il</strong><strong>it</strong>à degli scheletri dei pesci e del guscio dei molluschi;<br />
rimangono, comunque, come testimonianza archeologica, ami da pesca, aghi e pesi da rete (v. D 2-6).<br />
Gli Etruschi dovevano conoscere diverse varietà <strong>it</strong>tiche diffuse nel Med<strong>it</strong>erraneo, come mostrano<br />
i cosiddetti “piatti da pesce” in cui appaiono raffigurate, sulla superficie esterna, numerose specie<br />
marine.<br />
Il vino<br />
Già nel VII secolo a.C. la v<strong>it</strong>e e l’olivo erano coltivati intensivamente<br />
in Etruria ma, per quest’ultimo, la produzione non fu mai considerata importante<br />
dagli autori antichi; del vino etrusco, invece (anche se in senso<br />
talvolta negativo), scrivono sia Orazio che Marziale. Il vino bevuto nell’antich<strong>it</strong>à<br />
era molto diverso da quello d’oggi: denso, fortemente aromatico,<br />
ad elevata gradazione alcolica. Il primo mosto ottenuto dalla vendemmia<br />
veniva in genere consumato sub<strong>it</strong>o, mentre <strong>il</strong> restante veniva versato<br />
in conten<strong>it</strong>ori di terracotta con le pareti interne coperte di pece o di resina.<br />
Il liquido veniva lasciato riposare, schiumato per circa sei mesi e a primavera,<br />
infine, poteva essere f<strong>il</strong>trato e versato nelle anfore da trasporto. Il<br />
liquido così ottenuto non veniva bevuto schietto ma mescolato, all’interno<br />
di crateri (Dia 17), con acqua e miele, e travasato nelle coppe dei<br />
commensali, servendosi di atting<strong>it</strong>oi (Dia 18) e sìmpula (Dia 19). Sulla<br />
mensa, <strong>il</strong> vino era contenuto in brocche (Dia 20) e vasi a doppia ansa<br />
(stàmnoi) (Dia 21), mentre per l’acqua si ut<strong>il</strong>izzavano spesso piccoli secchi,<br />
denominati sìtule (Dia 22).<br />
Non potevano mancare, in una cucina ben attrezzata, i colini (Piano I,<br />
Sala XV, Vetrina B, invv. nn. 1395, 1396, 1496) (fig. 3 e Dia 19). Questi<br />
instrumenta sono presenti in tutta l’area med<strong>it</strong>erranea, dall’Egeo alla Gallia<br />
Meridionale, a iniziare dal VI secolo a.C. fino all’età romana imperiale.<br />
Gli esemplari più antichi (II m<strong>il</strong>lennio a.C.) sono stati trovati in Grecia,<br />
nell’isola cicladica di Santorino, realizzati in terracotta. Potevano essere<br />
ottenuti anche in altro materiale (argento, bronzo, rame, ceramica) e diver-<br />
Fig. 3 - Colino; datazione:<br />
fine IV-metà III sec. a.C.,<br />
inv. 1396.
L'alimentazionze, la cucina e altre attiv<strong>it</strong>à domestiche<br />
se risultano le varianti della forma a seconda dell’uso. Alcuni colini appaiono provvisti di un imbuto<br />
(nome latino infundìbulum) (Dia 23), collegato al colino stesso, altri ne sono privi (invv. nn. 1395,<br />
1396), altri infine si denotano semplicemente per un “bulbo” ricavato al centro della vasca (inv. n.<br />
1496). Alcuni di essi rivelano, sul lato opposto al manico, un sostegno rettangolare orizzontale (fig. 3)<br />
destinato a reggere <strong>il</strong> colino stesso sull’imboccatura del vaso in cui veniva versato <strong>il</strong> liquido; in un<br />
secondo momento, <strong>il</strong> colum poteva essere lasciato appeso all’orlo del recipiente, pure tram<strong>it</strong>e questa<br />
sorta di gancio. I colini provvisti di imbuto venivano usati per f<strong>il</strong>trare <strong>il</strong> vino e altri liquidi in tipi di<br />
recipiente contraddistinti da strette imboccature.<br />
Fornelli, stoviglie e altri utens<strong>il</strong>i per la cucina<br />
Gli Etruschi, di sol<strong>it</strong>o, non avevano,<br />
all’interno delle loro ab<strong>it</strong>azioni, un vano<br />
adib<strong>it</strong>o a cucina quale lo intendiamo oggi;<br />
spesso si cuoceva all’aperto, ma comunque<br />
esistevano sistemi di cottura che ut<strong>il</strong>izzavano<br />
dei particolari “fornelli”. Ne esistono<br />
sostanzialmente di tre tipi, provvisti<br />
ognuno di relative varianti (fig. 4): <strong>il</strong> tipo<br />
più antico è di forma c<strong>il</strong>indrica (Tipo I A-<br />
D) e mun<strong>it</strong>o sulla superficie superiore di<br />
una piastra forata e, sulla parte inferiore,<br />
di un’apertura per l’alimentazione del fuo-<br />
co; verso la fine del VII sec. a.C. compare<br />
un secondo fornello semic<strong>il</strong>indrico (Tipo<br />
II B), a forma di ferro d cavallo, con tre<br />
parti sporgenti verso l’interno per sostene-<br />
re la pentola (Museo Archeologico di Firenze, Sezione Topografica, Sala di Roselle) (Dia 24); c’è<br />
infine un ultimo modello (Tipo III A-B), sim<strong>il</strong>e a una piccola botte aperta - nella parte superiore - per<br />
appoggiarvi <strong>il</strong> recipiente per la cottura e, in quella inferiore, per <strong>il</strong> carico del combustib<strong>il</strong>e. Il secondo<br />
tipo era già conosciuto nella Magna Grecia e doveva risultare migliore del primo modello, in quanto<br />
permetteva una cottura più veloce (Dia 25).<br />
In diverse zone dell’Etruria, per esempio a Poggio Civ<strong>it</strong>ate, Murlo (SI), sono state trovate specie<br />
di campane di terracotta provviste di un’ansa alla somm<strong>it</strong>à, sotto le quali venivano posti i cibi da<br />
cuocere; intorno veniva messa la brace per consentire la cottura, sim<strong>il</strong>e dunque a quella sub testo dei<br />
Romani.<br />
Altri utens<strong>il</strong>i per cuocere i cibi sono gli spiedi (in greco obelòi), usati per arrostire la carne. Li<br />
troviamo talvolta conservati nelle tombe,<br />
Fig. 5 - Graffione.<br />
Fig. 4 - Tipi di fornelli da Acquarossa. In alto, tipi I A-D; in basso,<br />
tipi II B e IIIA-B (da L'alimentazione nel mondo antico. Gli<br />
Etruschi, Roma 1987, p. 99).<br />
forgiati in bronzo o ferro, lunghi anche 1 m e associati a graffioni (Dia 26) (Piano I, sala XV, vetrine A<br />
e B, invv. nn 2676, 1171, 1172 - figg. 5-6).<br />
Quest’ultimo tipo di strumento ha più volte attirato l’attenzione degli studiosi, che hanno tentato<br />
3<br />
Fig. 6 - Particolare<br />
di un vaso attico a<br />
figure rosse<br />
conservato ai<br />
Musei di Berlino.
4<br />
L'alimentazione, la cucina e altre attiv<strong>it</strong>à domestiche<br />
di definirne l’uso. Prevalgono oggi due interpretazioni: la prima tende a identificare questo oggetto<br />
con un porta-fiaccole, i cui rebbî sarebbero stati destinati a sostenere materiale combustib<strong>il</strong>e; la seconda,<br />
avvalorata anche da fonti letterarie (strumenti sim<strong>il</strong>i sono infatti<br />
descr<strong>it</strong>ti, con tale uso, dalle testimonianze romane,<br />
contraddistinti dal nome latinizzato di hàrpago), lo considera un<br />
utens<strong>il</strong>e domestico, anzi culinario, usato per inf<strong>il</strong>zare e cuocere<br />
pezzi di carne, recuperarli dai calderoni e togliere pietanze “dal<br />
fuoco”. Nel medioevo (Dante, Inferno XXI, vv. 55-57), per es., si<br />
usavano uncini per impedire che i cibi in cottura venissero a galla.<br />
Tra gli instrumenta domestica vanno anche annoverate le<br />
“teglie” (sim<strong>il</strong>i nella forma alle odierne padelle) (Dia 27) (Piano<br />
I, Sala XV, vetrina A, ripiano in basso, invv. nn. 1460, 1461),<br />
alcune del tipo monoansato, in bronzo. Si tratta di utens<strong>il</strong>i domestici<br />
adib<strong>it</strong>i a contenere i cibi in fase di cottura e chiamati anche<br />
pàtere o bacinelle (vedi «Notizie degli Scavi», 1971, p. 74, figg.<br />
24-25), di cui esistono diverse varianti a seconda del modo in cui<br />
risultino forgiati orlo e ansa. La medesima classe di recipiente si<br />
trova replicata, nel corso del III secolo a.C., nella cosiddetta “Ceramica<br />
a Vernice Nera” di produzione volterrana, che ispira le<br />
Fig. 7 - Grattugia inv. 811.<br />
sue forme a prototipi di vasi in metallo, ottenendo così conten<strong>it</strong>ori a un costo inferiore di quello<br />
raggiunto dagli originali.<br />
Un altro oggetto d’uso domestico che compare tra le suppellett<strong>il</strong>i da cucina è la grattugia (Piano<br />
I, Sala XV, vetrina A, invv. nn. 811, 812), in genere ricavata in bronzo, ma talvolta anche in metallo<br />
pregiato (fig. 7). Il termine latino ràdula è usato da Columella (De re rust. XII, 15, 5) per un oggetto<br />
che doveva servire a raschiare la vecchia pegola dai vasi, prima di spalmarvela nuovamente. Non<br />
siamo certi, tuttavia, che si tratti del medesimo oggetto, in quanto Columella non lo descrive. Omero<br />
già la menziona (Iliade XI, 638), usata per grattugiare <strong>il</strong> formaggio; era infatti usata per fare <strong>il</strong> kykèion,<br />
bevanda composta da vino forte, orzo, miele e formaggio grattugiato, bevuta dagli eroi omerici (Ateneo,<br />
I, 30b). Non sappiamo se anche gli Etruschi avessero una bevanda sim<strong>il</strong>e.<br />
Fig. 8 -Tintinnabulo<br />
in bronzo, da Bologna.<br />
Da Dizionario<br />
della civ<strong>il</strong>tà etrusca,<br />
a cura di M.<br />
CRISTOFANI, Firenze<br />
1985, p. 1, figg. 1-2,<br />
s.v. “abbigliamento”<br />
(B. ADEMBRI).
L'alimentazionze, la cucina e altre attiv<strong>it</strong>à domestiche<br />
La f<strong>il</strong>atura e la tess<strong>it</strong>ura<br />
A parte la preparazione e la cottura dei cibi, le attiv<strong>it</strong>à domestiche<br />
peculiari della donna etrusca (anche di elevato ceto sociale)<br />
erano la f<strong>il</strong>atura e la tess<strong>it</strong>ura della lana e delle fibre vegetali<br />
(lino). Già in epoca v<strong>il</strong>lanoviana, i corredi delle tombe femmin<strong>il</strong>i<br />
contengono frequentemente rocchetti e fuseruole di ceramica<br />
e, talvolta, fusi di bronzo (Dia 28). L’attiv<strong>it</strong>à della tess<strong>it</strong>ura,<br />
del resto, è documentata negli scavi degli ab<strong>it</strong>ati da numerosi<br />
pesi da telaio, di norma realizzati in terracotta in forma<br />
troncopiramidale (Dia 29), oppure cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>i da semplici ciottoli<br />
(<strong>il</strong> telaio vero e proprio era invece interamente di legno).<br />
Alcune antiche scene figurate, per esempio sul tintinnàbulo<br />
di bronzo di Bologna (VII sec. a.C.), riproducono le diverse fasi<br />
di lavorazione delle fibre tess<strong>il</strong>i, in particolare della lana (fig. 8).<br />
Dopo essere stata cardata, cioè pul<strong>it</strong>a e pettinata, quest’ulti-<br />
ma veniva attorcigliata in f<strong>il</strong>i grezzi e poi f<strong>il</strong>ata con <strong>il</strong> fuso (in legno, osso o bronzo) (fig. 9); <strong>il</strong> f<strong>il</strong>o così<br />
ottenuto, avvolto sui rocchetti, era quindi ut<strong>il</strong>izzato per la tess<strong>it</strong>ura, esegu<strong>it</strong>a per lo più mediante telai<br />
verticali, nei quali i f<strong>il</strong>i erano tenuti in tensione, a gruppi, dagli appos<strong>it</strong>i pesi.<br />
Fig. 10 - Fuseruola<br />
d'impasto.<br />
GLOSSARIO<br />
Fig. 9 - F<strong>il</strong>atrice greca: <strong>il</strong> f<strong>il</strong>o ottenuto<br />
viene deposto in un cesto.<br />
Aulète (o aulèta; gr. auletés) - Il vocabolo indica <strong>il</strong> suonatore di aulós (strumento a fiato tipo<br />
oboe).<br />
Colum - Termine latino usato per indicare colatoio, straccio, f<strong>il</strong>tro.<br />
Columella, Gaio Iunio Moderato - Scr<strong>it</strong>tore latino originario di Càdice e contemporaneo di<br />
Seneca (I sec. d.C.), si occupò di esporre la scienza dell’agricoltura (De re rustica).<br />
Cratère -Grande vaso dalla bocca piuttosto larga, ut<strong>il</strong>izzato per mescolare <strong>il</strong> vino con l'acqua.<br />
Fuseruòla - Elemento (spesso in ceramica o in impasto) ut<strong>il</strong>izzato per fissare la lana sul fuso<br />
(fig. 10).<br />
Hàrpago - Termine latino che deriva dal greco arpàg(h)e, che veniva usato per indicare un’asta<br />
ad uncino. L’asta era attaccata a una catena e mun<strong>it</strong>a di sopra di un uncino in ferro. Nelle commedie di Plauto ha, non a<br />
caso, <strong>il</strong> significato di “ladrone”. Oggigiorno <strong>il</strong> termine è anche usato, con convenzione etruscologica, per designare i<br />
“graffioni”.<br />
Instrumentum - Vocabolo latino per indicare arredo, suppellett<strong>il</strong>e, arnese.<br />
Marziale, Marco Valerio - Poeta latino nato in Spagna orientale (a Bìlb<strong>il</strong>is) nel 39-40 d.C., morì nella sua patria di origine<br />
nel 102 d.C. Scrisse dodici libri di epigrammi.<br />
Obelòs - Parola greca per indicare spiedo (da cui deriva <strong>il</strong> nostro vocabolo obelisco).<br />
Orazio, (Quinto Orazio Flacco) - Scr<strong>it</strong>tore e poeta latino nato a Venosa nel 65 a.C., amico di Mecenate, morì poco dopo<br />
di lui nell’8 a.C. Tra le sue opere principali le Epistole, due libri di Satire e varie poesie, Epòdi e Odi.<br />
Pegola - Sost., sinonimo di pece.<br />
“Piatto da pesce” - Locuzione usata per indicare una particolare forma di piatto - sv<strong>il</strong>uppatasi in Grecia - che presenta al<br />
centro una depressione emisferica, forse ut<strong>il</strong>izzata per contenere salse da gustare con <strong>il</strong> pesce.<br />
Posidònio di Apamea - F<strong>il</strong>osofo e scienziato greco (135-50 a.C.), originario della c<strong>it</strong>tà siriaca di Apamea. Suo maestro fu<br />
lo stoico Panèzio. Delle sue opere ci sono pervenuti vent<strong>it</strong>ré t<strong>it</strong>oli e una serie di frammenti.<br />
Sìmpulum - Termine latino per indicare <strong>il</strong> ramaiolo, sol<strong>it</strong>amente in bronzo.<br />
Sìtula - Termine latino per indicare <strong>il</strong> secchiello per l'acqua.<br />
Stàmnos - Vaso dalle alte spalle e dal collo molto basso, con due anse orizzontali.<br />
Testum - Parola latina usata per indicare <strong>il</strong> coperchio di terracotta. La locuzione “Sub testo” alludeva alla cottura sotto<br />
coperchio.<br />
Tintinnàbulo - Pendaglio bronzeo di destinazione non chiara, con raffigurazioni a basso r<strong>il</strong>ievo.<br />
5
BIBLIOGRAFIA<br />
Sull’alimentazione e la cucina:<br />
L’alimentazione nel mondo antico. Gli Etruschi, Roma 1987.<br />
Sulla f<strong>il</strong>atura e la tess<strong>it</strong>ura:<br />
L’ab<strong>it</strong>ato etrusco dell’Accesa. Il quartiere B, a cura di G. CAMPOREALE, Roma 1997.<br />
Sulle occupazioni domestiche in genere:<br />
G. CAMPOREALE, V<strong>it</strong>a privata, in «Rasenna», M<strong>il</strong>ano 1986, pp. 241-308: 269-281.<br />
Ciclost<strong>il</strong>ato a cura della Sezione Didattica della Soprintendenza Archeologica della Toscana, via<br />
della Pergola 65, Firenze
LA TESSITURA<br />
D 2-2<br />
Scheda di verifica n. 1<br />
Tintinnabulo in bronzo, da Bologna. Da Dizionario della civ<strong>il</strong>tà etrusca, a cura di M. CRISTOFANI, Firenze 1985, p. 1, figg.<br />
1-2, s.v. “abbigliamento” (B. ADEMBRI).<br />
a) Osserva <strong>il</strong> disegno qui riprodotto. Quali operazioni stanno eseguendo le donne raffigurate?<br />
...............................................................................................................................................................<br />
................................................................................................................................................................<br />
................................................................................................................<br />
b) Riesci a riconoscere e a descrivere alcuni degli oggetti che esse stanno ut<strong>il</strong>izzando?<br />
................................................................................................................................................................<br />
................................................................................................................................................................<br />
................................................................................................................<br />
c) Quali di essi sono stati rinvenuti negli scavi archeologici?<br />
.................................................................................................................................................................<br />
.................................................................................................................................................................<br />
...................................................................................................................
