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Italiano - Art Nouveau Network

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2 RÉSEAU ART NOUVEAU NETWORK<br />

3 ÅLESUND . NORGE<br />

4 BARCELONA . CATALUNYA<br />

5 BRUXELLES - BRUSSEL . BELGIQUE - BELGIË<br />

6 BUDAPEST . MAGYARORSZÀG<br />

7 GLASGOW . SCOTLAND UK<br />

8 HELSINKI . SUOMI<br />

9 LJUBLJANA . SLOVENIJA<br />

10 NANCY . FRANCE<br />

11 REUS . CATALUNYA<br />

12 RIGA . LATVIJA<br />

13 TERRASSA . CATALUNYA<br />

14 PROVINCIA DI VARESE . ITALIA<br />

15 WIEN . ÖSTERREICH<br />

2003 / 15 > 18<br />

Terrassa<br />

Reus<br />

Glasgow<br />

Barcelona<br />

Bruxelles-Brussel<br />

Nancy<br />

Ålesund<br />

Provincia di Varese<br />

Ljubljana<br />

<strong>Art</strong> <strong>Nouveau</strong> <strong>Network</strong><br />

Agli inizi del XX secolo si sviluppa in molte città d’Europa un fenomeno culturale: l’<strong>Art</strong> <strong>Nouveau</strong>.<br />

Questo movimento, che segna una rottura artistica e intellettuale no tempo stesso, ha sfruttato gli esiti<br />

della Rivoluzione industriale, pur conciliandoli con la perfezione del lavoro artigianale. Dovunque, in<br />

Europa, l’<strong>Art</strong> nouveau è spinta da una straordinaria aspirazione alla modernità, dal desiderio di migliorare<br />

la vita quotidiana nei centri urbani in sviluppo e dalla volontà di abolire la frontiera tra le Belle <strong>Art</strong>i e le <strong>Art</strong>i<br />

decorative. Questa corrente offre un’armonia perfetta del tenore di vita, mescolando abilmente<br />

l’architettura, la decorazione interna e il mobilio.<br />

Nel 1999, quattordici città europee si uniscono in una rete di cooperazione per studiare, salvaguardare<br />

e valorizzare il loro patrimonio <strong>Art</strong> nouveau. Questa rete è formata da persone che svolgono lavori diversi<br />

e hanno varie competenze: conservatori o direttori di musei, architetti, restauratori, storici dell’<strong>Art</strong>e. Questi<br />

ultimi realizzano documenti e attività per informare i professionisti e sensibilizzare il grande pubblico:<br />

l’edizione di un libro, la creazione di un sito Internet, l’organizzazione di un colloquio e di una mostra, la<br />

pubblicazione di un giornale per i liceali e di una rivista per i bambini… A questo scopo, la Rete riceve un<br />

sostegno finanziario dall’Unione europea (programma Cultura 2000).<br />

Le Réseau <strong>Art</strong> <strong>Nouveau</strong> <strong>Network</strong><br />

À l’aube du XX e siècle, un phénomène culturel se développe dans plusieurs villes d’Europe : l’<strong>Art</strong><br />

nouveau. Ce mouvement, qui marque à la fois une rupture artistique et intellectuelle, a exploité les<br />

nouveautés issues de la Révolution industrielle, tout en poursuivant la perfection du travail artisanal.<br />

Partout en Europe, l’<strong>Art</strong> nouveau est porté par une formidable aspiration à la modernité, par le désir<br />

d’embellir la vie quotidienne dans les grands centres urbains en développement et par la volonté d’abolir<br />

la frontière entre les Beaux-<strong>Art</strong>s et les <strong>Art</strong>s décoratifs. Ce courant offre une harmonie parfaite du cadre de<br />

vie, mêlant habilement l’architecture, la décoration intérieure et le mobilier.<br />

En 1999, quatorze villes d’Europe se regroupent au sein d’un réseau de coopération pour étudier,<br />

sauvegarder et mettre en valeur leur patrimoine <strong>Art</strong> nouveau. Ce réseau est constitué de personnes aux<br />

métiers et aux compétences variés : conservateurs ou directeurs de musées, architectes, restaurateurs,<br />

historiens de l’<strong>Art</strong>. Ces derniers conçoivent des documents et des activités pour informer les professionnels<br />

et sensibiliser le grand public : édition d’un livre, création d’un site Internet, organisation d’un colloque et<br />

d’une exposition, publication d’un journal pour les lycéens et d’une revue pour les enfants… Dans ce but,<br />

le Réseau reçoit un soutien financier de l’Union européenne (programme Culture 2000).<br />

Wien<br />

Budapest<br />

Helsinki<br />

Riga


2<br />

L’<strong>Art</strong> nouveau in Europa<br />

Verso la fine del XX secolo, una nuova corrente si sviluppa in un certo<br />

numero di città europee. Questo fenomeno culturale prende nomi diversi,<br />

Jugenstil, Liberty, Modern Style, Ecole de Nancy, Modernismo o ancora la<br />

Secessione. E’ notevolmente legato alle evoluzioni economiche dell’Europa<br />

del tempo.<br />

Iniziata alla fine del XVIII secolo in Gran Bretagna, diffusa in Europa,<br />

poi negli Stati Uniti nel XIX e nel XX secolo, la rivoluzione trasforma<br />

profondamente l’economia dei paesi toccati, la struttura delle società e la<br />

vita quotidiana delle persone. L’Europa passa così da un’economia<br />

dominata dall’agricoltura e dall’artigianato all’economia che si basa sulla<br />

macchina, la grande industria e lo sviluppo dei trasporti.<br />

L’industrializzazione dell’Europa è contraddistinta dall’utilizzo di nuove<br />

fonti d’energia, il carbone poi il petrolio e l’elettricità. E’ caratterizzata da<br />

una serie d’innovazioni tecniche che ne stabiliscono le tappe successive. La<br />

prima rivoluzione industriale è determinata dall’invenzione della macchina<br />

a vapore dello Scozzese James Watt, che determina l’uso del carbone, e che<br />

comporta la meccanizzazione dell’industria cotoniera e lo sviluppo della<br />

metallurgia per la costruzione delle macchine, degli utensili e delle rotaie.<br />

Alla fine del XIX secolo si avvia la seconda rivoluzione industriale che si<br />

associa alla scoperta dell’elettricità, all’uso del petrolio come fonte<br />

d’energia, all’espansione dell’industria chimica, all’invenzione dell’automobile<br />

e allo sviluppo delle telecomunicazioni.<br />

La rivoluzione industriale modifica dunque sensibilmente il modo di<br />

produrre: a poco a poco il lavoro artigianale è sostituito dalla produzione<br />

in serie, favorita dalle nuove tecniche di lavoro. Questa produzione in<br />

massa determina l’abbassamento dei prezzi, dunque la democratizzazione<br />

dei consumi. A poco a poco, la società europea diventa una società di<br />

consumi. La rivoluzione industriale porta dunque ad una vera rivoluzione<br />

commerciale: lo sviluppo dei mezzi di trasporto contribuisce alla<br />

formazione di un mercato mondiale. Sui mercati interni, la nascita dei<br />

grandi magazzini, i primi passi della pubblicità, allora chiamata “réclame”,<br />

lo sviluppo del credito, spingono i consumatori a moltiplicare i loro<br />

acquisti.<br />

La rivoluzione industriale modifica anche le strutture sociali. In effetti,<br />

nel XIX secolo, l’Europa del nord-ovest, poi quella del sud e dell’est, sono<br />

toccate dal cambiamento demografico, che alimenta un forte incremento<br />

naturale. Nel 1900, in Europa si trova un quarto della popolazione<br />

mondiale. Questa crescita demografica favorisce la crescita economica e<br />

determina un importante cambiamento nella distribuzione geografica delle<br />

persone, segnata in particolare dall’esodo rurale. Questa affluenza di<br />

persone richiede una nuova pianificazione delle città, poiché in Europa la<br />

struttura ereditata dai secoli passati non corrisponde più ai nuovi bisogni.<br />

Tutte le grandi città europee subiscono dunque delle trasformazioni allo<br />

scopo di migliorare le condizioni di vita dei cittadini.<br />

Lo sviluppo economico trasforma dunque in modo durevole le<br />

strutture sociali.<br />

Le società tradizionali cedono il posto alla società industriale, segnata<br />

dall’urbanizzazione, dalla nascita di un’immensa classe operaia,<br />

dall’ascesa della borghesia e delle classi medie. In quel momento storico le<br />

classi dirigenti sono completamente rinnovate: il potere della nobiltà<br />

diminuisce, mentre gli imprenditori si arricchiscono rapidamente. Alle<br />

vecchie famiglie di commercianti e banchieri si aggiungono nuove dinastie,<br />

come i grandi proprietari di aziende siderurgiche, chiamati “padroni delle<br />

ferriere”, i grandi padroni delle ferrovie o del tessile e i pionieri<br />

dell’automobile. Questa borghesia dispone di tutte le forme di potere e<br />

ostenta con il suo modo di vivere la propria ricchezza e il proprio potere.<br />

Presta un’attenzione particolare alla manutenzione e all’arredamento della<br />

sua casa. In scala minore, le classi medie, per distinguersi dal mondo<br />

operaio, s’ispirano a questo modo di vivere. E’ così che si sviluppano le arti<br />

decorative in tutta l’Europa.<br />

L’art nouveau in Europa si sviluppa dunque in un contesto del tutto<br />

particolare. L’evoluzione artistica è indissociabile da quella economica e<br />

sociale. Gli artisti s’inseriscono subito nell’evoluzione economica e<br />

tecnologica. <strong>Art</strong>isti e industriali al tempo stesso, essi si appropriano dei<br />

nuovi materiali e delle tecniche derivate dalla rivoluzione industriale.<br />

Cercano anche di adattare l’arte alla produzione industriale: a fianco di<br />

pezzi unici fabbricati per ricchi committenti, sviluppano la produzione in<br />

serie destinata alla piccola borghesia e alle classi medie. Arrivano così ad<br />

abbattere la frontiera tra le arti maggiori (pittura, scultura) e le arti<br />

cosiddette minori, cioè le arti decorative. Anche gli oggetti più comuni<br />

d’uso quotidiano – portacenere, poltrone, sedie, stoviglie – riflettono lo<br />

“spirito nuovo”.<br />

Rompendo dunque con l’accademismo tradizionale, che consiste<br />

molto spesso nell’imitare gli stili del passato, gli artisti si lanciano alla<br />

ricerca di un linguaggio nuovo. Volendo essere funzionale e decorativa al<br />

tempo stesso, l’<strong>Art</strong> nouveau non esita a ricorrere a forme strabilianti,<br />

eliminando le linee diritte a vantaggio di curve e d’arabeschi. Questo stile,<br />

alla fine del XIX secolo, raggiunge l’architettura pubblica e privata, in<br />

particolare le stazioni, le banche e i grandi magazzini.<br />

Au tournant du XX e siècle, un nouveau courant artistique se développe<br />

dans un certain nombre de villes européennes. Ce phénomène<br />

culturel prend différentes appellations, Jugenstil, Modern Style, Ecole de<br />

Nancy, Modernisme ou encore la Sécession. Il est fortement lié aux<br />

évolutions économiques et sociales de l’Europe à l‘époque.<br />

Amorcée à la fin du XVIII e siècle en Grande Bretagne, diffusée en<br />

Europe puis aux Etats-Unis tout au long du XIX e et du XX e siècles, la<br />

révolution industrielle transforme profondément l’économie des pays<br />

qu’elle a touchés, la structure des sociétés et l’existence quotidienne des<br />

hommes. L’Europe passe ainsi d’une économie dominée par l’agriculture et<br />

l’artisanat à une économie fondée sur la machine, la grande industrie et le<br />

développement des transports. L’industrialisation de l’Europe est marquée<br />

par l’utilisation de nouvelles sources d’énergie, le charbon puis le pétrole<br />

et l’électricité. Elle s’est nourrie d’une série d’innovations techniques qui en<br />

établissent les étapes successives. La première révolution industrielle est<br />

déterminée par l’invention de la machine à vapeur par l’Ecossais James<br />

Watt, ce qui nécessite l’utilisation du charbon, et qui entraîne la mécanisation<br />

de l’industrie cotonnière et le développement de la métallurgie<br />

pour la fabrication des machines, des outils et des rails. À la fin du XIX e<br />

siècle, s’amorce la seconde révolution industrielle qu’on associe à la<br />

découverte de l’électricité, à l’utilisation du pétrole comme source<br />

d’énergie, à l’essor de l’industrie chimique, à l’invention de l’automobile et<br />

au développement des télécommunications.<br />

La révolution industrielle modifie donc sensiblement la façon de<br />

produire : peu à peu, la travail artisanal est remplacé par la production en<br />

série, favorisée par les nouvelles techniques de travail. Cette production en<br />

masse provoque une baisse des prix, donc la démocratisation de la<br />

consommation. Petit à petit, la société européenne devient une société de<br />

consommation. La révolution industrielle entraîne donc une véritable<br />

révolution commerciale : le développement des moyens de transport<br />

contribue à la formation d’un marché mondial. Sur les marchés intérieurs,<br />

la naissance des grands magasins, les premiers pas de la publicité, alors<br />

appelée “réclame”, le développement du crédit, incitent les consommateurs<br />

à multiplier leurs achats.<br />

La révolution industrielle modifie également les structures sociales.<br />

En effet, au XIX e siècle, l’Europe du nord-ouest, puis celle du sud et de l’est,<br />

sont touchées par la transition démographique, qui alimente un fort<br />

accroissement naturel. En 1900, l’Europe regroupe ainsi le quart de la<br />

population mondiale. Cette croissance démographique favorise la<br />

croissance économique et entraîne une importante redistribution<br />

géographique des populations, illustrée en particulier par l’exode rural. Cet<br />

afflux de population exige un réaménagement des villes, car en Europe, la<br />

structure héritée des siècles passés ne correspond plus aux besoins<br />

nouveaux. Toutes les grandes cités européennes subissent donc des<br />

transformations, afin d’améliorer les conditions de vie des citadins.<br />

L’essor économique transforme donc durablement les structures<br />

sociales. Les sociétés traditionnelles, cèdent la place à la société industrielle,<br />

marquée par l’urbanisation, la création d’une immense classe<br />

ouvrière, l’ascension de la bourgeoisie et des classes moyennes. À cette<br />

époque, les classes dirigeantes sont totalement renouvelées : la puissance<br />

de la noblesse est en recul, alors les entrepreneurs s’enrichissent<br />

rapidement. Aux vieilles familles de négociants et banquiers viennent<br />

s’ajouter des dynasties nouvelles, comme les grands patrons de la<br />

sidérurgie, appelés les “maîtres des forges”, les grands patrons du chemin<br />

de fer ou du textile et les pionniers de l’automobile. Cette bourgeoisie<br />

cumule toutes les formes de pouvoir et mène un mode de vie ostentatoire,<br />

afin d’exposer sa richesse et son pouvoir. Elle prête une attention toute<br />

particulière à l’entretien et à la décoration de ses demeures. À une moindre<br />

échelle, les classes moyennes, pour se distinguer du monde ouvrier,<br />

s’inscrivent dans ce mode de vie. C’est ainsi que se développent les arts<br />

décoratifs à travers toute l’Europe.<br />

L’<strong>Art</strong> nouveau en Europe se développe donc dans un contexte tout à<br />

fait particulier. L’évolution artistique est ici indissociable de l’évolution<br />

économique et sociale. Les artistes s’inscrivent tout d’abord dans<br />

l’évolution économique et technologique. À la fois artistes et industriels, ils<br />

s’approprient les nouveaux matériaux et les techniques issues de la<br />

révolution industrielle. Ils cherchent aussi à adapter l’art à la fabrication<br />

industrielle : aussi, à côté des pièces uniques fabriquées pour de riches<br />

commanditaires, ils développent la production en série destinée à la petite<br />

bourgeoisie et aux classes moyennes. Ils parviennent ainsi à supprimer la<br />

frontière entre les arts majeurs (peinture, sculpture, architecture) et les arts<br />

dits mineurs, à savoir les arts décoratifs. Les objets les plus quotidiens<br />

– cendriers, fauteuils, chaises, vaisselle – reflètent ainsi “l’esprit nouveau”.<br />

Rompant alors avec l’académisme traditionnel, qui consiste le plus<br />

souvent à imiter les styles du passé, les artistes se lancent dans la<br />

recherche d’un langage neuf. Se voulant à la fois fonctionnel et décoratif,<br />

l’<strong>Art</strong> nouveau n’hésite pas à recourir à des formes étonnantes, supprimant<br />

les lignes droites au profit de courbes et d’arabesques. Ce style touche à la<br />

fin du XIX e siècle l’architecture privée et publique, notamment les gares, les<br />

banques et les grands magasins.


2<br />

3<br />

1<br />

3<br />

4<br />

5<br />

1 Hagbart Schytte-Berg,<br />

Devold Villa, 1906<br />

2 Ålesund’s historic town center,<br />

built 1904-1907<br />

3 Karl Norum, Rønnebergbua,<br />

Ålesund, 1906<br />

4 Hagbart Schytte-Berg,<br />

Swan Pharmacy, Ålesund, 1907<br />

5 From the diningroom in Hagbart<br />

Schytte-Berg ‘Pharmacy,<br />

Ålesund, 1907<br />

Ålesund, Norge<br />

Dalle ceneri all’<strong>Art</strong> nouveau<br />

La città di Alesund, tipica dell’<strong>Art</strong> nouveau, è la conseguenza d’un<br />

incendio catastrofico e di una ricostruzione notevolmente influenzata<br />

dall’architettura internazionale <strong>Art</strong> nouveau, chiamata Jugendstil.<br />

La notte del 23 gennaio 1904 una violenta tempesta provocò un<br />

incendio che distrusse tutta la città di Alesund in sole 15 ore.<br />

Contrariamente a quello che ci si aspettava, vi fu una sola vittima, ma più<br />

di 800 abitazioni furono distrutte e 10000 dei 12000 abitanti della città<br />

rimasero senza tetto. Un aiuto urgente fu inviato da tutta la Norvegia, da<br />

organizzazioni pubbliche o da donatori privati, ma anche da tutta l’Europa<br />

e dagli Stati Uniti. A Parigi vi fu uno spettacolo con Loïe Fuller e con Sarah<br />

Bernhardt per raccogliere fondi. Nonostante il pesante onere finanziario<br />

imposto a questo piccolo porto di pesca per la necessaria ricostruzione,<br />

questa fu terminata nel giro di tre anni, con la costruzione di più di 600<br />

nuovi edifici.<br />

L’altro elemento fondamentale è la conquista dell’indipendenza della<br />

Norvegia nel 1905, un anno dopo quell’incendio.<br />

Il 7 giugno 1905, in pieno periodo di ricostruzione, la Norvegia ruppe<br />

la sua unione politica forzata con la Svezia.<br />

Dopo 400 anni di dominazione danese, seguita da 100 anni di quella<br />

svedese, la Norvegia era finalmente riuscita a riconquistare la sua<br />

indipendenza. Naturalmente, l’entusiasmo e l’esuberanza nazionale hanno<br />

lasciato la loro impronta sull’arte e l’architettura dell’epoca. Molti<br />

architetti che lavoravano ad Alesund hanno cercato di creare una nuova<br />

architettura completamente norvegese. Esempi simili si diffondono in<br />

Europa, come Gaudi a Barcellona o McIntosch a Glasgow.<br />

Un’architettura moderna<br />

Il fallimento recente dell’industria edilizia delle due principali città<br />

della Norvegia fu molto vantaggioso per Alesund. In effetti, numerosi e<br />

validi architetti, carpentieri e artigiani vi si recarono con la speranza di<br />

trovare lavoro. Circa 50 architetti, metà dei quali di meno di 35 anni, e nati<br />

nel paese, parteciparono al progetto di ricostruzione. Essi si erano dovuti<br />

recare all’estero per i loro studi, poiché la Norvegia non ebbe una propria<br />

scuola di architettura fino al 1910. La maggior parte tornava dalla<br />

Germania, ma anche dall’Inghilterra o dalla Scozia. Questi architetti erano<br />

dunque orientati verso le tendenze internazionali e le espressioni<br />

contemporanee dell’<strong>Art</strong> nouveau.<br />

Henrik Nissen, un architetto di grande esperienza, fu incaricato della<br />

ricostruzione di Alesund. Era un fervido sostenitore di un’architettura<br />

semplice, che poggiava le sue radici nella tradizione norvegese. Egli ha più<br />

volte ripetuto che gli architetti erano responsabili della creazione della<br />

bellezza, con gli obiettivi più semplici, “permettendo all’arte di lasciare la<br />

sua impronta sulla nostra città”.<br />

Tutti questi architetti si sono proposti di non imitare più gli antichi stili<br />

ben radicati, e hanno cercato di creare uno stile moderno ispirato alle<br />

proprie tradizioni locali. Hagbart Schytte-Berg, che è sicuramente l’artista<br />

più dotato che abbia lavorato ad Alesund, scrisse: “Dapprima ho seguito lo<br />

stile gotico, ispirandomi poi al Rinascimento, ma più tardi, e in particolare<br />

ad Alesund, me ne sono liberato e ho cercato di dare al mio lavoro una<br />

direzione più personale e più nazionale, non solo in termini di decorazione,<br />

ma anche d’insieme”.<br />

Una costruzione esemplare<br />

“La farmacia del cigno”, Swaneapoteket, mostra come Schytte-Berg<br />

seppe associare le linee eleganti dell’<strong>Art</strong> nouveau con una decorazione<br />

ispirata all’arte Vichinga. L’architetto trovò un’ulteriore forte ispirazione<br />

ideando anche l’arredo della farmacia e alcune parti dell’alloggio dei<br />

proprietari. L’insieme è di rara armonia e bellezza.<br />

Occupando tutto lo spazio d’un isolato, l’immobile si eleva come una<br />

scultura dagli angoli arrotondati e dai passaggi perfetti. La varietà dei<br />

colori del rivestimento in pietra offre delicati contrasti decorativi. Maschere<br />

e dragoni, derivati dall’arte medievale e vichinga norvegese, sembrano<br />

danzare intorno alle numerose finestre di varie forme.<br />

Gli elementi di ferro battuto, la scala, i banchi, le modanature di<br />

stucco (rivestimento murale decorativo, fatto di gesso, colla e polvere di<br />

marmo o di gesso, che imita il marmo), i mobili e la disposizione della hall<br />

e della sala da pranzo hanno caratteristiche simili. Vetrate decorate di<br />

motivi stilizzati o astratti illuminano l’insieme.<br />

Fra aske til <strong>Art</strong> nouveau<br />

<strong>Art</strong> nouveau-byen Ålesund er et resultat av en bybrann, et nasjonalt<br />

merkeår og internasjonale påvirkninger fra den mangfoldige bevegelsen<br />

som på engelsk og fransk har fått navnet <strong>Art</strong> nouveau og på tysk<br />

jugendstil.<br />

Bybrannen<br />

En orkannatt i januar 1904 begynte brannen som på 15 timer la<br />

praktisk talt hele byen i aske. Det var den mest omfattende<br />

brannkatastrofen i Norges historie. Utrolig nok var det kun ett menneske<br />

som omkom, men over 800 hus strøk med, og 10 000 av byens om lag<br />

12 000 innbyggere ble uten tak over hodet. Nødhjelp strømmet til fra flere<br />

land, foreninger og privatpersoner både i Europa og USA. I Paris ble det<br />

blant annet holdt en veldedighetsforestilling der blant annet Loïe Fuller og<br />

