Gessi, Berlingiero - Opac - Università degli Studi di Urbino
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Nota introduttiva<br />
Il manoscritto ‘<strong>Urbino</strong> 81’<br />
Il manoscritto conservato dalla Biblioteca Centrale Umanistica dell’<strong>Università</strong> <strong>degli</strong><br />
<strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong> «Carlo Bo» con segnatura <strong>di</strong> collocazione ‘<strong>Urbino</strong> 81’ fa parte della<br />
sezione ‘Volumi’ del c. d. Fondo del Comune, ed è costituito da 436 pagine, delle<br />
quali le prime 12, non numerate, contengono il frontespizio dell’opera e<br />
l’introduzione <strong>di</strong> Antonio Rosa intitolata Agli amici concitta<strong>di</strong>ni (datata <strong>Urbino</strong> 1<br />
settembre 1801), le ultime 3 risultano bianche e non numerate, mentre il corpo<br />
principale del volume consta <strong>di</strong> 421 pagine, recanti l’antica numerazione da 1 a 421 e<br />
contenenti un carteggio costituito per lo più da lettere inviate alla curia pontificia dal<br />
governatore ecclesiastico <strong>Berlingiero</strong> <strong>Gessi</strong> negli anni 1625 - 1627.<br />
Dopo il primo fascicolo e prima dell’ultimo, entrambi <strong>di</strong> 6 carte, si trovano le<br />
imbraghettature delle risguar<strong>di</strong>e incollate ai piatti della legatura in cartone.<br />
Per quel che riguarda lo stato <strong>di</strong> conservazione, tutto sommato abbastanza buono, si<br />
osserva il fenomeno - non infrequente nei manoscritti antichi – in base al quale<br />
l’aci<strong>di</strong>tà <strong>degli</strong> inchiostri ferrosi, a motivo dei noti fenomeni ossidativi, provoca<br />
un’espansione delle lettere sulla pagina, dando così origine ad un processo<br />
degenerativo che vede in primo luogo l’effetto <strong>di</strong> controstampa, e come esito finale la<br />
bruciatura del supporto cartaceo e l’inevitabile per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> parti del testo; l’attuale stato<br />
<strong>di</strong> conservazione è – come già detto - complessivamente <strong>di</strong>screto, tuttavia non<br />
mancano pagine abbastanza rovinate (v. a mero titolo <strong>di</strong> esempio le pp. 237, 238,<br />
399), ed il paragone con documenti similari induce a prevedere un destino <strong>di</strong> graduale<br />
anche se lento deterioramento.<br />
La trascrizione del testo si configura quin<strong>di</strong> come una non inopportuna azione <strong>di</strong><br />
tutela, utile anzi in tutti quei casi in cui non sia irrinunciabile l’esame <strong>di</strong>retto del<br />
manoscritto.
Volendo riassumere brevemente le vicende relative alla realizzazione del manoscritto<br />
in esame, lumeggiate da Antonio Rosa nel suo scritto in<strong>di</strong>rizzato ai concitta<strong>di</strong>ni<br />
urbinati, va detto che il senatore bolognese Filippo Ercolani acquistò dagli ere<strong>di</strong><br />
dell’estinta famiglia <strong>Gessi</strong> i volumi manoscritti contenenti le copie delle lettere che<br />
monsignor <strong>Berlingiero</strong> inviò alla curia romana, riguardanti gli affari della nunziatura<br />
<strong>di</strong> Venezia ed il successivo governo del ducato <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>.<br />
Nel 1801 - stando alla data dell’introduzione suddetta – Antonio Rosa ebbe la<br />
possibilità <strong>di</strong> copiare (tuttavia tagliando o accorciando molto spesso le parti<br />
preliminari e/o finali) le lettere relative al governo <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>, e <strong>di</strong> realizzare quello<br />
che oggi è conosciuto come manoscritto ‘<strong>Urbino</strong> 81’.<br />
Criteri <strong>di</strong> trascrizione<br />
Allo scopo <strong>di</strong> rendere più agevole la fruizione del testo, nella trascrizione è parso<br />
ragionevole seguire un criterio decisamente e fortemente modernizzante,<br />
intervenendo soprattutto sulla punteggiatura che, se lasciata inalterata, avrebbe reso<br />
piuttosto <strong>di</strong>sagevole la decifrazione del contenuto.<br />
A mero titolo <strong>di</strong> esempio va detto che le acca utilizzate nel quadro <strong>di</strong> una grafia<br />
meramente etimologica, all’epoca molto <strong>di</strong>ffusa, sono state soppresse, pertanto ‘mi<br />
<strong>di</strong>sse haver’ è stato trascritto ‘mi <strong>di</strong>sse aver’, ‘hieri’ è stato trascritto ‘ieri’, ‘hora’ è<br />
stato trascritto ‘ora’, ‘humilissimamente’ è stato trascritto ‘umilissimamente’,<br />
‘Christofaro’ è stato trascritto ‘Cristofaro’.<br />
Tra parentesi quadra, nel testo, sono stati riportati gli interventi del trascrittore, ridotti<br />
al minimo per le ragioni sopra esposte: ad esempio, non è stato inserito il ‘sic’ dopo<br />
le numerose forme linguistiche non coincidenti con le regole attualmente in uso<br />
(un’altro, un altra, dasse, facci, ecc.).
Gli accenti sono stati usati secondo le modalità attuali, pertanto ‘poichè’ è stato<br />
trascritto ’poiché’.<br />
È parso quanto mai opportuno ridurre – per ragioni <strong>di</strong> sobrietà – la grande<br />
sovrabbondanza <strong>di</strong> lettere maiuscole.<br />
Si evidenzia infine l’inserimento <strong>di</strong> alcune note esplicative in tutti quei casi in cui<br />
poteva essere supposta una lontananza considerevole tra il testo e l’ipotetico lettore<br />
attuale.<br />
Il contesto storico<br />
Gli anni in cui furono scritte tutte le lettere che compongono il carteggio in esame,<br />
vale a <strong>di</strong>regli anni dal 1625 al 1627, appartengono al periodo dell’irreversibile<br />
decadenza della città <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>, quando già lontani erano i ricor<strong>di</strong> della prosperità<br />
economica ricollegata alle condotte militari <strong>di</strong> Federico da Montefeltro.<br />
Dopo la morte della prima moglie, Lucrezia d'Este, Francesco Maria II della Rovere<br />
si risposò, spinto dalla ragion <strong>di</strong> stato, con sua cugina Livia Della Rovere, che gli<br />
<strong>di</strong>ede quasi miracolosamente Federico Ubaldo, il sospirato erede.<br />
Avendo il timore <strong>di</strong> lasciare – alla sua morte - suo figlio ed il ducato in balìa <strong>degli</strong><br />
intrighi della Santa Sede, Francesco Maria II creò un consiglio <strong>di</strong> stato <strong>di</strong> otto<br />
membri, un organo consultivo, pronto peraltro a trasformarsi in comitato <strong>di</strong> reggenza.<br />
Tuttavia, nel 1623 il principe d’<strong>Urbino</strong> Federico Ubaldo morì prematuramente, all’età<br />
<strong>di</strong> 18 anni: sembra che il decesso fosse da ricondurre ad un semplice soffocamento <strong>di</strong><br />
catarro, ma non manca chi sostiene che Federico Ubaldo della Rovere fu ucciso dai<br />
Me<strong>di</strong>ci, non <strong>di</strong>sposti a perdonargli le offese gravi fatte alla moglie Clau<strong>di</strong>a de’<br />
Me<strong>di</strong>ci, tanto più che - nel periodo imme<strong>di</strong>atamente precedente la morte - furono<br />
avvistati sei uomini sconosciuti, <strong>di</strong> pronuncia toscana, aggirarsi per le vie <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>.
A questo punto, estinguendosi la linea maschile dei Della Rovere, gli aspiranti al<br />
possesso del Ducato <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong> erano sostanzialmente tre:<br />
l’austriaco Fer<strong>di</strong>nando II d’Asburgo, Imperatore del Sacro Romano Impero dal 1619<br />
al 1637, che ebbe ad offrire 1'investitura del Montefeltro a Vittoria Feltria della<br />
Rovere (Pesaro, 7 febbraio 1622 - Pisa, 5 marzo 1694), ultima <strong>di</strong>scendente ed erede<br />
dei Della Rovere, duchi <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>, in quanto figlia <strong>di</strong> Federico Ubaldo della Rovere e<br />
Clau<strong>di</strong>a de' Me<strong>di</strong>ci;<br />
i Me<strong>di</strong>ci, forti del fatto che la suddetta Vittoria Feltria della Rovere era già fidanzata<br />
(all’età <strong>di</strong> un anno) col cugino tre<strong>di</strong>cenne Fer<strong>di</strong>nando II de' Me<strong>di</strong>ci, futuro Granduca<br />
<strong>di</strong> Toscana;<br />
la Sede Apostolica, l’aspirante più invadente, autorevole ed interessata, incarnata dal<br />
papa Urbano VIII, inflessibile tutore dei <strong>di</strong>ritti ecclesiastici, che da un punto <strong>di</strong> vista<br />
giuri<strong>di</strong>co si faceva forte <strong>di</strong> un breve apostolico <strong>di</strong> papa Pio II che a suo tempo aveva<br />
posto in essere un’infeudazione in piena regola, concedendo <strong>Urbino</strong> al duca Federico<br />
per i servizi resi nella guerra contro i Malatesta <strong>di</strong> Rimini.<br />
Come evidenziato da Antonio Corra<strong>di</strong>ni nella sua opera manoscritta intitolata<br />
Supplemento alla serie <strong>di</strong> vescovi ed arcivescovi <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong> (Biblioteca Universitaria<br />
<strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>, Fondo del Comune, manoscritto ‘<strong>Urbino</strong> 43’), Ottavio Accoramboni<br />
(fratello <strong>di</strong> Vittoria Accoramboni, protagonista <strong>di</strong> una delle Cronache italiane <strong>di</strong><br />
Stendhal, intitolata appunto Vittoria Accoramboni, Duchessa <strong>di</strong> Bracciano) nel 1623<br />
rinunziò alla carica <strong>di</strong> arcivescovo <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>, ufficialmente per motivi <strong>di</strong> salute, in<br />
realtà perché Urbano VIII volle sostituirlo con Paolo Emilio Santorio, affinché<br />
quest’ultimo potesse operare meglio del suo anziano predecessore per preparare il<br />
terreno alla devoluzione del ducato <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong> alla Santa Sede.<br />
Un co<strong>di</strong>ce latino (segnatura attuale N. 5996, antica LXVII - 33) dell’ex Biblioteca<br />
Barberini, attualmente conservato dalla Biblioteca Apostolica Vaticana, contiene le<br />
lettere segretamente informative riguardanti le varie iniziative (insi<strong>di</strong>e, coercizioni
morali, spionaggio, corruzione) miranti alla devoluzione dello stato <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong> alla<br />
Sede Apostolica.<br />
Ad esempio il Santorio venne a conoscenza – me<strong>di</strong>ante trame spionistiche – del<br />
tentativo, fatto da Francesco Maria II della Rovere, <strong>di</strong> rendere la principessa Vittoria<br />
erede <strong>di</strong> tutti i beni <strong>di</strong> casa della Rovere, e suggerì al papa <strong>di</strong> trattare <strong>di</strong>rettamente con<br />
i Me<strong>di</strong>ci per sventare il colpo <strong>di</strong> mano (trattative che evidentemente ebbero buon<br />
esito).<br />
A tale riguardo va osservato che anticamente non era infrequente che sorgessero<br />
spinose questioni relative alla separazione dei beni allo<strong>di</strong>ali (posseduti in piena<br />
proprietà) dai beni feudali (ricevuti in concessione da un superiore, dopo un<br />
giuramento <strong>di</strong> fedeltà); Francesco Maria II, operando evidentemente in pro <strong>di</strong> sua<br />
nipote, tentò senza successo <strong>di</strong> forzare la situazione, considerando il ducato <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong><br />
nella sua interezza come bene allo<strong>di</strong>ale dei della Rovere.<br />
In ogni caso, a seguito delle innumerevoli pressioni, esercitate sul territorio dai<br />
vescovi del ducato, l’anziano Francesco Maria II si risolse a fare una donazione inter<br />
vivos del suo ducato alla chiesa, per evitare equivoci e contrasti al momento della sua<br />
morte, e nel frattempo chiese egli stesso al papa l'invio d'un governatore, <strong>di</strong> talché<br />
giunse, nel gennaio del 1625, il car<strong>di</strong>nal <strong>Berlingiero</strong> <strong>Gessi</strong>.<br />
I protagonisti<br />
Francesco Maria II della Rovere<br />
Francesco Maria II della Rovere, (Pesaro, 20 febbraio 1549 – Casteldurante, 28 aprile<br />
1631), fu il sesto ed ultimo duca <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>, unico figlio maschio del duca Guidubaldo<br />
e <strong>di</strong> Vittoria, figlia del duca <strong>di</strong> Parma Pierluigi Farnese.<br />
Fu inviato se<strong>di</strong>cenne – per esservi educato - alla corte <strong>di</strong> Spagna, alla quale rimase<br />
sempre legato, ma poi fu richiamato a <strong>Urbino</strong> per sottrarlo al pericolo d'un
matrimonio d’amore non conveniente da un punto <strong>di</strong> vista economico, e consegnarlo<br />
alle poco felici nozze con Lucrezia d'Este, <strong>di</strong> 15 anni più vecchia.<br />
La sua amministrazione della città venne improntata alla parsimonia, al rigore, alla<br />
severità, alla giustizia, alla religiosità con<strong>di</strong>ta da una devozione spagnolesca nella sua<br />
ostentazione, ma anche rigorosa nell’allontanare le indebite intromissioni della curia<br />
romana: ad esempio proibì le soperchierie antiebraiche, malgrado la vigenza anche<br />
nel Ducato, in quanto feudo della Chiesa, della feroce bolla <strong>di</strong> Pio V Hebraeorum<br />
gens, del 1569, che <strong>di</strong> fatto perseguitava gli ebrei con la chiusura <strong>di</strong> tutti i ghetti dello<br />
Stato Pontificio, eccezion fatta per quelli <strong>di</strong> Roma e Ancona.<br />
Il suo <strong>di</strong>ario ci è testimone delle sue letture sistematiche, ancorché prive <strong>di</strong><br />
elaborazioni originali, mentre da un punto <strong>di</strong> vista emotivo i suoi più o meno<br />
in<strong>di</strong>fferenti appunti cronachistici sembrano alludere ad un’esistenza dominata dalla<br />
spasmo<strong>di</strong>ca tensione alla rimozione dei fasti<strong>di</strong> della vita ed al riba<strong>di</strong>mento delle sue<br />
coriacee abitu<strong>di</strong>ni.<br />
<strong>Berlingiero</strong> <strong>Gessi</strong><br />
<strong>Berlingiero</strong> <strong>Gessi</strong> (Bologna, 14 ottobre 1564 – Roma, 6 aprile 1639 all’età <strong>di</strong> 75 anni,<br />
da non confondere con <strong>Berlingiero</strong> <strong>Gessi</strong> juniore, nato nel 1613 e deceduto nel 1671,<br />
autore <strong>di</strong> alcune opere presenti ai cataloghi <strong>di</strong> numerose biblioteche italiane),<br />
giurisperito addottoratosi presso l’ateneo della sua città natale, giocò un ruolo<br />
abbastanza importante nell’ambito della storia <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>: infatti, sessantenne, venne<br />
nominato primo governatore eccelsiastico <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>, quando Francesco Maria II si<br />
era ritirato presso la corte <strong>di</strong> Castel Durante.<br />
Le lettere che costituiscono l’oggetto del presente esame trattano argomenti <strong>di</strong>versi,<br />
spesso calati in una quoti<strong>di</strong>anità minuta e frammentaria: non mancano gli episo<strong>di</strong><br />
aventi un carattere aneddotico - curioso, come quello del me<strong>di</strong>co Giulio Od<strong>di</strong>,<br />
licenziato perché non acconsentì al desiderio del duca Francesco Maria II della
Rovere <strong>di</strong> indurre il vomito (‘il vomito sforzato e volontario’) non più due volte al<br />
mese (come da precedente abitu<strong>di</strong>ne), bensì due volte al giorno.<br />
Per ciò che concerne invece le questioni maggiormente approfon<strong>di</strong>te e più<br />
frequentemente <strong>di</strong>battute dal <strong>Gessi</strong> durante il suo governo del Ducato <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>, si<br />
ricordano:<br />
le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> salute del duca Francesco Maria II della Rovere, seguite con un’ansia<br />
palpitante ed evidentemente non <strong>di</strong>sinteressata (la podagra, la renella, il catarro, ecc.);<br />
il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> passaggio <strong>di</strong> truppe armate nel territorio urbinate;<br />
i <strong>di</strong>ssapori, personali ed a tratti abbastanza meschini, con l’arcivescovo <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong><br />
Paolo Emilio Santorio;<br />
il contributo militare che il duca era tenuto a fornire alla Spagna in cambio del suo<br />
sostegno, con gli annessi problemi <strong>di</strong> leva (gli abitanti del territorio urbinate<br />
<strong>di</strong>mostravano <strong>di</strong> aver completamente <strong>di</strong>menticato il loro antico carattere bellicoso) e<br />
<strong>di</strong> contrasto con la neutralità dello stato pontificio;<br />
l’ostilità <strong>degli</strong> urbinati, offesi dal fatto che il <strong>Gessi</strong> fissò la sua residenza, e soprattutto<br />
la c. d. au<strong>di</strong>enza (quest’ultima fonte <strong>di</strong> lauti guadagni) in luoghi <strong>di</strong>versi da <strong>Urbino</strong>.<br />
I Barberini<br />
La curia romana, destinataria delle lettere <strong>di</strong> <strong>Berlingiero</strong> <strong>Gessi</strong>, è dominata dallo<br />
strapotere dell’illustre famiglia dei Barberini, originaria <strong>di</strong> Barberino Val d’Elsa.<br />
L’esponente più famoso è Maffeo (Firenze, 5 aprile 1568 – Roma, 29 luglio 1644),<br />
che fu papa della chiesa cattolica - con il nome <strong>di</strong> Urbano VIII - per 21 anni, dal 1623<br />
alla morte.<br />
Viene ricordato come mecenate ed amico <strong>di</strong> Gianlorenzo Bernini e fu durante il suo<br />
ponfificato che venne consacrata, nel 1626, la basilica <strong>di</strong> San Pietro.
Per ciò che concerne la politica, Urbano VIII, pur essendo un accanito <strong>di</strong>fensore dei<br />
poteri e delle prerogative della chiesa, si trovò a vivere la sostanziale fine del<br />
riconoscimento internazionale del papa come arbitro al <strong>di</strong> sopra delle parti.<br />
Due fratelli <strong>di</strong> Urbano VIII giunsero a ricoprire importanti cariche, i car<strong>di</strong>nali<br />
Antonio e Carlo: quest’ultimo si trasferì a Roma con la famiglia, e <strong>di</strong>venne ben presto<br />
– a motivo dello sfrenato nepotismo - comandante supremo delle truppe papali, e due<br />
suoi figli, Francesco (1597 - 1679) e Antonio (1608 – 1671) ottennero il cappello<br />
car<strong>di</strong>nalizio, mentre un terzo figlio, Taddeo, <strong>di</strong>venne principe <strong>di</strong> Palestrina e nel 1627<br />
sposò Anna Colonna.<br />
Riferimenti bibliografici<br />
Memorie istoriche Concernenti la Devoluzione dello Stato d'<strong>Urbino</strong> alla Sede<br />
Apostolica. De<strong>di</strong>cate all'Illustrissimo, e Reueren<strong>di</strong>ssimo Monsignor Domenico<br />
Riviera Patrizio Urbinate. In Amsterdam, 1723. Secondo alcuni l’autore <strong>di</strong> questo<br />
volume anonimo in 8º stampato ‘alla macchia’ (Amsterdam è in<strong>di</strong>cazione con tutta<br />
evidenza falsa) sarebbe Paolo Emilio Santorio (1560 – 1635) arcivescovo <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong><br />
dal 1623 alla morte. Agli effetti s tratta <strong>di</strong> un volume <strong>di</strong> memorie relative ai <strong>di</strong>ssapori<br />
tra <strong>Berlingiero</strong> <strong>Gessi</strong> ed il vescovo <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong> Paolo Emilio Santorio, nel quale il<br />
Santorio viene descritto come un sant’uomo pronto a farsi promotore <strong>degli</strong> interessi<br />
<strong>degli</strong> urbinati, mentre il <strong>Gessi</strong> viene descritto come un <strong>di</strong>sonesto ed un prepotente,<br />
pronto ad incarcerare a catena tutti coloro che non avevano festeggiato in alcun modo<br />
la sua nomina a car<strong>di</strong>nale, contrariamente ai suoi desideri ed alle sue aspettative (da<br />
tutto ciò si evince la modestia <strong>degli</strong> episo<strong>di</strong> storici analizzati).<br />
Abati Olivieri Giordani, Annibale <strong>degli</strong>, Ragioni del titolo <strong>di</strong> Provincia Metaurense<br />
dato alla Legazione detta volgarmente <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>. In Napoli, 1771.<br />
La devoluzione alla S. Sede Apostolica <strong>degli</strong> Stati <strong>di</strong> Francesco Maria II. della<br />
Rovere VI. ed ultimo Duca d’<strong>Urbino</strong>, descritta da Antonio Donati nobile veneziano
ed arricchita d’annotazioni dall’Ab. D. Andrea arciprete Lazzari urbinate, in: Colucci,<br />
Giuseppe, Delle antichità picene dell'abate Giuseppe Colucci patrizio camerinese,<br />
tomo XXII: Delle antichità del me<strong>di</strong>o e dell’infimo evo, tomo VII, Ripatransone,<br />
Gruppo E<strong>di</strong>toriale Maroni, 1989 (riproduzione facsimilare dell'e<strong>di</strong>zione stampata a<br />
Fermo nel 1794).<br />
Donato, Antonio, Relazione dello Stato d'<strong>Urbino</strong>, scritta dopo la morte <strong>di</strong> Francesco<br />
Maria, ultimo duca, concernente gli avvenimenti <strong>degli</strong> ultimi suoi anni ed il<br />
passaggio dello Stato alla Chiesa nel 1631, in: Relazioni <strong>degli</strong> ambasciatori veneti al<br />
Senato, a cura <strong>di</strong> Arnaldo Segarizzi, volume secondo: Milano – <strong>Urbino</strong>, Bari, Gius.<br />
Laterza & Figli, 1913, p. 237 – 260.<br />
Bacchini, Amato, L' ultimo principe d'<strong>Urbino</strong> e le accuse a casa Me<strong>di</strong>ci.<br />
(Rievocazioni storiche e rivelazioni), Firenze, Tipografia Domenicana, 1918. In<br />
quarta <strong>di</strong> copertina: Estratto dall'Arte e Storia dell'anno 1916 - 1917 riveduto ed<br />
ampliato.<br />
Ruggeri, Romano, <strong>Urbino</strong> durante la devoluzione del Ducato in una fonte del XVII<br />
secolo, in: «<strong>Stu<strong>di</strong></strong> Urbinati / B1 - Storia Geografia, anno LV 1981 / 82», p. 79 – 102.<br />
Marcolini, Camillo, Notizie storiche della Provincia <strong>di</strong> Pesaro e <strong>Urbino</strong> dalle prime<br />
età fino al presente, 2. ed. riv. ed ampliata, Pesaro, Stab. A. Nobili, 1883.<br />
Memorie istoriche dei conti, e duchi <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong> delle donazioni, investiture e della<br />
devoluzione alla Santa Sede. Si aggiungono altre notizie, e documenti sul medesimo<br />
argomento ed una serie dei governatori, e legati, de' vescovi, ed arcivescovi <strong>di</strong> essa<br />
città. Opera del signor D. Andrea arciprete Lazzari, e <strong>di</strong> altri autori, che sono citati ai<br />
loro luoghi, Fermo, dai torchi camerali <strong>di</strong> Pallade, 1795.
INIZIO TRASCRIZIONE DEL MANOSCRITTO<br />
[I]<br />
Registro, ossia Collezione delle lettere scritte, vivente il serenissimo Francesco Maria<br />
II, duca VI ed ultimo d’<strong>Urbino</strong>, da Sua Eccellenza Reveren<strong>di</strong>ssima Monsignor<br />
<strong>Berlingiero</strong> <strong>Gessi</strong>, governatore per la Santa Sede <strong>di</strong> quell’intero Ducato, alla corte <strong>di</strong><br />
Roma, ed ai ministri <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne intorno alli vari interessi, e massime sopra le<br />
vertenze e sopra i <strong>di</strong>sturbi che precedettero la devoluzione.<br />
[II]<br />
Bianca.<br />
[III]<br />
Agli amici concitta<strong>di</strong>ni, Antonio Rosa<br />
La can<strong>di</strong>da e leale amicizia, che da parecchi anni dolcemente mi stringe con il<br />
nobile signore, marchese Antaldo Antal<strong>di</strong>, procurommi, ne’ passati mesi, una fausta<br />
combinazione, onde impinguare il mio privato archivio <strong>di</strong> monumenti riguardanti la<br />
città <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>, nostra commune patria.<br />
Stabilitosi, con fortunatissimi auspici, fra Sua Eccellenza la signora<br />
[IV]<br />
marchesa Lucrezia Ercolani, patrizia <strong>di</strong> Bologna, ed il signore Antal<strong>di</strong> sudetto, il<br />
cospicuo accasamento, seguito fino dai primi del prossimo – passato luglio, ebbe il<br />
medesimo, in tale favorevole circostanza, tutto il commodo <strong>di</strong> pascere il <strong>di</strong> lui genio
letterario nella scelta, copiosa biblioteca del quanto affabile, altrettanto eru<strong>di</strong>to<br />
cavaliere signore Filippo Ercolani, senator bolognese e padre degnissimo della lodata<br />
signora sposa.<br />
In mezzo alle scientifiche sessioni, fra le quali passavano qualche ora del<br />
giorno questi due rispettabili cavalieri, e nello svolgere ed esaminare li preziosi<br />
volumi,<br />
[V]<br />
<strong>di</strong> cui abbonda lo stu<strong>di</strong>o Ercolani, si compiacque il signore senatore <strong>di</strong> presentare<br />
sott’occhio del <strong>di</strong> lui genero un manoscritto originale, entro il quale si scuoprono le<br />
più recon<strong>di</strong>te notizie dei fatti che precedettero il possesso già destinato per la Santa<br />
Sede Apostolica sopra l’intero Ducato d’<strong>Urbino</strong>.<br />
Venuto a giorno in tal guisa il signore Antaldo <strong>degli</strong> annedoti contenuti in quel<br />
manoscritto, mostrò desiderio, previo peraltro il consenso del proprietario, <strong>di</strong><br />
commetterne a qualcheduno una copia; ma il signore senatore Ercolani, ben<br />
ravvisando il vivo trasporto nel nuovo attinente per le cose patrie, generosamente<br />
glene fece esibizione in regalo.<br />
[VI]<br />
Io precisamente non so se il signore Antal<strong>di</strong> abbia accettato il dono<br />
destinatogli, so bene però che al suo ritorno in patria portò seco il riferito<br />
manoscritto, e, meco quin<strong>di</strong> abboccatosi, giu<strong>di</strong>ziosamente proposemi <strong>di</strong> conservarne<br />
un esemplare, giacché avrei potuto intraprenderne ed ultimarne con tutto l’agio una<br />
copia.