grecia
PICCHETTO<br />
L’ARCHEOLOGO<br />
in<br />
LE ARMI, I SOLDATI,<br />
LA GUERRA
IL CITTADINO IN ARMI<br />
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI<br />
SOPRINTENDENZA ARCHEOLOGICA DELLA TOSCANA<br />
SEZIONE DIDATTICA<br />
C 4-4<br />
Il congedo dell'opl<strong>it</strong>a dalla famiglia e la partenza per la battaglia<br />
Nella ceramica attica le rappresentazioni relative al congedo di un guerriero dalla famiglia<br />
superano complessivamente quelle che presentano opl<strong>it</strong>i in azione sul campo di battaglia, e si articolano<br />
in varie scene: la consegna delle armi; l’applicazione degli schinieri; la preparazione del carro; la<br />
partenza del guerriero sopra un carro, rappresentato di prof<strong>il</strong>o o di prospetto; la partenza a cavallo;<br />
l’extispicio; la partenza a piedi; la libagione; guerrieri che raccolgono o recidono una ciocca di capelli.<br />
La formulazione originaria di alcune delle rappresentazioni sopra ricordate (così per la consegna<br />
delle armi, per quella del guerriero che indossa uno schiniere, per la partenza su carro) non si deve ai<br />
ceramografi ateniesi, ma trova precedenti nell’arte corinzia del VII secolo. La loro comparsa<br />
nell’iconografia attica, inoltre, non è simultanea; le attestazioni note dell’extispicio, per esempio,<br />
rientrano fra le più tarde.<br />
E’ degno d’interesse che di una parte r<strong>il</strong>evante delle s<strong>it</strong>uazioni considerate esistano testimonianze<br />
anteriori alla metà del VI secolo, recanti iscrizioni che identificano i personaggi con figure attinte al<br />
m<strong>it</strong>o. Almeno le prime tre scene sopra ricordate (consegna delle armi, applicazione degli schinieri,<br />
preparazione del carro) risultano legate ad Ach<strong>il</strong>le: magari, perché si tratta dell’eroe principale<br />
dell’Iliade, la cui popolar<strong>it</strong>à era forse inferiore solo a quella di Eracle (gli Ateniesi avevano fam<strong>il</strong>iar<strong>it</strong>à<br />
con i poemi epici, provata per esempio dal fatto che Ipparco, <strong>il</strong> figlio di Pisistrato, introdusse la<br />
rec<strong>it</strong>azione di poemi omerici nelle Panatenee [Platone, Ipparco 228 b-c]). In immagini di partenza su<br />
carro con <strong>il</strong> veicolo rappresentato di prospetto, le possib<strong>il</strong><strong>it</strong>à sono diverse: incontriamo infatti,<br />
identificati tram<strong>it</strong>e iscrizioni, non solo Ach<strong>il</strong>le ma anche Ettore, Diomede e altri eroi.<br />
Le rappresentazioni in cui le figure non sono indicate per nome possono rinviare, sull’esempio<br />
degli ‘archetipi’ m<strong>it</strong>ici sopra ricordati, alla sfera m<strong>it</strong>ica, oppure a s<strong>it</strong>uazioni della v<strong>it</strong>a d’ogni giorno,<br />
ponendo in tal caso in risalto <strong>il</strong> c<strong>it</strong>tadino pronto a indossare le armi per difendere la famiglia e la c<strong>it</strong>tà<br />
natia.<br />
L’equipaggiamento del c<strong>it</strong>tadino-guerriero, cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dall’elmo, dalla corazza, dagli schinieri,<br />
dalla lancia e <strong>dallo</strong> scudo circolare (hòplon), è quello caratteristico dell’opl<strong>it</strong>a addestrato a combattere<br />
nella falange, la formazione m<strong>il</strong><strong>it</strong>are tipica del tempo. Quanto alle figure che simboleggiano la famiglia,<br />
si può immaginare che <strong>il</strong> personaggio anziano rappresenti la precedente generazione di c<strong>it</strong>tadini-soldati,<br />
che trasmette <strong>il</strong> suo esempio all’attuale. Questa, raccogliendolo, deve a sua volta svolgere la stessa<br />
funzione nei confronti della futura generazione di guerrieri, simboleggiata in talune scene dalla figura<br />
di un giovane nudo. La donna, infine, rappresenta la madre o la moglie, disposte a lasciar partire <strong>il</strong><br />
proprio congiunto per la guerra; in qualche caso vediamo questo personaggio mentre cura l’aspetto<br />
r<strong>it</strong>uale del commiato, con l’offerta di una libagione. Potremmo dire, in defin<strong>it</strong>iva, che nelle immagini<br />
di congedo si rispecchia quella disponib<strong>il</strong><strong>it</strong>à e quella preparazione a combattere, che lo stato richiedeva<br />
ai propri c<strong>it</strong>tadini.<br />
Uno sguardo, se pure rapido, alle componenti essenziali delle scene di congedo non può trascurare<br />
aspetti che, a parte le scene corredate d’iscrizioni, segnalano ancora un livello d’interferenza fra amb<strong>it</strong>o<br />
reale e sfera m<strong>it</strong>ica e fanno sì che eroe e c<strong>it</strong>tadino-guerriero appaiano quasi intercambiab<strong>il</strong>i: si tratta delle<br />
partenze su carro, estranee alle consuetudini m<strong>il</strong><strong>it</strong>ari del periodo arcaico e interpretab<strong>il</strong>i in defin<strong>it</strong>iva<br />
come rel<strong>it</strong>ti dei poemi omerici, e della presenza di elementi antiquari quali lo scudo beotico, anch’esso
2<br />
Il c<strong>it</strong>tadino in armi<br />
anacronistico, per esempio su un’anfora con scena d’armamento conservata a Londra (fig.1). Questo<br />
tipo di scudo, noto peraltro solo da documenti figurati, non era infatti più impiegato all’epoca in cui fu<br />
dipinto <strong>il</strong> nostro vaso. Potremmo forse supporre, che un ateniese chiamato alle armi nel VI secolo<br />
riconoscesse in immagini siffatte un modello di comportamento e uno stimolo a fare proprio <strong>il</strong> valore<br />
degli eroi del m<strong>it</strong>o.<br />
La consegna delle armi<br />
Nel campo principale della hydrìa inv.3808 (sala<br />
II, vetr.1 in a. a d.) (Dia 30) un personaggio femmin<strong>il</strong>e<br />
porge un elmo corinzio a una figura barbata in ch<strong>it</strong>one<br />
e himàtion, che regge una lancia nella d.; fra i due è<br />
raffigurato uno scudo visto di prof<strong>il</strong>o, appoggiato a<br />
terra. Fanno da cornice alle figure centrali due coppie,<br />
composte ciascuna da un personaggio masch<strong>il</strong>e e da uno<br />
femmin<strong>il</strong>e; la donna alle spalle della figura barbata<br />
regge un tralcio vegetale.<br />
Come nel caso di altre scene riferib<strong>il</strong>i al tema<br />
‘congedo di un guerriero’, anche per quella appena<br />
considerata esistono nella ceramografia attica del secondo<br />
quarto del VI secolo versioni corredate da iscrizioni,<br />
che identificano i personaggi principali con Ach<strong>il</strong>le<br />
e sua madre, la nereide Teti. Se si accetta tale lettura in<br />
chiave m<strong>it</strong>ologica per la nostra hydrìa (e per una replica<br />
Fig.1 - Anfora attica a figure nere. Londra, Br<strong>it</strong>.<br />
Mus. 1843.11-13.101. Gruppo delle Sirene con<br />
corpo a forma di occhio. Verso <strong>il</strong> 520. Un guerriero<br />
indossa uno schiniere (da A.B. Spiesß, Der<br />
Kriegerabschied auf attischen Vasen der<br />
archaischen Ze<strong>it</strong>, Francoforte 1992, fig.6).<br />
sul frammento inv.94316, esposto al suo fianco), l’abbigliamento di Ach<strong>il</strong>le suggerisce di collocare<br />
l’episodio a Ftia, cioè prima della partenza della spedizione troiana, piuttosto che nell’accampamento<br />
davanti alle mura di Troia nel quale, dopo la morte di Patroclo (spogliato delle armi di Ach<strong>il</strong>le da parte<br />
di Ettore) la dea consegnò al figlio nuove armi, forgiate per lui da Efesto (Iliade XIX 1 ss.).<br />
Allo stesso eroe e a raffigurazioni nelle quali Teti è accompagnata dalle sue sorelle, le Nereidi,<br />
che l’aiutano a trasportare le armi, fa pensare altresì l’immagine nel ridotto campo figurato sul collo di<br />
un’anfora (inv.3773, sala I, vetr. 6, retro a sin.): un personaggio barbato nudo riceve uno scudo beotico<br />
da una figura femmin<strong>il</strong>e, mentre altre donne reggono uno scudo analogo (visto questa volta di prof<strong>il</strong>o,<br />
con un emblema reso plasticamente a sbalzo), un elmo e due spade inser<strong>it</strong>e nel fodero.<br />
L’applicazione degli schinieri<br />
Un motivo strettamente connesso alla consegna delle armi, quello del guerriero che indossa uno<br />
schiniere, appare fissato su varie immagini; sull’anfora inv.3839 (sala III, vetr. 5 in b.) (Dia 31) un uomo<br />
barbato ha deposto un elmo a terra e si accinge ad applicare a una gamba uno schiniere, assist<strong>it</strong>o da un<br />
personaggio femmin<strong>il</strong>e - la madre, la sorella o la moglie - che regge uno scudo e una lancia; fra le due<br />
figure, in alto, è sospesa una spada. Alle spalle della donna è rappresentato un cane, sulla sinistra un<br />
guerriero che si allontana dal gruppo principale, volgendosi indietro.<br />
E’ invece lim<strong>it</strong>ato alla figura del guerriero curvo in avanti, attorniato dalle proprie armi, <strong>il</strong><br />
frammentario medaglione di una coppa a figure rosse (inv.73131, sala IV, vetr. 6 a d.), rimarchevole<br />
per l’alta qual<strong>it</strong>à della p<strong>it</strong>tura ed esibente un corsetto provvisto di spallacci allacciati davanti al petto e<br />
di una serie di fimbrie in basso (ptèryges), che sost<strong>it</strong>uisce <strong>il</strong> corsetto campaniforme, corrente nelle<br />
rappresentazioni di guerrieri del VI secolo.