Sarah Bernhardt opptrådte. Tross tunge økonomiske løft for mange i den<br />

lille fiskerbyen, klarte man på tre år og reise en by med over 600 nye hus<br />

– og vel 300 av dem var jugendstilhus. Denne egenartede nye byen med<br />

sin tette konsentrasjon av bygninger fra en kort historisk epoke på et lite<br />

areal, samspillet mellom byen og fjord og hav og de nære fjellene, gjør<br />

Ålesund særpreget ikke bare i nasjonal sammenheng.<br />

Arkitektene<br />

Et hell i uhellet for Ålesund var at akkurat på den tiden byen brant<br />

hadde de to største byene i landet hatt et byggekrakk. Resultatet var at<br />

dyktige arbeidere, håndverkere og arkitekter fra hele landet strømmet til<br />

Ålesund i håp om arbeid. Om lag femti arkitekter var med på å sette sitt<br />

preg på byen etter brannen. Halvparten av dem var under 35 år. Alle var,<br />

med et par unntak, født og oppvokst i Norge. Siden det lille landet ikke<br />

hadde egen arkitektutdanning før fra 1910, var arkitektene imidlertid<br />

utdannet i utlandet. Først og fremst i Tyskland, men også i England og<br />

Skottland. Manglende hjemlig miljø gjorde norske arkitekter naturlig<br />

internasjonalt orienterte.<br />

Et nasjonalt merkeår og europeiske paralleller<br />

Midt i gjenoppbyggingsperioden for Ålesund – 7. juni 1905 – løsrev<br />

Norge seg fra unionen med Sverige. Etter fire hundre år som en del av<br />

Danmark og nesten 100 år i union med Sverige skulle Norge nå endelig stå<br />

på egne ben som selvstendig stat. Den nasjonale begeistring og glød som<br />

preget årene før unionsoppløsningen, satte naturligvis også preg på kunst<br />

og arkitektur på ulike måter. Mange av arkitektene i Ålesund hadde uttalte<br />

mål om å skape en arkitektur på nasjonal grunn.<br />

Denne måten å tenke på er helt parallell med det som skjedde andre<br />

steder i Europa, som for eksempel Gaudí i Barcelona eller Mackintosh i<br />

Glasgow. En ønsket blant annet ikke lenger å kopiere, men heller skape en<br />

moderne stil inspirert av hjemlige tradisjoner. Den kanskje mest talentfulle<br />

arkitekten som arbeidet i Ålesund, Hagbart Schytte-Berg, uttrykte seg på<br />

denne måten: «Først var jeg tilhenger av den gotiske stil, men i min<br />

praktiske virksomhet gikk jeg mer over til renessansen… senere, vesentlig<br />

i Ålesund, har jeg løsrevet meg mer og forsøkt å arbeide mer i personlig og<br />

nasjonal retning, så vel i helheten som i ornamentikken.»<br />

På besøk i et hus<br />

Hvordan Schytte-Berg forente jugendstilens elegante slyng med norsk<br />

dragestilornamentikk fra vikingkunsten til et eget personlig uttrykk, kan vi<br />

blant annet studere i Svaneapotek-bygningen. Her fikk arkitekten utfolde<br />

sitt talent også ved å tegne inventar til både apotekutsalget og deler av<br />

privatboligen til apotekerfamilien. Resultatet er et uvanlig helhetlig og<br />

vakkert hus. Det dekker nesten et kvartal og virker som en skulptur i<br />

byrommet med sine avrundede hjørner og glidende overganger. Huset er<br />

forblendet med norsk granitt der ulike farger i steinen gir dekorative<br />

kontraster. Drageformer og masker inspirert av norsk viking- og<br />

middelalderkunst danser i dekorasjonene rundt de mange og varierte<br />

vinduene, i smijernsarbeidet, i utskjæringene i dører, disker og trappehus, i<br />

gipslistene i taket og i møbler og inventar i spisestue og hall.<br />

Blyglassvinduene siler lyset gjennom mer kontinentale <strong>Art</strong> nouveaumotiver<br />

med stiliserte eller abstraherte naturbilder.<br />

Kunstens stempel på byen<br />

Dette huset representerer det Stephan Tschudi Madsen – tidligere<br />

norsk riksantikvar og pioner i forskningen omkring internasjonal <strong>Art</strong><br />

nouveau – kaller den ålesundske symbiosen mellom dragestil og <strong>Art</strong><br />

nouveauslyng. Han har også pekt på hvordan ulike inspirasjoner fra den<br />

nye europeiske arkitekturen gav nedslag i Ålesund. Fra østerrisk inspirerte<br />

småkvadrater, tysk-østerrikske jugendstil med elegante slyng, trekk fra<br />

middelalderens borgarkitektur og inspirasjon fra nasjonale ornamenter.<br />

Den erfarne arkitekten Henrik Nissen ble ansatt som bygningssjef<br />

etter brannen. Han ivret for en ærlig arkitektur som bygde på hjemlig<br />

tradisjon. Og han la stor vekt på arkitektenes ansvar for å skape skjønnhet<br />

ned til den enkleste form. «Sette kunstens stempel på byen,» som han<br />

uttrykte det. Da han avsluttet arbeidet i 1906, oppsummerte han sine<br />

inntrykk og fant at arkitektene hadde vist redelig vilje til å løsrive seg fra<br />

gammel, stivnet tenkning om arkitektur og hadde klart å skape resultater<br />

som kanskje kunne ha «blivende verdi for arkitekturen i vårt land».


1<br />

4<br />

2<br />

1 & 2<br />

Lluís Domènech i Montaner,<br />

Palau de la Música Catalana,<br />

Barcelona, 1905-1908<br />

Barcelona, Catalunya<br />

Il rinascimento catalano<br />

La Catalogna è una piccola regione bagnata dal mar Mediterraneo, a<br />

nord-est della Penisola iberica e legata, dall’inizio del XVIII secolo, alla<br />

storia politica ed economica della Spagna. Dopo una guerra contro la<br />

Castiglia e la Francia, persa dalla Catalogna, la lingua e la cultura catalane<br />

sono state limitate all’ambito domestico o popolare. Il castigliano diventa<br />

dunque la lingua ufficiale.<br />

D’altra parte, le risorse naturali sono scarse e, dall’epoca medievale, il<br />

popolo catalano si dedica alla navigazione e al commercio. Tuttavia, la<br />

situazione economica cambia profondamente verso la metà del XIX secolo<br />

con la rivoluzione industriale, che trasforma il paese in un importante<br />

centro di produzione tessile, le comunicazioni si modernizzano ed il<br />

commercio con il resto della Spagna e con l’America consente di<br />

mantenere un ritmo di produzione elevato.<br />

Questo modifica notevolmente la società catalana: una nuova classe<br />

sociale, la borghesia, si sviluppa e consolida il suo potere, mentre i<br />

lavoratori vivono in condizioni difficili.<br />

E’ in questo contesto che nasce un movimento culturale di tipo<br />

romantico, la Renaixença, che valorizza la cultura autoctona e il catalano<br />

come lingua di cultura. L’insieme di questo processo culmina con<br />

l’allestimento, a Barcellona, nel 1888, di un’Esposizione Universale che<br />

sintetizza tutto questo movimento di modernizzazione dell’industria e<br />

della cultura catalana, e costituisce il punto di partenza del fenomeno<br />

culturale che si definisce come Modernismo catalano.<br />

Il Modernismo catalano<br />

L’<strong>Art</strong> nouveau o lo Jugendstil si sviluppano per il desiderio di dare alla<br />

cultura europea modernità e spirito cosmopolita. La versione catalana, il<br />

Modernismo recepisce questi nuovi elementi, senza tuttavia rinunciare alle<br />

proprie radici: in effetti, la sua principale caratteristica è un equilibrio<br />

notevole tra la modernità e la tradizione. Nel Modernismo catalano,<br />

accanto alle linee sinuose e cosmopolite dell’<strong>Art</strong> nouveau internazionale,<br />

si trovano riferimenti al passato e alla propria storia che non si vuole<br />

dimenticare. In questo modo si recuperano i vecchi mestieri artigianali e si<br />

trovano un po’ dappertutto riferimenti simbolici alla storia e alle tradizioni:<br />

le quattro strisce della bandiera catalana, la leggenda di San Jordi, patrono<br />

della Catalogna, un gran repertorio iconografico, dispiegato sulle facciate<br />

architettoniche, che è motivo di altrettanti temi sviluppati dai pittori, dagli<br />

scultori, dai poeti e dai musicisti catalani.<br />

Tuttavia, di tutte le arti, l’architettura è quella che ha lo sviluppo più<br />

spettacolare. La nuova borghesia e le istituzioni civili diventano<br />

committenti e consentono l’impulso di uno stile architettonico che diventa<br />

l’immagine della modernità. La città di Barcellona, all’epoca in piena<br />

crescita e potendo perciò offrire enormi possibilità di costruire, è oggi uno<br />

straordinario esempio di quello che fu il Modernismo catalano, del quale si<br />

possono ancora vedere le opere dei tre architetti più caratteristici: Antonio<br />

Gaudì, Lluìs Domènech i Montaner e Josep Puig i Cadafalch.<br />

Antoni Gaudì e i suoi contemporanei<br />

Antoni Gaudì è l’architetto più rappresentativo di questo movimento.<br />

Il suo genio sta nella sua capacità di portare agli estremi limiti costruttivi<br />

e strutturali le possibilità dell’architettura del suo tempo e di dotarla, al<br />

tempo stesso, di contenuti simbolici non equivoci. La Casa Batllò non è<br />

altro che un’allegoria del mito di San Jordi, mentre la Casa Milà o il Parco<br />

Guëll spingono all’estremo il contrasto tra l’opera d’arte, come creazione,<br />

e la natura. Tuttavia, è negli edifici religiosi che egli sviluppa al massimo il<br />

suo concetto dell’architettura. E’ proprio nella cripta della Colonia Guëll e<br />

nel tempio della Sagrada Familia, e soprattutto in quest’ultimo, che Gaudi<br />

sperimenta fino a limiti ancora insospettati le possibilità costruttive dei<br />

grandi templi gotici mentre scrive un poema allegorico dai sentimenti<br />

religiosi.<br />

Domènech i Montaner, da parte sua, unisce a una conoscenza molto<br />

profonda delle nuove tecnologie architettoniche l’uso abbondante e molto<br />

accurato della decorazione.<br />

Infine, è l’architetto, ma anche lo storico e l’uomo politico, Josep Ma<br />

Puig i Cadafalch che traduce al meglio il mito di un Medio Evo mai<br />

dimenticato.<br />

La Renaixença catalana<br />

Catalunya és una regió petita situada a la riba del Mediterrani, al<br />

nord-est de la Península Ibèrica i vinculada, des del principi del segle XVIII,<br />

a la història política i econòmica d’Espanya. Després d’una guerra contra<br />

Castella i França que Catalunya va perdre, la llengua i la cultura catalanes<br />

van quedar restringides a l’àmbit domèstic o popular. El castellà es va<br />

convertir en la llengua oficial.<br />

A més, els seus recursos naturals són escassos i, des de l’època<br />

medieval, el poble català es consagra a la navegació i al comerç.<br />

Tanmateix, la situació econòmica es veu profundament modificada a<br />

mitjan segle XIX amb la revolució industrial que transforma el país en un<br />

centre important de producció tèxtil, les comunicacions es modernitzen i el<br />

comerç amb la resta d’Espanya i amb Amèrica li permet mantenir un ritme<br />

de producció sostingut.<br />

La societat catalana en resulta profundament modificada: una nova<br />

classe social, la burgesia, es desenvolupa i consolida el seu poder, mentre<br />

que els treballadors pateixen condicions de vida difícils.<br />

És en aquest context que es produeix la Renaixença, un moviment<br />

cultural de tipus romàntic que defensa el valor de la cultura autòctona i el<br />

català com a llengua de cultura. Tot aquest procés culmina el 1888 a<br />

Barcelona en una Exposició Universal que sintetitza tot el moviment de<br />

modernització de la indústria i de la cultura catalana, i que constitueix el<br />

punt de partida del fenomen cultural que entenem com a modernisme<br />

català.<br />

El modernisme català<br />

L’<strong>Art</strong> nouveau, o el Jugendstil, es van desenvolupar com un desig de<br />

dotar la cultura europea d’un sentit de modernitat i de cosmopolitisme. La<br />

versió catalana, el modernisme, integra aquestes noves dades, però sense<br />

renunciar a les arrels pròpies: en efecte, la seva característica més representativa<br />

és un equilibri particular entre la modernitat i la tradició. En el<br />

modernisme català, al costat de les línies sinuoses i cosmopolites de l’<strong>Art</strong><br />

<strong>Nouveau</strong> internacional hi trobem referències al passat, a la pròpia història,<br />

que hom es nega a oblidar. D’aquesta manera es recuperen els antics oficis<br />

artesans i trobem, una mica pertot, referències simbòliques a la història i a<br />

les tradicions: les quatre barres de la senyera catalana, la llegenda de Sant<br />

Jordi, patró de Catalunya, tot un extens repertori iconogràfic, desplegat<br />

sobre les façanes arquitectòniques i que es multiplica en els temes<br />

desenvolupats pels pintors, escultors, poetes i músics catalans.<br />

Tanmateix, de totes les arts, l’arquitectura és la que té un desenvolupament<br />

més espectacular. La nova burgesia i les institucions civils<br />

ofereixen mecenatge i permeten impulsar un estil arquitectònic que esdevé<br />

la imatge de la modernitat. La ciutat de Barcelona, llavors en ple<br />

creixement i que oferia, per tant, enormes possibilitats de construcció,<br />

encara avui és un exemple excel·lent de què va ser el modernisme català,<br />

del qual hi podem veure les obres dels tres arquitectes més característics:<br />

Antoni Gaudí, Lluís Domènech i Montaner i Josep Puig i Cadafalch.<br />

Antoni Gaudí i els seus contemporanis<br />

Antoni Gaudí és l’arquitecte més representatiu d’aquest moviment.<br />

La seva genialitat rau en la seva capacitat per portar fins als límits<br />

constructius i estructurals més extrems les possibilitats de l’arquitectura<br />

del seu temps i dotar-la, paral·lelament, de continguts simbòlics<br />

inequívocs. La Casa Batlló no és ni més ni menys que una al·legoria del<br />

mite de Sant Jordi, mentre que la Casa Milà o el Park Güell porten al límit<br />

l’oposició entre l’obra d’art, en tant que creació, i la natura. Tanmateix, és<br />

en els edificis religiosos que Gaudí desenvolupa al màxim el seu concepte<br />

de l’arquitectura. De fet, és en la cripta de la Colònia Güell i en el temple<br />

de la Sagrada Família, i molt especialment en aquest darrer, que<br />

experimenta fins a uns límits encara insospitats les possibilitats<br />

constructives dels grans temples gòtics i, al mateix temps, escriu un poema<br />

al·legòric als seus sentiments religiosos.<br />

Domènech i Montaner, d’altre banda, alia un coneixement extraordinàriament<br />

profund de les noves tecnologies arquitectòniques amb l’ús<br />

abundant i molt acurat de la decoració.<br />

Finalment, és l’arquitecte, però també l’historiador i l’home polític<br />

Josep Puig i Cadafalch qui tradueix millor el mite d’una Edat Mitjana mai<br />

oblidada.


2<br />

3<br />

5<br />

1<br />

4<br />

5<br />

1 Paul Cauchie, private house,<br />

dining room, Bruxelles, 1905<br />

2 Gustave Strauven,<br />

Saint-Cyr house, 1900-1903<br />

3 Gustave Serrurier-Bovy<br />

dining room plan published<br />

in “L’<strong>Art</strong> décoratif”,<br />

november 1904<br />

4 Adolphe Crespin,<br />

“Paul Hankar, architecte” bill,<br />

1894<br />

5 Paul Hankar,<br />

Niguet shirtmaker shop window,<br />

Bruxelles, 1896<br />

Bruxelles-Brussel, Belgique-België<br />

Il contesto della nascita dell’<strong>Art</strong> nouveau<br />

Alla fine del XIX secolo, Bruxelles conosce una grande crescita<br />

economica e culturale. L’aumento della popolazione genera<br />

l’urbanizzazione della periferia e provoca una vera frenesia di costruire.<br />

Opponendosi alla corrente conservatrice di una parte della borghesia<br />

che preferisce l’arte tradizionale, alcuni artisti e intellettuali cercano<br />

d’imporsi. Hanno per la maggior parte contatti con artisti che hanno scelto<br />

la stessa via all’estero. Vogliono fare di Bruxelles una metropoli moderna<br />

la cui influenza vada ampiamente oltre le frontiere. Perciò, essi cercano una<br />

nuova estetica che riunisca tutte le espressioni artistiche, che chiamano<br />

arte globale. Per mezzo di riviste e di atelier d’artisti (“l’<strong>Art</strong>e Moderna”,<br />

nata nel 1881, il circolo di artisti “i XX” e “La Libera Estetica” sorti nel<br />

1883), gli artisti diffondono una nuova corrente di pensiero.<br />

Le grandi figure dell’<strong>Art</strong> nouveau a Bruxelles<br />

Questa nuova corrente artistica si sviluppa ad opera di architetti,<br />

artisti, pittori e ebanisti.<br />

Victor Horta è considerato il fondatore dell’<strong>Art</strong> nouveau. Nel 1893,<br />

costruisce l’hotel Tassel, comunemente considerato il primo esempio di<br />

stile <strong>Art</strong> nouveau. Con questo edificio Horta rompe completamente con<br />

l’architettura tradizionale e con l’arredamento tipo dello spazio interno,<br />

cioè la successione di stanze una dopo l’altra come i vagoni di un treno.<br />

Egli innova nell’organizzazione dello spazio: ogni stanza ha una funzione<br />

precisa pur essendo ampiamente aperta sugli altri spazi. Cupole, giardini<br />

d’inverno e grandi vetrate consentono alla luce naturale di penetrare nel<br />

cuore stesso dell’edificio. Per la prima volta il ferro è usato come elemento<br />

decorativo all’interno di una stanza. Horta curva il materiale e lo armonizza<br />

con la struttura della costruzione. Ogni dettaglio è in perfetta sintonia con<br />

l’insieme e la stessa armonia si trova anche nella composizione della<br />

facciata. Horta s’ispira al mondo vegetale, “del fiore, toglie il bocciolo e<br />

conserva il gambo”. E’ così che crea il suo stile tipico, il “colpo di frusta”,<br />

che segnerà le sue creazioni del periodo <strong>Art</strong> nouveau, capolavori che<br />

ispireranno molti architetti d’oltre frontiera.<br />

Nello stesso anno 1893, Paul Hankar costruisce la propria casa.<br />

Hangar sviluppa uno stile più sobrio e più strutturato di Horta. Le sue<br />

facciate formano un insieme coerente, dove brilla il suo senso del colore,<br />

del dettaglio e dei materiali. Nel 1897 è incaricato dell’arredamento del<br />

padiglione congolese, all’esposizione internazionale di Bruxelles, ed<br />

ottiene un riconoscimento generale presso il grande pubblico. Riceve<br />

numerosi incarichi per arredamenti di negozi. Le sue opere più<br />

rappresentative sono la casa Ciamberlani e la facciata dell’antico negozio<br />

di camicie Niguet.<br />

Henry van de Velde, agli inizi, si dedica rapidamente alle arti applicate<br />

e nel 1895 realizza la propria abitazione, la villa “Bloemenwerf”. Egli<br />

studia l’arredamento interno fin nei minimi dettagli, compresi l’argenteria<br />

e le stoviglie, e anche gli abiti della moglie: un vero capolavoro d’arte<br />

totale. Il suo stile è organico, si ispira alla natura, ma abbandona il famoso<br />

