Italiano - Art Nouveau Network
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2 RÉSEAU ART NOUVEAU NETWORK<br />
3 ÅLESUND . NORGE<br />
4 BARCELONA . CATALUNYA<br />
5 BRUXELLES - BRUSSEL . BELGIQUE - BELGIË<br />
6 BUDAPEST . MAGYARORSZÀG<br />
7 GLASGOW . SCOTLAND UK<br />
8 HELSINKI . SUOMI<br />
9 LJUBLJANA . SLOVENIJA<br />
10 NANCY . FRANCE<br />
11 REUS . CATALUNYA<br />
12 RIGA . LATVIJA<br />
13 TERRASSA . CATALUNYA<br />
14 PROVINCIA DI VARESE . ITALIA<br />
15 WIEN . ÖSTERREICH<br />
2003 / 15 > 18<br />
Terrassa<br />
Reus<br />
Glasgow<br />
Barcelona<br />
Bruxelles-Brussel<br />
Nancy<br />
Ålesund<br />
Provincia di Varese<br />
Ljubljana<br />
<strong>Art</strong> <strong>Nouveau</strong> <strong>Network</strong><br />
Agli inizi del XX secolo si sviluppa in molte città d’Europa un fenomeno culturale: l’<strong>Art</strong> <strong>Nouveau</strong>.<br />
Questo movimento, che segna una rottura artistica e intellettuale no tempo stesso, ha sfruttato gli esiti<br />
della Rivoluzione industriale, pur conciliandoli con la perfezione del lavoro artigianale. Dovunque, in<br />
Europa, l’<strong>Art</strong> nouveau è spinta da una straordinaria aspirazione alla modernità, dal desiderio di migliorare<br />
la vita quotidiana nei centri urbani in sviluppo e dalla volontà di abolire la frontiera tra le Belle <strong>Art</strong>i e le <strong>Art</strong>i<br />
decorative. Questa corrente offre un’armonia perfetta del tenore di vita, mescolando abilmente<br />
l’architettura, la decorazione interna e il mobilio.<br />
Nel 1999, quattordici città europee si uniscono in una rete di cooperazione per studiare, salvaguardare<br />
e valorizzare il loro patrimonio <strong>Art</strong> nouveau. Questa rete è formata da persone che svolgono lavori diversi<br />
e hanno varie competenze: conservatori o direttori di musei, architetti, restauratori, storici dell’<strong>Art</strong>e. Questi<br />
ultimi realizzano documenti e attività per informare i professionisti e sensibilizzare il grande pubblico:<br />
l’edizione di un libro, la creazione di un sito Internet, l’organizzazione di un colloquio e di una mostra, la<br />
pubblicazione di un giornale per i liceali e di una rivista per i bambini… A questo scopo, la Rete riceve un<br />
sostegno finanziario dall’Unione europea (programma Cultura 2000).<br />
Le Réseau <strong>Art</strong> <strong>Nouveau</strong> <strong>Network</strong><br />
À l’aube du XX e siècle, un phénomène culturel se développe dans plusieurs villes d’Europe : l’<strong>Art</strong><br />
nouveau. Ce mouvement, qui marque à la fois une rupture artistique et intellectuelle, a exploité les<br />
nouveautés issues de la Révolution industrielle, tout en poursuivant la perfection du travail artisanal.<br />
Partout en Europe, l’<strong>Art</strong> nouveau est porté par une formidable aspiration à la modernité, par le désir<br />
d’embellir la vie quotidienne dans les grands centres urbains en développement et par la volonté d’abolir<br />
la frontière entre les Beaux-<strong>Art</strong>s et les <strong>Art</strong>s décoratifs. Ce courant offre une harmonie parfaite du cadre de<br />
vie, mêlant habilement l’architecture, la décoration intérieure et le mobilier.<br />
En 1999, quatorze villes d’Europe se regroupent au sein d’un réseau de coopération pour étudier,<br />
sauvegarder et mettre en valeur leur patrimoine <strong>Art</strong> nouveau. Ce réseau est constitué de personnes aux<br />
métiers et aux compétences variés : conservateurs ou directeurs de musées, architectes, restaurateurs,<br />
historiens de l’<strong>Art</strong>. Ces derniers conçoivent des documents et des activités pour informer les professionnels<br />
et sensibiliser le grand public : édition d’un livre, création d’un site Internet, organisation d’un colloque et<br />
d’une exposition, publication d’un journal pour les lycéens et d’une revue pour les enfants… Dans ce but,<br />
le Réseau reçoit un soutien financier de l’Union européenne (programme Culture 2000).<br />
Wien<br />
Budapest<br />
Helsinki<br />
Riga
2<br />
L’<strong>Art</strong> nouveau in Europa<br />
Verso la fine del XX secolo, una nuova corrente si sviluppa in un certo<br />
numero di città europee. Questo fenomeno culturale prende nomi diversi,<br />
Jugenstil, Liberty, Modern Style, Ecole de Nancy, Modernismo o ancora la<br />
Secessione. E’ notevolmente legato alle evoluzioni economiche dell’Europa<br />
del tempo.<br />
Iniziata alla fine del XVIII secolo in Gran Bretagna, diffusa in Europa,<br />
poi negli Stati Uniti nel XIX e nel XX secolo, la rivoluzione trasforma<br />
profondamente l’economia dei paesi toccati, la struttura delle società e la<br />
vita quotidiana delle persone. L’Europa passa così da un’economia<br />
dominata dall’agricoltura e dall’artigianato all’economia che si basa sulla<br />
macchina, la grande industria e lo sviluppo dei trasporti.<br />
L’industrializzazione dell’Europa è contraddistinta dall’utilizzo di nuove<br />
fonti d’energia, il carbone poi il petrolio e l’elettricità. E’ caratterizzata da<br />
una serie d’innovazioni tecniche che ne stabiliscono le tappe successive. La<br />
prima rivoluzione industriale è determinata dall’invenzione della macchina<br />
a vapore dello Scozzese James Watt, che determina l’uso del carbone, e che<br />
comporta la meccanizzazione dell’industria cotoniera e lo sviluppo della<br />
metallurgia per la costruzione delle macchine, degli utensili e delle rotaie.<br />
Alla fine del XIX secolo si avvia la seconda rivoluzione industriale che si<br />
associa alla scoperta dell’elettricità, all’uso del petrolio come fonte<br />
d’energia, all’espansione dell’industria chimica, all’invenzione dell’automobile<br />
e allo sviluppo delle telecomunicazioni.<br />
La rivoluzione industriale modifica dunque sensibilmente il modo di<br />
produrre: a poco a poco il lavoro artigianale è sostituito dalla produzione<br />
in serie, favorita dalle nuove tecniche di lavoro. Questa produzione in<br />
massa determina l’abbassamento dei prezzi, dunque la democratizzazione<br />
dei consumi. A poco a poco, la società europea diventa una società di<br />
consumi. La rivoluzione industriale porta dunque ad una vera rivoluzione<br />
commerciale: lo sviluppo dei mezzi di trasporto contribuisce alla<br />
formazione di un mercato mondiale. Sui mercati interni, la nascita dei<br />
grandi magazzini, i primi passi della pubblicità, allora chiamata “réclame”,<br />
lo sviluppo del credito, spingono i consumatori a moltiplicare i loro<br />
acquisti.<br />
La rivoluzione industriale modifica anche le strutture sociali. In effetti,<br />
nel XIX secolo, l’Europa del nord-ovest, poi quella del sud e dell’est, sono<br />
toccate dal cambiamento demografico, che alimenta un forte incremento<br />
naturale. Nel 1900, in Europa si trova un quarto della popolazione<br />
mondiale. Questa crescita demografica favorisce la crescita economica e<br />
determina un importante cambiamento nella distribuzione geografica delle<br />
persone, segnata in particolare dall’esodo rurale. Questa affluenza di<br />
persone richiede una nuova pianificazione delle città, poiché in Europa la<br />
struttura ereditata dai secoli passati non corrisponde più ai nuovi bisogni.<br />
Tutte le grandi città europee subiscono dunque delle trasformazioni allo<br />
scopo di migliorare le condizioni di vita dei cittadini.<br />
Lo sviluppo economico trasforma dunque in modo durevole le<br />
strutture sociali.<br />
Le società tradizionali cedono il posto alla società industriale, segnata<br />
dall’urbanizzazione, dalla nascita di un’immensa classe operaia,<br />
dall’ascesa della borghesia e delle classi medie. In quel momento storico le<br />
classi dirigenti sono completamente rinnovate: il potere della nobiltà<br />
diminuisce, mentre gli imprenditori si arricchiscono rapidamente. Alle<br />
vecchie famiglie di commercianti e banchieri si aggiungono nuove dinastie,<br />
come i grandi proprietari di aziende siderurgiche, chiamati “padroni delle<br />
ferriere”, i grandi padroni delle ferrovie o del tessile e i pionieri<br />
dell’automobile. Questa borghesia dispone di tutte le forme di potere e<br />
ostenta con il suo modo di vivere la propria ricchezza e il proprio potere.<br />
Presta un’attenzione particolare alla manutenzione e all’arredamento della<br />
sua casa. In scala minore, le classi medie, per distinguersi dal mondo<br />
operaio, s’ispirano a questo modo di vivere. E’ così che si sviluppano le arti<br />
decorative in tutta l’Europa.<br />
L’art nouveau in Europa si sviluppa dunque in un contesto del tutto<br />
particolare. L’evoluzione artistica è indissociabile da quella economica e<br />
sociale. Gli artisti s’inseriscono subito nell’evoluzione economica e<br />
tecnologica. <strong>Art</strong>isti e industriali al tempo stesso, essi si appropriano dei<br />
nuovi materiali e delle tecniche derivate dalla rivoluzione industriale.<br />
Cercano anche di adattare l’arte alla produzione industriale: a fianco di<br />
pezzi unici fabbricati per ricchi committenti, sviluppano la produzione in<br />
serie destinata alla piccola borghesia e alle classi medie. Arrivano così ad<br />
abbattere la frontiera tra le arti maggiori (pittura, scultura) e le arti<br />
cosiddette minori, cioè le arti decorative. Anche gli oggetti più comuni<br />
d’uso quotidiano – portacenere, poltrone, sedie, stoviglie – riflettono lo<br />
“spirito nuovo”.<br />
Rompendo dunque con l’accademismo tradizionale, che consiste<br />
molto spesso nell’imitare gli stili del passato, gli artisti si lanciano alla<br />
ricerca di un linguaggio nuovo. Volendo essere funzionale e decorativa al<br />
tempo stesso, l’<strong>Art</strong> nouveau non esita a ricorrere a forme strabilianti,<br />
eliminando le linee diritte a vantaggio di curve e d’arabeschi. Questo stile,<br />
alla fine del XIX secolo, raggiunge l’architettura pubblica e privata, in<br />
particolare le stazioni, le banche e i grandi magazzini.<br />
Au tournant du XX e siècle, un nouveau courant artistique se développe<br />
dans un certain nombre de villes européennes. Ce phénomène<br />
culturel prend différentes appellations, Jugenstil, Modern Style, Ecole de<br />
Nancy, Modernisme ou encore la Sécession. Il est fortement lié aux<br />
évolutions économiques et sociales de l’Europe à l‘époque.<br />
Amorcée à la fin du XVIII e siècle en Grande Bretagne, diffusée en<br />
Europe puis aux Etats-Unis tout au long du XIX e et du XX e siècles, la<br />
révolution industrielle transforme profondément l’économie des pays<br />
qu’elle a touchés, la structure des sociétés et l’existence quotidienne des<br />
hommes. L’Europe passe ainsi d’une économie dominée par l’agriculture et<br />
l’artisanat à une économie fondée sur la machine, la grande industrie et le<br />
développement des transports. L’industrialisation de l’Europe est marquée<br />
par l’utilisation de nouvelles sources d’énergie, le charbon puis le pétrole<br />
et l’électricité. Elle s’est nourrie d’une série d’innovations techniques qui en<br />
établissent les étapes successives. La première révolution industrielle est<br />
déterminée par l’invention de la machine à vapeur par l’Ecossais James<br />
Watt, ce qui nécessite l’utilisation du charbon, et qui entraîne la mécanisation<br />
de l’industrie cotonnière et le développement de la métallurgie<br />
pour la fabrication des machines, des outils et des rails. À la fin du XIX e<br />
siècle, s’amorce la seconde révolution industrielle qu’on associe à la<br />
découverte de l’électricité, à l’utilisation du pétrole comme source<br />
d’énergie, à l’essor de l’industrie chimique, à l’invention de l’automobile et<br />
au développement des télécommunications.<br />
La révolution industrielle modifie donc sensiblement la façon de<br />
produire : peu à peu, la travail artisanal est remplacé par la production en<br />
série, favorisée par les nouvelles techniques de travail. Cette production en<br />
masse provoque une baisse des prix, donc la démocratisation de la<br />
consommation. Petit à petit, la société européenne devient une société de<br />
consommation. La révolution industrielle entraîne donc une véritable<br />
révolution commerciale : le développement des moyens de transport<br />
contribue à la formation d’un marché mondial. Sur les marchés intérieurs,<br />
la naissance des grands magasins, les premiers pas de la publicité, alors<br />
appelée “réclame”, le développement du crédit, incitent les consommateurs<br />
à multiplier leurs achats.<br />
La révolution industrielle modifie également les structures sociales.<br />
En effet, au XIX e siècle, l’Europe du nord-ouest, puis celle du sud et de l’est,<br />
sont touchées par la transition démographique, qui alimente un fort<br />
accroissement naturel. En 1900, l’Europe regroupe ainsi le quart de la<br />
population mondiale. Cette croissance démographique favorise la<br />
croissance économique et entraîne une importante redistribution<br />
géographique des populations, illustrée en particulier par l’exode rural. Cet<br />
afflux de population exige un réaménagement des villes, car en Europe, la<br />
structure héritée des siècles passés ne correspond plus aux besoins<br />
nouveaux. Toutes les grandes cités européennes subissent donc des<br />
transformations, afin d’améliorer les conditions de vie des citadins.<br />
L’essor économique transforme donc durablement les structures<br />
sociales. Les sociétés traditionnelles, cèdent la place à la société industrielle,<br />
marquée par l’urbanisation, la création d’une immense classe<br />
ouvrière, l’ascension de la bourgeoisie et des classes moyennes. À cette<br />
époque, les classes dirigeantes sont totalement renouvelées : la puissance<br />
de la noblesse est en recul, alors les entrepreneurs s’enrichissent<br />
rapidement. Aux vieilles familles de négociants et banquiers viennent<br />
s’ajouter des dynasties nouvelles, comme les grands patrons de la<br />
sidérurgie, appelés les “maîtres des forges”, les grands patrons du chemin<br />
de fer ou du textile et les pionniers de l’automobile. Cette bourgeoisie<br />
cumule toutes les formes de pouvoir et mène un mode de vie ostentatoire,<br />
afin d’exposer sa richesse et son pouvoir. Elle prête une attention toute<br />
particulière à l’entretien et à la décoration de ses demeures. À une moindre<br />
échelle, les classes moyennes, pour se distinguer du monde ouvrier,<br />
s’inscrivent dans ce mode de vie. C’est ainsi que se développent les arts<br />
décoratifs à travers toute l’Europe.<br />
L’<strong>Art</strong> nouveau en Europe se développe donc dans un contexte tout à<br />
fait particulier. L’évolution artistique est ici indissociable de l’évolution<br />
économique et sociale. Les artistes s’inscrivent tout d’abord dans<br />
l’évolution économique et technologique. À la fois artistes et industriels, ils<br />
s’approprient les nouveaux matériaux et les techniques issues de la<br />
révolution industrielle. Ils cherchent aussi à adapter l’art à la fabrication<br />
industrielle : aussi, à côté des pièces uniques fabriquées pour de riches<br />
commanditaires, ils développent la production en série destinée à la petite<br />
bourgeoisie et aux classes moyennes. Ils parviennent ainsi à supprimer la<br />
frontière entre les arts majeurs (peinture, sculpture, architecture) et les arts<br />
dits mineurs, à savoir les arts décoratifs. Les objets les plus quotidiens<br />
– cendriers, fauteuils, chaises, vaisselle – reflètent ainsi “l’esprit nouveau”.<br />
Rompant alors avec l’académisme traditionnel, qui consiste le plus<br />
souvent à imiter les styles du passé, les artistes se lancent dans la<br />
recherche d’un langage neuf. Se voulant à la fois fonctionnel et décoratif,<br />
l’<strong>Art</strong> nouveau n’hésite pas à recourir à des formes étonnantes, supprimant<br />
les lignes droites au profit de courbes et d’arabesques. Ce style touche à la<br />
fin du XIX e siècle l’architecture privée et publique, notamment les gares, les<br />
banques et les grands magasins.