Il c<strong>it</strong>tadino in armi 3<br />
Preparazione e partenza di un carro<br />
Un frammento di hydrìa a figure nere (inv.94314, sala IV, vetr. 2 in b. al c.) (Dia 32) si riferisce<br />
alla preparazione di un carro per raggiungere <strong>il</strong> campo di battaglia, come dimostra la presenza di un<br />
armato con l’elmo sollevato sopra la fronte, che mette un piede sopra al veicolo reggendo la frusta e le<br />
redini. Il suo auriga, contraddistinto da un lungo ch<strong>it</strong>one, è occupato con i finimenti di tre cavalli già<br />
allineati al timone del carro, mentre un giovane trattiene gli animali - o mette a essi <strong>il</strong> morso - e un<br />
personaggio barbato introduce un altro cavallo, tenendolo per una cavezza.<br />
Il momento vero e proprio della partenza, con un guerriero che sale su un carro mentre si volge<br />
a guardare la famiglia (anfora tirrenica inv.3773, sala I, vetr. 6 in b. a d.), viene descr<strong>it</strong>to nel quadro di<br />
un episodio m<strong>it</strong>ologico distinto, <strong>il</strong> congedo del veggente Anfiarao. All’amb<strong>it</strong>o del m<strong>it</strong>o rinvia altresì un<br />
frammento attribu<strong>it</strong>o al P<strong>it</strong>tore di Priamo (inv.94355, sala III, vetr. 7 in a.), sul quale i personaggi<br />
recavano i nomi scr<strong>it</strong>ti accanto - <strong>il</strong> solo conservato per intero è quello di un arciere reso davanti ai cavalli,<br />
Pàris (Paride) -. Sulla base di una lettera eta superst<strong>it</strong>e è stata avanzata, pur con la cautela del caso,<br />
l’ipotesi che chi parte sia l’eroe troiano Ettore.<br />
Esempi del motivo della partenza su carro come ce li presenta, senza riferimento a s<strong>it</strong>uazioni<br />
specifiche e quindi in maniera più pertinente al tema di questo percorso, un certo numero di vasi del terzo<br />
quarto del VI secolo, figurano su entrambi i lati dell’anfora inv. 3860 (sala III, vetr. 4 in b. a d.). Su uno<br />
di essi (Dia 33), un opl<strong>it</strong>a sta in piedi accanto al proprio auriga su un carro, che sta per muovere verso<br />
d. alla presenza di altri guerrieri e di figure femmin<strong>il</strong>i.<br />
A una s<strong>it</strong>uazione sostanzialmente analoga alla precedente fanno pensare, sebbene <strong>il</strong> carro sia per<br />
<strong>il</strong> momento occupato solo da un conduttore barbato, le coppie di opl<strong>it</strong>i a fianco di una quadriga mostrata<br />
in piena frontal<strong>it</strong>à sulla hydrìa inv.3789 (sala II, vetr. 4 in b. a sin.).<br />
La partenza a cavallo<br />
La formula delle figure di prospetto risulta altresì adottata per un cavaliere equipaggiato con elmo,<br />
scudo e due lance, affiancato da un compagno apparentemente disarmato (anfora inv.3828, sala II, vetr.<br />
4 in b. al c.). Si penserebbe a prima vista a un opl<strong>it</strong>a a cavallo che, giunto sul campo di battaglia, smonterà<br />
per combattere, affidando la propria cavalcatura all’accompagnatore fino alla conclusione dello scontro<br />
o al momento d’inseguire un nemico (una s<strong>it</strong>uazione che, comunque, una parte della cr<strong>it</strong>ica respinge<br />
come non rispondente alla tattica m<strong>il</strong><strong>it</strong>are del VI secolo, riferendola piuttosto a consuetudini del passato<br />
e al mondo degli eroi); ma <strong>il</strong> fatto che la figura armata indossi non una corazza, bensì un ch<strong>it</strong>one,<br />
autorizza a riconoscervi un cavaliere.<br />
Da queste immagini connesse con la sfera prettamente m<strong>il</strong><strong>it</strong>are, spostiamo nuovamente la nostra<br />
attenzione sul commiato del c<strong>it</strong>tadino-guerriero dalla propria casa e su rappresentazioni attinenti ad<br />
aspetti r<strong>it</strong>uali.<br />
La partenza a piedi<br />
Un’atmosfera statica contraddistingue le scene sul cratere inv.141879 (sala II, vetr. 1 in b. a d.)<br />
e sulla lèkythos inv.3810 (sala V, vetr. 4), incentrate su un opl<strong>it</strong>a attorniato da personaggi ammantati.<br />
Sull’anfora inv.3845 (sala III, vetr. 5, retro in a. a sin.) (Dia 34) un guerriero in armatura completa,<br />
con scudo beotico, si allontana volgendosi a guardare una donna velata, che insieme a un anziano<br />
personaggio masch<strong>il</strong>e simboleggia la sua famiglia. Va notata anche la presenza di un arciere sulla sin.,<br />
nel caratteristico costume sc<strong>it</strong>ico con tunica e berretto a punta. (Nella seconda metà del VI secolo furono<br />
introdotti ad Atene, probab<strong>il</strong>mente per iniziativa di Pisistrato, arcieri originari delle steppe della Russia<br />
meridionale. Il loro modo di vestire fu adottato nell’arte greca per raffigurare arcieri, personaggi di stirpe<br />
orientale e Amazzoni).
4<br />
Fig.2 - Anfora attica a figure rosse. Würzburg, Martin-von-<br />
Wagner-Museum 507. P<strong>it</strong>tore di Kleophràdes. 500.<br />
Il c<strong>it</strong>tadino in armi<br />
L’extispicio<br />
La tecnica dell’extispicio, ignota ai<br />
poemi omerici, fu probab<strong>il</strong>mente introdotta<br />
in Grecia dall’Oriente nel VII secolo<br />
e conobbe grande diffusione anche in<br />
Etruria. Fonti letterarie attestano <strong>il</strong> ricorso<br />
alla ieroscopia come procedura corrente<br />
fra i comandanti di spedizioni m<strong>il</strong><strong>it</strong>ari<br />
desiderosi di conoscere l’es<strong>it</strong>o dell’impresa<br />
cui si accingevano, che si servivano<br />
di un veggente per l’interpretazione dei<br />
segni. Secondo alcuni studiosi la particolar<strong>it</strong>à<br />
e la difficoltà interpretativa di immagini<br />
di divinazione come quella sulla<br />
nostra anfora inv. 3856 (sala III, vetr. 5 in<br />
a. al c.) (Dia 35) in cui un opl<strong>it</strong>a esamina<br />
i visceri di una v<strong>it</strong>tima sacrificale, che gli<br />
viene presentata da un giovane schiavo fra<br />
un vecchio canuto appoggiato a uno scet-<br />
tro e una figura femmin<strong>il</strong>e, o su un esemplare a figure rosse conservato a Würzburg (fig.2), è data dal<br />
fatto che la lettura dei visceri non viene esegu<strong>it</strong>a da un veggente di professione, per conto di tutto<br />
l’eserc<strong>it</strong>o e sul campo di battaglia, bensì da un singolo opl<strong>it</strong>a al momento del distacco dai famigliari:<br />
appare poco verosim<strong>il</strong>e che tutti gli opl<strong>it</strong>i disponessero delle cognizioni necessarie per compiere<br />
correttamente l’esame dei visceri. Ci si potrebbe chiedere pertanto se immagini di epatoscopia come la<br />
nostra esprimano l’aspirazione da parte del singolo c<strong>it</strong>tadino-opl<strong>it</strong>a a un’interrogazione personale<br />
riguardo al futuro - o all’opportun<strong>it</strong>à del momento per affrontare la partenza - o se invece pongano in<br />
risalto <strong>il</strong> significato, valido per <strong>il</strong> singolo, di un’interpretazione dei segni cui nella realtà si procedeva<br />
in funzione di tutto l’eserc<strong>it</strong>o.<br />
La libagione<br />
Un aspetto r<strong>it</strong>uale documentato di rado nella tecnica a figure nere, ma ricorrente nella tecnica a<br />
figure rosse è quello della libagione. Su un frammento di hydrìa (inv.151235, sala IV, vetr. 6 in b. al c.)<br />
(Dia 36) un anziano personaggio regge lo scudo poggiato a terra di un guerriero, che stringe a sua volta<br />
due lance. La metà d. dell’immagine è occupata da una figura femmin<strong>il</strong>e che versa del vino nella phiàle<br />
protesa di un guerriero, seduto sopra un blocco quadrangolare con l’elmo sollevato sopra la fronte e lo<br />
scudo poggiato a terra. Costui tiene la coppa inclinata, spagliando a terra una parte del liquido e<br />
compiendo con la sin. un gesto di preghiera.<br />
Un’atmosfera che evoca l’amb<strong>it</strong>o della famiglia caratterizza altresì le raffigurazioni sui lati esterni<br />
di una coppa d’età classica (inv.151534 [PD 372], sala IX, vetr. 3 in a.). Sul lato A una figura femmin<strong>il</strong>e<br />
regge l’elmo e lo scudo di un giovane guerriero appoggiato a un’asta, che volge <strong>il</strong> capo verso un’altra<br />
donna, intenta a versare del vino in una phiàle. Un personaggio barbato assiste alla libagione,<br />
appoggiato a uno scettro. Quest’ultima figura si ripete sul lato opposto, in cui non troviamo invece la<br />
donna che regge le armi; l’altra figura femmin<strong>il</strong>e protende la phiàle verso un giovane, che in questo caso<br />
sta accanto al suo cavallo.
Il c<strong>it</strong>tadino in armi 5<br />
Il taglio di una ciocca di capelli<br />
Come corollario al nostro esame dell’iconografia connessa con <strong>il</strong> congedo del guerriero, sembra<br />
opportuno richiamare l’attenzione del vis<strong>it</strong>atore su una particolar<strong>it</strong>à delle scene d’armamento degli inizi<br />
del V secolo, nelle quali vediamo figure che avvicinano ai propri capelli la lama di una spada: è quanto<br />
accade su un frammento attribu<strong>it</strong>o al P<strong>it</strong>tore<br />
di Kleophràdes (inv.151553 [8 B 6]<br />
sala V, vetr. 1), in cui riconosciamo a d.<br />
parte del corpo di un guerriero, che stando<br />
in equ<strong>il</strong>ibrio su una gamba aggiusta la<br />
posizione di uno schiniere; a sin. è invece<br />
l’estrem<strong>it</strong>à della lunga chioma di un’altra<br />
figura, con parte della sua mano d. che<br />
impugna una spada.<br />
Data l’incompletezza della rappresentazione,<br />
non è possib<strong>il</strong>e determinare<br />
<strong>il</strong> contesto né <strong>il</strong> gesto esatto del guerriero<br />
a sin., intento a raccogliere i capelli per<br />
pratic<strong>it</strong>à prima di indossare l’elmo oppu-<br />
re a reciderne una ciocca in atto di dedica.<br />
Nei casi in cui <strong>il</strong> contesto è riconoscib<strong>il</strong>e<br />
con sicurezza, occorre trasferirsi<br />
dal piano dell’esperienza quotidiana al<br />
mondo degli eroi: si tratta infatti dell’ar-<br />
Fig. 3 - Coppa attica a figure rosse. Atene, Mus. Naz., Acr.336.<br />
P<strong>it</strong>tore di Kleophràdes. Verso <strong>il</strong> 480. Carro e guerrieri che si<br />
armano; forse i Sette a Tebe (Da Antike Kunst 19, 1976, tav.3,2).<br />
mamento che precede la spedizione o, più probab<strong>il</strong>mente, l’ultimo assalto dei Sette a Tebe (cfr. i<br />
frammenti di una coppa, anch’essa assegnata al P<strong>it</strong>tore di Kleophràdes, trovati sull’Acropoli di Atene<br />
[fig.3]). In quella circostanza, la recisione di una ciocca di capelli acquista <strong>il</strong> senso di un atto di dedica.<br />
(I Sette - Adrasto, Partenopeo, Polinice, Tideo, Anfiarao, Ippomedonte, Capaneo - mossero contro Tebe<br />
al comando di Adrasto, signore di Argo, per riportarvi sul trono Polinice. Sapendo che solo Adrasto<br />
sarebbe tornato vivo, i partecipanti compirono un sacrificio e appesero al suo carro ciocche di capelli,<br />
da recare in ricordo ai congiunti; cfr. Esch<strong>il</strong>o, Sette a Tebe, 42-50).<br />
Il r<strong>it</strong>orno di un caduto<br />
In un percorso che tratta delle rappresentazioni connesse con <strong>il</strong> distacco del guerriero dalla<br />
famiglia, vale la pena di spendere una parola sulle immagini relative a una circostanza a esso<br />
complementare e opposta dal punto di vista del contenuto: quelle del r<strong>it</strong>orno. In particolare, accenniamo<br />
qui alle scene in cui <strong>il</strong> r<strong>it</strong>orno di un guerriero avviene da morto. Si veda <strong>il</strong> medaglione di una coppa del<br />
P<strong>it</strong>tore di Heidelberg (inv.3893, sala I, vetr. 3 in b.) (Dia 37): <strong>il</strong> corpo inanimato del guerriero vi è<br />
trasportato sopra le spalle da un compagno.<br />
Anche questo episodio, successivo alla nob<strong>il</strong>e morte (thànatos kalòs) sul campo di battaglia, può<br />
venire trasfer<strong>it</strong>o dal piano dell’esperienza reale nel passato eroico; e anche in questo caso, come per la<br />
consegna delle armi, l’applicazione degli schinieri e la preparazione del carro, <strong>il</strong> modello m<strong>it</strong>ico è<br />
rappresentato da Ach<strong>il</strong>le: abbiamo l’opportun<strong>it</strong>à di osservarne esempi sicuri - e <strong>il</strong>lustri - sui tratti esterni<br />
delle anse del Cratere François (inv.4209, sala I, vetr. 4), in cui <strong>il</strong> gigantesco corpo nudo di Ach<strong>il</strong>le<br />
(Ach<strong>il</strong>èus) grava sopra le spalle del cugino Aiace (Aias).<br />
Alle immagini di Aiace con la salma di Ach<strong>il</strong>le si ricollega anz<strong>it</strong>utto <strong>il</strong> medaglione interno di una<br />
coppa all’incirca coeva al Cratere François; <strong>il</strong> medesimo gruppo compare inoltre sul frammento
6<br />
d’anfora inv.141814 (sala II, vetr. 4 al c.), composto<br />
però secondo uno schema diverso - <strong>il</strong> cadavere appare<br />
trasportato dal compagno non già sulle spalle, ma sulla<br />
schiena -. E’ probab<strong>il</strong>e che l’invenzione di quest’ultimo<br />
schema si debba a una delle personal<strong>it</strong>à più alte<br />
della ceramografia attica a figure nere, Exekìas, che ne<br />
ha lasciato esempi su anfore conservate a Monaco<br />
(fig.4) e a Berlino.<br />
Il c<strong>it</strong>tadino in armi<br />
Fig. 4 - Anfora attica a figure nere. Monaco,<br />
Antikensammlung 1470. Exekìas. Verso <strong>il</strong> 540. Aiace<br />
trasporta <strong>il</strong> corpo di Ach<strong>il</strong>le.