“colpo di frusta” caro a Victor Horta per un disegno più rigoroso.<br />

Gustave Serrurier-Bovylavora come ebanista e creatore di mobili. E’ in<br />

contatto con il movimento inglese “<strong>Art</strong>s and Crafts” (arti decorative). Crea<br />

mobili semplici e solidi, senza decorazioni eccessive, con i materiali del<br />

luogo. Serrurier-Bovy predilige il “mobile composito” che si presta a<br />

diverse funzioni e propone mobili economici che realizza egli stesso.<br />

Collabora con diversi architetti, tra i quali Henry Van de Velde, che d’altra<br />

parte si avvale dei suoi principi a proprio vantaggio.<br />

Il graffito, una tecnica propria di Bruxelles<br />

L’<strong>Art</strong> nouveau a Bruxelles si distingue per l’impiego di graffiti. Questa<br />

tecnica è utilizzata per la decorazione murale: si applica, su un fondo di<br />

colore scuro, uno strato di malta bianca che si scava per far apparire in<br />

chiaro i motivi voluti. Si fa questo lavoro per dipingere le superfici. Il<br />

graffito raggiunge il suo apogeo nello stile <strong>Art</strong> nouveau. Questa tecnica<br />

decorativa è molto diffusa per il suo basso costo. Il graffito ravviva la<br />

facciata, in tutto o in parte, e si integra con gli altri materiali e le altre<br />

forme. Gli artisti di fama hanno firmato alcuni di questi lavori,<br />

specialmente Paul Hankar, altri sono stati realizzati da mani anonime o da<br />

artigiani che hanno mostrato la loro abilità.<br />

L’artista Paul Cauchie è il principale iniziatore e sviluppa questa<br />

tecnica in uno stile molto personale. Nel 1905, progetta la sua abitazione<br />

con il suo studio. La sua casa è costruita secondo un piano geometrico<br />

sobrio, ma si distingue per una decorazione incantevole di graffiti sia<br />

all’interno sia all’esterno. La facciata mostra delle figure femminili<br />

allegoriche che rappresentano le nove muse. Questa decorazione della<br />

facciata si estende fino al corridoio e alla sala da pranzo e diventa un vero<br />

marchio di fabbrica dell’artista.<br />

Le contexte de l’éclosion<br />

À la fin du XIX e siècle, Bruxelles connaît un plein essor économique<br />

et culturel. L’accroissement de la population engendre l’urbanisation des<br />

banlieues et déclenche une véritable frénésie de constructions.<br />

En réaction au courant conservateur d’une partie de la bourgeoisie<br />

qui préfère l’art traditionnel, des artistes et des intellectuels cherchent à<br />

s’imposer. La plupart ont des contacts avec des artistes ayant choisi la<br />

même voie à l’étranger. Ils veulent faire de Bruxelles une métropole<br />

moderne dont le rayonnement dépasserait largement les frontières. Ainsi,<br />

ils recherchent une nouvelle esthétique réunissant toutes les expressions<br />

artistiques, ce qu’ils appellent un art global. Par le biais de différentes<br />

revues et ateliers artistiques (“l’<strong>Art</strong> Moderne” créé en 1881, le cercle<br />

artistique “les XX” créé en 1883 auquel succède “La Libre Esthétique”),<br />

les artistes diffusent un nouveau courant de pensée.<br />

Les grandes figures de l’<strong>Art</strong> nouveau à Bruxelles<br />

Ce nouveau courant artistique se développe sous l’impulsion d’architectes,<br />

d’artistes peintres et d’ébénistes.<br />

Victor Horta est considéré comme le fondateur de l’<strong>Art</strong> nouveau. En<br />

1893, il construit l’hôtel Tassel, communément considéré comme le<br />

premier exemple du style <strong>Art</strong> nouveau. Avec cet édifice il rompt<br />

totalement avec l’architecture traditionnelle et l’aménagement type de<br />

l’espace intérieur, à savoir la succession de pièces en enfilade comme les<br />

wagons d’un train. Horta innove dans l’organisation de l’espace : chaque<br />

pièce a une fonction précise tout en étant largement ouverte sur les<br />

autres espaces. Coupoles, jardins d’hiver et grandes baies vitrées invitent<br />

la lumière naturelle à pénétrer au cœur même du bâtiment. Pour la<br />

première fois le fer est utilisé comme élément décoratif à l’intérieur d’une<br />

habitation. Horta courbe le matériau et le fait vivre en harmonie avec la<br />

structure de la construction. Chaque détail est en accord parfait avec<br />

l’ensemble et cette harmonie se retrouve aussi dans la composition de la<br />

façade. Horta s’inspire du monde végétal, “de la fleur, il ôte le bouton et<br />

garde la tige”. C’est ainsi qu’il crée son style typique en “coup de fouet”,<br />

qui marquera ses créations de la période <strong>Art</strong> nouveau, chefs-d’oeuvre qui<br />

inspireront bien des architectes au-delà des frontières.<br />

Cette même année 1893, Paul Hankar construit sa propre maison. Il<br />

développe un style plus sobre et plus structuré que Victor Horta. Ses<br />

façades forment un ensemble cohérent où éclate son sens de la couleur,<br />

du détail et des matériaux. En 1897 il se voit chargé de l’aménagement<br />

du pavillon congolais à l’exposition internationale de Bruxelles, ce qui lui<br />

vaut une reconnaissance générale auprès du grand public. Il reçoit de<br />

nombreuses commandes pour des aménagements de magasins. Ses<br />

créations les plus flamboyantes sont la maison Ciamberlani et la<br />

devanture de l’ancien magasin de chemises Niguet.<br />

Henry van de Velde, artiste peintre à l’origine, se consacre<br />

rapidement aux arts appliqués et en 1895, réalise sa propre habitation,<br />

la villa “Bloemenwerf“. Il conçoit l’aménagement intérieur jusque dans<br />

les moindres détails, y compris l’argenterie et la vaisselle, et même les<br />

vêtements de sa femme : un véritable chef-d’œuvre d’art total. Son style<br />

est organique, il s’inspire de la nature, mais il abandonne le fameux<br />

“coup de fouet” cher à Victor Horta pour un dessin plus strict .<br />

Gustave Serrurier-Bovy travaille comme ébéniste et concepteur de<br />

mobilier. Il entretient des contacts avec le mouvement anglais des “<strong>Art</strong>s<br />

and Crafts” (les arts décoratifs). Il crée du mobilier simple et solide, sans<br />

décor excessif, dans des matériaux de la région. Il affectionne<br />

particulièrement le “meuble composite” qui réunit différentes fonctions<br />

et propose du mobilier bon marché à monter soi-même.<br />

Le sgraffite, une technique propre à Bruxelles<br />

L’<strong>Art</strong> nouveau bruxellois se distingue par l’utilisation de sgraffites.<br />

Cette technique est utilisée pour la décoration murale : on applique, sur<br />

un fond de couleur sombre, un enduit de mortier blanc que l’on creuse<br />

pour faire apparaître en clair les motifs voulus. Le travail se poursuit par<br />

la mise en peinture des surfaces. C'est dans le style art nouveau que le<br />

sgraffite atteint son apogée. Cette technique décorative est abondamment<br />

appliquée en raison de son faible coût. Le sgraffite anime la<br />

façade, en partie ou en totalité, et se conjugue aux autres matériaux et<br />

formes. Des artistes renommés ont signé certains de ces décors, notamment<br />

Adolphe Crespin ou Privat Livemont, d'autres ont été réalisés par<br />

des mains anonymes ou des artisans qui ont exprimé leur savoir-faire.<br />

L’artiste Paul Cauchie en est le principal initiateur et il développe<br />

cette technique dans un style très personnel. En 1905, il conçoit sa propre<br />

habitation avec atelier. Sa maison est construite selon un plan<br />

géométrique sobre, mais se distingue par un décor saisissant de sgraffites<br />

tant à l’intérieur qu’à l’extérieur. La façade montre des silhouettes<br />

féminines allégoriques représentant 9 muses. Ce décor de façade se<br />

prolonge jusqu’au corridor et dans la salle à manger et devient une<br />

véritable marque de fabrique pour l’artiste.


2<br />

3<br />

6<br />

1<br />

4<br />

5<br />

1, 2, 3, 4 & 5<br />

Ödön Lechner, Gyula Pártos<br />

Iparmıvészeti Múzeum, Budapest,<br />

1893-1896<br />

photo G. Barka<br />

Budapest, Magyarorszàg<br />

Lo sviluppo urbano del XIX secolo<br />

Nel XIX secolo, la popolazione di Budapest passa da 30000 a un<br />

milione d’abitanti. Verso la fine del secolo Budapest diventa una vera<br />

metropoli industriale con una delle prime metropolitane sotterranee, treni<br />

in periferia ed enormi stazioni, che assicurano le comunicazioni tra le città<br />

e le campagne, ma anche tra l’Oriente e l’Occidente. Le case, le ville e i<br />

palazzi <strong>Art</strong> nouveau sono onnipresenti.<br />

Si costruisce in tutti i settori: abitazioni (case con o senza giardino,<br />

ville e abitazioni per gruppi di artisti), edifici e spazi pubblici (hotel, bagni,<br />

grandi magazzini, dormitori, teatri, banche, sale d’esposizione, giardino<br />

zoologico).<br />

Uno stile eclettico<br />

Pochi edifici <strong>Art</strong> nouveau di Budapest si possono identificare con le<br />

caratteristiche fondamentali dello stile. Infatti, se si studiano le costruzioni<br />

dell’<strong>Art</strong> nouveau, si rilevano una diversità delle planimetrie, delle<br />

proporzioni e dei dettagli degli edifici, ma sempre dei legami molto forti tra<br />

l’interno (il cuore dell’habitat) e l’esterno dell’edificio (la natura).<br />

Lo stile <strong>Art</strong> nouveau si è sviluppato, infatti, su appezzamenti che<br />

consentono costruzioni indipendenti le une dalle altre. Le case stesse sono<br />

formate da molti appartamenti realizzati in stili diversi.<br />

L’espansione dello stile non è solo la conseguenza dell’immigrazione<br />

di una popolazione numerosa che viene dalla campagna, ma anche dei<br />

bisogni di comodità della borghesia che aumenta, del gusto per gli spazi<br />

privati intimi e dell’infatuazione degli intellettuali per la cultura popolare e<br />

contadina. Le forme e le decorazioni medievali, regionali e popolari<br />

rappresentano la continuità storica, geografica e sociale dei nuovi abitanti<br />

della metropoli.<br />

L’architettura ungherese si avvale anche di forme orientali. Gli<br />

ungheresi conservano il mito delle loro origini orientali, rafforzato dalla<br />

presenza delle vestigia turche, testimonianze dell’occupazione ottomana<br />

del XVI secolo.<br />

Il tono della città, tipicamente orientaleggiante, si rivela nella<br />

policromia delle decorazioni e dei rivestimenti in ceramica, nell’ornamento<br />

delle facciate con cornici ondulate, e nelle decorazioni e nelle forme di<br />

copertura molto lavorate.<br />

Oltre a queste varianti specifiche dell’<strong>Art</strong> nouveau, esiste un altro stile<br />

architettonico, freddo ed elegante, ispirato al Rinascimento. Esso unisce le<br />

tecnologie e i nuovi materiali con quelli tradizionali, come il legno e la<br />

pietra su una struttura d’acciaio o di cemento armato. Talvolta, e<br />

soprattutto nei casi in cui si tratta di alloggi sociali, la necessità di<br />

rispondere a precisi bisogni segna già la nascita del Funzionalismo. Questa<br />

soluzione è opera di una generazione eccezionale di architetti, la cui<br />

formazione si basa sulla perfetta conoscenza degli stili storici e delle<br />

tecnologie moderne.<br />

I nuovi edifici, moltiplicandosi di giorno in giorno, e la vita frenetica<br />

della città, con lo sfruttamento di nuovi terreni, hanno posto il problema<br />

dell’arredo urbano. Architetti ungheresi e stranieri si occupano della vita e<br />

dell’avvenire della città anche in congressi internazionali.<br />

Il Museo delle <strong>Art</strong>i Decorative<br />

costruito nel 1893-96 da Ödön Lechner e Gyula Pàrtos<br />

Verso il 1870 nasce il progetto del Museo Ungherese delle <strong>Art</strong>i<br />

Decorative. Il movimento che l’ha determinato si colloca dopo le due<br />

Esposizioni Universali di Londra del 1851 e del 1862. Esso si propone di<br />

trovare il giusto equilibrio tra l’artigianato, che produce oggetti di valore in<br />

piccola quantità, e i prodotti di qualità mediocre fabbricati in serie nelle<br />

fabbriche.<br />

Fino all’inizio degli anni ‘90 le collezioni del museo si arricchiscono<br />

benché esso non possegga un edificio proprio. Le sue esposizioni hanno<br />

dunque luogo presso altre istituzioni. In questi anni nasce l’esigenza di<br />

istituire una scuola speciale di arti decorative presso il museo.<br />

Nel 1890 il Ministero di Culto bandisce un concorso per la<br />

progettazione del museo e della scuola di arti decorative. Ödön Lechner e<br />

Gyula Pàrtos vincono il primo premio con il loro progetto il cui motto è: “A<br />

est, ungheresi!” Infine, nel 1893 le costruzioni incominciano e nel 1896<br />

l’edificio è terminato. La sua inaugurazione è un avvenimento importante<br />

delle feste del millennio, che ricorda la nascita dell’Ungheria.<br />

Gli architetti vogliono creare un’architettura monumentale nazionale.<br />

Per questo, essi tengono conto delle origini orientali degli ungheresi. Essi<br />

applicano anche le nuove tecniche: il pirogranito (sorta di ceramica<br />

resistente alle intemperie) inventato dalla manifattura Zsolnay à Pécs, il<br />

cemento armato e l’associazione vetro- fusione -ferro per coprire la hall<br />

centrale.<br />

Le superfici interne sono riccamente coperte di dipinti decorativi, i cui<br />

motivi si estendono anche ai pannelli di vetro della copertura. Le forme degli<br />

archi di sostegno della hall centrale si integrano perfettamente con la<br />

decorazione. Gli spazi d’esposizione ricevono la luce dalla copertura di vetro.<br />

A város fejlŒdése a XIX. században<br />

A XIX. század folyamán Budapest lakossága 30 ezerrŒl 1 millióra<br />

növekedett. A századfordulóra iparosodott világváros lett, a kontinens<br />

elsŒ földalattijával, helyiérdekı vonatokkal a környék nyaralóvároskáiba,<br />

hatalmas pályaudvarokkal, melyek nem csupán a várost és a vidéket, de<br />

Keletet és Nyugatot is összekapcsolták. A szecessziós házak, villák és<br />

paloták mindenütt jelen voltak.<br />

Az élet minden területén építettek: lakóházakat (kerttel vagy<br />

anélkül, villákat és mıvésztelepet), közösségi épületeket (szállodákat,<br />

fürdŒket, üzletházakat, mulatókat, színházakat, bankokat, mıvészeti<br />

galériát és állatkertet).<br />

Egy különös stílus<br />

Budapest szecessziós épületei közül kevés azonosítható a stílus<br />

ismert alaptípusaival. Ha azonban tanulmányozzuk a szecessziós<br />

emlékeket, elmondhatjuk, hogy a változatos alaprajzok, a tömegelosztás<br />

és részletformák, valamint a belsŒ tér (a ház szíve) és a külsŒ (a<br />

természet) közötti erŒs kapcsolat most új gondolatként jelent meg.<br />

A szecesszió elsŒsorban a szabad beépítésı telkeken (villák,<br />

kertvárosok, lakótelepek) terjedt el, s még soklakásos házak esetében is,<br />

ahol a különféle lakástípusok kialakítása egy épületen belül különleges<br />

építészeti feladatot jelentett.<br />

A stílus elterjedését nem csupán a fŒvárosba vándorló paraszti<br />

népesség indokolta, de a felduzzadt középosztály otthonosságigénye is,<br />

az intim terek kedvelése, és – nem utolsósorban – az értelmiség<br />

vonzódása a paraszti kultúrához. Az olykor középkori, vidéki, paraszti<br />

épületformák és díszítmények a metropolis új lakóinak a történelmi,<br />

földrajzi, társadalmi folyamatosságot közvetítették.<br />

A magyar építészetben másrészt már megjelentek a keleti<br />

épületformák. Az orientalizmus a magyar szecesszióban összetett, hisz a<br />

honfoglalás millenniuma idején, azaz a századvégen élŒ volt a népesség<br />

keleti eredetének mítosza, amihez hozzájárultak a helyi török emlékek is.<br />

Mindezek sajátos keleti jelleget kölcsönöznek Budapestnek, ami<br />

színességében (kerámiaburkolatokban és -díszekben), a homlokzatok<br />

hullámos pártás lezárásában, szokatlan tetŒdíszekben és formákban<br />

mutatkozik meg.<br />

E sajátos szecesszióvariánsok mellett nem hiányzik az összképbŒl<br />

egy másik, a reneszánsz racionalitását követŒ, hıvös és elegáns építészeti<br />

stílus sem. Amint az anyagok és technológia tekintetében is együtt<br />

vannak a hagyományosak az újakkal, a fa, a terméskŒ az acélszerkezettel<br />

és vasbetonnal. Olykor, különösen a szociális építkezéseknél, a<br />

rendeltetésnek való megfelelés kizárólagossága a funkcionalizmus<br />

szemléletének kialakulását jelzi.<br />

Mindezek megvalósítása egy rendkívüli építészgenerációhoz<br />

fızŒdik, s egy olyan építészképzéshez, melyben a történelmi stílusok és<br />

a modern technológiák ismerete egyaránt követelmény volt.<br />

A gombamód szaporodó épületek, az építkezések számára<br />

megnyitott újabb és újabb területeken kívül a meglévŒk rendezésének<br />

kérdését is felvetették. Nemzetközi konferenciák, magyar és külföldi<br />

építészek javaslatai foglalkoztak a város életével és jövŒjével.<br />

Az Iparmıvészeti Múzeum<br />

épült 1893-96 között, Lechner Ödön és Pártos Gyula tervei alapján<br />

Az 1870-es évek elején alakult meg az Országos Magyar<br />

Iparmıvészeti Múzeum. A mozgalom, mely létrehozta, az 1851-es elsŒ és<br />

az 1862-es második londoni világkiállítást követŒen indult meg<br />

Magyarországon. Célja az volt, hogy megtalálja a középutat az egyedi és<br />

ezért drága, kevesek számára elérhetŒ használati tárgyakat elŒállító<br />

kézmıipar és a gyenge minŒségı gyáripari tömegáruk között.<br />

Az 1890-es évek elejéig a múzeum gyıjteménye szépen<br />

gyarapodott, kiállításait azonban – saját épülete nem lévén – más<br />

intézmények vendégeként rendezte. Ezekben az években merült fel a<br />

múzeum mellett egy iparmıvészeti iskola megalapításának gondolata is.<br />

A pályázatot a kultuszminisztérium írta ki az épületre 1890-ben,<br />

immár tehát kettŒs programmal: múzeum- és iskolaépületre. A gyŒztes<br />

Lechner Ödön és Pártos Gyula “Keletre magyar!” jeligéjı terve lett. Az<br />

építkezés végül 1893-ban kezdŒdött, és az épületet 1896-ban, a<br />

Magyarország fennállásának ezer éves évfordulójára emlékezŒ<br />

millenniumi ünnepségek keretében adták át rendeltetésének.<br />

Az épület korszakalkotó nemcsak a magyar, hanem az európai<br />

építészet történetében is: az elsŒ olyan múzeumépület, amely nem<br />

történeti, historizáló stílusban épült. Lechner egy sajátos, nemzeti<br />

monumentális építészetet kívánt létrehozni. Ezért – a magyar nép keleti<br />

eredetét szem elŒtt tartva – az indiai és az asszír építészethez nyúlt<br />

vissza. Mindehhez a technika legmodernebb vívmányait és termékeit<br />

alkalmazta: a pécsi Zsolnay gyár szabadalmát, az idŒjárás viszontagságait<br />

kiválóan álló, kemény pirogránitot, a betonalapozást és a központi<br />

csarnok lefedésére a nagyvonalú és dekoratívan kialakított vas-üveg<br />

szerkezetet.<br />

A belsŒ falakat eredetileg gazdag díszítŒfestés borította, s a<br />

motívumok folytatódtak a tetŒ üvegtábláin. A központi csarnok vas<br />

tartóíveinek áttört mintái is ebbe a rendszerbe illeszkednek. A földszinti<br />

és emeleti, szintenként egybefüggŒ kiállítóterek mintegy körülölelik a<br />

csarnokot, s világításuk egy részét az üvegtetŒn át beáramló fény<br />

biztosítja.