Non si esitò da me <strong>di</strong> accettarne l’invito, <strong>di</strong>etro il quale posi mano all’opera<br />
che, ridotta in pochi giorni al suo compimento, a voi ne faccio parte, amici<br />
concitta<strong>di</strong>ni, onde niuno <strong>di</strong> voi, da somigliante commendabil trasporto animato,<br />
[VII]<br />
privo rimanga <strong>di</strong> quelle patrie memorie, che con lungo, non interrotto stu<strong>di</strong>o, vado<br />
giornalmente tracciando.<br />
Non può mettersi in dubbio che il manoscritto non abbia a riuscire<br />
interessantissimo per chiunque ama <strong>di</strong> essere informato su quanto accadde prima<br />
della devoluzione <strong>di</strong> questo Stato d’<strong>Urbino</strong> alla Santa Sede, ed in questo avrà<br />
sicuramente il più bel pascolo l’eru<strong>di</strong>ta vostra curiosità.<br />
Si tratta che in esso si comprendono tutte le lettere scritte, vivente il<br />
serenissimo Francesco Maria Secondo, VI ed ultimo duca d’<strong>Urbino</strong>, alla corte <strong>di</strong><br />
Roma da Monsignore <strong>Berlingiero</strong> <strong>Gessi</strong> <strong>di</strong> pa=<br />
[VIII]<br />
tria bolognese, eletto governatore per la medesima Santa Sede, al <strong>di</strong> cui servizio<br />
continuò nell’incarico affidatogli dalla sagra memoria <strong>di</strong> papa Urbano VIII, anche<br />
dopo essere stato assunto all’onore della sagra porpora.<br />
E si tratta che le materie, le quali esigevano in allora un impenetrabil segreto, o<br />
per la loro gravità, o per la loro delicatezza, sono scritte, conforme potrete aver<br />
campo <strong>di</strong> ravvisare, col mezzo <strong>di</strong> misteriose cifre, 1 concertate rispettivamente fra<br />
1 Il termine cifra (in altri luoghi del presente scritto viene usata la forma più antica ‘cìfera’) significa in questo contesto<br />
messaggio cifrato, realizzato me<strong>di</strong>ante un sistema <strong>di</strong> scrittura convenzionale e segreta, consistente per lo più nell’uso<br />
non convenzionale delle lettere dell’alfabeto o <strong>di</strong> altri segni.
l’anzidetto signore car<strong>di</strong>nale <strong>Gessi</strong> e la corte <strong>di</strong> Roma, vale a <strong>di</strong>re fra li ministri <strong>di</strong> Sua<br />
Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
[IX]<br />
Leggete pertanto, amici, leggete questo intero corpo <strong>di</strong> lettere, che mi prendo il<br />
piacere <strong>di</strong> communicarvi, e sono intimamente persuaso che passo passo in voi<br />
desterassi la rimembranza del libro in 8° impresso l’anno 1723 in data <strong>di</strong> Amsterdam,<br />
e de<strong>di</strong>cato a Monsignore Domenico Riviera, patrizio urbinate, il qual libro porta in<br />
fronte il titolo <strong>di</strong> Memorie istoriche concernenti la devoluzione dello stato d'<strong>Urbino</strong><br />
alla Sede Apostolica. 2<br />
Quanto è vero che l’in<strong>di</strong>cata operetta sia stata scritta con uno stile talvolta pungente, è<br />
altrettanto incontrastabile che gli annedoti in essa raccontati, se<br />
[X]<br />
si vorranno confrontare con le presenti lettere dell’eminentissimo <strong>Gessi</strong>, si<br />
ravviseranno non fittizi, non alterati, ma veracemente accaduti, checché s’ingegni<br />
<strong>di</strong>rne in contrario il peraltro rispettabilissimo letterato pesarese signore Annibale<br />
<strong>degli</strong> Abati – Olivieri – Giordani nel suo opuscolo publicato in Napoli, 1771, Ragioni<br />
del titolo <strong>di</strong> provincia Metaurense dato alla legazione detta volgarmente d’<strong>Urbino</strong>, 3<br />
alla pagina 22 ed alla pagina 38.<br />
2 Santorio, Paolo Emilio, Memorie istoriche concernenti la devoluzione dello stato d'<strong>Urbino</strong> alla sede apostolica.<br />
De<strong>di</strong>cate all'illustrissimo e reveren<strong>di</strong>ssimo monsignor Domenico Riviera patrizio Urbinate, Amsterdam, 1723<br />
(segnatura <strong>di</strong> collocazione dell’esemplare conservato dalla Biblioteca Centrale Umanistica dell’<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong><br />
<strong>Urbino</strong> ‘Carlo Bo’: B VII 41). L’in<strong>di</strong>cazione del luogo <strong>di</strong> stampa è palesemente falsa.<br />
3 Abati Olivieri Giordani, Annibale <strong>degli</strong>, Ragioni del titolo <strong>di</strong> provincia Metaurense dato alla legazione detta<br />
volgarmente <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>. In Napoli, 1771 (segnatura <strong>di</strong> collocazione dell’esemplare conservato dalla Biblioteca Centrale<br />
Umanistica dell’<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong> ‘Carlo Bo’: B VI 112).
E perché non abbiate a dubitare della autenticità delle lettere, che io fedelmente<br />
trascrissi dal manoscritto accennato, fa duopo vi renda intesi per ultimo come siasi<br />
questi rinvenuto presso il lodato<br />
signor senatore Ercolani.<br />
[XI]<br />
Non fu malagevole ad aversi <strong>di</strong> questo fatto l’opportuno schiarimento, mentre<br />
dall’impazienza del medesimo stimolato il signore Antal<strong>di</strong> indagò presso il suocero<br />
l’arcano, che sciolto rimase all’istante, che sentì manifestarsi <strong>di</strong> aver fatto acquisto<br />
del manoscritto spettante ad <strong>Urbino</strong> dagli ere<strong>di</strong> dell’estinta, nobile famiglia <strong>Gessi</strong>,<br />
presso i quali, oltre la ridetta collezione, esistono puranco altri due grossi volumi <strong>di</strong><br />
lettere manoscritte concernenti gl’affari della nunziatura <strong>di</strong> Venezia, sostenuta dal<br />
predetto signore car<strong>di</strong>nale precedentemente al governo dell’intero Ducato d’<strong>Urbino</strong>.<br />
Eccovi adunque, amici concitta<strong>di</strong>ni, svelata l’origine del manoscritto per me<br />
coniato dal suo originale, <strong>di</strong> cui, com’io<br />
[XII]<br />
non lascerò <strong>di</strong> professare al cor<strong>di</strong>alissimo signor marchese Antaldo le più vive,<br />
sincerissime obligazioni, e per l’acquisto che ho fatto me<strong>di</strong>ante la <strong>di</strong> lui<br />
interpositione, e per tante altre cortesie e non equivoci contrasegni <strong>di</strong> affetto meco<br />
praticati in passato, così sarò contento ezian<strong>di</strong>o che, applaudendo voi alla mia fatica e<br />
buon’animo <strong>di</strong> continuare nell’intrapreso esercizio <strong>di</strong> raccogliere e conservare le<br />
patrie memorie, qualche altra in appresso me ne venga da voi medesimi promossa.<br />
Con somigliante lusinga io lascio <strong>di</strong> ulteriormente annoiarvi e vi auguro<br />
lunghissimi giorni ricolmi <strong>di</strong> non mendace felicità.
1<br />
<strong>Urbino</strong>, 1° settembre 1801<br />
Lettere <strong>di</strong> Sua Eccellenza Reveren<strong>di</strong>ssima Monsignore <strong>Berlingiero</strong> <strong>Gessi</strong><br />
A<strong>di</strong> 4 <strong>di</strong> gennaro 1625 in Castel Durante<br />
Mercordì, entrato nello Stato d’<strong>Urbino</strong>, celebrai la messa nella prima terra che trovai,<br />
detta Costacciaro, 4 con gusto <strong>di</strong> quel popolo; fui poi alloggiato la mattina in Cantiano<br />
da un citta<strong>di</strong>no, e la sera dalla communità <strong>di</strong> Cagli. Mi trattenni il giovedì, secondo<br />
l’avviso del signor Donati, 5 il quale mi fu replicato. Venerdì venni a Castel Durante,<br />
e, quando fui lontano un miglio, mi trattenni in una casa che trovai, con l’occasione<br />
<strong>di</strong> riscaldarmi, finché prima il signor Donati con la sua carrozza e poi un gentiluomo<br />
del signor duca, con la carrozza <strong>di</strong> Sua Altezza, m’incontrò, et in essa andai al<br />
palazzo ducale, e fui condotto in un appartamento nobilissimo, al paro e vicino a<br />
quello del signor duca, nel quale soleva <strong>di</strong>morare il prencipe <strong>di</strong> felice memoria, e fui<br />
salutato a nome <strong>di</strong> Sua Altezza tre volte da’ suoi gentiluomini, con parole <strong>di</strong><br />
gran<strong>di</strong>ssima cortesia et con offerte larghissime <strong>di</strong> pigliar ogni commo<strong>di</strong>tà per me et<br />
per li miei che occorresse <strong>di</strong> desiderare.<br />
Poi che fui riposato e vestito <strong>di</strong> lungo fui condotto da Sua Altezza, ch’era nel<br />
44 Costacciaro, all’epoca citta<strong>di</strong>na dello stato <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>, è oggi un piccolo comune della provincia <strong>di</strong> Perugia.<br />
5 Il personaggio in questione, citato anche nelle lettere successive, va identificato in Antonio Donato (o Donà, o<br />
Donati), importante uomo politico nato a Venezia il 15 ottobre 1584 e morto a Boschi Sant'Anna (oggi comune in<br />
provincia <strong>di</strong> Verona) il 14 agosto 1649. Dopo essere stato ban<strong>di</strong>to dalla sua città a seguito <strong>di</strong> una controversa vicenda,<br />
giunse nei primi anni Venti del XVII° secolo a Pesaro, dove prese servizio alla corte <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong> e <strong>di</strong>venne consigliere del<br />
duca Francesco Maria Il, presso il quale rimase fino alla morte <strong>di</strong> questo, ricoprendo un ruolo <strong>di</strong> primo piano nel portare<br />
avanti le trattative con il pontefice che portarono alla devoluzione del Ducato allo Stato della Chiesa nel 1631. A tale<br />
riguardo si veda la Relazione dello Stato d'<strong>Urbino</strong>, scritta dopo la morte <strong>di</strong> Francesco Maria, ultimo duca, concernente<br />
gli avvenimenti <strong>degli</strong> ultimi suoi anni ed il passaggio dello Stato alla Chiesa nel 1631, attribuita ad Antonio Donato,<br />
fuoruscito veneziano (in: Venezia < Repubblica >, Relazioni <strong>degli</strong> ambasciatori veneti al Senato, a cura <strong>di</strong> Arnaldo<br />
Segarizzi, volume secondo, Milano – <strong>Urbino</strong>, Bari, Gius. Laterza & Figli, 1913, p. 237 – 260), caratterizzata da<br />
concisione, precisione e buon livello <strong>di</strong> conoscenza dei fatti.
letto mezzo vestito.<br />
2<br />
Proposi con parole obsequiose e riverenti l’occasione della mia venuta, poi presentai<br />
il breve e le lettere, e feci i saluti dovuti 6 a nome <strong>di</strong> Nostro Signore, 7 <strong>di</strong> Vostra<br />
Signoria Illustrissima, 8 dell’illustrissimo signor car<strong>di</strong>nale Magalotto, 9<br />
dell’eccellentissimo signor don Carlo, 10 don Taddeo e don Antonio, 11 e poi ritornai<br />
più pienamente ad esporre il desiderio <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne che da me si servisse a Sua<br />
Altezza con sua so<strong>di</strong>sfazione e de’ popoli, e la mia antica osservanza verso l’Altezza<br />
Serenissima, e la presente volontà d’adoprarmi con ogni fede, integrità e <strong>di</strong>ligenza nel<br />
governo del suo stato, con <strong>di</strong>sposizione d’accomodarmi ad ogni or<strong>di</strong>ne e cenno <strong>di</strong> Sua<br />
Altezza, sapendo che con singolare prudenza lunghissimo tempo aveva governato i<br />
suoi popoli.<br />
Rispose con gran<strong>di</strong>ssima cortesia, prima parlando della sincera et ottima sua volontà<br />
verso Sua Santità, e, poiché, per l’età et afflizioni sue, vedeva trovarsi assai innanti,<br />
desiderava che io avessi amplissima autorità nel governo del suo stato, mostrando<br />
aver buon concetto e relazioni <strong>di</strong> me, e, sebbene io replicai d’avermi a rimettere a Sua<br />
Altezza nel modo del governo, non volle però <strong>di</strong>r altro se non che io avrei dovuto fare<br />
quel che mi fosse parso bene.<br />
6 Seguono i riferimenti ad alcune personalità della curia dell’epoca, che si cercherà <strong>di</strong> identificare il più esattamente<br />
possibile.<br />
7 Maffeo Barberini (Firenze, 5 aprile 1568 – Roma, 29 luglio 1644), papa della Chiesa cattolica con il nome <strong>di</strong> Urbano<br />
VIII dal 1623 alla morte.<br />
8 L’interlocutore privilegiato <strong>di</strong> monsignor <strong>Berlingiero</strong> <strong>Gessi</strong> è da identificarsi nel car<strong>di</strong>nal Francesco Barberini<br />
(Firenze, 23 settembre 1597 – Roma, 10 <strong>di</strong>cembre 1679), nipote <strong>di</strong> papa Urbano VIII.<br />
9 Il car<strong>di</strong>nal Lorenzo Magalotti (Firenze, 1583 – Ferrara, 19 marzo 1637) dal 1624 al 1628 fu segretario <strong>di</strong> stato <strong>di</strong><br />
Urbano VIII.<br />
10 Carlo Barberini, fratello <strong>di</strong> papa Urbano VIII, <strong>di</strong>venne – a motivo dello sfrenato nepotismo - comandante supremo<br />
delle truppe papali.<br />
11 Taddeo ed Antonio Barberini erano figli del predetto Carlo.
Tornò a ragionare delle sue afflizioni e della fiacchezza sua, et io cercai consolarlo.<br />
Mi <strong>di</strong>ede poi – non ricercato - li<br />
3<br />
contrasegni delle quattro fortezze, 12 <strong>di</strong>cendo ch’era il più caro pegno et tesoro che<br />
avesse avuto, et io gli ne feci la ricevuta.<br />
Mi raccomandò i suoi popoli, e particolarmente <strong>Urbino</strong> et Gubbio, lodando<br />
l’obe<strong>di</strong>enza <strong>di</strong> quelle città verso <strong>di</strong> sé e della sua casa; usai per risposta molte parole<br />
obsequenti, e Sua Altezza altre parole amorevoli, e mi licentiai. Sabbato et ieri fui<br />
chiamato et introdotto a Sua Altezza, si ragionò qualche poco del governo, si <strong>di</strong>scorse<br />
poi un pezzo famigliarmente delle cose occorrenti nel mondo con molt’amorevolezza<br />
<strong>di</strong> Sua Altezza.<br />
Sabbato mandò a donarmi, mentre pranzavo, un bicchiero <strong>di</strong> cristallo <strong>di</strong> montagna, a<br />
forma <strong>di</strong> un raspo d’uva, et nell’au<strong>di</strong>enza mi <strong>di</strong>sse aver inteso che io pensavo<br />
inviarmi ieri ad <strong>Urbino</strong>, e mi pregava che mi trattenesse qui qualche altro giorno.<br />
Io risposi esser vero che avevo pensato <strong>di</strong> proporre a Sua Altezza la mia andata ad<br />
<strong>Urbino</strong>, mentre altro non fosse stato la volontà et or<strong>di</strong>ne suo, ma in questo et in ogni<br />
cosa l’averei obe<strong>di</strong>to.<br />
Credo però che <strong>di</strong>mani o l’altro andrò ad <strong>Urbino</strong> et ivi incomincierò il governo, e del<br />
tutto darò conto a Nostro Signore et a Vostra Signoria Illustrissima, et ora<br />
umilissimamente a Sua Beatitu<strong>di</strong>ne bascio li santissimi pie<strong>di</strong>, e nella gratia <strong>di</strong> lei<br />
riverentemente mi raccomando.<br />
12 A parte il palazzo ducale <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong> le fortezze <strong>di</strong> particolare importanza del Ducato erano quattro, due sul litorale,<br />
Pesaro e Senigallia, e due nell’entroterra, San Leo e Maiolo (oggi comune in provincia <strong>di</strong> Rimini).
4<br />
6 <strong>di</strong> gennaro 1625, signor car<strong>di</strong>nale Barberini<br />
Mi ha detto l’Emilio, a nome del serenissimo signor duca, che io m’accomo<strong>di</strong><br />
secondo che più mi piace della stanza et abitatione in <strong>Urbino</strong> o in Pesaro, che Sua<br />
Altezza totalmente se ne rimette a me.<br />
Io anderò ad <strong>Urbino</strong>, mi tratterò [i. e. tratterrò] più o meno secondo che si troverà<br />
l’aria fredda e nociva, e quando farò per passare a Pesaro cercherò lasciar so<strong>di</strong>sfatti<br />
gl’urbinati con mostrargli il mio patimento per la rigidezza dell’aere, e che vi tornerò<br />
quando sia il tempo più dolce.<br />
M’ha detto anche l’Emilio, 13 da parte del signor duca, che nella causa del Bono, già<br />
avvocato fiscale, 14 io faccia tutto quello che mi parrà esser giusto, né creda che<br />
v’abbia Sua Altezza senso alcuno.<br />
Giunto che sarò ad <strong>Urbino</strong>, mi farò consignare il processo, e vederò in che termine si<br />
trovi, e ne darò conto a Nostro Signore et a Vostra Signoria Illustrissima, e credo<br />
veramente che sia causa da trattare con maturità, massime essendo ora il carcerato in<br />
buone stanze, con la commo<strong>di</strong>tà del fuoco, onde non sarà per partire se la causa<br />
andasse alquanto in lungo.<br />
Et umilissimamente<br />
5<br />
Nel <strong>di</strong>scorrersi qui de’ ministri del governo, m’è stato messo in considerazione<br />
esservi il carico <strong>di</strong> segretario <strong>di</strong> giustizia, nel quale avrei potuto valermi del mio<br />
segretario, ch’è il signor Antonio Bruni, qual credo esser noto a Vostra Signoria<br />
13 Emilio Emili era un collaboratore ed uomo <strong>di</strong> fiducia <strong>di</strong> francesco Maria II della Rovere.<br />
14 In passato l’avvocato (o au<strong>di</strong>tore) fiscale svolgeva – nei proce<strong>di</strong>menti giu<strong>di</strong>ziari – l’ufficio dell’attuale pubblico<br />
ministero.
Illustrissima, et io volontieri in ciò l’adoprarei, per aver ministro da me <strong>di</strong>pendente et<br />
per fargli questo bene del commodo che ne caverà. 15<br />
Mi trovo un memoriale dato a Vostra Signoria Illustrissima dal dottore Virginio<br />
Castal<strong>di</strong> da Gubbio, che ora esercita quest’officio, e benché nel memoriale non mi sia<br />
commandato precisamente alcuna cosa, non<strong>di</strong>meno ho stimato debito della mia<br />
osservanza verso Vostra Signoria Illustrissima non pigliar altra risoluzione prima che<br />
le dessi conto del tutto, acciò mi faccia gratia avvisarmi se prema nella confirmatione<br />
del Castal<strong>di</strong> e vuole che da me si faccia, che in tal caso l’obe<strong>di</strong>rò con ogni prontezza,<br />
come farò in qualsivoglia cosa; ma quando non abbia tal senso, io averò molto caro <strong>di</strong><br />
potervi impiegare il Bruni mio confidente.<br />
Et umilissimamente<br />
Nell’au<strong>di</strong>enze avute dal signor duca io sono entrato in ragionar<br />
6<br />
del modo da tenersi nel governo del suo stato, <strong>di</strong>chiarandomi <strong>di</strong> dover aderire alla<br />
volontà e prudenza <strong>di</strong> Sua Altezza, la quale ha sempre risposto <strong>di</strong> rimettersene<br />
totalmente a me.<br />
Ho però dal signor conte Ottavio Mamiani e dal signor Emilio inteso essergli grato<br />
che non si faccia novità al governo, ma si continui, come altre volte si è fatto, senza<br />
gli Otto, 16 per via d’au<strong>di</strong>tori, non piacendogli il nome <strong>di</strong> luogotenente, e così ho detto<br />
15 Probabilmente non è questa la sede adatta a riflessioni etiche, tuttavia non possono non colpire le modalità utilizzate<br />
da monsignor <strong>Gessi</strong> nella scelta del suo importante collaboratore: a tale riguardo, infatti, egli non si fa alcuno scrupolo<br />
<strong>di</strong> inquadrare la situazione come una munifica elargizione ad un suo sottoposto, pronto ad obbe<strong>di</strong>rgli e prontissimo<br />
soprattutto a ‘cavare’ tutto il ‘commodo’ possibile dalla sua carica.<br />
16 Quando, nel 1605, Francesco Maria II ebbe dalla sua seconda moglie, Livia Della Rovere, il sospirato erede Federico<br />
Ubaldo, la sua prima reazione fu il timore <strong>di</strong> morire <strong>di</strong> lì a poco, lasciando suo figlio e lo stato d’<strong>Urbino</strong> in balìa <strong>degli</strong>
a Sua Altezza che farò, e gli ho presentato il Mastrillo et un altro dottore <strong>di</strong> buone<br />
qualità detto Pier Simon Rota, romano, che io ho qua condotto per mio au<strong>di</strong>tore<br />
particolare.<br />
Il numero <strong>di</strong> questi au<strong>di</strong>tori altre volte è stato vario: uno, due o tre, et io penso che ci<br />
vorrà il terzo, ma mi ha consigliato l’Emili esser bene che <strong>di</strong>fferisca a <strong>di</strong>mandarli<br />
quando sia in <strong>Urbino</strong>, et abbia incominciato il governo; le provisioni <strong>degli</strong> au<strong>di</strong>tori<br />
sono <strong>di</strong> scu<strong>di</strong> 500 per uno, oltre la casa et alcuni altri emolumenti.<br />
Mi ha detto anche l’Emilio che il signor duca darà a me provisione ogni mese <strong>di</strong><br />
duecento scu<strong>di</strong> <strong>di</strong> questa moneta, la quale arriverà a ragion d’anno a scu<strong>di</strong> mille et<br />
ottocento <strong>di</strong> moneta romana, o qualche cosa meno.<br />
Io ho risposto all’Emilio, e detto al signor duca, <strong>di</strong> rimettermi in tutto senza alcun<br />
pensiero d’interesse, essendo il mio solito fine<br />
7<br />
<strong>di</strong> servire Nostro Signore, et a Sua Altezza, prima che io qua giungessi, fu rimosso e<br />
licenziato il magistrato 17 <strong>degli</strong> Otto.<br />
Ho trovato esser vera l’instanza fatta dal Bonarelli sopra la recuperatione de’ castelli<br />
d’Orciano e Barchi, siccome fu avvisato Nostro Signore per lettera senza nome, ma la<br />
causa pendeva innanzi gl’au<strong>di</strong>tori del signor duca, et ora si rivederà da’ miei au<strong>di</strong>tori,<br />
et io sopraintenderò, et me ne farò far relatione, con darne a suo tempo a Sua Santità<br />
et a Vostra Signoria Illustrissima, tal che non vi farà pericolo che succeda cosa non<br />
ragionevole.<br />
intrighi della santa sede, per cui creò un consiglio <strong>di</strong> stato <strong>di</strong> otto membri, un organo consultivo, pronto alla bisogna a<br />
trasformarsi in comitato <strong>di</strong> reggenza.<br />
17 Con il termine ‘magistrato’ storicamente si faceva riferimento ad un ufficio amministrativo preposto ad una<br />
determinata funzione; il Consiglio <strong>degli</strong> Otto aveva agli effetti perso ragion d’essere al momento della morte <strong>di</strong><br />
Federico Ubaldo.
La flussione, 18 o podagra, 19 venuta a dì passati nel piede al signor duca, ad alcuni<br />
parve <strong>di</strong> consideratione, per li dolori, impe<strong>di</strong>mento del dormire e pericolo d’alcun<br />
accidente; è poi continuata la <strong>di</strong>minutione, sebbene non si muove anco dal letto, e<br />
non è ora verisimile che succeda altro male.<br />
È però vecchio assai, e debole nell’aspetto, et ogni accidente può levarlo, sibben si<br />
cura con esatta <strong>di</strong>ligenza; <strong>di</strong>cono che ora mangia più che non ha fatto per molti anni<br />
passati, et anche delli frutti, il che già non faceva.<br />
La signora duchessa mostrò d’aggra<strong>di</strong>re grandemen=<br />
8<br />
te l’officio mio <strong>di</strong> complimento e confidenza, e mi riferì subito che, nell’ora e per<br />
l’avvenire, se sopragiungesse alcun accidente al signor duca, me ne avria subito<br />
avvisato, e subito che fui giunto mi mandò a salutare e ringraziare della lettera<br />
scrittale.<br />
Io, visitato ch’ebbi il signor duca, andai a visitare essa signora duchessa, le resi il<br />
breve e le lettere, l’accertai del paterno affetto et ottima volontà <strong>di</strong> Nostro Signore<br />
verso Sua Altezza; rispose cortesemente, ma in generale, per rispetto della natione<br />
che u<strong>di</strong>va, ma mi ha poi scritto un’altra lettera, con offerir <strong>di</strong> nuovo ogni avviso et<br />
ufficio suo, mostrando un singolare ossequio e volontà in servire Sua Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
Io gli ho risposto con ringratiarla et accettare la cortese offerta, con aggiungere che<br />
del tutto avrei fatto relatione a Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, la quale so che averia gra<strong>di</strong>to questi<br />
uffici, et accresciuta la buona sua volontà e <strong>di</strong>spositione.<br />
18 Termine me<strong>di</strong>co desueto, in<strong>di</strong>cante un patologico afflusso <strong>di</strong> umori in una determinata parte del corpo umano.<br />
19 Gotta.
Il signor conte Ottavio Mamiani mostra una singolare volontà del servizio e<br />
so<strong>di</strong>sfatione <strong>di</strong> Sua Santità, e tratta con ogni maggior cortesia meco, che più non<br />
saprei desiderare; egli però s’è lasciato intendere che avria gusto che l’Emilio restasse<br />
terzo au<strong>di</strong>tore.<br />
È senza dubbio prattico, ma non amato communemente, e per questo io volontieri ho<br />
lasciato per ora <strong>di</strong> ricordare la depu=<br />
9<br />
tazione <strong>di</strong> questo terzo, sebbene sarà maggior fatica mia, e sopra questo desidero<br />
intendere il senso <strong>di</strong> Nostro Signore.<br />
L’Emilio suddetto, per quel ch’io vedo, si porta bene, e m’informa delle circostanze<br />
solite del governo; credo che a me sarà <strong>di</strong> giovamento, secondo s’intenderanno le<br />
opportunità che io ho fatto queste buone relationi, e così il signor Antonio Donati, il<br />
quale pur si è porto e porta benissimo, et è restato capace e so<strong>di</strong>sfatto che Sua Santità<br />
per ora non abbia stimato a proposito <strong>di</strong> far officio per lui co’ signori ambasciatori<br />
veneti, ma conservi volontà <strong>di</strong> far simil ufficio a tempo più opportuno.<br />
Et a Vostra Signoria Illustrissima inchinandomi bascio la mano.<br />
10 gennaro 1625, in <strong>Urbino</strong><br />
Giunsi martedì sera ad <strong>Urbino</strong>, incontrato e ricevuto da questo popolo con gran<br />
<strong>di</strong>mostratione d’amore verso <strong>di</strong> me, e molto più <strong>di</strong> singolar devotione verso Nostro<br />
Signore e la Sede Apostolica.<br />
E veramente da ogni attione non solo <strong>di</strong> questa città, ma anche dell’altre, conosco<br />
che, quando verrà il caso della devoluzione <strong>di</strong> questo stato, Sua Beatitu<strong>di</strong>ne avrà il<br />
debito possesso quietamente et con ogni maggior ossequio et obe<strong>di</strong>enza.
L’aere, al presente, è qui assai mite,<br />
10<br />
onde io potrò, senza pregiu<strong>di</strong>zio della mia complessione, della quale molto temevo<br />
per la sanità, trattenermici per ora, il che m’è molto grato, perché così mi confermo<br />
all’inclinatione che n’ho conosciuto in Nostro Signore, et anco il signor duca più<br />
aggra<strong>di</strong>sce per me questa stanza, sebben mi ha detto e fatto <strong>di</strong>r più volte che <strong>di</strong>mori<br />
ove mi piace.<br />
Vien concorso anco con desiderio straor<strong>di</strong>nario che ne tiene questo popolo, il quale<br />
parendomi al presente restaria molto afflitto; ho però parlato con tali termini in questo<br />
agli ambasciatori <strong>di</strong> Pesaro, che sono partiti da me so<strong>di</strong>sfattissimi.<br />
Mercordì si cominciò da’ miei au<strong>di</strong>tori l’au<strong>di</strong>enza pubblica nel modo che per il<br />
passato è stato solito tenersi, e così è grato al signor duca et al popolo; vennero poi a<br />
me per l’espe<strong>di</strong>tione delle loro regolationi e per riferirmi le cose più ardue.<br />
Con che, e con la mia au<strong>di</strong>enza continua, credo che tutti resteranno con so<strong>di</strong>sfazione,<br />
et umilissimamente<br />
Nel partirmi da Castel Durante mercordì lasciai il signor duca in letto, con qualche<br />
residuo della podagra nel piede, ma però ieri, per quanto mi fu detto, era per levarsi<br />
dal letto, e forsi per uscir<br />
11<br />
in carrozza al Barco, 20 com’è suo solito d’andarvi ogni giorno quando non sta male.<br />
20 Il c. d. Barco Ducale era il casino <strong>di</strong> caccia dei duchi <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>, a circa un chilometro da Urbania.