Il c<strong>it</strong>tadino in armi 7<br />
GLOSSARIO<br />
Amazzoni - Popolazione di donne guerriere, collocata dagli autori antichi ai confini del mondo conosciuto. Si affermava<br />
che per provvedere alla continu<strong>it</strong>à della stirpe incontrassero uomini di un’altra razza e che tenessero in segu<strong>it</strong>o le figlie<br />
femmine, liberandosi dei maschi; che tagliassero inoltre alle fanciulle una mammella, perché non fosse d’impedimento in<br />
battaglia. Le loro occupazioni erano la caccia e la guerra. Le fonti letterarie le mettono in rapporto con varie leggende: le<br />
Amazzoni per esempio prendono parte alla guerra di Troia, devono affrontare spedizioni di Eracle, di Teseo e muovono<br />
contro l’Attica per vendicare <strong>il</strong> rapimento di Antìope. Sono un soggetto frequente nelle arti figurative, a partire almeno dalla<br />
fine del VII secolo.<br />
Anfiarào - Eroe e veggente, figlio di Oiklès e Ipermestra. Prevedendo <strong>il</strong> risultato della spedizione dei Sette a Tebe,<br />
organizzata da Adrasto, re di Argo, per porre sul trono di Tebe l’esule Polinìce, non volle parteciparvi finché la moglie Erifìle,<br />
corrotta da Polinìce con la collana di Armonia, ve lo costrinse; Anfiarào e Adrasto avevano infatti convenuto che, in caso<br />
di divergenze, la decisione sarebbe spettata a Erifìle. Prima di partire per Tebe, in cui sarebbe morto inghiott<strong>it</strong>o da un<br />
crepaccio prodotto dal fulmine di Zeus, Anfiarào ordinò ai figli di vendicare la sua morte su Erifìle e di compiere una<br />
spedizione contro Tebe.<br />
Beotico, scudo - Scudo di forma ovale, con lati inflessi nella zona centrale.<br />
Clàmide - Corto mantello appuntato sopra una spalla, caratteristico in particolare di guerrieri e viaggiatori.<br />
Elmo corinzio - Ricavato da un’unica lamina martellata, aveva una calotta globulare ed era mun<strong>it</strong>o di un paranuca, di<br />
paraguance sv<strong>il</strong>uppati e di un elemento di protezione per <strong>il</strong> naso.<br />
Epatoscopìa - Metodo di divinazione basato sull’esame del fegato di un animale sacrificale.<br />
Ftia - Nei poemi omerici è <strong>il</strong> nome del regno di Peleo e di Ach<strong>il</strong>le, patria dei Mirmìdoni, nella valle del fiume Sperchèo.<br />
Himàtion - Indumento cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da un rettangolo di stoffa, drappeggiato intorno al corpo, indossato sia dagli uomini, sia<br />
dalle donne.<br />
Ieroscopìa - Esame dei visceri di una v<strong>it</strong>tima sacrificale a scopo divinatorio.<br />
Nerèidi - Figlie del dio marino Nereo e dell’oceanina Doride, che vivevano nelle profond<strong>it</strong>à del mare.<br />
Opl<strong>it</strong>a - Soldato appiedato, mun<strong>it</strong>o di armatura composta da lancia, spada, scudo, elmo, corazza e schinieri. Era in genere<br />
<strong>il</strong> c<strong>it</strong>tadino che godeva di pieni dir<strong>it</strong>ti e doveva provvedere con i propri mezzi, completamente o in parte, all’acquisto delle<br />
armi. L’opl<strong>it</strong>a combatteva nella falange, uno schieramento rigidamente frontale, concep<strong>it</strong>o per <strong>il</strong> combattimento ravvicinato.<br />
Schinieri - Elementi dell’armatura, realizzati in lamina metallica, che proteggevano la parte anteriore della gamba dal<br />
ginocchio alla caviglia. La maggior parte degli schinieri pervenuti fino a noi reca f<strong>il</strong>e di punti lungo i margini, probab<strong>il</strong>mente<br />
per assicurare un’imbott<strong>it</strong>ura interna piuttosto che per essere allacciati.<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
W. WREDE, “Kriegers Ausfahrt in der archaisch-griechischen Kunst” in Deutsches Archäologisches Inst<strong>it</strong>ut, Athenische<br />
M<strong>it</strong>te<strong>il</strong>ungen 41, 1916, p. 221 ss.<br />
A.B. SPIESS, Der Kriegerabschied auf attischen Vasen der archaischen Ze<strong>it</strong>, Francoforte 1992<br />
Recisione di una ciocca di capelli: J. BOARDMAN, Antike Kunst 19, 1976, p. 15 s.<br />
Ciclost<strong>il</strong>ato a cura della Sezione Didattica della Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana,<br />
via della Pergola, 65 - Firenze
IL CONGEDO DELL’OPLITA DALLA FAMIGLIA E LA<br />
PARTENZA PER LA BATTAGLIA<br />
Anfora attica a figure nere. Londra, Br<strong>it</strong>ish Museum<br />
1843.11-13.101. Gruppo delle Sirene con <strong>il</strong> Corpo a<br />
forma di Occhio. Verso <strong>il</strong> 520 a.C.<br />
1) Ricordate motivi o momenti relativi al congedo di un guerriero, che vengano raffigurati di frequente<br />
sui vasi attici?<br />
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2) Qual è <strong>il</strong> significato simbolico delle figure che talora prendono parte alla scena?<br />
C 4-4<br />
Scheda di verifica n. 1<br />
A. Personaggio anziano:<br />
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B. Figura femmin<strong>il</strong>e:<br />
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C. Personaggio masch<strong>il</strong>e in giovane età:<br />
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3) Nelle rappresentazioni del congedo di un guerriero vi sono talvolta iscrizioni che identificano i<br />
personaggi con figure del m<strong>it</strong>o (per esempio con Ach<strong>il</strong>le). Quando le iscrizioni non ci sono, quali<br />
elementi possono fare ugualmente pensare a una s<strong>it</strong>uazione ambientata nel passato eroico?<br />
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Anfora attica a figure rosse. Würzburg,<br />
Martin-von-Wagner-Museum 507. P<strong>it</strong>tore<br />
di Kleophràdes. 500 a.C.<br />
L’EXTISPICIO<br />
C 4-4<br />
Scheda di verifica n. 2<br />
1) In cosa consisteva l’extispicio?<br />
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2) Nella realtà, l’esame dei visceri di una v<strong>it</strong>tima era affidato ai singoli guerrieri, o veniva affidato a un<br />
incaricato che lo compiva per conto di tutto l’eserc<strong>it</strong>o?<br />
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Frammento di coppa attica a figure rosse.<br />
Atene. Mus. Naz., Acr.336. P<strong>it</strong>tore di<br />
Kleophràdes. 480 a.C.<br />
IL TAGLIO DI UNA CIOCCA DI CAPELLI<br />
C 4-4<br />
Scheda di verifica n. 3<br />
1) Quale azione puo indicare l’immagine di un soldato che accosta la lama di una spada ai suoi capelli?<br />
A ………………………………………………………………………………………………………<br />
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B ………………………………………………………………………………………………………<br />
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2) Quale episodio del m<strong>it</strong>o racconta che alcuni guerrieri recisero una ciocca di capelli, da portare in<br />
ricordo ai parenti nel caso soccombessero in battaglia?<br />
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PICCHETTO<br />
L’ARCHEOLOGO<br />
in<br />
I COMMERCI NEL<br />
MONDO ANTICO
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI<br />
SOPRINTENDENZA ARCHEOLOGICA DELLA TOSCANA<br />
SEZIONE DIDATTICA<br />
VIAGGI, VIAGGIATORI E MEZZI DI TRASPORTO<br />
Nel mondo antico non si viaggia né ci si sposta frequentemente: gli orizzonti del greco sono<br />
necessariamente ristretti e la conoscenza del mondo è forzatamente lim<strong>it</strong>ata all’esperienza di rari viaggi<br />
o alle parole di chi, avendo “sperimentato” <strong>il</strong> mondo, diffonde su di esso racconti spesso mirabolanti.<br />
La vicenda di Esìodo è, in questo senso, emblematica: come <strong>il</strong> poeta stesso racconta nelle Opere e giorni<br />
(vv. 635-640) <strong>il</strong> padre “qui (=ad Ascra) giunse una volta lasciata l’eolica Cuma, sulla sua nera nave,<br />
non beni fuggendo, né ricchezza, né prosper<strong>it</strong>à ma la malvagia miseria che Zeus agli uomini manda;<br />
e venne ad ab<strong>it</strong>are vicino all’Elicòna, in un tristo v<strong>il</strong>laggio, ad Ascra, d’inverno cattiva, aspra d’estate,<br />
piacevole mai”. L’orizzonte d’Esìodo è fortemente lim<strong>it</strong>ato ai campi di Ascra e <strong>il</strong> poeta si vanta di “non<br />
aver mai, finora, su nave l’ampio mare percorso” se non per recarsi una volta in Eubèa (vv. 650-659),<br />
notoriamente separata dal continente da un brevissimo tratto di mare.<br />
Pochi “priv<strong>il</strong>egiati” si spostano, conoscono <strong>il</strong> mondo, ne affrontano i pericoli. Viaggiano i<br />
guerrieri che portano ma che talora trovano, lontano dalle case, morte. Viaggiano, con le loro merci, su<br />
navi proprie o altrui i mercanti e sperimentano, con coraggio, come Ulisse, l’“indole” degli uomini.<br />
Viaggiano i pellegrini diretti talora verso lontani santuari panellenici. Viaggiano, o meglio abbandonano<br />
le terre d’origine “fuggendo -come <strong>il</strong> padre di Esìodo- la malvagia miseria che Zeus agli uomini<br />
manda” maestranze artigiane in cerca di lavoro e intere popolazioni in cerca di una terra lontana che li<br />
nutra. Si viaggia e ci si sposta per necess<strong>it</strong>à, affrontando l’ignoto e consapevoli dei rischi e pericoli.<br />
Non diverso è <strong>il</strong> comportamento dell’Ateniese. L’ateniese medio risiede in c<strong>it</strong>tà e si sposta<br />
periodicamente verso la campagna nella quale possiede una casa generalmente posta al centro di un<br />
lim<strong>it</strong>ato appezzamento di terra; ma non oltrepassa i confini dell’Attica se non quando maggiori necess<strong>it</strong>à<br />
lo trasformano in soldato e lo spingono verso lontani teatri di guerra (v. C4-4). Anche lo sguardo dei<br />
ceramografi attici non sembra spingersi frequentemente al di là dei confini dell’Attica: l’esperienza del<br />
mondo pare mediata attraverso i racconti del m<strong>it</strong>o che hanno per protagonisti eroi viaggiatori (si pensi<br />
a Ulisse). L’attenzione del ceramografo attico, per comprensib<strong>il</strong>i motivi (central<strong>it</strong>à della figura umana,<br />
carattere allusivo e “simbolico” delle notazioni d’ambiente -v. C4-6), si sofferma per lo più sulla figura<br />
del viaggiatore (molto spesso un guerriero in procinto di partire) o, comunque, di colui che si sposta e<br />
sul mezzo di trasporto. Spesso la raffigurazione del mezzo di trasporto manca (ovviamente anche perché<br />
nell’antich<strong>it</strong>à si viaggiava soprattutto a piedi) e solo la “tenuta” da viaggio (corto mantello, stivaletti,<br />
cappello a larghe tese=pètasos) individua <strong>il</strong> viaggiatore.<br />
Gli spostamenti per via di terra: carri e animali da tiro e da “sella”<br />
C 4-7<br />
1 - Quadrighe<br />
Tra i “mezzi” di trasporto più frequentemente raffigurati dai ceramografi attici si segnalano bighe<br />
e quadrighe, carri molto leggeri trainati rispettivamente da due e da quattro cavalli. Si tratta, come è noto<br />
(v. C4-4), essenzialmente di carri da guerra, talvolta impiegati tuttavia anche per spostamenti non<br />
necessariamente legati a “eventi” bellici. Il loro impiego però è regolarmente lim<strong>it</strong>ato sui vasi attici a<br />
eroi del m<strong>it</strong>o oppure a personaggi che, anonimi, rinviano comunque a un passato remoto e m<strong>it</strong>ico.<br />
Sull’hydrìa a figure nere n. inv. 3867, del Gruppo di Lèagros, datab<strong>il</strong>e al 520-510 a.C. circa (Piano
2<br />
Fig. 1 - Hydrìa a figure nere. Firenze, Museo<br />
Archeologico n. inv. 3867. Gruppo di Lèagros. 520-<br />
510 a.C. circa. Partenza del guerriero.<br />
Viaggi, viaggiatori e mezzi di trasporto<br />
II, Sala IV, Vetrina 2, ripiano superiore al centro, n. 1)<br />
(fig.1) è raffigurata la partenza del guerriero. In primo<br />
piano è visib<strong>il</strong>e <strong>il</strong> carro trainato da quattro cavalli<br />
intorno al quale si affollano i personaggi: una figura<br />
femmin<strong>il</strong>e con un’oinochòe (allusiva all’offerta di un<br />
liquido -una libagione- che sottolinea normalmente <strong>il</strong><br />
momento del distacco e della partenza), due guerrieri<br />
armati e l’auriga che è già sal<strong>it</strong>o sul cocchio. I guerrieri<br />
sono “anonimi”, nessun elemento consente una loro<br />
più precisa identificazione, ma la presenza del carro<br />
trainato da quattro cavalli rinvia comunque a una<br />
pratica quotidiana degli eroi della leggenda. Sulla<br />
hydrìa a figure nere n. inv. 3789, del P<strong>it</strong>tore del Louvre<br />
F51, datab<strong>il</strong>e al 550-540 a.C. circa (Piano II, Sala II,<br />
Vetrina 4, ripiano inferiore a sinistra, n. 1) (Dia 45) è<br />
raffigurata una quadriga. La visione di prospetto, alternativa a quella di prof<strong>il</strong>o, è attestata frequentemente<br />
nella ceramica attica intorno alla metà del VI sec. a.C. e successivamente. Generalmente, in<br />
questo caso, la quadriga occupa interamente <strong>il</strong> campo figurato con i corpi dei cavalli in primo piano,<br />
mentre le figure umane vi svolgono un ruolo secondario: sulla hydrìa fiorentina, ai lati del cocchio, si<br />
dispongono due coppie di opl<strong>it</strong>i mentre l’auriga, che indossa la caratteristica lunga veste bianca,<br />
s’intravede appena fra le teste dei cavalli. Quest’ultime, rese di prof<strong>il</strong>o su un corpo di prospetto, si<br />
volgono verso destra o verso sinistra e compongono, sostanzialmente, un motivo araldico: i cavalli di<br />
centro guardano verso l’interno e formano un motivo ad arco, i cavalli di destra e di sinistra guardano<br />
verso l’esterno. Anche in questo caso la scena rinvia a un generico passato m<strong>it</strong>ico.<br />
Altre scene m<strong>it</strong>iche rinviano a un impiego della quadriga come ab<strong>it</strong>uale mezzo usato per spostarsi<br />
dagli eroi. Sul frammento di anfora a figure nere n. inv. 151067, del P<strong>it</strong>tore di Lysippìdes, datab<strong>il</strong>e al<br />
530-520 a.C. circa (Piano II, Sala III, Vetrina 4, ripiano inferiore a sinistra, n. 1) (fig.2), Heraklés sta<br />
salendo sul carro che lo condurrà, dopo la morte, fra gli dèi dell’Olimpo: si notano, dietro <strong>il</strong> carro, Athèna<br />
armata e Dioniso coronato d’edera.<br />
In periodo arcaico e classico non si parte più per<br />
la guerra (né si viaggia) salendo su un carro trainato<br />
da cavalli: <strong>il</strong> passato eroico rivive tuttavia periodicamente,<br />
nell’amb<strong>it</strong>o delle festiv<strong>it</strong>à in onore degli dèi<br />
protettori della c<strong>it</strong>tà e degli dèi panellenici, con la<br />
gara delle quadrighe. I membri più in vista di ogni<br />
comun<strong>it</strong>à, come segno distintivo della purezza della<br />
loro stirpe, allevano cavalli e partecipano attivamente<br />
alle gare sportive e in caso di v<strong>it</strong>toria non mancano<br />
d’essere celebrati dagli epinìci dei poeti o dalle statue<br />
dei grandi maestri. Gareggiare in veloc<strong>it</strong>à con la<br />
quadriga è, naturalmente, anche una pratica “eroica”.<br />
Sul lato A del cratere François (fregio del collo) è<br />
raffigurato un momento dei giochi funebri indetti da<br />
Ach<strong>il</strong>le in onore di Pàtroclo (fig.3): la corsa delle<br />
quadrighe. La gara si svolge fra i due estremi, rappresentati<br />
dal p<strong>il</strong>astro che segna la “partenza” e dalla<br />
Fig. 2 - Frammento di anfora a figure nere. Firenze,<br />
Museo Archeologico n. inv. 151067. P<strong>it</strong>tore di<br />
Lysippìdes. 530-520 a.C. circa. Heraklés sale sul<br />
carro che lo condurrà fra gli dèi dell’Olimpo.
