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E<br />
Fatta l’<strong>It</strong>alia,<br />
chi ha fatto gli italiani?<br />
ditoriale<br />
Siamo nel solco dei festeggiamenti<br />
per i 150 anni dell’unità d’<strong>It</strong>alia e, al<br />
di là delle polemiche, vorremmo fare<br />
una considerazione di carattere storico,<br />
per rinfrescare la memoria su una realtà<br />
che la retorica di questi mesi sull’evento<br />
sembra aver del tutto dimenticato.<br />
Si disse a unificazione avvenuta: «Fatta<br />
l’<strong>It</strong>alia, bisogna fare gli italiani!». E anche<br />
qui è calato un silenzio incomprensibile, perché<br />
a fare gli italiani è stata la Chiesa: decine<br />
e decine di congregazioni religiose, nate<br />
come i funghi prima, durante e dopo il<br />
Risorgimento, che hanno alfabetizzato e educato<br />
milioni di figli della povera gente,<br />
insegnato loro un lavoro, curato malati di<br />
ogni genere, handicappati, ciechi e sordomuti,<br />
gettando le basi delle moderne organizzazioni<br />
sindacali, favorendo riforme dl<br />
sapore avveniristico.<br />
Qualche esempio partendo dalla Torino del<br />
primo Ottocento. Le condizioni dei ceti più<br />
poveri erano disastrose: altissima la mortalità<br />
infantile, quadruplicato nei primi 40 anni<br />
del secolo il numero dei bambini abbandonati<br />
e ricoverati in brefotrofi, dove molti<br />
spesso morivano. Malsane erano le condizioni<br />
di vita dei contadini: il grano coltivato<br />
era riservato ai padroni, il mais ai braccianti;<br />
denutrizione e pellagra, diffusissime,<br />
erano aggravate da fame e da epidemie.<br />
Il crollo delle istituzioni durante il periodo<br />
napoleonico distrusse anche i timidi tentativi<br />
di intervento assistenziale pubblico.<br />
Insomma, l’aiuto ai poveri fu lasciato interamente<br />
alla beneficenza privata. Ma con la<br />
soppressione degli ordini religiosi che comprendevano<br />
oltre 57 mila persone, la svendita<br />
dei loro beni e l’eliminazione di oltre 20<br />
mila opere pie, la popolazione si trovò in<br />
miseria. Ed ecco la Chiesa intervenire con<br />
una colossale rete di promozione umana<br />
messa in opera dai cosiddetti “santi sociali”.<br />
L’elenco di questi grandi benefattori del<br />
Paese sarebbe lungo; ci limitiamo a qualche<br />
piccolo flash indicativo. Pensiamo, ad esempio,<br />
che cosa sarebbe stato il Piemonte di<br />
allora senza Don Bosco coi suoi Salesiani e<br />
le sue Figlie di Maria Ausiliatrice; senza il<br />
Cottolengo con la sua cittadella della carità a<br />
favore di malati che nessuno accoglieva;<br />
senza il Murialdo Apostolo della gioventù<br />
operaia e dell’azione sociale dei cattolici. Ed<br />
è a Torino che la Marchesa di Barolo riforma<br />
le carceri femminili facendone un modello<br />
per l’Europa, mentre con suo marito il<br />
marchese Tancredi allestisce nel suo palazzo<br />
il primo asilo infantile d’<strong>It</strong>alia e darà poi vita<br />
al primo ospedale pediatrico per bambini<br />
disabili. E non possiamo dimenticare san<br />
Giuseppe Marello con i suoi “Giuseppini”, il<br />
beato Faà di Bruno e la sua opera di santa<br />
Zita per le domestiche, i beati Federico<br />
Albert e Clemente Marchisio coi loro asili,<br />
orfanotrofi e scuole, la beata Anna Michelotti<br />
per l’assistenza a domicilio dei malati poveri,<br />
la futura beata (lo sarà il 2 ottobre prossimo)<br />
Antonia Maria Verna, con le sue Suore<br />
di Ivrea, don Francesco Bono con le Suore<br />
del SS. Natale.<br />
Se poi usciamo dal Piemonte che stava cercando<br />
di “fare l’<strong>It</strong>alia” il panorama non<br />
cambia: Non c’è regione dove queste congregazioni<br />
religiose non siano sbocciate per<br />
venire incontro ai bisogni della società. Ci<br />
vorrebbero pagine e pagine per parlare dei<br />
loro fondatori e delle loro fondatrici (oltre<br />
un centinaio!). Ma almeno qualche nome<br />
dobbiamo citarlo.<br />
Nel Veneto santa Maddalena di Canossa, i<br />
fratelli Cavanis, don Pietro Leonardi, san<br />
Gaspare Bertoni, il beato Carlo Steeb, le<br />
beate Gaetana Sterni e Domenica Mantovani;<br />
in Lombardia il Pavoni, Bartolomea Capitanio<br />
e Vincenza Gerosa, Teresa Verzeri, Maria<br />
Crocifissa Di Rosa, i beati Luigi Maria<br />
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