Mi persuado che Vostra Signoria Illustrissima abbia ricevuti più avvisi intorno alla<br />
gravissima in<strong>di</strong>spositione <strong>di</strong> Monsignor vescovo <strong>di</strong> Sinigallia, 21 che, quando anco sia<br />
vivo, è per durare poco tempo in vita: la ren<strong>di</strong>ta della Chiesa è oltre ducento barili <strong>di</strong><br />
vino et <strong>di</strong> ottocento in novecento some <strong>di</strong> grano, et ora vale il grano la soma, ch’è<br />
come un rubbio 22 <strong>di</strong> Roma da scu<strong>di</strong> otto, et altre volte è salita assai <strong>di</strong> più; ha il<br />
vescovato un castello sotto <strong>di</strong> sé in temporale, del quale il vescovo è conte.<br />
Et io umilissimamente<br />
Mercordì Monsignore arcivescovo venne a visitarmi, et ieri gli resi la visita: l’ho<br />
ritrovato con buona sanità, e con la la solita sua ottima <strong>di</strong>sposizione al servizio <strong>di</strong><br />
Nostro Signore e <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima.<br />
Discorse delle cose <strong>di</strong> qui con molta prudenza, e fa il giu<strong>di</strong>zio da me pur scritto, che a<br />
suo tempo Sua Santità averà il possesso <strong>di</strong> questo stato et ogni più piena obe<strong>di</strong>enza<br />
quietissimamente, né ci occorrerà ingresso con armi, che saria un travagliar questi<br />
popoli che si mostrano devotissimi della Sede Apostolica, et io, con tutti gli<br />
ambasciatori delle città che sono venuti a visitarmi, ho insinuato quanto più ho potuto<br />
21 Il personaggio al quale <strong>Berlingiero</strong> <strong>Gessi</strong> fa riferimento è Antaldo <strong>degli</strong> Antal<strong>di</strong>, a proposito del quale Antonio Rosa,<br />
nel suo repertorio de<strong>di</strong>cato ai canonici della chiesa <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>, fornisce le seguenti informazioni: «Reveren<strong>di</strong>ssimo<br />
signore don Antaldo <strong>degli</strong> Antal<strong>di</strong>, eccellente dottore nel ius canonico, li 28 Dicembre dell’anno 1580 ebbe il possesso<br />
del canonicato che vacò per morte del canonico Camillo Santucci, seguita nel mese <strong>di</strong> Ottobre <strong>di</strong> detto anno. Quin<strong>di</strong> li<br />
29 Novembre 1592 passò alla <strong>di</strong>gnità d’arci<strong>di</strong>acono per <strong>di</strong>missione fattane dall’antecessore Tiberio Ciarlini. Finalmente<br />
li 30 Novembre 1601 fu assunto al vescovato <strong>di</strong> Sinigallia, la qual chiesa governò santamente per il corso <strong>di</strong> 23 anni.<br />
Morì l’anno 1624 in Roccacontrada, acclamato universalmente per santo.» (Antonio Rosa, Serie cronologica <strong>di</strong> tutti li<br />
signori canonici della chiesa <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>. Dall’anno 1481 al 1815 corredato <strong>di</strong> storiche notizie interessanti con<br />
un’appen<strong>di</strong>ce <strong>degli</strong> opportuni autentici documenti. Manoscritto cartaceo, legato in cartone, secolo XIX, mm. 290 x 210,<br />
819 p., segnatura <strong>di</strong> collocazione della Biblioteca Universitaria <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong> «<strong>Urbino</strong> 54», p. 42 – 43, ora anche nella<br />
Biblioteca Digitale). La <strong>di</strong>screpanza circa l’anno <strong>di</strong> morte con tutta evidenza appare dovuta alle <strong>di</strong>fficoltà dell’epoca<br />
riguardo alla circolazione <strong>di</strong> notizie.<br />
22 Sia la soma che il rubbio sono unità <strong>di</strong> misura in uso in <strong>di</strong>verse regioni italiane prima dell’introduzione del sistema<br />
metrico decimale, con valori variabili a seconda dei luoghi e dei tempi; colpisce la solerzia nel quantificare l’utilità<br />
economica della carica vacante.
12<br />
l’amore verso Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, riferendo quel ch’è verissimo delle singolari sue virtù<br />
et umanità, et così continuarò.<br />
Potria esser, quando mancasse il duca, che ci fosse pericolo <strong>di</strong> furto e rapina in<br />
qualche cosa de’ mobili, in pregiu<strong>di</strong>zio della principessa Vittoria. 23 Potria ancor<br />
essere che gli ebrei, che vivono sparsi in vari luoghi, corressero in tal caso alcun<br />
pericolo d’esser rubbati; io però cercarò, per quel che sarà in me, <strong>di</strong> provvedere al<br />
tutto.<br />
Et umilissimamente<br />
Con altre mie <strong>di</strong>e<strong>di</strong> conto a Vostra Signoria Illustrissima del desiderio che avevo<br />
scoperto nel signor Emilio del luogo appresso <strong>di</strong> me <strong>di</strong> terzo au<strong>di</strong>tore, sebben non me<br />
l’aveva detto chiaro, et che il conte Ottavio Mamiani me ne aveva parlato con grande<br />
affetto et instanza, e che per ischifar tal punto non aveva parlato del terzo au<strong>di</strong>tore in<br />
Castel Durante.<br />
Ora aggiungo che, per vari ragionamenti e cose intese, non è in modo alcuno<br />
espe<strong>di</strong>ente dargli tal luogo; ma, perché non è anche bene <strong>di</strong>sgustar esso et il conte<br />
Ottavio, perciò è necessario far per ora con li due au<strong>di</strong>tori, et io supplirò, et con il<br />
tempo vedrò come le cose rieschino, et si matureranno le <strong>di</strong>fficoltà.<br />
Et umilissimamente<br />
13<br />
23 Vittoria Feltria della Rovere (Pesaro, 7 febbraio 1622 - Pisa, 5 marzo 1694) era figlia <strong>di</strong> Federico Ubaldo della<br />
Rovere (a sua volta figlio <strong>di</strong> Francesco Maria II della Rovere) e <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>a de' Me<strong>di</strong>ci, la quale, alla morte del marito,<br />
avvenuta nel 1623, quando la piccola Vittoria aveva meno <strong>di</strong> un anno <strong>di</strong> vita, si trasferì con la figlia a Firenze e poi si<br />
risposò con Leopoldo del Tirolo; all’epoca in cui il <strong>Gessi</strong> scrive Vittoria della Rovere non era dunque più a <strong>Urbino</strong>.
Nel partir da Castel Durante il conte Ottavio Mamiani, che m’aveva messo in<br />
considerazione quel che scrissi a Vostra Signoria Illustrissima, <strong>di</strong> rinovare il Castaldo<br />
al presente segretario <strong>di</strong> giustizia, et valermi in quell’ufficio del Bruni, mio<br />
segretario, me ne parlò <strong>di</strong> nuovo più efficacemente, e <strong>di</strong>sse ch’era grato al signor<br />
duca, et ora comprendo chiaro che il Castaldo non è in gratia <strong>di</strong> Sua Altezza, neanco<br />
<strong>di</strong> quelli signori che possono in questa corte, il che ho voluto aggiungere a quanto<br />
rifersi intorno al detto Castaldo.<br />
Si sono avute lettere <strong>di</strong> Fiorenza e <strong>di</strong> Bologna, che avvisano esser rinnovato il<br />
sospetto della peste in Palermo, et io ho scritto a Pesaro et a Sinigaglia (che sono i<br />
luoghi più pericolosi <strong>di</strong> questo stato per rispetto del mare) che s’osservi quel che si fa<br />
ne’ luoghi vicini, e si usino le <strong>di</strong>ligenze solite in simili casi.<br />
Supplico Vostra Signoria Illustrissima a scrivermi, se ci è veramente tal nuovo avviso<br />
da Sicilia, acciocché possa io, bisognando, dar altr’or<strong>di</strong>ne in servizio pubblico.<br />
Et umilissimamente<br />
14<br />
13 <strong>di</strong> gennaro 1625<br />
Ho inteso che il signor duca è stato ricercato dal signor duca <strong>di</strong> Mantova, et anco dal<br />
signor duca <strong>di</strong> Modona 24 per far levata de’ soldati in questo suo stato, et ch’egli –<br />
senza dar espressa negativa – ha detto d’esser vecchio, e con giro <strong>di</strong> parole ha cercato<br />
escluder la domanda.<br />
Vivono i popoli <strong>di</strong> questo stato con gran<strong>di</strong>ssimo timore che il re cattolico 25 doman<strong>di</strong> il<br />
terzo, 26 per convenzione dovutagli; e certo sarà un’impresa dura e <strong>di</strong>fficile, et si tiene<br />
24 Forma linguistica antiquata atta ad in<strong>di</strong>care la città <strong>di</strong> Modena.<br />
25 Cioè il re <strong>di</strong> Spagna.
che non riuscirà – quando voglia il signor duca <strong>di</strong> darlo – per la repugnanza<br />
universale. 27<br />
Quando s’avvicinerà il tempo ch’abbino a passar gli spagnuoli per questo stato, son<br />
certo <strong>di</strong> dover essere avvisato da Vostra Signoria Illustrissima, et sarò pronto ad<br />
esseguir la mente et or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Nostro Signore intorno a ciò.<br />
Et umilissimamente<br />
Ricevei ier mattina il piego <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, et per rendere al signor<br />
duca la lettera ch’ella gli scrive, e dargli le considerationi et ragioni che concernono il<br />
presente negotio del passo, 28 siccome Vostra Signoria Illustrissima m’impone, de’<br />
soldati ecclesiastici, spe<strong>di</strong>i subito un mio a Castel Durante con una lettera al conte<br />
Ottavio Mamiani,<br />
15<br />
pregandolo a <strong>di</strong>r a Sua Altezza che io dovevo rendergli una lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria<br />
Illustrissima, et ragionargli d’un particolare che non gli saria stato <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgusto, ma che<br />
tenevo per certo che l’avria per la molta sua prudenza commendato, et aspettavo<br />
d’intendere che l’u<strong>di</strong>rmi non gli fosse incommodo.<br />
Mi rispose il conte che la notte il duca non aveva ben riposato, et era tornato a<br />
travagliarlo il fasti<strong>di</strong>o della podagra, onde lodava che io facessi con lettere<br />
quest’ufficio, ch’egli l’avria aiutato.<br />
26 Nell’ambito della storia militare rinascimentale il termine ‘terzo’ (dallo spagnolo tercio, a sua volta dal latino tertius)<br />
in<strong>di</strong>cava un corpo <strong>di</strong> fanteria <strong>di</strong> due – tremila uomini, corrispondente approssimativamente all’o<strong>di</strong>erno reggimento.<br />
27 Francesco Maria II della Rovere aveva stipulato accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> protezione con il re <strong>di</strong> Spagna Filippo II (1527 – 1598) nel<br />
1583, e li aveva rinnovati con suo figlio, il re <strong>di</strong> Spagna Filippo III (1578 - 1621) nel 1607.<br />
28 Qui e più avanti ciò <strong>di</strong> cui si <strong>di</strong>scute è il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> passaggio, grazie al quale truppe armate avrebbero potuto<br />
attraversare i territori del ducato.
Mi son però 29 risoluto <strong>di</strong> mandar questa mattina al signor duca la lettera <strong>di</strong> Vostra<br />
Signoria Illustrissima con un’altra mia, et dell’istesso ho scritto al conte, et mandato<br />
il mio segretario, che con esso conte ne parlerà a bocca, et spero che il duca non avrà<br />
che <strong>di</strong>r in contrario, essendo la domanda del passo ragionevolissimo, et se pure ci farà<br />
<strong>di</strong>fficoltà io replicherò a Sua Altezza, domandandogli che m’ammetta a trattarne a<br />
bocca, e dell’esito del negozio farò prima relatione a Vostra Signoria Illustrissima,<br />
alla quale umilissimamente<br />
17 <strong>di</strong> gennajo 1625<br />
Essendo a’ giorni passati giunto a Sant’Angelo in Vado il dottore<br />
16<br />
Vettori, fiorentino, mandato da quell’Altezze a trattare col signor duca, <strong>di</strong>ede conto a<br />
Castel Durante del suo arrivo, e fu avvisato che ivi si trattenesse, siccome fece per<br />
cinque giorni, e frattanto, avendo scritto il tutto a Fiorenza, ricevette or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> andare<br />
in ogni modo a Castel Durante e parlare a Sua Altezza, siccome v’arrivò lunedì sera;<br />
e s’intende non esser grato in quella corte il suo arrivo, per il sospetto delle cose che<br />
credono che abbia da trattare, le quali non tengono ivi che sia per piacere al signor<br />
duca.<br />
Nell’arrivo che fece a Castel Durante e poi qua il corriere mandato dall’ambasciatore<br />
<strong>di</strong> Spagna, vi fu assai commotione negli animi de’ popoli, temendosi che <strong>di</strong>mandasse<br />
il terzo, che per le convenzioni è obbligato questo signor duca <strong>di</strong> dare al re cattolico,<br />
ma si quietarono poi tutti quando intesero la <strong>di</strong>manda esser solo del passo per la<br />
cavalleria napoletana.<br />
29 Evidentemente con valore causale (<strong>di</strong> conseguenza).
Dicono molti de’ servitori del signor duca ch’egli non è obbligato a dar questo terzo,<br />
se non quando la guerra si fa nel regno <strong>di</strong> Napoli, e che l’averlo dato per le guerre <strong>di</strong><br />
Piemonte fu mera cortesia <strong>di</strong> quest’altezza verso il re cattolico, et il signor duca <strong>di</strong><br />
Savoia se ne dolse e risentì assai.<br />
Et umilissimamente<br />
17<br />
Or ora ho ricevuto una lettera dal signor duca <strong>di</strong> Pastrana 30 delli 10 del presente, il<br />
quale scrive che il signor duca d’Alva ha nominato l’aiutante Busto, che abbia cura<br />
d’aggiustare il passaggio della cavalleria <strong>di</strong> Napoli, et esso aiutante dovrà arrivare a<br />
Pesaro, onde desidera che si man<strong>di</strong> una persona che in quella città aspetti detto<br />
aiutante per poter ivi insieme aggiustare quel passaggio.<br />
Io mando il mio segretario a Castel Durante, acciocché intenda in questo la volontà <strong>di</strong><br />
Sua Altezza, e se le piacerà, come credo, manderò uno per detto effetto a Pesaro, e <strong>di</strong><br />
quel <strong>di</strong> più succederà darò conto a Vostra Signoria Illustrissima, alla quale<br />
umilissimamente<br />
M’è stata mandata, dall’illustrissimo signor car<strong>di</strong>nale Magalotto 31 una scrittura che<br />
concerne il modo <strong>di</strong> ben governare questo stato; si conosce esser composta da<br />
persona prudente e pratica, et io la considerarò maturamente.<br />
Mando alligato l’instrumento autentico della deputazione che fece in persona mia,<br />
con il rogito dell’istesso notaro e legalità pubblica.<br />
30 Città della provincia spagnola <strong>di</strong> Guadalajara.<br />
31 Il car<strong>di</strong>nal Lorenzo Magalotti nacque a Firenze nel 1583 e morì a Ferrara nel 1637 (omonimo del suo più famoso<br />
nipote nato nel 1637 e morto nel 1712).
Supplico Vostra Signoria Illustrissima a scusarmi se in questa settimana non mando<br />
la relatione che m’impone della causa<br />
18<br />
del Bono, perché ebbi solo ier l’altro dal Sempronio, giu<strong>di</strong>ce d’essa causa, il<br />
processo, et non ho potuto anche vederlo, ma vi userò <strong>di</strong>ligenza, e nella seguente<br />
settimana senz’altro gliene darò conto; frattanto umilissimamente<br />
In risposta della lettera che io scrissi al signor duca intorno all’instanza fattami per il<br />
passo della cavalleria napolitana mi scrive Sua Altezza con rimettersi a me, et inviar<br />
qui il capitano Cavalca, destinato per questo effetto a Pesaro, acciò, ricevendo da me<br />
gl’or<strong>di</strong>ni opportuni, vada ad eseguirli.<br />
Io gli ho imposto che a Pesaro aspetto [i. e. aspetti] l’aiutante Busti, e con lui aggiusti<br />
il tempo del passaggio, et anco il modo, cioè che non passino per giorno più <strong>di</strong> due<br />
compagnie de’ cavalli delle picciole, che hanno sessanta cavalli per ciascuna, e se<br />
fossero delle gran<strong>di</strong>, <strong>di</strong> centoventi cavalli, non ne passi più d’una, poiché il buon<br />
governo così ricerca, e vi saria <strong>di</strong>fficoltà che i cavalli in maggior numero trovassero<br />
albergo e vittovaglia sufficiente, ché non escano dalle strade or<strong>di</strong>narie.<br />
Ho scritto al signor duca <strong>di</strong> Pastrana che in Pesaro il Cavalca aspetta che ivi arrivi il<br />
Busto per stabilire dette cose. Inoltre ho commesso al medesimo Cavalca, e scritto<br />
alli<br />
19
luogotenenti <strong>di</strong> Pesaro e <strong>di</strong> Sinigaglia che anticipino in provvedere che v’abbiano da<br />
essere vittovaglie, et alberghi, et animali per le bagaglie de’ soldati, col pagamento<br />
onesto.<br />
E che facciano che a suo tempo da quelle città si deputino gli uomini che avranno da<br />
incontrare ai confini et accompagnare alli altri confini essa cavalleria; e siccome<br />
nell’altro passaggio del 1615 s’accrebbero le guar<strong>di</strong>e alle porte, alle bocche et al forte<br />
<strong>di</strong> Sinigaglia, e non si permisero alli soldati l’ingresso <strong>di</strong> quella città, e nell’istesso<br />
territorio <strong>di</strong> Sinigaglia si mesero in alcuni luoghi corpi <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a de’ soldati del<br />
paese, il che anche fu fatto in quattro luoghi del territorio <strong>di</strong> Pesaro, in modo che non<br />
furono vedute dalla cavalleria, così ora s’or<strong>di</strong>narà et eseguirà il medesimo.<br />
Quando il Cavalca avrà stabilito il tempo del passaggio me ne avviserà, et io,<br />
antecipando per alcun giorno il principio <strong>di</strong> detto passaggio, mi trasferirò a Pesaro,<br />
per sopraintendere che il tutto succeda quietamente, con effettuar puntualmente quel<br />
che so esser mente <strong>di</strong> Nostro Signore.<br />
Et umilissimamente<br />
Mandai per il segretario al signor duca la lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima,<br />
20<br />
che concerneva la <strong>di</strong>manda del passo per la fanteria ecclesiastica per lo stato, et ieri<br />
sera – per uomo a posta – mi mandò Sua Altezza l’alligata risposta per Vostra<br />
Signoria Illustrissima, et inoltre scrisse a me, rimettendomi questo negotio, con<br />
incaricarmi che procuri che il tutto passi nella maniera che conviene, e che si <strong>di</strong>ano<br />
gl’or<strong>di</strong>ni opportuni e la commo<strong>di</strong>tà conveniente pel trattamento dei soldati.<br />
Io eseguirò quanto mi verrà imposto da Nostro Signore e da Vostra Signoria<br />
Illustrissima, credo però esser necessario che venga alcuno informato a trattar qui
meco sopra questo passaggio, acciò stabiliamo insieme il tempo e il modo, et si<br />
sappiano le strade, talché possa io poi scrivere ove bisogna per le provvisioni<br />
opportune, sicché i soldati non abbiano a patire in cosa alcuna.<br />
Et umilissimamente<br />
20 <strong>di</strong> gennaro 1625<br />
Il signor duca ha licenziato dal suo servitio Monsignor vescovo <strong>di</strong> Pesaro, il signor<br />
Emilio et il signor Giulio Giordano, <strong>di</strong> modo doveranno tutti tre ritirarsi verso Pesaro.<br />
Oggi ho licenziato il dottore Castal<strong>di</strong> dall’officio <strong>di</strong> segretario <strong>di</strong> giustizia, <strong>di</strong>cendogli<br />
che se in altro potrò fargli servitio lo farò volontieri, ma credo che ci sarà <strong>di</strong>fficol=<br />
21<br />
tà ancora negl’altri offici, perché non è in gratia al signor duca, il quale se ne <strong>di</strong>chiarò<br />
apertamente al mio partire <strong>di</strong> Castel Durante, e fece introdurre a sé il Bruni, mio<br />
segretario, per conoscerlo, desiderando che fosse anche deputato in questa carica, e<br />
fece scrivere una lettera ch’è solita al suo fattore <strong>di</strong> qua per le provvisioni in persona<br />
del Bruni, ma io non ho voluto che abbia l’effetto sino al giorno d’oggi, avendo<br />
aspettata la risposta <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, alla quale umilissimamente<br />
L’au<strong>di</strong>tore Vettori, mandato dal signor duca <strong>di</strong> Toscana per gl’interessi della<br />
principessa Vittoria, ha due volte avuto au<strong>di</strong>enza dal signor duca, ma, sopra quello<br />
che abbia trattato et ottenuto, trovo alcune <strong>di</strong>versità fra le parole e gl’avvisi che ho da<br />
Castel Durante.<br />
Il primo punto è <strong>di</strong> farsi un inventario delle gioie, argenti, mobili, artigliarie,<br />
monitioni et <strong>di</strong> ogni altra cosa, et in questo egli <strong>di</strong>ce aver ottenuto, et altri scrivono in
contrario; ha ben fatto sapere a me il conte Ottavio che gli par ch’io faccia far<br />
l’inventario <strong>di</strong> esse artigliarie et monitioni.<br />
Il secondo punto è un proclama contro quelli che pretendono cos’alcuna ne’ beni<br />
posseduti dal<br />
22<br />
signor duca, per chiarire le pretensioni in vita <strong>di</strong> Sua Altezza, et in questo accordano<br />
il Vettori e gl’avvisi miei, che il signor duca ha negato.<br />
Il terzo punto è ch’egli abbia <strong>di</strong>mandato un assistente <strong>di</strong> Fiorenza appresso l’Altezza<br />
Serenissima, et in questo egli nega averlo proposto; ma da Castel Durante si scrive<br />
che il duca l’abbia negato.<br />
Quel che da me ha richiesto il Vettori lo scrivo in un’altra lettera, aggiungerò qui solo<br />
ch’egli mi ha detto che in mezzo il ragionamento offerse al duca mostrargli il ritratto<br />
della principessa Vittoria, et Sua Altezza <strong>di</strong>sse che averia avuto caro <strong>di</strong> vederlo, ma<br />
poi vedendolo si commosse assai, e <strong>di</strong>sse a ch’è ridotta la casa <strong>di</strong> Monte Feltro e della<br />
Rovere.<br />
Con che finisco umilissimamente<br />
Nel ragionamento che abbiamo avuto insieme, l’au<strong>di</strong>tore Vettori et io siamo restati<br />
che quando venga il caso della morte del signor duca, io, con or<strong>di</strong>ni o e<strong>di</strong>tti, e con<br />
guar<strong>di</strong>e, farò custo<strong>di</strong>re questo palazzo, e quel <strong>di</strong> Pesaro e <strong>di</strong> Castel Durante, acciò non<br />
siano rubbate le gioie et i mobili, nel che me gli sono esibito prontamente, sapendo<br />
esser tale la mente do Nostro Signore.<br />
Abbiamo anche <strong>di</strong>scorso sopra il pericolo che qualche communità o particola=
23<br />
re de facto e propria autorità entrino in possesso <strong>di</strong> alcuni de’ beni, o feudali o<br />
allo<strong>di</strong>ali, 32 posseduti dal signor duca per qualche loro pretese ragioni, et io credo che<br />
possa esser utile, per ovviare a ciò, <strong>di</strong> mandar fuori, morto il duca, un e<strong>di</strong>tto penale<br />
che niuno abbia ar<strong>di</strong>re d’entrare in possesso <strong>di</strong> tali beni, feudali o allo<strong>di</strong>ali, senza mia<br />
licenza, e questo il Vettori lo desidera, et io lo farò a suo tempo, presupponendo che<br />
sia cosa grata a Nostro Signore et utile egualmente della Sede Apostolica e del gran<br />
duca.<br />
Inoltre il Vittori [i. e. au<strong>di</strong>tore Vettori] mi ha richiesto che io faccia fare un inventario<br />
dell’artigliarie che si trovano nelle quattro fortezze, e così delle palle e munitioni,<br />
desiderando che intervenga alcuno a nome <strong>di</strong> Sua Santità et un altro deputato dal gran<br />
duca, et se ne faccia rogito <strong>di</strong> notaro, dandosegli poi un instrumento autentico.<br />
Mi <strong>di</strong>sse Sua Beatitu<strong>di</strong>ne parergli bene che si faccia questo inventario, onde io lo farò<br />
fare, con mandar persona fidatissima, e potrà essere che in quel tempo io mi trovi a<br />
Pesaro per occasione del passaggio della cavalleria napolitana, et avvertirò che per il<br />
gran duca non ci entri se non un solo fattore, o simil ministro.<br />
Credo che abbia ad esser grato a Nostro Signore che questo inventario l’abbia da Sua<br />
Beatitu<strong>di</strong>ne et anco dal gran duca in forma autentica, che così<br />
meglio si potrà trattare e deliberare la compra <strong>di</strong> queste cose.<br />
Et umilissimamente<br />
24<br />
32 I beni allo<strong>di</strong>ali erano quelli posseduti in piena proprietà, a <strong>di</strong>fferenza dei beni feudali, che erano quelli ricevuti in<br />
concessione da un superiore, dopo un giuramento <strong>di</strong> fedeltà.
Avendo avuto, particolarmente da Fossombrone, varie lettere, per le quali da’<br />
sacerdoti confessori sono stato ricercato <strong>di</strong> procurare, appresso Nostro Signore, che si<br />
compiaccia levar in quel contorno la pena della scomunica ch’è nelle bolle<br />
dell’estratione, io ho stimato bene scriverne a Monsignor vescovo, con mandargli la<br />
copia <strong>di</strong> quella parte della bolla <strong>di</strong> Sua Santità che restringe la pena della scomunica<br />
et delle altre censure all’estratione fuori dello stato ecclesiastico o luoghi de’ principi<br />
confinanti, per causa <strong>di</strong> mercantia, e gli significai che doveva far capaci i suoi preti<br />
che la scomunica non ci era fuori del caso della mercantia, nel quale non potevano<br />
dolersi sì strettamente, anzi si proibiva l’estratione.<br />
Monsignore mi ha risposto con la lettera che io ho stimato a proposito mandare<br />
alligata, acciò Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, intendendo le considerationi del vescovo, risolva<br />
quello che parrà bene alla somma prudenza sua.<br />
Aggiungerò solo che, sebbene non ci è in effetto la devoluzione <strong>di</strong> questo stato,<br />
essendo però così certa e, per quanto si può credere, non<br />
25<br />
molto lontana, pare a questi popoli <strong>di</strong> dover essere trattati come quelli dello stato<br />
ecclesiastico, né si quietano alle ragioni che <strong>di</strong>cono loro, persistendo d’essere<br />
anch’essi sud<strong>di</strong>ti <strong>di</strong> Nostro Signore.<br />
Con che umilissimamente<br />
22 gennaro 1625<br />
Dal podestà <strong>di</strong> Barile, luogo <strong>di</strong> questo stato che confina col territorio <strong>di</strong> Fano, s’è<br />
avuto avviso che, tre o quattro notti sono, alcuni usciti da esso territorio <strong>di</strong> Fano<br />
fecero insulto alla casa d’una donna detta Bernar<strong>di</strong>na <strong>di</strong> Giovanni Battista della Villa<br />
del Monte, e perch’ella, <strong>di</strong>fendendosi, gl’impedì l’ingresso nella casa sua, con
un’archibugiata la ferirono in un braccio, e perché dalle case vicine si gridava,<br />
sparorono anche contro quelle molte archibugiate, et si crede esser questi alcuni<br />
ban<strong>di</strong>ti capitalmente da questo stato, che altre volte hanno rubbata detta donna et<br />
ammazzatogli un figlio, li quali ora si trattengono in Forbilongo, luogo dell’istesso<br />
territorio <strong>di</strong> Fano, et si chiamano Cesare <strong>di</strong> Cipriano et Luca <strong>di</strong> Luca con un suo<br />
figlio.<br />
Propongo all’illustrissimo signor car<strong>di</strong>nale padrone che saria utile e compito <strong>di</strong><br />
giustitia rimettere qua costoro, massime che continuamente scorrono e fanno de’ mali<br />
in questo stato, et quando pur non si rimettono proi=<br />
26<br />
birgli la <strong>di</strong>mora in quei confini, che è quanto mi occorre <strong>di</strong> scrivere a Vostra Signoria<br />
Illustrissima, alla quale mi ricordo servitore e bascio affettuosamente le mani.<br />
Il capitano Alessandro Cavalca, che fu da me e da Sua Altezza mandato a Pesaro con<br />
gl’or<strong>di</strong>ni miei sopra l’aggiustare il passo della cavalleria napolitana con l’aiutante<br />
Busto, spagnuolo, mi riferisce quanto s’è fra loro aggiustato intorno al detto<br />
passaggio, et io mando la sua istessa lettera.<br />
Sarò ancor io in Pesaro, andandovi oggi, come nell’altra mia le significai, e <strong>di</strong> là<br />
continuamente riferirò quanto occorrerà degno <strong>di</strong> relatione.<br />
Et umilissimamente<br />
Trovai qui aria, per la qualità della stagione, non fredda, e che mi parve mite, del che<br />
sentii e ricevei gusto per potervi molto tempo <strong>di</strong>morare, siccome ne scrissi a Vostra<br />
Signoria Illustrissima.