Vieggi, viaggiatori e mezzi di trasporto 3<br />
Fig. 3 - Cratere a volute a figure nere (“Vaso François”). Firenze, Museo Archeologico n. inv. 4209. Kle<strong>it</strong>ìas. 570<br />
a.C. circa. I giochi funebri in onore di Pàtroclo.<br />
figura di Ach<strong>il</strong>le in piedi presso un trìpode, premio per <strong>il</strong> vinc<strong>it</strong>ore. Fra la “partenza” e l’”arrivo” cinque<br />
eroi che indossano la lunga veste bianca dell’auriga guidano le loro quadrighe mentre trìpodi e lebèti,<br />
premi per <strong>il</strong> vinc<strong>it</strong>ore, sembrano quasi intralciare la corsa dei cavalli. Gli eroi che gareggiano sono, come<br />
rivelano le iscrizioni, Hippothòon, Damàsippos, Diomèdes, Automèdon e Olytèus (=Ulisse).<br />
2 - Cavalli e muli<br />
I cavalli non sono solo animali da traino ma possono essere cavalcati, in genere da guerrieri. Sul<br />
lato A dell’anfora a figure nere n. inv. 151091, del P<strong>it</strong>tore dell’Acropoli 606, datab<strong>il</strong>e al 570-560 a.C.<br />
circa (Piano II, Sala I, Vetrina 5, ripiano di sinistra) (Dia 46), un guerriero elmato nascosto dietro un<br />
grosso scudo rotondo (scudo contraddistinto da un albero raffigurato quale epìsema=contrassegno)<br />
cavalca un cavallo al galoppo.<br />
Meno “prestigiosi” animali “da sella”, ma comunemente usati per gli spostamenti per via di terra<br />
attraverso gli aspri e sassosi sentieri e piste del mondo egeo, risultano asini e muli. Sul lato B del cratere<br />
François (fregio del ventre) è raffigurato <strong>il</strong> r<strong>it</strong>orno di Efesto nell’Olimpo (Dia 47). Come è noto, Efesto<br />
era <strong>il</strong> figlio storpio e deforme di Hèra, la sposa del signore degli dèi Zeus. Rifiutato dalla madre e<br />
precip<strong>it</strong>ato giù dall’Olimpo, Efesto, ab<strong>il</strong>e artigiano e fabbro, si era vendicato inviando in dono alla<br />
madre un trono magico da cui Hèra non avrebbe più potuto rialzarsi. Dioniso riuscì tuttavia a convincere<br />
Efesto a liberare la madre dalle catene e dai lacci invisib<strong>il</strong>i del trono, promettendogli in sposa la<br />
bellissima Afrod<strong>it</strong>e. Sul Cratere François Efesto, a dorso di mulo, s’inerpica per i sentieri dell’Olimpo:<br />
<strong>il</strong> dio stringe in mano un frustino mentre Dioniso lo guida tirando <strong>il</strong> mulo per la cavezza. Segue <strong>il</strong> corteo<br />
festante dei S<strong>il</strong>eni <strong>it</strong>ifallici, curvi sotto gli otri gonfi di vino. Lo stesso mulo partecipa della gioiosa<br />
atmosfera dionisiaca del r<strong>it</strong>orno di Efesto esibendo <strong>il</strong> grosso fallo.<br />
3 - Carri agricoli<br />
Per le campagne ci si sposta su carri più pesanti e meno veloci, trainati da muli e asini, ma più<br />
spaziosi, sui quali si viaggia non in piedi bensì seduti. Sul davanti c’è posto per <strong>il</strong> guidatore e per una<br />
persona seduta al suo fianco, sul retro si può sedere con le spalle rivolte al conducente e coi piedi<br />
penzoloni, mentre le spallette della cassa, alte e robuste (in legno e vimini intrecciati), consentono <strong>il</strong>
4<br />
Viaggi, viaggiatori e mezzi di trasporto<br />
trasporto di fieno, derrate e oggetti. Le ruote sono caratteristiche e si distinguono bene dalle ruote leggere<br />
dei carri da guerra: presentano raggi non radiali bensì una grossa traversa diametrale incrociata da due<br />
sbarre più sott<strong>il</strong>i, parallele fra di loro e perpendicolari alla traversa (un tipo di ruota semplice da costruire,<br />
che non richiede l’intervento di un carradore specializzato).<br />
Il legame stretto col mondo dei campi spiega la presenza e <strong>il</strong> ruolo giocato da questo semplice<br />
mezzo di trasporto nell’amb<strong>it</strong>o di cerimonie e di r<strong>it</strong>i di passaggio che scandiscono la v<strong>it</strong>a dell’uomo<br />
greco e la reinseriscono, in un certo senso, nel r<strong>it</strong>mo dei cicli stagionali. Sul carro agricolo l’uomo<br />
compie -morto- l’estremo viaggio verso <strong>il</strong> luogo di sepoltura (trasporto=ekphorà -v. C4-5-). Sul carro<br />
agricolo la coppia degli sposi novelli, deb<strong>it</strong>amente scortata da un corteo festante, raggiunge la dimora<br />
comune dove l’uomo “feconderà” la donna e nascerà l’erede. Sul lato A del cratere a colonnette a figure<br />
nere n. inv. 3823, del P<strong>it</strong>tore di Michigan, datab<strong>il</strong>e al 510-500 a.C. circa (Piano II, Sala IV, Vetrina 2,<br />
ripiano superiore a sinistra, n. 1) (Dia 48; fig. 4), è raffigurata la coppia degli sposi novelli seduta sul<br />
carro. Lo sposo tiene in mano le redini mentre la sposa, seduta al suo fianco, è avvolta nel velo. Sul retro,<br />
con le spalle al conducente, siede un fanciullo, evidentemente un parente degli sposi. La casa non è<br />
raffigurata. Accompagnano <strong>il</strong> carro, in corteo, tre uomini e una donna.<br />
Gli spostamenti via mare<br />
Per raggiungere terre lontane gli “umidi sentieri<br />
del mare” (per usare un’espressione formulare nei<br />
poemi omerici) sono forse i più pericolosi e infidi ma<br />
anche i più diretti e percorrib<strong>il</strong>i. Non ci si avventura mai<br />
in mare aperto, ma in genere si preferisce costeggiare<br />
(=cabotaggio) senza perdere mai di vista la terra. In un<br />
mare come l’Egeo, pullulante di isole e di scogli affioranti,<br />
non è poi così diffic<strong>il</strong>e navigare senza perdere mai<br />
di vista la terra. Vedere la terra infonde sicurezza ai<br />
marinai. Trovarsi soli fra <strong>il</strong> cielo e <strong>il</strong> mare, come cap<strong>it</strong>a<br />
frequentemente alla nave di Ulisse, dà angoscia (Odissea<br />
XII, vv. 403-406: “ma appena l’isola avemmo lasciata<br />
e ormai nessun’altra delle terre appariva, ma solo<br />
cielo e mare, ecco livido nembo distese Zeus sopra la<br />
concava nave, s’abbuiò sotto <strong>il</strong> mare”).<br />
Fig. 4 - Cratere a colonnette a figure nere. Firenze,<br />
Museo Archeologico n. inv. 3823. P<strong>it</strong>tore di<br />
Michigan. 510-500 a.C. circa. Gli sposi raggiungono<br />
la casa comune.<br />
I ceramografi antichi, pur con poche o addir<strong>it</strong>tura inesistenti notazioni d’ambiente, riescono<br />
efficacemente a dare un’idea della pericolos<strong>it</strong>à del mare. I ceramografi di periodo geometrico, <strong>il</strong> periodo<br />
eroico della colonizzazione del Med<strong>it</strong>erraneo occidentale, non mancano di raffigurare navi rovesciate<br />
e marinai galleggianti e senza v<strong>it</strong>a, divorati da grossi pesci. I pericoli del mare rivivono soprattutto<br />
attraverso i racconti del m<strong>it</strong>o: i ceramografi attici di periodo arcaico e classico raffigurano spesso la nave<br />
di Ulisse che costeggia e rasenta gli scogli delle Sirene biancheggianti di ossa umane. Su vasi da<br />
simposio <strong>il</strong> tema del viaggio per mare perde spesso, tuttavia, ogni connotazione terrificante e diviene<br />
metafora del viaggio immaginario e sovrarazionale di chi, ebbro, vede d<strong>il</strong>atare e dissolversi gli angusti<br />
spazi della sala da banchetto e crede di vagare su un mare “color del vino”. Si veda a questo propos<strong>it</strong>o<br />
<strong>il</strong> tondo interno della kylix di Exechìas conservata a Monaco di Baviera, raffigurante Dioniso, dio del<br />
vino e dell’ebbrezza, placidamente disteso sulla nave perduta nel mare, mentre una v<strong>it</strong>e carica di<br />
grappoli s’arrampica su per l’albero. Inoltre sui labbri di alcuni dèinoi (=grossi vasi sim<strong>il</strong>i a lebèti e<br />
assim<strong>il</strong>ab<strong>il</strong>i funzionalmente ai crateri), naturalmente dal lato interno, talvolta i ceramografi raffigurano<br />
minuscole navi in f<strong>il</strong>a indiana che, quando <strong>il</strong> vaso è colmo di vino, sembrano galleggiare, per usare
Vieggi, viaggiatori e mezzi di trasporto 5<br />
un’espressione omerica, su “un mare rosso -veramente- come <strong>il</strong> vino”.<br />
Fra i vasi del Museo Archeologico di Firenze, unico, <strong>il</strong> Cratere François offre una splendida<br />
immagine di nave. Sul lato B (fregio del labbro) è raffigurata la nave di Tèseo, reduce dalla v<strong>it</strong>toriosa<br />
impresa del Minotauro, che approda sull’isola di Dèlos (Dia 49). I rematori e i marinai, lieti per <strong>il</strong> succeso<br />
dell’impresa e per lo scampato pericolo, si alzano dai banchi della triakòntoros (=nave a trenta remi)<br />
e raggiungono l’isola a nuoto, tuffandosi in mare. I rematori indossano <strong>il</strong> caratteristico copricapo conico<br />
dei marinai (<strong>il</strong> pìlos). La nave è raffigurata con straordinaria ricchezza di particolari: sono chiaramente<br />
visib<strong>il</strong>i <strong>il</strong> timone e <strong>il</strong> timoniere seduto a poppa (desinente quest’ultima in una testa di uccello) mentre<br />
la prua presenta un rostro a testa di cinghiale.<br />
GLOSSARIO<br />
Ach<strong>il</strong>le - Figlio di Pèleo e Tèti, massimo eroe acheo. Muore sotto le mura di Troia per mano di Pàride.<br />
Afrod<strong>it</strong>e - Dèa dell’amore, nata dalla schiuma del mare. Amante del dio della guerra Ares, viene promessa in sposa al dio<br />
zoppo Efesto come premio per la liberazione di Hèra dai lacci e dalle catene invisib<strong>il</strong>i del trono che lo stesso Efesto aveva<br />
fabbricato.<br />
Ascra - Misero v<strong>il</strong>laggio della Beozia (regione della Grecia centro-meridionale a ovest dell’Attica), patria del poeta Esiodo.<br />
Athèna - Dèa della saggezza, nata dalla testa di Zeus.<br />
Attica - Regione della Grecia centro-meridionale facente capo ad Atene.<br />
Auriga - Colui che, affiancando sul carro <strong>il</strong> guerriero, ha <strong>il</strong> comp<strong>it</strong>o di guidare <strong>il</strong> cocchio.<br />
Cuma - Da tenere distinta dall’omonima colonia greca dell’Italia meridionale non lontana dal Golfo di Napoli. C<strong>it</strong>tà greca<br />
(ab<strong>it</strong>ata da stirpi eoliche), affacciata sul Mar Egeo, s<strong>it</strong>a sulle coste settentrionali dell’Anatolia, non lontano dall’antica Troia.<br />
Il padre di Esìodo sarebbe originario di tale Cuma eolica.<br />
Dèlos - Minuscola isola egea dell’arcipelago delle Cìcladi, sacra ad Apollo e ad Artemide.<br />
Dioniso - Dio del vino e dell’ebbrezza, circondato dal thìasos (=corteo) festante e delle Menadi e dei Satiri.<br />
Efesto - Figlio storpio e deforme di Hèra (la consorte di Zeus). Rifiutato dalla madre e precip<strong>it</strong>ato giù dall’Olimpo, E., ab<strong>il</strong>e<br />
artigiano e fabbro, si era vendicato della madre crudele inviandole in dono un trono magico da cui Hèra non avrebbe più<br />
potuto rialzarsi, se non in segu<strong>it</strong>o a un intervento del figlio.<br />
Elicòna - Monte della Beozia (regione della Grecia centro-meridionale a ovest dell’Attica) sacro alle Muse (le dèe, figlie<br />
di Zeus e di Mnemosìne, protettrici delle arti).<br />
Epinicio - Canto corale (in un certo senso affine all’encomio) che celebra la v<strong>it</strong>toria in un agone sportivo.<br />
Esìodo - Poeta greco, originario per parte di padre di Cuma eolica, vissuto verso la fine dell’VIII sec. a.C. in Beozia, nel<br />
v<strong>il</strong>laggio di Ascra, ai piedi del monte Elicona. Autore di una Teogonìa e delle Opere e giorni, nonché di opere attualmente<br />
conservate solo in frammenti (<strong>il</strong> Catalogo delle donne).<br />
Eubèa - Grossa isola greca che fronteggia le coste dell’Attica e della Beozia ed è separata dal continente da un breve tratto<br />
di mare (l’Euripo).<br />
Geometrico, periodo - Periodo della storia artistica greca (IX-VIII sec. a.C.) caratterizzato da un peculiare st<strong>il</strong>e astratto e<br />
lineare. Il periodo, attraverso la fase del protogeometrico (X sec. a.C.), segna <strong>il</strong> lento trapasso dal mondo dei regni micenei<br />
alla Grecia delle pòleis vivificata dai rinnovati contatti con <strong>il</strong> mondo orientale.<br />
Heraklés - Massimo eroe greco, protagonista di infin<strong>it</strong>e avventure (tra l’altro, le celebri dodici fatiche). Alla morte fu assunto<br />
fra gli dèi dell’Olimpo e ricevette in sposa la figlia di Hèra, Hèbe (dèa della giovinezza).<br />
Lebète - Calderone bronzeo.<br />
Libagione - Offerta incruenta di un liquido (vino, latte) alla divin<strong>it</strong>à.<br />
Minotauro - Mostruoso figlio di Pasìfae (la consorte del re di Cnosso Minosse) e di un toro: viene generalmente raffigurato<br />