2<br />
3<br />
1<br />
3<br />
4<br />
5<br />
1 Hagbart Schytte-Berg,<br />
Devold Villa, 1906<br />
2 Ålesund’s historic town center,<br />
built 1904-1907<br />
3 Karl Norum, Rønnebergbua,<br />
Ålesund, 1906<br />
4 Hagbart Schytte-Berg,<br />
Swan Pharmacy, Ålesund, 1907<br />
5 From the diningroom in Hagbart<br />
Schytte-Berg ‘Pharmacy,<br />
Ålesund, 1907<br />
Ålesund, Norge<br />
Dalle ceneri all’<strong>Art</strong> nouveau<br />
La città di Alesund, tipica dell’<strong>Art</strong> nouveau, è la conseguenza d’un<br />
incendio catastrofico e di una ricostruzione notevolmente influenzata<br />
dall’architettura internazionale <strong>Art</strong> nouveau, chiamata Jugendstil.<br />
La notte del 23 gennaio 1904 una violenta tempesta provocò un<br />
incendio che distrusse tutta la città di Alesund in sole 15 ore.<br />
Contrariamente a quello che ci si aspettava, vi fu una sola vittima, ma più<br />
di 800 abitazioni furono distrutte e 10000 dei 12000 abitanti della città<br />
rimasero senza tetto. Un aiuto urgente fu inviato da tutta la Norvegia, da<br />
organizzazioni pubbliche o da donatori privati, ma anche da tutta l’Europa<br />
e dagli Stati Uniti. A Parigi vi fu uno spettacolo con Loïe Fuller e con Sarah<br />
Bernhardt per raccogliere fondi. Nonostante il pesante onere finanziario<br />
imposto a questo piccolo porto di pesca per la necessaria ricostruzione,<br />
questa fu terminata nel giro di tre anni, con la costruzione di più di 600<br />
nuovi edifici.<br />
L’altro elemento fondamentale è la conquista dell’indipendenza della<br />
Norvegia nel 1905, un anno dopo quell’incendio.<br />
Il 7 giugno 1905, in pieno periodo di ricostruzione, la Norvegia ruppe<br />
la sua unione politica forzata con la Svezia.<br />
Dopo 400 anni di dominazione danese, seguita da 100 anni di quella<br />
svedese, la Norvegia era finalmente riuscita a riconquistare la sua<br />
indipendenza. Naturalmente, l’entusiasmo e l’esuberanza nazionale hanno<br />
lasciato la loro impronta sull’arte e l’architettura dell’epoca. Molti<br />
architetti che lavoravano ad Alesund hanno cercato di creare una nuova<br />
architettura completamente norvegese. Esempi simili si diffondono in<br />
Europa, come Gaudi a Barcellona o McIntosch a Glasgow.<br />
Un’architettura moderna<br />
Il fallimento recente dell’industria edilizia delle due principali città<br />
della Norvegia fu molto vantaggioso per Alesund. In effetti, numerosi e<br />
validi architetti, carpentieri e artigiani vi si recarono con la speranza di<br />
trovare lavoro. Circa 50 architetti, metà dei quali di meno di 35 anni, e nati<br />
nel paese, parteciparono al progetto di ricostruzione. Essi si erano dovuti<br />
recare all’estero per i loro studi, poiché la Norvegia non ebbe una propria<br />
scuola di architettura fino al 1910. La maggior parte tornava dalla<br />
Germania, ma anche dall’Inghilterra o dalla Scozia. Questi architetti erano<br />
dunque orientati verso le tendenze internazionali e le espressioni<br />
contemporanee dell’<strong>Art</strong> nouveau.<br />
Henrik Nissen, un architetto di grande esperienza, fu incaricato della<br />
ricostruzione di Alesund. Era un fervido sostenitore di un’architettura<br />
semplice, che poggiava le sue radici nella tradizione norvegese. Egli ha più<br />
volte ripetuto che gli architetti erano responsabili della creazione della<br />
bellezza, con gli obiettivi più semplici, “permettendo all’arte di lasciare la<br />
sua impronta sulla nostra città”.<br />
Tutti questi architetti si sono proposti di non imitare più gli antichi stili<br />
ben radicati, e hanno cercato di creare uno stile moderno ispirato alle<br />
proprie tradizioni locali. Hagbart Schytte-Berg, che è sicuramente l’artista<br />
più dotato che abbia lavorato ad Alesund, scrisse: “Dapprima ho seguito lo<br />
stile gotico, ispirandomi poi al Rinascimento, ma più tardi, e in particolare<br />
ad Alesund, me ne sono liberato e ho cercato di dare al mio lavoro una<br />
direzione più personale e più nazionale, non solo in termini di decorazione,<br />
ma anche d’insieme”.<br />
Una costruzione esemplare<br />
“La farmacia del cigno”, Swaneapoteket, mostra come Schytte-Berg<br />
seppe associare le linee eleganti dell’<strong>Art</strong> nouveau con una decorazione<br />
ispirata all’arte Vichinga. L’architetto trovò un’ulteriore forte ispirazione<br />
ideando anche l’arredo della farmacia e alcune parti dell’alloggio dei<br />
proprietari. L’insieme è di rara armonia e bellezza.<br />
Occupando tutto lo spazio d’un isolato, l’immobile si eleva come una<br />
scultura dagli angoli arrotondati e dai passaggi perfetti. La varietà dei<br />
colori del rivestimento in pietra offre delicati contrasti decorativi. Maschere<br />
e dragoni, derivati dall’arte medievale e vichinga norvegese, sembrano<br />
danzare intorno alle numerose finestre di varie forme.<br />
Gli elementi di ferro battuto, la scala, i banchi, le modanature di<br />
stucco (rivestimento murale decorativo, fatto di gesso, colla e polvere di<br />
marmo o di gesso, che imita il marmo), i mobili e la disposizione della hall<br />
e della sala da pranzo hanno caratteristiche simili. Vetrate decorate di<br />
motivi stilizzati o astratti illuminano l’insieme.<br />
Fra aske til <strong>Art</strong> nouveau<br />
<strong>Art</strong> nouveau-byen Ålesund er et resultat av en bybrann, et nasjonalt<br />
merkeår og internasjonale påvirkninger fra den mangfoldige bevegelsen<br />
som på engelsk og fransk har fått navnet <strong>Art</strong> nouveau og på tysk<br />
jugendstil.<br />
Bybrannen<br />
En orkannatt i januar 1904 begynte brannen som på 15 timer la<br />
praktisk talt hele byen i aske. Det var den mest omfattende<br />
brannkatastrofen i Norges historie. Utrolig nok var det kun ett menneske<br />
som omkom, men over 800 hus strøk med, og 10 000 av byens om lag<br />
12 000 innbyggere ble uten tak over hodet. Nødhjelp strømmet til fra flere<br />
land, foreninger og privatpersoner både i Europa og USA. I Paris ble det<br />
blant annet holdt en veldedighetsforestilling der blant annet Loïe Fuller og<br />
Sarah Bernhardt opptrådte. Tross tunge økonomiske løft for mange i den<br />
lille fiskerbyen, klarte man på tre år og reise en by med over 600 nye hus<br />
– og vel 300 av dem var jugendstilhus. Denne egenartede nye byen med<br />
sin tette konsentrasjon av bygninger fra en kort historisk epoke på et lite<br />
areal, samspillet mellom byen og fjord og hav og de nære fjellene, gjør<br />
Ålesund særpreget ikke bare i nasjonal sammenheng.<br />
Arkitektene<br />
Et hell i uhellet for Ålesund var at akkurat på den tiden byen brant<br />
hadde de to største byene i landet hatt et byggekrakk. Resultatet var at<br />
dyktige arbeidere, håndverkere og arkitekter fra hele landet strømmet til<br />
Ålesund i håp om arbeid. Om lag femti arkitekter var med på å sette sitt<br />
preg på byen etter brannen. Halvparten av dem var under 35 år. Alle var,<br />
med et par unntak, født og oppvokst i Norge. Siden det lille landet ikke<br />
hadde egen arkitektutdanning før fra 1910, var arkitektene imidlertid<br />
utdannet i utlandet. Først og fremst i Tyskland, men også i England og<br />
Skottland. Manglende hjemlig miljø gjorde norske arkitekter naturlig<br />
internasjonalt orienterte.<br />
Et nasjonalt merkeår og europeiske paralleller<br />
Midt i gjenoppbyggingsperioden for Ålesund – 7. juni 1905 – løsrev<br />
Norge seg fra unionen med Sverige. Etter fire hundre år som en del av<br />
Danmark og nesten 100 år i union med Sverige skulle Norge nå endelig stå<br />
på egne ben som selvstendig stat. Den nasjonale begeistring og glød som<br />
preget årene før unionsoppløsningen, satte naturligvis også preg på kunst<br />
og arkitektur på ulike måter. Mange av arkitektene i Ålesund hadde uttalte<br />
mål om å skape en arkitektur på nasjonal grunn.<br />
Denne måten å tenke på er helt parallell med det som skjedde andre<br />
steder i Europa, som for eksempel Gaudí i Barcelona eller Mackintosh i<br />
Glasgow. En ønsket blant annet ikke lenger å kopiere, men heller skape en<br />
moderne stil inspirert av hjemlige tradisjoner. Den kanskje mest talentfulle<br />
arkitekten som arbeidet i Ålesund, Hagbart Schytte-Berg, uttrykte seg på<br />
denne måten: «Først var jeg tilhenger av den gotiske stil, men i min<br />
praktiske virksomhet gikk jeg mer over til renessansen… senere, vesentlig<br />
i Ålesund, har jeg løsrevet meg mer og forsøkt å arbeide mer i personlig og<br />
nasjonal retning, så vel i helheten som i ornamentikken.»<br />
På besøk i et hus<br />
Hvordan Schytte-Berg forente jugendstilens elegante slyng med norsk<br />
dragestilornamentikk fra vikingkunsten til et eget personlig uttrykk, kan vi<br />
blant annet studere i Svaneapotek-bygningen. Her fikk arkitekten utfolde<br />
sitt talent også ved å tegne inventar til både apotekutsalget og deler av<br />
privatboligen til apotekerfamilien. Resultatet er et uvanlig helhetlig og<br />
vakkert hus. Det dekker nesten et kvartal og virker som en skulptur i<br />
byrommet med sine avrundede hjørner og glidende overganger. Huset er<br />
forblendet med norsk granitt der ulike farger i steinen gir dekorative<br />
kontraster. Drageformer og masker inspirert av norsk viking- og<br />
middelalderkunst danser i dekorasjonene rundt de mange og varierte<br />
vinduene, i smijernsarbeidet, i utskjæringene i dører, disker og trappehus, i<br />
gipslistene i taket og i møbler og inventar i spisestue og hall.<br />
Blyglassvinduene siler lyset gjennom mer kontinentale <strong>Art</strong> nouveaumotiver<br />
med stiliserte eller abstraherte naturbilder.<br />
Kunstens stempel på byen<br />
Dette huset representerer det Stephan Tschudi Madsen – tidligere<br />
norsk riksantikvar og pioner i forskningen omkring internasjonal <strong>Art</strong><br />
nouveau – kaller den ålesundske symbiosen mellom dragestil og <strong>Art</strong><br />
nouveauslyng. Han har også pekt på hvordan ulike inspirasjoner fra den<br />
nye europeiske arkitekturen gav nedslag i Ålesund. Fra østerrisk inspirerte<br />
småkvadrater, tysk-østerrikske jugendstil med elegante slyng, trekk fra<br />
middelalderens borgarkitektur og inspirasjon fra nasjonale ornamenter.<br />
Den erfarne arkitekten Henrik Nissen ble ansatt som bygningssjef<br />
etter brannen. Han ivret for en ærlig arkitektur som bygde på hjemlig<br />
tradisjon. Og han la stor vekt på arkitektenes ansvar for å skape skjønnhet<br />
ned til den enkleste form. «Sette kunstens stempel på byen,» som han<br />
uttrykte det. Da han avsluttet arbeidet i 1906, oppsummerte han sine<br />
inntrykk og fant at arkitektene hadde vist redelig vilje til å løsrive seg fra<br />
gammel, stivnet tenkning om arkitektur og hadde klart å skape resultater<br />
som kanskje kunne ha «blivende verdi for arkitekturen i vårt land».
1<br />
4<br />
2<br />
1 & 2<br />
Lluís Domènech i Montaner,<br />
Palau de la Música Catalana,<br />
Barcelona, 1905-1908<br />
Barcelona, Catalunya<br />
Il rinascimento catalano<br />
La Catalogna è una piccola regione bagnata dal mar Mediterraneo, a<br />
nord-est della Penisola iberica e legata, dall’inizio del XVIII secolo, alla<br />
storia politica ed economica della Spagna. Dopo una guerra contro la<br />
Castiglia e la Francia, persa dalla Catalogna, la lingua e la cultura catalane<br />
sono state limitate all’ambito domestico o popolare. Il castigliano diventa<br />
dunque la lingua ufficiale.<br />
D’altra parte, le risorse naturali sono scarse e, dall’epoca medievale, il<br />
popolo catalano si dedica alla navigazione e al commercio. Tuttavia, la<br />
situazione economica cambia profondamente verso la metà del XIX secolo<br />
con la rivoluzione industriale, che trasforma il paese in un importante<br />
centro di produzione tessile, le comunicazioni si modernizzano ed il<br />
commercio con il resto della Spagna e con l’America consente di<br />
mantenere un ritmo di produzione elevato.<br />
Questo modifica notevolmente la società catalana: una nuova classe<br />
sociale, la borghesia, si sviluppa e consolida il suo potere, mentre i<br />
lavoratori vivono in condizioni difficili.<br />
E’ in questo contesto che nasce un movimento culturale di tipo<br />
romantico, la Renaixença, che valorizza la cultura autoctona e il catalano<br />
come lingua di cultura. L’insieme di questo processo culmina con<br />
l’allestimento, a Barcellona, nel 1888, di un’Esposizione Universale che<br />
sintetizza tutto questo movimento di modernizzazione dell’industria e<br />
della cultura catalana, e costituisce il punto di partenza del fenomeno<br />
culturale che si definisce come Modernismo catalano.<br />
Il Modernismo catalano<br />
L’<strong>Art</strong> nouveau o lo Jugendstil si sviluppano per il desiderio di dare alla<br />
cultura europea modernità e spirito cosmopolita. La versione catalana, il<br />
Modernismo recepisce questi nuovi elementi, senza tuttavia rinunciare alle<br />
proprie radici: in effetti, la sua principale caratteristica è un equilibrio<br />
notevole tra la modernità e la tradizione. Nel Modernismo catalano,<br />
accanto alle linee sinuose e cosmopolite dell’<strong>Art</strong> nouveau internazionale,<br />
si trovano riferimenti al passato e alla propria storia che non si vuole<br />
dimenticare. In questo modo si recuperano i vecchi mestieri artigianali e si<br />
trovano un po’ dappertutto riferimenti simbolici alla storia e alle tradizioni:<br />
le quattro strisce della bandiera catalana, la leggenda di San Jordi, patrono<br />
della Catalogna, un gran repertorio iconografico, dispiegato sulle facciate<br />
architettoniche, che è motivo di altrettanti temi sviluppati dai pittori, dagli<br />
scultori, dai poeti e dai musicisti catalani.<br />
Tuttavia, di tutte le arti, l’architettura è quella che ha lo sviluppo più<br />
spettacolare. La nuova borghesia e le istituzioni civili diventano<br />
committenti e consentono l’impulso di uno stile architettonico che diventa<br />
l’immagine della modernità. La città di Barcellona, all’epoca in piena<br />
crescita e potendo perciò offrire enormi possibilità di costruire, è oggi uno<br />
straordinario esempio di quello che fu il Modernismo catalano, del quale si<br />
possono ancora vedere le opere dei tre architetti più caratteristici: Antonio<br />
Gaudì, Lluìs Domènech i Montaner e Josep Puig i Cadafalch.<br />
Antoni Gaudì e i suoi contemporanei<br />
Antoni Gaudì è l’architetto più rappresentativo di questo movimento.<br />
Il suo genio sta nella sua capacità di portare agli estremi limiti costruttivi<br />
e strutturali le possibilità dell’architettura del suo tempo e di dotarla, al<br />
tempo stesso, di contenuti simbolici non equivoci. La Casa Batllò non è<br />
altro che un’allegoria del mito di San Jordi, mentre la Casa Milà o il Parco<br />
Guëll spingono all’estremo il contrasto tra l’opera d’arte, come creazione,<br />
e la natura. Tuttavia, è negli edifici religiosi che egli sviluppa al massimo il<br />
suo concetto dell’architettura. E’ proprio nella cripta della Colonia Guëll e<br />
nel tempio della Sagrada Familia, e soprattutto in quest’ultimo, che Gaudi<br />
sperimenta fino a limiti ancora insospettati le possibilità costruttive dei<br />
grandi templi gotici mentre scrive un poema allegorico dai sentimenti<br />
religiosi.<br />
Domènech i Montaner, da parte sua, unisce a una conoscenza molto<br />
profonda delle nuove tecnologie architettoniche l’uso abbondante e molto<br />
accurato della decorazione.<br />
Infine, è l’architetto, ma anche lo storico e l’uomo politico, Josep Ma<br />
Puig i Cadafalch che traduce al meglio il mito di un Medio Evo mai<br />
dimenticato.<br />
La Renaixença catalana<br />
Catalunya és una regió petita situada a la riba del Mediterrani, al<br />
nord-est de la Península Ibèrica i vinculada, des del principi del segle XVIII,<br />
a la història política i econòmica d’Espanya. Després d’una guerra contra<br />
Castella i França que Catalunya va perdre, la llengua i la cultura catalanes<br />
van quedar restringides a l’àmbit domèstic o popular. El castellà es va<br />
convertir en la llengua oficial.<br />
A més, els seus recursos naturals són escassos i, des de l’època<br />
medieval, el poble català es consagra a la navegació i al comerç.<br />
Tanmateix, la situació econòmica es veu profundament modificada a<br />
mitjan segle XIX amb la revolució industrial que transforma el país en un<br />
centre important de producció tèxtil, les comunicacions es modernitzen i el<br />
comerç amb la resta d’Espanya i amb Amèrica li permet mantenir un ritme<br />
de producció sostingut.<br />
La societat catalana en resulta profundament modificada: una nova<br />
classe social, la burgesia, es desenvolupa i consolida el seu poder, mentre<br />
que els treballadors pateixen condicions de vida difícils.<br />
És en aquest context que es produeix la Renaixença, un moviment<br />
cultural de tipus romàntic que defensa el valor de la cultura autòctona i el<br />
català com a llengua de cultura. Tot aquest procés culmina el 1888 a<br />
Barcelona en una Exposició Universal que sintetitza tot el moviment de<br />
modernització de la indústria i de la cultura catalana, i que constitueix el<br />
punt de partida del fenomen cultural que entenem com a modernisme<br />
català.<br />
El modernisme català<br />
L’<strong>Art</strong> nouveau, o el Jugendstil, es van desenvolupar com un desig de<br />
dotar la cultura europea d’un sentit de modernitat i de cosmopolitisme. La<br />
versió catalana, el modernisme, integra aquestes noves dades, però sense<br />
renunciar a les arrels pròpies: en efecte, la seva característica més representativa<br />
és un equilibri particular entre la modernitat i la tradició. En el<br />
modernisme català, al costat de les línies sinuoses i cosmopolites de l’<strong>Art</strong><br />
<strong>Nouveau</strong> internacional hi trobem referències al passat, a la pròpia història,<br />
que hom es nega a oblidar. D’aquesta manera es recuperen els antics oficis<br />
artesans i trobem, una mica pertot, referències simbòliques a la història i a<br />
les tradicions: les quatre barres de la senyera catalana, la llegenda de Sant<br />
Jordi, patró de Catalunya, tot un extens repertori iconogràfic, desplegat<br />
sobre les façanes arquitectòniques i que es multiplica en els temes<br />
desenvolupats pels pintors, escultors, poetes i músics catalans.<br />
Tanmateix, de totes les arts, l’arquitectura és la que té un desenvolupament<br />
més espectacular. La nova burgesia i les institucions civils<br />
ofereixen mecenatge i permeten impulsar un estil arquitectònic que esdevé<br />
la imatge de la modernitat. La ciutat de Barcelona, llavors en ple<br />
creixement i que oferia, per tant, enormes possibilitats de construcció,<br />
encara avui és un exemple excel·lent de què va ser el modernisme català,<br />
del qual hi podem veure les obres dels tres arquitectes més característics:<br />
Antoni Gaudí, Lluís Domènech i Montaner i Josep Puig i Cadafalch.<br />
Antoni Gaudí i els seus contemporanis<br />
Antoni Gaudí és l’arquitecte més representatiu d’aquest moviment.<br />
La seva genialitat rau en la seva capacitat per portar fins als límits<br />
constructius i estructurals més extrems les possibilitats de l’arquitectura<br />
del seu temps i dotar-la, paral·lelament, de continguts simbòlics<br />
inequívocs. La Casa Batlló no és ni més ni menys que una al·legoria del<br />
mite de Sant Jordi, mentre que la Casa Milà o el Park Güell porten al límit<br />
l’oposició entre l’obra d’art, en tant que creació, i la natura. Tanmateix, és<br />
en els edificis religiosos que Gaudí desenvolupa al màxim el seu concepte<br />
de l’arquitectura. De fet, és en la cripta de la Colònia Güell i en el temple<br />
de la Sagrada Família, i molt especialment en aquest darrer, que<br />
experimenta fins a uns límits encara insospitats les possibilitats<br />
constructives dels grans temples gòtics i, al mateix temps, escriu un poema<br />
al·legòric als seus sentiments religiosos.<br />
Domènech i Montaner, d’altre banda, alia un coneixement extraordinàriament<br />
profund de les noves tecnologies arquitectòniques amb l’ús<br />
abundant i molt acurat de la decoració.<br />
Finalment, és l’arquitecte, però també l’historiador i l’home polític<br />
Josep Puig i Cadafalch qui tradueix millor el mite d’una Edat Mitjana mai<br />
oblidada.