Ora debbo riferirle che l’acutezza et sottilità del clima m’ha travagliato e travaglia<br />
grandemente, m’ha prima causata una flussione della testa al petto con gran tosse, e<br />
poi anche flussione in un piede con<br />
gran dolore e per<strong>di</strong>ta del sonno.<br />
27<br />
Son però stato consigliato a non <strong>di</strong>fferire d’andare a Pesaro per ricever giovamento<br />
dall’aria più grossa, il che ho risoluto <strong>di</strong> fare, prevenendo questi pochi giorni dalla<br />
passata della cavalleria napolitana; ne ho scritto al signor duca, il che si è meco<br />
condoluto con molta cortesia et approvata quest’andata con or<strong>di</strong>nare a Pesaro <strong>di</strong><br />
darmi le commo<strong>di</strong>tà delle stanze che avevo qui.<br />
Io oggi ci vado conducendo l’au<strong>di</strong>enza et il tribunale, com’è solito; gli urbinati sono<br />
restati so<strong>di</strong>sfatti del modo che ho trattato loro, e così anco si so<strong>di</strong>sfano che io per ora<br />
vada a Pesaro, vedendo come io mi trovo afflitto da queste flussioni, et io ho loro<br />
promesso – quando l’aria non sia così acuta – tornarci e farci l’estate.<br />
Son certo che Nostro Signore, per la singolare sua benignità, e così Vostra Signoria<br />
Illustrissima, approverà che io procuri conservarmi in vita e sano, per potergli in<br />
quanto io vaglia servire.<br />
Può rendersi certa Sua Beatitu<strong>di</strong>ne che io procurerò che la mutatione del luogo non<br />
<strong>di</strong>i un minimo <strong>di</strong>sturbo a questo governo, et invigilerò nelle cose <strong>di</strong> Castel Durante,<br />
ove da Pesaro in un giorno commodamente posso mandare alcuno de’ miei, e farò il<br />
mio debito nell’istesso modo che faccio qui.<br />
Et umilissimamente<br />
28
23 <strong>di</strong> gennaro 1625. In Pesaro.<br />
Si trovano condennati dal podestà <strong>di</strong> Gubbio in pena della forca e <strong>di</strong> essere squartati,<br />
per molti furti et assassinamenti fatti in questo stato, Agostino <strong>di</strong> Sebastiano et il<br />
Biancone, e Marcello suo fratello, della Scheggia, nativi <strong>di</strong> questo stato, e similmente<br />
gli stessi da un commissario mandato per occasione <strong>di</strong> doi sbirri da essi uccisi<br />
nell’Isola Fossara, 33 compresi in questo stato, si trovano condennati in pena della<br />
forca e d’essere squartati, e gli è imposta taglia <strong>di</strong> ducento scu<strong>di</strong> per ciascuno, con la<br />
facoltà <strong>di</strong> rimettere doi ban<strong>di</strong>ti d’eguale o minore delitto.<br />
Ora s’intende che si trovino prigioni in Ferrara, e saria molto utile per l’esempio <strong>degli</strong><br />
altri, e <strong>di</strong> gran so<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong> queste parti, se si avessero qui, per punirli ne’ luoghi<br />
de’ delitti.<br />
Onde supplico Nostro Signore e Vostra Signoria Illustrissima per la remissione; non<br />
iscrivo all’illustrissimo signor car<strong>di</strong>nale legato <strong>di</strong> Ferrara sino che io sappia in ciò la<br />
volontà <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne e <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, alla quale<br />
umilissimamente<br />
Ho scritto al commissario della Massa in Castel Durante che consideri molto bene e<br />
con <strong>di</strong>ligenza le ragioni della causa del conte Antonio Santinelli, il che ho fatto tanto<br />
più efficacemente poiché vi si aggiunge<br />
29<br />
il commandamento <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima per mezzo della lettera scritta agli<br />
otto <strong>di</strong> gennaro, né io mancherò punto acciò la giustitia abbia il suo luogo e non sia<br />
33 Isola Fossara è oggi una frazione del comune umbro <strong>di</strong> Scheggia e Pascelupo (provincia <strong>di</strong> Perugia).
fatto torto al medesimo conte, desiderando le sue so<strong>di</strong>sfazioni per poter anche in<br />
questo servire a Vostra Signoria Illustrissima, siccome ambisco <strong>di</strong> far sempre.<br />
E qui umilissimamente<br />
25 <strong>di</strong> gennaro 1625<br />
Ricevuto ch’ebbi il piego <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima delli 21, et inteso che deve<br />
esser presto il passaggio della fanteria ecclesiastica per questo stato, sebbene non ho<br />
anco dalli eccellentissimi signori don Carlo e don Taddeo inteso il tempo preciso <strong>di</strong><br />
detto passaggio, né veduto il capitano Nostri, aiutante del terzo del signor don<br />
Taddeo, ho però stimato bene avvertir gli ufficiali d’<strong>Urbino</strong>, per ove credo che<br />
passeranno le compagnie <strong>di</strong> Città <strong>di</strong> Castello, e così gli ufficiali <strong>di</strong> Sinigaglia, donde<br />
passarono l’altre, acciò prevenghino le provvisioni, essendo vicino il passaggio, del<br />
quale darò certo avviso quando io l’avrò, procurando ogni provvisione che sia<br />
opportuna.<br />
Et umilissimamente<br />
30<br />
Rifersi otto giorni sono a Vostra Signoria Illustrissima tutto quello che potei<br />
intendere del negotiato del dottore Vettori col signor duca e così anco <strong>di</strong> quel ch’egli<br />
<strong>di</strong>scorse meco, et in quel che desidera da me al presente, ch’è l’inventario<br />
dell’artigliarie e monitioni.<br />
Io, sebene intesi da Nostro Signore che gli piaceva che si facesse, non<strong>di</strong>meno prima<br />
che vi si metta mano aspetto l’approbatione <strong>di</strong> Sua Signoria con queste altre lettere.<br />
Io non avrei cominciato senza particolare or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Nostro Signore a conoscere le<br />
pretensioni delle communità coi futuri ere<strong>di</strong> del signor duca, et avendo recusato Sua
Altezza che si faccia al presente simil giu<strong>di</strong>tio, il Vittori mostrò meco <strong>di</strong> quietarsene,<br />
per ora, solo instando per l’or<strong>di</strong>ne che le communità <strong>di</strong> propria autorità non piglino<br />
possessi, morto che sia il duca, del qual or<strong>di</strong>ne io scrissi pur otto giorni sono, et<br />
potranno farsi, se piacerà a Sua Santità; è ben vero che si può temere che qualche<br />
communità con impeto si muova alla ricuperatione <strong>di</strong> qualche cosa.<br />
Et umilissimamente<br />
27 <strong>di</strong> gennaro 1625<br />
Poco dopo aver avuta la lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima de’ 22, concernente il<br />
passaggio della fanteria ecclesiastica, è giunto qui il colon=<br />
31<br />
nello Nostri aiutante del terzo del signor don Taddeo, e si è stabilito il modo del passo<br />
per la gente <strong>di</strong> Città <strong>di</strong> Castello, la quale giovedì sera avrà l’alloggio in Mercatello, e<br />
venerdì la mattina si rinfrescherà a Sant’Angelo in Vado, e la sera alloggierà in Sasso<br />
Corbaro; sabbato mattina pur si rinfrescherà a Monte Altavela, 34 e la sera poi entrerà<br />
nello stato <strong>di</strong> Nostro Signore.<br />
Ha procurato il Nostri che vada insieme, la gente, io però stimo piacer che passi la<br />
metà <strong>di</strong> detta gente per volta, acciò alloggi meglio, et s’è provvisto abbastanza oltre le<br />
lettere scritte agli ufficiali <strong>di</strong> quei luoghi, ho mandato uno a posta con commissione<br />
sufficiente a provvedere che vi siano le vittovaglie a bastanza, a prezzo onesto.<br />
Tratterà questo commissario con quelli de’ luoghi, et va il Nostri, et altri capitani, et<br />
in fatto provederà, che il tutto passi bene, e così confido.<br />
34 Oggi la frazione <strong>di</strong> Monte Altavelio fa parte del comune marchigiano <strong>di</strong> Mercatino Conca (provincia <strong>di</strong> Pesaro<br />
<strong>Urbino</strong>).
Et umilissimamente<br />
Ho ricevuta la scrittura con la relatione del signor commendatore Nari sopra quello<br />
che gli occorre nell’altro passaggio della cavalleria napolitana, e visto che si portò<br />
egregiamente, e riferisce benissimo ogni cosa.<br />
Erano però in Sinigaglia ed in Pesaro i ricor<strong>di</strong> del=<br />
32<br />
le cose allora qui osservate, con quello <strong>di</strong> più che qui è parso a proposito, <strong>di</strong> modo<br />
che il passaggio succederà felicemente per quanto io spero e credo.<br />
Non fu possibile, prima della partita, abboccarmi con esso signor commendatore, e<br />
dopo non gli ho scritto, vedendo esser qui così ben provisto, che non vi è che<br />
aggiungere.<br />
Et umilissimamente<br />
30 <strong>di</strong> gennaro 1625<br />
Cominciarono lunedì a passare i 200 soldati corsi che vengono a Roma, e sono<br />
passati 50 il giorno, essendosi or<strong>di</strong>nato all’ostarie che gli trattino amorevolmente e<br />
col prezzo imposto per la cavalleria napolitana, e <strong>di</strong>e<strong>di</strong> conto a Vostra Signoria<br />
Illustrissima del stabilimento e provisioni per il passaggio de’ soldati <strong>di</strong> Città <strong>di</strong><br />
Castello, i quali il Nostri <strong>di</strong>sse essere destinati 400, e fu or<strong>di</strong>nato che passassero 200<br />
per giorno ne’ luoghi destinati, ne’ quali fu mandato da me persona a posta, talché<br />
tengo per fermo che al presente tutto succeda quietamente.<br />
Et umilissimamente
Monsignore governatore <strong>di</strong> Fano mi ha fatta instanza che io facci<br />
33<br />
carcerare per il suo tribunale un Cristofaro Marino da Quartuzzetto <strong>di</strong> quel territorio,<br />
che <strong>di</strong>ce esser uomo facinoroso, reo <strong>di</strong> molti delitti, e trovarsi nel territorio <strong>di</strong> Pesaro.<br />
Io ho or<strong>di</strong>nato che si cerchi costui, e trovandosi si carceri, per intendere poi meglio si<br />
è inquisito nei tribunali <strong>di</strong> questo stato, e se vi è impe<strong>di</strong>mento alla remissione, la<br />
quale a me non <strong>di</strong>spiaceria, per introdurre e mantenere buona intelligenza, e con le<br />
reciproche remissioni liberare questi confini dagli assassini e rapine <strong>di</strong> questi, che si<br />
salvano or nell’uno ora nell’altro stato, il che si potrà eseguire ne’ casi che lo<br />
meritano, quando così venga da Nostro Signore approvato.<br />
Et con ciò a Vostra Signoria Illustrissima umilissimamente<br />
Per il seguente or<strong>di</strong>nario 35 credo che avviserò a Vostra Signoria Illustrissima che<br />
averanno incominciato a passare le truppe della cavalleria napolitana, intorno a che<br />
tuttavia si continua in far gl’or<strong>di</strong>ni e provisioni opportune.<br />
Ho fatto stampare le tariffe de’ prezzi delle vittovaglie, acciocché ognuno veda il<br />
fatto suo e non resti luogo d’inganno, e si provede de’ soldati che hanno da fare i<br />
corpi <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a segreti, acciocché il tutto passi bene.<br />
34<br />
35 Con il sostantivo ‘or<strong>di</strong>nario’ (usato in questo ed in numerosi altri luoghi da <strong>Berlingiero</strong> <strong>Gessi</strong>) si intendeva<br />
anticamente un corriere incaricato <strong>di</strong> recapitare da un luogo all’altro, lettere pacchi, notizie, ecc. (a scadenze regolari).
Et umilissimamente<br />
Il signor duca ha continuato per lo più <strong>di</strong> trattenersi in letto per residuo della podagra<br />
che gli venne nel fine del mese passato, e stette levato un giorno e si straziò.<br />
Un altro giorno si fe’ portar fuori in seggetta, e parve che la podagra il ritoccasse; non<br />
vi è però altro da riferire intorno alla persona <strong>di</strong> Sua Altezza.<br />
Io continuo nel male scritto, ma con buone speranze <strong>di</strong> poter altre volte riferir meglio<br />
<strong>di</strong> me, e frattanto umilissimamente<br />
Il dottor Vettori è tornato a Castel Durante con speranza per quanto intendo d’avere<br />
qualche inventario de’ mobili che ivi sono, e dopo tornerà qua, et io allora darò<br />
l’or<strong>di</strong>ne per l’inventario dell’artigliarie e monitioni, il quale sarà fatto con tutte le<br />
avvertenze che convengono, e <strong>di</strong> quanto succederà darò pieno conto a Vostra<br />
Signoria Illustrissima, alla quale umilissimamente<br />
2 <strong>di</strong> febraro 1625<br />
35<br />
Il signor duca mandò venerdì il conte della Massa ad incontrare a’ confini del suo<br />
stato il signor don Taddeo, invitandolo a Sinigaglia et a Pesaro, ne’ quali luoghi ha<br />
or<strong>di</strong>nato che si faccia la preparatione per riceverlo.<br />
Io, non potendo personalmente andare ad incontrarlo e servirlo per la mia<br />
in<strong>di</strong>spositione, ho mandato l’au<strong>di</strong>tore Mastrillo con altri miei che l’incontreranno e<br />
serviranno.
Ho anco or<strong>di</strong>nato al Mastrilli che veda a Sinigaglia se sono, come io credo, ben in<br />
or<strong>di</strong>ne le provisioni or<strong>di</strong>nate per la cavalleria napolitana tanto per gli presi<strong>di</strong><br />
d’accrescersi, e <strong>di</strong> corpi <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a della militia del paese da farsi, quanto anco delle<br />
vettovaglie, e gli ho imposto che, bisognando, rinovi gli or<strong>di</strong>ni dati et avvisi <strong>di</strong> quanto<br />
occorre.<br />
Et umilissimamente<br />
Giovedì notte occorse che <strong>di</strong> questo porto fu rubbata e via condotta una barca ch’era<br />
carica <strong>di</strong> pannine 36 e lume <strong>di</strong> rocca, 37 nella cui custo<strong>di</strong>a era rimasto un marinaro, del<br />
quale non hanno qui sospetto che sia stato consapevole, ma piuttosto temono che i<br />
ladri l’abbiano gettato nell’acqua o ucciso.<br />
Io, subito che l’intesi, or<strong>di</strong>nai il processo <strong>degli</strong> altri paroni 38 e barcaroli, e si scoperse<br />
in<strong>di</strong>tiato un’altro parone detto Cenarello, deponendo due testimoni averlo u<strong>di</strong>to <strong>di</strong>re<br />
36<br />
a’ mesi passati <strong>di</strong> voler venire a levar questa barca per certe sue pretensioni contra il<br />
paron <strong>di</strong> essa.<br />
Scrissi però a Venezia et a Ragusa et in Ancona, per trovare la barca et anco per la<br />
ritentione <strong>di</strong> costui, e feci armare una barca longa del signor duca (col consiglio <strong>di</strong><br />
questi capitani) e l’inviai fuori, e del tutto <strong>di</strong>e<strong>di</strong> conto a Sua Altezza, e sono state<br />
commendate le <strong>di</strong>ligenze.<br />
36 La pannina era una lana più sottile e preziosa <strong>di</strong> quella destinata alle confezioni più modeste.<br />
37 In ambito tessile l’allume <strong>di</strong> rocca era una sostanza usata come fissante per colori.<br />
38 Il termine paróne equivale a padrone, termine che in ambito marinaresco in<strong>di</strong>ca molto semplicemente colui che<br />
esercita il comando a bordo <strong>di</strong> un’imbarcazione.
Ora d’Ancona intendo che il sudetto Cenarello è stato ivi preso nel sagrato della<br />
Chiesa <strong>di</strong> San Francesco <strong>di</strong> Paola, e perché il delitto è molto grave, quasi che d’un<br />
ladroneccio publico, e costui è <strong>di</strong> molta mala vita, e già anco ban<strong>di</strong>to da questo stato<br />
per omici<strong>di</strong>o, vengo perciò a supplicare Nostro Signore e Vostra Signoria<br />
Illustrissima che si compiacciano dar or<strong>di</strong>ne in Ancona 39 che sia qua consignato, che<br />
veramente questo popolo, sì come ha sentita in estremo la violatione del suo porto,<br />
così sente gran<strong>di</strong>ssimo gusto delle <strong>di</strong>ligenze che si fanno in cercare i malfattori per<br />
punirgli, e l’istesso senso sono certo che ha il signor duca.<br />
Et umilissimamente<br />
Non ho in questo spaccio ricevuta alcuna lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima,<br />
crederò però che abbiano avuto il lor recapito le mie lettere de’ 23, con le quali <strong>di</strong>e<strong>di</strong><br />
informatione che per ora si può .. 40 nella<br />
37<br />
causa del Bono, et recusai l’aggiustamento delle truppe napolitane et il mio transito a<br />
Pesaro per quella occasione e per la flussione e podagra sopragiuntami, de’ quali mali<br />
spero liberarmi, non lasciando frattanto alcuna <strong>di</strong>ligenza in questo servitio.<br />
Intendo da Castel Durante che il signor duca esce spesso la sera in carrozza.<br />
Passa questa mattina per <strong>di</strong> qua una delle compagnie del signor don Taddeo, per la<br />
quale si son dati gl’or<strong>di</strong>ni opportuni, che non manchino vittovaglie e che il tutto<br />
proceda quietamente; e con ogni umiltà le fo riverenza<br />
39 Ancona era stata vincolata alla Santa Sede il 19 settembre 1532 da Clemente VII, pertanto non sorprende che<br />
monsignor <strong>Berlingiero</strong> <strong>Gessi</strong> si rivolga al papa per ottenere l’estra<strong>di</strong>zione.<br />
40 I due puntini stanno ad in<strong>di</strong>care il fatto che evidentemente in questo punto Antonio Rosa, non è riuscito a ricostruire il<br />
testo da lui copiato.
6 <strong>di</strong> febraro 1625<br />
Ho ricevuto l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Nostro Signore e <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima d’avere a<br />
procurare che la signora duchessa d’<strong>Urbino</strong> 41 s’induca a so<strong>di</strong>sfare li frati Franciscani<br />
Scalzi <strong>di</strong> Spagna del cre<strong>di</strong>to <strong>di</strong> scu<strong>di</strong> 800 donato loro per la loro Chiesa <strong>di</strong><br />
Sant’Isidoro <strong>di</strong> Roma dal signor cavaliere Vestrio, 42 sopra <strong>di</strong> che io scriverò a<br />
quest’altezza, e cercherò con la destrezza e maniera impostami <strong>di</strong> renderla capace, e –<br />
se sarà possibile – che senza suo <strong>di</strong>sgusto o molestia <strong>di</strong>a so<strong>di</strong>sfatione a codesti padri.<br />
Et umilissimamente<br />
38<br />
Sebbene è arrivato il tempo che si credeva che dovesse giungere la cavalleria<br />
napolitana, non è però anco cominciata ad arrivare, né ve n’è particolare avviso, ma<br />
sono bene le cose <strong>di</strong>sposte in modo che il passaggio averà da succedere quietamente.<br />
Ier mattina passò <strong>di</strong> qua il signor don Taddeo, e pranzò qui in palazzo, invitato e<br />
servito da’ ministri <strong>di</strong> Sua Altezza.<br />
Io ho migliorato, ma – non anco risano della podagra – mi feci portare a fargli<br />
riverenza, e lo vi<strong>di</strong> con buona cera.<br />
Et umilissimamente<br />
41 L'ultima duchessa <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>, Livia Della Rovere (16 <strong>di</strong>cembre 1585 – 6 luglio 1641) aveva sposato il cugino<br />
Francesco Maria II della Rovere il 26 aprile 1599.<br />
42 Il personaggio in questione deve essere identificato nel patrizio romano Ottaviano Vestri Barbiani, nato nel 1577 e<br />
morto nel 1626, figlio <strong>di</strong> Marcello Vestri e nipote del suo omonimo Ottaviano Vestri: infatti (come risulta da una bolla<br />
<strong>di</strong> Urbano VIII del 1625) è grazie alla sua munificenza che venne cotruita la chiesa romana <strong>di</strong> Sant'Isidoro a Capo le<br />
Case (con annesso un collegio). Circostanze non ben chiarite portarono al coinvolgimento in questa vicenda della<br />
duchessa d’<strong>Urbino</strong> e <strong>di</strong> suo fratello, il marchese Giulio della Rovere; monsigner <strong>Gessi</strong> tornerà a trattare questa<br />
questione in alcune sue lettere successive (v. ad es. p. 49).
Trovai nell’animo mio a Pesaro un negotio fasti<strong>di</strong>oso dell’ammettersi a questo<br />
consiglio soggetti, alcuni de’ quali a molti non piacevano; a tal or<strong>di</strong>ne, ch’era venuto<br />
dal signor Emilio, opponevano essere due lettere in sé varie, che qui suspicavano<br />
essere scritte senza saputa del signor duca, al quale <strong>di</strong>cevano non essere potuti entrare<br />
per ricorso, oltre altre loro oppositioni.<br />
Io, non avendo sopra questo or<strong>di</strong>ne del signor duca, e stante la detta verità e<br />
repugnanza, mi risolsi <strong>di</strong> scrivere a Sua Altezza quanto passarà, <strong>di</strong>mandando<br />
d’intendere la sua mente; ha risposto esser suo l’or<strong>di</strong>ne del ricevere nel consiglio<br />
nominati precisa=<br />
39<br />
mente, e che, siccom’è materia che appartiene al principe <strong>di</strong>sporne, così conviene che<br />
ci sia l’obe<strong>di</strong>enza, anco per altre conseguenze.<br />
Io ho detto a questo luogotenente della città che eseguisca e facci osservare l’or<strong>di</strong>ne<br />
ch’ebbi e la mente <strong>di</strong> Sua Altezza, e così seguirà.<br />
Potria essere che alcuno <strong>di</strong> questi pesaresi, non avendo altro ricorso al signor duca né<br />
a me, almeno per sfogarsi o per querele costà scrivere alcuna cosa; io però ho stimato<br />
bene che Nostro Signore e Vostra Signoria Illustrissima siano informati del tutto.<br />
Et umilissimamente<br />
Dopo essersi trattenuto da otto giorni il dottor Vettori in Castel Durante, è venuto a<br />
Pesaro e mi ha detto d’aver trattato col signor duca sopra l’assicuratione delle gioie,<br />
argenti e mibili, et averne cavata intentione che Sua Altezza si deputerà un
maggiordomo, et egli avrà la cura <strong>di</strong> tutte queste cose, et insieme l’obbligo <strong>di</strong><br />
rappresentare a commodo della principessa Vittoria.<br />
Abbiamo ragionato del far l’inventario delle artigliarie e monitioni, sopra <strong>di</strong> che io<br />
già, con le mie de’ 23 <strong>di</strong> gennaro passato, rifersi essermi stato detto da parte del conte<br />
Ottavio Mamiani che io facessi fare detto inventario, e mi portò l’<br />
40<br />
imbasciata uno <strong>di</strong> questi cancellieri dell’u<strong>di</strong>enza.<br />
Credo, per quanto mi ha detto il Vettori, che il medesimo conte or<strong>di</strong>nerà ai fattori del<br />
signor duca che assistano all’inventario, in modo che, come l’imbasciata del conte, e<br />
con quest’assistenza, si possa tenere per assicurata la so<strong>di</strong>sfatione del signor duca, se<br />
bene non v’è or<strong>di</strong>ne e sua lettera precisa cosa si avesse a scrivere sopra <strong>di</strong> questo per<br />
assicurarsi della so<strong>di</strong>sfatione con lettera propria, potrà <strong>di</strong>sgustarsi e non rispondere, e<br />
ne potrebbe restar <strong>di</strong>sgustato il medesimo conte Ottavio, il quale si vede che da tutti<br />
vien creduto in quel che scrive nelle cose appartenenti al signor duca.<br />
Et umilissimamente<br />
Ricevo il bando de’ luoghi che s’hanno per sospetti per il contagio <strong>di</strong> Palermo; ho<br />
fatto qui subito, secondo il commandamento <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima,<br />
publicare e rinovare gl’or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> tutto quello che si dovrà fare per l’esecutione delle<br />
<strong>di</strong>ligenze in ciò opportune e necessarie, il che anche seguirà in tutto lo stato per<br />
assicurarsi da ogni pericolo, né si tralascerà cosa la quale potesse apportarci, in<br />
questo, sicurezza o giovamento.<br />
Con che fine a Vostra Signoria Illustrissima umilissimamente fo riverenza.
41<br />
È questa mattina passata una delle compagnie del signor don Taddeo, con molta<br />
quiete; delle truppe napolitane non ci è avviso alcuno, né a me altro occorre che <strong>di</strong><br />
accusare la ricevuta d’una <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima delli 5 del presente, nella<br />
quale solo si conteneva il recapito delle altre mie, et a Vostra Signoria Illustrissima<br />
umilissimamente<br />
13 <strong>di</strong> febraro 1625<br />
Ier mattina passò un’altra delle compagnie del signor don Taddeo, con la solita quiete<br />
e senza un minimo <strong>di</strong>sturbo; non v’è senz’ora avviso del passaggio della cavalleria<br />
napolitana.<br />
Il dottor Vettori è anche in Pesaro, e pensa <strong>di</strong> tornare a Castel Durante ad effetto <strong>di</strong><br />
premere appresso il signor duca per la deputatione d’un maggiordomo, della quale<br />
<strong>di</strong>ce d’aver avuto intentione, e le fo umilissimamente riverenza.<br />
Essendomi l’altr’ieri stato detto che dal signor duca è stato conces=<br />
42<br />
so al conte Ottavio Mamiani il castello delle Gabiccie, 43 mi sono informato esser vera<br />
la concessione o investitura, seguita cinque o sei giorni sono per esso e suoi ere<strong>di</strong>.<br />
Il castello è nel territorio <strong>di</strong> Pesaro, non lontano dalla città più <strong>di</strong> sette miglia e vicino<br />
alla Cattolica; vi sono intorno a ducento anime, e il frutto si stima <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>ta intorno a<br />
ducento scu<strong>di</strong> <strong>di</strong> moneta romana.<br />
43 Gabicce Monte, oggi frazione <strong>di</strong> Gabicce Mare, comune marchigiano in provincia <strong>di</strong> Pesaro e <strong>Urbino</strong>.