dai ceramografi attici con la testa taurina e <strong>il</strong> corpo umano. Tèseo era riusc<strong>it</strong>o a uccidere <strong>il</strong> mostro, che annualmente divorava<br />
sette fanciulli e sette fanciulle ateniesi, avvalendosi dell’aiuto della figlia di Minosse Arianna.<br />
Oinochòe - Sorta di brocca monoansata, usata per versare.<br />
Olimpo - Altissimo monte della Grecia centrale (fra la Macedonia e la Tessaglia), dimora degli dèi olimpici.<br />
Omerici, poemi - L’Iliade e l’Odissea, attribu<strong>it</strong>i tradizionalmente a un poeta vissuto nell’VIII sec. a.C. di nome Omero.<br />
L’Iliade narra un episodio della guerra di Troia (l’“ira di Ach<strong>il</strong>le”), l’Odissea narra <strong>il</strong> nòstos (=r<strong>it</strong>orno) di Ulisse in patria<br />
dopo la conclusione della guerra di Troia.<br />
Opere e giorni - Breve poema didascalico, una serie d’insegnamenti rivolti da Esìodo al fratello Pèrse (col quale <strong>il</strong> poeta<br />
aveva avuto a che ridire circa la divisione dell’ered<strong>it</strong>à paterna) che ruotano intorno al problema della necess<strong>it</strong>à del lavoro
(<strong>il</strong> lavoro come punizione infl<strong>it</strong>ta all’uomo per un suo “peccato originale” e come mezzo giusto e lec<strong>it</strong>o per arrichire e<br />
conquistare <strong>il</strong> benessere).<br />
Opl<strong>it</strong>a - Fante armato di elmo, corazza, schinieri, scudo rotondo, lancia e spada.<br />
Panellenici, dèi - Divin<strong>it</strong>à i cui santuari, detti appunto panellenici, sono meta del pellegrinaggio di tutti i “popoli” greci,<br />
soprattutto in occasione di determinate festiv<strong>it</strong>à (per esempio a Olimpia le Olimpiadi).<br />
Panellenici, santuari - Il santuario di Zeus a Olimpia, <strong>il</strong> santuario di Apollo a Delfi, <strong>il</strong> santuario di Posidone a Istmìa, <strong>il</strong><br />
santuario di Zeus a Nemèa, meta del pellegrinaggio di tutti i “popoli” della Grecia.<br />
Pàtroclo - Amico e scudiero di Ach<strong>il</strong>le. Muore, vest<strong>it</strong>o delle armi di Ach<strong>il</strong>le, per mano di Ettore.<br />
S<strong>il</strong>eni - Creature semiferine (volto grottescamente difforme, zampe e coda animalesca) del corteggio di Dioniso, affini ai<br />
Satiri.<br />
Simposio - Momento conclusivo di un banchetto. Sparecchiate le tavole, gli inv<strong>it</strong>ati bevono “insieme” (simposio<br />
etimologicamente significa “bevuta comune”).<br />
Sirene - Creature mostruose (per metà uccelli e per metà esseri umani, almeno a giudicare dalle più antiche raffigurazioni<br />
vascolari), protagoniste di un celebre episodio dell’Odissea omerica. Il loro canto melodioso e apportatore di morte attirava<br />
le navi e i marinai verso gli scogli detti appunto delle Sirene, biancheggianti di ossa umane. Le Sirene, Muse dell’Ald<strong>il</strong>à,<br />
sedevano su di un prato fior<strong>it</strong>o promettendo la rivelazione di arcane conoscenze.<br />
Tèseo - Principale eroe attico, figlio del re di Atene Egeo.<br />
Trìpode - Sorta di braciere metallico su tre piedi, usuale premio per i vinc<strong>it</strong>ori nelle gare poetico-musicali e sportive.<br />
Ulisse - Eroe acheo celebre per la sua astuzia e per l’insaziab<strong>il</strong>e curios<strong>it</strong>à e sete di conoscenza, figlio di Laèrte e sposo di<br />
Penèlope, protagonista dell’Odissea omerica.<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
J. ANDERSON, Ancient Greek Horsemanship, Berkeley-Los Angeles 1961<br />
L. CASSON, Viaggi e viaggiatori dell’Antich<strong>it</strong>à, M<strong>il</strong>ano 1978<br />
J. BOARDMAN, I Greci sui mari. Traffici e colonie, Firenze 1986<br />
Partenza del guerriero:<br />
W. WREDE, “Kriegers Ausfahrt” in Athenische M<strong>it</strong>te<strong>il</strong>ungen 42 1916, pgg. 221 ss.<br />
F. LISSARRAGUE, “Intorno al guerriero” in AA.VV., La c<strong>it</strong>tà delle immagini. Religione e società nella Grecia antica,<br />
Modena 1986, pgg. 33 ss.<br />
Il r<strong>it</strong>orno di Efesto:<br />
T. H. CARPENTER, Art and Myth in Ancient Greece, London 1991, pgg. 13 ss.<br />
Matrimonî, funerali:<br />
C. BERARD, “La condizione delle donne” in AA.VV., La c<strong>it</strong>tà delle immagini. Religione e società nella Grecia antica,<br />
Modena 1986, pgg. 88 ss.<br />
Navi e navigazione:<br />
P. POMEY, “Navigazione e navi all’epoca della colonizzazione greca” in I Greci in occidente, Venezia 1996, pgg. 133 ss.<br />
F. PONTRERA, “Le comunicazioni mar<strong>it</strong>time” in I Greci in Occidente, Venezia 1996, pgg. 201 ss.<br />
Il simposio come viaggio:<br />
F. LISSARRAGUE, L’immaginario del simposio greco, Bari 1989, pgg. 132 ss.<br />
Ciclost<strong>il</strong>ato a cura della Sezione Didattica della Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana,<br />
via della Pergola, 65 - Firenze
LA QUADRIGA<br />
Frammento di anfora a figure nere. Firenze, Museo<br />
Archeologico n. inv. 151067. P<strong>it</strong>tore di Lysippìdes.<br />
530-520 a.C. circa. Heraklés sale sul carro che lo<br />
condurrà fra gli dèi dell’Olimpo.<br />
C 4-7<br />
Scheda di verifica n. 1<br />
1) Chi viaggia su cocchi trainati da quattro cavalli?<br />
…………………………………………………………………………………………………………<br />
…………………………………………………………………………………………………………<br />
…………………………………………………………………………………………………………<br />
2) In quali contesti compaiono immagini di quadrighe?<br />
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…………………………………………………………………………………………………………<br />
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3) Qual è la funzione dell’auriga?<br />
…………………………………………………………………………………………………………<br />
…………………………………………………………………………………………………………<br />
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4) In periodo arcaico e classico qual è la funzione del cocchio trainato da quattro cavalli?<br />
…………………………………………………………………………………………………………<br />
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IL CARRO AGRICOLO<br />
Cratere a colonnette a figure nere. Firenze, Museo<br />
Archeologico n. inv. 3823. P<strong>it</strong>tore di Michigan. 510-<br />
500 a.C. circa. Gli sposi raggiungono la casa comune.<br />
C 4-7<br />
Scheda di verifica n. 2<br />
1) Sapresti descrivere <strong>il</strong> carro raffigurato sul cratere a colonnette del P<strong>it</strong>tore di Michigan?<br />
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…………………………………………………………………………………………………………<br />
…………………………………………………………………………………………………………<br />
2) In che cosa si differenzia la ruota di una quadriga dalla ruota di un carro agricolo?<br />
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3) Sullo sfondo di quali r<strong>it</strong>uali i ceramografi attici generalmente raffigurano un carro agricolo?<br />
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…………………………………………………………………………………………………………<br />
4) Verso quale meta <strong>il</strong> conducente raffigurato sul cratere a colonnette del P<strong>it</strong>tore di Michigan conduce<br />
<strong>il</strong> suo carro?<br />
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…………………………………………………………………………………………………………<br />
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PICCHETTO<br />
L’ARCHEOLOGO<br />
in<br />
IL MONDO DEL<br />
BANCHETTO
IL BANCHETTO<br />
Uno dei motivi ricorrenti fra le scene di v<strong>it</strong>a quotidiana che troviamo rappresentate sia sui vasi<br />
greci che sui monumenti funebri etruschi, è la rappresentazione del banchetto secondo lo schema tipico<br />
delle civ<strong>il</strong>tà antiche.<br />
La prima testimonianza del costume degli antichi di banchettare non seduti, ma adagiati su letti triclinari, appartiene<br />
all’arte assira. Un famoso r<strong>il</strong>ievo, proveniente dal palazzo di Assurbanipàl (datab<strong>il</strong>e perciò fra <strong>il</strong> 669 e <strong>il</strong> 626 a.C.), mostra<br />
<strong>il</strong> re adagiato su un alto letto e la regina seduta su un trono ai piedi dello stesso; verso la coppia convergono, in due lunghe<br />
f<strong>il</strong>e, coppieri, musici, e servi che fanno vento con grandi flabelli.<br />
Tale tipo di rappresentazione diviene uno dei temi più frequenti nella decorazione dei crateri a<br />
colonnette nella ceramica corinzia (vedi n.1 a p.3), che influenzerà in segu<strong>it</strong>o (II venticinquennio del<br />
VI secolo) anche altre forme vascolari della ceramica attica a figure nere.<br />
E’ soprattutto grazie alla ceramica, corinzia ed attica, importata sul suolo etrusco, che la<br />
rappresentazione del banchetto comincia ad apparire anche in Etruria (II metà del VI secolo),<br />
assumendo nell’impostazione generale <strong>il</strong> modello greco ed acquisendo carattere di status.<br />
Il banchetto in Grecia<br />
I Greci erano sol<strong>it</strong>i mangiare tre volte al giorno: akràtisma (colazione), àriston (pranzo) e déipnon<br />
(cena).<br />
I cibi erano alquanto poveri. Si mangiavano soprattutto màza (specie di focaccia d’orzo), vari tipi di insalata, agli<br />
e cipolle.<br />
Gli stranieri si facevano giuoco di questa frugal<strong>it</strong>à, soprannominando i Greci mikrotràpezai (‘tavole piccole’) o<br />
ph<strong>il</strong>lotròg(h)es (‘erbivori’)<br />
Fig. 1 - Psyktèr<br />
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI<br />
SOPRINTENDENZA ARCHEOLOGICA DELLA TOSCANA<br />
SEZIONE DIDATTICA<br />
Fig. 2 - Un giovane, col ramaiolo, versa del vino in una<br />
coppa da uno psyktèr tenuto in ghiaccio in un cratere a<br />
calice.<br />
La raffigurazione è tratta da una brocca; 550-525 a.C.<br />
circa (Atene, Museo Nazionale, n. inv.1045).<br />
C 4-3
2<br />
Il banchetto<br />
I banchetti, però, erano più abbondanti: alla cena vera e propria (pròtai tràpezai, ossia “prime<br />
tavole”), che cominciava circa al tramonto ed in cui non si beveva vino, faceva segu<strong>it</strong>o <strong>il</strong> simposio (detto<br />
anche déuterai tràpezai, cioè “seconde tavole”), che poteva durare fino all’alba.<br />
Durante <strong>il</strong> simposio si beveva abbondantemente, accompagnando <strong>il</strong> vino con formaggio,<br />
ghiottonerie salate, cibi piccanti, spezie e frutta secca od esotica (mandorle, fichi, datteri).<br />
Non si beveva quasi mai vino schietto, ma lo si mescolava con acqua nei crateri o nei dìnoi. La proporzione usuale<br />
era di una parte di vino e tre di acqua (miscuglio derisoriamente defin<strong>it</strong>o, da Ateneo, ‘vino delle ranocchie’); più di rado<br />
<strong>il</strong> vino era usato in proporzioni maggiori. Bere vino puro, comunque, era r<strong>it</strong>enuto un eccesso tipico dei barbari.<br />
L’acqua poteva essere adoprata calda o fredda, a seconda delle stagioni. D’estate <strong>il</strong> vino veniva sovente mescolato<br />
direttamente a neve o ghiaccio, o collocato in speciali recipienti (psyktéres ) tenuti in ghiaccio (figg.1-2).<br />
Si eleggeva a dadi un ‘simposiarca’ (fig.7), che decideva la giusta proporzione del vino, <strong>il</strong> numero<br />
di coppe che sarebbe toccato a ciascun commensale, e le norme che avrebbero regolato la festa, norme<br />
da sanzionarsi con eventuali “pen<strong>it</strong>enze” di carattere burlesco o derisorio. Si cominciava a bere in coppe<br />
piccole, ma la loro dimensione tendeva ad aumentare nel corso della nottata, che terminava spesso<br />
nell’ubriachezza generale.<br />
Ai banchetti greci non erano ammessi i bambini né le donne, salvo le etère; possiamo quindi<br />
comprendere la perpless<strong>it</strong>à, spesso lo scandalo, provocati nei Greci dal fatto che gli Etruschi invece<br />
ammettessero mogli ed altre donne a banchettare con loro, sovente sulla stessa klìne degli uomini.<br />
Non sempre c’era un padrone di casa a<br />
presiedere <strong>il</strong> simposio, ma numerosi amici si<br />
riunivano insieme, portando ciascuno in un<br />
canestro (la spyrìs ) cibi già pronti; tali banchetti<br />
erano denominati pasti ‘alla cesta’ (apò<br />
spyrìdos), ed è infatti questo recipiente di vimini<br />
che compare su numerosi vasi greci presenti<br />
Fig. 3 - Scena di banchetto dipinta all'esterno di<br />
una coppa attica, dipinta da Doùris e datata alla<br />
fine del VI sec. a.C. (Musei Vaticani, proveniente<br />
da Vulci).<br />
Si notino la flautista e <strong>il</strong> banchettante che<br />
suona. Tutt'intorno al piede si notino, riassunte,<br />
alcune tipiche forme di vasi di banchetto. Alle<br />
pareti sono appese le ceste da provvigioni e gli<br />
astucci per i flauti (sybènai).<br />
Fig. 4 - Raffigurazione<br />
su una kylix attica<br />
datab<strong>il</strong>e tra <strong>il</strong> 520 ed <strong>il</strong><br />
510 a.C. (Louvre, n. inv.G<br />
73; proveniente da<br />
Vulci).