2<br />
3<br />
5<br />
1<br />
4<br />
5<br />
1 Paul Cauchie, private house,<br />
dining room, Bruxelles, 1905<br />
2 Gustave Strauven,<br />
Saint-Cyr house, 1900-1903<br />
3 Gustave Serrurier-Bovy<br />
dining room plan published<br />
in “L’<strong>Art</strong> décoratif”,<br />
november 1904<br />
4 Adolphe Crespin,<br />
“Paul Hankar, architecte” bill,<br />
1894<br />
5 Paul Hankar,<br />
Niguet shirtmaker shop window,<br />
Bruxelles, 1896<br />
Bruxelles-Brussel, Belgique-België<br />
Il contesto della nascita dell’<strong>Art</strong> nouveau<br />
Alla fine del XIX secolo, Bruxelles conosce una grande crescita<br />
economica e culturale. L’aumento della popolazione genera<br />
l’urbanizzazione della periferia e provoca una vera frenesia di costruire.<br />
Opponendosi alla corrente conservatrice di una parte della borghesia<br />
che preferisce l’arte tradizionale, alcuni artisti e intellettuali cercano<br />
d’imporsi. Hanno per la maggior parte contatti con artisti che hanno scelto<br />
la stessa via all’estero. Vogliono fare di Bruxelles una metropoli moderna<br />
la cui influenza vada ampiamente oltre le frontiere. Perciò, essi cercano una<br />
nuova estetica che riunisca tutte le espressioni artistiche, che chiamano<br />
arte globale. Per mezzo di riviste e di atelier d’artisti (“l’<strong>Art</strong>e Moderna”,<br />
nata nel 1881, il circolo di artisti “i XX” e “La Libera Estetica” sorti nel<br />
1883), gli artisti diffondono una nuova corrente di pensiero.<br />
Le grandi figure dell’<strong>Art</strong> nouveau a Bruxelles<br />
Questa nuova corrente artistica si sviluppa ad opera di architetti,<br />
artisti, pittori e ebanisti.<br />
Victor Horta è considerato il fondatore dell’<strong>Art</strong> nouveau. Nel 1893,<br />
costruisce l’hotel Tassel, comunemente considerato il primo esempio di<br />
stile <strong>Art</strong> nouveau. Con questo edificio Horta rompe completamente con<br />
l’architettura tradizionale e con l’arredamento tipo dello spazio interno,<br />
cioè la successione di stanze una dopo l’altra come i vagoni di un treno.<br />
Egli innova nell’organizzazione dello spazio: ogni stanza ha una funzione<br />
precisa pur essendo ampiamente aperta sugli altri spazi. Cupole, giardini<br />
d’inverno e grandi vetrate consentono alla luce naturale di penetrare nel<br />
cuore stesso dell’edificio. Per la prima volta il ferro è usato come elemento<br />
decorativo all’interno di una stanza. Horta curva il materiale e lo armonizza<br />
con la struttura della costruzione. Ogni dettaglio è in perfetta sintonia con<br />
l’insieme e la stessa armonia si trova anche nella composizione della<br />
facciata. Horta s’ispira al mondo vegetale, “del fiore, toglie il bocciolo e<br />
conserva il gambo”. E’ così che crea il suo stile tipico, il “colpo di frusta”,<br />
che segnerà le sue creazioni del periodo <strong>Art</strong> nouveau, capolavori che<br />
ispireranno molti architetti d’oltre frontiera.<br />
Nello stesso anno 1893, Paul Hankar costruisce la propria casa.<br />
Hangar sviluppa uno stile più sobrio e più strutturato di Horta. Le sue<br />
facciate formano un insieme coerente, dove brilla il suo senso del colore,<br />
del dettaglio e dei materiali. Nel 1897 è incaricato dell’arredamento del<br />
padiglione congolese, all’esposizione internazionale di Bruxelles, ed<br />
ottiene un riconoscimento generale presso il grande pubblico. Riceve<br />
numerosi incarichi per arredamenti di negozi. Le sue opere più<br />
rappresentative sono la casa Ciamberlani e la facciata dell’antico negozio<br />
di camicie Niguet.<br />
Henry van de Velde, agli inizi, si dedica rapidamente alle arti applicate<br />
e nel 1895 realizza la propria abitazione, la villa “Bloemenwerf”. Egli<br />
studia l’arredamento interno fin nei minimi dettagli, compresi l’argenteria<br />
e le stoviglie, e anche gli abiti della moglie: un vero capolavoro d’arte<br />
totale. Il suo stile è organico, si ispira alla natura, ma abbandona il famoso<br />
“colpo di frusta” caro a Victor Horta per un disegno più rigoroso.<br />
Gustave Serrurier-Bovylavora come ebanista e creatore di mobili. E’ in<br />
contatto con il movimento inglese “<strong>Art</strong>s and Crafts” (arti decorative). Crea<br />
mobili semplici e solidi, senza decorazioni eccessive, con i materiali del<br />
luogo. Serrurier-Bovy predilige il “mobile composito” che si presta a<br />
diverse funzioni e propone mobili economici che realizza egli stesso.<br />
Collabora con diversi architetti, tra i quali Henry Van de Velde, che d’altra<br />
parte si avvale dei suoi principi a proprio vantaggio.<br />
Il graffito, una tecnica propria di Bruxelles<br />
L’<strong>Art</strong> nouveau a Bruxelles si distingue per l’impiego di graffiti. Questa<br />
tecnica è utilizzata per la decorazione murale: si applica, su un fondo di<br />
colore scuro, uno strato di malta bianca che si scava per far apparire in<br />
chiaro i motivi voluti. Si fa questo lavoro per dipingere le superfici. Il<br />
graffito raggiunge il suo apogeo nello stile <strong>Art</strong> nouveau. Questa tecnica<br />
decorativa è molto diffusa per il suo basso costo. Il graffito ravviva la<br />
facciata, in tutto o in parte, e si integra con gli altri materiali e le altre<br />
forme. Gli artisti di fama hanno firmato alcuni di questi lavori,<br />
specialmente Paul Hankar, altri sono stati realizzati da mani anonime o da<br />
artigiani che hanno mostrato la loro abilità.<br />
L’artista Paul Cauchie è il principale iniziatore e sviluppa questa<br />
tecnica in uno stile molto personale. Nel 1905, progetta la sua abitazione<br />
con il suo studio. La sua casa è costruita secondo un piano geometrico<br />
sobrio, ma si distingue per una decorazione incantevole di graffiti sia<br />
all’interno sia all’esterno. La facciata mostra delle figure femminili<br />
allegoriche che rappresentano le nove muse. Questa decorazione della<br />
facciata si estende fino al corridoio e alla sala da pranzo e diventa un vero<br />
marchio di fabbrica dell’artista.<br />
Le contexte de l’éclosion<br />
À la fin du XIX e siècle, Bruxelles connaît un plein essor économique<br />
et culturel. L’accroissement de la population engendre l’urbanisation des<br />
banlieues et déclenche une véritable frénésie de constructions.<br />
En réaction au courant conservateur d’une partie de la bourgeoisie<br />
qui préfère l’art traditionnel, des artistes et des intellectuels cherchent à<br />
s’imposer. La plupart ont des contacts avec des artistes ayant choisi la<br />
même voie à l’étranger. Ils veulent faire de Bruxelles une métropole<br />
moderne dont le rayonnement dépasserait largement les frontières. Ainsi,<br />
ils recherchent une nouvelle esthétique réunissant toutes les expressions<br />
artistiques, ce qu’ils appellent un art global. Par le biais de différentes<br />
revues et ateliers artistiques (“l’<strong>Art</strong> Moderne” créé en 1881, le cercle<br />
artistique “les XX” créé en 1883 auquel succède “La Libre Esthétique”),<br />
les artistes diffusent un nouveau courant de pensée.<br />
Les grandes figures de l’<strong>Art</strong> nouveau à Bruxelles<br />
Ce nouveau courant artistique se développe sous l’impulsion d’architectes,<br />
d’artistes peintres et d’ébénistes.<br />
Victor Horta est considéré comme le fondateur de l’<strong>Art</strong> nouveau. En<br />
1893, il construit l’hôtel Tassel, communément considéré comme le<br />
premier exemple du style <strong>Art</strong> nouveau. Avec cet édifice il rompt<br />
totalement avec l’architecture traditionnelle et l’aménagement type de<br />
l’espace intérieur, à savoir la succession de pièces en enfilade comme les<br />
wagons d’un train. Horta innove dans l’organisation de l’espace : chaque<br />
pièce a une fonction précise tout en étant largement ouverte sur les<br />
autres espaces. Coupoles, jardins d’hiver et grandes baies vitrées invitent<br />
la lumière naturelle à pénétrer au cœur même du bâtiment. Pour la<br />
première fois le fer est utilisé comme élément décoratif à l’intérieur d’une<br />
habitation. Horta courbe le matériau et le fait vivre en harmonie avec la<br />
structure de la construction. Chaque détail est en accord parfait avec<br />
l’ensemble et cette harmonie se retrouve aussi dans la composition de la<br />
façade. Horta s’inspire du monde végétal, “de la fleur, il ôte le bouton et<br />
garde la tige”. C’est ainsi qu’il crée son style typique en “coup de fouet”,<br />
qui marquera ses créations de la période <strong>Art</strong> nouveau, chefs-d’oeuvre qui<br />
inspireront bien des architectes au-delà des frontières.<br />
Cette même année 1893, Paul Hankar construit sa propre maison. Il<br />
développe un style plus sobre et plus structuré que Victor Horta. Ses<br />
façades forment un ensemble cohérent où éclate son sens de la couleur,<br />
du détail et des matériaux. En 1897 il se voit chargé de l’aménagement<br />
du pavillon congolais à l’exposition internationale de Bruxelles, ce qui lui<br />
vaut une reconnaissance générale auprès du grand public. Il reçoit de<br />
nombreuses commandes pour des aménagements de magasins. Ses<br />
créations les plus flamboyantes sont la maison Ciamberlani et la<br />
devanture de l’ancien magasin de chemises Niguet.<br />
Henry van de Velde, artiste peintre à l’origine, se consacre<br />
rapidement aux arts appliqués et en 1895, réalise sa propre habitation,<br />
la villa “Bloemenwerf“. Il conçoit l’aménagement intérieur jusque dans<br />
les moindres détails, y compris l’argenterie et la vaisselle, et même les<br />
vêtements de sa femme : un véritable chef-d’œuvre d’art total. Son style<br />
est organique, il s’inspire de la nature, mais il abandonne le fameux<br />
“coup de fouet” cher à Victor Horta pour un dessin plus strict .<br />
Gustave Serrurier-Bovy travaille comme ébéniste et concepteur de<br />
mobilier. Il entretient des contacts avec le mouvement anglais des “<strong>Art</strong>s<br />
and Crafts” (les arts décoratifs). Il crée du mobilier simple et solide, sans<br />
décor excessif, dans des matériaux de la région. Il affectionne<br />
particulièrement le “meuble composite” qui réunit différentes fonctions<br />
et propose du mobilier bon marché à monter soi-même.<br />
Le sgraffite, une technique propre à Bruxelles<br />
L’<strong>Art</strong> nouveau bruxellois se distingue par l’utilisation de sgraffites.<br />
Cette technique est utilisée pour la décoration murale : on applique, sur<br />
un fond de couleur sombre, un enduit de mortier blanc que l’on creuse<br />
pour faire apparaître en clair les motifs voulus. Le travail se poursuit par<br />
la mise en peinture des surfaces. C'est dans le style art nouveau que le<br />
sgraffite atteint son apogée. Cette technique décorative est abondamment<br />
appliquée en raison de son faible coût. Le sgraffite anime la<br />
façade, en partie ou en totalité, et se conjugue aux autres matériaux et<br />
formes. Des artistes renommés ont signé certains de ces décors, notamment<br />
Adolphe Crespin ou Privat Livemont, d'autres ont été réalisés par<br />
des mains anonymes ou des artisans qui ont exprimé leur savoir-faire.<br />
L’artiste Paul Cauchie en est le principal initiateur et il développe<br />
cette technique dans un style très personnel. En 1905, il conçoit sa propre<br />
habitation avec atelier. Sa maison est construite selon un plan<br />
géométrique sobre, mais se distingue par un décor saisissant de sgraffites<br />
tant à l’intérieur qu’à l’extérieur. La façade montre des silhouettes<br />
féminines allégoriques représentant 9 muses. Ce décor de façade se<br />
prolonge jusqu’au corridor et dans la salle à manger et devient une<br />
véritable marque de fabrique pour l’artiste.
2<br />
3<br />
6<br />
1<br />
4<br />
5<br />
1, 2, 3, 4 & 5<br />
Ödön Lechner, Gyula Pártos<br />
Iparmıvészeti Múzeum, Budapest,<br />
1893-1896<br />
photo G. Barka<br />
Budapest, Magyarorszàg<br />
Lo sviluppo urbano del XIX secolo<br />
Nel XIX secolo, la popolazione di Budapest passa da 30000 a un<br />
milione d’abitanti. Verso la fine del secolo Budapest diventa una vera<br />
metropoli industriale con una delle prime metropolitane sotterranee, treni<br />
in periferia ed enormi stazioni, che assicurano le comunicazioni tra le città<br />
e le campagne, ma anche tra l’Oriente e l’Occidente. Le case, le ville e i<br />
palazzi <strong>Art</strong> nouveau sono onnipresenti.<br />
Si costruisce in tutti i settori: abitazioni (case con o senza giardino,<br />
ville e abitazioni per gruppi di artisti), edifici e spazi pubblici (hotel, bagni,<br />
grandi magazzini, dormitori, teatri, banche, sale d’esposizione, giardino<br />
zoologico).<br />
Uno stile eclettico<br />
Pochi edifici <strong>Art</strong> nouveau di Budapest si possono identificare con le<br />
caratteristiche fondamentali dello stile. Infatti, se si studiano le costruzioni<br />
dell’<strong>Art</strong> nouveau, si rilevano una diversità delle planimetrie, delle<br />
proporzioni e dei dettagli degli edifici, ma sempre dei legami molto forti tra<br />
l’interno (il cuore dell’habitat) e l’esterno dell’edificio (la natura).<br />
Lo stile <strong>Art</strong> nouveau si è sviluppato, infatti, su appezzamenti che<br />
consentono costruzioni indipendenti le une dalle altre. Le case stesse sono<br />
formate da molti appartamenti realizzati in stili diversi.<br />
L’espansione dello stile non è solo la conseguenza dell’immigrazione<br />
di una popolazione numerosa che viene dalla campagna, ma anche dei<br />
bisogni di comodità della borghesia che aumenta, del gusto per gli spazi<br />
privati intimi e dell’infatuazione degli intellettuali per la cultura popolare e<br />
contadina. Le forme e le decorazioni medievali, regionali e popolari<br />
rappresentano la continuità storica, geografica e sociale dei nuovi abitanti<br />
della metropoli.<br />
L’architettura ungherese si avvale anche di forme orientali. Gli<br />
ungheresi conservano il mito delle loro origini orientali, rafforzato dalla<br />
presenza delle vestigia turche, testimonianze dell’occupazione ottomana<br />
del XVI secolo.<br />
Il tono della città, tipicamente orientaleggiante, si rivela nella<br />
policromia delle decorazioni e dei rivestimenti in ceramica, nell’ornamento<br />
delle facciate con cornici ondulate, e nelle decorazioni e nelle forme di<br />
copertura molto lavorate.<br />
Oltre a queste varianti specifiche dell’<strong>Art</strong> nouveau, esiste un altro stile<br />
architettonico, freddo ed elegante, ispirato al Rinascimento. Esso unisce le<br />
tecnologie e i nuovi materiali con quelli tradizionali, come il legno e la<br />
pietra su una struttura d’acciaio o di cemento armato. Talvolta, e<br />
soprattutto nei casi in cui si tratta di alloggi sociali, la necessità di<br />
rispondere a precisi bisogni segna già la nascita del Funzionalismo. Questa<br />
soluzione è opera di una generazione eccezionale di architetti, la cui<br />
formazione si basa sulla perfetta conoscenza degli stili storici e delle<br />
tecnologie moderne.<br />
I nuovi edifici, moltiplicandosi di giorno in giorno, e la vita frenetica<br />
della città, con lo sfruttamento di nuovi terreni, hanno posto il problema<br />
dell’arredo urbano. Architetti ungheresi e stranieri si occupano della vita e<br />
dell’avvenire della città anche in congressi internazionali.<br />
Il Museo delle <strong>Art</strong>i Decorative<br />
costruito nel 1893-96 da Ödön Lechner e Gyula Pàrtos<br />
Verso il 1870 nasce il progetto del Museo Ungherese delle <strong>Art</strong>i<br />
Decorative. Il movimento che l’ha determinato si colloca dopo le due<br />
Esposizioni Universali di Londra del 1851 e del 1862. Esso si propone di<br />
trovare il giusto equilibrio tra l’artigianato, che produce oggetti di valore in<br />
piccola quantità, e i prodotti di qualità mediocre fabbricati in serie nelle<br />
fabbriche.<br />
Fino all’inizio degli anni ‘90 le collezioni del museo si arricchiscono<br />
benché esso non possegga un edificio proprio. Le sue esposizioni hanno<br />
dunque luogo presso altre istituzioni. In questi anni nasce l’esigenza di<br />
istituire una scuola speciale di arti decorative presso il museo.<br />
Nel 1890 il Ministero di Culto bandisce un concorso per la<br />
progettazione del museo e della scuola di arti decorative. Ödön Lechner e<br />
Gyula Pàrtos vincono il primo premio con il loro progetto il cui motto è: “A<br />
est, ungheresi!” Infine, nel 1893 le costruzioni incominciano e nel 1896<br />
l’edificio è terminato. La sua inaugurazione è un avvenimento importante<br />
delle feste del millennio, che ricorda la nascita dell’Ungheria.<br />
Gli architetti vogliono creare un’architettura monumentale nazionale.<br />
Per questo, essi tengono conto delle origini orientali degli ungheresi. Essi<br />
applicano anche le nuove tecniche: il pirogranito (sorta di ceramica<br />
resistente alle intemperie) inventato dalla manifattura Zsolnay à Pécs, il<br />
cemento armato e l’associazione vetro- fusione -ferro per coprire la hall<br />
centrale.<br />
Le superfici interne sono riccamente coperte di dipinti decorativi, i cui<br />
motivi si estendono anche ai pannelli di vetro della copertura. Le forme degli<br />
archi di sostegno della hall centrale si integrano perfettamente con la<br />
decorazione. Gli spazi d’esposizione ricevono la luce dalla copertura di vetro.<br />
A város fejlŒdése a XIX. században<br />
A XIX. század folyamán Budapest lakossága 30 ezerrŒl 1 millióra<br />
növekedett. A századfordulóra iparosodott világváros lett, a kontinens<br />
elsŒ földalattijával, helyiérdekı vonatokkal a környék nyaralóvároskáiba,<br />
hatalmas pályaudvarokkal, melyek nem csupán a várost és a vidéket, de<br />
Keletet és Nyugatot is összekapcsolták. A szecessziós házak, villák és<br />
paloták mindenütt jelen voltak.<br />
Az élet minden területén építettek: lakóházakat (kerttel vagy<br />
anélkül, villákat és mıvésztelepet), közösségi épületeket (szállodákat,<br />
fürdŒket, üzletházakat, mulatókat, színházakat, bankokat, mıvészeti<br />
galériát és állatkertet).<br />
Egy különös stílus<br />
Budapest szecessziós épületei közül kevés azonosítható a stílus<br />
ismert alaptípusaival. Ha azonban tanulmányozzuk a szecessziós<br />
emlékeket, elmondhatjuk, hogy a változatos alaprajzok, a tömegelosztás<br />
és részletformák, valamint a belsŒ tér (a ház szíve) és a külsŒ (a<br />
természet) közötti erŒs kapcsolat most új gondolatként jelent meg.<br />
A szecesszió elsŒsorban a szabad beépítésı telkeken (villák,<br />
kertvárosok, lakótelepek) terjedt el, s még soklakásos házak esetében is,<br />
ahol a különféle lakástípusok kialakítása egy épületen belül különleges<br />
építészeti feladatot jelentett.<br />
A stílus elterjedését nem csupán a fŒvárosba vándorló paraszti<br />
népesség indokolta, de a felduzzadt középosztály otthonosságigénye is,<br />
az intim terek kedvelése, és – nem utolsósorban – az értelmiség<br />
vonzódása a paraszti kultúrához. Az olykor középkori, vidéki, paraszti<br />
épületformák és díszítmények a metropolis új lakóinak a történelmi,<br />
földrajzi, társadalmi folyamatosságot közvetítették.<br />
A magyar építészetben másrészt már megjelentek a keleti<br />
épületformák. Az orientalizmus a magyar szecesszióban összetett, hisz a<br />
honfoglalás millenniuma idején, azaz a századvégen élŒ volt a népesség<br />
keleti eredetének mítosza, amihez hozzájárultak a helyi török emlékek is.<br />
Mindezek sajátos keleti jelleget kölcsönöznek Budapestnek, ami<br />
színességében (kerámiaburkolatokban és -díszekben), a homlokzatok<br />
hullámos pártás lezárásában, szokatlan tetŒdíszekben és formákban<br />
mutatkozik meg.<br />
E sajátos szecesszióvariánsok mellett nem hiányzik az összképbŒl<br />
egy másik, a reneszánsz racionalitását követŒ, hıvös és elegáns építészeti<br />
stílus sem. Amint az anyagok és technológia tekintetében is együtt<br />
vannak a hagyományosak az újakkal, a fa, a terméskŒ az acélszerkezettel<br />
és vasbetonnal. Olykor, különösen a szociális építkezéseknél, a<br />
rendeltetésnek való megfelelés kizárólagossága a funkcionalizmus<br />
szemléletének kialakulását jelzi.<br />
Mindezek megvalósítása egy rendkívüli építészgenerációhoz<br />
fızŒdik, s egy olyan építészképzéshez, melyben a történelmi stílusok és<br />
a modern technológiák ismerete egyaránt követelmény volt.<br />
A gombamód szaporodó épületek, az építkezések számára<br />
megnyitott újabb és újabb területeken kívül a meglévŒk rendezésének<br />
kérdését is felvetették. Nemzetközi konferenciák, magyar és külföldi<br />
építészek javaslatai foglalkoztak a város életével és jövŒjével.<br />
Az Iparmıvészeti Múzeum<br />
épült 1893-96 között, Lechner Ödön és Pártos Gyula tervei alapján<br />
Az 1870-es évek elején alakult meg az Országos Magyar<br />
Iparmıvészeti Múzeum. A mozgalom, mely létrehozta, az 1851-es elsŒ és<br />
az 1862-es második londoni világkiállítást követŒen indult meg<br />
Magyarországon. Célja az volt, hogy megtalálja a középutat az egyedi és<br />
ezért drága, kevesek számára elérhetŒ használati tárgyakat elŒállító<br />
kézmıipar és a gyenge minŒségı gyáripari tömegáruk között.<br />
Az 1890-es évek elejéig a múzeum gyıjteménye szépen<br />
gyarapodott, kiállításait azonban – saját épülete nem lévén – más<br />
intézmények vendégeként rendezte. Ezekben az években merült fel a<br />
múzeum mellett egy iparmıvészeti iskola megalapításának gondolata is.<br />
A pályázatot a kultuszminisztérium írta ki az épületre 1890-ben,<br />
immár tehát kettŒs programmal: múzeum- és iskolaépületre. A gyŒztes<br />
Lechner Ödön és Pártos Gyula “Keletre magyar!” jeligéjı terve lett. Az<br />
építkezés végül 1893-ban kezdŒdött, és az épületet 1896-ban, a<br />
Magyarország fennállásának ezer éves évfordulójára emlékezŒ<br />
millenniumi ünnepségek keretében adták át rendeltetésének.<br />
Az épület korszakalkotó nemcsak a magyar, hanem az európai<br />
építészet történetében is: az elsŒ olyan múzeumépület, amely nem<br />
történeti, historizáló stílusban épült. Lechner egy sajátos, nemzeti<br />
monumentális építészetet kívánt létrehozni. Ezért – a magyar nép keleti<br />
eredetét szem elŒtt tartva – az indiai és az asszír építészethez nyúlt<br />
vissza. Mindehhez a technika legmodernebb vívmányait és termékeit<br />
alkalmazta: a pécsi Zsolnay gyár szabadalmát, az idŒjárás viszontagságait<br />
kiválóan álló, kemény pirogránitot, a betonalapozást és a központi<br />
csarnok lefedésére a nagyvonalú és dekoratívan kialakított vas-üveg<br />
szerkezetet.<br />
A belsŒ falakat eredetileg gazdag díszítŒfestés borította, s a<br />
motívumok folytatódtak a tetŒ üvegtábláin. A központi csarnok vas<br />
tartóíveinek áttört mintái is ebbe a rendszerbe illeszkednek. A földszinti<br />
és emeleti, szintenként egybefüggŒ kiállítóterek mintegy körülölelik a<br />
csarnokot, s világításuk egy részét az üvegtetŒn át beáramló fény<br />
biztosítja.