1<br />

7<br />

2<br />

3<br />

1 The Lighthouse interior,<br />

Honeyman, Keppie<br />

and Mackintosh, 1893-1895,<br />

Page & Park, 1999<br />

photo : Serge Brison<br />

2 The Lighthouse,<br />

Honeyman, Keppie<br />

and Mackintosh, 1893-1895,<br />

Page & Park, 1999<br />

photo : The Lighthouse<br />

3 The Lighthouse chimney,<br />

Honeyman, Keppie<br />

and Mackintosh, 1893-1895,<br />

Page & Park, 1999<br />

photo : The Lighthouse<br />

Glasgow, Scotland UK<br />

La nascita dell’<strong>Art</strong> nouveau a Glasgow<br />

Alla vigilia della prima Guerra mondiale, la Scozia, toccata dalla<br />

Rivoluzione industriale, è uno dei paesi più ricchi del mondo. Questa<br />

prosperità le permette di svilupparsi e di conquistare una sicurezza che si<br />

manifesta attraverso la sua architettura. Glasgow è una città industriale,<br />

piena di energia e, benché nei decenni precedenti si sia attuato un congruo<br />

programma di costruzioni, la città è impaziente di ingrandirsi e di andare<br />

avanti.<br />

A Glasgow, l’<strong>Art</strong> nouveau è conosciuta con il nome di Stile di<br />

Glasgow. La Scuola d’<strong>Art</strong>e di Glasgow svolge un ruolo fondamentale nello<br />

sviluppo di questo nuovo stile. Nel 1885 è nominato un nuovo direttore,<br />

Francis Newbery. Eccellente professore e amministratore, applica metodi<br />

innovativi nella scuola, impiegando specialisti nelle varie discipline.<br />

Incoraggia allo stesso tempo gli studenti a sviluppare la loro individualità<br />

e a sfruttare i mezzi espressivi che prediligono. Sotto la sua direzione, la<br />

Scuola d’<strong>Art</strong>e di Glasgow ottiene un riconoscimento internazionale e la<br />

pittura, il disegno e la decorazione, attività specifiche del lavoro degli<br />

studenti, sono conosciuti in tutta l’Europa.<br />

Charles Rennie Mackintosh e l’edificio dell’Herald<br />

Charles Rennie Mackintoshdiventa il più famoso architetto e designer<br />

dello stile di Glasgow. Nasce nei quartieri poveri, nella parte est della città,<br />

lascia la scuola a 16 anni per incominciare una sorta di apprendistato<br />

d’architetto e seguire un corso serale alla Scuola d’<strong>Art</strong>e di Glasgow.<br />

In seguito, lavora per la ditta Honeyman e Keppie e, in questa<br />

occasione, inizia il suo primo grande progetto.<br />

Nel 1893, il giornale “Glasgow Herald”, uno dei più vecchi del Regno<br />

Unito, desidera ingrandire i suoi locali nel centro della città, in una zona<br />

che conta già due edifici, Per questo progetto, del valore di 30000 libbre, si<br />

rivolge agli architetti John Honeyman e John Keppie. La struttura principale<br />

dell’edificio, progettato come deposito, è una grande torre, che contiene un<br />

serbatoio d’acqua di 8000 galloni (un gallone = 4,5 litri). Poiché il fuoco,<br />

all’epoca, costituisce una vera angoscia per gli immobili dei giornali,<br />

questo serbatoio d’acqua è veramente una parte integrante del progetto,<br />

costituendo un sistema di estinzione d’incendio immediato, che serve sia<br />

gli spazi interni del deposito sia l’esterno dell’immobile.<br />

I tre collaboratori si dividono le diverse fasi del progetto: Keppie ne è<br />

l’iniziatore, Honeyman si dedica alla forma e alla funzione, Mackintosh è il<br />

progettista e lavora all’aspetto della torre e ai dettagli scolpiti.<br />

Alla fine degli anni 1970, diventa sempre più difficile per il giornale<br />

lavorare in questo luogo: i metodi di produzione non sono cambiati<br />

all’Herald dal 1890, fino alla introduzione della pubblicazione affiancata<br />

dal computer. Il centro della città è anche molto intasato dal traffico<br />

automobilistico che causa ritardi nella distribuzione del giornale. Un nuovo<br />

edificio per la produzione della carta è dunque costruito nell’East End della<br />

città (quartieri est), dove la stampa del giornale è ormai trasferita.<br />

L’immobile dell’Herald resta vuoto, fino a quando Glasgow vince il<br />

concorso e diventa “città d’architettura e di design” del Regno Unito nel<br />

1999. Viene messo a disposizione del denaro e il vecchio immobile<br />

dell’Herald diventa il luogo ideale per la creazione del Centro scozzese<br />

d’architettura, di design e di urbanistica. Si indice un concorso per scegliere<br />

un architetto che abbia l’incarico di sviluppare quel luogo. Il concorso è<br />

vinto dagli architetti Page e Park di Glasgow. Nel 1999, “the Lighthouse”<br />

(“la Casa della Luce”), il Faro, come la si chiama, è aperto al pubblico.<br />

Mackintosh non è solo un architetto, è anche un creatore e un artista.<br />

La sua notevole abilità in tutte le forme di espressione è ampiamente<br />

dimostrata, particolarmente nella casa Hills, Helensburg, che egli realizza<br />

per la famiglia Blackie, con tutto l’arredamento interno.<br />

Altri creatori e architetti<br />

Anche se Mackintosh è il più conosciuto degli artisti e degli architetti<br />

dello stile di Glasgow, ne esistono numerosi altri: Herbert MacNair, le<br />

sorelle Margaret e Frances Macdonald studiano alla Scuola d’<strong>Art</strong>e di<br />

Glasgow allo stesso tempo di Mackintosh. Newbery li mette in contatto.<br />

Divenuti amici, formano il gruppo “dei Quattro” e lavorano spesso insieme<br />

sui progetti. Herbert e France si sposano nel 1899, Charles e Margaret<br />

l’anno dopo.<br />

The birth of <strong>Art</strong> <strong>Nouveau</strong> in Glasgow<br />

By the eve of the First World War, Scotland, having experienced the<br />

Industrial Revolution, was among the richest countries of the world. This<br />

prosperity had allowed for development and a gaining of confidence which<br />

was expressed through its architecture. Glasgow was an industrial city, full<br />

of energy, and although previous decades had seen a substantial building<br />

programme, the city was impatient and eager to progress further.<br />

In Glasgow, <strong>Art</strong> <strong>Nouveau</strong> is known as the ‘Glasgow Style’. Glasgow<br />

School of <strong>Art</strong> played a fundamental role in the development of this new<br />

style. In 1885 a new director, Fra Newbery was appointed. An excellent<br />

teacher and administrator, he instigated a new practice at the school by<br />

employing specialists in each discipline. He encouraged each student to<br />

develop their own individuality and to adopt the means of expression most<br />

suited to them. Under his direction the Glasgow School of <strong>Art</strong> became<br />

internationally recognised, and the distinctive work of the students in<br />

painting and design were known throughout Europe.<br />

Charles Rennie Mackintosh and the Herald Building<br />

Charles Rennie Mackintosh became the most famous of the Glasgow<br />

Style architects and designers. Born in the East End of the city, he left<br />

school at 16 to begin an apprenticeship in an architect’s office and<br />

attended evening classes at the Glasgow School of <strong>Art</strong>.<br />

Later he worked for the firm Honeyman and Keppie, and it was while<br />

there that he worked on his first major project.<br />

In 1893, the Glasgow Herald newspaper, one of the oldest<br />

newspapers in the United Kingdom, wished to expand its premises in the<br />

city centre, on a site on which two other buildings already stood. For this<br />

project, which was worth £30,000, they appointed the architects John<br />

Honeyman and John Keppie. The main structure of the building, which was<br />

conceived as a warehouse, is a great tower containing water reservoir for<br />

8000 gallons (1 gallon = 4.5 litres). As fire was a serious worry at that time<br />

for newspaper buildings, this water tower was an integral part of the<br />

project, forming a type of early fire-extinguisher system for use in the<br />

interior spaces of the warehouse as well as the exterior.<br />

The three collaborators committed themselves to different phases of<br />

the project: Keppie was the initiator, Honeyman came up with form and<br />

function, Mackintosh designed and worked on the elevation of the tower<br />

and the sculptural details.<br />

At the end of the 1970s, it was becoming increasingly difficult for the<br />

newspaper to operate on this site, the production methods at the Herald<br />

hadn’t changed since the 1890s, until the introduction of computerised<br />

publishing. The city centre was also congested with traffic which was<br />

responsible for delays in the deliveries of the paper. A new building for<br />

newspaper production was therefore built in the East End of the city -<br />

where printing started on 20th July 1980.<br />

The Herald building remained empty until Glasgow won the<br />

competition to become the UK ‘City of Architecture and Design’ in 1999.<br />

Finance was provided to convert the Herald building into Scotland's Centre<br />

for Architecture, Design and the City. A competition was set up to find the<br />

right architect to convert the building. It was won by Page and Park<br />

Architects, a Glasgow firm. In 1999 ‘The Lighthouse’ as it is now known,<br />

opened to the public.<br />

Mackintosh was not only an architect, but also a designer and an<br />

artist. His remarkable gift in all fields of expression is demonstrated<br />

notably in The Hill House in Helensburgh, which he designed, including the<br />

complete interior, for the Blackie family.<br />

Other designers and architects<br />

Although Mackintosh is the most well-known of Glasgow Style<br />

architects and artists, there are a number of others: Herbert MacNair, and<br />

the Macdonald sisters Margaret and Frances all studied at Glasgow School<br />

of <strong>Art</strong> at the same time as Mackintosh. Newbery introduced them to one<br />

another. They became friends, and formed a group ‘The Four', and often<br />

worked together on projects. Herbert and Frances married in 1899, Charles<br />

and Margaret the following year.


1<br />

2<br />

4<br />

8<br />

3<br />

1 Helsinki street view, 1907,<br />

photo : Signe Brander,<br />

Helsinki City Museum<br />

2 Selim A. Linqvist,<br />

Suvilahti power station, 1908-1913<br />

photo : Museum of Finnish<br />

Architecture<br />

3 Herman Gesellius, Armas Lindgren,<br />

Eliel Saarinen, the National<br />

Museum of Finland, 1902-1912<br />

photo : Helsinki City Museum<br />

4 Herman Gesellius, Armas Lindgren,<br />

Eliel Saarinen, Ground floor plan,<br />

The National Museum<br />

of Finland, 1902-1912<br />

Drawing the National<br />

Museum of Finland<br />

Helsinki, Suomi<br />

Helsinki alla fine del XIX secolo<br />

Alla fine del XIX secolo, Helsinki è ancora una cittadina con case di<br />

legno. La città conosce tuttavia una progressiva espansione legata<br />

all’industrializzazione. La popolazione raddoppia, raggiungendo 100000<br />

abitanti all’inizio del XX secolo, e questo pone il problema degli alloggi.<br />

Con il sorgere di nuove industrie e di nuovi mestieri, si costruiscono<br />

negozi, uffici e stazioni. Anche il litorale, finora non occupato, viene<br />

lottizzato. Il numero delle costruzioni realizzate tra la metà degli anni 1890<br />

e la prima guerra mondiale, è straordinario.<br />

In questo periodo la Finlandia è un Granducato autonomo dell’Impero<br />

Russo. Essa cerca dunque di affermare la sua identità culturale locale<br />

attraverso la letteratura, la musica, l’arte, il design e l’architettura.<br />

Fra tradizione e modernità<br />

Alcuni simboli finlandesi tradizionali appaiono sulle facciate delle<br />

nuove costruzioni: animali selvaggi, scoiattoli, orsi o volpi, uniti a pigne<br />

delle foreste finlandesi ed altre figure familiari del folclore come le streghe<br />

che fanno le smorfie. Semplicità e austerità caratterizzano l’arte finlandese:<br />

i giovani architetti scoprono i principi della costruzione con il legno e i<br />

tronchi d’albero; usano anche il granito, materiale di gran valore,<br />

particolarmente apprezzato dagli istituti commerciali, come le banche o le<br />

compagnie d’assicurazione.<br />

L’architettura finlandese è influenzata anche dalle tendenze<br />

internazionali. Gli architetti finlandesi sono lettori assidui delle riviste<br />

artistiche e d’architettura straniere, viaggiano per il mondo ed alcuni di<br />

loro lavorano negli studi di architetti stranieri. Conoscono bene le ultime<br />

tendenze internazionali e le adottano nelle loro opere.<br />

Alcune costruzioni sorte negli Stati Uniti sono accuratamente<br />

studiate, specialmente l’architettura in pietra grezza (ruvida) di Henry<br />

Hobson Richardson, nonché il design dell’habitat americano con le sue<br />

semplici ville di periferia.<br />

L’Inghilterra ispira la creazione di appartamenti e di interni. Il design<br />

della casa si concentra sulla comodità, sulla funzionalità, lo sfruttamento<br />

dello spazio e le esigenze dei residenti.<br />

L’influenza più importante nell’Europa continentale è quella di<br />

Vienna, tradizionalmente visitata dagli architetti nei loro viaggi di studio.<br />

Gli scritti che illustrano il nuovo stile degli architetti viennesi, come Otto<br />

Wagner, suscitano grande ammirazione e sono una fonte fedelmente<br />

seguita.<br />

Tutti questi sforzi per raggiungere la modernità a partire dalle<br />

numerose fonti si compendiano in uno stile finnico estremamente vario,<br />

per il quale si può usare il termine di <strong>Art</strong> nouveau, anche si usano anche i<br />

termini di Jugendstil e di Romanticismo nazionale. Numerosi edifici <strong>Art</strong><br />

nouveau conferiscono alle strade e ai quartieri un carattere particolare:<br />

siano edifici pubblici, come il Museo nazionale o la stazione ferroviaria di<br />

Helsinki, siano abitazioni, costruite in legno o in muratura. Le facciate degli<br />

edifici sono ritmate da torrette, da vetrate e balconi, che contribuiscono<br />

così a creare un nuovo paesaggio urbano molto vario.<br />

Il museo nazionale di Finlandia<br />

All’inizio del XX secolo, una nuova generazione di architetti del luogo,<br />

formatisi nel paese, ottiene numerosi incarichi grazie ai concorsi<br />

d’architettura. Un gruppo particolarmente brillante è formato da Herman<br />

Gesellius, Armas Lindgren ed Eliel Saarinen. Questo trio vince la gara per il<br />

progetto del museo nazionale di Finlandia nel 1902.<br />

L’obiettivo è di raggruppare le collezioni storiche, allora collocate in<br />

luoghi diversi, per presentarle in un museo nazionale, che avrebbe<br />

costituito una presentazione visiva della storia e dello sviluppo della<br />

nazione. Questo museo valorizza l’identità culturale della Finlandia.<br />

Il principio è di adattare l’architettura ai temi e agli oggetti esposti nel<br />

museo: così, gli oggetti medievali d’arte religiosa sono riuniti in uno spazio<br />

simile ad una chiesa medievale, decorata sul muro esterno con un motivo<br />

a forma di croce; da un’altra parte, le armi sono disposte in una stanza che<br />

sembra una torre rotonda di difesa del castello. Il percorso di visita è<br />

circolare, organizzato intorno a due cortili interni, da dove si dipartono le<br />

stanze. L’edificio, realizzato in granito grigio, è decorato con motivi scolpiti<br />

sui temi della natura e del Kalevala, epopea del folclore nazionale<br />

finlandese.<br />

I problemi finanziari ritardano fino al 1910 il completamento della<br />

costruzione e le collezioni non sono aperte al pubblico fino al 1916.<br />

Helsinki kasvaa kaupungiksi<br />

Helsinki oli 1800-luvun lopulla pikkukaupunki, jossa oli laajoja<br />

puutaloalueita. Noihin aikoihin Helsinki kuitenkin kasvoi, teollistui ja<br />

vaurastui. Kaupunkiin virtasi väkeä: asukasluku kaksinkertaistui ja 1900luvun<br />

alussa rikottiin 100 000 asukkaan raja. Asuntopula oli huutava,<br />

tarvittiin koteja, lastentarhoja ja kouluja. Syntyi uusia työpaikkoja ja<br />

teollisuutta, erilaisia liike-, liikenne- ja kulttuurirakennuksia. Helsingin<br />

autioille rannoille rakennettiin kaupunginosia. Rakentamisen määrä oli<br />

1890-luvulta ensimmäisen maailmansodan puhkeamiseen asti suunnaton.<br />

Millaista on suomalaisuus?<br />

Suomi oli tuolloin Venäjän keisarikuntaan kuulunut autonominen<br />

suuriruhtinaskunta. Juuri vuosisadan vaihteessa Venäjä uhkasi suomalaisten<br />

itsemääräämisoikeutta. Tämä voimisti kansallisen kulttuurin kehittämistä.<br />

Kirjallisuuden, musiikin, kuvataiteen ja muotoilun keinoin haluttiin ilmaista<br />

suomalaisuuden ainutlaatuisuutta ja vahvistaa suomalaista identiteettiä.<br />

Samaan pyrittiin arkkitehtuurilla. Uusien rakennusten julkisivuihin ilmestyi<br />

perisuomalaisia symboleja: luonnoneläimiä - oravia, karhuja, kettuja - ja<br />

havumetsää käpyineen, kansanrunoudesta tuttuja hahmoja, irvisteleviä<br />

Pohjolan akkoja. Suomalaisena pidettiin myös vaatimattomuutta ja<br />

karuutta. Puu- ja hirsirakentamisen alkujuuret löytyivät nuorten arkkitehtien<br />

Itä-Karjalan matkoilta. Luonnonkivi, eritoten graniitti, viittasi maan<br />

järkähtämättömään peruskallioon. Arvokkaana rakennusaineena sitä<br />

suosivat liikelaitokset kuten pankit ja vakuutusyhtiöt.<br />

Toisaalta korostettiin kansallisia juuria, toisaalta kansainvälisiä<br />

vaikutteita ja ihanteita hyödynnettiin uutta suomalaista arkkitehtuuria<br />

luotaessa. Ulkomaiset vaikutteet tulivat Suomeen monia reittejä:<br />

suomalaisarkkitehdit lukivat ulkomaisia arkkitehtuuri- ja taidelehtiä, he<br />

matkustelivat eri puolille maailmaa ja jotkut työskentelivät ulkomaisissa<br />

arkkitehtitoimistoissa. Näin he olivat hyvin selvillä uusista kansainvälisistä<br />

virtauksista ja omaksuivat niitä töihinsä kotimaassa.<br />

Yhdysvalloissa tehtyjä suunnitelmia tutkittiin tarkoin ja etenkin Henry<br />

H. Richardsonin karkeapintainen luonnonkiviarkkitehtuuri kiinnosti<br />

suomalaisia. Englannista saatiin virikkeitä mm. asuintalojen arkkitehtuuriin<br />

ja sisustustaiteeseen. Asuntosuunnittelussa keskityttiin kodikkuuteen,<br />

käytännöllisyyteen, tilankäytön uudistamiseen ja asukkaiden persoonallisuuden<br />

ilmentämiseen kodin sisustuksessa myös kerrostaloasunnossa.<br />

Skotlannin Aberdeenin luonnonkiven käyttöön julkisivumateriaalina<br />

tutustuttiin paikan päällä. Manner-Euroopasta tärkeä vaikuttaja oli Wien,<br />

jonne arkkitehdit perinteisesti matkustivat opintomatkalle. Wieniläisarkkitehti<br />

Otto Wagnerin uutta tyyliä käsitteleviä kirjoituksia sekä hänen<br />

suunnittelemiaan vaaleita, pelkistetysti koristeltuja taloja ihailtiin Suomessa.<br />

Suomen kansallismuseo<br />

Suomessa toimi 1900-luvun alkaessa uusi, kotimaassa koulutettu<br />

arkkitehtisukupolvi. Nuoret suunnittelijat ylsivät tärkeisiin tehtäviin<br />

arkkitehtuurikilpailujen kautta. Poikkeuksellisen voittoisia olivat Herman<br />

Gesellius, Armas Lindgren ja Eliel Saarinen. Trio voitti Kansallismuseon<br />

suunnittelukilpailun vuonna 1902.<br />

Kansalliseen museoon haluttiin sijoittaa hajallaan sijainnut<br />

historiallinen esineistö ja luoda museo, joka olisi "kuvallinen esitys kansan<br />

historiasta ja kehityksestä". Myös museorakennuksen ajateltiin olevan<br />

Suomen historian rakennettu kuva, ei pelkkä tavaravarasto. Kansallismuseon<br />

tuli näyttää suomalaiselta ja opettaa suomalaisuudesta.<br />

Perusidea oli antaa museon jokaiselle osastolle sellainen muoto, jonka<br />

avulla osaston sisällön voisi tunnistaa, myös rakennuksen ulkopuolelta.<br />

Niinpä keskiaikaiset katoliset kirkkoesineet sijoitettiin tilaan, joka<br />

pelkistettynäkin muistuttaa keskiaikaista kirkkosalia ja jonka julkisivupäätyä<br />

koristaa harmaakivikirkoista tuttu ristikuvio. Aseet taas asetettiin Turun<br />

linnan pyöreää puolustustornia muistuttavaan huoneeseen. Eri<br />

rakennusosat ja yksilöllisesti muotoillut huoneet liitettiin toisiinsa joustavaa<br />

kiertokäyntiä ajatellen, ne kiertyvät kahden sisäpihan ympärille. Toinen on<br />

ns. linnapiha, jonne avautuu leijonaportti sakaraharjaisesta linnasiivestä.<br />

Julkisivuja leimaa karkeapintainen harmaa graniitti, jonka<br />

vastakohtana ovat lukuisat luonto- ja Kalevala-aiheiset yksityiskohdat<br />

erityisesti sisäänkäynneissä, pilareissa ja kulmien pikkutorneissa. Niistä<br />

suurimman osan veistivät taidekäsityöläiset graniitista tai vuolukivestä<br />

työmaalla. Painavissa pääovissa on kupariin taottu sarjakuva suomalaisista<br />

taiteilijoista, työntekijöistä ja luonnosta. Teräväkärkinen torni kokoaa<br />

moniosaisen rakennuksen. Museon maamerkiksi ja tunnukseksi<br />

vakiintuneen tornin läpi tullaan suureen keskushalliin, jonka kupolin<br />

freskoissa esiintyvät ankarailmeiset ja rotevat Kalevalan hahmot. Akseli-<br />

Gallen-Kallelan (1928) maalaamissa freskoissa Ilmarinen kyntää myrkyllisiä<br />

käärmeitä vilisevää peltoa sotavarusteissa, rakentaa avustajineen Sammon<br />

ja taistelee siitä varkaita vastaan - aiheita, jotka voi tulkita myös vuosisadan<br />

vaihteen itsenäisyystaisteluksi. Lasimaalausikkunat ja freskot antavat kuvan<br />

suunnittelijoiden tavoittelemasta sisätilojen koristeellisuudesta ja<br />

värimaailmasta, josta jouduttiin tinkimään rahapulassa. Talousvaikeudet<br />

viivyttivät talon valmistumista vuoteen 1910 ja yleisölle kokoelmat avattiin<br />

vuonna 1916.<br />

Kansallismuseon rakentamishanke oli korostetun suomalainen, mutta<br />

arkkitehtisuunnitelman aatteelliset lähtökohdat rakennusmateriaalien<br />

käytöstä tilojen vapaaseen sommitteluun ja yksilöllisesti vaihtelevaan<br />

muotoiluun asti liittyvät kansainväliseen art nouveau- liikkeeseen, jonka<br />

pyrkimyksiä arkkitehdit oivallisesti tulkitsivat luodessaan museon<br />

suomalaista arkkitehtuuria.