Il banchetto<br />
a Firenze (vedi nn.5,7-8; v., inoltre, fig.3).<br />
Il ‘canto conviviale’ (skòlion), sorto a Lesbo nel VII secolo a.C., godette in Grecia di una lunga fior<strong>it</strong>ura.<br />
Accano a skòlia di tradizione letteraria, vi erano anche canti improvvisati che celebravano argomenti di interesse<br />
generale e che venivano riun<strong>it</strong>i in raccolte popolari. Passavano di bocca in bocca e rallegravano i convegni della buona società<br />
greca, come vediamo sul n.5. I conv<strong>it</strong>ati cantavano a turno: quelli che sapevano suonare si accompagnavano con la lira, gli<br />
altri si passavano un àisakos (ramoscello di alloro o di mirto, come quello che regge in mano l’efebo che canta sul n.5).<br />
La musica aveva un ruolo fondamentale nel simposio greco: se la lira, spesso in guscio di tartaruga<br />
(vedi più oltre n.8 b), accompagnava lo skòlion, <strong>il</strong> flauto serviva ad introdurlo ed accompagnava inoltre<br />
le libagioni ed <strong>il</strong> canto del peana (si veda fig.6).<br />
Frequentemente si suonava anche la cetra, talora i crotali o dei piccoli tamburi. Flautisti e c<strong>it</strong>aristi, spesso giovani<br />
donne, suonavano per i conv<strong>it</strong>ati (vedi nn.6 e 9; fig.6), ma talvolta erano questi ultimi che si divertivano a suonare<br />
personalmente (più sotto, n.8).<br />
Altri akroàmata (‘intrattenimenti’) rallegravano <strong>il</strong> banchetto e, come testimonia Senofonte nel “Simposio”, si<br />
ingaggiavano talvolta piccole compagnie di due o tre professionisti : per esempio, nel caso riportato <strong>dallo</strong> stesso Senofonte,<br />
una flautista, una acrobata e un c<strong>it</strong>arista-danzatore.<br />
I conv<strong>it</strong>ati partecipavano personalmente alla danza, che non si manteneva sempre nei lim<strong>it</strong>i della sobrietà. Talvolta<br />
degenerava in movimenti scomposti, o viceversa i commensali tentavano di dimostrare la propria destrezza e coordinazione<br />
con diffic<strong>il</strong>i giochi di equ<strong>il</strong>ibrio (vedi fig.4).<br />
Numerosi erano i giochi che rallegravano <strong>il</strong> simposio: <strong>il</strong> lessicografo Polluce (II sec. d.C.) ne<br />
enumera ben cinquantadue. Per lo più si trattava di indovinelli od enigmi, ma <strong>il</strong> gioco più diffuso era<br />
<strong>il</strong> kòttabos, che consisteva nell’affondare o rovesciare piccoli recipienti (le plàstinghes), collocati in<br />
equ<strong>il</strong>ibrio instab<strong>il</strong>e a una distanza convenuta dai conv<strong>it</strong>ati, su una particolare asta (detta rhàbdos<br />
kottabikè). Nato come forma di libagione, <strong>il</strong> kòttabos assunse spesso un carattere amatorio, poiché chi<br />
colpiva <strong>il</strong> bersaglio lo faceva pronunciando <strong>il</strong> nome della persona di cui sperava procurarsi <strong>il</strong> favore.<br />
Sul kòttabos si veda anche più oltre, n.6.<br />
1 - Cratere a colonnette (Kelèbe)<br />
Provvisoriamente non esposto.<br />
N.inv.4198<br />
Cratere tardo-corinzio(575-550 a.C.)<br />
Quattro klìnai con un uomo e una donna distesi su ciascuna. Si noti la pelle bianca delle figure<br />
femmin<strong>il</strong>i. La ripetizione di pose sim<strong>il</strong>i per ogni banchettante conferisce alla scena un valore più<br />
decorativo che narrativo, in conform<strong>it</strong>à<br />
al gusto corinzio. Si notino,<br />
comunque, le tre lire appese<br />
idealmente alla parete, i recipienti<br />
nonché gli oggetti (diffic<strong>il</strong>mente<br />
identificab<strong>il</strong>i) deposti sui tavoli.<br />
2 - Anfora a collo separato<br />
Piano II, Sala I, Vetr.5, Rip. sup. a<br />
destra<br />
3
4<br />
N. 3<br />
Il banchetto<br />
N.inv.70995<br />
Anfora dipinta da Lydòs (550 a.C. circa), uno dei maggiori ceramografi attici che dipinsero con<br />
la tecnica a figure nere (probab<strong>il</strong>mente un meteco lidio).<br />
A) Giudizio di Paride; B) Conv<strong>it</strong>o<br />
(Dia 24). Un uomo e una donna sdraiati<br />
su klìne e intrattenuti da due coppie di<br />
danzatori, di cui l’uomo è nudo e la<br />
donna vest<strong>it</strong>a. Il carattere non usuale<br />
della scena spinse J.D. Beazley a supporre<br />
un contesto m<strong>it</strong>ologico: Lydòs<br />
avrebbe inteso rappresentare Arianna e<br />
Dioniso. Tuttavia l’inquadramento<br />
N. 2<br />
“araldico” della scena può attribuirsi al<br />
gusto ornamentale corintizzante e non, di necess<strong>it</strong>à, al carattere aulico di un'ambientazione m<strong>it</strong>ica.<br />
3 - Kylix<br />
Piano II, Sala IV, Vetr.6, Rip. sup. centrale<br />
N.inv.73127<br />
Si tratta di una kylix (510-500<br />
a.C.) sul cui esterno troviamo un<br />
altro contesto m<strong>it</strong>ologico. Come<br />
indicano, col ramaiolo, infatti i nomi<br />
scr<strong>it</strong>ti accanto alle figure, Hermès<br />
giace (forse a banchetto) accanto ad<br />
a Heraklès, Posidone accanto ad<br />
Apollo. Si noti <strong>il</strong> caprone vicino a<br />
Hermès, frequente attributo del padre<br />
di Pan (Dia 25).<br />
Fig. 5 - Kylix n. inv.91456. - Particolare<br />
è <strong>il</strong> tipo di klìne sulla kylix<br />
n.inv.91456 (Sala IV, Vetr.5), anch’essa<br />
di soggetto m<strong>it</strong>ologico. Illustra infatti<br />
le imprese di Tèseo, fra cui ci<br />
interessa quella di destra sulla faccia<br />
A. Teseo con doppia ascia costringe<br />
Procruste a sdraiarsi sul suo letto di<br />
tortura. Si tratta insomma del<br />
proverbiale ‘letto di Procuste’. Il particolare<br />
lebete che giace sotto <strong>il</strong> letto<br />
rammenta, comunque, <strong>il</strong> contesto conviviale<br />
cui in genere si associava la<br />
klìne (ultimo quarto del VI sec. a.C.).
Il banchetto<br />
4 - Kylix<br />
Non esposta.<br />
N.inv.81601<br />
Coppa dipinta da<br />
Oltos (rinvenuta a Saturnia/<br />
GR).<br />
Uno dei maggiori p<strong>it</strong>tori<br />
della prima generazione che<br />
dipinse a figure rosse, Oltos<br />
N. 4<br />
ha dipinto una scena di danza<br />
scomposta, che si riferisce certamente all’ebbrezza del simposio, come mostra lo skyphos nella mano<br />
sinistra dell’efebo di centro. Si notino inoltre l’aulòs e <strong>il</strong> relativo astuccio che pende dal braccio del<br />
danzatore di destra (ultimo quarto del VI sec. a.C.); l’aulòs è uno strumento musicale antico mun<strong>it</strong>o<br />
quasi sempre di doppia canna, dotato di ancia e impropriamente confuso col flauto (che invece ne è<br />
privo).<br />
Altro efebo comaste troviamo nell’interno della kylix n.inv.3924 (Sala IV, Vetr.6, rip. inf. a ds.,<br />
n.2) del 510-500 a.C. circa.<br />
5 - Kylix<br />
N. 5<br />
Piano II, Sala VI, Vetr.2, Rip. sup. a sin., n.3<br />
N.inv.3949<br />
Kylix dipinta dal P<strong>it</strong>tore di Brygos, importante ceramografo<br />
della seconda generazione di ceramografi attici che dipinsero ‘a<br />
figure rosse’ (primo quarto del V sec. a.C.), forse un meteco<br />
tracio. L’efebo reclinato nel tondo della kylix canta una canzone<br />
d’amore, come indicano le lettere che gli escono dalla bocca:<br />
“p(h)ìle kài” (ama e ... ). Si tratta di due parole di uno di quegli<br />
skòlia (‘canzoni da tavola’) che passavano di bocca in bocca e<br />
rallegravano i convegni della buona società greca. Si notino <strong>il</strong><br />
bastone e i calzari, deposti prima di sdraiarsi sulla klìne. Si noti<br />
inoltre, appeso idealmente alla parete, un cestino, probab<strong>il</strong>mente<br />
<strong>il</strong> recipiente portavivande che ognuno dei partecipanti al banchetto<br />
portava spesso per conto proprio (Dia 26).<br />
La ghirlanda che cinge <strong>il</strong> capo dell’efebo rammenta <strong>il</strong> celebrato ingresso di Alcibiade nel “Simposio” di Platone: “Era<br />
ebbro assai ... e stette lì sulla porta, incoronato d’edera e di violette, avvolte in corona assai f<strong>it</strong>ta”. La ghirlanda di foglie e<br />
fiori, in Grecia, era strettamente connessa all’ebbrezza ed ai piaceri del banchetto, fino a divenire un tòpos (luogo comune)<br />
letterario ellenistico, presente in Callimaco (Anthologia Palatina, XII, 134), in Stratone di Sardi (ibidem XII, 8) e nel<br />
bell'epigramma di Asclepiade di Samo (III sec. a.C.): “Spia dell’amore è <strong>il</strong> vino. Una tazza/ dopo l’altra, convinsero<br />
Nicàgora/ che negava d’amarmi./ Pianse allora e piegò <strong>il</strong> capo nel sonno/ con lo sguardo imbronciato, e la corona/ gli pendeva<br />
da un lato.” (ibidem., XII; 135; trad. S. Quasimodo).<br />
5
6<br />
6 - Kylix<br />
Piano II, Sala VI, Vetr.3, Rip. sup. centrale<br />
N.inv.3922<br />
Il banchetto<br />
Dipinta da Doùris, altro grande p<strong>it</strong>tore della ‘seconda generazione’ di ceramografi attici che<br />
dipinsero con la tecnica “a figure rosse” (primo quarto del V sec. a.C.).<br />
Si tratta di un’ampia scena, molto varia e interessante (Dia 27). All’esterno della coppa sono<br />
rappresentati sei uomini, ciascuno su una klìne, di cui tre giocano al kòttabos. Sono inoltre presenti due<br />
serv<strong>it</strong>ori e un giovane auleta. Alle pareti sono appesi tipici vasi da banchetto.<br />
Si noti la rhàbdos kottabiké, l’alta asta di metallo su cui è posta la plàstinx, <strong>il</strong> piatto collocato in equ<strong>il</strong>ibrio instab<strong>il</strong>e,<br />
su cui <strong>il</strong> giocatore doveva dirigere i getti di vino con la coppa. Si noti inoltre <strong>il</strong> copricapo di foggia ‘barbarica’ che<br />
contraddistingue uno dei banchettanti, evidentemente un orientale. Siamo negli anni che precedono le terrib<strong>il</strong>i Guerre<br />
Persiane e risultavano ancora frequenti i rapporti con i futuri nemici, che -non lo si dimentichi- avevano da tempo occupato<br />
l’Anatolia occidentale. La quant<strong>it</strong>à di vino lanciata in ciascun getto era detta làtax o latàghe ed occorrevano naturalmente<br />
una particolare ab<strong>il</strong><strong>it</strong>à e precisi movimenti del polso per rovesciare la plàstinx. Il gioco andava infatti esegu<strong>it</strong>o con una tecnica<br />
particolare ed invariab<strong>il</strong>e: la coppa andava presa ad un’ansa con l’indice ed appoggiata con la base al polso; <strong>il</strong> lancio avveniva<br />
quindi con gesti assai delicati e calibrati, tanto che Sofocle scrive che molti Siculi erano più fieri di un bel getto col kòttabos<br />
che col giavellotto. Come si è visto, accanto all’aspetto agonistico ve<br />
n’era uno amatorio, in quanto i giocatori, a seconda che vincessero o<br />
perdessero, si credevano destinati a conquistarsi o meno <strong>il</strong> favore della<br />
persona cui rivolgevano <strong>il</strong> proprio interesse.<br />
All’interno della kylix (n.inv.3922) si notino i tralci<br />
sul tavolino di fronte alla klìne. essi rammentano la corona<br />
che cinge <strong>il</strong> capo dell’efebo sulla kylix precedente<br />
(n.inv.3949).<br />
7 - Kelèbe<br />
N. 6<br />
Piano II, Sala V, Vetr.3, Rip. centrale, n.3<br />
N.inv.3999<br />
Si tratta di una tipica scena di banchetto, da collocare nella<br />
I metà del V secolo a.C.<br />
N. 7
Il banchetto<br />
Sono rappresentate due klìnai, l’una<br />
con un uomo e l’altra con un giovane, i quali<br />
discorrono fra loro. Un servo con oinochòe e<br />
ramaiolo si avvicina da sinistra. Si notino<br />
<strong>il</strong>tripode ed <strong>il</strong> vaso appeso alla parete. Si noti<br />
inoltre l’oggetto nero ovale tenuto in mano<br />
dall’uomo; si tratta forse dicibo o più probab<strong>il</strong>mente<br />
di una sfera usata, al posto del più<br />