Ho anche inteso quin<strong>di</strong>ci o venti giorni sono Sua Altezza concesse al signor<br />
Vespasiano Caracciolo, 44 già ajo del principe <strong>di</strong> bona memoria, un loco assai piccolo<br />
ove sono da <strong>di</strong>eci case in circa e posto nel territorio <strong>di</strong> Cagli, et è detto Finiglio; 45<br />
<strong>di</strong>cono che sia una sola onorevolezza, e che la valuta <strong>di</strong> tutto il castello non arriva a<br />
quattro mila scu<strong>di</strong>.<br />
Con che fo fine et umilissimamente<br />
Era già partito il corriero quando ho ricevuta la lettera del signor duca <strong>di</strong> Pastrana, ma<br />
l’ho fatto arrivare per darne conto a Vostra Signoria Illustrissima, manderò come si<br />
compiace il signor duca del soggetto che averà da trattare questo modo <strong>di</strong> passaggio,<br />
et avvertirò che il tutto passi con ogni sicurezza <strong>di</strong> questo stato.<br />
Et umilissimamente<br />
43<br />
20 <strong>di</strong> febraro 1625<br />
Mi ha scritto la signora duchessa, e fatto anche scrivermi dal suo segretario, e<br />
mandarmi un instruttione <strong>di</strong> quanto passa sopra i beni o ragioni del marchese Giulio<br />
suo fratello, et si vede da essa instruttione che sarà materia giu<strong>di</strong>ciale, et anco non<br />
facile da risolversi, onde io – oltre l’accusarlene la ricevuta – non ho per ora replicato<br />
altro alla signora duchessa, massime per l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Nostro Signore e <strong>di</strong> Vostra<br />
Signoria Illustrissima <strong>di</strong> trattare in modo ch’ella non riceva <strong>di</strong>sgusto; ma ho stimato<br />
44 Alla corte <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong> il napoletano Vespasiano Caracciolo aveva svolto la mansione <strong>di</strong> precettore <strong>di</strong> Federico Ubaldo,<br />
unico figlio del duca Francesco Maria II° della Rovere.<br />
45 Borgo <strong>di</strong> piccolissime <strong>di</strong>mensioni, costituito da poche case isolate, Fenigli è oggi una frazione <strong>di</strong> Pergola, comune<br />
marchigiano in provincia <strong>di</strong> Pesaro e <strong>Urbino</strong>.
dever mandare il tutto alligato con questa per ricevere nuovo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> quel che a Sua<br />
Beatitu<strong>di</strong>ne et a Vostra Signoria Illustrissima piacerà impormi.<br />
Et umilissimamente<br />
Per molte <strong>di</strong>ligenze usate in ogni parte si è ritrovata e ritenuta in regno, in un luogo<br />
detto Vico, la barca che fu <strong>di</strong> notte a giorni passati rubbata <strong>di</strong> questo porto insieme<br />
con le merci che vi erano dentro, et anco è stato ritenuto da quel governatore il<br />
marinaro che fu il malfattore in condurla via, et ora si cerca aver nelle mani.<br />
Per questo io ho <strong>di</strong>fferito <strong>di</strong> mandare a ricevere ai confini il Cenarello, che fu ritenuto<br />
in Ancona per essere sospetto <strong>di</strong> questo delitto, ma<br />
44<br />
ho scritto che sia trattenuto così carcerato, mentre si possa avere quest’altro vero reo,<br />
e da lui conoscere se detto Cenarello è complice del delitto.<br />
Et umilissimamente<br />
Partì martedì <strong>di</strong> qua il dottor Vettori per andarsene prima a Castel Durante e poi in<br />
Toscana.<br />
Mi <strong>di</strong>sse voler premere <strong>di</strong> nuovo appresso il signor duca per la deputatione d’un<br />
maggiordomo, il quale abbia la sopraintendenza e cura <strong>degli</strong> argenti, gioie e mobili, e<br />
sia obligato a suo tempo renderne conto, egli spera <strong>di</strong> ottenerlo, ma altri tengono che<br />
il signor duca non ne abbia pensiero; s’intenderà presto la risoluzione.<br />
Continuano <strong>di</strong> passar quietamente le truppe della fanteria ecclesiastica.<br />
Et umilissimamente
Ho inteso farsi nella signatura <strong>di</strong> giustitia instanza dal conte Giovanni Battista <strong>di</strong><br />
Cantalmaggio per commettere nella Rota <strong>di</strong> Roma la causa dell’appellatione che <strong>di</strong>ce<br />
aver interposta da una sentenza dell’u<strong>di</strong>enza del signor duca, e perché non è mai stato<br />
solito che la signatura metta mano nelle cause <strong>di</strong> questa au<strong>di</strong>enza, e son certo che<br />
premeria<br />
45<br />
straor<strong>di</strong>nariamente a Sua Altezza se passasse tal commissione, perciò ho voluto<br />
rappresentare a Nostro Signore et a Vostra Signoria Illustrissima, acciò, piacendo<br />
loro, possano dar l’or<strong>di</strong>ne opportuno che la commissione non passi e non si proponga.<br />
Quando in Castel Durante ebbi visitato il signor duca, nell’istesso suo appartamento,<br />
una camera poco <strong>di</strong>stante da quella dov’era Sua Altezza, mi venne a visitare<br />
Monsignor vescovo <strong>di</strong> Pesaro.<br />
Io stetti in dubbio se – come mi trovassi in un mio appartamento – dovessi dargli la<br />
man dritta, o piuttosto – come forastiero nelle camere della medesima altezza –<br />
pigliarla io, come vescovo più antico, e dagl’intrinseci del signor duca mi fu detto che<br />
non doveva riputarmi padrone <strong>di</strong> quella stanza.<br />
Per il che io, temendo che il signor duca l’avesse a male, massime che sapevo non<br />
essere il vescovo in molta gratia, come poi si vide dalla licenza datagli senza<br />
concedergli l’au<strong>di</strong>enza richiesta e dall’avergli negato l’alloggio in <strong>Urbino</strong> nel palazzo<br />
ducale, al ritorno che ha fatto qua non <strong>di</strong>e<strong>di</strong> al vescovo la man dritta, ma subito<br />
partito mandai il mio segretario a <strong>di</strong>rgli che in ogni altro luogo nelle mie stanze<br />
gliel’avrei data, e che anco gli avrei resa la visita quando mi
46<br />
fossi abbattuto in altro luogo, ché in Castel Durante non avevo carrozza né<br />
commo<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> rendergliela.<br />
Sono poi corsi alcuni giorni che per la mia in<strong>di</strong>spositione non ho potuto far questi<br />
complimenti, ma, della settimana passata, il primo giorno <strong>di</strong> quaresima, essendo quasi<br />
guarito della podagra e migliorato della flussione del catarro, andai a rendergli la<br />
visita, et il giorno seguente, sendo egli venuto a visitarmi, gli <strong>di</strong>e<strong>di</strong> la man dritta et<br />
l’accompagnai con sua so<strong>di</strong>sfatione.<br />
Io <strong>di</strong> questo caso non avevo dato conto, non mi parendo cosa <strong>di</strong> consideratione,<br />
mentre avevo in animo a suo tempo passare il [spazio bianco] debito, e mi ero<br />
<strong>di</strong>chiarato abbastanza delle giuste cause <strong>di</strong> quel che avevo fatto, e che non avevo<br />
maggior pretensione con Monsignore <strong>di</strong> Pesaro che sì esser gentiluomo nobile <strong>di</strong> quel<br />
che avevo avuto in Cagli con Monsignore vescovo <strong>di</strong> quella città, al quale avevo dato<br />
la man dritta quando mi visitò e resogli la visita.<br />
Ma, avendo inteso essersi costì parlato <strong>di</strong> questo, e forsi appresso Nostro Signore, ho<br />
stimato dar conto del tutto, acciò resti persuasa Sua Beatitu<strong>di</strong>ne e Vostra Signoria<br />
Illustrissima che io, in questa et in simili attioni, ho trattato et tratterò sempre con<br />
ogni debito termine.<br />
Et umilissimamente<br />
47<br />
23 <strong>di</strong> febraro 1625<br />
Sebben mi persuado che Monsignore vescovo <strong>di</strong> Fossombrone <strong>di</strong>a conto d’un caso<br />
successo in un luogo <strong>di</strong> questo stato, ch’è della sua <strong>di</strong>ocesi, detto Monte Secco, 46<br />
46 Montesecco è oggi una frazione situata a circa 7 km da Pergola, comune marchigiano in provincia <strong>di</strong> Pesaro e <strong>Urbino</strong>.
non<strong>di</strong>meno mi par debito mio, per esser materia così grave et importante, mandar<br />
l’istessa lettera che a me ha scritto il vicario temporale <strong>di</strong> esso luogo, con aggiunger<br />
d’avergli or<strong>di</strong>nato che porga ogni braccio et aiuto opportuno al vicario <strong>di</strong> Monsignore<br />
vescovo per formarne il debito processo.<br />
Et umilissimamente<br />
27 <strong>di</strong> febraro 1625<br />
Ho fatto fare l’inventario dell’artigliarie e monitioni che sono qui in Pesaro nella<br />
rocca et anco fuori, e ci è stato presente d’or<strong>di</strong>ne mio il Mastrillo, e per lettere del<br />
conte Ottavio Mamiani vi si è trovato il fattore che serve in questa città a Sua Altezza<br />
e se n’è rogato un notaro della cancellaria.<br />
Andrà il Mastrilli ad assistere agli inventari che s’averanno da fare in Sinigaglia, San<br />
Leo e Majolo, quando il tempo sarà raddolcito, poiché da duo o tre giorni in qua è<br />
freddo, umido e nevoso, e molto più<br />
dev’essere in <strong>Urbino</strong> et in Castel Durante.<br />
48<br />
Dicono alcuni che tal stagione potria causare qualche accidente al signor duca, sopra<br />
<strong>di</strong> che io starò vigilante; egli però finora sta bene.<br />
Et umilissimamente
Ricevuta la lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima ho subito fatto chiamare il padre<br />
Guevara, generale de’ Chierici Minori, 47 et dettogli il desiderio ch’ella ha della subita<br />
venuta <strong>di</strong> lui a Roma per negoti importanti.<br />
Egli ha ricevuto l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima con molta umiltà e pronto<br />
affetto <strong>di</strong> servirla, et incontinente ha risoluto de porsi questa mattina in viaggio, non<br />
volendo <strong>di</strong>fferire, benché la stagione sia assai torbida e cattiva, e così ho inteso<br />
essersi già messo in via.<br />
Mi pare veramente padre <strong>di</strong> molta bontà e prudenza, e grandemente devoto <strong>di</strong> Nostro<br />
Signore e <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, con qual fine fo umilissima riverenza.<br />
2 <strong>di</strong> marzo 1625<br />
Avendo visto quanto Vostra Signoria Illustrissima si compiace scrivermi intorno all’<br />
49<br />
informatione data dalla signora duchessa d’<strong>Urbino</strong> per gli cre<strong>di</strong>ti suoi col marchese<br />
Giulio suo fratello, non credo che mi occorra al presente far altro che avvertire se da’<br />
frati Scalzi <strong>di</strong> Spagna per il cre<strong>di</strong>to donato loro dal cavaliere Ottaviano Vestrio sarà<br />
Sua Altezza qui convenuta <strong>di</strong>nanzi a me <strong>di</strong> procedere con maturità, talché la signora<br />
duchessa abbia ogni ragionevole so<strong>di</strong>sfatione, e se vedrò <strong>di</strong> poter persuadere<br />
l’accordo lo farò prontamente, sebbene al presente non vedo che ci sia modo <strong>di</strong><br />
persuaderlo, e col presente or<strong>di</strong>nario non ho cosa da rappresentare a Vostra Signoria<br />
Illustrissima, e solamente debbo avvisar la ricevuta <strong>di</strong> due sue lettere, per le quali si<br />
risponde ad altre mie.<br />
47 Il Generale della Congregazione dei Chierici Minori Regolari Giovanni <strong>di</strong> Guevara nacque <strong>di</strong> famiglia spagnuola a<br />
Napoli nel 1561 e morì il 23 agosto 1641 a Teano, città della quale era stato creato vescovo da Urbano VIII il 23<br />
maggio 1627.
Seguono qui le pioggie, e nevi con molto freddo, et stagione umida e cattiva, et<br />
tuttavia passano le fanterie ecclesiastiche con molta quiete.<br />
Et umilissimamente<br />
6 <strong>di</strong> marzo 1625<br />
Ho scritto al luogotenente <strong>di</strong> Gubbio che usi ogni <strong>di</strong>ligenza per far carcerare Lorenzo<br />
Ottaviani, altrimenti detto Renzone d’Assisi, il quale nel memoriale presentato a<br />
Nostro Signore si <strong>di</strong>ce esser reo d’omici<strong>di</strong>o <strong>di</strong> tre fratelli con incen<strong>di</strong>o della casa e de’<br />
50<br />
cadaveri, e non mancherò incaricargli ciò <strong>di</strong> nuovo, acciò siegua l’effetto della<br />
cattura, il che se succederà ne darò avviso a Vostra Signoria Illustrissima.<br />
Da questi ministri mi vien spesso ricordato quanto saria qui espe<strong>di</strong>ente, per molti<br />
rispetti, la remissione del Biancone e fratello della Schieggia <strong>di</strong> questo stato,<br />
condennati due volte per gravissimi delitti, e che sono ora prigioni in Ferrara, come<br />
già scrissi a Vostra Signoria Illustrissima, onde <strong>di</strong> nuovo mi conviene replicare<br />
l’istessa domanda a Nostro Signore et a lei, massime essendo verisimile che già sia<br />
venuta la risposta del signor car<strong>di</strong>nal legato <strong>di</strong> Ferrara.<br />
Et umilissimamente<br />
9 <strong>di</strong> marzo 1625<br />
Si conferì a’ giorni passati l’au<strong>di</strong>tore Mastrilli a Sinigaglia per assistere all’inventario<br />
delle artigliarie e monitioni, il che m’avvisa aver fatto, e che fra pochi giorni, spe<strong>di</strong>ti<br />
che avrà ivi altri negotii, se ne tornerà qua, e poi andarà a San Leo et a Majolo per
gl’altri inventari, et io <strong>di</strong> tutti a suo tempo manderò copia autentica a Vostra Signoria<br />
Illustrissima.<br />
Da Castel Durante intendo che finora il dottore Vettori non ha ottenuto dal signor<br />
duca la desiderata deputatione del maggiordomo.<br />
La stagione qui tuttavia è fredda, u=<br />
51<br />
mida e nevosa, sebene con qualche interpositione <strong>di</strong> buon tempo, e qui a Vostra<br />
Signoria Illustrissima fo umilissima riverenza.<br />
12 <strong>di</strong> marzo 1625<br />
Ebbi ieri mattina lettera per messo aposta dal signor don Taddeo, fratello <strong>di</strong> Vostra<br />
Signoria Illustrissima, il quale mi <strong>di</strong>manda se potrà per <strong>di</strong> qua e per gl’altri luoghi<br />
dello Stato d’<strong>Urbino</strong> passare una compagnia <strong>di</strong> cento fanti (<strong>di</strong> quelli che sono venuti<br />
dalla Valtellina) inviata alla volta <strong>di</strong> Fano.<br />
Risposi subito per l’istesso corriero che quei soldati sariano potuti passar liberamente<br />
per tutto questo stato com’erano passati gl’altri, e che si saria dato ogni or<strong>di</strong>ne<br />
opportuno per servitio loro.<br />
L’illustrissimo signor car<strong>di</strong>nale della Valletta oggi è passato per <strong>di</strong> qua per arrivare<br />
questa sera alla Cattolica; è stato invitato a nome del signore duca d’<strong>Urbino</strong> a<br />
Sinigaglia e qui, ma non ha accettato l’avviso.<br />
Non ho per quest’or<strong>di</strong>nario ricevuta lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, né altro<br />
occorrendomi aggiungere umilissimamente
20 marzo 1625. Al signor car<strong>di</strong>nale Sant’Onofrio 48<br />
52<br />
Mi ha Monsignor Varese inviato per persona a posta il piego <strong>di</strong> Vostra Signoria<br />
Illustrissima dei 13, dal quale ho inteso quanto si compiace significarmi intorno al<br />
possesso da pigliarsi in questo stato quando il Signore Id<strong>di</strong>o chiami a sé il signor<br />
duca.<br />
E debbo primieramente lodare la risolutione <strong>di</strong> Nostro Signore che i governatori <strong>di</strong><br />
queste provincie vicine non si abbiano a conferire con soldatesca in questo stato in<br />
tale occasione, se non quando qui in fatto io ne conoscessi il bisogno, e ne gli<br />
avisassi, perché si vede chiaramente in tutti questi popoli volontà e <strong>di</strong>spositione<br />
pienissima <strong>di</strong> dar subito in tal caso obe<strong>di</strong>enza a Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, né io comprendo né<br />
vedo che altri similmente conosca che vi sia per essere <strong>di</strong>fficoltà, e tuttavia cresce in<br />
essi l’affetto verso Sua Santità, con li continui ragionamenti che da me si fanno della<br />
singolare sua benignità e prudenza.<br />
Io intenderò da Castel Durante ogni accidente che verrà a Sua Altezza, e, subito che<br />
saprò il suo fine, spe<strong>di</strong>rò ad ogni città persona prudente e fidata a pigliare il possesso<br />
per Sua Santità e per la Sede Apostolica.<br />
E come governatore deputato <strong>di</strong> Sua Santità, a beneplacito confirmarò gli ufficiali, e<br />
farò affiggere alcuno e<strong>di</strong>tto come saria <strong>di</strong> confirmare i ban<strong>di</strong> o e<strong>di</strong>tti già publicati ne’<br />
tempi passati, procurerò che senza <strong>di</strong>latione s’eleggano da’ consegli ambasciatori che<br />
vengano a Roma a dar obe<strong>di</strong>enza a Sua Santità.<br />
Io penso che debba succedermi<br />
48 Antonio Barberini (detto il Car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> Sant’Onofrio), fratello <strong>di</strong> papa Urbano VIII, nacque nel 1569 e morì nel<br />
1646.
53<br />
quietamente <strong>di</strong> prendere e firmare il possesso con queste e simili attioni, o altre che vi<br />
siano imposte da Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, e, quando presentissi dovervi essere alcuna<br />
<strong>di</strong>fficoltà, scriverei per uomo a posta a’ governatori vicini secondo il loco assignato<br />
loro, acciò dessero avviso; ma, come ho detto, spero che tutto passerà felicemente.<br />
Et a Vostra Signoria Illustrissima<br />
Nel <strong>di</strong>scorrere martedì con Monsignore Vidone, che passò per <strong>di</strong> qua con pensiero <strong>di</strong><br />
trovarsi il mercordì santo a Roma, intesi da lui ch’ebbe già una nota molto ben tirata<br />
per instrumenti e rogiti del pigliare possesso delle cose appartenenti alla Camera<br />
Apostolica nel caso della morte del signor duca.<br />
Io desidero molto ricever copia <strong>di</strong> essa per valermene quando sia tempo, acciò tali<br />
instrumenti siano ben formati e comprendano ogni ragione della camera, potendovi<br />
massime essere qualche cosa, la quale non si sappia se perviene alla Camera, e con<br />
tale occasione referirò un dubbio natomi nel leggere l’instrumento della concor<strong>di</strong>a<br />
sopra questo stato, nel quale ho visto riservarsi alla principessa Vittoria<br />
espressamente da venticinque e più molini, et in un altra parte si riservano alla<br />
camera tutti i molini eretti con facoltà ducale con<br />
54<br />
patto che rispondano la terza o altra parte alla Camera Ducale, et anco i molini ne’<br />
quali vi è facoltà <strong>di</strong> sforzare i vassalli <strong>di</strong> andarvi.<br />
Il chiarire ora specialmente se i molini nominati sono <strong>degli</strong> eccettuati non è facile,<br />
perché potria il signor duca intender queste <strong>di</strong>ligenze e sdegnarsene, chiarirà poi<br />
questo, notandosi frattanto l’instromento del possesso in buono e generico modo.
Referirò anco parermi trovare alcuna <strong>di</strong>fficoltà nell’aver visto nella nota de’ beni<br />
riservati alla sudetta principessa il barco <strong>di</strong> Pesaro, il quale arriva e comprende un<br />
pezzo delle mura della città, e non<strong>di</strong>meno vi è prudentemente posta la riserva per la<br />
Camera Apostolica <strong>di</strong> tutte le mura e suoi terrepieni.<br />
Et in questo il rime<strong>di</strong>o credo che serà <strong>di</strong> ritornare, alla morte del duca, nell’antico<br />
stato, una strada che escludeva dal resto del barco quella parte che ora è sopra le<br />
mura, e fu chiusa et incorporata nel barco d’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Sua Altezza, e con aprirsi detta<br />
strada si leverà ogni <strong>di</strong>fficoltà.<br />
Con che fo umilissima riverenza.<br />
23 marzo 1625<br />
È seguita, per l’or<strong>di</strong>ne che io ne <strong>di</strong>e<strong>di</strong>, in Gubbio la cattura<br />
55<br />
<strong>di</strong> Lorenzo Ottaviani d’Assisi, il quale viene ivi ben custo<strong>di</strong>to, s’allega però per lui un<br />
salvacondotto concessogli dal signore duca a suo beneplacito, e se ne trova memoria<br />
ne’ registri, conosce <strong>di</strong>ffetto tale che non se gli abbia a far buono, onde io credo che<br />
sarà necessario <strong>di</strong> rilassarlo.<br />
Vedrò ben che in tal caso se gli revochi il salvacondotto e beneplacito, acciò un uomo<br />
<strong>di</strong> così mala qualità non abbia refugio e sicurezza in questo stato, e con tal fine<br />
umilissimamente<br />
26 marzo 1625
Per gli or<strong>di</strong>ni da me dati è stato carcerato in Gubbio Lorenzo Ottaviani, detto<br />
Lorenzone d’Assisi, il quale si trova in quelle carceri ben custo<strong>di</strong>to, sopra <strong>di</strong> che ho io<br />
rinnovata a quel giu<strong>di</strong>ce la commissione che gliene avevo data.<br />
Si è però in quest’au<strong>di</strong>enza detto che costui avesse già dal signor duca un<br />
salvacondotto <strong>di</strong> star liberamente in questo stato a beneplacito <strong>di</strong> Sua Altezza, e<br />
prima d’ogn’altra cosa s’avrà da chiarire se ciò sia vero; quando poi non vi sia<br />
salvacondotto la medesima u<strong>di</strong>enza preme grandemente d’ottenere nell’istesso tempo<br />
da Nostro Signore la remissione<br />
56<br />
del Biancone e fratello del Scheggia, nativi <strong>di</strong> questo stato e che hanno fatto qui gran<br />
delitti, e vi sono due volte condennati capitalmente, e credo che in alcun modo sia<br />
<strong>di</strong>fficile che al signor duca sia <strong>di</strong> so<strong>di</strong>sfatione che si rimetta il detto Lorenzone, et in<br />
tal maniera continuerò riferir a Vostra Signoria Illustrissima quel che passerà, et con<br />
ciò umilissimamente fo riverenza e prego dal cielo ogni prosperità.<br />
Ho inteso da Castel Durante che il signor duca si trovi in letto rafreddato con un poco<br />
<strong>di</strong> catarro; la stagione veramente è pessima anche qui per l’aria troppo umida e<br />
fredda, e maggiormente è tale in Castel Durante, et io ho inteso che nel <strong>di</strong>scorso Sua<br />
Altezza ha detto temere <strong>di</strong> questo mese, non v’è però finora altro segno <strong>di</strong> maggior<br />
male.<br />
Io per gratia del signore Id<strong>di</strong>o oltre l’essermi a’ giorni passati liberato della podagra<br />
son anco restato con sì poco residuo della flussione (che mi ha un pezzo travagliato)<br />
che me ne reputo quasi sano, conoscendo che – come le giornate saran migliori - sarò<br />
libero <strong>di</strong> quest’altro poco <strong>di</strong> male, e con tal fine umilissimamente
57<br />
Ho scritto al luogotenente <strong>di</strong> Gubbio che usi ogni <strong>di</strong>ligenza per far carcerare Lorenzo<br />
Ottaviani, altrimenti detto Renzone d’Assisi, il quale nel memoriale 49<br />
3 <strong>di</strong> aprile 1625<br />
Ho ricevuta l’instruttione inviatami da Vostra Signoria Illustrissima, e, quando<br />
piacerà al signore Id<strong>di</strong>o chiamare a sé il signor duca, osservarò i ricor<strong>di</strong> in essa<br />
contenuti nel pigliare i possessi delle città e luoghi <strong>di</strong> questo stato, procurando che il<br />
tutto succeda con ogni quiete e sicurezza, sì come spero che debba seguire.<br />
Al presente Sua Altezza la passa bene, et esce ogni giorno in carrozza, quando l’aria<br />
lo comporta, continua in magnar bene et ogni cosa, oltre il solito già per molti anni<br />
osservato.<br />
Et umilissimamente<br />
S’è qui <strong>di</strong>vulgato per lettere private <strong>di</strong> mercanti e d’altri che fra pochi giorni sia per<br />
passare per <strong>di</strong> qua la cavalleria napolitana, del che io credo che da’ capi <strong>di</strong> essa mi<br />
sarà spe<strong>di</strong>to avviso più certo, ma ad ogni modo ne avrò notitia a tempo,<br />
58<br />
essendo persona a posta per questo effetto a Loreto, e farò che si osservino gli<br />
appuntamenti e le provisioni già stabilite per tale occasione, delle quali io feci<br />
particolar relatione.<br />
49 Questa lettera è un duplicato dell’altra lettera che si legge a p. 49 [nota <strong>di</strong> Antonio Rosa, che ovviamente interrompe a<br />
questo punto la copiatura].
Ho ricevuto la lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima appartenente a Lorenzo d’Assisi<br />
detto Lorenzone, carcerato in Gubbio, et umilissimamente<br />
Per molte lettere e per relationi <strong>di</strong> persone che hanno vista la cavalleria napolitana si<br />
tiene per fermo che fra duo o tre giorni la predetta truppa sia per arrivare a Sinigaglia.<br />
Io, per persona mandata a posta, ho rinovati gli or<strong>di</strong>ni a quel governatore dell’arme,<br />
che desiderò a’ giorni passati d’accrescer le guar<strong>di</strong>e, avvertir che non passi per giorno<br />
più d’una compagnia delle grosse, e due delle piccole, e che non entrino nella terra,<br />
ma passino <strong>di</strong> fuori, e così ho scritto al dottore, che ivi è luogotenente, che faccia star<br />
in or<strong>di</strong>ne gli alloggi e provisioni per gli soldati e cavalli secondo la tariffa a’ mesi<br />
passati stabilita, e che i citta<strong>di</strong>ni già deputati o da deputarsi incontinenti 50 siano<br />
presenti ad incontrare et accompagnare li ufficiali della cavalleria et esse compagnie,<br />
e similmenti ho ricordato et or<strong>di</strong>nato qui in Pesaro istesso, così essen=<br />
59<br />
dovi solo <strong>di</strong>fferenza che in Pesaro è solito lasciarsi entrare essi cavalli, siccome<br />
entrarono nell’anno 1615, ma si avverte bene come ho detto al numero che non siano<br />
più <strong>di</strong> cento, e le guar<strong>di</strong>e s’accrescono, il che si eseguirà con ogni <strong>di</strong>ligenza.<br />
Et umilissimamente<br />
6 d’aprile 1625<br />
Si ha avviso certo che oggi la prima truppa della cavalleria napolitana deve giungere<br />
a Sinigaglia, e <strong>di</strong>mani qua, e poi continueranno le altre giornalmente, e <strong>di</strong>mani a sera<br />