1<br />

2<br />

9<br />

1 & 2<br />

Maks Fabiani, Bamberg house,<br />

Ljubljana, 1906-1907<br />

Ljubljana, Slovenija<br />

Il contesto storico<br />

Lubiana, capitale della Slovenia, conosce uno sviluppo accelerato nel<br />

corso del XX secolo. La sua stessa struttura è modellata dagli eventi.<br />

All’inizio del XX secolo, Lubiana è la capitale della sola Carniola, una delle<br />

numerose province dell’Impero austro-ungarico. Dopo la capitolazione<br />

dell’Impero al termine della Prima Guerra mondiale, la città diventa<br />

capitale della Slovenia, una delle province della Jugoslavia, federazione<br />

degli Slavi del sud creata nel 1918.<br />

Il contesto urbanistico<br />

Nel 1895, quando tutte le capitali europee vedono apparire i primi<br />

esempid’architettura <strong>Art</strong> nouveau, Lubiana è devastata da un violento<br />

terremoto, il primo della sua storia. Sono numerose le case che crollano, o<br />

quelle che si devono abbattere perché i loro muri danneggiati minacciano<br />

di crollare. Le perdite umane sono abbastanza contenute. Gli abitanti<br />

cercano ripari di fortuna. La città devastata riceve la visita dell’imperatore<br />

Francesco Giuseppe, che promette di dare un aiuto. L’intervento del<br />

consigliere municipale Ivan Hribar, che intuisce che questa catastrofe può<br />

rappresentare un’occasione insperata per la città e per il suo sviluppo, è<br />

determinante. A Vienna chiede un aiuto materiale immediato e<br />

un’assistenza finanziaria senza contropartita, e l’esenzione dalle imposte<br />

per coloro che decidono di riparare gli immobili danneggiati o di sostituirli<br />

con nuovi. Tutte le sue richieste sono accolte. Ma per assicurare la<br />

congruità dei restauri e delle costruzioni nelle zone periferiche non ancora<br />

urbanizzate di Lubiana, non si dispone di alcun piano urbanistico.<br />

Eletto sindaco l’anno seguente, Hribar si mette in contatto con<br />

Camillo Sitte, l’urbanista più prestigioso di Vienna, che elabora un<br />

progetto. Ma nel frattempo un altro piano urbanistico è spontaneamente<br />

proposto da un certo Maks Fabiani, giovane architetto viennese, originario<br />

della Slovenia. Questi ha una buona conoscenza della città e vuole<br />

mostrare la sua abilità di urbanista moderno. Dopo una prima analisi<br />

scientifica della città, conclude che l’aspetto dominante del paesaggio<br />

urbano è il castello sulla sua collina scoscesa. Secondo lui, la città<br />

medievale, che circonda la collina, deve servire da punto di partenza per la<br />

creazione di una nuova zona urbana sull’altra riva del fiume e di un viale<br />

periferico che, come la Ringstrasse di Vienna, circondi la città. Oltre questo<br />

primo cerchio di sviluppo, si sviluppa una zona urbana completamente<br />

nuova: Bezigrad.<br />

I consiglieri municipali sono conquistati dal progetto di Fabiani. Per<br />

un anno preparano progetti molto dettagliati e nessuno è autorizzato a<br />

costruire. Poi iniziano i restauri e le costruzioni. Sfortunatamente, il viale<br />

periferico è costruito solo nella parte nord-ovest della città. Nel nucleo<br />

antico, dove le vecchie strade medievali sono larghe, e nelle nuove zone<br />

urbane, le costruzioni procedono bene. Tra i numerosi edifici nuovi, si<br />

annoverano un palazzo di giustizia, il primo negozio specializzato nella<br />

vendita di tessuti, un albergo di prestigio chiamato Grand Hotel Unione,<br />

banche, un edificio che ospita l’amministrazione provinciale e un palazzo<br />

per il governo, scuole e dormitori, immobili residenziali e uffici, un ospedale<br />

e tre nuove caserme militari. I viali e le strade fiancheggiate dagli alberi<br />

come i marciapiedi, rischiarati dalle lampade a gas, danno a questa vecchia<br />

città di provincia addormentata l’aspetto d’una città moderna. L’acqua<br />

corrente e un sistema d’allacciamento diretto alla fognatura sono in<br />

funzione. Dal 1905 un tram circola per le strade, mosso dalla prima<br />

centrale termoelettrica della città, che segna anche l’inizio di una rapida<br />

fornitura d’energia elettrica per la città.<br />

All’epoca a Lubiana non c’è l’università. La maggior parte degli<br />

Sloveni colti frequenta le università europee; per questo, Lubiana non<br />

dispone di un numero sufficiente di architetti. Per fronteggiare la<br />

situazione si fanno venire degli architetti esterni alla città. Ci si sarebbe<br />

potuti aspettare che questi architetti lavorassero essenzialmente nello stile<br />

<strong>Art</strong> nouveau, ma non fu così. La sola eccezione è la casa Krisper, all’angolo<br />

delle vie Miklosieva e Tavarjeva, nella quale si può agevolmente<br />

riconoscere un edificio <strong>Art</strong> <strong>Nouveau</strong>.<br />

La varietà o anche la mescolanza di stili è il risultato della tendenza<br />

moderna di accostare forme tradizionali a forme di nuova creazione. La<br />

scelta è una caratteristica dell’età moderna. L’inizio del XX secolo<br />

rappresenta un periodo unico nella storia dell’arte europea, poiché<br />

propone la più ampia scelta di stili. Questa varietà di stili è senza<br />

precedenti nella storia. Lubiana ne è un bell’esempio, per non parlare di<br />

Vienna o di Trieste.<br />

Zgodovinski kontekst<br />

Ob koncu 19. stoletja je bila Ljubljana malo provincialno<br />

sredi‰ãe Kranjske, ene izmed ‰tevilnih deÏel v avstro-ogrskem<br />

cesarstvu, in je imela komaj nekaj veã kot 30 000 prebivalcev. Tudi<br />

njen videz je bil do konca stoletja zelo podeÏelski.<br />

Pomembna prelomnica v njenem razvoju je bil katastrofalni<br />

potres leta 1895, ki je temeljito razmajal njene temelje. Veã kot 10<br />

odstotkov stavb je bilo poru‰enih, skoraj vse druge so bile<br />

po‰kodovane. Takoj po potresu se je mestni svet lotil obnove mesta.<br />

·e istega leta je obãinski svet navezal stik z najuglednej‰im dunajskim<br />

urbanistom Camillom Sittejem in mu naroãil izdelavo regulacijskega<br />

naãrta. Hkrati je sam od sebe predloÏil svoj predlog regulacijskega<br />

naãrta tudi Maks Fabiani, mlad dunajski arhitekt slovenskega rodu, ki<br />

je mesto dobro poznal in se je Ïelel izkazati za nadarjenega<br />

modernega urbanista. Skrbno je analiziral obstojeãe mesto in v<br />

njegovi zgradbi doloãil temeljne motive. Grad na strmem griãu in<br />

srednjeve‰ko mesto pod njim je izbral kot izhodi‰ãe za oblikovanje<br />

novih mestnih ãetrti na drugi strani reke Ljubljanice in kroÏnega<br />

bulvarja, ki naj bi po vzoru dunajskega Ringa tekel okrog njih.<br />

Fabianijev naãrt je prepriãal mestne svetnike in v uradnem<br />

regulacijskem naãrtu, ki je bil sprejet leta 1896, je bila potrjena<br />

veãina njegovih idej.<br />

Takoj po potresu se je zaãela intenzivna obnova in mesto je v<br />

naslednjih petnajstih letih temeljito spremenilo svojo podobo.<br />

·tevilo hi‰ se je potrojilo in v novih mestnih ãetrtih so bile zgrajene<br />

nove tri-, ‰tiri- in celo petnadstropne javne palaãe in stanovanjske<br />

hi‰e. Med njimi omenimo samo sodno palaão, poslopje deÏelne<br />

uprave in vladno palaão, bolni‰nico, tri voja‰ke kasarne, ‰ole, prve<br />

veleblagovnice, prvi moderni hotel, banke itd. Avenije in ceste,<br />

zasajene z drevoredi, ter s plinskimi svetilkami razsvetljeni ploãniki so<br />

dali staremu in zaspanemu provincialnemu mestu videz moderne<br />

prestolnice. Napeljana je bila tekoãa voda in urejena kanalizacija.<br />

Leta 1901 je zaãel po ljubljanskih ulicah voziti tramvaj, ki ga je<br />

poganjala elektrika iz prve mestne termoelektrarne.<br />

Med tradicijo in moderno<br />

Podobno kot drugod v monarhiji so tudi v ljubljanski arhitekturi<br />

na koncu 19. stoletja prevladovali historiãni slogi. Skoraj vsa<br />

pomembna javna poslopja so bila zgrajena v neorenesanãnem slogu.<br />

Moderni slog ”nove umetnosti“ se je zaãel uveljavljati sorazmerno<br />

pozno, ‰ele v zaãetku 20. st., in ‰e tedaj so novosti teÏko in poãasi<br />

prodirale. Novi slog se je zlasti v arhitekturi razvijal pod vplivom<br />

dunajske razliãice ”nove umetnosti“, secesije, ki je bolj poudarjala<br />

racionalne geometrijske oblike; odtod tudi izraz secesija za<br />

oznaãevanje te umetnostne smeri v slovenski arhitekturi. Podobno<br />

kot v drugih negermanskih deÏelah monarhije je tudi slovenska<br />

umetnost na prelomu 19. stoletja v Ïelji po kulturni neodvisnosti<br />

iskala navdih v ljudski umetnosti in narodni motiviki.<br />

Nove stilistiãne prvine so v ljubljansko stavbarstvo uvajali<br />

predvsem tuji arhitekti, ki jih je mestna obãina povabila za posebne<br />

pomembne naloge, bolj pogosto pa so tuje vzore prevzemali domaãi<br />

stavbeniki kar iz knjig ali revij.<br />

Maks Fabiani in JoÏe Pleãnik<br />

Maks Fabiani in JoÏe Pleãnik sta osrednji osebnosti slovenske<br />

moderne arhitekture na prelomu iz 19. v 20. stoletje. Oba sta<br />

‰tudirala in delala na Dunaju in bila tesno povezana z Ottom<br />

Wagnerjem. JoÏe Pleãnik je secesijsko obdobje preÏivel na Dunaju,<br />

kjer je zasnoval tudi znamenito Zacherlovo hi‰o, v ljubljanskem<br />

obdobju po prvi svetovni vojni pa se je od secesije Ïe povsem oddaljil.<br />

Zato pa je Maks Fabiani dal Ljubljani izjemen peãat kot urbanist in<br />

kot arhitekt. Njegov arhitekturni opus po kvaliteti daleã presega<br />

povpreãje tedanje slovenske arhitekture. Zgradil je vrsto stavb, ki<br />

kaÏejo razvoj njegove umetni‰ke poti od ãiste dekorativne secesije<br />

(Krisperjeva hi‰a) do strogega racionalizma, oropanega vsakega<br />

okrasja, ki pa vendar kaÏe moãno navezanost na lokalno tradicijo<br />

(Mladika, Bambergova hi‰a).


2<br />

10<br />

1<br />

3<br />

4<br />

5<br />

1 Émile Gallé, La Nuit japonaise, 1900<br />

2 Eugène Vallin, Salle à manger<br />

Masson, 1903-1906<br />

3 Émile Gallé, Coupe Noctuelles<br />

4 Émile Gallé, Coupe Henry Hirsch,<br />

1903<br />

5 Émile Gallé, Coupe aux éphémères,<br />

1900<br />

Nancy, France<br />

Il contesto della nascita dell’<strong>Art</strong> nouveau<br />

Alla fine del XIX secolo l’<strong>Art</strong> nouveau si sviluppa a Nancy. <strong>Art</strong>isti e<br />

industriali, Emile Gallé, Louis Majorelle, Eugène Vallin, si uniscono in<br />

un’associazione, l’Alleanza Provinciale delle Industrie d’<strong>Art</strong>e, chiamata<br />

anche Scuola di Nancy.<br />

Questo movimento nasce in un contesto politico particolare. Infatti,<br />

alla fine della guerra del 1870, l’Alsazia e il nord della Lorrena sono<br />

annessi all’Impero tedesco. Così, una gran parte della popolazione dei<br />

territori occupati, per sfuggire alla dominazione tedesca, emigra verso la<br />

Francia, specialmente verso la Lorrena rimasta francese, che diventa una<br />

terra d’accoglienza. La città di Nancy conosce allora uno dei periodi più<br />

brillanti della sua storia. Dopo la perdita di Metz e di Strasburgo, essa è la<br />

sola grande città dell’est della Francia. Questa situazione si rivela<br />

determinante per lo sviluppo della città: Nancy accoglie numerosi abitanti<br />

delle province annesse, in particolare, una parte della borghesia di Metz e<br />

dell’Alsazia. Questa nuova popolazione è giovane, dinamica e lavoratrice.<br />

Lo sviluppo demografico s’accompagna a una notevole espansione<br />

industriale e commerciale: numerose imprese mosellane e alsaziane<br />

s’installano a Nancy e nei dintorni, appaiono e prosperano i grandi<br />

magazzini. Questa crescita economica consente l’emergere della borghesia<br />

locale. Queste famiglie hanno bisogni e desideri: possiedono una o più<br />

case che decorano in modo lussuoso, ciò che permette lo sviluppo delle arti<br />

decorative. Jean-Baptiste Eugène Corbin, principale mecenate della Scuola<br />

di Nancy, moltiplica gli incarichi e partecipa all’infatuazione per le arti<br />

decorative. Gli artisti beneficiano dell’accresciuta domanda di mobili e di<br />

oggetti legati alle “arti del focolare”.<br />

Le vetrerie d’Emile Gallé, dal pezzo unico alla serie<br />

Erede di un negozio di cristalli e di porcellane, Emile Gallé (1846-<br />

1904), crea, all’interno della sua attività a Nancy, un atelier d’ebanisteria<br />

nel 1884. Cinque anni dopo, al tempo dell’Esposizione Universale di Parigi,<br />

può mostrare le sue creazioni in tre sezioni, legno, vetro e terra.<br />

Al tempo di questa manifestazione, Emile Gallé espone, nella sezione<br />

vetreria, la coppa “Volo di efemere” che presenta una decorazione incisa<br />

di farfalle di tonalità rosa finemente incise, che si stagliano su un fondo<br />

verde che imita, nei suoi effetti, una pietra dura, l’agata. Questa coppa<br />

associa dunque una tecnica abbastanza raffinata ad una decorazione<br />

particolarmente curata e perfettamente adattata alla forma dell’opera.<br />

Acquisita l’anno seguente dal museo d’<strong>Art</strong>i Decorative di Parigi, la coppa<br />

ha una lunga discendenza: è ripetuta in numerosi esemplari.<br />

Quest’opera in vetro ha richiesto numerose prove prima di poter<br />

ottenere il pezzo desiderato. Quando un oggetto in vetro era<br />

perfettamente riuscito, Emile Gallé decideva di produrlo in quattro o<br />

cinque esemplari o anche di riprodurlo in una serie più copiosa ma in una<br />

versione semplificata. Così la coppa “Volo d’efemere” è adattata per<br />

un’altra coppa senza piede, dalla pancia liscia decorata di farfalle<br />

finemente incise e in tonalità meno delicate, ma di un costo di produzione<br />

più modesto e dunque meno caro per la vendita.<br />

Questa coppa ottiene un grande successo ed è ripetuta per molti anni.<br />

Nel 1903, Emile Gallé riprende questo modello per la coppa “Bisogna<br />

amare”, creata l’anno del matrimonio del suo amico, Henry Hirsch. Di<br />

qualità identica alla coppa “Volo d’efemere” ma con piccole differenze di<br />

dettaglio e di colore, questo pezzo ha una citazione incisa, estratta da un<br />

poema. L’aggiunta di questa citazione permette ad Emile Gallé di<br />

evidenziare la raffinatezza del volo delle farfalle, la preziosità e la<br />

trasparenza della materia, unite per creare un vero “poema di vetro”.<br />

Il Giappone: fonte d’ispirazione della Scuola di Nancy<br />

Dal 1870, il Giappone diventa una delle principali fonti d’ispirazione<br />

per gli artisti di Nancy. Molto apprezzata verso la metà del XIX secolo,<br />

l’arte giapponese è diffusa dalle Esposizioni universali, dalle riviste, dai<br />

collezionisti e dai mercanti d’arte. La Scuola di Nancy s’interessa in modo<br />

particolare alla forma d’arte in cui la natura e la flora sono<br />

abbondantemente presenti, e artisti, decoratori e pittori di Nancy trovano<br />

un’eco alle proprie ricerche in questo campo. Al tempo stesso, l’arte<br />

decorativa giapponese offre agli artisti nuove forme e decorazioni.<br />

Nella prima parte della sua produzione di vetri e ceramiche, Emile<br />

Gallé è particolarmente incline e disposto a recepire quest’arte. Infatti<br />

applica su certi vasi delle decorazioni improntate alle stampe giapponesi<br />

ed illustra in più riprese la flora e l’iconografia tradizionale asiatica sui suoi<br />

vetri, sulle ceramiche e sui mobili.<br />

D’altra parte, gli artisti di Nancy hanno l’opportunità di frequentare<br />

Takashima Hokkai, un giapponese che soggiorna a Nancy dal 1885 al<br />

1888. Il pittore Camille Martin e il decoratore Louis Hestaux sono molto<br />

attenti alle sue dimostrazioni ed apprezzano il carattere spontaneo e libero<br />

della decorazione artistica orientale. Se il Giappone è esplicitamente<br />

presente nelle prime produzioni della Scuola di Nancy, questo riferimento<br />

scompare progressivamente a vantaggio d’una ricerca più elaborata e più<br />

personale. Più del semplice decoro d’ispirazione giapponese, gli artisti di<br />

Nancy ne conservano il simbolismo e i grandi principi della composizione.<br />

L’interesse per il Giappone non scompare tuttavia dalla Scuola di Nancy.<br />

Emile Gallé realizza nel 1900 il vaso Notte giapponese, omaggio a questo<br />

paese e a questa cultura che lo affascinano.<br />

Le contexte d’éclosion<br />

À la fin du XIX e siècle, un <strong>Art</strong> nouveau se développe à Nancy. Des artistes<br />

et des industriels, tels Émile Gallé, Louis Majorelle, Eugène Vallin, se<br />

regroupent dans une association, l’Alliance Provinciale des Industries d’<strong>Art</strong>,<br />

appelée aussi l’École de Nancy.<br />

Ce mouvement voit le jour dans un contexte politique particulier. En<br />

effet, à l’issue de la guerre de 1870, l’Alsace et le nord de la Lorraine sont<br />

annexés par l’Empire allemand. Aussi, une grande partie de la population<br />

des territoires occupés, refusant la domination allemande, émigre vers la<br />

France, notamment vers la Lorraine restée française, qui devient une terre<br />

d’accueil. La ville de Nancy connaît alors l’une des périodes les plus brillantes<br />

de son histoire.Après la perte de Metz et de Strasbourg, elle demeure la seule<br />

grande ville de l’est de la France. Cette situation se révèle déterminante<br />

pour le développement de la ville : Nancy accueille de nombreux habitants<br />

des provinces annexées, en particulier, une partie de la bourgeoisie messine<br />

et alsacienne. Cette nouvelle population est jeune, dynamique et travailleuse.<br />

Le développement démographique s’accompagne d’un essor industriel et<br />

commercial considérable : de nombreuses entreprises mosellanes et<br />

alsaciennes s’installent à Nancy et dans les environs, les grands magasins<br />

apparaissent et prospèrent. Cet élan économique permet l’émergence d’une<br />

bourgeoise locale. Ces familles ont des besoins et des désirs : elles possèdent<br />

une ou plusieurs maisons qu’elles décorent de façon luxueuse, ce qui permet<br />

le développement des arts décoratifs. Jean-Baptiste Eugène Corbin, principal<br />

mécène de l’École de Nancy, multiplie les commandes et participe à<br />

l’engouement pour les arts décoratifs. Les artistes bénéficient alors d’une<br />

demande accrue de mobilier et d’objets liés aux “arts du foyer”.<br />

Les verreries d'Émile Gallé, de la pièce unique à la série<br />

Héritier d'un commerce de cristaux et de porcelaines, Émile Gallé (1846-<br />

1904) crée, au sein de son entreprise à Nancy, un atelier d'ébénisterie en<br />

1884. Cinq ans plus tard, il peut donc, lors de l'Exposition Universelle de<br />

Paris, montrer ses créations dans trois domaines : bois, verre et terre.<br />

Lors de cette manifestation, Émile Gallé expose dans la section verrerie,<br />

la coupe “Vol d'éphémères” qui présente un décor finement gravé de papillons<br />

aux tonalités roses, se détachant sur un fond vert imitant, dans ses<br />

effets, une pierre dure, l'agate. Cette coupe associe donc une technique assez<br />

raffinée à un décor particulièrement soigné et parfaitement adapté à la forme<br />

de l'œuvre. Acquise l'année suivante par le musée des <strong>Art</strong>s Décoratifs de<br />

Paris, la coupe connaît une grande postérité : elle est déclinée en de<br />

nombreux exemplaires.<br />

Cette œuvre de verre a nécessité de nombreux essais avant de pouvoir<br />

aboutir à la pièce désirée. Lorsqu'une verrerie se révélait parfaitement<br />

maîtrisée et réussie, Émile Gallé décidait de la produire en quatre ou cinq<br />

exemplaires ou même de l'éditer dans une série plus abondante mais dans<br />

une version simplifiée. Ainsi la coupe “Vol d'éphémères” est adaptée pour<br />

une autre coupe sans pied, à la panse lisse décorée de papillons moins<br />

finement gravés et dans des tonalités moins subtiles, mais d'un coût de<br />

fabrication plus modeste et donc moins chère à la vente.<br />

Cette œuvre connaît un grand succès et est éditée pendant de<br />

nombreuses années. En 1903, Émile Gallé reprend ce modèle pour la coupe<br />

“Il faut aimer“, créée l'année du mariage de son ami, Henry Hirsch. D'une<br />

qualité identique à la coupe “Vol d'éphémères” mais avec de petites<br />

différences de détail et de couleur, cette coupe présente également une<br />

citation gravée, extraite d'un poème. L'ajout de cette citation permet à Émile<br />

Gallé de souligner le raffinement du vol de papillons, la préciosité et la<br />

transparence de la matière, associés pour créer un véritable “poème de<br />

verre“.<br />

Le Japon : source d'inspiration de l'École de Nancy<br />

Dès les années 1870, le Japon devient l'une des premières sources<br />

d'inspiration pour les artistes nancéiens. Fortement prisé en Europe vers le<br />

milieu du XIX e siècle, l'art japonais est diffusé par les Expositions Universelles,<br />

les revues, les collectionneurs et les marchands d'art. L'École de Nancy<br />

s'intéresse tout particulièrement à cette forme d'art où la nature et la flore<br />

sont abondamment présentes et trouvent un écho aux propres recherches<br />

des artistes décorateurs et peintres nancéiens dans ce même domaine. De<br />

même, l'art décoratif japonais offre aux artistes de nouvelles formes et de<br />

nouveaux décors.<br />

Dans la première partie de sa production verrière et céramique, Émile<br />

Gallé est particulièrement sensible et réceptif à cet art. Il applique en effet<br />

sur certains vases des décors empruntés à l'estampe japonaise et illustre à<br />

plusieurs reprises la flore et l'iconographie traditionnelle asiatiques sur ses<br />

verreries, céramiques et meubles.<br />

Par ailleurs, les artistes nancéiens ont la chance de fréquenter<br />

Takashima Hokkai, un Japonais qui séjourne à Nancy de 1885 à 1888. Le<br />

peintre Camille Martin et le décorateur Louis Hestaux sont très attentifs à ses<br />

démonstrations et apprécient le caractère spontané et libre de la création<br />

artistique orientale. Si le Japon est explicitement présent dans les premières<br />

productions de l'École de Nancy, cette référence disparaît progressivement au<br />

profit d'une recherche plus élaborée et plus personnelle. Plus que le simple<br />

décor d'inspiration japonaise, les artistes nancéiens en retiennent la<br />

symbolique et les grands principes de composition. L'intérêt pour le Japon ne<br />

disparaît pas cependant de l'École de Nancy. Émile Gallé réalise en 1900 le<br />

vase Nuit japonaise, hommage à ce pays et à cette culture qui le passionnent<br />

durablement.