comune dado, per eleggere <strong>il</strong> ‘simposiarca’<br />
della serata (si veda, ancora in amb<strong>it</strong>o romano,<br />
Orazio, Odi I,4, verso 18).<br />
8 - Kylix<br />
Piano II, Sala VI, Vetr.1, Rip. superiore centrale<br />
N.inv.3946<br />
All’esterno (a) sono raffigurate quattro<br />
klìnai, di cui tre osp<strong>it</strong>ano un uomo e un efebo,<br />
mentre la quarta (di prof<strong>il</strong>o) osp<strong>it</strong>a un giovane.<br />
All’interno (b) (Dia 28), un uomo sdraiato,<br />
cui un ragazzo porge una lira, la cui cassa<br />
è visib<strong>il</strong>mente cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a da un carapace di<br />
tartaruga. Si tratta del procedimento più prim<strong>it</strong>ivo,<br />
e contemporaneamente più usuale<br />
nell’antica Grecia, per dotare la lira di una<br />
cassa armonica. La kylix inv.n.3946 è datata<br />
al 450 a.C. circa ed attribu<strong>it</strong>a (da Beazley) al<br />
P<strong>it</strong>tore di Euàion, una figura (della III “generazione”<br />
dei ceramografi attici che dipingevano<br />
con la tecnica a figure rosse), accostata<br />
al P<strong>it</strong>tore di V<strong>il</strong>la Giulia (cui si attribuisce lo<br />
stàmnos inv. n.4005).<br />
9 - Kylix<br />
Piano II, Sala IX, Vetr.3, secondo rip. centrale<br />
n.3<br />
N.inv.3938<br />
Datazione: 425-420 a.C. P<strong>it</strong>tore di Marlay<br />
La semplice scena è distinta dalla presenza<br />
di una auleta, presenza assai usuale<br />
nelle scene di banchetto greche (Dia 29). Si<br />
veda la fig. 6, in cui è rappresentato un auleta<br />
in un probab<strong>il</strong>e contesto conviviale.<br />
N. 9<br />
b<br />
N. 8 - a) esterno, b) interno<br />
a<br />
7
8<br />
Fig. 6 - Kylix n.inv.3917 di Onèsimos (sala VI, Vetr.<br />
1, rip. sup. a sin., n.6).<br />
La presenza di auleti era comune nei banchetti greci.<br />
Si noti la presenza di un bastone da passeggio,<br />
idealmente appoggiato a una parete:<br />
presumib<strong>il</strong>mente la raffigurazione s'intende s<strong>it</strong>uata,<br />
quindi, in un luogo chiuso; in tale sede la musica<br />
andrà connessa a un'occasione conviviale.<br />
GLOSSARIO<br />
Il banchetto<br />
Alcibìade - (circa 450-404 a.C.) Uomo pol<strong>it</strong>ico e generale ateniese.<br />
Ancia - Linguetta caratteristica di alcuni strumenti a fiato, in cui <strong>il</strong> suono viene prodotto dal suo vibrare.<br />
Antologia Palatina - Celebre raccolta di 3700 epigrammi ellenistici e bizantini, divisa in 15 libri e così denominata giacché<br />
rinvenuta nel 1607 nella Biblioteca Palatina di Heidelberg.<br />
Aràldico - agg. (che riguarda gli stemmi). Disposizione araldica è sinonimo di disposizione simmetrica e speculare.<br />
Arianna - M<strong>it</strong>ica principessa cretese, figlia di Minosse. Aiutò Teseo ad uccidere <strong>il</strong> fratellastro Minotauro. Abbandonata da<br />
Teseo a Nàxos, divenne poi la sposa di Diòniso.<br />
Aristòfane - Commediografo ateniese (445-385 a.C.), la maggiore personal<strong>it</strong>à della cosiddetta “Commedia Antica” greca,<br />
del V sec. a.C.<br />
Asclepìade, di Samos - Poeta greco, fior<strong>it</strong>o intorno al 290 a.C.; ne restano 45 epigrammi, forse i migliori dell’ampia<br />
produzione ellenistica.<br />
Assurbanipàl - Celebre re di Assiria (668-628 a.C.), noto anche come Sardanapalo.<br />
Aulèta era <strong>il</strong> suonatore di aulòs.<br />
Aulòs - Strumento musicale antico, quasi sempre a due canne. Era mun<strong>it</strong>o di ancia ed è impropriamente confuso col moderno<br />
flauto (che, invece, è privo di ancia).<br />
Beazley, John Davidson (1885-1970) - Archeologo br<strong>it</strong>annico, professore (1925-1955) ad Oxford; <strong>il</strong> maggiore studioso di<br />
ceramografia greca in questo secolo.<br />
Callìmaco - Celebre poeta greco (310 circa - 240 a.C. circa), <strong>il</strong> maggiore teorico della poesia ellenistica.<br />
C<strong>it</strong>arista - Suonatore di cetra.<br />
Comaste - Colui che partecipava al kômos, che tra le altre cose, nella Grecia antica, indicava la danza dei banchettanti ebbri.<br />
Corintizzante - Agg., relativo a correnti che im<strong>it</strong>avano l’arte corinzia: ad es., sono c. i primi ceramografi attici che dipingono<br />
a figure nere (600-570 a.C. circa).<br />
Corinzio - Agg., relativo alla c<strong>it</strong>tà greca di Corinto. In particolare, si dice c. l’antica produzione vascolare di quella c<strong>it</strong>tà.<br />
Etèra - Nell’antica Grecia, nome con cui si indicava la cortigiana.<br />
Klìne - Sost. greco, letto.<br />
Lebete - Nell’antica Grecia, recipiente in metallo o ceramica, mun<strong>it</strong>o di larga bocca.<br />
Meteco - Nome che si attribuiva, nella grecia antica, ai forestieri liberi che risiedessero stab<strong>il</strong>mente in una c<strong>it</strong>tà. Privo di dir<strong>it</strong>ti<br />
pol<strong>it</strong>ici, poteva tuttavia acquisire (col tempo) la c<strong>it</strong>tadinanza.<br />
Orazio - Poeta latino (65-8 a.C.), autore di Epodi ed Odi, in metri lirici, e di Satire ed Epistole in esametri.<br />
Pan - Figura m<strong>it</strong>ologica greca, mun<strong>it</strong>o di corna e zampe di capra, in quanto Hermês si tramutò in caprone, per concepirlo<br />
incogn<strong>it</strong>o dalla ninfa Driope.<br />
Peana - Forma di lirica greca inizialmente riservata al culto di Apollo e Artemide, poi estesa a tutti gli dei olimpici e infine<br />
a uomini <strong>il</strong>lustri.<br />
Platone - F<strong>il</strong>osofo ateniese (428/27-348/47 a.C.). Tra i suoi più famosi “dialoghi” è qui c<strong>it</strong>ato <strong>il</strong> “Simposio”, incentrato sulla<br />
natura dell’amore. Ambientato idealmente nel 416 a.C., vi prendono parte, tra gli altri, Socrate, Alcibiade ed Aristofane.
Il banchetto<br />
Pollùce - Sofista o grammatico del II sec. d.C., che ci ha tramandato importanti notizie sull’antica letteratura greca.<br />
Procruste - M<strong>it</strong>ico brigante greco che assaltava i viaggiatori stendendoli su un letto: se troppo bassi li stirava, altrimenti<br />
amputava loro le gambe. Fu sconf<strong>it</strong>to da Teseo. Il nome è più noto in Italia nella forma di “Procuste”, usato nella locuzione<br />
proverbiale “letto di P.”<br />
Senofonte - Storico e moralista ateniese (430-354 a.C.), autore di numerose opere. Qui è c<strong>it</strong>ato <strong>il</strong> suo “Simposio”, ambientato<br />
nel 422 a.C., assai più interessante per le notizie di v<strong>it</strong>a quotidiana che ci fornisce che per l’aspetto f<strong>il</strong>osofico, molto inferiore<br />
all’omonimo di Platone.<br />
Siculi - Popolo <strong>it</strong>alico insediato nella Sic<strong>il</strong>ia occidentale.<br />
Sòfocle - Uno dei tre maggiori tragediografi greci (Atene, 497-406 a.C.).<br />
Stratone - Poeta erotico del II sec. d.C., cui è riservata buona parte del XII volume dell’Antologia Palatina.<br />
Sybène - (pl. sybènai ) Termine antico greco, indicante un astuccio, in particolare quello (generalmente in cuoio) atto a<br />
contenere l’aulòs.<br />
Tèseo - Famoso eroe leggendario greco, <strong>il</strong> più popolare nella tradizione di Atene, del cui re Egeo era figlio.<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
Risultano indispensab<strong>il</strong>i i brani di autori antichi che ci forniscano un’immagine o un resoconto diretto di banchetti:<br />
ARISTOFANE, I Calabroni, versi 1208-1264 (vedi, ad es. la traduzione a cura di R. Cantarella, II volume, M<strong>il</strong>ano 1982).<br />
ATENEO, I sofisti a banchetto, vol. XV (vedi, ad es., la traduzione inglese a cura di Ch. Burton Gulick, “The<br />
Deipnosophists”, vol.VII, Cambridge, Massachussets.-London 1961); risulta importante per gli skòlia <strong>il</strong> vol. XV, 694-696.<br />
PLATONE, Simposio (vedi, ad es., le traduzioni a cura di G. Colli, M<strong>il</strong>ano 1979; ed a cura di R. Luca, con ampio apparato<br />
cr<strong>it</strong>ico, Firenze 1982).<br />
SENOFONTE, Simposio (vedi la traduzione a cura di L. Montoneri, in “Senofonte-Scr<strong>it</strong>ti Socratici”, Bologna 1976 2 ).<br />
Inoltre:<br />
CH. DAREMBERG, E. SAGLIO, Dictionnaire des antiqu<strong>it</strong>és grecques et romaines, 9 volumi, Paris 1877-1919 (sotto le voci<br />
relative: vedi volume d’indice, p.13; p.19).<br />
A. PAULY, G. WISSOWA, Real-Encyclopädie der Altertumswissenschaft, 33 volumi, Stuttgart 1894-1967 (sotto voci<br />
consim<strong>il</strong>i a quelle di cui nella precedente opera c<strong>it</strong>ata).<br />
CH. PICARD, La v<strong>it</strong>a nella Grecia classica, M<strong>il</strong>ano 1955, p. 55 ss.<br />
V. EHREMBERG, L’Atene di Aristofane, Firenze 1957, p. 145 ss.<br />
E. MIREAUX, I Greci al tempo di Omero, M<strong>il</strong>ano 1972, p. 75 ss<br />
M.A. LEVI, La Grecia antica, Torino 1976, cap. II.<br />
M. VICKERS, Greek Symposia, London 1978.<br />
R. FLACÉLIÈRE, La v<strong>it</strong>a quotidiana in Grecia nel secolo di Pericle, M<strong>il</strong>ano 1963, pp. 213-230.<br />
G. MURRAY, La Grecia delle origini, Bologna 1983, p. 239 ss.; v., inoltre, p. 153 ss. e p. 201 ss.<br />
Su argomenti correlati si vedano, inoltre:<br />
J. MARTIN, Symposion. Die Geschichte einer l<strong>it</strong>erarischen Form, Paderborn 1931<br />
CH. SELTMAN, Wine in the Ancient World, London and Baccles 1957<br />
M.T.W. ARNHEIM, Aristocracy in Greek Society, London 1977<br />
H. LICHT, L’amore al banchetto, in L’amore in Grecia (a cura di C. Calame), Roma-Bari 1983, pp. 103-116<br />
M. VETTA (a cura di), Poesia e simposio nella Grecia antica. Una guida storica e cr<strong>it</strong>ica, Roma-Bari 1983.<br />
Per i ceramografi c<strong>it</strong>ati nel testo, si vedano le voci relative, in Enciclopedia dell’Arte Antica I-VII, Roma 1958-1966<br />
(ciascuna dotata di bibliografia relativa).<br />
Per i vasi c<strong>it</strong>ati nelle didascalie, si vedano le attribuzioni, rispettivamente in :<br />
J.D. BEAZLEY, Attic Black-Figure Vase-Painters I, Oxford 1963, pp. 170 e 427<br />
L’Antologia Palatina è c<strong>it</strong>ata dalla scelta tradotta da S. Quasimodo, Antologia Palatina, M<strong>il</strong>ano 19792. Sono usc<strong>it</strong>i negli<br />
scorsi anni (Torino, 1978 ss.) i diversi volumi della traduzione integrale a cura di F.M. Pontani.<br />
Ciclost<strong>il</strong>ato a cura della Sezione Didattica della Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana,<br />
via della Pergola, 65 - Firenze<br />
9
BANCHETTO E SIMPOSIO<br />
Kylix a figure rosse. Firenze, Museo Archeologico n. inv. 3922. Doùris. 490-480 a.C. circa.<br />
C 4-3<br />
Scheda di verifica n. 1<br />
1) Che cosa è <strong>il</strong> simposio?<br />
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2) Il simposio precede o segue <strong>il</strong> banchetto?<br />
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3) Quali sono le funzioni del “simposiarca”?<br />
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4) Che cos’è la spyrìs?<br />
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LA MUSICA E I GIUOCHI<br />
Kylix a figure rosse. Firenze, Museo Archeologico n.<br />
inv. 3946. Tondo interno. P<strong>it</strong>tore di Euàion. 450 a.C.<br />
circa.<br />
C 4-3<br />
Scheda di verifica n. 2<br />
1) In che cosa consiste <strong>il</strong> gioco del kòttabos?<br />
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2) Quali strumenti musicali ricorrono più frequentemente sui vasi attici in scene di simposio?<br />
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3) Che cosa è uno skòlion?<br />
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