1<br />
7<br />
2<br />
3<br />
1 The Lighthouse interior,<br />
Honeyman, Keppie<br />
and Mackintosh, 1893-1895,<br />
Page & Park, 1999<br />
photo : Serge Brison<br />
2 The Lighthouse,<br />
Honeyman, Keppie<br />
and Mackintosh, 1893-1895,<br />
Page & Park, 1999<br />
photo : The Lighthouse<br />
3 The Lighthouse chimney,<br />
Honeyman, Keppie<br />
and Mackintosh, 1893-1895,<br />
Page & Park, 1999<br />
photo : The Lighthouse<br />
Glasgow, Scotland UK<br />
La nascita dell’<strong>Art</strong> nouveau a Glasgow<br />
Alla vigilia della prima Guerra mondiale, la Scozia, toccata dalla<br />
Rivoluzione industriale, è uno dei paesi più ricchi del mondo. Questa<br />
prosperità le permette di svilupparsi e di conquistare una sicurezza che si<br />
manifesta attraverso la sua architettura. Glasgow è una città industriale,<br />
piena di energia e, benché nei decenni precedenti si sia attuato un congruo<br />
programma di costruzioni, la città è impaziente di ingrandirsi e di andare<br />
avanti.<br />
A Glasgow, l’<strong>Art</strong> nouveau è conosciuta con il nome di Stile di<br />
Glasgow. La Scuola d’<strong>Art</strong>e di Glasgow svolge un ruolo fondamentale nello<br />
sviluppo di questo nuovo stile. Nel 1885 è nominato un nuovo direttore,<br />
Francis Newbery. Eccellente professore e amministratore, applica metodi<br />
innovativi nella scuola, impiegando specialisti nelle varie discipline.<br />
Incoraggia allo stesso tempo gli studenti a sviluppare la loro individualità<br />
e a sfruttare i mezzi espressivi che prediligono. Sotto la sua direzione, la<br />
Scuola d’<strong>Art</strong>e di Glasgow ottiene un riconoscimento internazionale e la<br />
pittura, il disegno e la decorazione, attività specifiche del lavoro degli<br />
studenti, sono conosciuti in tutta l’Europa.<br />
Charles Rennie Mackintosh e l’edificio dell’Herald<br />
Charles Rennie Mackintoshdiventa il più famoso architetto e designer<br />
dello stile di Glasgow. Nasce nei quartieri poveri, nella parte est della città,<br />
lascia la scuola a 16 anni per incominciare una sorta di apprendistato<br />
d’architetto e seguire un corso serale alla Scuola d’<strong>Art</strong>e di Glasgow.<br />
In seguito, lavora per la ditta Honeyman e Keppie e, in questa<br />
occasione, inizia il suo primo grande progetto.<br />
Nel 1893, il giornale “Glasgow Herald”, uno dei più vecchi del Regno<br />
Unito, desidera ingrandire i suoi locali nel centro della città, in una zona<br />
che conta già due edifici, Per questo progetto, del valore di 30000 libbre, si<br />
rivolge agli architetti John Honeyman e John Keppie. La struttura principale<br />
dell’edificio, progettato come deposito, è una grande torre, che contiene un<br />
serbatoio d’acqua di 8000 galloni (un gallone = 4,5 litri). Poiché il fuoco,<br />
all’epoca, costituisce una vera angoscia per gli immobili dei giornali,<br />
questo serbatoio d’acqua è veramente una parte integrante del progetto,<br />
costituendo un sistema di estinzione d’incendio immediato, che serve sia<br />
gli spazi interni del deposito sia l’esterno dell’immobile.<br />
I tre collaboratori si dividono le diverse fasi del progetto: Keppie ne è<br />
l’iniziatore, Honeyman si dedica alla forma e alla funzione, Mackintosh è il<br />
progettista e lavora all’aspetto della torre e ai dettagli scolpiti.<br />
Alla fine degli anni 1970, diventa sempre più difficile per il giornale<br />
lavorare in questo luogo: i metodi di produzione non sono cambiati<br />
all’Herald dal 1890, fino alla introduzione della pubblicazione affiancata<br />
dal computer. Il centro della città è anche molto intasato dal traffico<br />
automobilistico che causa ritardi nella distribuzione del giornale. Un nuovo<br />
edificio per la produzione della carta è dunque costruito nell’East End della<br />
città (quartieri est), dove la stampa del giornale è ormai trasferita.<br />
L’immobile dell’Herald resta vuoto, fino a quando Glasgow vince il<br />
concorso e diventa “città d’architettura e di design” del Regno Unito nel<br />
1999. Viene messo a disposizione del denaro e il vecchio immobile<br />
dell’Herald diventa il luogo ideale per la creazione del Centro scozzese<br />
d’architettura, di design e di urbanistica. Si indice un concorso per scegliere<br />
un architetto che abbia l’incarico di sviluppare quel luogo. Il concorso è<br />
vinto dagli architetti Page e Park di Glasgow. Nel 1999, “the Lighthouse”<br />
(“la Casa della Luce”), il Faro, come la si chiama, è aperto al pubblico.<br />
Mackintosh non è solo un architetto, è anche un creatore e un artista.<br />
La sua notevole abilità in tutte le forme di espressione è ampiamente<br />
dimostrata, particolarmente nella casa Hills, Helensburg, che egli realizza<br />
per la famiglia Blackie, con tutto l’arredamento interno.<br />
Altri creatori e architetti<br />
Anche se Mackintosh è il più conosciuto degli artisti e degli architetti<br />
dello stile di Glasgow, ne esistono numerosi altri: Herbert MacNair, le<br />
sorelle Margaret e Frances Macdonald studiano alla Scuola d’<strong>Art</strong>e di<br />
Glasgow allo stesso tempo di Mackintosh. Newbery li mette in contatto.<br />
Divenuti amici, formano il gruppo “dei Quattro” e lavorano spesso insieme<br />
sui progetti. Herbert e France si sposano nel 1899, Charles e Margaret<br />
l’anno dopo.<br />
The birth of <strong>Art</strong> <strong>Nouveau</strong> in Glasgow<br />
By the eve of the First World War, Scotland, having experienced the<br />
Industrial Revolution, was among the richest countries of the world. This<br />
prosperity had allowed for development and a gaining of confidence which<br />
was expressed through its architecture. Glasgow was an industrial city, full<br />
of energy, and although previous decades had seen a substantial building<br />
programme, the city was impatient and eager to progress further.<br />
In Glasgow, <strong>Art</strong> <strong>Nouveau</strong> is known as the ‘Glasgow Style’. Glasgow<br />
School of <strong>Art</strong> played a fundamental role in the development of this new<br />
style. In 1885 a new director, Fra Newbery was appointed. An excellent<br />
teacher and administrator, he instigated a new practice at the school by<br />
employing specialists in each discipline. He encouraged each student to<br />
develop their own individuality and to adopt the means of expression most<br />
suited to them. Under his direction the Glasgow School of <strong>Art</strong> became<br />
internationally recognised, and the distinctive work of the students in<br />
painting and design were known throughout Europe.<br />
Charles Rennie Mackintosh and the Herald Building<br />
Charles Rennie Mackintosh became the most famous of the Glasgow<br />
Style architects and designers. Born in the East End of the city, he left<br />
school at 16 to begin an apprenticeship in an architect’s office and<br />
attended evening classes at the Glasgow School of <strong>Art</strong>.<br />
Later he worked for the firm Honeyman and Keppie, and it was while<br />
there that he worked on his first major project.<br />
In 1893, the Glasgow Herald newspaper, one of the oldest<br />
newspapers in the United Kingdom, wished to expand its premises in the<br />
city centre, on a site on which two other buildings already stood. For this<br />
project, which was worth £30,000, they appointed the architects John<br />
Honeyman and John Keppie. The main structure of the building, which was<br />
conceived as a warehouse, is a great tower containing water reservoir for<br />
8000 gallons (1 gallon = 4.5 litres). As fire was a serious worry at that time<br />
for newspaper buildings, this water tower was an integral part of the<br />
project, forming a type of early fire-extinguisher system for use in the<br />
interior spaces of the warehouse as well as the exterior.<br />
The three collaborators committed themselves to different phases of<br />
the project: Keppie was the initiator, Honeyman came up with form and<br />
function, Mackintosh designed and worked on the elevation of the tower<br />
and the sculptural details.<br />
At the end of the 1970s, it was becoming increasingly difficult for the<br />
newspaper to operate on this site, the production methods at the Herald<br />
hadn’t changed since the 1890s, until the introduction of computerised<br />
publishing. The city centre was also congested with traffic which was<br />
responsible for delays in the deliveries of the paper. A new building for<br />
newspaper production was therefore built in the East End of the city -<br />
where printing started on 20th July 1980.<br />
The Herald building remained empty until Glasgow won the<br />
competition to become the UK ‘City of Architecture and Design’ in 1999.<br />
Finance was provided to convert the Herald building into Scotland's Centre<br />
for Architecture, Design and the City. A competition was set up to find the<br />
right architect to convert the building. It was won by Page and Park<br />
Architects, a Glasgow firm. In 1999 ‘The Lighthouse’ as it is now known,<br />
opened to the public.<br />
Mackintosh was not only an architect, but also a designer and an<br />
artist. His remarkable gift in all fields of expression is demonstrated<br />
notably in The Hill House in Helensburgh, which he designed, including the<br />
complete interior, for the Blackie family.<br />
Other designers and architects<br />
Although Mackintosh is the most well-known of Glasgow Style<br />
architects and artists, there are a number of others: Herbert MacNair, and<br />
the Macdonald sisters Margaret and Frances all studied at Glasgow School<br />
of <strong>Art</strong> at the same time as Mackintosh. Newbery introduced them to one<br />
another. They became friends, and formed a group ‘The Four', and often<br />
worked together on projects. Herbert and Frances married in 1899, Charles<br />
and Margaret the following year.
1<br />
2<br />
4<br />
8<br />
3<br />
1 Helsinki street view, 1907,<br />
photo : Signe Brander,<br />
Helsinki City Museum<br />
2 Selim A. Linqvist,<br />
Suvilahti power station, 1908-1913<br />
photo : Museum of Finnish<br />
Architecture<br />
3 Herman Gesellius, Armas Lindgren,<br />
Eliel Saarinen, the National<br />
Museum of Finland, 1902-1912<br />
photo : Helsinki City Museum<br />
4 Herman Gesellius, Armas Lindgren,<br />
Eliel Saarinen, Ground floor plan,<br />
The National Museum<br />
of Finland, 1902-1912<br />
Drawing the National<br />
Museum of Finland<br />
Helsinki, Suomi<br />
Helsinki alla fine del XIX secolo<br />
Alla fine del XIX secolo, Helsinki è ancora una cittadina con case di<br />
legno. La città conosce tuttavia una progressiva espansione legata<br />
all’industrializzazione. La popolazione raddoppia, raggiungendo 100000<br />
abitanti all’inizio del XX secolo, e questo pone il problema degli alloggi.<br />
Con il sorgere di nuove industrie e di nuovi mestieri, si costruiscono<br />
negozi, uffici e stazioni. Anche il litorale, finora non occupato, viene<br />
lottizzato. Il numero delle costruzioni realizzate tra la metà degli anni 1890<br />
e la prima guerra mondiale, è straordinario.<br />
In questo periodo la Finlandia è un Granducato autonomo dell’Impero<br />
Russo. Essa cerca dunque di affermare la sua identità culturale locale<br />
attraverso la letteratura, la musica, l’arte, il design e l’architettura.<br />
Fra tradizione e modernità<br />
Alcuni simboli finlandesi tradizionali appaiono sulle facciate delle<br />
nuove costruzioni: animali selvaggi, scoiattoli, orsi o volpi, uniti a pigne<br />
delle foreste finlandesi ed altre figure familiari del folclore come le streghe<br />
che fanno le smorfie. Semplicità e austerità caratterizzano l’arte finlandese:<br />
i giovani architetti scoprono i principi della costruzione con il legno e i<br />
tronchi d’albero; usano anche il granito, materiale di gran valore,<br />
particolarmente apprezzato dagli istituti commerciali, come le banche o le<br />
compagnie d’assicurazione.<br />
L’architettura finlandese è influenzata anche dalle tendenze<br />
internazionali. Gli architetti finlandesi sono lettori assidui delle riviste<br />
artistiche e d’architettura straniere, viaggiano per il mondo ed alcuni di<br />
loro lavorano negli studi di architetti stranieri. Conoscono bene le ultime<br />
tendenze internazionali e le adottano nelle loro opere.<br />
Alcune costruzioni sorte negli Stati Uniti sono accuratamente<br />
studiate, specialmente l’architettura in pietra grezza (ruvida) di Henry<br />
Hobson Richardson, nonché il design dell’habitat americano con le sue<br />
semplici ville di periferia.<br />
L’Inghilterra ispira la creazione di appartamenti e di interni. Il design<br />
della casa si concentra sulla comodità, sulla funzionalità, lo sfruttamento<br />
dello spazio e le esigenze dei residenti.<br />
L’influenza più importante nell’Europa continentale è quella di<br />
Vienna, tradizionalmente visitata dagli architetti nei loro viaggi di studio.<br />
Gli scritti che illustrano il nuovo stile degli architetti viennesi, come Otto<br />
Wagner, suscitano grande ammirazione e sono una fonte fedelmente<br />
seguita.<br />
Tutti questi sforzi per raggiungere la modernità a partire dalle<br />
numerose fonti si compendiano in uno stile finnico estremamente vario,<br />
per il quale si può usare il termine di <strong>Art</strong> nouveau, anche si usano anche i<br />
termini di Jugendstil e di Romanticismo nazionale. Numerosi edifici <strong>Art</strong><br />
nouveau conferiscono alle strade e ai quartieri un carattere particolare:<br />
siano edifici pubblici, come il Museo nazionale o la stazione ferroviaria di<br />
Helsinki, siano abitazioni, costruite in legno o in muratura. Le facciate degli<br />
edifici sono ritmate da torrette, da vetrate e balconi, che contribuiscono<br />
così a creare un nuovo paesaggio urbano molto vario.<br />
Il museo nazionale di Finlandia<br />
All’inizio del XX secolo, una nuova generazione di architetti del luogo,<br />
formatisi nel paese, ottiene numerosi incarichi grazie ai concorsi<br />
d’architettura. Un gruppo particolarmente brillante è formato da Herman<br />
Gesellius, Armas Lindgren ed Eliel Saarinen. Questo trio vince la gara per il<br />
progetto del museo nazionale di Finlandia nel 1902.<br />
L’obiettivo è di raggruppare le collezioni storiche, allora collocate in<br />
luoghi diversi, per presentarle in un museo nazionale, che avrebbe<br />
costituito una presentazione visiva della storia e dello sviluppo della<br />
nazione. Questo museo valorizza l’identità culturale della Finlandia.<br />
Il principio è di adattare l’architettura ai temi e agli oggetti esposti nel<br />
museo: così, gli oggetti medievali d’arte religiosa sono riuniti in uno spazio<br />
simile ad una chiesa medievale, decorata sul muro esterno con un motivo<br />
a forma di croce; da un’altra parte, le armi sono disposte in una stanza che<br />
sembra una torre rotonda di difesa del castello. Il percorso di visita è<br />
circolare, organizzato intorno a due cortili interni, da dove si dipartono le<br />
stanze. L’edificio, realizzato in granito grigio, è decorato con motivi scolpiti<br />
sui temi della natura e del Kalevala, epopea del folclore nazionale<br />
finlandese.<br />
I problemi finanziari ritardano fino al 1910 il completamento della<br />
costruzione e le collezioni non sono aperte al pubblico fino al 1916.<br />
Helsinki kasvaa kaupungiksi<br />
Helsinki oli 1800-luvun lopulla pikkukaupunki, jossa oli laajoja<br />
puutaloalueita. Noihin aikoihin Helsinki kuitenkin kasvoi, teollistui ja<br />
vaurastui. Kaupunkiin virtasi väkeä: asukasluku kaksinkertaistui ja 1900luvun<br />
alussa rikottiin 100 000 asukkaan raja. Asuntopula oli huutava,<br />
tarvittiin koteja, lastentarhoja ja kouluja. Syntyi uusia työpaikkoja ja<br />
teollisuutta, erilaisia liike-, liikenne- ja kulttuurirakennuksia. Helsingin<br />
autioille rannoille rakennettiin kaupunginosia. Rakentamisen määrä oli<br />
1890-luvulta ensimmäisen maailmansodan puhkeamiseen asti suunnaton.<br />
Millaista on suomalaisuus?<br />
Suomi oli tuolloin Venäjän keisarikuntaan kuulunut autonominen<br />
suuriruhtinaskunta. Juuri vuosisadan vaihteessa Venäjä uhkasi suomalaisten<br />
itsemääräämisoikeutta. Tämä voimisti kansallisen kulttuurin kehittämistä.<br />
Kirjallisuuden, musiikin, kuvataiteen ja muotoilun keinoin haluttiin ilmaista<br />
suomalaisuuden ainutlaatuisuutta ja vahvistaa suomalaista identiteettiä.<br />
Samaan pyrittiin arkkitehtuurilla. Uusien rakennusten julkisivuihin ilmestyi<br />
perisuomalaisia symboleja: luonnoneläimiä - oravia, karhuja, kettuja - ja<br />
havumetsää käpyineen, kansanrunoudesta tuttuja hahmoja, irvisteleviä<br />
Pohjolan akkoja. Suomalaisena pidettiin myös vaatimattomuutta ja<br />
karuutta. Puu- ja hirsirakentamisen alkujuuret löytyivät nuorten arkkitehtien<br />
Itä-Karjalan matkoilta. Luonnonkivi, eritoten graniitti, viittasi maan<br />
järkähtämättömään peruskallioon. Arvokkaana rakennusaineena sitä<br />
suosivat liikelaitokset kuten pankit ja vakuutusyhtiöt.<br />
Toisaalta korostettiin kansallisia juuria, toisaalta kansainvälisiä<br />
vaikutteita ja ihanteita hyödynnettiin uutta suomalaista arkkitehtuuria<br />
luotaessa. Ulkomaiset vaikutteet tulivat Suomeen monia reittejä:<br />
suomalaisarkkitehdit lukivat ulkomaisia arkkitehtuuri- ja taidelehtiä, he<br />
matkustelivat eri puolille maailmaa ja jotkut työskentelivät ulkomaisissa<br />
arkkitehtitoimistoissa. Näin he olivat hyvin selvillä uusista kansainvälisistä<br />
virtauksista ja omaksuivat niitä töihinsä kotimaassa.<br />
Yhdysvalloissa tehtyjä suunnitelmia tutkittiin tarkoin ja etenkin Henry<br />
H. Richardsonin karkeapintainen luonnonkiviarkkitehtuuri kiinnosti<br />
suomalaisia. Englannista saatiin virikkeitä mm. asuintalojen arkkitehtuuriin<br />
ja sisustustaiteeseen. Asuntosuunnittelussa keskityttiin kodikkuuteen,<br />
käytännöllisyyteen, tilankäytön uudistamiseen ja asukkaiden persoonallisuuden<br />
ilmentämiseen kodin sisustuksessa myös kerrostaloasunnossa.<br />
Skotlannin Aberdeenin luonnonkiven käyttöön julkisivumateriaalina<br />
tutustuttiin paikan päällä. Manner-Euroopasta tärkeä vaikuttaja oli Wien,<br />
jonne arkkitehdit perinteisesti matkustivat opintomatkalle. Wieniläisarkkitehti<br />
Otto Wagnerin uutta tyyliä käsitteleviä kirjoituksia sekä hänen<br />
suunnittelemiaan vaaleita, pelkistetysti koristeltuja taloja ihailtiin Suomessa.<br />
Suomen kansallismuseo<br />
Suomessa toimi 1900-luvun alkaessa uusi, kotimaassa koulutettu<br />
arkkitehtisukupolvi. Nuoret suunnittelijat ylsivät tärkeisiin tehtäviin<br />
arkkitehtuurikilpailujen kautta. Poikkeuksellisen voittoisia olivat Herman<br />
Gesellius, Armas Lindgren ja Eliel Saarinen. Trio voitti Kansallismuseon<br />
suunnittelukilpailun vuonna 1902.<br />
Kansalliseen museoon haluttiin sijoittaa hajallaan sijainnut<br />
historiallinen esineistö ja luoda museo, joka olisi "kuvallinen esitys kansan<br />
historiasta ja kehityksestä". Myös museorakennuksen ajateltiin olevan<br />
Suomen historian rakennettu kuva, ei pelkkä tavaravarasto. Kansallismuseon<br />
tuli näyttää suomalaiselta ja opettaa suomalaisuudesta.<br />
Perusidea oli antaa museon jokaiselle osastolle sellainen muoto, jonka<br />
avulla osaston sisällön voisi tunnistaa, myös rakennuksen ulkopuolelta.<br />
Niinpä keskiaikaiset katoliset kirkkoesineet sijoitettiin tilaan, joka<br />
pelkistettynäkin muistuttaa keskiaikaista kirkkosalia ja jonka julkisivupäätyä<br />
koristaa harmaakivikirkoista tuttu ristikuvio. Aseet taas asetettiin Turun<br />
linnan pyöreää puolustustornia muistuttavaan huoneeseen. Eri<br />
rakennusosat ja yksilöllisesti muotoillut huoneet liitettiin toisiinsa joustavaa<br />
kiertokäyntiä ajatellen, ne kiertyvät kahden sisäpihan ympärille. Toinen on<br />
ns. linnapiha, jonne avautuu leijonaportti sakaraharjaisesta linnasiivestä.<br />
Julkisivuja leimaa karkeapintainen harmaa graniitti, jonka<br />
vastakohtana ovat lukuisat luonto- ja Kalevala-aiheiset yksityiskohdat<br />
erityisesti sisäänkäynneissä, pilareissa ja kulmien pikkutorneissa. Niistä<br />
suurimman osan veistivät taidekäsityöläiset graniitista tai vuolukivestä<br />
työmaalla. Painavissa pääovissa on kupariin taottu sarjakuva suomalaisista<br />
taiteilijoista, työntekijöistä ja luonnosta. Teräväkärkinen torni kokoaa<br />
moniosaisen rakennuksen. Museon maamerkiksi ja tunnukseksi<br />
vakiintuneen tornin läpi tullaan suureen keskushalliin, jonka kupolin<br />
freskoissa esiintyvät ankarailmeiset ja rotevat Kalevalan hahmot. Akseli-<br />
Gallen-Kallelan (1928) maalaamissa freskoissa Ilmarinen kyntää myrkyllisiä<br />
käärmeitä vilisevää peltoa sotavarusteissa, rakentaa avustajineen Sammon<br />
ja taistelee siitä varkaita vastaan - aiheita, jotka voi tulkita myös vuosisadan<br />
vaihteen itsenäisyystaisteluksi. Lasimaalausikkunat ja freskot antavat kuvan<br />
suunnittelijoiden tavoittelemasta sisätilojen koristeellisuudesta ja<br />
värimaailmasta, josta jouduttiin tinkimään rahapulassa. Talousvaikeudet<br />
viivyttivät talon valmistumista vuoteen 1910 ja yleisölle kokoelmat avattiin<br />
vuonna 1916.<br />
Kansallismuseon rakentamishanke oli korostetun suomalainen, mutta<br />
arkkitehtisuunnitelman aatteelliset lähtökohdat rakennusmateriaalien<br />
käytöstä tilojen vapaaseen sommitteluun ja yksilöllisesti vaihtelevaan<br />
muotoiluun asti liittyvät kansainväliseen art nouveau- liikkeeseen, jonka<br />
pyrkimyksiä arkkitehdit oivallisesti tulkitsivat luodessaan museon<br />
suomalaista arkkitehtuuria.