2<br />

11<br />

1<br />

3<br />

4<br />

1 Lluís Domènech i Montaner,<br />

Casa Navàs, 1901-1907<br />

2 Pere Caselles I Tarrats, Casa Tomàs<br />

Jordi, 1910<br />

3 Lluís Domènech i Montaner,<br />

Institut Pere Mata, billiard room,<br />

1906<br />

4 Lluís Domènech i Montaner,<br />

Institut Pere Mata, water tower,<br />

1898-1899<br />

Reus, Catalunya<br />

Un contesto commerciale favorevole<br />

Nel XVIII secolo la città di Reus raggiunge una notevole importanza<br />

nel commercio internazionale di noci, d’alcool e d’acquavite. Essa diventa<br />

uno dei principali centri d’esportazione.<br />

Nel corso del XIX secolo Reus comincia ad assumere l’aspetto della<br />

città con la costruzione del Centro di Lettura (1859), della banca (1863),<br />

del Teatro Fortuny (1882), del Mattatoio comunale, e con l’arrivo del treno<br />

che collega la città con gli altri centri di produzione. E’ costruito un sistema<br />

fognario, le strade sono lastricate e sono presentati altri progetti, tra i quali<br />

un canale navigabile che collega la città con la costa, allo scopo di<br />

migliorare il trasporto commerciale.<br />

L’importanza del commercio attira nella città numerose famiglie di<br />

commercianti e industriali che, dalla fine del XIX e dall’inizio del XX secolo,<br />

contribuiscono alla trasformazione urbanistica di Reus. La borghesia della<br />

città fa costruire case che rispecchiano il suo stato sociale, portando sulla<br />

facciata il suo alto livello di vita, incorporando le tecniche più recenti come<br />

l’illuminazione elettrica. In numerosi casi, solo le facciate delle case sono<br />

trasformate, con stili che i membri di queste famiglie hanno scoperto<br />

durante i loro viaggi attraverso l’Europa. Altri cittadini di Reus scelgono lo<br />

stile architettonico di moda all’epoca a Barcellona – il Modernismo o <strong>Art</strong><br />

nouveau.<br />

L’architettura modernista<br />

L’arrivo del Modernismo a Reus è segnato dalla costruzione<br />

dell’Istituto Pere Mata. Nel 1896, un gruppo di ricchi abitanti di Reus,<br />

guidato da Pau Font de Rubinat, decide di finanziare il progetto della<br />

costruzione di un istituto psichiatrico moderno ideato dal Dottor Emili<br />

Briansò, un giovane dottore medico legale in città. Essi affidano la<br />

realizzazione di questo progetto a Lluìs Domènech i Montaner che è<br />

assistito dall’architetto della città, Pere Caselles Tarrats. Questo progetto<br />

grandioso, un ospedale psichiatrico concepito come una piccola città,<br />

consente a Domènech i Montaner di sperimentare delle idee che sfrutta in<br />

seguito nell’ospedale Santa Creu i Sant Pau costruito poco dopo a<br />

Barcellona.<br />

Le camere dell’ospedale sono distribuite razionalmente in vari<br />

padiglioni in mezzo a un giardino. Alcuni di questi padiglioni sono riservati<br />

ai pazienti, altri sono destinati ai servizi comuni. Il padiglione n. 6, detto il<br />

Padiglione dei distinti, concepito per accogliere i pazienti più fortunati, è<br />

dotato di tutti i migliori comfort possibili a quell’epoca.<br />

L’arrivo di Domènech i Montaner a Reus ha gramde influenza sul<br />

gusto della borghesia e sullo stile di Pere Caselles, l’architetto incaricato<br />

della maggior parte dei progetti privati di Reus. E’ così che s’instaura<br />

l’architettura modernista nel centro urbano che noi troviamo oggi.<br />

Domènech i Montaner lavora anche con molti artigiani e costruttori della<br />

città, iniziandoli ai nuovi concetti dell’architettura. Oltre all’Istituto Pere<br />

Mata, riceve incarichi privati, come la Casa Rull (1900), la Casa Navàs<br />

(1901), la cappella della famiglia Margenat (1905), la Casa Gasull, il<br />

negozio Llopis (1911) e lavori di restauro per la casa Llopis e la biblioteca<br />

Font de Rubinat (1910).<br />

Allo stesso tempo, Antoni Gaudì i Cornet (nato nel 1852 a Reus), pur<br />

essendosi stabilito definitivamente a Barcellona dove prosegue gli studi,<br />

mantiene i contatti con la sua città natale e ottiene l’incarico del restauro<br />

del santuario di Misericordia, santa patrona della città. Sfortunatamente,<br />

questo progetto è abbandonato, soprattutto a causa dei contrasti con i<br />

vicini del santuario. Oggi, è rimasto solo qualche schizzo di questo<br />

progetto, esposto nel museo della Città.<br />

Tuttavia, due dei più stretti collaboratori di Gaudì, anch’essi nati a<br />

Reus, lavorano attivamente in città: Joan Rubiò Bellver con la casa Serra<br />

(1924), lo chalet Serra (1911) e il dispensario antitubercolare (11926) e<br />

Domènec Sugranes Gras con la casa di campagna Llevat (1924).<br />

Le altre espressioni artistiche<br />

Lo stile modernista non si limita all’architettura. Lo troviamo in città<br />

anche in altre espressioni artistiche. In ambito letterario, per esempio, il<br />

Gruppo Modernista di Reus è molto importante. I suoi membri si riuniscono<br />

nella libreria di Josep Aladem, La Regional.<br />

La pittura è rappresentata da Tomàs Bergadà, Hortensi Güell e<br />

Joaquim Mir. Quest’ultimo, artista di Barcellona, che fu per un po’ di tempo<br />

come paziente all’Istituto Pere Mata, lo rappresenta in alcuni suoi dipinti.<br />

In seguito, vivendo nella città vicina di l’Aleixar, dipinge paesaggi e ritratti<br />

degli abitanti dei dintorni.<br />

Le forme moderniste influenzano ogni aspetto della creazione. La<br />

tipografia e la pubblicità sono buoni esempi, che si possono scoprire<br />

attraverso il lavoro di Ramon Casals i Vernis, attraverso i materiali di<br />

costruzione prodotti in gran quantità dalla fabbrica di ceramica Hipnlit<br />

Monseny, come attraverso i mosaici della casa Llevat, il lavoro del<br />

carpentiere Oliva e i graffiti di Ramon Frbregas Prmies.<br />

Un context comercial favorable<br />

La ciutat de Reus, durant el segle XVIII, aconseguí una gran importància<br />

en el comerç internacional de fruits secs, alcohol i aiguardents,<br />

esdevenint un dels centres exportadors més importants del moment, fins<br />

al punt que la llotja de Reus marcava el preu de l’alcohol juntament amb<br />

les de París i Londres.<br />

Al segle XIX Reus va agafant imatge de ciutat, amb la construcció<br />

d’equipaments importants com el Teatre Fortuny (1882) i l’escorxador<br />

municipal (1889-1894); l’arribada del tren que unia la ciutat amb altres<br />

centres productors; el naixement d’entitats com el Banc de Reus (1863), El<br />

Círcol (1852) o el Centre de Lectura (1859), la construcció del clavegueram<br />

i pavimentació de carrers, o l’estudi de projectes no completats com per<br />

exemple el d’unir la ciutat amb la costa, a través d’un canal navegable que<br />

havia d’ajudar el comerç.<br />

Aquesta importància comercial comportà un enriquiment de les<br />

famílies de comerciants i industrials que, a finals del segle XIX i inicis del<br />

XX facilità una transformació de la fisonomia urbana de Reus. La burgesia<br />

reusenca es construí cases que demostraven el seu estatus social,<br />

exterioritzant el seu alt nivell de vida i incorporant noves mostres de<br />

confortabilitat, com per exemple la il·luminació elèctrica. Per a portar a<br />

terme aquestes transformacions, que en molts casos es restringien a la<br />

reforma de les façanes de les seves antigues vivendes, els reusencs, d’acord<br />

amb els models europeus que alguns dels seus membres coneixien gràcies<br />

als viatges de negocis, i els exemples més propers de Barcelona, escolliren<br />

el llenguatge arquitectònic del moment, el modernisme.<br />

L’arquitectura modernista<br />

Hi ha un fet que marcà de manera determinant l’entrada del<br />

modernisme a la ciutat, la construcció de l’Institut Pere Mata. L’any 1896<br />

un grup de reusencs adinerats presidit per Pau Font de Rubinat, decidí<br />

recolzar econòmicament el projecte del Dr. Emili Briansó, un jove metge<br />

titular de la plaça de forense municipal, de construir un modern institut<br />

psiquiàtric. Per portar a terme aquest projecte s’escollí l’arquitecte Lluís<br />

Domènech i Montaner, que comptà amb la col·laboració de Pere Caselles<br />

Tarrats, l’arquitecte municipal. Es tracta d’un projecte de grans dimensions,<br />

un hospital psiquiàtric concebut com una petita ciutat, que serví a<br />

Domènech i Montaner com a camp d’experimentació per a l’Hospital de la<br />

Santa Creu i Sant Pau que tot seguit construí a Barcelona. Les<br />

dependències de l’hospital es distribueixen racionalment en una sèrie de<br />

pavellons rodejats de jardins, alguns destinats a serveis comuns, i altres a<br />

residència dels interns. En destaca el número 6, conegut amb el nom de<br />

“dels distingits“ destinat a acollir els malalts d’alt poder econòmic i dotat<br />

dels màxims nivells de confort de l’època.<br />

Aquesta vinguda de Domènech a Reus marcà fortament el gust<br />

arquitectònic de la burgesia reusenca i la forma de treballar de Pere<br />

Caselles, l’arquitecte que rebé la major part dels encàrrecs privats<br />

provinents de la societat reusenca, definint així la imatge de conjunt del<br />

casc urbà, el que avui coneixem com a escenari modernista. També cal<br />

recordar que Domènech col·laborà amb diversos artesans de la ciutat, i<br />

contractistes d’obres, posant-los en contacte d’aquesta manera amb les<br />

noves formes arquitectòniques. A partir de la vinculació de Domènech i<br />

Montaner amb l’Institut Pere Mata, aquest rebé alguns encàrrecs privats,<br />

com per exemple la casa Rull (1900), la casa Navàs (1901), la capella de la<br />

família Margenat (1905), la casa Gasull (1911) i els magatzems Llopis<br />

(1911), o reformes com la de la casa Llopis o la decoració de la biblioteca<br />

Font de Rubinat (1910).<br />

Paral·lelament a aquest procés, Antoni Gaudí i Cornet, nascut a Reus<br />

l’any 1852, i que havia marxat a Barcelona per estudiar arquitectura, on es<br />

va establir definitivament, mantingué la relació amb la seva ciutat natal,<br />

fins al punt que se li encarregà la reforma del Santuari de Misericòrdia,<br />

patrona de la ciutat. Malauradament, a causa de desavinences amb veïns<br />

del Santuari, i altres inconvenients, aquest projecte quedà avortat, i sols<br />

ens en queden els petits esbossos conservats al Museu de la ciutat. Però sí<br />

que treballaren a la ciutat dos dels seus col·laboradors més propers, també<br />

reusencs, Joan Rubió Bellver (Casa Serra (1924), Xalet Serra (1911) i<br />

Dispensari Antituberculós (1926)) i Domènec Sugrañes Gras (Mas Llevat<br />

(1924).<br />

Les altres manifestacions artístiques<br />

El gust modernista no es restringí únicament a l’arquitectura, també<br />

el trobem present en altres manifestacions artístiques de la ciutat. En la<br />

literatura representat pel Grup Modernista de Reus, els membres del qual<br />

es reunien a la llibreria La Regional de Josep Aladern; en la pintura trobem<br />

l’obra dels reusencs Tomàs Bergadà i Hortensi Güell, i la del barceloní<br />

Joaquim Mir, que per motius de salut va estar ingressat un temps a<br />

l’Institut Pere Mata, representant-lo en alguns dels seus quadres. Mir<br />

visqué uns anys després a la població veïna de l’Aleixar, des d’on pintà<br />

paisatges i personatges de l’entorn. Les formes modernistes van envair la<br />

totalitat de les manifestacions ciutadanes: els dissenys tipogràfics; els<br />

anuncis publicitaris, amb bones mostres de Ramon Casals i Vernis; la<br />

fabricació seriada de materials de construcció, amb mostres com la<br />

producció ceràmica d’Hipòlit Monseny o els mosaics de la casa Llevat; els<br />

treballs de l’ebenista Oliva; o els esgrafiats de Ramon Fàbregas Pàmies.


2<br />

12<br />

1<br />

3<br />

4<br />

1 Apartment House with shops,<br />

LÇcplï‰a street 51, 1909, architect<br />

EiÏens Laube, – artistic synthesis of<br />

National Romanticism and<br />

Perpendicular <strong>Art</strong> <strong>Nouveau</strong>.<br />

2 Apartment House with shops,<br />

Br¥v¥bas street 47, 1908, architect<br />

EiÏens Laube, – one of <strong>Art</strong> <strong>Nouveau</strong><br />

National Romanticism trend<br />

symbols in Riga.<br />

3 Apartment House, Alberta street 11,<br />

1908, architect EiÏens Laube.<br />

4 Apartment Houses, Alberta street 8,<br />

6, 4, 1903-1904, architect Michael<br />

Eisenstein, – richly decorated early<br />

<strong>Art</strong> <strong>Nouveau</strong> buildings.<br />

R¥ga, Latvija<br />

Riga, la città più dinamica del Baltico<br />

Riga, capitale della Lettonia, è una città <strong>Art</strong> nouveau per eccellenza.<br />

Il suo centro storico è stato incluso nella lista del patrimonio mondiale<br />

dell’UNESCO nel 1997. In città si trova uno dei più begli agglomerati di<br />

costruzioni <strong>Art</strong> nouveau d’Europa. La qualità dell’architettura Jugendstil<br />

non ha equivalenti altrove al mondo.<br />

L’<strong>Art</strong> nouveau s’ispira essenzialmente all’architettura tedesca e<br />

finlandese. In questo periodo la città ha una crescita straordinaria.All’inizio<br />

del XX secolo, diventa uno dei maggiori centri commerciali e culturali della<br />

regione baltica (costa Est del Mar Baltico). Il movimento degli scambi nel<br />

porto di Riga è il più importante dell’Impero russo. A Riga si produce di<br />

tutto, dal semplice ago alle automobili e ai vagoni ferroviari. Le derrate, il<br />

tessile e le industrie elettromeccaniche sono molto sviluppati. La<br />

popolazione passa da 280.000 abitanti nel 1897 a più di 500.000 alla<br />

vigilia della prima Guerra Mondiale.<br />

La costruzione inizia in questo periodo una vera espansione. Tra il<br />

1910 e il 1913, sorgono da 300 a 500 edifici ogni anno. La metà è costituita<br />

da immobili residenziali di 5 o 6 piani. Queste costruzioni in muratura sono<br />

situate soprattutto nei quartieri centrali dove, secondo i regolamenti del<br />

1904, era vietato costruire in legno.All’inizio del XX secolo, lavorano a Riga<br />

soprattutto architetti del luogo, la maggior parte dei quali sono diplomati<br />

della facoltà di architettura dell’Istituto Politecnico di Riga, sorta nel 1869.<br />

Uno stile eclettico, ispirato alle correnti europee<br />

Le particolarità locali tipiche della città sono ereditate dalle tendenze<br />

più disparate dell’<strong>Art</strong> nouveau europea.<br />

Il romanticismo nazionale, che fiorisce tra il 1905 e il 1911, è molto<br />

caratteristico da questo punto di vista. Esso riflette gli sforzi degli architetti<br />

lettoni di creare un’architettura particolare nel contesto urbano dell’epoca.<br />

Il romanticismo nazionale ha le sue origini nel linguaggio dell’architettura<br />

tradizionale in legno e negli elementi del folclore. L’uso dei motivi<br />

tradizionali tipici della regione si trasforma generalmente secondo il gusto<br />

personale di ogni architetto. Si cercava soprattutto di utilizzare materiali di<br />

costruzione naturali e di evitare ogni imitazione. Le costruzioni del<br />

romanticismo nazionale sono dominanti in certi quartieri di Riga.<br />

Tra le costruzioni più caratteristiche e più belle del romanticismo<br />

nazionale, si possono citare una scuola e alcuni immobili degli architetti<br />

Ei?ens Laube, Konstantins Pek?ens, Aleksandrs Vanags ed Ernests Pole.<br />

Queste costruzioni sono caratterizzate da alte e potenti torrette d’angolo<br />

di forma cubica che ricordano gli antichi castelli lettoni, anticipando lo stile<br />

<strong>Art</strong> nouveau.<br />

Un altro stile architettonico dell’inizio del XX secolo a Riga è<br />

chiamato “<strong>Art</strong> nouveau perpendicolare”. Le costruzioni di questo tipo sono<br />

contraddistinte da una composizione verticale delle facciate, accentuata<br />

nelle aperture e negli ornamenti.<br />

La maggior parte delle costruzioni <strong>Art</strong> nouveau perpendicolari è stata<br />

progettata dagli architetti Janis Alksnis, Ei?ens Laube, Konstantins Pek?ens<br />

e Janis Gailis. Un certo numero di queste fu costruito da un architetto del<br />

luogo, ebreo, Paul Mandelstamm e da alcuni residenti tedeschi o, come si<br />

chiamavano essi stessi, dai Tedeschi baltici (Deutschbalten), come<br />

Bernhard Bielenstein, Rudolph Dohnberg ed altri.<br />

Numerosi luoghi del centro di Riga, come Antonijas, Brivibas,<br />

Aleksandra Caka, Gertrudes, Matisa, Stabu ed altre strade, evidenziano<br />

come l’<strong>Art</strong> nouveau perpendicolare ha potuto completamente determinare<br />

il carattere dell’ambiente urbano.<br />

In breve<br />

Lo stile di Riga è dunque molto eclettico. Le architetture, realizzate<br />

con molto rigore, presentano tuttavia delle decorazioni talvolta estreme,<br />

esuberanti e strabilianti al tempo stesso. La via Alberta e le sue immediate<br />

vicinanze, realizzata dall’ingegnere dei lavori pubblici Mikhail Eisenstein, è<br />

un esempio che colpisce. Questa strada è una delle maggiori attrattive<br />

turistiche della città.<br />

R¥ga – dinamiskÇkÇ Baltijas pilsïta<br />

Latvijas galvaspilsïta R¥ga ir izcila japplegendstila pilsïta. TÇs<br />

vïsturiskais centrs 1997. gadÇ tika iek∫auts UNESCO Pasaules kultappleras<br />

mantojuma sarakstÇ. Pilsïta ir viena no lielÇkajÇm japplegendstila bapplevju<br />

koncentrÇcijas vietÇm EiropÇ. R¥gas japplegendstila kvalitÇtei nekur citur<br />

pasaulï nav l¥dz¥gas.<br />

R¥gas japplegendstilu ietekmïja vÇcu, austrie‰u un somu arhitektapplera.<br />

·ajÇ laikmetÇ pilsïta piedz¥voja nepieredzïtu izaugsmi. 20. gadsimta<br />

sÇkumÇ tÇ k∫uva par vienu no lielÇkajiem raÏo‰anas, tirdzniec¥bas un<br />

kultappleras centriem Baltijas reÆionÇ. Kravu apgroz¥jums R¥gas ostÇ bija<br />

lielÇkais Krievijas ImpïrijÇ. R¥gÇ tika raÏots viss, sÇkot no naglas l¥dz<br />

automa‰¥nÇm un vilcienu vagoniem. PilsïtÇ bija att¥st¥ta pÇrtikas<br />

rapplepniec¥ba, tekstilrapplepniec¥ba un elektromehÇniskÇ rapplepniec¥ba.<br />

Iedz¥votÇju skaits pieauga no 280 tappleksto‰iem 1897. gadÇ l¥dz vairÇk<br />

nekÇ 500 tappleksto‰iem PirmÇ pasaules kara priek‰vakarÇ.<br />

Bapplevniec¥ba gadsimtu mijÇ piedz¥voja nebiju‰u uzplaukumu. Starp<br />

1910. un 1913. gadu katru gadu tika uzbapplevïtas 300 – 500 ïkas. LielÇkÇ<br />

da∫a no tÇm bija 5 – 6 stÇvu dz¥vojamie ¥res nami. ·¥s ïkas pÇrsvarÇ<br />

atradÇs pilsïtas centrÇlajÇ da∫Ç, kur saska¿Ç ar 1904. gada<br />

bapplevnoteikumiem vairs nebija ∫auts celt jaunas koka ïkas. 20. gadsimta<br />

sÇkumÇ R¥gÇ pÇrsvarÇ projektïja vietïjie arhitekti, lielÇkÇ da∫a no<br />

kuriem bija R¥gas PolitehniskÇ institappleta Arhitektappleras noda∫as<br />

absolventi. ·¥ arhitektappleras skola tika izveidota 1869. gadÇ.<br />

Starptautisko ietekmju lokalizÇcija<br />

Pilsïtas japplegendstila vaibstus iespaidoja daÏÇdas Eiropas japplegendstila<br />

tendences. πoti rakstur¥gs bija nacionÇlais romantisms, kas izplat¥jÇs<br />

1905. – 1911. gadÇ. Tas atspogu∫o latvie‰u arhitektu meklïjumus rad¥t<br />

jaunu arhitektappleru atbilsto‰i laikmeta pilsïtbapplevnieciskajam kontekstam.<br />

TÇ saknes meklïjamas tradicionÇlajÇ koka arhitektapplerÇ un folklorÇ.<br />

ReÆionam tipiskos ornamentus katrs arhitekts individuÇli, atbilsto‰i<br />

savai mÇkslinieciskajai izjappletai pielÇgoja savÇm celtnïm. ±pa‰a uzman¥ba<br />

tika pievïrsta dabisko materiÇlu izmantojumam un tam, lai izvair¥tos<br />

no imitÇcijÇm. DaÏÇs vietÇs R¥gÇ nacionÇlÇ romantisma bappleves dominï<br />

visÇ pilsïttelpÇ.<br />

Starp rakstur¥gÇkajiem un skaistÇkajiem nacionÇlÇ romantisma<br />

ïku piemïriem var minït µeni¿a skolu un dz¥vojamos namus, ko<br />

projektïjis EiÏens Laube, Konstant¥ns Pïk‰ïns, Aleksandrs Vanags un<br />

Ernests Pole. VairÇkÇm no ‰¥m celtnïm ir rakstur¥gi augsti un vareni<br />

kubiskas formas stappleru tor¿i, kas atsauc atmi¿Ç senlatvie‰u pilis,<br />

nezaudïjot saikni ar japplegendstilu.<br />

Otrs 20. gadsimta sÇkumam rakstur¥gs arhitektappleras novirziens R¥gÇ<br />

bija stateniskais japplegendstils. Tam rakstur¥ga vertikÇla fasÇÏu<br />

kompoz¥cija, ko izce∫ atbilsto‰as formas ailas un ornaments. LielÇko<br />

da∫u stateniskÇ japplegendstila ïku projektïju‰i JÇnis Alksnis, EiÏens Laube,<br />

Konstant¥ns Pïk‰ïns un JÇnis Gailis. Da∫u no tÇm projektïjis ar¥ ebreju<br />

izcelsmes r¥dzinieks arhitekts Pauls Mandel‰tams (Paul Mandelstamm),<br />

kÇ ar¥ vietïjie baltvÇcu arhitekti Bernhards B¥len‰teins (Bernhard<br />

Bielenstein), Rappledolfs Donbergs (Rudolph Dohnberg) un citi. VairÇkÇs<br />

vietÇs R¥gas centrÇ – Antonijas, Aleksandra âaka, ˛ertrappledes, Mat¥sa,<br />

Stabu un citÇs ielÇs – stateniskais japplegendstils piln¥bÇ determinï<br />

pilsïtvides raksturu.<br />

Noslïgums<br />

R¥gas japplegendstils ir ∫oti daudzveid¥gs. Prec¥zi veidotÇ arhitek-tappleras<br />

vidï ir sastopamas ar¥ greznas un pÇrsteidzo‰as kompoz¥cijas un fasÇÏu<br />

plastikas risinÇjumi. Alberta iela un tÇs apkÇrtne, kur daudzus namus<br />

projektïjis inÏenieris Mihails Eizen‰teins (Mikhail Eisenstein), ir<br />

rakstur¥gs piemïrs. ·¥ iela ‰odien ir ∫oti iecien¥ts tapplerisma objekts R¥gÇ.