sarà qua il principe d’Ascoli, alloggiato da’ ministri del signor duca.<br />
50 Forma avverbiale antiquata che vale per ‘senza indugio’, ‘senza esitazione’.
Con l’altre mie riferii che s’erano dati tanto qui quanto a Sinigaglia tutti gl’or<strong>di</strong>ni<br />
necessari per le vittovaglie e cariaggi, et anco per l’accrescimento delle guar<strong>di</strong>e e<br />
<strong>di</strong>ligenze solite et opportune per la piena sicurezza, et ora replico lo stesso,<br />
aggiungendo che pur per questo effetto il capitano Alessandro Cavalca l’altra volta fu<br />
deputato da Sua Altezza, et al presente da me richiamato è giunto, et attende ancor<br />
egli con <strong>di</strong>ligenza a quelle istesse provisioni e sicurezza.<br />
E qui a Vostra Signoria Illustrissima fo una riverenza.<br />
60<br />
In esecutione <strong>di</strong> quanto da Vostra Signoria Illustrissima mi viene imposto, ho scritto<br />
al signor duca per la remissione a Perugia <strong>di</strong> Lorenzo Ottaviani detto Lorenzone<br />
d’Assisi, narrando i gravi suoi delitti, et, quanto al salvo condotto, si trova notato in<br />
un libro <strong>di</strong> questa cancellaria <strong>di</strong> molti anni fa, a beneplacito <strong>di</strong> Sua Altezza, col<br />
medesimo nome e cognome e patria; può essere che il signor duca si raccor<strong>di</strong> s’è la<br />
stessa persona, io quando averò la risposta ne darò conto a Vostra Signoria<br />
Illustrissima.<br />
Ben è vero che Sua Altezza forsi non così presto rescriverà per quello che io ho<br />
veduto in altre occasioni per rispetto della grave età, per la quale mal volontieri<br />
intende negoti.<br />
Et umilissimamente<br />
Ho inteso da Castel Durante che l’altr’ieri il signor duca <strong>di</strong>sse all’Urbani, suo<br />
consiliero e segretario, che ogni cosa era in guerra et essi ivi se ne stavano senza<br />
pensarci, e l’Urbani rispose che Sua Altezza averebbe potuto andare ad <strong>Urbino</strong>.<br />
Il signor duca allora restò sospeso, senza risponder altro, ma poi il giorno seguente gli<br />
<strong>di</strong>sse aver pensiero <strong>di</strong> ritirarsi a San Leo, e gli or<strong>di</strong>nò che facesse condurre a Castel
Durante da <strong>Urbino</strong> le cose <strong>di</strong> maggior valore che sono nella guardarobba, volendole<br />
Sua Altezza appresso <strong>di</strong> sé.<br />
Et umilissimamente<br />
61<br />
6 d’aprile 1625<br />
Cominciarono domenica a passare per questo stato da Sinigaglia, e lunedì per <strong>di</strong> qua,<br />
i soldati e cavalleria napolitana, procedendo il tutto, per le buone provisioni fatte, con<br />
ogni quiete e sicurezza; nell’aspetto <strong>di</strong>mostrano essere buoni soldati, e per la maggior<br />
parte hanno buoni cavalli.<br />
Rendo infinite gratie alla benignità <strong>di</strong> Nostro Signore ch’abbia favorito me e mio<br />
fratello nel concederci il ritorno delle acque per la quale abbiamo supplicato.<br />
E con ciò umilissimamente<br />
Trattò meco lunedì il signore Parisano, vicario <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, sopra<br />
la commissione da lei datagli in proposito <strong>degli</strong> ebrei <strong>di</strong> Sinigaglia.<br />
Io lodai, come ancora faccio al presente, il pio e santo zelo <strong>di</strong> Vostra Signoria<br />
Illustrissima, restai però che aspettasse, prima <strong>di</strong> fare alcun’or<strong>di</strong>ne, che io ne scrivessi<br />
a lei, con proporle alcune considerationi qui nel fatto intese, e che forsi possono parer<br />
<strong>di</strong> momento a Nostro Signore et a Vostra Signoria Illustrissima: la prima è che<br />
lunghissimo tempo il signor duca ha permesso nel suo stato gli ebrei senza cappello<br />
<strong>di</strong> colore o altro segno più evi=<br />
62
dente che d’una fetuccia gialla attaccata al petto, e se ora uscisse or<strong>di</strong>ne contrario o [i.<br />
e. è] verisimile che non solo gli ebrei <strong>di</strong> Sinigaglia, ma anco gli altri, facessero gran<br />
querele et esclamationi a Sua Altezza, e che ciò gli fosse <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgusto; la seconda<br />
consideratione, ch’è più generale et abbraccia questo e tutte le altre provisioni ch’ella<br />
ha or<strong>di</strong>nato al Parisano, e [i. e. è] che in questo stato gli or<strong>di</strong>nari non hanno<br />
commandato né commandano agli ebrei, ma solo il signor duca e suoi ministri, e se<br />
ora usciranno dal tribunale <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima or<strong>di</strong>ni precettivi, è più che<br />
verisimile che <strong>di</strong>spiaceranno a Sua Altezza.<br />
Credo bene che s’oltre il particolare del segno non premerà in voler che il suo vicario<br />
proveda che gli ebrei non abbiano servitori cristiani, né si facciano servire il sabbato,<br />
né mangino con cristiani, e cose simili, ma li basti che questi e simili or<strong>di</strong>ni, altre<br />
volte – come ho inteso – publicati per decreto della medesima Altezza, anco al<br />
presente si or<strong>di</strong>nino da’ suoi ministri in Sinigaglia quanto che sarà per <strong>di</strong>spiacere, e<br />
ne seguirà l’istesso effetto, e forsi maggiore, per il timore della corte secolare.<br />
Io concluderò che – quanto al punto della fetuccia, o segno – crederei che si potesse<br />
portare innanzi finché Nostro Signore sia padrone dello stato; quanto poi alle altre<br />
cose il medesimo mi convien <strong>di</strong>re, mentre da lei si preme nella giuris<strong>di</strong>tione, ma<br />
quando si premesse solo nel rime<strong>di</strong>o<br />
al male, io potrei provederci.<br />
Et umilissimamente<br />
63
Monsignore Mamiani, abbate <strong>di</strong> Castel Durante, 51 alle settimane passate mandò un<br />
suo cameriere a dolersi in questa u<strong>di</strong>enza d’alcuni eccessi che <strong>di</strong>ceva esser fatti in suo<br />
pregiu<strong>di</strong>zio da varie persone secolari <strong>di</strong> Sant’Angelo in Vado, ch’è terra sottoposta in<br />
spirituale alla sua ba<strong>di</strong>a.<br />
Furono due i capi <strong>degli</strong> eccessi: il primo fu che in quel luogo il giorno <strong>di</strong> Santa Maria,<br />
<strong>di</strong> febraro passato, si fece il mercato, et il suo vicario generale, vedendo violarsi in tal<br />
modo la festa, mandò gli sbirri a levar pegni a quelli ch’erano nel mercato, e molti<br />
della terra ritolsero i pegni a detti sbirri, e con spuntoni gli fecero fuggire.<br />
Il secondo eccesso fu che, essendo il detto vicario generale andato a Sant’Angelo per<br />
monacare una zitella, et essendo in quel giorno medesimo giunto avviso da Roma che<br />
s’era <strong>di</strong>chiarato appartenere quell’arcipretato ad un detto Braganti, desiderato dalla<br />
communità, con escludersi un altro, al quale l’abbate l’aveva conferito, corsero<br />
furiosamente molti del popolo con tamburini e trombetti innanzi alla casa ov’era il<br />
sudetto vicario dell’abbate a pranzo, et ivi si misero a suonare le trombe e tamburi, et<br />
a<br />
64<br />
gridare viva il Briganti, et a posta passavano a detta casa con fascine in mano, e, nel<br />
partir che fece il vicario, lo seguitarono sino alla Porta della Terra, gridando = al<br />
fiume, al fiume =; e queste furono le querele contra secolari, e non contra il clero,<br />
senza che alcuno o in voce o in scritto proponesse essersi detto allora né poi viva il<br />
papa, né nominato in modo alcuno Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, e per dette querele,<br />
considerandosi la temerità <strong>di</strong> quei laici in sprezzare la corte et il loro prelato, si stimò<br />
per il buon governo necessario mandarci a posta persona d’autorità, siccome ci<br />
mandai il dottore Furiosi, luogotenente d’<strong>Urbino</strong>, il quale fece carcerare i trombetti e<br />
51 Il conte Giambattista Mamiani prese possesso dell’abbazia <strong>di</strong> Casteldurante con provve<strong>di</strong>mento datato 11 gennaio<br />
1604 (v. manoscritto conservato presso la Biblioteca Oliveriana <strong>di</strong> Pesaro, busta 1776, n. 32).
tamburini e quattro altri, senza procedere né <strong>di</strong>recte né in<strong>di</strong>rettamente contra<br />
ecclesiastici, né aver in alcuna parte del processo minima parola che nomini Nostro<br />
Signore, e dopo pochi giorni se ne tornò ad <strong>Urbino</strong> con li prigioni, et ha mandato qua<br />
il processo, che tuttavia si vede nell’u<strong>di</strong>enza, ove maturamente si consideraranno<br />
gl’in<strong>di</strong>ti, e s’avvertirà che i carcerati o inquisiti non siano aggravati oltre il giusto.<br />
E quanto alla persona del suddetto dottore Furiosi luogotenente non è finora qua<br />
comparso alcuno che l’alleghi anche in quanto la provisione sospetto; se comparirà<br />
chi faccia tale instanza, e n’apporti alcuna causa, si pigliarà anche in questo la<br />
provisione<br />
giusta e conveniente.<br />
65<br />
Né altro mi occorre che aggiungere, se non che, sapendo io non aver al presente breve<br />
<strong>di</strong> giuris<strong>di</strong>tione da Nostro Signore, non ho preso né piglio cause d’ecclesiastici, e<br />
come quel che riverisco con singolare affetto Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, non permetterei che si<br />
processasse alcuno perché gridasse = Viva il papa =.<br />
Con che a Vostra Signoria Illustrissima fo riverenza.<br />
13 d’aprile 1625<br />
Per l’instanza del dottore Vettori <strong>di</strong> far nuovo inventario delle artigliarie e monitioni,<br />
siccome io già rifersi che averei or<strong>di</strong>nato, e da Nostro Signore fu approvato, si è –<br />
con la presenza dell’au<strong>di</strong>tore Mastrilli e de’ fattori del signor duca – da uno de’<br />
cancellieri <strong>di</strong> quest’u<strong>di</strong>enza fatto nuovo inventario, del quale io mando instrumento<br />
autentico, et ho dato or<strong>di</strong>ne all’istesso cancelliero che similmente ne consegni<br />
instromento al Vettori et ad ogni sua requisitione l’avrà.
Die<strong>di</strong> anco, dopo i miei primi ragionamenti con esso Vettori, conto a Nostro Signore,<br />
ch’egli efficacemente mi ricercò <strong>di</strong> far publicare un e<strong>di</strong>tto che per lo spazio <strong>di</strong> trenta<br />
giorni dopo la morte del signor duca tutti i beni da esso in detto tempo posseduti, e<br />
<strong>di</strong>chiarati nell’instromento della concor<strong>di</strong>a, spettar a Sua Altezza<br />
66<br />
per sé e suoi ere<strong>di</strong> e successori, non siano in pregiu<strong>di</strong>zio loro ad [i. e. da] alcuno<br />
occupati, ma da’ podestà de’ luoghi si proceda ogni molestia et occupatione <strong>di</strong> detti<br />
beni che si facesse de facto, e che io, sopravenendo detta morte, averei mandato fuori<br />
e fatto affiggere detto e<strong>di</strong>tto, il che pure da Sua Beatitu<strong>di</strong>ne fu approvato.<br />
Ora, mentre vado considerando e <strong>di</strong>sponendo queste provisioni per valermene a suo<br />
tempo, vedo con l’autorità che avrò per il breve <strong>di</strong> Nostro Signore in questo governo<br />
non potessi per esso e<strong>di</strong>tto commandare alle persone ecclesiastiche, e che potria<br />
essere che da questo nascesse pregiu<strong>di</strong>tio a detti ere<strong>di</strong>, e poca <strong>di</strong>gnità al mio e<strong>di</strong>tto e<br />
sua osservanza, il che ho stimato dover rappresentare a Sua Santità, acciò, con la<br />
somma sua prudenza, possa <strong>di</strong>sporre quel che più li parrà opportuno.<br />
Et a Vostra Signoria Illustrissima<br />
Quando s’intese a’ giorni passati la morte del conte Giulio Ubal<strong>di</strong>ni da Pecchie 52 con<br />
lasciare una sola figlia femina, fu anco detto che nel feudo <strong>di</strong> Pecchie succede il conte<br />
Ottaviano Ubal<strong>di</strong>ni, fratello <strong>di</strong> esso conte Giulio, e che saria andato a prestare al<br />
signor duca il giuramento <strong>di</strong> fedeltà, et io ho visto l’instromento<br />
52 Apecchio, comune marchigiano della provincia <strong>di</strong> Pesaro e <strong>Urbino</strong>.<br />
67
della investitura che dell’anno 1514 dal duca Francesco Maria, 53 avo <strong>di</strong> Sua Altezza,<br />
fu fatto in persona <strong>di</strong> Girolamo e Gentile Ubal<strong>di</strong>ni per sé e suoi figli posteri legittimi<br />
in perpetuo, talché, essendo il conte Ottaviano pro – nepote del conte Gentile<br />
nominato nell’instromento, senza <strong>di</strong>fficoltà egli vien compreso on detta investitura.<br />
Et a Vostra Signoria Illustrissima umilissimamente<br />
17 d’aprile 1625<br />
Lunedì terminò il passaggio delle nuove compagnie della cavalleria napolitana, il<br />
quale è seguito senza un minimo <strong>di</strong>sturbo e con so<strong>di</strong>sfatione commune, essendosi i<br />
ministri del principe d’Ascoli della pretensione che avevano <strong>di</strong> far entrare lunedì<br />
l’ultima compagnia prima che partisse l’altra ch’era venuta la domenica, acciocché<br />
insieme in questa piazza facessero alcune caracolle all’uso loro, e poi tutte due<br />
accompagnassero il principe fuori della città, tornando l’ultima ad alloggiavi, il che io<br />
<strong>di</strong>ssi esser contra lo stabilimento fatto, che non dovesse entrare più d’una la volta, e<br />
così cessarono <strong>di</strong> parlarne, e si osservò quel che tutte le compagnie hanno fatto, <strong>di</strong><br />
trovarsi una<br />
sola dentro Pesaro.<br />
68<br />
Potrà essere che ci corra qualche tempo prima che siano all’or<strong>di</strong>ne gli altri<br />
cinquecento cavalli che io scrissi doversi assoldare in regno e fare il medesimo<br />
passaggio.<br />
E qui per fine a Vostra Signoria Illustrissima umilissimamente<br />
53 Francesco Maria I Della Rovere (Senigallia, 25 marzo 1490 – Pesaro, 20 ottobre 1538) fu duca <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong> dal 1508 –<br />
anno della morte <strong>di</strong> Guidobaldo I da Montefeltro, suo zio materno, che lo aveva adottato ed in<strong>di</strong>cato come suo<br />
successore - alla morte.
Non essendo tutti in un luogo i testimoni che dovevano esaminarsi per finire il<br />
processo informativo nella causa del dottore Boni, che innanzi la carcerazione<br />
esercitava il carico <strong>di</strong> fiscale in questo stato, con tutto che io abbia sollecitato non è<br />
potuto farsi, che non ci corra qualche tempo.<br />
Finito però esso processo, feci che il giu<strong>di</strong>ce attese a costituirlo, e, dopo essersi<br />
publicato il processo e date le <strong>di</strong>fese, prima si è allargato per tutta la rocca, e poi, per<br />
occasione del purgarsi, si è messo fuori con sigurtà d’aver per carcere un castello <strong>di</strong><br />
buon’aere da lui eletto; egli ora attenderà a far le sue <strong>di</strong>fese, et io avrò sempre<br />
pensiero che abbia le convenienti so<strong>di</strong>sfationi.<br />
Del che ho dovuto dar conto a Nostro Signore et a Vostra Signoria Illustrissima, alla<br />
quale umilissimamente<br />
69<br />
Ebbi ieri sera dal signor duca risposta, con la quale si contenta lasciar all’arbitrio mio<br />
la remissione <strong>di</strong> Lorenzone d’Assisi, carcerato in Gubbio.<br />
Io, per obbe<strong>di</strong>re alla mente et or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Nostro Signore et <strong>di</strong> Vostra Signoria<br />
Illustrissima, ho spe<strong>di</strong>to la commissione e lettera solita al luogotenente <strong>di</strong> Gubbio per<br />
la consignatione <strong>di</strong> lui a’ ministri <strong>di</strong> Monsignor governatore <strong>di</strong> Perugia, al quale ho<br />
inviato detta lettera acciocché man<strong>di</strong> alcuni de’ suoi a Gubbio ad aggiustare il modo e<br />
tempo d’essa consignatione, talché siegua con sicurezza e senza <strong>di</strong>sturbo.<br />
Ho ricevuta, con l’ultima <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, la nota <strong>di</strong> quel che si stima<br />
bene osservarsi per conto de’ molini e del barchetto <strong>di</strong> Pesaro nel caso della morte del<br />
signor duca, e che anco contiene quant’ora s’ha da <strong>di</strong>re se fosse fatta alcuna istanza<br />
sopra i beni allo<strong>di</strong>ali <strong>di</strong> Sua Altezza, del che però non si è pur parlato dopo la partita<br />
del dottore Vettori.
Et a Vostra Signoria Illustrissima umilissimamente<br />
20 d’aprile 1625<br />
Con l’altre mie <strong>di</strong>e<strong>di</strong> conto a Vostra Signoria Illustrissima d’aver or<strong>di</strong>nato al<br />
luogotenente <strong>di</strong> Gubbio che consegni a’ ministri <strong>di</strong> Monsignore governatore <strong>di</strong><br />
Perugia Lorenzo d’Ottaviani, alias Renzone d’Assisi, il qual<br />
70<br />
or<strong>di</strong>ne ho poi rinovato, e perché si è qui inteso esservi qualche pericolo che sia<br />
aiutato a fuggire nell’occasione della consegna, e forse anco nelle carceri, da molti<br />
che in Gubbio lo favoriscono, ho or<strong>di</strong>nato che – mentre sarà in prigione – oltre i ferri<br />
si tenga anche con buona guar<strong>di</strong>a, e nel condurlo fuori sia accompagnato, oltre la<br />
sbirraria, da trenta soldati ben armati, et ho scritto a Monsignore governatore sudetto<br />
che anch’esso ci man<strong>di</strong> buona compagnia d’armati, acciò siegua la consegna con<br />
sicurezza, e del tutto ho dovuto dar conto a Vostra Signoria Illustrissima, alla quale<br />
umilissimamente<br />
Acciocché quanto prima, secondo la pia mente <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, in<br />
Sinigallia si proveda agli abusi che si <strong>di</strong>ce esservi introdotti dagli ebrei, si scrive a<br />
quel luogotenente che subito faccia loro un precetto penale che in niun modo<br />
ar<strong>di</strong>schino nelle domeniche et altre feste <strong>di</strong> precetto, lavorare in publico, né abbiano<br />
nutrici cristiane, né si facciano in alcun giorno, e particolarmente nel sabbato, servire<br />
da’ cristiane, né mangino, giuochino o abbiano compagnia de’ negoti, familiarità o<br />
conversatione con cristiani, e che ad ogni modo faccia che l’osservino.<br />
Et umilissimamente
71<br />
Mi scrive il signor don Taddeo, nipote <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, che per il<br />
riempimento de’ terzi, secondo l’or<strong>di</strong>ne datone da Nostro Signore, avranno a passare<br />
per <strong>di</strong> qua altri soldati, e non crede doversi far altra instanza per il loro passaggio.<br />
Io ho risposto non occorrerci altra nuova instanza o licenza, ma che potranno passare<br />
tutti quelli che ne averanno occasione per eseguir l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Sua Santità, che saranno<br />
ben visti e ben trattati, e <strong>di</strong> ciò si daranno da me gli or<strong>di</strong>ni opportuni, siccome si è<br />
fatto nell’altro passaggio.<br />
Et umilissimamente<br />
24 d’aprile 1625<br />
Mi sono messo <strong>di</strong> nuovo a cercar <strong>di</strong> quietare le cause <strong>di</strong> Sant’Angelo in Vado, e spero<br />
che mi riuscirà <strong>di</strong> sopirle, il che ho anco da principio desiderato et cercato, ma ci ho<br />
trovato gran <strong>di</strong>fficoltà.<br />
La terra <strong>di</strong> Sant’Angelo è sotto l’abbate <strong>di</strong> Castel Durante, in spirituale, ma quanto<br />
può si sottrae da detta superiorità, et ora tutti i sacerdoti <strong>di</strong> quel luogo ricusano essere<br />
suoi vicari foranei; egli <strong>di</strong> questo si duole, credendo esser causato da quel publico, et<br />
il <strong>di</strong>sprezzo che <strong>di</strong>ce ivi farsi <strong>di</strong> lui, e la terra <strong>di</strong> Castel Durante l’aiuta, e più il conte<br />
72<br />
Ottavio suo fratello, che ci preme straor<strong>di</strong>nariamente, et al presente è necessario<br />
mantenerlo so<strong>di</strong>sfatto in quel che si può, per essere favoritissimo dal signor duca, et il<br />
mezzo per il quale mi conviene trattare, et questi tutti hanno premura per la giustitia,
parendo loro particolarmente che le oppositioni et insulti alla corte nel processo del<br />
luogotenente, provati, siano delitti gravi.<br />
Pensai che gli uomini <strong>di</strong> Sant’Angelo facessero alcun compimento con l’abbate,<br />
talché, quietandosi egli et il conte Ottavio, potessi senza rompere con essi liberare i<br />
carcerati, e feci che un loro procuratore a ciò gli esortò; mi scrissero i priori non<br />
volerlo fare ora, ho mandato un dottore a Sant’Angelo, acciò levi la <strong>di</strong>fficoltà del<br />
vicario foraneo, e procuri alcun complimento con l’abbate, et ho chiamato qua il<br />
luogotenente d’<strong>Urbino</strong>, ch’è commissario in dette cause, l’ho <strong>di</strong>sposto secondo il mio<br />
senso et inviato a Castel Durante, quietato l’abbate le può, o almeno il conte Ottavio<br />
faccia rilasciare i carcerati, et averò gusto, come spero, che quanto prima mi succeda<br />
<strong>di</strong> sopire il tutto, conforme al senso <strong>di</strong> Nostro Signore.<br />
Può essere che alcuni amorevoli <strong>degli</strong> uomini <strong>di</strong> Sant’Angelo rappresenti costì cose<br />
<strong>di</strong>verse da quelle che sono forsi per relatione <strong>degli</strong> interessati.<br />
Et umilissimamente<br />
73<br />
Gli or<strong>di</strong>ni, da Nostro Signore datimi, <strong>di</strong> cercare la so<strong>di</strong>sfatione del signor duca, mi<br />
persuadono <strong>di</strong> rappresentare talora alcune <strong>di</strong>fficoltà per eseguire dopo quanto mi sia<br />
imposto.<br />
Il luogotenente <strong>di</strong> Sinigaglia ha dato conto in quest’u<strong>di</strong>enza dell’e<strong>di</strong>tto ivi publicato<br />
dal vicario <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima sopra la revisione de’ conti a’ laici che<br />
amministrano i luoghi et opere pie <strong>di</strong> questa città, sopra <strong>di</strong> che, dopo aver <strong>di</strong>scorso –<br />
in compagnia de’ miei u<strong>di</strong>tori – col medesimo vicario, ho dovuto riferire a Nostro<br />
Signore et a Vostra Signoria Illustrissima che, sebene nel Concilio <strong>di</strong> Trento si<br />
or<strong>di</strong>na, in tali amministrationi, che ren<strong>di</strong>no i conti all’or<strong>di</strong>nario, ovvero, ne’ luoghi<br />
ove per consuetu<strong>di</strong>ne altri sono soliti rivedere, i conti si ren<strong>di</strong>no a’ deputati insieme,<br />
non<strong>di</strong>meno fino ad ora in questo stato hanno sempre ciò fatto i luogotenenti <strong>di</strong> Sua
Altezza, dalla quale s’impone loro espressamente tal carico, et alcuna volta che gli<br />
or<strong>di</strong>nari si sono <strong>di</strong>chiarati voler fare tal revisione il signor duca ha operato che<br />
desistano, avendo in questo avuto particolare senso; et ora è molto verisimile che<br />
sentirà <strong>di</strong>sgusto se, cominciandosi in Sinigaglia, anche dopoi 54 gl’altri or<strong>di</strong>nari<br />
vorranno fare simili revisioni, e potrà parergli che si condanni il passato et si toglia<br />
per l’avvenire la giuris<strong>di</strong>tione.<br />
Se a Nostro Signore et a Vostra Signoria Illustrissima<br />
74<br />
non piace che il signor duca ora abbia questo <strong>di</strong>sgusto, è necessario continuare, per<br />
questo tempo della sua vita (che verisimilmente non può esser molto) come si è fatto<br />
per l’ad<strong>di</strong>etro, cioè che i luogotenenti facciano essi la revisione et or<strong>di</strong>nino la<br />
restitutione, et io, quanto sappia così piacere a Sua Beatitu<strong>di</strong>ne et a Vostra Signoria<br />
Illustrissima, ne pigliarò pensiero che ciò in ogni modo si eseguirà.<br />
Quanto poi alla giuris<strong>di</strong>tione or<strong>di</strong>naria, ove si può provvedere, con una lettera <strong>di</strong>retta<br />
a me, che la preservi, si può pensare <strong>di</strong> praticarla passato che sia questo breve tempo.<br />
Il tutto rappresento per la ragione detta da principio, e per obe<strong>di</strong>re a quanto intenderò<br />
esser mente <strong>di</strong> Sua Santità e <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, e con ciò<br />
umilissimamente<br />
Domenica giunse a Castel Durante don Pietro <strong>di</strong> Sarravia, 55 mandato con sue lettere<br />
dal signor duca <strong>di</strong> Pastrana a richiedere al signor duca un terzo per lo stato <strong>di</strong> Milano<br />
nell’occasione de’ presenti motivi.<br />
54 Dopòi è una delle forme antiquate (v. anche dóppo) dell’avverbio <strong>di</strong> tempo ‘dopo’.<br />
55 Risulta essere stato attivo in Italia in questo periodo, con funzioni <strong>di</strong>plomatiche, un tal don Pedro de Saravia,<br />
personaggio sul quale non è stato possibile rintracciare informazioni più approfon<strong>di</strong>te.
Sopra <strong>di</strong> che Sua Altezza ha scritto a me una lettera della quale mando copia.<br />
Ho risposto quanto da Nostro Signore – a bocca e nell’instruttione – mi fu commesso,<br />
cioè che, come ministro nominato da Sua Beatitu<strong>di</strong>ne a esso signor duca, non posso<br />
ingerirmi in simili provisioni per l’una o per<br />
l’altra parte, mentre Sua Santità si conserva neutrale fra le due corone.<br />
75<br />
Ieri poi venne a trovarmi l’istesso don Pietro, e mi <strong>di</strong>sse d’esser stato alloggiato<br />
cortesemente nel suo palazzo dal signor duca in Castel Durante, et avergli parlato due<br />
volte, et avuta buona intentione in generale, ma che la risposta particolarmente aveva<br />
esso signor duca data al signor duca <strong>di</strong> Pastrana con sue lettere, ch’aveva mandate per<br />
l’or<strong>di</strong>nario, onde precisamente non la sapeva, ma credeva che avria concesso detto<br />
terzo.<br />
Mi rese poi una lettera del medesimo signor duca <strong>di</strong> Pastrana, che mi ricercava <strong>di</strong><br />
aiutare la sua <strong>di</strong>manda per la buona e presta espe<strong>di</strong>ttione; ho rescritto pur secondo<br />
l’or<strong>di</strong>ne datomi ch’essendo tal cosa riservata al signor duca d’<strong>Urbino</strong> non avevo da<br />
ingerirmene, e l’istesso ho risposto alle instanze fattemi dal Sarravia.<br />
Presisterò in queste risposte, et anco in eseguire il rimanente <strong>degli</strong> or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Nostro<br />
Signore, cioè – se anderà innanzi la levata <strong>di</strong> questo terzo – <strong>di</strong> non esser ministro<br />
delle pene, né comportare che alcuno de’ miei au<strong>di</strong>tori ne accetti delegatione, o in<br />
modo alcuno se ne ingerisca.<br />
Et umilissimamente<br />
Mi hanno con grande instanza ricercato gli ebrei <strong>di</strong> questo stato
76<br />
che io per essi faccia ufficio acciocché Nostro Signore si compiaccia concedergli che<br />
ne’ loro viaggi non siano esclusi dall’ingresso della città e castelli dello stato<br />
ecclesiastico per il bando sopra <strong>di</strong> ciò publicato, siccome <strong>di</strong>cono esser stati da esso<br />
bando eccettuati gli ebrei <strong>di</strong> Roma e d’Ancona.<br />
Io non ho stimato dover ricusare <strong>di</strong> far simile officio, poiché vedo non volersi essi<br />
ebrei valere della licenza sudetta se non a buon fine et per i loro negoti, e credo che<br />
simil gratia sia per essere a Sua Altezza <strong>di</strong> gusto quando lo sappia.<br />
Et umilissimamente<br />
Con una <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima ho ricevute le copie <strong>degli</strong> instrumenti che<br />
furono stipulati nell’atto <strong>di</strong> prendere il possesso dello stato <strong>di</strong> Ferrara, le quali<br />
conservarò per valermi in quello che sarà a proposito <strong>di</strong> quell’esempio, quando verrà<br />
il caso <strong>di</strong> pigliare il possesso <strong>di</strong> questo stato.<br />
Con l’altra <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima ho ricevuto il ricordo <strong>di</strong> Nostro Signore <strong>di</strong><br />
quello che anco mi <strong>di</strong>sse innanzi la mia partita <strong>di</strong> costì, cioè <strong>di</strong> usare piacevolezza con<br />
questi popoli, il che io ho per il passato eseguito, e così per l’avvenire farò.<br />
Et umilissimamente<br />
77<br />
27 d’aprile 1625<br />
Mando alligata la copia dell’investitura che il duca Francesco Maria, avo <strong>di</strong><br />
quest’altezza, dell’anno 1514 fece a’ conti Girolamo e Gentile Ubal<strong>di</strong>ni per essi et i<br />
loro figlioli e posteri in perpetuo del castello <strong>di</strong> Pecchie, et a Vostra Signoria<br />
Illustrissima umilissimamente
Primo <strong>di</strong> maggio 1625<br />
Credendo io esser <strong>di</strong> gusto <strong>di</strong> Nostro Signore che quelli uomini <strong>di</strong> Sant’Angelo in<br />
Vado, che erano carcerati in <strong>Urbino</strong> per le cause già altre volte scritte, fossero<br />
liberati, ho operato che si rilascino, e così con effetto è seguito, essendosi rimessi a<br />
me tanto l’abbate <strong>di</strong> Castel Durante quanto il conte Ottavio Mamiani suo fratello.<br />
Potrà però essere che il medesimo abbate scriva a Vostra Signoria Illustrissima per<br />
queste cause e <strong>di</strong>fferenze che ha con gli uomini <strong>di</strong> quella terra.<br />
Et ora, non occorrendomi altro, umilissimamente<br />
Die<strong>di</strong> conto otto giorni sono a Vostra Signoria Illustrissima delle lettere che avevo<br />
ricevute dal signor duca d’<strong>Urbino</strong> e dal signor duca <strong>di</strong> Pastrana intorno<br />
78<br />
alla levata da questo stato <strong>di</strong> un terzo nell’occasione de’ presenti motivi, et anco delle<br />
risposte da me date in conformità <strong>degli</strong> or<strong>di</strong>ni che già a bocca e nell’instruttione da<br />
Nostro Signore ebbi, ora aggiungerò che se Sua Altezza farà resolutione <strong>di</strong> concedere<br />
detto terzo, io, siccome Vostra Signoria Illustrissima – secondo la mente <strong>di</strong> Sua<br />
Santità – mi scrive, avvertirò che si rimuova ogni occasione <strong>di</strong> tumulto, senza però<br />
ingerirmi in aiutare o impe<strong>di</strong>re l’effetto della levata.<br />
È stato a mio giu<strong>di</strong>tio opportunissimo l’officio fatto d’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Nostro Signore con il<br />
signor duca intorno al pensiero suo <strong>di</strong> ritirarsi a San Leo, et io, se ne intenderò altro,<br />
ne darò conto.<br />
Et umilissimamente
4 <strong>di</strong> maggio 1625<br />
Ho ricevuta una lettera dal signor duca, il quale strettamente mi ricerca del parer mio<br />
nel particolare del terzo, domandato per gli presenti motivi, e mi communica il<br />
pensier suo dell’andata a San Leo in caso <strong>di</strong> necessità che apportino gli stessi motivi.<br />
Ho stimato <strong>di</strong> non poter far <strong>di</strong> meno – per non <strong>di</strong>sgustare Sua Altezza – <strong>di</strong> rescrivere<br />
il mio senso, il quale senza dubbio è conforme al servitio <strong>di</strong> questo stato e <strong>di</strong> Sua<br />
Altezza, et a quello che qui in fatto<br />
intendo da tutte le persone prudenti giu<strong>di</strong>carsi l’unico rime<strong>di</strong>o d’infinite <strong>di</strong>fficoltà.<br />
79<br />
Mando copia della lettera del signor duca e della mia risposta, nella quale – intorno<br />
all’andata a San Leo – motivo l’istesso che Vostra Signoria Illustrissima mi scrisse in<br />
tal proposito.<br />
Aggiunge il signor duca nella sua lettera quel che aveva inteso dall’Abano d’un<br />
inventione <strong>di</strong> persone maligne, et l’intentione et risposta sua, del che io ho ringratiato<br />
Sua Altezza, siccome conveniva.<br />
Et umilissimamente<br />
Ho ricevuto, con la lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Nostro Signore<br />
<strong>di</strong> trattare il matrimonio fra il signor Bernar<strong>di</strong>no, figliolo del signor Giovanni Battista<br />
Fatio 56 e la nepote del signor Baldo Antonio Rosa, tutti d’<strong>Urbino</strong>, e persuadere tanto<br />
al Rosa quanto al dottor Go<strong>di</strong>, zio materno della giovane, la conclusione d’esso<br />
56 Giambattista Fazio fu segretario <strong>di</strong> Francesco Maria II della Rovere, e fu suo stimato ambasciatore presso le corti <strong>di</strong><br />
Napoli e Roma.