1<br />
2<br />
9<br />
1 & 2<br />
Maks Fabiani, Bamberg house,<br />
Ljubljana, 1906-1907<br />
Ljubljana, Slovenija<br />
Il contesto storico<br />
Lubiana, capitale della Slovenia, conosce uno sviluppo accelerato nel<br />
corso del XX secolo. La sua stessa struttura è modellata dagli eventi.<br />
All’inizio del XX secolo, Lubiana è la capitale della sola Carniola, una delle<br />
numerose province dell’Impero austro-ungarico. Dopo la capitolazione<br />
dell’Impero al termine della Prima Guerra mondiale, la città diventa<br />
capitale della Slovenia, una delle province della Jugoslavia, federazione<br />
degli Slavi del sud creata nel 1918.<br />
Il contesto urbanistico<br />
Nel 1895, quando tutte le capitali europee vedono apparire i primi<br />
esempid’architettura <strong>Art</strong> nouveau, Lubiana è devastata da un violento<br />
terremoto, il primo della sua storia. Sono numerose le case che crollano, o<br />
quelle che si devono abbattere perché i loro muri danneggiati minacciano<br />
di crollare. Le perdite umane sono abbastanza contenute. Gli abitanti<br />
cercano ripari di fortuna. La città devastata riceve la visita dell’imperatore<br />
Francesco Giuseppe, che promette di dare un aiuto. L’intervento del<br />
consigliere municipale Ivan Hribar, che intuisce che questa catastrofe può<br />
rappresentare un’occasione insperata per la città e per il suo sviluppo, è<br />
determinante. A Vienna chiede un aiuto materiale immediato e<br />
un’assistenza finanziaria senza contropartita, e l’esenzione dalle imposte<br />
per coloro che decidono di riparare gli immobili danneggiati o di sostituirli<br />
con nuovi. Tutte le sue richieste sono accolte. Ma per assicurare la<br />
congruità dei restauri e delle costruzioni nelle zone periferiche non ancora<br />
urbanizzate di Lubiana, non si dispone di alcun piano urbanistico.<br />
Eletto sindaco l’anno seguente, Hribar si mette in contatto con<br />
Camillo Sitte, l’urbanista più prestigioso di Vienna, che elabora un<br />
progetto. Ma nel frattempo un altro piano urbanistico è spontaneamente<br />
proposto da un certo Maks Fabiani, giovane architetto viennese, originario<br />
della Slovenia. Questi ha una buona conoscenza della città e vuole<br />
mostrare la sua abilità di urbanista moderno. Dopo una prima analisi<br />
scientifica della città, conclude che l’aspetto dominante del paesaggio<br />
urbano è il castello sulla sua collina scoscesa. Secondo lui, la città<br />
medievale, che circonda la collina, deve servire da punto di partenza per la<br />
creazione di una nuova zona urbana sull’altra riva del fiume e di un viale<br />
periferico che, come la Ringstrasse di Vienna, circondi la città. Oltre questo<br />
primo cerchio di sviluppo, si sviluppa una zona urbana completamente<br />
nuova: Bezigrad.<br />
I consiglieri municipali sono conquistati dal progetto di Fabiani. Per<br />
un anno preparano progetti molto dettagliati e nessuno è autorizzato a<br />
costruire. Poi iniziano i restauri e le costruzioni. Sfortunatamente, il viale<br />
periferico è costruito solo nella parte nord-ovest della città. Nel nucleo<br />
antico, dove le vecchie strade medievali sono larghe, e nelle nuove zone<br />
urbane, le costruzioni procedono bene. Tra i numerosi edifici nuovi, si<br />
annoverano un palazzo di giustizia, il primo negozio specializzato nella<br />
vendita di tessuti, un albergo di prestigio chiamato Grand Hotel Unione,<br />
banche, un edificio che ospita l’amministrazione provinciale e un palazzo<br />
per il governo, scuole e dormitori, immobili residenziali e uffici, un ospedale<br />
e tre nuove caserme militari. I viali e le strade fiancheggiate dagli alberi<br />
come i marciapiedi, rischiarati dalle lampade a gas, danno a questa vecchia<br />
città di provincia addormentata l’aspetto d’una città moderna. L’acqua<br />
corrente e un sistema d’allacciamento diretto alla fognatura sono in<br />
funzione. Dal 1905 un tram circola per le strade, mosso dalla prima<br />
centrale termoelettrica della città, che segna anche l’inizio di una rapida<br />
fornitura d’energia elettrica per la città.<br />
All’epoca a Lubiana non c’è l’università. La maggior parte degli<br />
Sloveni colti frequenta le università europee; per questo, Lubiana non<br />
dispone di un numero sufficiente di architetti. Per fronteggiare la<br />
situazione si fanno venire degli architetti esterni alla città. Ci si sarebbe<br />
potuti aspettare che questi architetti lavorassero essenzialmente nello stile<br />
<strong>Art</strong> nouveau, ma non fu così. La sola eccezione è la casa Krisper, all’angolo<br />
delle vie Miklosieva e Tavarjeva, nella quale si può agevolmente<br />
riconoscere un edificio <strong>Art</strong> <strong>Nouveau</strong>.<br />
La varietà o anche la mescolanza di stili è il risultato della tendenza<br />
moderna di accostare forme tradizionali a forme di nuova creazione. La<br />
scelta è una caratteristica dell’età moderna. L’inizio del XX secolo<br />
rappresenta un periodo unico nella storia dell’arte europea, poiché<br />
propone la più ampia scelta di stili. Questa varietà di stili è senza<br />
precedenti nella storia. Lubiana ne è un bell’esempio, per non parlare di<br />
Vienna o di Trieste.<br />
Zgodovinski kontekst<br />
Ob koncu 19. stoletja je bila Ljubljana malo provincialno<br />
sredi‰ãe Kranjske, ene izmed ‰tevilnih deÏel v avstro-ogrskem<br />
cesarstvu, in je imela komaj nekaj veã kot 30 000 prebivalcev. Tudi<br />
njen videz je bil do konca stoletja zelo podeÏelski.<br />
Pomembna prelomnica v njenem razvoju je bil katastrofalni<br />
potres leta 1895, ki je temeljito razmajal njene temelje. Veã kot 10<br />
odstotkov stavb je bilo poru‰enih, skoraj vse druge so bile<br />
po‰kodovane. Takoj po potresu se je mestni svet lotil obnove mesta.<br />
·e istega leta je obãinski svet navezal stik z najuglednej‰im dunajskim<br />
urbanistom Camillom Sittejem in mu naroãil izdelavo regulacijskega<br />
naãrta. Hkrati je sam od sebe predloÏil svoj predlog regulacijskega<br />
naãrta tudi Maks Fabiani, mlad dunajski arhitekt slovenskega rodu, ki<br />
je mesto dobro poznal in se je Ïelel izkazati za nadarjenega<br />
modernega urbanista. Skrbno je analiziral obstojeãe mesto in v<br />
njegovi zgradbi doloãil temeljne motive. Grad na strmem griãu in<br />
srednjeve‰ko mesto pod njim je izbral kot izhodi‰ãe za oblikovanje<br />
novih mestnih ãetrti na drugi strani reke Ljubljanice in kroÏnega<br />
bulvarja, ki naj bi po vzoru dunajskega Ringa tekel okrog njih.<br />
Fabianijev naãrt je prepriãal mestne svetnike in v uradnem<br />
regulacijskem naãrtu, ki je bil sprejet leta 1896, je bila potrjena<br />
veãina njegovih idej.<br />
Takoj po potresu se je zaãela intenzivna obnova in mesto je v<br />
naslednjih petnajstih letih temeljito spremenilo svojo podobo.<br />
·tevilo hi‰ se je potrojilo in v novih mestnih ãetrtih so bile zgrajene<br />
nove tri-, ‰tiri- in celo petnadstropne javne palaãe in stanovanjske<br />
hi‰e. Med njimi omenimo samo sodno palaão, poslopje deÏelne<br />
uprave in vladno palaão, bolni‰nico, tri voja‰ke kasarne, ‰ole, prve<br />
veleblagovnice, prvi moderni hotel, banke itd. Avenije in ceste,<br />
zasajene z drevoredi, ter s plinskimi svetilkami razsvetljeni ploãniki so<br />
dali staremu in zaspanemu provincialnemu mestu videz moderne<br />
prestolnice. Napeljana je bila tekoãa voda in urejena kanalizacija.<br />
Leta 1901 je zaãel po ljubljanskih ulicah voziti tramvaj, ki ga je<br />
poganjala elektrika iz prve mestne termoelektrarne.<br />
Med tradicijo in moderno<br />
Podobno kot drugod v monarhiji so tudi v ljubljanski arhitekturi<br />
na koncu 19. stoletja prevladovali historiãni slogi. Skoraj vsa<br />
pomembna javna poslopja so bila zgrajena v neorenesanãnem slogu.<br />
Moderni slog ”nove umetnosti“ se je zaãel uveljavljati sorazmerno<br />
pozno, ‰ele v zaãetku 20. st., in ‰e tedaj so novosti teÏko in poãasi<br />
prodirale. Novi slog se je zlasti v arhitekturi razvijal pod vplivom<br />
dunajske razliãice ”nove umetnosti“, secesije, ki je bolj poudarjala<br />
racionalne geometrijske oblike; odtod tudi izraz secesija za<br />
oznaãevanje te umetnostne smeri v slovenski arhitekturi. Podobno<br />
kot v drugih negermanskih deÏelah monarhije je tudi slovenska<br />
umetnost na prelomu 19. stoletja v Ïelji po kulturni neodvisnosti<br />
iskala navdih v ljudski umetnosti in narodni motiviki.<br />
Nove stilistiãne prvine so v ljubljansko stavbarstvo uvajali<br />
predvsem tuji arhitekti, ki jih je mestna obãina povabila za posebne<br />
pomembne naloge, bolj pogosto pa so tuje vzore prevzemali domaãi<br />
stavbeniki kar iz knjig ali revij.<br />
Maks Fabiani in JoÏe Pleãnik<br />
Maks Fabiani in JoÏe Pleãnik sta osrednji osebnosti slovenske<br />
moderne arhitekture na prelomu iz 19. v 20. stoletje. Oba sta<br />
‰tudirala in delala na Dunaju in bila tesno povezana z Ottom<br />
Wagnerjem. JoÏe Pleãnik je secesijsko obdobje preÏivel na Dunaju,<br />
kjer je zasnoval tudi znamenito Zacherlovo hi‰o, v ljubljanskem<br />
obdobju po prvi svetovni vojni pa se je od secesije Ïe povsem oddaljil.<br />
Zato pa je Maks Fabiani dal Ljubljani izjemen peãat kot urbanist in<br />
kot arhitekt. Njegov arhitekturni opus po kvaliteti daleã presega<br />
povpreãje tedanje slovenske arhitekture. Zgradil je vrsto stavb, ki<br />
kaÏejo razvoj njegove umetni‰ke poti od ãiste dekorativne secesije<br />
(Krisperjeva hi‰a) do strogega racionalizma, oropanega vsakega<br />
okrasja, ki pa vendar kaÏe moãno navezanost na lokalno tradicijo<br />
(Mladika, Bambergova hi‰a).
2<br />
10<br />
1<br />
3<br />
4<br />
5<br />
1 Émile Gallé, La Nuit japonaise, 1900<br />
2 Eugène Vallin, Salle à manger<br />
Masson, 1903-1906<br />
3 Émile Gallé, Coupe Noctuelles<br />
4 Émile Gallé, Coupe Henry Hirsch,<br />
1903<br />
5 Émile Gallé, Coupe aux éphémères,<br />
1900<br />
Nancy, France<br />
Il contesto della nascita dell’<strong>Art</strong> nouveau<br />
Alla fine del XIX secolo l’<strong>Art</strong> nouveau si sviluppa a Nancy. <strong>Art</strong>isti e<br />
industriali, Emile Gallé, Louis Majorelle, Eugène Vallin, si uniscono in<br />
un’associazione, l’Alleanza Provinciale delle Industrie d’<strong>Art</strong>e, chiamata<br />
anche Scuola di Nancy.<br />
Questo movimento nasce in un contesto politico particolare. Infatti,<br />
alla fine della guerra del 1870, l’Alsazia e il nord della Lorrena sono<br />
annessi all’Impero tedesco. Così, una gran parte della popolazione dei<br />
territori occupati, per sfuggire alla dominazione tedesca, emigra verso la<br />
Francia, specialmente verso la Lorrena rimasta francese, che diventa una<br />
terra d’accoglienza. La città di Nancy conosce allora uno dei periodi più<br />
brillanti della sua storia. Dopo la perdita di Metz e di Strasburgo, essa è la<br />
sola grande città dell’est della Francia. Questa situazione si rivela<br />
determinante per lo sviluppo della città: Nancy accoglie numerosi abitanti<br />
delle province annesse, in particolare, una parte della borghesia di Metz e<br />
dell’Alsazia. Questa nuova popolazione è giovane, dinamica e lavoratrice.<br />
Lo sviluppo demografico s’accompagna a una notevole espansione<br />
industriale e commerciale: numerose imprese mosellane e alsaziane<br />
s’installano a Nancy e nei dintorni, appaiono e prosperano i grandi<br />
magazzini. Questa crescita economica consente l’emergere della borghesia<br />
locale. Queste famiglie hanno bisogni e desideri: possiedono una o più<br />
case che decorano in modo lussuoso, ciò che permette lo sviluppo delle arti<br />
decorative. Jean-Baptiste Eugène Corbin, principale mecenate della Scuola<br />
di Nancy, moltiplica gli incarichi e partecipa all’infatuazione per le arti<br />
decorative. Gli artisti beneficiano dell’accresciuta domanda di mobili e di<br />
oggetti legati alle “arti del focolare”.<br />
Le vetrerie d’Emile Gallé, dal pezzo unico alla serie<br />
Erede di un negozio di cristalli e di porcellane, Emile Gallé (1846-<br />
1904), crea, all’interno della sua attività a Nancy, un atelier d’ebanisteria<br />
nel 1884. Cinque anni dopo, al tempo dell’Esposizione Universale di Parigi,<br />
può mostrare le sue creazioni in tre sezioni, legno, vetro e terra.<br />
Al tempo di questa manifestazione, Emile Gallé espone, nella sezione<br />
vetreria, la coppa “Volo di efemere” che presenta una decorazione incisa<br />
di farfalle di tonalità rosa finemente incise, che si stagliano su un fondo<br />
verde che imita, nei suoi effetti, una pietra dura, l’agata. Questa coppa<br />
associa dunque una tecnica abbastanza raffinata ad una decorazione<br />
particolarmente curata e perfettamente adattata alla forma dell’opera.<br />
Acquisita l’anno seguente dal museo d’<strong>Art</strong>i Decorative di Parigi, la coppa<br />
ha una lunga discendenza: è ripetuta in numerosi esemplari.<br />
Quest’opera in vetro ha richiesto numerose prove prima di poter<br />
ottenere il pezzo desiderato. Quando un oggetto in vetro era<br />
perfettamente riuscito, Emile Gallé decideva di produrlo in quattro o<br />
cinque esemplari o anche di riprodurlo in una serie più copiosa ma in una<br />
versione semplificata. Così la coppa “Volo d’efemere” è adattata per<br />
un’altra coppa senza piede, dalla pancia liscia decorata di farfalle<br />
finemente incise e in tonalità meno delicate, ma di un costo di produzione<br />
più modesto e dunque meno caro per la vendita.<br />
Questa coppa ottiene un grande successo ed è ripetuta per molti anni.<br />
Nel 1903, Emile Gallé riprende questo modello per la coppa “Bisogna<br />
amare”, creata l’anno del matrimonio del suo amico, Henry Hirsch. Di<br />
qualità identica alla coppa “Volo d’efemere” ma con piccole differenze di<br />
dettaglio e di colore, questo pezzo ha una citazione incisa, estratta da un<br />
poema. L’aggiunta di questa citazione permette ad Emile Gallé di<br />
evidenziare la raffinatezza del volo delle farfalle, la preziosità e la<br />
trasparenza della materia, unite per creare un vero “poema di vetro”.<br />
Il Giappone: fonte d’ispirazione della Scuola di Nancy<br />
Dal 1870, il Giappone diventa una delle principali fonti d’ispirazione<br />
per gli artisti di Nancy. Molto apprezzata verso la metà del XIX secolo,<br />
l’arte giapponese è diffusa dalle Esposizioni universali, dalle riviste, dai<br />
collezionisti e dai mercanti d’arte. La Scuola di Nancy s’interessa in modo<br />
particolare alla forma d’arte in cui la natura e la flora sono<br />
abbondantemente presenti, e artisti, decoratori e pittori di Nancy trovano<br />
un’eco alle proprie ricerche in questo campo. Al tempo stesso, l’arte<br />
decorativa giapponese offre agli artisti nuove forme e decorazioni.<br />
Nella prima parte della sua produzione di vetri e ceramiche, Emile<br />
Gallé è particolarmente incline e disposto a recepire quest’arte. Infatti<br />
applica su certi vasi delle decorazioni improntate alle stampe giapponesi<br />
ed illustra in più riprese la flora e l’iconografia tradizionale asiatica sui suoi<br />
vetri, sulle ceramiche e sui mobili.<br />
D’altra parte, gli artisti di Nancy hanno l’opportunità di frequentare<br />
Takashima Hokkai, un giapponese che soggiorna a Nancy dal 1885 al<br />
1888. Il pittore Camille Martin e il decoratore Louis Hestaux sono molto<br />
attenti alle sue dimostrazioni ed apprezzano il carattere spontaneo e libero<br />
della decorazione artistica orientale. Se il Giappone è esplicitamente<br />
presente nelle prime produzioni della Scuola di Nancy, questo riferimento<br />
scompare progressivamente a vantaggio d’una ricerca più elaborata e più<br />
personale. Più del semplice decoro d’ispirazione giapponese, gli artisti di<br />
Nancy ne conservano il simbolismo e i grandi principi della composizione.<br />
L’interesse per il Giappone non scompare tuttavia dalla Scuola di Nancy.<br />
Emile Gallé realizza nel 1900 il vaso Notte giapponese, omaggio a questo<br />
paese e a questa cultura che lo affascinano.<br />
Le contexte d’éclosion<br />
À la fin du XIX e siècle, un <strong>Art</strong> nouveau se développe à Nancy. Des artistes<br />
et des industriels, tels Émile Gallé, Louis Majorelle, Eugène Vallin, se<br />
regroupent dans une association, l’Alliance Provinciale des Industries d’<strong>Art</strong>,<br />
appelée aussi l’École de Nancy.<br />
Ce mouvement voit le jour dans un contexte politique particulier. En<br />
effet, à l’issue de la guerre de 1870, l’Alsace et le nord de la Lorraine sont<br />
annexés par l’Empire allemand. Aussi, une grande partie de la population<br />
des territoires occupés, refusant la domination allemande, émigre vers la<br />
France, notamment vers la Lorraine restée française, qui devient une terre<br />
d’accueil. La ville de Nancy connaît alors l’une des périodes les plus brillantes<br />
de son histoire.Après la perte de Metz et de Strasbourg, elle demeure la seule<br />
grande ville de l’est de la France. Cette situation se révèle déterminante<br />
pour le développement de la ville : Nancy accueille de nombreux habitants<br />
des provinces annexées, en particulier, une partie de la bourgeoisie messine<br />
et alsacienne. Cette nouvelle population est jeune, dynamique et travailleuse.<br />
Le développement démographique s’accompagne d’un essor industriel et<br />
commercial considérable : de nombreuses entreprises mosellanes et<br />
alsaciennes s’installent à Nancy et dans les environs, les grands magasins<br />
apparaissent et prospèrent. Cet élan économique permet l’émergence d’une<br />
bourgeoise locale. Ces familles ont des besoins et des désirs : elles possèdent<br />
une ou plusieurs maisons qu’elles décorent de façon luxueuse, ce qui permet<br />
le développement des arts décoratifs. Jean-Baptiste Eugène Corbin, principal<br />
mécène de l’École de Nancy, multiplie les commandes et participe à<br />
l’engouement pour les arts décoratifs. Les artistes bénéficient alors d’une<br />
demande accrue de mobilier et d’objets liés aux “arts du foyer”.<br />
Les verreries d'Émile Gallé, de la pièce unique à la série<br />
Héritier d'un commerce de cristaux et de porcelaines, Émile Gallé (1846-<br />
1904) crée, au sein de son entreprise à Nancy, un atelier d'ébénisterie en<br />
1884. Cinq ans plus tard, il peut donc, lors de l'Exposition Universelle de<br />
Paris, montrer ses créations dans trois domaines : bois, verre et terre.<br />
Lors de cette manifestation, Émile Gallé expose dans la section verrerie,<br />
la coupe “Vol d'éphémères” qui présente un décor finement gravé de papillons<br />
aux tonalités roses, se détachant sur un fond vert imitant, dans ses<br />
effets, une pierre dure, l'agate. Cette coupe associe donc une technique assez<br />
raffinée à un décor particulièrement soigné et parfaitement adapté à la forme<br />
de l'œuvre. Acquise l'année suivante par le musée des <strong>Art</strong>s Décoratifs de<br />
Paris, la coupe connaît une grande postérité : elle est déclinée en de<br />
nombreux exemplaires.<br />
Cette œuvre de verre a nécessité de nombreux essais avant de pouvoir<br />
aboutir à la pièce désirée. Lorsqu'une verrerie se révélait parfaitement<br />
maîtrisée et réussie, Émile Gallé décidait de la produire en quatre ou cinq<br />
exemplaires ou même de l'éditer dans une série plus abondante mais dans<br />
une version simplifiée. Ainsi la coupe “Vol d'éphémères” est adaptée pour<br />
une autre coupe sans pied, à la panse lisse décorée de papillons moins<br />
finement gravés et dans des tonalités moins subtiles, mais d'un coût de<br />
fabrication plus modeste et donc moins chère à la vente.<br />
Cette œuvre connaît un grand succès et est éditée pendant de<br />
nombreuses années. En 1903, Émile Gallé reprend ce modèle pour la coupe<br />
“Il faut aimer“, créée l'année du mariage de son ami, Henry Hirsch. D'une<br />
qualité identique à la coupe “Vol d'éphémères” mais avec de petites<br />
différences de détail et de couleur, cette coupe présente également une<br />
citation gravée, extraite d'un poème. L'ajout de cette citation permet à Émile<br />
Gallé de souligner le raffinement du vol de papillons, la préciosité et la<br />
transparence de la matière, associés pour créer un véritable “poème de<br />
verre“.<br />
Le Japon : source d'inspiration de l'École de Nancy<br />
Dès les années 1870, le Japon devient l'une des premières sources<br />
d'inspiration pour les artistes nancéiens. Fortement prisé en Europe vers le<br />
milieu du XIX e siècle, l'art japonais est diffusé par les Expositions Universelles,<br />
les revues, les collectionneurs et les marchands d'art. L'École de Nancy<br />
s'intéresse tout particulièrement à cette forme d'art où la nature et la flore<br />
sont abondamment présentes et trouvent un écho aux propres recherches<br />
des artistes décorateurs et peintres nancéiens dans ce même domaine. De<br />
même, l'art décoratif japonais offre aux artistes de nouvelles formes et de<br />
nouveaux décors.<br />
Dans la première partie de sa production verrière et céramique, Émile<br />
Gallé est particulièrement sensible et réceptif à cet art. Il applique en effet<br />
sur certains vases des décors empruntés à l'estampe japonaise et illustre à<br />
plusieurs reprises la flore et l'iconographie traditionnelle asiatiques sur ses<br />
verreries, céramiques et meubles.<br />
Par ailleurs, les artistes nancéiens ont la chance de fréquenter<br />
Takashima Hokkai, un Japonais qui séjourne à Nancy de 1885 à 1888. Le<br />
peintre Camille Martin et le décorateur Louis Hestaux sont très attentifs à ses<br />
démonstrations et apprécient le caractère spontané et libre de la création<br />
artistique orientale. Si le Japon est explicitement présent dans les premières<br />
productions de l'École de Nancy, cette référence disparaît progressivement au<br />
profit d'une recherche plus élaborée et plus personnelle. Plus que le simple<br />
décor d'inspiration japonaise, les artistes nancéiens en retiennent la<br />
symbolique et les grands principes de composition. L'intérêt pour le Japon ne<br />
disparaît pas cependant de l'École de Nancy. Émile Gallé réalise en 1900 le<br />
vase Nuit japonaise, hommage à ce pays et à cette culture qui le passionnent<br />
durablement.