1<br />

2<br />

13<br />

3<br />

1 . Lluís Muncunill Parellada, Masia<br />

Freixa, 1905-1910<br />

2 . Lluís Muncunill Parellada, Vapor<br />

Aymerich, Amat i Jover, 1907<br />

3 . Joaquim Vancells Vieta,<br />

Confiteria Vídua Carné , 1908<br />

Terrassa, Catalunya<br />

Terrassa l’industriale<br />

Le origini della trasformazione industriale di Terrassa risalgono alla<br />

prima parte del XIX secolo sono legate soprattutto all’espansione<br />

dell’industria laniera. L’arrivo della macchina per maglieria (1832) e della<br />

macchina a vapore (1833) portano notevoli miglioramenti tecnici. Nel 1845<br />

i primi telai fanno la loro apparizione e favoriscono una rapida crescita<br />

dell’industria tessile.<br />

Questa espansione è facilitata dal miglioramento delle comunicazioni:<br />

la costruzione della grande strada di Barcellona, nel 1845, e<br />

soprattutto l’arrivo della ferrovia dal nord, nel 1856, che unisce Terrassa a<br />

Barcellona, Manresa e Zaragoza (Saragozza). Questa nuova via di<br />

comunicazione permette di facilitare e di rendere regolari le consegne di<br />

materiali grezzi, come il carbone e la lana, e la distribuzione dei prodotti<br />

tessili finiti sui mercati catalani e spagnoli.<br />

Nello stesso tempo, la popolazione aumenta, la città si sviluppa, e<br />

questo provoca dei cambiamenti sociali. La città di Terrassa s’ingrandisce<br />

oltre la sua struttura medievale, in direzione dell’Estació del Nord e, cosa<br />

ancora più importante, supera i confini tradizionali naturali delle valli del<br />

Riera del Palau e del Torrente di Vallparadís.<br />

Le costruzioni più notevoli integrano i nuovi processi industriali. Nel<br />

caso dell’industria tessile, queste costruzioni comprendono ciminiere,<br />

officine per la produzione di vapore, mulini e depositi.<br />

Terrassa ha conservato notevolmente la sua eredità industriale tessile.<br />

Questa eredità comprende costruzioni nuove che fanno parte dello<br />

sviluppo della città pur adattandosi al centro urbano medievale.<br />

Questa coesistenza si riflette nella pianta delle strade e nella<br />

disposizione degli edifici: costruzioni industriali (officine per il vapore,<br />

mulini, depositi), abitazioni dei lavoratori, servizi (stazione, banche, negozi,<br />

rete elettrica, ospedale, caserme dei pompieri, mercati, alberghi e scuole) e<br />

luoghi dedicati agli svaghi (club, auditori o cinema e teatri). Ciò è visibile<br />

anche in certe sistemazioni delle strade (arredo urbano, pavimentazioni e<br />

lastricature, lampadari e altre apparecchiature elettriche).<br />

Molte di queste attrezzature industriali sono state conservate a<br />

Terrassa. Certe hanno un interesse in sé, ma è soprattutto come insieme<br />

che esse costituiscono una delle raccolte più straordinarie dell’eredità<br />

industriale catalana.<br />

Il Modernismo architettonico a Terrassa<br />

Il Modernismo architettonico si caratterizza per la prevalenza di linee<br />

curve su quelle diritte, l’abbondanza dei dettagli della decorazione, l’uso<br />

frequente di motivi vegetali e il dinamismo delle forme. I materiali usati<br />

sono il mattone a vista, lo stucco, la pietra, la ceramica ornamentale, il<br />

ferro battuto.<br />

Questi elementi generali sono usati in una prospettiva pratica: negli<br />

immobili, la decorazione esterna è spesso austera, mentre gli interni sono<br />

finemente decorati (fregi di ceramica servono a proteggere i muri, le<br />

vetrate, il lavoro del legno e del metallo).<br />

Una mostra al Real Collegio Terrasense nel 1883 segna l’inizio del<br />

rinascimento delle arti plastiche a Terrassa.<br />

L’entusiasmo iniziale facilita l’introduzione delle nuove tendenze<br />

dell’arte – <strong>Art</strong> nouveau e stile Moderno – che giungono a Barcellona da<br />

tutta l’Europa. Il punto culminante del nuovo stile Modernista nella città è<br />

rivelato al momento dell’esposizione del Palau delle Industrie (oggi Escola<br />

Industrial) nel 1904, dove le arti applicate sono particolarmente<br />

valorizzate. L’artista originario di Terrassa Joaquim Vancells e Alexandre de<br />

Riquer di Barcellona danno un contributo decisivo alla diffusione della<br />

pittura e della decorazione ornamentale a Terrassa.<br />

L’esplosione dello stile Modernista nella città è tuttavia opera degli<br />

architetti Lluís Muncunill e Josep M. Coll i Bacardí, e in minor misura,<br />

quella di Melcior Viñals e d’Antoni Pascual i Carretero. Questi uomini, con<br />

i costruttori ed alcuni abili artigiani, trasformano il volto della città<br />

progettando e costruendo costruzioni pubbliche, officine e case private.<br />

Questa trasformazione arriva pressappoco con la crescita industriale e<br />

l’interesse crescente della borghesia per la cultura e l’estetica.<br />

Tra le prime opere Moderniste di Terrassa, il progetto della Hall<br />

dell’Istituto Industriale, con gli affreschi d’Alexandre de Riquer (1901),<br />

completati da Joaquim Vancells (1904), è particolarmente interessante per la<br />

sua qualità artistica e il suo stile. La decorazione di Vancells è rimasta<br />

all’Istituto, mentre il dipinto centrale di de Riquer si trova oggi nella sala da<br />

pranzo della Casa Alegre de Sagrera. Altri lavori notevoli, di Joaquim<br />

Vancells, comprendono opere diverse nello stesso stile: la sala da pranzo e i<br />

mobili da ufficio di Masia Freixa, i dipinti della tromba delle scale della Casa<br />

Alegre de Sagrera, e il progetto d’insieme della Confiteria Vídua Carné.<br />

Terrassa la industrial<br />

Els orígens de la transformació industrial de Terrassa es remunten a la<br />

primera meitat del segle XIX i tenen a veure, principalment, amb l’expansió<br />

de la indústria de la llana. Els avenços tècnics es produeixen amb l’arribada<br />

de la màquina de filar (1832) i la màquina de vapor (1833). El 1845,<br />

apareixen els primers telers Jacquard que permeten un ràpid creixement de<br />

la indústria tèxtil.<br />

Aquesta expansió es veu facilitada per la millora de les<br />

comunicacions, amb la construcció de la carretera general de Barcelona, el<br />

1845, i sobretot l’arribada del ferrocarril pel nord, el 1856, que enllaçava<br />

Terrassa amb Barcelona, Manresa i Saragossa. Aquesta nova via de<br />

comunicació facilita i fa periòdics els lliuraments de materials crus, com ara<br />

el carbó i la llana, i la distribució dels productes tèxtils acabats en els<br />

mercats catalans i espanyols.<br />

Paral·lelament, la població augmenta i la ciutat es desenvolupa, cosa<br />

que provoca canvis socials. La ciutat de Terrassa s’estén més enllà de la<br />

seva estructura medieval, en direcció a l’Estació del Nord i, allò que encara<br />

és més important, ultrapassa els límits tradicionals naturals de les valls de<br />

la Riera del Palau i del Torrent de Vallparadís.<br />

Les construccions més notables integren els nous procediments<br />

industrials. En el cas de la indústria tèxtil, són les xemeneies, els vapors, les<br />

fàbriques i els magatzems.<br />

Terrassa ha conservat molt bé el seu patrimoni industrial tèxtil.<br />

Aquest patrimoni comprèn construccions noves que participen en el<br />

desenvolupament de la ciutat tot adaptant-se al centre urbà medieval.<br />

Aquesta associació es reflecteix en el plànol dels carrers i en la<br />

localització dels edificis: construccions industrials (vapors, fàbriques,<br />

magatzems), cases per als treballadors, serveis (estació, bancs, botigues,<br />

xarxa elèctrica, hospital, parc de bombers, mercats, hotels i escoles) i locals<br />

destinats al lleure (clubs, auditoris, o cinemes i teatres). Això també es pot<br />

veure en el mobiliari urbà i en els mateixos carrers amb llambordes, en les<br />

voreres de lloses, en fanals i altres aparells elèctrics.<br />

A Terrassa s’han conservat moltes d’aquestes particularitats<br />

industrials. Algunes són interessants en elles mateixes, però és sobretot en<br />

tant que conjunt que constitueixen una de les col·leccions més<br />

extraordinàries del patrimoni industrial català.<br />

El modernisme arquitectònic a Terrassa<br />

El modernisme arquitectònic es caracteritza pel predomini de les<br />

línies corbes respecte de les línies rectes – arcs parabòlics i el·líptics, la<br />

volta catalana i els cantells arrodonits – , per l’abundància dels detalls de<br />

decoració, per l’ús freqüent de motius vegetals i pel dinamisme de les<br />

formes. Els materials utilitzats són el maó vist, l’estucat, la pedra, la<br />

ceràmica ornamental i el ferro forjat.<br />

Aquests elements generals són utilitzats en el marc d’una perspectiva<br />

pràctica: així, en els immobles, sovint la decoració exterior és austera,<br />

mentre que els interiors estan delicadament decorats (frisos de ceràmica<br />

per protegir les parets, vitralls, obra de fusta i de metall).<br />

Una exposició presentada al Real Colegio Terrasense el 1883 marca<br />

l’inici de la renovació de les arts plàstiques a Terrassa.<br />

Aquest impuls inicial facilita la introducció de les noves tendències de<br />

l’art – <strong>Art</strong> <strong>Nouveau</strong> i Modern Style – que arriben a Barcelona de tota<br />

Europa. El punt culminant del nou estil modernista, a la ciutat, es fa palès<br />

amb ocasió de l’exposició del Palau d’Indústries (actualment, Escola<br />

Industrial) el 1904, en la qual es valoren especialment les arts aplicades.<br />

L’artista, originari de Terrassa, Joaquim Vancells i el barceloní Alexandre de<br />

Riquer fan una contribució decisiva a la difusió de la pintura i de<br />

l’ornamentació a Terrassa.<br />

Tanmateix, l’eclosió de l’estil modernista a la ciutat és obra dels<br />

arquitectes Lluís Muncunill i Josep M. Coll i Bacardí i, en menys grau, de<br />

Melcior Viñals i d’Antoni Pascual i Carretero. Aquests homes, juntament<br />

amb constructors i artesans de talent, transformen la fisonomia de la ciutat<br />

en concebre i construir edificis públics, factories i cases de particulars.<br />

Aquesta transformació arriba gairebé al mateix temps que el creixement<br />

industrial i que l’interès cada vegada més gran de la burgesia per la cultura<br />

i l’estètica.<br />

Entre les primeres obres modernistes de Terrassa, és particularment<br />

interessant, per la seva qualitat artística i el seu estil, el projecte de la sala<br />

d’actes de l’Institut Industrial, amb pintures murals d’Alexandre de Riquer<br />

(1901) completades per Joaquim Vancells (1904). La decoració de Vancells<br />

s’ha quedat a l’Institut, mentre que la pintura central de Riquer actualment<br />

es troba al menjador de la Casa Alegre de Sagrera. Altres obres notables,<br />

que devem a Joaquim Vancells, comprenen peces diverses que segueixen<br />

el mateix estil: el menjador i el mobiliari de despatx de la Masia Freixa, les<br />

pintures de l’ull de l’escala de la Casa Alegre de Sagrera, i el projecte de<br />

conjunt de la Confiteria Vídua Carné.


1<br />

14<br />

2<br />

3<br />

4<br />

1 Birreria Poretti, Induno O<br />

2 Railings of the terrace of the<br />

Grand Hotel Campo dei fiori,<br />

1909<br />

3 Molini Marzoli Massari,<br />

Busto A., 1910-1920<br />

4 Giuseppe Sommaruga,<br />

Grand Hotel Campo dei fiori,<br />

Varese, 1909<br />

photos : Paolo Zanzi<br />

Provincia di Varese, Italia<br />

Varèse, une cité au cœur de la Lombardie<br />

Varèse est une des neuf provinces de Lombardie, région du nord de<br />

l’Italie. La plaine lombarde associe de riches cultures à un élevage intensif<br />

et constitue surtout un grand foyer industriel (métallurgie, textile, chimie).<br />

La ville est située au pied des Alpes entre le lac Majeur et le lac de<br />

Côme, à la jonction des vallées suisses et est coupée au nord par la ligne<br />

des montagnes du Campo dei Fiori.<br />

Le développement d’une civilisation de loisirs à Varèse<br />

Ce cadre naturel extraordinaire, favorise le tourisme et attire une<br />

population aisée, constituée de l’ancienne noblesse et de la bourgeoisie<br />

naissante. Des complexes hôteliers et de majestueuses villas, disséminés<br />

dans le paysage sont édifiés dans un style homogène. Une classe moyenne<br />

dynamique et tournée vers l’avenir fait des projets de constructions dans<br />

la ville. Les usines en périphérie, les grands hôtels, les grandes et petites<br />

villas tirent parti du réseau ferré et de trams soigneusement planifié.<br />

Tout cet ensemble favorise la démocratisation du tourisme et des loisirs<br />

permettant à la classe moyenne de s’offrir des instants de vie raffinée.<br />

Le style Liberty<br />

En ce début de XX e siècle, un groupe d’architectes, Sommaruga,<br />

Stacchini et Gambini, développent un style résolument moderne, appelé le<br />

Liberty. Dans une approche typiquement <strong>Art</strong> nouveau, ils marient<br />

magistralement les éléments locaux et traditionnels aux nouvelles<br />

technologies. Ils construisent des immeubles en pierre locale, associée à la<br />

brique, s’inspirant des traditions anciennes en accord avec la modernité. Ils<br />

conçoivent les nombreux édifices urbains construits à Varèse et dans la<br />

région.<br />

Ainsi, dans le cadre montagneux du Campo dei Fiori, se dresse le<br />

village médiéval de Santa Maria del Monte. L’architecte milanais Guiseppe<br />

Sommaruga y réalise entre 1910 et 1912 le Grand Hôtel Campo dei Fiori<br />

pour La compagnie Grand Hôtel. Cet exemple du Liberty italien s’intègre<br />

parfaitement dans le cadre montagneux sans troubler son rythme. Appelé<br />

à Varèse vers la fin du XIX e siècle, Sommaruga lance un style nouveau et<br />

international, contrastant avec le style éclectique, qui s’inspire de l’art<br />

roman, gothique et renaissant et qui prospère après l’unification italienne,<br />

en 1870.<br />

Un autre artiste, Giovanni Chini, sculpteur et ingénieur, est l’interprète<br />

dynamique et novateur de cette période. Il invente la pierre artificielle et<br />

l’utilise pour des ornements, des décors, des cheminées, des encadrements<br />

de portes et de fenêtres, des porches d’entrée, qui étaient auparavant<br />

réalisés en marbre ou en pierre.<br />

Parallèlement à l’architecture, le style Liberty concerne aussi aux <strong>Art</strong>s<br />

décoratifs. Il est un des derniers mouvements artistiques épanouis sur le<br />

plan international et marque le choix d’une orientation vers des temps<br />

nouveaux. Les artistes abandonnent le passé et se tournent vers les arts<br />

appliqués qui sont au centre de toutes les attentions. Jusqu’alors, les objets<br />

usuels étaient anonymes et de qualité médiocre ; avec le Liberty, des objets<br />

nouveaux et différents sont proposés, élégants et raffinés. La Fabrique de<br />

céramiques italiennes de Laveno en fut le protagoniste principal.<br />

Les artistes du Liberty<br />

Silvio Gambini (1877-1948)<br />

Dans la première décennie du siècle, il collabore avec de nombreuses<br />

revues d’architecture, remportant le prix à l’exposition agricole, industrielle<br />

et artistique d’Oleggio en 1906. Entre 1906 et 1908, il collabore avec<br />

Sommaruga. Il publie, en 1911, 35 dessins pour des portes et des balcons<br />

dans l’article “Ferronneries modernes. Idées et esquisses”.<br />

Alessandro Mazzucotelli (1865-1938)<br />

Après avoir travaillé dans l’atelier de maréchal-ferrant de son père ,<br />

Mazzucotelli commence à étudier le dessin et l’architecture. En raisons<br />

d’un revers de fortune familial, il doit abandonner ses études, et ouvre à<br />

Milan son propre atelier. Suiveur convaincu de l’art nouveau, il est<br />

récompensé d’un prix à l’exposition de Turin en 1902. Il collabore<br />

principalement avec Sommaruga. Il est professeur à Milan, à l’école<br />

Umanitaria, à partir de 1903.<br />

Giuseppe Sommaruga (1867-1917)<br />

Élève de Camillo Boito, à la Brera, éduqué dans le style éclectique de<br />

son maître, il s’en distancie, choisissant le modernisme. Parmi ses chefd’œuvres<br />

: le Palais Castiglioni de Milan (1901-1903), le Grand Hôtel<br />

Campo dei Fiori à Varèse (1908), la Villa Faccanoni à Sarnico (1907) et de<br />

nombreux édifices funéraires.<br />

Ulisse Stacchini (1871-1947)<br />

Il présente un projet pour réaliser la gare de chemin de fer de Milan<br />

Central, ce qui donne lieu à de nombreux débats et à des discussions<br />

incessantes de 1906 à 1912. Il gagne malgré tout le concours mais son<br />

projet n’est mis en pratique qu’en 1931.<br />

Varese, una provincia di confine<br />

Varese è una delle nove province della Lombardia, regione del nord<br />

dell'Italia. Nella pianura lombarda si praticano la cultura e l'allevamento<br />

intensivo, ma è soprattutto sede di numerose industrie (metallurgiche,<br />

tessili, chimiche).<br />

La città è situata ai piedi delle Alpi tra il lago Maggiore e il lago di<br />

Como, all'innesto delle valli svizzere ed è tagliata a nord dalla linea della<br />

montagna del Campo dei Fiori.<br />

Lo sviluppo d’infrastrutture per il “relax” a Varese<br />

Questo scenario naturale straordinario favorisce il turismo e attira<br />

una popolazione agiata, formata dall'antica nobiltà e dalla borghesia<br />

nascente. Complessi alberghieri e ville maestose, disseminate nel<br />

paesaggio, sono costruiti in uno stile omogeneo. Una classe media<br />

dinamica e proiettata verso il futuro fa progettare palazzi in città. Le<br />

fabbriche in periferia, i grandi alberghi, ville e villette sparse su tutta la<br />

provincia servite da un’efficiente rete ferroviaria e tranviaria.<br />

Questo insieme favorisce la democratizzazione del turismo e degli<br />

svaghi, consentendo alla classe media di concedersi momenti di vita<br />

raffinata.<br />

Lo stile Liberty<br />

All'inizio del XX secolo, un gruppo di architetti, Sommaruga, Stacchini<br />

e Gambini, sviluppano uno stile decisamente moderno, chiamato Liberty.<br />

Con un approccio tipicamente <strong>Art</strong> nouveau, essi fondono magistralmente<br />

gli elementi locali e tradizionali con le nuove tecnologie. Costruiscono gli<br />

immobili in pietra locale, unita ai mattoni, ispirandosi alle tradizioni<br />

antiche, associandole alla modernità. Essi progettano i numerosi edifici<br />

costruiti a Varese e nella provincia.<br />

Nell'ambiente montuoso del Campo dei Fiori l'architetto milanese<br />

Giuseppe Sommaruga realizza tra il 1910 e il 1912 il Grand Hotel Campo<br />

dei Fiori per la Società dei Grandi Alberghi. Questo esempio di Liberty si<br />

integra perfettamente nel contesto montuoso senza forzarne il ritmo.<br />

Chiamato a Varese verso la fine del XIX secolo, Sommaruga propone uno<br />

stile nuovo e internazionale in contrappunto con lo stile eclettico, che<br />

s'ispira all'arte romana, gotica e rinascimentale e che era nato dopo l'Unità<br />

d'Italia, nel 1870.<br />

Questo gruppo di architetti con vari artisti, come Giovanni Chini, sono<br />

inventori dinamici e innovativi di questo periodo. Infatti inventano la pietra<br />

artificiale e la utilizzano per gli ornati, o decori, i camini, stipiti e architravi<br />

di porte e finestre, che erano prima realizzati in marmo o in pietra.<br />

Oltre l'architettura, lo stile Liberty interessa anche le <strong>Art</strong>i decorative.<br />