matrimonio, il che io con ogni efficacia eseguirò, desiderando che corrisponda il<br />
buon’esito et effetto alla volontà et affetto con che io lo procurarò; e poiché non sono<br />
per ritrovarmi in <strong>Urbino</strong> se non presso il fine del presente mese per aspettare che ivi<br />
l’aere sia alquanto più caldo, ho risoluto <strong>di</strong> mandare innanzi il mio maestro <strong>di</strong> casa<br />
sotto il<br />
80<br />
pretesto <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre le cose della casa per la mia passata in <strong>Urbino</strong>, ma che da mia<br />
parte tratti con il Rosa e Go<strong>di</strong> et con tutti gl’altri che sarà <strong>di</strong> bisogno, e, quando non<br />
possi stabilire cosa alcuna, almeno si assicuri e pigli parole che – inanzi la mia andata<br />
– non si faccia da questi parenti della zitella promissione ad altri.<br />
Egli è uomo assai attivo, e credo che tratterà bene, et il signor Pietro, figliolo pure del<br />
signor Giovanni Battista, come informato, gli suggerirà le opportune informationi, e –<br />
secondo che in questo negotio succederà altro <strong>di</strong> rilievo – ne darò conto a Vostra<br />
Signoria Illustrissima, alla quale frattanto faccio umilmente riverenza.<br />
Ho inteso che il signor duca da due o tre giorni in qua si trova in letto, et è risentito in<br />
un piede <strong>di</strong> podagra, sebbene leggermente e senza febre.<br />
Non ho in questo spaccio avuto lettere <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, né però altro<br />
mi occorre che aggiungere.<br />
Et umilissimamente<br />
vjjj <strong>di</strong> maggio 1625<br />
Ieri tornò da <strong>Urbino</strong> il mio maestro <strong>di</strong> casa, e mi riferì <strong>di</strong> aver
81<br />
trattato con il dottor Go<strong>di</strong> per avere da lui aiuto col signor Baldo Antonio Rosa per il<br />
matrimonio della nipote con il signor Barnar<strong>di</strong>no Fatio, ma che non ne cavò altro se<br />
non che il Rosa aveva già deliberato nell’animo suo quello che voleva fare, e ch’era<br />
superfluo a trattarne più con esso, e così a me ha rescritto con la lettera sua, che<br />
mando alligata.<br />
Con tutto ciò il maestro <strong>di</strong> casa andò a parlare al signor Bald’Antonio, cercandolo da<br />
mia parte persuadere, con <strong>di</strong>re tutte le ragioni che a questo fine possono esser<br />
giovevoli, e che gli aveva risposto che <strong>di</strong> ciò era stato ricercato a nome de’ signori<br />
duca e duchessa, <strong>di</strong> dar la zitella ad altri, e che esso gli aveva risposto che voleva<br />
essere in sua libertà, e che erano padroni della vita e robba, ma non della volontà sua,<br />
e che perciò non aveva voluto né voleva obligarsi a cosa alcuna, tanto più che la putta<br />
adesso non è in termine <strong>di</strong> maritarsi, essendo <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci anni, e, sebbene egli ci replicò<br />
assai et in particolare della molta so<strong>di</strong>sfazione che riceveria Nostro Signore quando<br />
seguisse tal matrimonio, non potè però cavarne altro se non che non averia concluso<br />
partito alcuno sino che io arrivassi ad <strong>Urbino</strong>, il che li promise.<br />
Quando sarò in <strong>Urbino</strong> farò ogni sforzo per vedere se potessi cavarne miglior<br />
risposta, e del tutto darò conto a vostra signoria<br />
illustrissima.<br />
Et umilissimamente<br />
82
Si è inteso che il signor duca, concedendo il terzo per servitio del re cattolico, abbia<br />
pensiero <strong>di</strong> valersi per maestro <strong>di</strong> campo del signore Pietro – Antonio Lunato<br />
milanese, e questo anco ha scritto a me il Sarravia spagnolo, che per questo effetto è<br />
in <strong>Urbino</strong>, ricercandomi <strong>di</strong> nuovo <strong>di</strong> aiuto nel fare la levata, nel che io mi sono<br />
rimesso a quello ch’a bocca li <strong>di</strong>ssi, ch’era materia riservata a Sua Altezza e che io<br />
non mi avevo da ingerire in far tal provisione, né però ci avrei dato impe<strong>di</strong>mento<br />
alcuno; et al conte Ottavio Mamiani, che mi ha scritto che io, non volendo in ciò<br />
fasti<strong>di</strong>o, avrei potuto darne la cura agli au<strong>di</strong>tori, ho risposto non poterlo in modo<br />
alcuno fare, essendo la medesima ragione in essi che in me <strong>di</strong> non dovercene ingerire.<br />
Con le altre mie riferii l’instanza fattami per persona a posta con gran<strong>di</strong>ssima<br />
efficacia dal signor duca in questo proposito e che per non lasciarlo <strong>di</strong>sgustato presi<br />
partito proporre che se avesse potuto so<strong>di</strong>sfare al re catolico o suoi ministri con una<br />
contribuzione averia ovviato a molte cose.<br />
Nell’angustia in ch’era <strong>di</strong> rescrivere, credei che quel fosse modo da uscirne senza che<br />
83<br />
il signor duca avesse da dolersi <strong>di</strong> poca urbanità, e che io non impe<strong>di</strong>vo e neanco<br />
<strong>di</strong>ssuadevo la levata, ma quando fosse potuto con so<strong>di</strong>sfattione farsi, lodavo il dare<br />
aiuto per una contributtione ad effetto d’assoldare stranieri, al che non so se Sua<br />
Altezza darà orecchio, e quando ne parli, qui si tiene che non sia per <strong>di</strong>spiacere a<br />
ministri del re.<br />
Ho poi per quest’ultimo or<strong>di</strong>nario ricevuta l’ultima <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima<br />
che approva le risposte da me date li 24 del passato et or<strong>di</strong>na che non <strong>di</strong>fficulti in<br />
modo alcuno la levata, il che eseguirò puntualissimamente, con tutto quel che <strong>di</strong><br />
nuovo il signor duca scrivesse.
Quando si faccia la levata può essere che siano adoprati gli soggetti che sono ora nei<br />
presi<strong>di</strong> <strong>di</strong> questo stato e che prestarono il giuramento, al che io avrò la debita<br />
avvertenza.<br />
Et umilissimamente<br />
= Di propria mano<br />
Ho inteso questa sera d’alcuni gentiluomini che il Lunati, destinato maestro <strong>di</strong><br />
campo, s’aspetta che vanga qua da Milano fra otto giorni, e cheda allora si<br />
<strong>di</strong>chiararanno gli capitani e si darà principio alla levata de’ soldati, la quale più piace<br />
al signor duca che il contribuire denari per soldo d’altre genti.<br />
84<br />
xj maggio 1625<br />
Avevo pensato al fin del presente mese conferirmi ad <strong>Urbino</strong>, et già me n’ero<br />
<strong>di</strong>chiarato qui in Pesaro, et anco per lettere in <strong>Urbino</strong>; ora, avendo con l’ultima <strong>di</strong><br />
Vostra Signoria Illustrissima intesa la mente <strong>di</strong> Nostro Signore, ho pensato <strong>di</strong><br />
sollecitare et andare al fine della presente settimana.<br />
Si persiste communemente nell’opinione che, quando sarà da Milano giunto fra<br />
quattro o sei giorni il Lunato, si darà principio alla levata del terzo con <strong>di</strong>chiararsi i<br />
capitani, e, se vi saranno <strong>di</strong> quelli de’ presi<strong>di</strong>, avvertirò – come scrissi – che gl’altri<br />
che si surrogaranno prestino nuovi giuramenti.<br />
Ho già avvertito questi au<strong>di</strong>tori che, se li sarà detto cosa alcuna come a me fu scritto,<br />
che faccino or<strong>di</strong>ne per la levata, si scusino e così osserveranno.<br />
Et umilissimamente
XV <strong>di</strong> maggio 1625<br />
Sono avvisato <strong>di</strong> buon luogo che ultimamente li famigliari del signor duca, con<br />
occasione <strong>di</strong> aver visto nelli lenzuoli suoi alcune macchie per pollutione avvenutali <strong>di</strong><br />
notte, gli proposero <strong>di</strong> chiamare a dormir seco la signora duchessa, al che egli da<br />
principio accon=<br />
85<br />
sentì, e mandò il me<strong>di</strong>co Od<strong>di</strong> a <strong>di</strong>rglielo, la quale se ne mostrò aliena per la<br />
mormoratione che <strong>di</strong>sse temere che saria seguita se per sorte si fosse ingravidata, ma<br />
poi si rimesse alla volontà <strong>di</strong> Sua Altezza, e fu accomodato un letto per tale effetto;<br />
ma il signor duca si è poi pentito, e si è rimosso il letto (e non se n’è più parlato). 57<br />
Mi ha rescritto il signor duca che non inclina alla contributione da me proposta in<br />
luogo della levata, ma che per concedere li soldati domandati si tiene communemente<br />
che non riuscirà a Sua Altezza il far mettere insieme non solo il terzo intiero, ma<br />
neanco parte, se non picciola, perché si mostrano questi sud<strong>di</strong>ti risoluti <strong>di</strong> non voler<br />
andare in essa levata, et si sono partiti et partono dallo stato in gran numero, e mentre<br />
persistendo nell’assenza si lasceranno ban<strong>di</strong>re, non averà il deputato da Sua Altezza<br />
modo da sforzargli, se non con esecutioni rigorose et o<strong>di</strong>ose nella robba <strong>di</strong> chi<br />
l’averà.<br />
Intendo che il signor duca si alterò grandemente quando ricevette la prima mia<br />
lettera, con la quale scusandomi <strong>di</strong>cevo <strong>di</strong> non potermi ingerire nella levata per la<br />
neutralità <strong>di</strong> Nostro Signore, et ora con tutto quello che ho scritto a Sua Altezza e al<br />
conte Ottavio sta<br />
57 Potrebbe essere interessante cercare <strong>di</strong> mettere a fuoco le ragioni del pentimento del duca e della rimozione del letto,<br />
dando per certo lo strano fenomeno precedentemente descritto (nel 1625 il duca aveva 76 anni), del quale in ogni caso<br />
la duchessa non dubita, paventando una gravidanza foriera <strong>di</strong> dubbi e pettegolezzi.
86<br />
fermo e risoluto <strong>di</strong> volere che gli or<strong>di</strong>ni per detta levata eschino da questi au<strong>di</strong>tori et<br />
u<strong>di</strong>enza, al che io non consentirò in modo alcuno, siccome nell’instruttione ne tengo<br />
particolare or<strong>di</strong>ne.<br />
Ma temo bene che non potrò trovare scusa o risposta tale che Sua Altezza si quieti et<br />
so<strong>di</strong>sfaccia <strong>di</strong> me, et che restarà <strong>di</strong>sgustato mentre che alle nuove instanze che mi si<br />
faccino non rescriva chiaro aver or<strong>di</strong>ne da Nostro Signore <strong>di</strong> non m’ingerire, né<br />
lasciare che i miei au<strong>di</strong>tori s’ingerischino in tali provisioni.<br />
Sopra che aspetterò che mi venga da Vostra Signoria Illustrissima commandato<br />
quanto è mente <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
Et umilissimamente<br />
Il duca è guarito dalla podagra che per doi o tre giorni lo toccò in un piede, et sta<br />
levato, uscendo ogni sera in carrozza.<br />
Intendo che ha fatto consultare se può fare una buona purga che l’aiuti a recuperare<br />
l’uso delle mani e pie<strong>di</strong>, chiamando – oltre il suo me<strong>di</strong>co – un’altro urbinate, il quale<br />
ha risposto <strong>di</strong> non veder luogo ad alcuna purga per tal fine con speranza <strong>di</strong><br />
buon’esito, perché li rime<strong>di</strong> veementi non si possono applicargli per l’età e debolezza<br />
sua, et le me<strong>di</strong>cine leggieri non facciano alcun effetto, della quale risolutione il signor<br />
duca restò assai conturbato.<br />
87<br />
Al Bono, già avvocato fiscale, s’è – secondo il suo desiderio – commutato il luogo<br />
che gli s’assignò quando uscì <strong>di</strong> Rocca nella terra <strong>di</strong> Sant’Angelo in Vado, sua patria,
et la totale espe<strong>di</strong>tione della causa <strong>di</strong>pende da esso, che tuttavia attende a formare il<br />
processo defensivo.<br />
Et umilissimamente<br />
19 <strong>di</strong> maggio 1625, in <strong>Urbino</strong><br />
Sabbato venni ad <strong>Urbino</strong>, eseguendo la mente <strong>di</strong> Nostro Signore, e nel partire <strong>di</strong><br />
Pesaro, con occasione de’ compimenti [i. e. complimenti] che fecero meco molti<br />
gentiluomini, gli resi capaci che per la stagione così conveniva, e restorono so<strong>di</strong>sfatti.<br />
Scrissi per l’altro or<strong>di</strong>nario quel che mi era stato referto, che il Lunati, destinato<br />
maestro <strong>di</strong> campo, fosse giunto a Castel Durante; mi sono poi certificato che non vi è<br />
giunto, ma si aspetta fra due o tre giorni, et allora si darà l’or<strong>di</strong>ne e principio alla<br />
levata, intorno alla quale non ho che <strong>di</strong>re più <strong>di</strong> quel che abbia già scritto, cioè che<br />
sarà materia <strong>di</strong>fficilissima.<br />
Et umilissimamente<br />
Quando scrissi al signor duca il pensier mio <strong>di</strong> transferirmi ad <strong>Urbino</strong>, mi rescrisse il<br />
conte Ottavio essere ciò grato a Sua Altezza; ora ho ricevuta<br />
88<br />
la risposta che mi dà Sua Altezza, della quale mando copia; poiché, narrando quello<br />
che l’Albano gli avvisava essergli detto da Nostro Signore intorno la levata, mostra<br />
per tal rispetto essergli grata la vicinanza, e così si vede che persiste nel pensiero <strong>di</strong><br />
valersi in ciò <strong>di</strong> me o <strong>di</strong> questi au<strong>di</strong>tori.
Io rescriverò esibendomi nelle altre cose, ma in questo particolare mi rimetterò alla<br />
prima lettera, con quale risposi non potermi ingerire, credo però esser impossibile <strong>di</strong><br />
tirar innanzi con la medesima risposta generale senza <strong>di</strong>sgustare gravemente Sua<br />
Altezza, mentre non abbia da Nostro Signore licenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>r chiaro che tal sia l’or<strong>di</strong>ne<br />
datomi, sopra <strong>di</strong> che, come scrissi anco con l’altre mie, aspettarò d’intendere quel che<br />
Sua Beatitu<strong>di</strong>ne comman<strong>di</strong>.<br />
Et umilissimamente<br />
22 <strong>di</strong> maggio 1625<br />
Intesi ieri la mente <strong>di</strong> Nostro Signore che – s’è possibile – non si muti, con<br />
l’occasione della levata del terzo, alcuno <strong>degli</strong> officiali che, per trovarsi nei presi<strong>di</strong> o<br />
per carico <strong>di</strong> militie, l’anno passato prestorono li giuramenti, e, poiché vedo che al<br />
presente questo è il miglior mezzo per i miei negoti, scrissi subito per persona a posta<br />
al conte Ottavio Mamiani che io sopra <strong>di</strong> questo desideravo passare efficace uffi=<br />
89<br />
cio col signor duca, et lo ricercavo se voleva egli fare l’officio, o com’era meglio; mi<br />
rispose che approvava, che io ne scrivessi a Sua Altezza e che egli averia aiutato il<br />
mio desiderio.<br />
Ho scritto questa mattina pienamente rappresentando tutte le ragioni che persuadono<br />
che non rimuova alcuno <strong>di</strong> essi officiali al signor Antonio Donato et all’Urbano<br />
segretario e consigliere <strong>di</strong> Sua Altezza, acciò opportunamente facciano l’istesso<br />
officio, e non mancarò d’ogn’altra <strong>di</strong>ligenza a me possibile per eseguire la mente <strong>di</strong><br />
Nostro Signore.<br />
Et umilissimamente
Martedì venne a posta ad <strong>Urbino</strong> il capitano Alessandro Cavalca, gentiluomo del<br />
signor duca, <strong>di</strong> volontà del signor conte Ottavio Mamiani et dell’Urbano, consigliere<br />
<strong>di</strong> Sua Altezza, ad effetto <strong>di</strong> persuadermi che, quando sarà giunto il maestro <strong>di</strong><br />
campo, gli or<strong>di</strong>ni della levata escano da’ miei au<strong>di</strong>tori, con <strong>di</strong>re che non vi è altro<br />
tribunale e che un commissario che si deputi non sarà temuto, mentre si veda<br />
l’u<strong>di</strong>enza non or<strong>di</strong>nare cosa alcuna, e che essi conoscano che – ricusando io ciò, il<br />
signor duca se ne sdegnarà et altererà grandemente.<br />
Io risposi aver già scritto più volte al conte Ottavio che non posso consentire che gli<br />
au<strong>di</strong>tori s’ingeriscano, e che la ragione<br />
90<br />
della neutralità <strong>di</strong> Nostro Signore comprende ancor essi, e che non darò impe<strong>di</strong>mento<br />
alcuno al deputato, e spero che Sua Altezza, secondo la prudenza sua, si appagherà<br />
della mia scusa, e pregai tanto il capitano, quanto il conte e l’Urbani che procurino<br />
che il signor duca non mi comman<strong>di</strong> o ricerchi per questo aiuto <strong>degli</strong> au<strong>di</strong>tori, acciò<br />
non vi sia l’occasione del <strong>di</strong>sgusto mentre io non accetti ch’essi se ne ingeriscano.<br />
Partì con questa risposta, et io del tutto ho dovuto dar conto a Vostra Signoria<br />
Illustrissima, alla quale umilissimamente faccio riverenza.<br />
Avendo la communità delle Fratte 58 <strong>di</strong> questo stato fatta in quest’u<strong>di</strong>enza instanza che<br />
sia raccomandato a Vostra Signoria Illustrissima un suo interesse, esposto nel<br />
memoriale che ha presentato a Sua Altezza, io non ho dovuto ricusare <strong>di</strong> far l’ufficio<br />
58 Fino alla fine dell'800 Fratte Rosa, oggi comune marchigiano in provincia <strong>di</strong> Pesaro e <strong>Urbino</strong>, si chiamava<br />
semplicemente Fratte (Rosa venne aggiunto in seguito, probabilmente per la colorazione dei mattoni delle case).
con supplicare Vostra Signoria Illustrissima a favorire e proteggere e consolare gli<br />
uomini <strong>di</strong> essa communità nella loro <strong>di</strong>manda, in quanto onestamente si può.<br />
Et io con ciò umilissimamente<br />
Il signor duca continua nel desiderio <strong>di</strong> fare una purga per ricupe=<br />
91<br />
rare l’uso delle mani e de’ pie<strong>di</strong>, pensando anco, per quanto si <strong>di</strong>ce, alla generatione,<br />
et ha chiamato a Castel Durante il dottore Magalotti, me<strong>di</strong>co in Pesaro, per pigliarne<br />
consiglio.<br />
Ha risoluto <strong>di</strong> non ricevere o alloggiare per l’avvenire in Pesaro né in Sinigaglia<br />
alcun personaggio, e perciò ha rimosso li ministri che per tale effetto vi teneva.<br />
Et umilissimamente<br />
26 <strong>di</strong> maggio 1625<br />
Non mancai, giunto in <strong>Urbino</strong>, <strong>di</strong> mandare a chiamare il signore Baldo Antonio Rosa<br />
per proseguire il trattato incominciato del matrimonio fra la sua nipote et il signor<br />
Bernar<strong>di</strong>no Fatio, ma mi fu detto trovarsi in villa, <strong>di</strong> dove non tornerà alla città se non<br />
al fine del mese, e subito che sarà gionto attenderò a trattar seco, e frattanto intenderò<br />
quello che mi riferirà il Bruno, mio segretario.<br />
Ho parlato al dottore Go<strong>di</strong> con ogni maggior efficacia, ma la verità è che io non ho<br />
cavato poco, persistendo egli in rispondere che non ha autorità in questo negotio, e<br />
che il Rosa vuol fare a modo suo, né può farci altro; io, con tutto ciò, gli ho sempre<br />
replicato che non lasci <strong>di</strong> far buon’ufficio per il signor Fatio. Quando sarà
tornato il Rosa darò conto a Vostra Signoria Illustrissima <strong>di</strong> quel che passarà.<br />
Et umilissimamente<br />
92<br />
Ieri giunse a Castel Durante il Lunato, destinato maestro <strong>di</strong> campo del terzo da farsi,<br />
et è verisimile che ora eschino gli or<strong>di</strong>ni per la levata et si <strong>di</strong>chiarino li capitani et<br />
ufficiali, et, sebene non ho fino ad ora avuto risposta dal signor duca della lettera che<br />
io li scrissi in proposito <strong>di</strong> quelli ch’hanno prestato li giuramenti, spero non<strong>di</strong>meno<br />
che non saranno mossi da’ loro luoghi, massime perché non s’abbia a fare la<br />
reiteratione d’essi giuramenti, e così mi risponde il signor Antonio Donato, lodando<br />
che da me si sia prevenuto.<br />
S’intende che s’avranno da rimettere e condonare li ban<strong>di</strong> a quelli che ora sono<br />
ban<strong>di</strong>ti, mentre va<strong>di</strong>no a questo soldo et servitio.<br />
Nè altro occorrendomi <strong>di</strong> aggiungere, umilissimamente<br />
Ieri il signor Mario Mastrillo, ricevuto l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima <strong>di</strong><br />
conferirsi a Roma, si messe in viaggio, mostrando, nel partir <strong>di</strong> qua, molta<br />
so<strong>di</strong>sfatione <strong>di</strong> me.<br />
Avendo io avuta ottima riso=<br />
93<br />
luzione del dottore Mercurio Bruschi, da San Ginesio, come <strong>di</strong> persona pratica et<br />
intelligente, et a proposito per questo luogo li ho scritto che, poiché il viaggio non è
molto, arrivi qua, che se nel <strong>di</strong>scorrere seco non vi si troverà <strong>di</strong>fficoltà, mi valerò<br />
della persona sua, et ho stimato bene non <strong>di</strong>fferire per prevenire alcun officio che ho<br />
inteso procurarsi, e presto poter farsi meco da alcuni de’ signori che servono Sua<br />
Altezza per persona non conforme a quel ch’è servitio <strong>di</strong> quest’u<strong>di</strong>enza, e così alla<br />
santa mente <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
Et umilissimamente<br />
29 <strong>di</strong> maggio 1625<br />
Il Lunati, maestro <strong>di</strong> campo, tuttavia <strong>di</strong>mora in Castel Durante, ove si son fatte varie<br />
congregationi e consulti sopra la levata, et intendo giu<strong>di</strong>carsi materia <strong>di</strong>fficilissima;<br />
non si sa però che vi sia anco <strong>di</strong>chiaratione de’ ministri o d’officiali, né che siano<br />
giunti li denari per le paghe.<br />
Ieri sera il Serravia spagnolo, che qui si trattiene per questo effetto, venne a far meco<br />
doglienza che io presista <strong>di</strong> non consentire che i miei au<strong>di</strong>tori <strong>di</strong>ano gl’or<strong>di</strong>ni per la<br />
levata, et che anche impe<strong>di</strong>sca che i governatori d’armi<br />
94<br />
et i castellani siano adoprati per officiali del terzo.<br />
Risposi, quanto agli au<strong>di</strong>tori, che, non dovendo io ingerirmi in questa provisione per<br />
la neutralità <strong>di</strong> Nostro Signore, neanco poteva lasciare che questi, che da me<br />
<strong>di</strong>pendono, vi s’ingerischino, e, quanto a’ castellani o loro luogotenenti, o governatori<br />
d’arme, che io non ho dovuto lasciare <strong>di</strong> rappresentare al signor duca che non è bene<br />
mutar quello [i. e. quelli] che hanno tali uffici e perciò hanno, l’anno passato, prestato<br />
i giuramenti noti, poiché essendo persone ne’ loro carichi espresse et fidate, et<br />
espe<strong>di</strong>ente sicurezza et servitio d’esso stato, et conseguentemente <strong>di</strong> Nostro Signore
et <strong>di</strong> Sua Altezza rimoversi, et non si pregiu<strong>di</strong>ca alla levata, per la quale si possono<br />
adoprare altri soggetti nuovi, anco forastieri.<br />
Et umilmente<br />
Mi ha il signor duca rescritto non aver pensiero <strong>di</strong> mutare gl’officiali delle militie e<br />
presi<strong>di</strong>, ma, quando che venisse il caso che alcuno <strong>di</strong> essi volesse licentiarsi et<br />
impiegarsi nella leva, io potrei consurrogare altro e pigliare i nuovi giuramenti.<br />
Mostra poi nell’istessa lettera <strong>di</strong> essere assai annoiato <strong>di</strong> questi fasti<strong>di</strong>, et aggiunge<br />
che, col non potersi valere in questa leva <strong>di</strong> quelli che hanno qual=<br />
95<br />
che esperienza, si viene a <strong>di</strong>fficultarla maggiormente, et ch’egli confidava che io fossi<br />
per facilitarla, conforme all’intentione datane da Sua Santità all’Albano.<br />
Io credo che Sua Altezza, sebene non lo replica espressamente, intenda anco quasi<br />
dolersi che da me non si aiuta come vorria la leva con l’opra de’ miei au<strong>di</strong>tori.<br />
Con che fine a Vostra Signoria Illustrissima fo riverenza umilissima.<br />
Di propria mano<br />
Dopo esser scritta la presente ho inteso essersi risoluto a Castel Durante che venga ad<br />
<strong>Urbino</strong> il Lunati, e con esso il dottore Leonar<strong>di</strong> <strong>di</strong> Castel Durante et il dottore<br />
Camperoli da Cagli, per dar gli or<strong>di</strong>ni opportuni per la levata.<br />
iij <strong>di</strong> giugno 1625<br />
S’è dal signore duca eretto un magistrato sopra la leva del terzo, dal quale si è già<br />
scritto a’ luogotenenti et officiali delle città e luoghi dello stato, che con e<strong>di</strong>tto penale
proibischino la partita dello [i. e. dallo] stato, e comman<strong>di</strong>no il ritorno a quelli che dal<br />
principio d’aprile in qua se ne sono partiti; et io mando copia alligata della lettera<br />
scritta a questo luogotenente d’<strong>Urbino</strong>, che già, in conformità <strong>di</strong> quella,<br />
ha publicato il suo bando.<br />
96<br />
Ha il signor duca anche scritto a’ priori della città, acciò facilitino la leva, et io pur<br />
mando la copia della lettera scritta a’ priori d’<strong>Urbino</strong>, essendo già incaminati gli<br />
or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Sua Altezza, et il nuovo magistrato sopra la leva tengo che a me non sarà<br />
fatta altra richiesta, e, quando occorresse, osservarei puntualmente quel che in tal<br />
proposito, secondo la mente <strong>di</strong> Nostro Signore, da Vostra Signoria Illustrissima mi<br />
s’impone.<br />
Et umilmente<br />
V <strong>di</strong> giugno 1625<br />
Può esser certo Nostro Signore che da me non è uscito che a Sua Santità non piaccia<br />
la levata <strong>di</strong> questo terzo, et ieri mattina, subito ricevuto l’or<strong>di</strong>ne che in questo<br />
proposito mi <strong>di</strong>ede Vostra Signoria Illustrissima, feci chiamare il magistrato <strong>di</strong> questa<br />
città et il Sarravia spagnolo, che qui <strong>di</strong>mora per detta levata, e poiché il Lunati non è<br />
anco venuto ad <strong>Urbino</strong>, et allora si trovò qui il capitano Alessandro Cavalca,<br />
gentiluomo del signor duca, ch’era in procinto per tornare a Castel Durante, si chiamò<br />
anche lui, et in presenza <strong>di</strong> tutti essi feci e replicai espressamente la <strong>di</strong>chiarazione<br />
della mente <strong>di</strong> Nostro Signore, nel modo et con le parole stesse che Vostra Signoria<br />
Illustrissima mi or<strong>di</strong>na.<br />
Aggiunsi maravigliarmi che il signor duca <strong>di</strong> Pa=
97<br />
strana potesse aver inteso da alcuno che io <strong>di</strong>cessi che la levata non piacesse a Nostro<br />
Signore, poiché sapevano, quei signori ch’erano presenti, che io non avevo mai detto<br />
tal cosa, anzi il contrario, il che tutti affermano, et il spagnolo in particolare rispose<br />
ch’egli non aveva mai scritto questo, ch’era ben vero che aveva inteso molti<br />
<strong>di</strong>scorrere per la città che dal non volermi io ingerire nella levata né lasciare che li<br />
au<strong>di</strong>tori se ne ingeriscano, e dall’aver fatto ufficio col signor duca che non si vaglia <strong>di</strong><br />
quelli che hanno prestati li giuramenti, se ne cavava in<strong>di</strong>tio che la levata non piacesse<br />
a Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, e che questo poteva da alcuno esser stato scritto a Roma.<br />
Io replicai che la ragione <strong>di</strong> non ingerirmene io ed aver rappresentato non esser<br />
espe<strong>di</strong>ente rimovere quelli ch’avevano giurato, non concludeva questa <strong>di</strong>splicenza, la<br />
quale ora si mostrerà chiaramente che non ci era con la <strong>di</strong>chiaratione fatta.<br />
Dissi poi al Sarravia che, con occasione <strong>di</strong> vedere persone delle altre città e luoghi<br />
dello stato, avrei fatto anch’essi capaci <strong>di</strong> questa volontà <strong>di</strong> Sua Santità, acciò lo<br />
riferissero nelle loro patrie, il che li piacque grandemente, e me ne ringratiò.<br />
Si crede che il Lunati sarà qua lunedì, et io allora farò seco l’istesso ufficio, ma<br />
frattanto egli l’avrà in Castel Durente inteso dal Cavalca, dal quale lo saprà<br />
anche il signor duca et la corte.<br />
Et umilissimamente<br />
98<br />
Di propria mano<br />
Dopo aver scritta la presente ho inteso che il Cavalca, subito giusto in Castel Durante,<br />
riferì al signor duca la <strong>di</strong>chiaratione fatta da me, e che Sua Altezza ne sentì
gran<strong>di</strong>ssimo gusto, e ne restò so<strong>di</strong>sfattissimo, et ho anco inteso ch’ora, fatta la<br />
deputatione del nuovo magistrato per la leva, si è quietato del senso che aveva sopra<br />
il non ingerire io né gli au<strong>di</strong>tori, e si mostra come prima so<strong>di</strong>sfatto, ecc.<br />
Ho parlato due volte al signor Bald’Antonio Rosa, cercando con ogni buon modo<br />
persuadergli il matrimonio della nipote col signor Fatio; è stato sempre fermo in <strong>di</strong>re<br />
che per ora non ha pensiero <strong>di</strong> stabilire alcun partito, io però all’ultimo gli ho detto<br />
che ci pensi, perché non può fare la miglior risolutione, egli ha risposto che per<br />
pensarci non muterà volontà.<br />
Ho anco adoprato in questo il padre Ciminella, domenicano, ch’è suo confessore (mi<br />
pare soggetto molto accorto), ma anco lui niente <strong>di</strong> più ne ha cavato.<br />
Del tutto ho dovuto a Nostro Signore et a Vostra Signoria Illustrissima dar conto.<br />
E con ciò umilmente<br />
99<br />
Avendomi in Pesaro li ministri del signor duca parlato sopra il pregiu<strong>di</strong>tio che<br />
pretendevano venirgli dalla revisione de’ conti de’ luoghi pii che Monsignore<br />
arcivescovo d’<strong>Urbino</strong> intendeva <strong>di</strong> fare secondo il Concilio <strong>di</strong> Trento, io pregai per<br />
lettere Monsignore <strong>di</strong> soprasedere sino alla mia venuta qua, ove giunto mi <strong>di</strong>sse che<br />
conveniva fare tal revisione e che aveva cominciato a trattarne con quelli signori che<br />
assistono al signor duca, acciò se ne quietassero.<br />
Io risposi che Nostro Signore premeva assai che a Sua Altezza non si dassero<br />
<strong>di</strong>sgusti, né io credevo che fosse bene <strong>di</strong> venirsi da esso Monsignore alla revisione<br />
con <strong>di</strong>sgusto del signor duca.