2<br />
11<br />
1<br />
3<br />
4<br />
1 Lluís Domènech i Montaner,<br />
Casa Navàs, 1901-1907<br />
2 Pere Caselles I Tarrats, Casa Tomàs<br />
Jordi, 1910<br />
3 Lluís Domènech i Montaner,<br />
Institut Pere Mata, billiard room,<br />
1906<br />
4 Lluís Domènech i Montaner,<br />
Institut Pere Mata, water tower,<br />
1898-1899<br />
Reus, Catalunya<br />
Un contesto commerciale favorevole<br />
Nel XVIII secolo la città di Reus raggiunge una notevole importanza<br />
nel commercio internazionale di noci, d’alcool e d’acquavite. Essa diventa<br />
uno dei principali centri d’esportazione.<br />
Nel corso del XIX secolo Reus comincia ad assumere l’aspetto della<br />
città con la costruzione del Centro di Lettura (1859), della banca (1863),<br />
del Teatro Fortuny (1882), del Mattatoio comunale, e con l’arrivo del treno<br />
che collega la città con gli altri centri di produzione. E’ costruito un sistema<br />
fognario, le strade sono lastricate e sono presentati altri progetti, tra i quali<br />
un canale navigabile che collega la città con la costa, allo scopo di<br />
migliorare il trasporto commerciale.<br />
L’importanza del commercio attira nella città numerose famiglie di<br />
commercianti e industriali che, dalla fine del XIX e dall’inizio del XX secolo,<br />
contribuiscono alla trasformazione urbanistica di Reus. La borghesia della<br />
città fa costruire case che rispecchiano il suo stato sociale, portando sulla<br />
facciata il suo alto livello di vita, incorporando le tecniche più recenti come<br />
l’illuminazione elettrica. In numerosi casi, solo le facciate delle case sono<br />
trasformate, con stili che i membri di queste famiglie hanno scoperto<br />
durante i loro viaggi attraverso l’Europa. Altri cittadini di Reus scelgono lo<br />
stile architettonico di moda all’epoca a Barcellona – il Modernismo o <strong>Art</strong><br />
nouveau.<br />
L’architettura modernista<br />
L’arrivo del Modernismo a Reus è segnato dalla costruzione<br />
dell’Istituto Pere Mata. Nel 1896, un gruppo di ricchi abitanti di Reus,<br />
guidato da Pau Font de Rubinat, decide di finanziare il progetto della<br />
costruzione di un istituto psichiatrico moderno ideato dal Dottor Emili<br />
Briansò, un giovane dottore medico legale in città. Essi affidano la<br />
realizzazione di questo progetto a Lluìs Domènech i Montaner che è<br />
assistito dall’architetto della città, Pere Caselles Tarrats. Questo progetto<br />
grandioso, un ospedale psichiatrico concepito come una piccola città,<br />
consente a Domènech i Montaner di sperimentare delle idee che sfrutta in<br />
seguito nell’ospedale Santa Creu i Sant Pau costruito poco dopo a<br />
Barcellona.<br />
Le camere dell’ospedale sono distribuite razionalmente in vari<br />
padiglioni in mezzo a un giardino. Alcuni di questi padiglioni sono riservati<br />
ai pazienti, altri sono destinati ai servizi comuni. Il padiglione n. 6, detto il<br />
Padiglione dei distinti, concepito per accogliere i pazienti più fortunati, è<br />
dotato di tutti i migliori comfort possibili a quell’epoca.<br />
L’arrivo di Domènech i Montaner a Reus ha gramde influenza sul<br />
gusto della borghesia e sullo stile di Pere Caselles, l’architetto incaricato<br />
della maggior parte dei progetti privati di Reus. E’ così che s’instaura<br />
l’architettura modernista nel centro urbano che noi troviamo oggi.<br />
Domènech i Montaner lavora anche con molti artigiani e costruttori della<br />
città, iniziandoli ai nuovi concetti dell’architettura. Oltre all’Istituto Pere<br />
Mata, riceve incarichi privati, come la Casa Rull (1900), la Casa Navàs<br />
(1901), la cappella della famiglia Margenat (1905), la Casa Gasull, il<br />
negozio Llopis (1911) e lavori di restauro per la casa Llopis e la biblioteca<br />
Font de Rubinat (1910).<br />
Allo stesso tempo, Antoni Gaudì i Cornet (nato nel 1852 a Reus), pur<br />
essendosi stabilito definitivamente a Barcellona dove prosegue gli studi,<br />
mantiene i contatti con la sua città natale e ottiene l’incarico del restauro<br />
del santuario di Misericordia, santa patrona della città. Sfortunatamente,<br />
questo progetto è abbandonato, soprattutto a causa dei contrasti con i<br />
vicini del santuario. Oggi, è rimasto solo qualche schizzo di questo<br />
progetto, esposto nel museo della Città.<br />
Tuttavia, due dei più stretti collaboratori di Gaudì, anch’essi nati a<br />
Reus, lavorano attivamente in città: Joan Rubiò Bellver con la casa Serra<br />
(1924), lo chalet Serra (1911) e il dispensario antitubercolare (11926) e<br />
Domènec Sugranes Gras con la casa di campagna Llevat (1924).<br />
Le altre espressioni artistiche<br />
Lo stile modernista non si limita all’architettura. Lo troviamo in città<br />
anche in altre espressioni artistiche. In ambito letterario, per esempio, il<br />
Gruppo Modernista di Reus è molto importante. I suoi membri si riuniscono<br />
nella libreria di Josep Aladem, La Regional.<br />
La pittura è rappresentata da Tomàs Bergadà, Hortensi Güell e<br />
Joaquim Mir. Quest’ultimo, artista di Barcellona, che fu per un po’ di tempo<br />
come paziente all’Istituto Pere Mata, lo rappresenta in alcuni suoi dipinti.<br />
In seguito, vivendo nella città vicina di l’Aleixar, dipinge paesaggi e ritratti<br />
degli abitanti dei dintorni.<br />
Le forme moderniste influenzano ogni aspetto della creazione. La<br />
tipografia e la pubblicità sono buoni esempi, che si possono scoprire<br />
attraverso il lavoro di Ramon Casals i Vernis, attraverso i materiali di<br />
costruzione prodotti in gran quantità dalla fabbrica di ceramica Hipnlit<br />
Monseny, come attraverso i mosaici della casa Llevat, il lavoro del<br />
carpentiere Oliva e i graffiti di Ramon Frbregas Prmies.<br />
Un context comercial favorable<br />
La ciutat de Reus, durant el segle XVIII, aconseguí una gran importància<br />
en el comerç internacional de fruits secs, alcohol i aiguardents,<br />
esdevenint un dels centres exportadors més importants del moment, fins<br />
al punt que la llotja de Reus marcava el preu de l’alcohol juntament amb<br />
les de París i Londres.<br />
Al segle XIX Reus va agafant imatge de ciutat, amb la construcció<br />
d’equipaments importants com el Teatre Fortuny (1882) i l’escorxador<br />
municipal (1889-1894); l’arribada del tren que unia la ciutat amb altres<br />
centres productors; el naixement d’entitats com el Banc de Reus (1863), El<br />
Círcol (1852) o el Centre de Lectura (1859), la construcció del clavegueram<br />
i pavimentació de carrers, o l’estudi de projectes no completats com per<br />
exemple el d’unir la ciutat amb la costa, a través d’un canal navegable que<br />
havia d’ajudar el comerç.<br />
Aquesta importància comercial comportà un enriquiment de les<br />
famílies de comerciants i industrials que, a finals del segle XIX i inicis del<br />
XX facilità una transformació de la fisonomia urbana de Reus. La burgesia<br />
reusenca es construí cases que demostraven el seu estatus social,<br />
exterioritzant el seu alt nivell de vida i incorporant noves mostres de<br />
confortabilitat, com per exemple la il·luminació elèctrica. Per a portar a<br />
terme aquestes transformacions, que en molts casos es restringien a la<br />
reforma de les façanes de les seves antigues vivendes, els reusencs, d’acord<br />
amb els models europeus que alguns dels seus membres coneixien gràcies<br />
als viatges de negocis, i els exemples més propers de Barcelona, escolliren<br />
el llenguatge arquitectònic del moment, el modernisme.<br />
L’arquitectura modernista<br />
Hi ha un fet que marcà de manera determinant l’entrada del<br />
modernisme a la ciutat, la construcció de l’Institut Pere Mata. L’any 1896<br />
un grup de reusencs adinerats presidit per Pau Font de Rubinat, decidí<br />
recolzar econòmicament el projecte del Dr. Emili Briansó, un jove metge<br />
titular de la plaça de forense municipal, de construir un modern institut<br />
psiquiàtric. Per portar a terme aquest projecte s’escollí l’arquitecte Lluís<br />
Domènech i Montaner, que comptà amb la col·laboració de Pere Caselles<br />
Tarrats, l’arquitecte municipal. Es tracta d’un projecte de grans dimensions,<br />
un hospital psiquiàtric concebut com una petita ciutat, que serví a<br />
Domènech i Montaner com a camp d’experimentació per a l’Hospital de la<br />
Santa Creu i Sant Pau que tot seguit construí a Barcelona. Les<br />
dependències de l’hospital es distribueixen racionalment en una sèrie de<br />
pavellons rodejats de jardins, alguns destinats a serveis comuns, i altres a<br />
residència dels interns. En destaca el número 6, conegut amb el nom de<br />
“dels distingits“ destinat a acollir els malalts d’alt poder econòmic i dotat<br />
dels màxims nivells de confort de l’època.<br />
Aquesta vinguda de Domènech a Reus marcà fortament el gust<br />
arquitectònic de la burgesia reusenca i la forma de treballar de Pere<br />
Caselles, l’arquitecte que rebé la major part dels encàrrecs privats<br />
provinents de la societat reusenca, definint així la imatge de conjunt del<br />
casc urbà, el que avui coneixem com a escenari modernista. També cal<br />
recordar que Domènech col·laborà amb diversos artesans de la ciutat, i<br />
contractistes d’obres, posant-los en contacte d’aquesta manera amb les<br />
noves formes arquitectòniques. A partir de la vinculació de Domènech i<br />
Montaner amb l’Institut Pere Mata, aquest rebé alguns encàrrecs privats,<br />
com per exemple la casa Rull (1900), la casa Navàs (1901), la capella de la<br />
família Margenat (1905), la casa Gasull (1911) i els magatzems Llopis<br />
(1911), o reformes com la de la casa Llopis o la decoració de la biblioteca<br />
Font de Rubinat (1910).<br />
Paral·lelament a aquest procés, Antoni Gaudí i Cornet, nascut a Reus<br />
l’any 1852, i que havia marxat a Barcelona per estudiar arquitectura, on es<br />
va establir definitivament, mantingué la relació amb la seva ciutat natal,<br />
fins al punt que se li encarregà la reforma del Santuari de Misericòrdia,<br />
patrona de la ciutat. Malauradament, a causa de desavinences amb veïns<br />
del Santuari, i altres inconvenients, aquest projecte quedà avortat, i sols<br />
ens en queden els petits esbossos conservats al Museu de la ciutat. Però sí<br />
que treballaren a la ciutat dos dels seus col·laboradors més propers, també<br />
reusencs, Joan Rubió Bellver (Casa Serra (1924), Xalet Serra (1911) i<br />
Dispensari Antituberculós (1926)) i Domènec Sugrañes Gras (Mas Llevat<br />
(1924).<br />
Les altres manifestacions artístiques<br />
El gust modernista no es restringí únicament a l’arquitectura, també<br />
el trobem present en altres manifestacions artístiques de la ciutat. En la<br />
literatura representat pel Grup Modernista de Reus, els membres del qual<br />
es reunien a la llibreria La Regional de Josep Aladern; en la pintura trobem<br />
l’obra dels reusencs Tomàs Bergadà i Hortensi Güell, i la del barceloní<br />
Joaquim Mir, que per motius de salut va estar ingressat un temps a<br />
l’Institut Pere Mata, representant-lo en alguns dels seus quadres. Mir<br />
visqué uns anys després a la població veïna de l’Aleixar, des d’on pintà<br />
paisatges i personatges de l’entorn. Les formes modernistes van envair la<br />
totalitat de les manifestacions ciutadanes: els dissenys tipogràfics; els<br />
anuncis publicitaris, amb bones mostres de Ramon Casals i Vernis; la<br />
fabricació seriada de materials de construcció, amb mostres com la<br />
producció ceràmica d’Hipòlit Monseny o els mosaics de la casa Llevat; els<br />
treballs de l’ebenista Oliva; o els esgrafiats de Ramon Fàbregas Pàmies.
2<br />
12<br />
1<br />
3<br />
4<br />
1 Apartment House with shops,<br />
LÇcplï‰a street 51, 1909, architect<br />
EiÏens Laube, – artistic synthesis of<br />
National Romanticism and<br />
Perpendicular <strong>Art</strong> <strong>Nouveau</strong>.<br />
2 Apartment House with shops,<br />
Br¥v¥bas street 47, 1908, architect<br />
EiÏens Laube, – one of <strong>Art</strong> <strong>Nouveau</strong><br />
National Romanticism trend<br />
symbols in Riga.<br />
3 Apartment House, Alberta street 11,<br />
1908, architect EiÏens Laube.<br />
4 Apartment Houses, Alberta street 8,<br />
6, 4, 1903-1904, architect Michael<br />
Eisenstein, – richly decorated early<br />
<strong>Art</strong> <strong>Nouveau</strong> buildings.<br />
R¥ga, Latvija<br />
Riga, la città più dinamica del Baltico<br />
Riga, capitale della Lettonia, è una città <strong>Art</strong> nouveau per eccellenza.<br />
Il suo centro storico è stato incluso nella lista del patrimonio mondiale<br />
dell’UNESCO nel 1997. In città si trova uno dei più begli agglomerati di<br />
costruzioni <strong>Art</strong> nouveau d’Europa. La qualità dell’architettura Jugendstil<br />
non ha equivalenti altrove al mondo.<br />
L’<strong>Art</strong> nouveau s’ispira essenzialmente all’architettura tedesca e<br />
finlandese. In questo periodo la città ha una crescita straordinaria.All’inizio<br />
del XX secolo, diventa uno dei maggiori centri commerciali e culturali della<br />
regione baltica (costa Est del Mar Baltico). Il movimento degli scambi nel<br />
porto di Riga è il più importante dell’Impero russo. A Riga si produce di<br />
tutto, dal semplice ago alle automobili e ai vagoni ferroviari. Le derrate, il<br />
tessile e le industrie elettromeccaniche sono molto sviluppati. La<br />
popolazione passa da 280.000 abitanti nel 1897 a più di 500.000 alla<br />
vigilia della prima Guerra Mondiale.<br />
La costruzione inizia in questo periodo una vera espansione. Tra il<br />
1910 e il 1913, sorgono da 300 a 500 edifici ogni anno. La metà è costituita<br />
da immobili residenziali di 5 o 6 piani. Queste costruzioni in muratura sono<br />
situate soprattutto nei quartieri centrali dove, secondo i regolamenti del<br />
1904, era vietato costruire in legno.All’inizio del XX secolo, lavorano a Riga<br />
soprattutto architetti del luogo, la maggior parte dei quali sono diplomati<br />
della facoltà di architettura dell’Istituto Politecnico di Riga, sorta nel 1869.<br />
Uno stile eclettico, ispirato alle correnti europee<br />
Le particolarità locali tipiche della città sono ereditate dalle tendenze<br />
più disparate dell’<strong>Art</strong> nouveau europea.<br />
Il romanticismo nazionale, che fiorisce tra il 1905 e il 1911, è molto<br />
caratteristico da questo punto di vista. Esso riflette gli sforzi degli architetti<br />
lettoni di creare un’architettura particolare nel contesto urbano dell’epoca.<br />
Il romanticismo nazionale ha le sue origini nel linguaggio dell’architettura<br />
tradizionale in legno e negli elementi del folclore. L’uso dei motivi<br />
tradizionali tipici della regione si trasforma generalmente secondo il gusto<br />
personale di ogni architetto. Si cercava soprattutto di utilizzare materiali di<br />
costruzione naturali e di evitare ogni imitazione. Le costruzioni del<br />
romanticismo nazionale sono dominanti in certi quartieri di Riga.<br />
Tra le costruzioni più caratteristiche e più belle del romanticismo<br />
nazionale, si possono citare una scuola e alcuni immobili degli architetti<br />
Ei?ens Laube, Konstantins Pek?ens, Aleksandrs Vanags ed Ernests Pole.<br />
Queste costruzioni sono caratterizzate da alte e potenti torrette d’angolo<br />
di forma cubica che ricordano gli antichi castelli lettoni, anticipando lo stile<br />
<strong>Art</strong> nouveau.<br />
Un altro stile architettonico dell’inizio del XX secolo a Riga è<br />
chiamato “<strong>Art</strong> nouveau perpendicolare”. Le costruzioni di questo tipo sono<br />
contraddistinte da una composizione verticale delle facciate, accentuata<br />
nelle aperture e negli ornamenti.<br />
La maggior parte delle costruzioni <strong>Art</strong> nouveau perpendicolari è stata<br />
progettata dagli architetti Janis Alksnis, Ei?ens Laube, Konstantins Pek?ens<br />
e Janis Gailis. Un certo numero di queste fu costruito da un architetto del<br />
luogo, ebreo, Paul Mandelstamm e da alcuni residenti tedeschi o, come si<br />
chiamavano essi stessi, dai Tedeschi baltici (Deutschbalten), come<br />
Bernhard Bielenstein, Rudolph Dohnberg ed altri.<br />
Numerosi luoghi del centro di Riga, come Antonijas, Brivibas,<br />
Aleksandra Caka, Gertrudes, Matisa, Stabu ed altre strade, evidenziano<br />
come l’<strong>Art</strong> nouveau perpendicolare ha potuto completamente determinare<br />
il carattere dell’ambiente urbano.<br />
In breve<br />
Lo stile di Riga è dunque molto eclettico. Le architetture, realizzate<br />
con molto rigore, presentano tuttavia delle decorazioni talvolta estreme,<br />
esuberanti e strabilianti al tempo stesso. La via Alberta e le sue immediate<br />
vicinanze, realizzata dall’ingegnere dei lavori pubblici Mikhail Eisenstein, è<br />
un esempio che colpisce. Questa strada è una delle maggiori attrattive<br />
turistiche della città.<br />
R¥ga – dinamiskÇkÇ Baltijas pilsïta<br />
Latvijas galvaspilsïta R¥ga ir izcila japplegendstila pilsïta. TÇs<br />
vïsturiskais centrs 1997. gadÇ tika iek∫auts UNESCO Pasaules kultappleras<br />
mantojuma sarakstÇ. Pilsïta ir viena no lielÇkajÇm japplegendstila bapplevju<br />
koncentrÇcijas vietÇm EiropÇ. R¥gas japplegendstila kvalitÇtei nekur citur<br />
pasaulï nav l¥dz¥gas.<br />
R¥gas japplegendstilu ietekmïja vÇcu, austrie‰u un somu arhitektapplera.<br />
·ajÇ laikmetÇ pilsïta piedz¥voja nepieredzïtu izaugsmi. 20. gadsimta<br />
sÇkumÇ tÇ k∫uva par vienu no lielÇkajiem raÏo‰anas, tirdzniec¥bas un<br />
kultappleras centriem Baltijas reÆionÇ. Kravu apgroz¥jums R¥gas ostÇ bija<br />
lielÇkais Krievijas ImpïrijÇ. R¥gÇ tika raÏots viss, sÇkot no naglas l¥dz<br />
automa‰¥nÇm un vilcienu vagoniem. PilsïtÇ bija att¥st¥ta pÇrtikas<br />
rapplepniec¥ba, tekstilrapplepniec¥ba un elektromehÇniskÇ rapplepniec¥ba.<br />
Iedz¥votÇju skaits pieauga no 280 tappleksto‰iem 1897. gadÇ l¥dz vairÇk<br />
nekÇ 500 tappleksto‰iem PirmÇ pasaules kara priek‰vakarÇ.<br />
Bapplevniec¥ba gadsimtu mijÇ piedz¥voja nebiju‰u uzplaukumu. Starp<br />
1910. un 1913. gadu katru gadu tika uzbapplevïtas 300 – 500 ïkas. LielÇkÇ<br />
da∫a no tÇm bija 5 – 6 stÇvu dz¥vojamie ¥res nami. ·¥s ïkas pÇrsvarÇ<br />
atradÇs pilsïtas centrÇlajÇ da∫Ç, kur saska¿Ç ar 1904. gada<br />
bapplevnoteikumiem vairs nebija ∫auts celt jaunas koka ïkas. 20. gadsimta<br />
sÇkumÇ R¥gÇ pÇrsvarÇ projektïja vietïjie arhitekti, lielÇkÇ da∫a no<br />
kuriem bija R¥gas PolitehniskÇ institappleta Arhitektappleras noda∫as<br />
absolventi. ·¥ arhitektappleras skola tika izveidota 1869. gadÇ.<br />
Starptautisko ietekmju lokalizÇcija<br />
Pilsïtas japplegendstila vaibstus iespaidoja daÏÇdas Eiropas japplegendstila<br />
tendences. πoti rakstur¥gs bija nacionÇlais romantisms, kas izplat¥jÇs<br />
1905. – 1911. gadÇ. Tas atspogu∫o latvie‰u arhitektu meklïjumus rad¥t<br />
jaunu arhitektappleru atbilsto‰i laikmeta pilsïtbapplevnieciskajam kontekstam.<br />
TÇ saknes meklïjamas tradicionÇlajÇ koka arhitektapplerÇ un folklorÇ.<br />
ReÆionam tipiskos ornamentus katrs arhitekts individuÇli, atbilsto‰i<br />
savai mÇkslinieciskajai izjappletai pielÇgoja savÇm celtnïm. ±pa‰a uzman¥ba<br />
tika pievïrsta dabisko materiÇlu izmantojumam un tam, lai izvair¥tos<br />
no imitÇcijÇm. DaÏÇs vietÇs R¥gÇ nacionÇlÇ romantisma bappleves dominï<br />
visÇ pilsïttelpÇ.<br />
Starp rakstur¥gÇkajiem un skaistÇkajiem nacionÇlÇ romantisma<br />
ïku piemïriem var minït µeni¿a skolu un dz¥vojamos namus, ko<br />
projektïjis EiÏens Laube, Konstant¥ns Pïk‰ïns, Aleksandrs Vanags un<br />
Ernests Pole. VairÇkÇm no ‰¥m celtnïm ir rakstur¥gi augsti un vareni<br />
kubiskas formas stappleru tor¿i, kas atsauc atmi¿Ç senlatvie‰u pilis,<br />
nezaudïjot saikni ar japplegendstilu.<br />
Otrs 20. gadsimta sÇkumam rakstur¥gs arhitektappleras novirziens R¥gÇ<br />
bija stateniskais japplegendstils. Tam rakstur¥ga vertikÇla fasÇÏu<br />
kompoz¥cija, ko izce∫ atbilsto‰as formas ailas un ornaments. LielÇko<br />
da∫u stateniskÇ japplegendstila ïku projektïju‰i JÇnis Alksnis, EiÏens Laube,<br />
Konstant¥ns Pïk‰ïns un JÇnis Gailis. Da∫u no tÇm projektïjis ar¥ ebreju<br />
izcelsmes r¥dzinieks arhitekts Pauls Mandel‰tams (Paul Mandelstamm),<br />
kÇ ar¥ vietïjie baltvÇcu arhitekti Bernhards B¥len‰teins (Bernhard<br />
Bielenstein), Rappledolfs Donbergs (Rudolph Dohnberg) un citi. VairÇkÇs<br />
vietÇs R¥gas centrÇ – Antonijas, Aleksandra âaka, ˛ertrappledes, Mat¥sa,<br />
Stabu un citÇs ielÇs – stateniskais japplegendstils piln¥bÇ determinï<br />
pilsïtvides raksturu.<br />
Noslïgums<br />
R¥gas japplegendstils ir ∫oti daudzveid¥gs. Prec¥zi veidotÇ arhitek-tappleras<br />
vidï ir sastopamas ar¥ greznas un pÇrsteidzo‰as kompoz¥cijas un fasÇÏu<br />
plastikas risinÇjumi. Alberta iela un tÇs apkÇrtne, kur daudzus namus<br />
projektïjis inÏenieris Mihails Eizen‰teins (Mikhail Eisenstein), ir<br />
rakstur¥gs piemïrs. ·¥ iela ‰odien ir ∫oti iecien¥ts tapplerisma objekts R¥gÇ.