E' uno degli ultimi movimenti artistici a diffusione internazionale e segna<br />

la scelta di un orientamento verso i tempi nuovi. Gli artisti abbandonano il<br />

passato e si dedicano alle arti applicate che sono al centro di tutte le<br />

attenzioni. Gli oggetti d'uso quotidiano, fino allora anonimi e di qualità<br />

mediocre, con il Liberty diventano nuovi e diversi, eleganti e raffinati. La<br />

Società di Ceramica italiana di Laveno ne fu grande protagonista.<br />

Gli artisti del Liberty<br />

Silvio Gambini (1877-1948)<br />

Collabora nel primo decennio del secolo con numerose riviste di<br />

architettura, vincendo un premio all'esposizione agricola, industriale e<br />

artistica di Oleggio nel 1906. Tra il 1906 e il 1908, collabora con<br />

Sommaruga. Nel 1911 pubblica 35 disegni per cancelli ed inferriate<br />

nell'articolo “Ferri moderni. Idee e schizzi“.<br />

Alessandro Mazzucotelli (1865-1938)<br />

Dopo aver lavorato nella bottega del padre fabbro ferraio, comincia a<br />

studiare disegno e architettura. A causa di traversie familiari, deve<br />

abbandonare gli studi e apre la sua bottega a Milano. Assertore convinto<br />

dell'<strong>Art</strong> nouveau, ottiene un premio all'esposizione di Torino nel 1902.<br />

Collabora specialmente con Sommaruga. Insegna a Milano, alla scuola<br />

Umanitaria, dal 1903.<br />

Giuseppe Sommaruga (1867-1917)<br />

Allievo di Camillo Boito, a Brera, educato nello stile eclettico del<br />

maestro, si separa da lui, scegliendo il modernismo. Tra i suoi capolavori: il<br />

Palazzo Castiglioni di Milano (1901-1903), il Grand Hotel Campo dei Fiori<br />

a Varese (1908), la Villa Faccanoni a Sarnico (1907) e numerose edicole<br />

funerarie.<br />

Ulisse Stacchini (1871-1947)<br />

Presenta un progetto per la stazione ferroviaria di Milano Centrale,<br />

che è fonte di numerosi dibattiti e discussioni infinite dal 1906 al 1912.<br />

Nonostante tutto vince il concorso, ma il suo progetto è messo in opera<br />

solo nel 1931.


2<br />

15<br />

1<br />

3<br />

4<br />

5<br />

1 Restorer cleaning a metal work of<br />

the church at Steinhof Hospital,<br />

Otto Wagner, 1903-1907<br />

2 Joseph Maria Olbrich, Secession,<br />

exhibition hall in Vienna,<br />

1897-1898,<br />

3 Otto Wagner, Postal Saving Bank,<br />

Wien, 1904-1906<br />

4 Karl Adalbert Fischl residential<br />

building, 1905<br />

5 Julius and Wunibald Deininger,<br />

School building, 1908-1910<br />

Wien, Österreich<br />

Il contesto politico ed economico<br />

Nel 1867, Francesco Giuseppe I, imperatore d’Austria, accetta un<br />

compromesso politico che sfocia nella creazione dell’Impero Austro-<br />

Ungarico. Questo compromesso è la risposta alle rivendicazioni degli<br />

Ungheresi che, dal 1848, chiedono il riconoscimento della loro identità in<br />

seno all’Impero. L’Ungheria, fino allora provincia sottoposta all’Austria,<br />

diventa uno Stato autonomo all’interno dell’Impero. Francesco Giuseppe I,<br />

imperatore d’Austria, è anche re d’Ungheria. Da questa data, l’Impero ha<br />

due capitali: Vienna per l’Austria, e Budapest per l’Ungheria.<br />

Nonostante i disordini politici, Vienna riesce ad avere la stessa vitalità<br />

economica delle altre capitali europee. La costruzione di un viale circolare,<br />

il “ring”, fa di Vienna una metropoli europea. Tuttavia, con l’affluenza<br />

massiccia di nuovi arrivi, la città deve affrontare il problema della<br />

sovrappopolazione, soprattutto quello della mancanza di alloggi. Si assiste<br />

al sorgere di una società a due velocità: una parte della popolazione si<br />

impoverisce, mentre la borghesia, conformista e conservatrice, continua ad<br />

avere fiducia nel progresso.<br />

Molte persone colgono l’esistenza di un vuoto intellettuale in seno<br />

alla società. Gli artisti non pensano di poter cambiare questa situazione,<br />

ma sono convinti di essere in grado di creare un luogo a parte, dove la<br />

bellezza, l’arte e la spiritualità possono far parte del quotidiano.<br />

Il movimento della secessione<br />

Negli ultimi anni del XIX secolo, diciannove artisti – pittori,<br />

disegnatori, scultori e architetti – decidono che è tempo per loro di creare<br />

qualche cosa di veramente nuovo. Gustave Klimt, Koloman Moser, Joseph<br />

Hoffman, Joseph-Marie Olbrich esprimono il loro disaccordo nei confronti<br />

delle accademie, delle associazioni d’artisti e del gusto conservatore dei<br />

committenti (i clienti). Questi giovani artisti pensano che l’arte troppo a<br />

lungo si è ispirata agli esempi del passato, nel quale non trovano più alcun<br />

interesse. Per loro, l’arte deve essere nuova, diversa e moderna. Questi<br />

artisti cercano o trovano la loro ispirazione in tutto ciò che considerano<br />

reale, naturale e conservato: la natura, il mondo dei miti, l’arte delle culture<br />

straniere, l’arte popolare e i lavori dei giovani colleghi d’altre capitali<br />

europee che seguono la stessa corrente di pensiero.<br />

Ecco perché questi diciannove artisti lasciano con fragore l’antica<br />

scuola d’arte e l’associazione degli artisti austriaci per fondarne una<br />

propria, la Secessione. La versione viennese del movimento internazionale<br />

<strong>Art</strong> nouveau e una costruzione di Vienna hanno preso questo nome.<br />

Per le esposizioni secessioniste, l’architetto Joseph-Marie Olbrich<br />

progetta una costruzione rivoluzionaria, completamente bianca, e incoronata<br />

da una cupola forgiata, dorata di foglie d’alloro e di bacche. Il nuovo edificio<br />

secessionista è presto oggetto di discussione e anche di scandalo, perché il<br />

suo progetto non ne indica la destinazione. Si tratta allo stesso tempo di un<br />

immobile che illustra i valori simbolici del movimento e di un atrio<br />

d’esposizione senza finestre, ma con grandi e alti muri bianchi, che ricordano<br />

i templi o le camere funerarie. L’iscrizione sopra l’entrata recita: “Al tempo, la<br />

sua arte; All’arte, la sua libertà”. Il movimento della Secessione pubblica<br />

anche una rivista chiamata Ver Sacrum, Primavera Sacra.<br />

Questo movimento riunisce esempi dell’arte contemporanea europea,<br />

perché tutta l’Europa è alla ricerca di novità.<br />

I giovani artisti europei sono particolarmente attratti dalle arti<br />

dell’Estremo Oriente, soprattutto del Giappone. Il lavoro dei colleghi<br />

scozzesi è particolarmente importante per la Secessione viennese. Una<br />

mostra delle opere di Charles Rennie Mcintosch di Glasgow fa una tale<br />

impressione, che spinge tutta la progettazione degli artisti viennesi verso<br />

l’uso di forme semplici, a scapito delle forme curve e della decorazione con<br />

fiori e piante utilizzati fino allora.<br />

Gli artisti della Secessione<br />

Lo stile scozzese esercita un’influenza particolare sul disegno e<br />

l’architettura. Così, Joseph Hoffman progetta un mobile geometrico e<br />

lineare di eccellente qualità artigianale. Egli fonda i Wiener Wekstätte<br />

(atelier Viennesi), specializzati nella progettazione di oggetti quotidiani di<br />

alta qualità.<br />

Otto Wagner è il nuovo architetto di questo periodo. Utilizza<br />

tecnologie recentissime, come le costruzioni in ferro e cemento, e materiali<br />

nuovi, come il ferro, il vetro, la ceramica e l’alluminio. Per il suo interesse<br />

per le tecnologie che diverranno in seguito le basi dell’urbanistica moderna,<br />

egli va ben oltre l’<strong>Art</strong> nouveau. Costruisce ospedali, banche, immobili<br />

d’abitazione e le stazioni sotterranee della metropolitana di Vienna.<br />

Nei loro dipinti e nei loro disegni, Gustave Klimt e Egon Schiele<br />

dipingono figure umane dalla nudità sensuale, senza i costumi storici o<br />

mitologici tradizionali, e provocano numerosi scandali rompendo questo<br />

tabù. La psicanalisi di Sigmund Freud, che rivela l’esistenza e il ruolo<br />

dell’inconscio, ha preparato il terreno a queste opere d’arte problematiche,<br />

ma anche liberatrici.<br />

Molti artisti hanno subito l’influenza di questo movimento artistico e<br />

vi si sono associati. Alcuni sono stati formati da Otto Wagner, come lo<br />

sloveno Joze Plecnik o il ceco Jan Kotera. Essi consentono così alla nuova<br />

arte di penetrare in altri paesi. Gli oppositori stessi dello stile della<br />

Secessione, come l’architetto e designer Adolph Loos, traggono profitto dai<br />

nuovi principi di design.<br />

Die politischen und wirtschaftlichen Zusammenhänge<br />

Im Jahr 1867 kommt es unter Kaiser Franz Joseph I. zu einem<br />

politischen Ausgleich, der in der Gründung der Doppelmonarchie<br />

Österreich-Ungarn mündet. Mit diesem Ausgleich kommt man den<br />

Forderungen der Ungarn nach, die seit 1848 die Gleichberechtigung ihrer<br />

Nationalität innerhalb des Reiches verlangen. Trotz politischer Turbulenzen<br />

erlebt Wien damals denselben wirtschaftlichen Aufschwung wie die<br />

übrigen Hauptstädte Europas. Durch einen massiven Zuwanderungsstrom<br />

sieht sich die Stadt jedoch mit den daraus resultierenden Problemen,<br />

besonders mit dem einer Wohnungsnot, konfrontiert.<br />

Die Bewegung der Secession<br />

In den letzten Jahren des 19. Jahrhunderts finden neunzehn junge<br />

Künstler - Maler, Grafiker, Bildhauer und Architekten - , dass es an der Zeit<br />

wäre, endlich einmal etwas wirklich Neues zu machen. Gustav Klimt,<br />

Kolo Moser, Josef Hoffmann, Joseph Maria Olbrich und weitere Maler,<br />

Architekten und Bildhauer, die meisten im Alter zwischen 25 und 35<br />

Jahren, haben genug von der Bevormundung durch die Akademien und die<br />

Künstlervereine und vom konservativen Geschmack der Auftraggeber. Ihrer<br />

Meinung nach hat die Kunst schon viel zu lange Vorbilder aus ihrer eigenen<br />

Vergangenheit wiederholt. Ihre Vorbilder suchen und finden die Künstler in<br />

allem, was sie für echt, ursprünglich und unverbraucht halten: in der Natur,<br />

in der Welt der Mythen, in der Kunst außereuropäischer Kulturen und in der<br />

Volkskunst - und nicht zuletzt in den Arbeiten der jungen Kollegen in den<br />

anderen europäischen Hauptstädten, die ebenso fühlen wie sie.<br />

Die neunzehn jungen Künstler verlassen also unter Protest das<br />

altehrwürdige Künstlerhaus und gründen ihren eigenen Verein, die<br />

Secession, was soviel wie Abtrennung bedeutet. Nach dieser<br />

Künstlergruppe und ihrem Gebäude, das ebenfalls Secession heißt, ist die<br />

Wiener Variante des internationalen Phänomens Jugendstil benannt.<br />

Die neue Künstlervereinigung macht bald durch ein neues Haus von<br />

sich reden. Der Architekt Joseph Maria Olbrich entwirft für die<br />

Ausstellungen der Secession ein Gebäude, wie man es noch nie gesehen<br />

hat: blendend weiß, von einer Kuppel aus vergoldetem Laubwerk bekrönt.<br />

Das Gebäude ist ein Skandal, schon deshalb, weil seine Form keinen<br />

Hinweis auf seine Funktion gibt. Halb Repräsentationsbau mit Symbolwert,<br />

halb Ausstellungshalle, fast fensterlos und von weiten, glatten, weißen<br />

Flächen begrenzt, erinnert es an Tempel und Grabbauten. Über dem<br />

Eingang steht "Der Zeit ihre Kunst, der Kunst ihre Freiheit". Die Secession<br />

gibt auch eine eigene Zeitschrift mit der Titel Ver Sacrum (Heiliger Frühling)<br />

heraus.<br />

In der Secession wird zeitgenössische Kunst aus ganz Europa gezeigt,<br />

denn die jungen Künstler haben fast überall den Aufbruch in eine neue Zeit<br />

ausgerufen. Es gibt aber auch außereuropäische Kunst zu sehen; vor allem<br />

die exotische Kunst Asiens, insbesondere Japans mit ihrer flächigen<br />

Gestaltung faszinierte die Europäer. Besonders wichtig wurde für die<br />

Wiener Secession die Leistung der schottischen Kollegen. Eine Ausstellung<br />

mit Arbeiten von Charles Rennie Mackintosh aus Glasgow hat einen so<br />

tiefen Eindruck hinterlassen, dass die Wiener Künstler danach die ebenso<br />

eleganten wie einfachen Formen des Schotten den bis dahin modernen,<br />

geschwungenen Formen mit Blumen- und Pflanzendekor vorziehen.<br />

Die Künstler der Secession<br />

Der schottische Stil übt einen besonderen Einfluss auf Design und<br />

Architektur aus. So entwirft Josef Hoffmann geometrische und geradlinige<br />

Möbel in bester handwerklicher Ausführung und gründet die "Wiener<br />

Werkstätte", die sich auf besonders schöne, handgefertigte Gebrauchsgegenstände<br />

spezialisiert. Der Stararchitekt der Zeit ist Otto Wagner. Er<br />

verwendet ganz neue Technologien, wie den Eisenbetonbau, und neue<br />

Materialien, wie Eisen, Glas, Keramik und Aluminium. Mit seinem Einsatz<br />

für neue Technologien, die zur Grundlage eines wirklich modernen,<br />

großstädtischen Lebens werden sollten, geht er über den Jugendstil bereits<br />

weit hinaus. In Wien baut er Spitäler, Banken, Mietshäuser und eine<br />

moderne Stadtbahn. Gustav Klimt und Egon Schiele stellen in Malerei und<br />

Grafik die nackte, sinnliche menschliche Figur ohne historische oder<br />

mythologische Verkleidung dar und verursachen mit ihren Tabubrüchen<br />

mehrere Kunstskandale. Den Weg für diese ebenso problematischen wie<br />

befreienden Darstellungen haben die gleichzeitig entstandene<br />

Psychoanalyse des Sigmund Freud, die verschiedenen Lebensreform-<br />

Bewegungen und eine freizügige Literatur, wie z.B. die Texte <strong>Art</strong>hur<br />

Schnitzlers, vorbereitet.<br />

Viele Künstler werden von der damals herrschenden künstlerischen<br />

Aufbruchsstimmung mitgerissen oder beeinflusst. Dazu gehören die<br />

jungen Architekten, die von Otto Wagner ausgebildet werden, wie z.B. der<br />

Slowene Joze Plecnik oder der Tscheche Jan Kotéra. Sie tragen die neue<br />

Kunst in andere Länder weiter. Sogar die Gegner der Secession, wie der<br />

Architekt und Designer Adolf Loos, profitieren von der Auseinandersetzung<br />

mit den neuen Gestaltungsprinzipien.


With the support of the Culture 2000<br />

Programme of the European Union /<br />

Avec le soutien du Programme<br />

Culture 2000 de l’Union européenne<br />

In collaboration with the<br />

European Route of Modernism /<br />

En collaboration avec la Route<br />

européenne du Modernisme<br />

With the participation of /<br />

Avec la participation de<br />

www.artnouveau-net.com<br />

www.ecole-de-nancy.com<br />

publication’s coordination /<br />

coordination de la publication :<br />

Béatrice Hanin-Rochais, Céline L’Huillier<br />

et Nathalie Vergès, Nancy<br />

coordination office /<br />

bureau de coordination :<br />

Réseau <strong>Art</strong> <strong>Nouveau</strong> <strong>Network</strong><br />

Elisabeth Horth, Sam Plompen<br />

et Manoëlle Wasseige, Bruxelles<br />

graphic design and making off /<br />

conception graphique et réalisation :<br />

Ithaque design graphique, Nancy<br />

Informazioni pratiche<br />

Il progetto dell’<strong>Art</strong> nouveau,<br />

una mostra itinerante<br />

Il patrimonio dell’<strong>Art</strong> nouveau, come noi lo conosciamo oggi, è il<br />

risultato di numerose vicende. Accanto alle grandi testimonianze<br />

dell’architettura o delle arti applicate di questo periodo, ormai protette<br />

nelle città e nei musei, esiste una moltitudine di progetti mai realizzati, o<br />

effimeri, d’opere distrutte, o di edifici dimenticati che, in certi casi, ricevono<br />

attualmente nuove destinazioni. E’ a questo tema inedito che la mostra è<br />

dedicata.<br />

Itinerario della mostra<br />

Terrassa 9.5.2003 > 22.6.2003<br />

Bruxelles 10.7.2003 > 12.10.2003<br />

Provincia di Varese 6.11.2003 > 4.1.2004<br />

Barcelona 29.1.2004 > 28.3.2004<br />

Nancy 22.4.2004 > 20.6.2004<br />

Glasgow 4.11.2004 > 23.1.2005<br />

Alesund 15.7.2004 > 10.10.2004<br />

Helsinski 17.2.2005 > 17.4.2005<br />

Riga 12.5.2005 > 10.7.2005<br />

Wien 4.8.2005 > 2.10.2005<br />

Budapest 21.10.2005 > 18.12.2005<br />

Ljubljana 19.1.2006 > 19.3.2006<br />

Avignon 13.4.2006 > 25.6.2006<br />

Programma delle manifestazioni<br />

dell’<strong>Art</strong> nouveau<br />

Mesi di studio dell’<strong>Art</strong> nouveau (maggio 2003 e maggio 2004)<br />

Al fine di promuovere la conoscenza dell’<strong>Art</strong> nouveau tra i giovani in<br />

età scolare, ogni città partner della Rete organizza per un mese eventi<br />

specifici come pubblicazioni, animazioni e visite guidate.<br />

Pubblicazioni della Rete <strong>Art</strong> nouveau<br />

L’<strong>Art</strong> nouveau in Europa oggi. Stato dei luoghi – 2000<br />

Quest’opera, illustrata da fotografie inedite, offre un’analisi critica<br />

della situazione del patrimonio <strong>Art</strong> nouveau nelle città partner della Rete,<br />

nonché una serie di suggerimenti rivolti a migliorare le politiche di tutela<br />

e di valorizzazione di questo patrimonio in Europa. Il libro è stato<br />

pubblicato in inglese e in francese.<br />

Atti del convegno: “Il progetto <strong>Art</strong> nouveau”, Vienna, ottobre 2002<br />

Questa pubblicazione riprende l’insieme delle conferenze del convegno<br />

che hanno presentato per ogni città partner progetti mai realizzati,<br />

dimenticati o scomparsi.<br />

L’insieme dei testi è stato pubblicato in una versione bilingue, in<br />

inglese e in francese.<br />

Giornale dell’<strong>Art</strong> nouveau – 2003<br />

Questo giornale destinato ai giovani tra i 15 e i 18 anni presenta un<br />

panorama dell’<strong>Art</strong> nouveau in Europa: il contesto della sua diffusione, le<br />

sue caratteristiche, i suoi artisti e le loro realizzazioni nelle diverse città<br />

partner.<br />

Il giornale è distribuito nel mese di maggio nell’ambito del Mese di<br />

studio dell’<strong>Art</strong> nouveau.<br />

Carnet delle attività - 2003<br />

Una serie di giochi e di esercizi invita gli allievi più giovani della<br />

scuola primaria ad un viaggio europeo attraverso il patrimonio <strong>Art</strong><br />

nouveau di tutte le città partner.<br />

Il carnet delle attività è distribuito nel mese di maggio<br />

nell’ambito del Mese di studio dell’<strong>Art</strong> nouveau.<br />

Il progetto <strong>Art</strong> nouveau – 2003<br />

L’opera segue la mostra presentando gli studi delle vicende di<br />

alcuni progetti esposti nella mostra. Il libro è stato pubblicato in una<br />

versione unica bilingue, in inglese e in francese.<br />

Un libro-manifesto che riprende gli elementi più ludici della<br />

mostra è stato realizzato per i giovani visitatori.

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