1<br />
2<br />
13<br />
3<br />
1 . Lluís Muncunill Parellada, Masia<br />
Freixa, 1905-1910<br />
2 . Lluís Muncunill Parellada, Vapor<br />
Aymerich, Amat i Jover, 1907<br />
3 . Joaquim Vancells Vieta,<br />
Confiteria Vídua Carné , 1908<br />
Terrassa, Catalunya<br />
Terrassa l’industriale<br />
Le origini della trasformazione industriale di Terrassa risalgono alla<br />
prima parte del XIX secolo sono legate soprattutto all’espansione<br />
dell’industria laniera. L’arrivo della macchina per maglieria (1832) e della<br />
macchina a vapore (1833) portano notevoli miglioramenti tecnici. Nel 1845<br />
i primi telai fanno la loro apparizione e favoriscono una rapida crescita<br />
dell’industria tessile.<br />
Questa espansione è facilitata dal miglioramento delle comunicazioni:<br />
la costruzione della grande strada di Barcellona, nel 1845, e<br />
soprattutto l’arrivo della ferrovia dal nord, nel 1856, che unisce Terrassa a<br />
Barcellona, Manresa e Zaragoza (Saragozza). Questa nuova via di<br />
comunicazione permette di facilitare e di rendere regolari le consegne di<br />
materiali grezzi, come il carbone e la lana, e la distribuzione dei prodotti<br />
tessili finiti sui mercati catalani e spagnoli.<br />
Nello stesso tempo, la popolazione aumenta, la città si sviluppa, e<br />
questo provoca dei cambiamenti sociali. La città di Terrassa s’ingrandisce<br />
oltre la sua struttura medievale, in direzione dell’Estació del Nord e, cosa<br />
ancora più importante, supera i confini tradizionali naturali delle valli del<br />
Riera del Palau e del Torrente di Vallparadís.<br />
Le costruzioni più notevoli integrano i nuovi processi industriali. Nel<br />
caso dell’industria tessile, queste costruzioni comprendono ciminiere,<br />
officine per la produzione di vapore, mulini e depositi.<br />
Terrassa ha conservato notevolmente la sua eredità industriale tessile.<br />
Questa eredità comprende costruzioni nuove che fanno parte dello<br />
sviluppo della città pur adattandosi al centro urbano medievale.<br />
Questa coesistenza si riflette nella pianta delle strade e nella<br />
disposizione degli edifici: costruzioni industriali (officine per il vapore,<br />
mulini, depositi), abitazioni dei lavoratori, servizi (stazione, banche, negozi,<br />
rete elettrica, ospedale, caserme dei pompieri, mercati, alberghi e scuole) e<br />
luoghi dedicati agli svaghi (club, auditori o cinema e teatri). Ciò è visibile<br />
anche in certe sistemazioni delle strade (arredo urbano, pavimentazioni e<br />
lastricature, lampadari e altre apparecchiature elettriche).<br />
Molte di queste attrezzature industriali sono state conservate a<br />
Terrassa. Certe hanno un interesse in sé, ma è soprattutto come insieme<br />
che esse costituiscono una delle raccolte più straordinarie dell’eredità<br />
industriale catalana.<br />
Il Modernismo architettonico a Terrassa<br />
Il Modernismo architettonico si caratterizza per la prevalenza di linee<br />
curve su quelle diritte, l’abbondanza dei dettagli della decorazione, l’uso<br />
frequente di motivi vegetali e il dinamismo delle forme. I materiali usati<br />
sono il mattone a vista, lo stucco, la pietra, la ceramica ornamentale, il<br />
ferro battuto.<br />
Questi elementi generali sono usati in una prospettiva pratica: negli<br />
immobili, la decorazione esterna è spesso austera, mentre gli interni sono<br />
finemente decorati (fregi di ceramica servono a proteggere i muri, le<br />
vetrate, il lavoro del legno e del metallo).<br />
Una mostra al Real Collegio Terrasense nel 1883 segna l’inizio del<br />
rinascimento delle arti plastiche a Terrassa.<br />
L’entusiasmo iniziale facilita l’introduzione delle nuove tendenze<br />
dell’arte – <strong>Art</strong> nouveau e stile Moderno – che giungono a Barcellona da<br />
tutta l’Europa. Il punto culminante del nuovo stile Modernista nella città è<br />
rivelato al momento dell’esposizione del Palau delle Industrie (oggi Escola<br />
Industrial) nel 1904, dove le arti applicate sono particolarmente<br />
valorizzate. L’artista originario di Terrassa Joaquim Vancells e Alexandre de<br />
Riquer di Barcellona danno un contributo decisivo alla diffusione della<br />
pittura e della decorazione ornamentale a Terrassa.<br />
L’esplosione dello stile Modernista nella città è tuttavia opera degli<br />
architetti Lluís Muncunill e Josep M. Coll i Bacardí, e in minor misura,<br />
quella di Melcior Viñals e d’Antoni Pascual i Carretero. Questi uomini, con<br />
i costruttori ed alcuni abili artigiani, trasformano il volto della città<br />
progettando e costruendo costruzioni pubbliche, officine e case private.<br />
Questa trasformazione arriva pressappoco con la crescita industriale e<br />
l’interesse crescente della borghesia per la cultura e l’estetica.<br />
Tra le prime opere Moderniste di Terrassa, il progetto della Hall<br />
dell’Istituto Industriale, con gli affreschi d’Alexandre de Riquer (1901),<br />
completati da Joaquim Vancells (1904), è particolarmente interessante per la<br />
sua qualità artistica e il suo stile. La decorazione di Vancells è rimasta<br />
all’Istituto, mentre il dipinto centrale di de Riquer si trova oggi nella sala da<br />
pranzo della Casa Alegre de Sagrera. Altri lavori notevoli, di Joaquim<br />
Vancells, comprendono opere diverse nello stesso stile: la sala da pranzo e i<br />
mobili da ufficio di Masia Freixa, i dipinti della tromba delle scale della Casa<br />
Alegre de Sagrera, e il progetto d’insieme della Confiteria Vídua Carné.<br />
Terrassa la industrial<br />
Els orígens de la transformació industrial de Terrassa es remunten a la<br />
primera meitat del segle XIX i tenen a veure, principalment, amb l’expansió<br />
de la indústria de la llana. Els avenços tècnics es produeixen amb l’arribada<br />
de la màquina de filar (1832) i la màquina de vapor (1833). El 1845,<br />
apareixen els primers telers Jacquard que permeten un ràpid creixement de<br />
la indústria tèxtil.<br />
Aquesta expansió es veu facilitada per la millora de les<br />
comunicacions, amb la construcció de la carretera general de Barcelona, el<br />
1845, i sobretot l’arribada del ferrocarril pel nord, el 1856, que enllaçava<br />
Terrassa amb Barcelona, Manresa i Saragossa. Aquesta nova via de<br />
comunicació facilita i fa periòdics els lliuraments de materials crus, com ara<br />
el carbó i la llana, i la distribució dels productes tèxtils acabats en els<br />
mercats catalans i espanyols.<br />
Paral·lelament, la població augmenta i la ciutat es desenvolupa, cosa<br />
que provoca canvis socials. La ciutat de Terrassa s’estén més enllà de la<br />
seva estructura medieval, en direcció a l’Estació del Nord i, allò que encara<br />
és més important, ultrapassa els límits tradicionals naturals de les valls de<br />
la Riera del Palau i del Torrent de Vallparadís.<br />
Les construccions més notables integren els nous procediments<br />
industrials. En el cas de la indústria tèxtil, són les xemeneies, els vapors, les<br />
fàbriques i els magatzems.<br />
Terrassa ha conservat molt bé el seu patrimoni industrial tèxtil.<br />
Aquest patrimoni comprèn construccions noves que participen en el<br />
desenvolupament de la ciutat tot adaptant-se al centre urbà medieval.<br />
Aquesta associació es reflecteix en el plànol dels carrers i en la<br />
localització dels edificis: construccions industrials (vapors, fàbriques,<br />
magatzems), cases per als treballadors, serveis (estació, bancs, botigues,<br />
xarxa elèctrica, hospital, parc de bombers, mercats, hotels i escoles) i locals<br />
destinats al lleure (clubs, auditoris, o cinemes i teatres). Això també es pot<br />
veure en el mobiliari urbà i en els mateixos carrers amb llambordes, en les<br />
voreres de lloses, en fanals i altres aparells elèctrics.<br />
A Terrassa s’han conservat moltes d’aquestes particularitats<br />
industrials. Algunes són interessants en elles mateixes, però és sobretot en<br />
tant que conjunt que constitueixen una de les col·leccions més<br />
extraordinàries del patrimoni industrial català.<br />
El modernisme arquitectònic a Terrassa<br />
El modernisme arquitectònic es caracteritza pel predomini de les<br />
línies corbes respecte de les línies rectes – arcs parabòlics i el·líptics, la<br />
volta catalana i els cantells arrodonits – , per l’abundància dels detalls de<br />
decoració, per l’ús freqüent de motius vegetals i pel dinamisme de les<br />
formes. Els materials utilitzats són el maó vist, l’estucat, la pedra, la<br />
ceràmica ornamental i el ferro forjat.<br />
Aquests elements generals són utilitzats en el marc d’una perspectiva<br />
pràctica: així, en els immobles, sovint la decoració exterior és austera,<br />
mentre que els interiors estan delicadament decorats (frisos de ceràmica<br />
per protegir les parets, vitralls, obra de fusta i de metall).<br />
Una exposició presentada al Real Colegio Terrasense el 1883 marca<br />
l’inici de la renovació de les arts plàstiques a Terrassa.<br />
Aquest impuls inicial facilita la introducció de les noves tendències de<br />
l’art – <strong>Art</strong> <strong>Nouveau</strong> i Modern Style – que arriben a Barcelona de tota<br />
Europa. El punt culminant del nou estil modernista, a la ciutat, es fa palès<br />
amb ocasió de l’exposició del Palau d’Indústries (actualment, Escola<br />
Industrial) el 1904, en la qual es valoren especialment les arts aplicades.<br />
L’artista, originari de Terrassa, Joaquim Vancells i el barceloní Alexandre de<br />
Riquer fan una contribució decisiva a la difusió de la pintura i de<br />
l’ornamentació a Terrassa.<br />
Tanmateix, l’eclosió de l’estil modernista a la ciutat és obra dels<br />
arquitectes Lluís Muncunill i Josep M. Coll i Bacardí i, en menys grau, de<br />
Melcior Viñals i d’Antoni Pascual i Carretero. Aquests homes, juntament<br />
amb constructors i artesans de talent, transformen la fisonomia de la ciutat<br />
en concebre i construir edificis públics, factories i cases de particulars.<br />
Aquesta transformació arriba gairebé al mateix temps que el creixement<br />
industrial i que l’interès cada vegada més gran de la burgesia per la cultura<br />
i l’estètica.<br />
Entre les primeres obres modernistes de Terrassa, és particularment<br />
interessant, per la seva qualitat artística i el seu estil, el projecte de la sala<br />
d’actes de l’Institut Industrial, amb pintures murals d’Alexandre de Riquer<br />
(1901) completades per Joaquim Vancells (1904). La decoració de Vancells<br />
s’ha quedat a l’Institut, mentre que la pintura central de Riquer actualment<br />
es troba al menjador de la Casa Alegre de Sagrera. Altres obres notables,<br />
que devem a Joaquim Vancells, comprenen peces diverses que segueixen<br />
el mateix estil: el menjador i el mobiliari de despatx de la Masia Freixa, les<br />
pintures de l’ull de l’escala de la Casa Alegre de Sagrera, i el projecte de<br />
conjunt de la Confiteria Vídua Carné.
1<br />
14<br />
2<br />
3<br />
4<br />
1 Birreria Poretti, Induno O<br />
2 Railings of the terrace of the<br />
Grand Hotel Campo dei fiori,<br />
1909<br />
3 Molini Marzoli Massari,<br />
Busto A., 1910-1920<br />
4 Giuseppe Sommaruga,<br />
Grand Hotel Campo dei fiori,<br />
Varese, 1909<br />
photos : Paolo Zanzi<br />
Provincia di Varese, Italia<br />
Varèse, une cité au cœur de la Lombardie<br />
Varèse est une des neuf provinces de Lombardie, région du nord de<br />
l’Italie. La plaine lombarde associe de riches cultures à un élevage intensif<br />
et constitue surtout un grand foyer industriel (métallurgie, textile, chimie).<br />
La ville est située au pied des Alpes entre le lac Majeur et le lac de<br />
Côme, à la jonction des vallées suisses et est coupée au nord par la ligne<br />
des montagnes du Campo dei Fiori.<br />
Le développement d’une civilisation de loisirs à Varèse<br />
Ce cadre naturel extraordinaire, favorise le tourisme et attire une<br />
population aisée, constituée de l’ancienne noblesse et de la bourgeoisie<br />
naissante. Des complexes hôteliers et de majestueuses villas, disséminés<br />
dans le paysage sont édifiés dans un style homogène. Une classe moyenne<br />
dynamique et tournée vers l’avenir fait des projets de constructions dans<br />
la ville. Les usines en périphérie, les grands hôtels, les grandes et petites<br />
villas tirent parti du réseau ferré et de trams soigneusement planifié.<br />
Tout cet ensemble favorise la démocratisation du tourisme et des loisirs<br />
permettant à la classe moyenne de s’offrir des instants de vie raffinée.<br />
Le style Liberty<br />
En ce début de XX e siècle, un groupe d’architectes, Sommaruga,<br />
Stacchini et Gambini, développent un style résolument moderne, appelé le<br />
Liberty. Dans une approche typiquement <strong>Art</strong> nouveau, ils marient<br />
magistralement les éléments locaux et traditionnels aux nouvelles<br />
technologies. Ils construisent des immeubles en pierre locale, associée à la<br />
brique, s’inspirant des traditions anciennes en accord avec la modernité. Ils<br />
conçoivent les nombreux édifices urbains construits à Varèse et dans la<br />
région.<br />
Ainsi, dans le cadre montagneux du Campo dei Fiori, se dresse le<br />
village médiéval de Santa Maria del Monte. L’architecte milanais Guiseppe<br />
Sommaruga y réalise entre 1910 et 1912 le Grand Hôtel Campo dei Fiori<br />
pour La compagnie Grand Hôtel. Cet exemple du Liberty italien s’intègre<br />
parfaitement dans le cadre montagneux sans troubler son rythme. Appelé<br />
à Varèse vers la fin du XIX e siècle, Sommaruga lance un style nouveau et<br />
international, contrastant avec le style éclectique, qui s’inspire de l’art<br />
roman, gothique et renaissant et qui prospère après l’unification italienne,<br />
en 1870.<br />
Un autre artiste, Giovanni Chini, sculpteur et ingénieur, est l’interprète<br />
dynamique et novateur de cette période. Il invente la pierre artificielle et<br />
l’utilise pour des ornements, des décors, des cheminées, des encadrements<br />
de portes et de fenêtres, des porches d’entrée, qui étaient auparavant<br />
réalisés en marbre ou en pierre.<br />
Parallèlement à l’architecture, le style Liberty concerne aussi aux <strong>Art</strong>s<br />
décoratifs. Il est un des derniers mouvements artistiques épanouis sur le<br />
plan international et marque le choix d’une orientation vers des temps<br />
nouveaux. Les artistes abandonnent le passé et se tournent vers les arts<br />
appliqués qui sont au centre de toutes les attentions. Jusqu’alors, les objets<br />
usuels étaient anonymes et de qualité médiocre ; avec le Liberty, des objets<br />
nouveaux et différents sont proposés, élégants et raffinés. La Fabrique de<br />
céramiques italiennes de Laveno en fut le protagoniste principal.<br />
Les artistes du Liberty<br />
Silvio Gambini (1877-1948)<br />
Dans la première décennie du siècle, il collabore avec de nombreuses<br />
revues d’architecture, remportant le prix à l’exposition agricole, industrielle<br />
et artistique d’Oleggio en 1906. Entre 1906 et 1908, il collabore avec<br />
Sommaruga. Il publie, en 1911, 35 dessins pour des portes et des balcons<br />
dans l’article “Ferronneries modernes. Idées et esquisses”.<br />
Alessandro Mazzucotelli (1865-1938)<br />
Après avoir travaillé dans l’atelier de maréchal-ferrant de son père ,<br />
Mazzucotelli commence à étudier le dessin et l’architecture. En raisons<br />
d’un revers de fortune familial, il doit abandonner ses études, et ouvre à<br />
Milan son propre atelier. Suiveur convaincu de l’art nouveau, il est<br />
récompensé d’un prix à l’exposition de Turin en 1902. Il collabore<br />
principalement avec Sommaruga. Il est professeur à Milan, à l’école<br />
Umanitaria, à partir de 1903.<br />
Giuseppe Sommaruga (1867-1917)<br />
Élève de Camillo Boito, à la Brera, éduqué dans le style éclectique de<br />
son maître, il s’en distancie, choisissant le modernisme. Parmi ses chefd’œuvres<br />
: le Palais Castiglioni de Milan (1901-1903), le Grand Hôtel<br />
Campo dei Fiori à Varèse (1908), la Villa Faccanoni à Sarnico (1907) et de<br />
nombreux édifices funéraires.<br />
Ulisse Stacchini (1871-1947)<br />
Il présente un projet pour réaliser la gare de chemin de fer de Milan<br />
Central, ce qui donne lieu à de nombreux débats et à des discussions<br />
incessantes de 1906 à 1912. Il gagne malgré tout le concours mais son<br />
projet n’est mis en pratique qu’en 1931.<br />
Varese, una provincia di confine<br />
Varese è una delle nove province della Lombardia, regione del nord<br />
dell'Italia. Nella pianura lombarda si praticano la cultura e l'allevamento<br />
intensivo, ma è soprattutto sede di numerose industrie (metallurgiche,<br />
tessili, chimiche).<br />
La città è situata ai piedi delle Alpi tra il lago Maggiore e il lago di<br />
Como, all'innesto delle valli svizzere ed è tagliata a nord dalla linea della<br />
montagna del Campo dei Fiori.<br />
Lo sviluppo d’infrastrutture per il “relax” a Varese<br />
Questo scenario naturale straordinario favorisce il turismo e attira<br />
una popolazione agiata, formata dall'antica nobiltà e dalla borghesia<br />
nascente. Complessi alberghieri e ville maestose, disseminate nel<br />
paesaggio, sono costruiti in uno stile omogeneo. Una classe media<br />
dinamica e proiettata verso il futuro fa progettare palazzi in città. Le<br />
fabbriche in periferia, i grandi alberghi, ville e villette sparse su tutta la<br />
provincia servite da un’efficiente rete ferroviaria e tranviaria.<br />
Questo insieme favorisce la democratizzazione del turismo e degli<br />
svaghi, consentendo alla classe media di concedersi momenti di vita<br />
raffinata.<br />
Lo stile Liberty<br />
All'inizio del XX secolo, un gruppo di architetti, Sommaruga, Stacchini<br />
e Gambini, sviluppano uno stile decisamente moderno, chiamato Liberty.<br />
Con un approccio tipicamente <strong>Art</strong> nouveau, essi fondono magistralmente<br />
gli elementi locali e tradizionali con le nuove tecnologie. Costruiscono gli<br />
immobili in pietra locale, unita ai mattoni, ispirandosi alle tradizioni<br />
antiche, associandole alla modernità. Essi progettano i numerosi edifici<br />
costruiti a Varese e nella provincia.<br />
Nell'ambiente montuoso del Campo dei Fiori l'architetto milanese<br />
Giuseppe Sommaruga realizza tra il 1910 e il 1912 il Grand Hotel Campo<br />
dei Fiori per la Società dei Grandi Alberghi. Questo esempio di Liberty si<br />
integra perfettamente nel contesto montuoso senza forzarne il ritmo.<br />
Chiamato a Varese verso la fine del XIX secolo, Sommaruga propone uno<br />
stile nuovo e internazionale in contrappunto con lo stile eclettico, che<br />
s'ispira all'arte romana, gotica e rinascimentale e che era nato dopo l'Unità<br />
d'Italia, nel 1870.<br />
Questo gruppo di architetti con vari artisti, come Giovanni Chini, sono<br />
inventori dinamici e innovativi di questo periodo. Infatti inventano la pietra<br />
artificiale e la utilizzano per gli ornati, o decori, i camini, stipiti e architravi<br />
di porte e finestre, che erano prima realizzati in marmo o in pietra.<br />
Oltre l'architettura, lo stile Liberty interessa anche le <strong>Art</strong>i decorative.<br />
E' uno degli ultimi movimenti artistici a diffusione internazionale e segna<br />
la scelta di un orientamento verso i tempi nuovi. Gli artisti abbandonano il<br />
passato e si dedicano alle arti applicate che sono al centro di tutte le<br />
attenzioni. Gli oggetti d'uso quotidiano, fino allora anonimi e di qualità<br />
mediocre, con il Liberty diventano nuovi e diversi, eleganti e raffinati. La<br />
Società di Ceramica italiana di Laveno ne fu grande protagonista.<br />
Gli artisti del Liberty<br />
Silvio Gambini (1877-1948)<br />
Collabora nel primo decennio del secolo con numerose riviste di<br />
architettura, vincendo un premio all'esposizione agricola, industriale e<br />
artistica di Oleggio nel 1906. Tra il 1906 e il 1908, collabora con<br />
Sommaruga. Nel 1911 pubblica 35 disegni per cancelli ed inferriate<br />
nell'articolo “Ferri moderni. Idee e schizzi“.<br />
Alessandro Mazzucotelli (1865-1938)<br />
Dopo aver lavorato nella bottega del padre fabbro ferraio, comincia a<br />
studiare disegno e architettura. A causa di traversie familiari, deve<br />
abbandonare gli studi e apre la sua bottega a Milano. Assertore convinto<br />
dell'<strong>Art</strong> nouveau, ottiene un premio all'esposizione di Torino nel 1902.<br />
Collabora specialmente con Sommaruga. Insegna a Milano, alla scuola<br />
Umanitaria, dal 1903.<br />
Giuseppe Sommaruga (1867-1917)<br />
Allievo di Camillo Boito, a Brera, educato nello stile eclettico del<br />
maestro, si separa da lui, scegliendo il modernismo. Tra i suoi capolavori: il<br />
Palazzo Castiglioni di Milano (1901-1903), il Grand Hotel Campo dei Fiori<br />
a Varese (1908), la Villa Faccanoni a Sarnico (1907) e numerose edicole<br />
funerarie.<br />
Ulisse Stacchini (1871-1947)<br />
Presenta un progetto per la stazione ferroviaria di Milano Centrale,<br />
che è fonte di numerosi dibattiti e discussioni infinite dal 1906 al 1912.<br />
Nonostante tutto vince il concorso, ma il suo progetto è messo in opera<br />
solo nel 1931.
2<br />
15<br />
1<br />
3<br />
4<br />
5<br />
1 Restorer cleaning a metal work of<br />
the church at Steinhof Hospital,<br />
Otto Wagner, 1903-1907<br />
2 Joseph Maria Olbrich, Secession,<br />
exhibition hall in Vienna,<br />
1897-1898,<br />
3 Otto Wagner, Postal Saving Bank,<br />
Wien, 1904-1906<br />
4 Karl Adalbert Fischl residential<br />
building, 1905<br />
5 Julius and Wunibald Deininger,<br />
School building, 1908-1910<br />
Wien, Österreich<br />
Il contesto politico ed economico<br />
Nel 1867, Francesco Giuseppe I, imperatore d’Austria, accetta un<br />
compromesso politico che sfocia nella creazione dell’Impero Austro-<br />
Ungarico. Questo compromesso è la risposta alle rivendicazioni degli<br />
Ungheresi che, dal 1848, chiedono il riconoscimento della loro identità in<br />
seno all’Impero. L’Ungheria, fino allora provincia sottoposta all’Austria,<br />
diventa uno Stato autonomo all’interno dell’Impero. Francesco Giuseppe I,<br />
imperatore d’Austria, è anche re d’Ungheria. Da questa data, l’Impero ha<br />
due capitali: Vienna per l’Austria, e Budapest per l’Ungheria.<br />
Nonostante i disordini politici, Vienna riesce ad avere la stessa vitalità<br />
economica delle altre capitali europee. La costruzione di un viale circolare,<br />
il “ring”, fa di Vienna una metropoli europea. Tuttavia, con l’affluenza<br />
massiccia di nuovi arrivi, la città deve affrontare il problema della<br />
sovrappopolazione, soprattutto quello della mancanza di alloggi. Si assiste<br />
al sorgere di una società a due velocità: una parte della popolazione si<br />
impoverisce, mentre la borghesia, conformista e conservatrice, continua ad<br />
avere fiducia nel progresso.<br />
Molte persone colgono l’esistenza di un vuoto intellettuale in seno<br />
alla società. Gli artisti non pensano di poter cambiare questa situazione,<br />
ma sono convinti di essere in grado di creare un luogo a parte, dove la<br />
bellezza, l’arte e la spiritualità possono far parte del quotidiano.<br />
Il movimento della secessione<br />
Negli ultimi anni del XIX secolo, diciannove artisti – pittori,<br />
disegnatori, scultori e architetti – decidono che è tempo per loro di creare<br />
qualche cosa di veramente nuovo. Gustave Klimt, Koloman Moser, Joseph<br />
Hoffman, Joseph-Marie Olbrich esprimono il loro disaccordo nei confronti<br />
delle accademie, delle associazioni d’artisti e del gusto conservatore dei<br />
committenti (i clienti). Questi giovani artisti pensano che l’arte troppo a<br />
lungo si è ispirata agli esempi del passato, nel quale non trovano più alcun<br />
interesse. Per loro, l’arte deve essere nuova, diversa e moderna. Questi<br />
artisti cercano o trovano la loro ispirazione in tutto ciò che considerano<br />
reale, naturale e conservato: la natura, il mondo dei miti, l’arte delle culture<br />
straniere, l’arte popolare e i lavori dei giovani colleghi d’altre capitali<br />
europee che seguono la stessa corrente di pensiero.<br />
Ecco perché questi diciannove artisti lasciano con fragore l’antica<br />
scuola d’arte e l’associazione degli artisti austriaci per fondarne una<br />
propria, la Secessione. La versione viennese del movimento internazionale<br />
<strong>Art</strong> nouveau e una costruzione di Vienna hanno preso questo nome.<br />
Per le esposizioni secessioniste, l’architetto Joseph-Marie Olbrich<br />
progetta una costruzione rivoluzionaria, completamente bianca, e incoronata<br />
da una cupola forgiata, dorata di foglie d’alloro e di bacche. Il nuovo edificio<br />
secessionista è presto oggetto di discussione e anche di scandalo, perché il<br />
suo progetto non ne indica la destinazione. Si tratta allo stesso tempo di un<br />
immobile che illustra i valori simbolici del movimento e di un atrio<br />
d’esposizione senza finestre, ma con grandi e alti muri bianchi, che ricordano<br />
i templi o le camere funerarie. L’iscrizione sopra l’entrata recita: “Al tempo, la<br />
sua arte; All’arte, la sua libertà”. Il movimento della Secessione pubblica<br />
anche una rivista chiamata Ver Sacrum, Primavera Sacra.<br />
Questo movimento riunisce esempi dell’arte contemporanea europea,<br />
perché tutta l’Europa è alla ricerca di novità.<br />
I giovani artisti europei sono particolarmente attratti dalle arti<br />
dell’Estremo Oriente, soprattutto del Giappone. Il lavoro dei colleghi<br />
scozzesi è particolarmente importante per la Secessione viennese. Una<br />
mostra delle opere di Charles Rennie Mcintosch di Glasgow fa una tale<br />
impressione, che spinge tutta la progettazione degli artisti viennesi verso<br />
l’uso di forme semplici, a scapito delle forme curve e della decorazione con<br />
fiori e piante utilizzati fino allora.<br />
Gli artisti della Secessione<br />
Lo stile scozzese esercita un’influenza particolare sul disegno e<br />
l’architettura. Così, Joseph Hoffman progetta un mobile geometrico e<br />
lineare di eccellente qualità artigianale. Egli fonda i Wiener Wekstätte<br />
(atelier Viennesi), specializzati nella progettazione di oggetti quotidiani di<br />
alta qualità.<br />
Otto Wagner è il nuovo architetto di questo periodo. Utilizza<br />
tecnologie recentissime, come le costruzioni in ferro e cemento, e materiali<br />
nuovi, come il ferro, il vetro, la ceramica e l’alluminio. Per il suo interesse<br />
per le tecnologie che diverranno in seguito le basi dell’urbanistica moderna,<br />
egli va ben oltre l’<strong>Art</strong> nouveau. Costruisce ospedali, banche, immobili<br />
d’abitazione e le stazioni sotterranee della metropolitana di Vienna.<br />
Nei loro dipinti e nei loro disegni, Gustave Klimt e Egon Schiele<br />
dipingono figure umane dalla nudità sensuale, senza i costumi storici o<br />
mitologici tradizionali, e provocano numerosi scandali rompendo questo<br />
tabù. La psicanalisi di Sigmund Freud, che rivela l’esistenza e il ruolo<br />
dell’inconscio, ha preparato il terreno a queste opere d’arte problematiche,<br />
ma anche liberatrici.<br />
Molti artisti hanno subito l’influenza di questo movimento artistico e<br />
vi si sono associati. Alcuni sono stati formati da Otto Wagner, come lo<br />
sloveno Joze Plecnik o il ceco Jan Kotera. Essi consentono così alla nuova<br />
arte di penetrare in altri paesi. Gli oppositori stessi dello stile della<br />
Secessione, come l’architetto e designer Adolph Loos, traggono profitto dai<br />
nuovi principi di design.<br />
Die politischen und wirtschaftlichen Zusammenhänge<br />
Im Jahr 1867 kommt es unter Kaiser Franz Joseph I. zu einem<br />
politischen Ausgleich, der in der Gründung der Doppelmonarchie<br />
Österreich-Ungarn mündet. Mit diesem Ausgleich kommt man den<br />
Forderungen der Ungarn nach, die seit 1848 die Gleichberechtigung ihrer<br />
Nationalität innerhalb des Reiches verlangen. Trotz politischer Turbulenzen<br />
erlebt Wien damals denselben wirtschaftlichen Aufschwung wie die<br />
übrigen Hauptstädte Europas. Durch einen massiven Zuwanderungsstrom<br />
sieht sich die Stadt jedoch mit den daraus resultierenden Problemen,<br />
besonders mit dem einer Wohnungsnot, konfrontiert.<br />
Die Bewegung der Secession<br />
In den letzten Jahren des 19. Jahrhunderts finden neunzehn junge<br />
Künstler - Maler, Grafiker, Bildhauer und Architekten - , dass es an der Zeit<br />
wäre, endlich einmal etwas wirklich Neues zu machen. Gustav Klimt,<br />
Kolo Moser, Josef Hoffmann, Joseph Maria Olbrich und weitere Maler,<br />
Architekten und Bildhauer, die meisten im Alter zwischen 25 und 35<br />
Jahren, haben genug von der Bevormundung durch die Akademien und die<br />
Künstlervereine und vom konservativen Geschmack der Auftraggeber. Ihrer<br />
Meinung nach hat die Kunst schon viel zu lange Vorbilder aus ihrer eigenen<br />
Vergangenheit wiederholt. Ihre Vorbilder suchen und finden die Künstler in<br />
allem, was sie für echt, ursprünglich und unverbraucht halten: in der Natur,<br />
in der Welt der Mythen, in der Kunst außereuropäischer Kulturen und in der<br />
Volkskunst - und nicht zuletzt in den Arbeiten der jungen Kollegen in den<br />
anderen europäischen Hauptstädten, die ebenso fühlen wie sie.<br />
Die neunzehn jungen Künstler verlassen also unter Protest das<br />
altehrwürdige Künstlerhaus und gründen ihren eigenen Verein, die<br />
Secession, was soviel wie Abtrennung bedeutet. Nach dieser<br />
Künstlergruppe und ihrem Gebäude, das ebenfalls Secession heißt, ist die<br />
Wiener Variante des internationalen Phänomens Jugendstil benannt.<br />
Die neue Künstlervereinigung macht bald durch ein neues Haus von<br />
sich reden. Der Architekt Joseph Maria Olbrich entwirft für die<br />
Ausstellungen der Secession ein Gebäude, wie man es noch nie gesehen<br />
hat: blendend weiß, von einer Kuppel aus vergoldetem Laubwerk bekrönt.<br />
Das Gebäude ist ein Skandal, schon deshalb, weil seine Form keinen<br />
Hinweis auf seine Funktion gibt. Halb Repräsentationsbau mit Symbolwert,<br />
halb Ausstellungshalle, fast fensterlos und von weiten, glatten, weißen<br />
Flächen begrenzt, erinnert es an Tempel und Grabbauten. Über dem<br />
Eingang steht "Der Zeit ihre Kunst, der Kunst ihre Freiheit". Die Secession<br />
gibt auch eine eigene Zeitschrift mit der Titel Ver Sacrum (Heiliger Frühling)<br />
heraus.<br />
In der Secession wird zeitgenössische Kunst aus ganz Europa gezeigt,<br />
denn die jungen Künstler haben fast überall den Aufbruch in eine neue Zeit<br />
ausgerufen. Es gibt aber auch außereuropäische Kunst zu sehen; vor allem<br />
die exotische Kunst Asiens, insbesondere Japans mit ihrer flächigen<br />
Gestaltung faszinierte die Europäer. Besonders wichtig wurde für die<br />
Wiener Secession die Leistung der schottischen Kollegen. Eine Ausstellung<br />
mit Arbeiten von Charles Rennie Mackintosh aus Glasgow hat einen so<br />
tiefen Eindruck hinterlassen, dass die Wiener Künstler danach die ebenso<br />
eleganten wie einfachen Formen des Schotten den bis dahin modernen,<br />
geschwungenen Formen mit Blumen- und Pflanzendekor vorziehen.<br />
Die Künstler der Secession<br />
Der schottische Stil übt einen besonderen Einfluss auf Design und<br />
Architektur aus. So entwirft Josef Hoffmann geometrische und geradlinige<br />
Möbel in bester handwerklicher Ausführung und gründet die "Wiener<br />
Werkstätte", die sich auf besonders schöne, handgefertigte Gebrauchsgegenstände<br />
spezialisiert. Der Stararchitekt der Zeit ist Otto Wagner. Er<br />
verwendet ganz neue Technologien, wie den Eisenbetonbau, und neue<br />
Materialien, wie Eisen, Glas, Keramik und Aluminium. Mit seinem Einsatz<br />
für neue Technologien, die zur Grundlage eines wirklich modernen,<br />
großstädtischen Lebens werden sollten, geht er über den Jugendstil bereits<br />
weit hinaus. In Wien baut er Spitäler, Banken, Mietshäuser und eine<br />
moderne Stadtbahn. Gustav Klimt und Egon Schiele stellen in Malerei und<br />
Grafik die nackte, sinnliche menschliche Figur ohne historische oder<br />
mythologische Verkleidung dar und verursachen mit ihren Tabubrüchen<br />
mehrere Kunstskandale. Den Weg für diese ebenso problematischen wie<br />
befreienden Darstellungen haben die gleichzeitig entstandene<br />
Psychoanalyse des Sigmund Freud, die verschiedenen Lebensreform-<br />
Bewegungen und eine freizügige Literatur, wie z.B. die Texte <strong>Art</strong>hur<br />
Schnitzlers, vorbereitet.<br />
Viele Künstler werden von der damals herrschenden künstlerischen<br />
Aufbruchsstimmung mitgerissen oder beeinflusst. Dazu gehören die<br />
jungen Architekten, die von Otto Wagner ausgebildet werden, wie z.B. der<br />
Slowene Joze Plecnik oder der Tscheche Jan Kotéra. Sie tragen die neue<br />
Kunst in andere Länder weiter. Sogar die Gegner der Secession, wie der<br />
Architekt und Designer Adolf Loos, profitieren von der Auseinandersetzung<br />
mit den neuen Gestaltungsprinzipien.
With the support of the Culture 2000<br />
Programme of the European Union /<br />
Avec le soutien du Programme<br />
Culture 2000 de l’Union européenne<br />
In collaboration with the<br />
European Route of Modernism /<br />
En collaboration avec la Route<br />
européenne du Modernisme<br />
With the participation of /<br />
Avec la participation de<br />
www.artnouveau-net.com<br />
www.ecole-de-nancy.com<br />
publication’s coordination /<br />
coordination de la publication :<br />
Béatrice Hanin-Rochais, Céline L’Huillier<br />
et Nathalie Vergès, Nancy<br />
coordination office /<br />
bureau de coordination :<br />
Réseau <strong>Art</strong> <strong>Nouveau</strong> <strong>Network</strong><br />
Elisabeth Horth, Sam Plompen<br />
et Manoëlle Wasseige, Bruxelles<br />
graphic design and making off /<br />
conception graphique et réalisation :<br />
Ithaque design graphique, Nancy<br />
Informazioni pratiche<br />
Il progetto dell’<strong>Art</strong> nouveau,<br />
una mostra itinerante<br />
Il patrimonio dell’<strong>Art</strong> nouveau, come noi lo conosciamo oggi, è il<br />
risultato di numerose vicende. Accanto alle grandi testimonianze<br />
dell’architettura o delle arti applicate di questo periodo, ormai protette<br />
nelle città e nei musei, esiste una moltitudine di progetti mai realizzati, o<br />
effimeri, d’opere distrutte, o di edifici dimenticati che, in certi casi, ricevono<br />
attualmente nuove destinazioni. E’ a questo tema inedito che la mostra è<br />
dedicata.<br />
Itinerario della mostra<br />
Terrassa 9.5.2003 > 22.6.2003<br />
Bruxelles 10.7.2003 > 12.10.2003<br />
Provincia di Varese 6.11.2003 > 4.1.2004<br />
Barcelona 29.1.2004 > 28.3.2004<br />
Nancy 22.4.2004 > 20.6.2004<br />
Glasgow 4.11.2004 > 23.1.2005<br />
Alesund 15.7.2004 > 10.10.2004<br />
Helsinski 17.2.2005 > 17.4.2005<br />
Riga 12.5.2005 > 10.7.2005<br />
Wien 4.8.2005 > 2.10.2005<br />
Budapest 21.10.2005 > 18.12.2005<br />
Ljubljana 19.1.2006 > 19.3.2006<br />
Avignon 13.4.2006 > 25.6.2006<br />
Programma delle manifestazioni<br />
dell’<strong>Art</strong> nouveau<br />
Mesi di studio dell’<strong>Art</strong> nouveau (maggio 2003 e maggio 2004)<br />
Al fine di promuovere la conoscenza dell’<strong>Art</strong> nouveau tra i giovani in<br />
età scolare, ogni città partner della Rete organizza per un mese eventi<br />
specifici come pubblicazioni, animazioni e visite guidate.<br />
Pubblicazioni della Rete <strong>Art</strong> nouveau<br />
L’<strong>Art</strong> nouveau in Europa oggi. Stato dei luoghi – 2000<br />
Quest’opera, illustrata da fotografie inedite, offre un’analisi critica<br />
della situazione del patrimonio <strong>Art</strong> nouveau nelle città partner della Rete,<br />
nonché una serie di suggerimenti rivolti a migliorare le politiche di tutela<br />
e di valorizzazione di questo patrimonio in Europa. Il libro è stato<br />
pubblicato in inglese e in francese.<br />
Atti del convegno: “Il progetto <strong>Art</strong> nouveau”, Vienna, ottobre 2002<br />
Questa pubblicazione riprende l’insieme delle conferenze del convegno<br />
che hanno presentato per ogni città partner progetti mai realizzati,<br />
dimenticati o scomparsi.<br />
L’insieme dei testi è stato pubblicato in una versione bilingue, in<br />
inglese e in francese.<br />
Giornale dell’<strong>Art</strong> nouveau – 2003<br />
Questo giornale destinato ai giovani tra i 15 e i 18 anni presenta un<br />
panorama dell’<strong>Art</strong> nouveau in Europa: il contesto della sua diffusione, le<br />
sue caratteristiche, i suoi artisti e le loro realizzazioni nelle diverse città<br />
partner.<br />
Il giornale è distribuito nel mese di maggio nell’ambito del Mese di<br />
studio dell’<strong>Art</strong> nouveau.<br />
Carnet delle attività - 2003<br />
Una serie di giochi e di esercizi invita gli allievi più giovani della<br />
scuola primaria ad un viaggio europeo attraverso il patrimonio <strong>Art</strong><br />
nouveau di tutte le città partner.<br />
Il carnet delle attività è distribuito nel mese di maggio<br />
nell’ambito del Mese di studio dell’<strong>Art</strong> nouveau.<br />
Il progetto <strong>Art</strong> nouveau – 2003<br />
L’opera segue la mostra presentando gli studi delle vicende di<br />
alcuni progetti esposti nella mostra. Il libro è stato pubblicato in una<br />
versione unica bilingue, in inglese e in francese.<br />
Un libro-manifesto che riprende gli elementi più ludici della<br />
mostra è stato realizzato per i giovani visitatori.