Scrissi poi al conte Ottavio et al consigliere Urbano per intender quello che dovevo o<br />
qui <strong>di</strong>re o rappresentare a Nostro Signore; essi hanno mandato qua il signor<br />
Francesco Lionello, acciò tratti e stabilisca con Monsignore che li conti si rivedano<br />
con la sopraintendenza sua et anco de’ ministri del signor duca, e così hanno scritto a<br />
me e mi ha riferito l’istesso Lionello, il quale mi ha detto che <strong>di</strong> questo il signor duca<br />
non averà <strong>di</strong>sgusto alcuno.<br />
Mentre nel modo sudetto si faccia la revisione delli conti d’<strong>Urbino</strong>, il medesimo si<br />
potrà fare a Sinigaglia, et scriversi al<br />
100<br />
podestà et al vicario <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima.<br />
Et umilissimamente<br />
9 <strong>di</strong> giugno 1625<br />
Venerdì si conferì ad <strong>Urbino</strong> il signor Lunati, maestro <strong>di</strong> campo, e venne a vedermi,<br />
io lo feci intieramente capace dell’ottima mente <strong>di</strong> Nostro Signore intorno alla leva, e<br />
li mostrai la lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima scrittami in tal proposito, senza<br />
però darne, né ad esso né ad altri, copia; egli mostrò restar so<strong>di</strong>sfatto e mi ricercò<br />
strettamente che significassi questa volontà <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne alle altre città e luoghi<br />
principali dello stato, con or<strong>di</strong>nare a’ luogotenenti o podestà che la facciano nota.<br />
Io ho creduto esser bene, e quasi necessario, per eseguire la mente <strong>di</strong> Sua Santità e<br />
dare so<strong>di</strong>sfatione al signor duca e suoi ministri, <strong>di</strong> scrivere sopra <strong>di</strong> ciò una breve<br />
lettera a detti luogotenenti o podestà, e ne mando copia allegata.<br />
Il Lunati pienamente si è <strong>di</strong> ciò so<strong>di</strong>sfatto, egli ier sera partì <strong>di</strong> qua e ci tornerà fra<br />
quattro e sei giorni con gl’altri del Magistrato della Leva, ma continua l’opinione
comune che troveranno gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà in mettere insieme gente, poiché questi<br />
popoli in gran numero si partono per fuggire tal occasione.<br />
Et umilmente<br />
101<br />
13 giugno 1625<br />
Ieri tornò ad <strong>Urbino</strong> il signor Pietr’Antonio Lunati, et insieme con esso gl’altri del<br />
Magistrato della Leva, e si crede che ora rimoveranno qui per tirarla innanzi.<br />
Hanno <strong>di</strong>chiarati alcuni capitani et officiali, e si vedono alcuni soldati, ma pochi.<br />
Né altro <strong>di</strong> più occorrendomi, umilissimamente<br />
Mi ha scritto il signor duca esser ricercato dalla marchesa del Vasto, sua nipote, <strong>di</strong><br />
permettere al marchese del Vasto che, terminando, come spera, la sua causa in<br />
Napoli, possa venire a <strong>di</strong>morare in questo stato mentre dura il governo del signor<br />
duca d’Alva, quale ha per poco amorevole, et mi ha ricercato con molta instanza che<br />
ne scriva il parer mio.<br />
Io, vedendo desiderarsi molto da Sua Altezza questa risposta, e credendo anco che<br />
non sia per <strong>di</strong>spiacere quella che io stimo esser meglio risolutione e più anche per<br />
servitio <strong>di</strong> questo stato, ho rescritto non parermi che sia espe<strong>di</strong>ente che il marchese<br />
venga qua, perché, quando altre volte ci è stato, <strong>di</strong>cono questi popoli che con molta<br />
<strong>di</strong>fficoltà si moderava la natura e suoi<br />
102
pensieri, e vi concorre anco l’inimicitia che ha con li marchesi Doria, la quale può<br />
partorire qualche inconveniente.<br />
Aggiungerò qui questo, che non ho scritto a Sua Altezza che a me non par <strong>di</strong> servitio<br />
a Nostro Signore che, quando venga il caso della morte del signor duca, si ritrovi qui<br />
questo signore che <strong>di</strong>cono essere <strong>di</strong> spiriti così gagliar<strong>di</strong>.<br />
Ho dovuto il tutto riferire a Vostra Signoria Illustrissima, a cui umilmente<br />
Il prencipe <strong>di</strong> Palestrina 59 mi ha scritto <strong>di</strong> preservare due soldati <strong>di</strong> Fossombrone che<br />
servono nel suo terzo, dall’obbligo <strong>di</strong> ritornare in questo stato in esecutione del bando<br />
publicato d’or<strong>di</strong>ne del Magistrato della Leva, del quale mandai copia a Vostra<br />
Signoria Illustrissima, e perché uno <strong>di</strong> essi era partito inanzi aprile, ho risposto che<br />
come non compreso nel bando non riceverà molestia a continuare nel suo servitio.<br />
Dell’altro, ch’è partito dopo aprile, ho mandato a parlare al Lunati, <strong>di</strong>cendo che non<br />
credo che in simil bando siano compresi quelli che servono a Nostro Signore, egli<br />
però ha mostrato senso contrario, che il bando sia generale et abbracci tutti.<br />
Ho avvisato il signor principe <strong>di</strong> quanto passa, del che ho anche dovuto dar conto a<br />
Vostra Signoria Illustrissima.<br />
È uscito dal suddetto magistrato un or<strong>di</strong>ne agli officiali della città che publi=<br />
103<br />
59 Francesco Colonna, principe <strong>di</strong> Palestrina, (? – 1636) intraprese la carriera militare e ricoprì importanti ruoli in<br />
Francia e nelle Fiandre; nel 1625 fu nominato governatore militare delle Marche, grazie all'intervento del fratello <strong>di</strong><br />
papa Urbano VIII, Carlo Barberini, al quale – in seguito a <strong>di</strong>ssesti finanziari - fu costretto a vendere la città <strong>di</strong> Palestrina<br />
e numerosi altri posse<strong>di</strong>menti.
chino la licenza a’ ban<strong>di</strong>ti <strong>di</strong> venire a pigliar il soldo con speranza a chi d’essi anderà<br />
a questa guerra e si portarà bene, della gratia e remissione de’ ban<strong>di</strong>ti, eccettuati<br />
alcuni casi.<br />
Ne mando copia, et umilissimamente<br />
Se io avessi sopraintendenza della leva del terzo <strong>di</strong> questo stato senz’altra eccettione,<br />
concederei al padre Giuseppe da Fossombrone, cappuccino, ch’è ricorso a Vostra<br />
Signoria Illustrissima per l’esentione per il nepote d’andar con essa leva; ma mi sono<br />
scusato <strong>di</strong> questo carico per la neutralità <strong>di</strong> Nostro Signore, com’ella sa, onde ora tal<br />
esentione non ha da <strong>di</strong>pender da me, ma dal Magistrato della Leva.<br />
Farò ben qui per lui ufficio <strong>di</strong> raccomandatione con alcuno d’esso magistrato per<br />
servir secondo il mio debito in quel che posso a Vostra Signoria Illustrissima, alla<br />
quale umilissimamente<br />
20 <strong>di</strong> giugno 1625<br />
Il maestro <strong>di</strong> campo, con questi altri signori del Magistrato della Leva, attende a tirare<br />
inanzi le provisioni opportune per mettere insieme soldati.<br />
Mandano in volta commissari per lo stato ad effetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre<br />
104<br />
i popoli a pigliare volontariamente il soldo, e servitto lettere a’ feudatari del signor<br />
duca acciò <strong>di</strong>ano certo numero d’uomini e <strong>di</strong>cono aspettare che finisca il termine<br />
prefisso nel bando a’ sud<strong>di</strong>ti che sono partiti dopo il primo d’aprile, per procedere poi<br />
contro <strong>di</strong> loro se non tornano.
I soldati che sinora volontariamente hanno preso il soldo sono intorno a 150.<br />
Né ho altro d’aggiungere, et umilissimamente<br />
Quando vi sarà occasione d’inviare condannati alle galere io obe<strong>di</strong>rò all’or<strong>di</strong>ne che<br />
mi dà Vostra Signoria Illustrissima che si man<strong>di</strong>no a servire nelle galere <strong>di</strong> Nostro<br />
Signore per il tempo della condannatione, e procurerò che questo non abbia a<br />
<strong>di</strong>spiacere al signor duca, ch’è stato solito <strong>di</strong> mandargli a Venetia, e, mentre<br />
intendessi ciò non essere <strong>di</strong> so<strong>di</strong>sfatione <strong>di</strong> Sua Altezza, io ne darei conto a Vostra<br />
Signoria Illustrissima per intendere quel che in tal caso mi fosse imposto.<br />
Et umilissimamente<br />
25 giugno 1625<br />
Ebbi mercordì lettere da Monsignore Ripa, governatore <strong>di</strong> Fano, che mi<br />
105<br />
<strong>di</strong>ede avviso d’un insulto fattogli, presso Pesaro, da Pietro Paolo Papi, ch’era alfiere<br />
d’una compagnia in Fano et fu casso o sospeso, e si dolse Monsignore che i soldati <strong>di</strong><br />
quella guar<strong>di</strong>a si fossero mostrati favorevoli del Pepi, et anco, fatta fermare la sua<br />
carrozza, acciò secondo la sua instanza non avesse potuto ottenere la carceratione <strong>di</strong><br />
detto Pepi, <strong>di</strong>cendogli che s’era imbarcato, e poi ho avuto lettere dal signor prencipe<br />
<strong>di</strong> Palestrina sopra l’istesso fatto e con instanza per la carceratione del Pepi.<br />
Io dal podestà o luogotenente non ho avuta relatione alcuna, ma ho subito scritto ad<br />
essi con rispondergli che non abbiano dato conto né or<strong>di</strong>nato la cattura e le <strong>di</strong>ligenze<br />
debite; ho loro imposto che, se il Pepi è in Pesaro o in quel territorio, ad ogni modo<br />
veggano <strong>di</strong> averlo in mano, e, se non vi è, facciano processo in contumacia, e che
anco s’informino et avvisino de’ termini usati da’ soldati per potere provedere come<br />
sia opportuno, et ho avvertito il Gad<strong>di</strong>, governatore dell’arme, che non impe<strong>di</strong>sca la<br />
cattura, e, se il Pepi è nella sua guar<strong>di</strong>a o fra soldati, lo facci fermare tanto che vada<br />
in mano della corte, e credo che lo farà, poiché egli solo mi scrive d’alcuna cosa <strong>di</strong><br />
questo fatto, <strong>di</strong>cendo aver mostrato ogni ossequio e passato compimento con<br />
Monsignore governatore <strong>di</strong> Fano, e mandato a far scusa<br />
106<br />
che i soldati avevano fatto fermare la carrozza non conoscendolo, per ischivare i<br />
rumori presso quel corpo <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a.<br />
Ho stimato dover dar conto <strong>di</strong> quanto è venuto a mia notizia e che si è or<strong>di</strong>nato da<br />
me.<br />
Et umilmente<br />
Die<strong>di</strong> otto giorni sono conto a Vostra Signoria Illustrissima che subito che ebbi le<br />
lettere <strong>di</strong> Monsignore governatore <strong>di</strong> Fano e del signor prencipe <strong>di</strong> Palastrina sopra<br />
l’insulto commesso presso Pesaro dal Pepi, già alfiero, or<strong>di</strong>nai con lettere <strong>di</strong> questa<br />
u<strong>di</strong>enza per messo a posta al luogotenente o al podestà <strong>di</strong> Pesaro, che usassero ogni<br />
<strong>di</strong>ligenza per carcerare esso Pepi, e scrissi al Gad<strong>di</strong>, governatore dell’arme, che non<br />
impe<strong>di</strong>sse ma favorisse la cattura.<br />
Aggiungerò ora d’avermi rescritto il luogotenente che trovava molta <strong>di</strong>fficoltà in essa<br />
cattura, perché il Pepi o si tratteneva nelle chiese ovvero camminava in compagnia<br />
de’ soldati della leva et trattava anch’egli <strong>di</strong> pigliare il soldo per provedere a questo.<br />
Ho procurato che il Lunati, maestro <strong>di</strong> campo, l’escluda dal soldo, et or<strong>di</strong>nai a’<br />
capitani della leva che né essi, né loro soldati lo spalleggino, e sopra <strong>di</strong> questo ho<br />
mandato una lettera dell’istesso Lunati, e <strong>di</strong> nuo=
107<br />
vo ho scritto al Gad<strong>di</strong>, governatore dell’armi, che or<strong>di</strong>ni a’ suoi soldati che, capitando<br />
costui alle porte, non lo lascino uscire, ma lo fermino, e con queste provisioni ho<br />
rinovato l’or<strong>di</strong>ne al luogotenente et al podestà della cattura, e del tutto ho avvisato<br />
Monsignore governatore <strong>di</strong> Fano, ricercandolo che faccia assistere in Pesaro alcun<br />
suo, affinché ricor<strong>di</strong> a’ quei ministri le <strong>di</strong>ligenze imposte loro, acciò segua questa<br />
cattura.<br />
Il che è quanto mi occorre riferire in questo fatto a Vostra Signoria Illustrissima, alla<br />
quale umilissimamente<br />
Il Lunato, maestro <strong>di</strong> campo, et il Sarravia spagnolo premono grandemente per<br />
mettere insieme presto buon numero <strong>di</strong> soldati, ma la cosa, come s’è sempre scritto, è<br />
<strong>di</strong>fficile in <strong>Urbino</strong>.<br />
Volontariamente hanno presi il soldo da quin<strong>di</strong>ci o venti giovani <strong>di</strong> pochissimo<br />
aspetto, et per le note fatte nelle contrade non si veggono soggetti da sforzarsi più <strong>di</strong><br />
otto o <strong>di</strong>eci.<br />
In Gubbio vi è altrettanta o maggior <strong>di</strong>fficoltà, non volendo quel popolo in modo<br />
alcuno dar soldati, e, sebene vi è andato un commissario per persuadergli ad ubbi<strong>di</strong>re,<br />
non ha però ottenuta cosa alcuna, onde vi è andato il Lunati stesso, ma si crede che<br />
anch’egli opererà poco.<br />
S’intende che nella Pergola, e così negli altri luoghi<br />
dello stato, vi siano le stesse <strong>di</strong>fficoltà.<br />
108
Il maggior numero de’ soldati si è fatto in Pesaro, che sono da cento in circa, ma è<br />
però gente per lo più male in or<strong>di</strong>ne, <strong>di</strong> poca o nessuna consideratione.<br />
Et al presente, non occorrendomi altro, umilmente<br />
Dopo <strong>di</strong> aver scritto la presente mi ha in Pesaro avvisato il luogotenente che il<br />
Vannelli è salvato nella canonica, et tuttavia ci si trattiene, e da Castel Durante mi<br />
rescrive il signor duca con lodare le <strong>di</strong>ligenze mie et raccomandar la causa, ma non si<br />
mostra pensiero <strong>di</strong> scrivere a Roma per la carceratione in luoghi immuni.<br />
Io però non lascerò d’aggiungere che, per la reputatione <strong>di</strong> quella e delle altre rocche,<br />
loderei se a Nostro Signore piacesse conceder a me tal facoltà per la persona <strong>di</strong> detto<br />
reo, che or<strong>di</strong>narei che fosse eseguito con ogni possibile modestia.<br />
Et umilissimamente<br />
27 <strong>di</strong> giugno 1625<br />
Avendo visto il Lunati molto risoluto <strong>di</strong> molestar quelli che dopo il principio d’aprile<br />
sono partiti da questo stato, ancorché servino nelli<br />
109<br />
terzi <strong>di</strong> Nostro Signore, per provvedere quietamente ho parlato agli altri del<br />
Magistrato della Leva, e mi hanno promesso, il Leonar<strong>di</strong> da Castel Durante et<br />
l’avvocato fiscale, che non consentiranno si molesti alcuno che serva Sua Santità, et<br />
anche il Zamparolo da Cagli mostra il medesimo senso.<br />
Il Lonato è ora in Pesaro, e verrà qua fra doi o tre giorni, et io vedrò <strong>di</strong> quietare ancor<br />
lui, e quando non si quieti non potrà, senza gl’altri del magistrato, far cosa alcuna, et
in ogni modo io provederò che nessuno de’ suddetti siano molestati secondo la mente<br />
<strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
I commissari mandati dal Magistrato della Leva, oltre l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre i popoli a<br />
questo soldo, devono anco riportar nota de’ soggetti che si potranno sforzare a<br />
pigliare, ma vi saranno queste <strong>di</strong>fficoltà notabili, come questi stessi commissari<br />
<strong>di</strong>cono.<br />
E sebene per facilitare la leva, oltre l’e<strong>di</strong>tto appartenente a’ ban<strong>di</strong>ti, si contenterà<br />
questo magistrato che gli astretti a pigliare il soldo possino in lor cambio metter altri,<br />
o piuttosto, secondo l’intentione del Lunati, pagar denari, con quali egli pur trovi il<br />
cambio; ma anco questo averà <strong>di</strong>fficoltà, massime essendo in questo stato poca<br />
quantità <strong>di</strong> denari.<br />
E con ciò umilissimamente<br />
110<br />
Si trova il signor duca in letto, risentito <strong>di</strong> podagra, prima nelle ginocchia e poi anco<br />
ne’ pie<strong>di</strong> et in una spalla, il che gli ha dato dolore et turbato il sonno; martedì vi fu un<br />
poco <strong>di</strong> alteratione nel polso, sebene <strong>di</strong>ceva il me<strong>di</strong>co esser così poca febre che non<br />
se gli poteva dar nome <strong>di</strong> febre.<br />
È <strong>di</strong> poi migliorato, ad ogni modo all’età e debolezza sua è considerabile tal cosa,<br />
massime mostrandosi ora più grandemente annoiato et fasti<strong>di</strong>oso nel trattare con gli<br />
famigliari.<br />
Il me<strong>di</strong>co Magalotto pisanense, dopo il ritorno da Castel Durante, dove si è trattenuto<br />
alcuni giorni per la cura <strong>di</strong> Sua Altezza, ha detto che ogni poco accidente che li<br />
sopravenga li può terminare la vita, ma che non è possibile far giu<strong>di</strong>tio che abbia<br />
fondamento quando sia per succedere.<br />
Mando un foglio <strong>di</strong> cifra, et umilmente
7 <strong>di</strong> luglio 1625<br />
Avendo inteso che in Pesaro i soldati, che vi si trovano intorno a cento, cominciano a<br />
commettere delle insolenze, ho fatto scrivere da questi u<strong>di</strong>tori della leva per<br />
provedere ad ogni inconveniente, et io ne ho scritto a quel luogotenente e podestà, e,<br />
perché il miglior rime<strong>di</strong>o saria il fargli partire dello stato et incaminarsi al loro viag=<br />
111<br />
gio, ho fatto anche instanza con questi stessi della leva che, sebene averiano voluto<br />
qualche numero <strong>di</strong> più per inviargli, tanto possono mandarli in più volte,<br />
incaminando gli assoldati senza <strong>di</strong>latione, et ho scritto al conte Ottavio Mamiani che<br />
questo è necessario per il buon governo dello stato, e non mancarò <strong>di</strong> sollecitare<br />
questa partita, essendo grandemente utile al buon governo, e conforme alla mente <strong>di</strong><br />
Nostro Signore, sicome mi scrisse già Vostra Signoria Illustrissima, alla quale<br />
umilissimamente<br />
Dopo aver ricevuto, con la lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />
mandare i condannati alla galera a servire a quelle <strong>di</strong> Nostro Signore, e <strong>di</strong> aver<br />
risposto che ciò avrei eseguito con procurare che ci fosse la so<strong>di</strong>sfatione del signor<br />
duca, ho scritto sopra <strong>di</strong> questo a Castel Durante, e trovo che Sua Altezza, in questo<br />
negotio, ha particolar senso, e che se gli darebbe particolarissimo gusto a cessare<br />
d’inviare detti galeotti in altro luogo che alle galere de’ signori veneziani alle quali è<br />
stato solito mandargli, e vi ha certa conventione o <strong>di</strong>chiarazione d’aver a continuare,<br />
e simil senso <strong>di</strong>mostrò quando, gl’anni passati, nel tempo delle nozze del figlio, il<br />
gran – duca Cosimo lo ricercò <strong>di</strong> mandargli alle sue galere, e con molt’alteratione
icusò <strong>di</strong> farlo.<br />
112<br />
Ho dovuto il tutto rappresentare, sapendo la mente <strong>di</strong> Nostro Signore <strong>di</strong> procurare la<br />
so<strong>di</strong>sfatione <strong>di</strong> Sua Altezza.<br />
Et umilissimamente<br />
Dopo aver servito quattr’anni Affricano Vanelli, citta<strong>di</strong>no <strong>di</strong> Gubbio, al signor duca<br />
per maestro dell’entrate, due anni fa per fraude nell’amministratione fu posto nella<br />
rocca <strong>di</strong> Pesaro, e poi stato condannato in cinque anni <strong>di</strong> galera et alla Camera Ducale<br />
nella somma intorno a ventimila scu<strong>di</strong>, e si è commessa la causa dell’appellatione<br />
restando egli nella carcere della rocca, della quale l’altro ieri fuggì.<br />
E, perché la relatione del castellano è inverisimile, ch’abbia egli solo sforzato lui e la<br />
porta, io ho mandato un commissario a far la causa contro <strong>di</strong> lui, suoi soldati e gl’altri<br />
colpevoli, e deputato nuovo castellano Matteo Bal<strong>di</strong>ni d’<strong>Urbino</strong>, prattico e fedele, e<br />
ch’altre volte servì per castellano in Pesaro, e se ne partì per in<strong>di</strong>spositione.<br />
Egli, con i contrasegni che io ebbi dal signor duca, ha avuto quietamente il possesso,<br />
et ha dato il giuramento nella forma or<strong>di</strong>nata da Nostro Signore, del quale si manderà<br />
copia autentica, e poi ha carcerato il castellano vecchio con suoi soldati, e il tutto ho<br />
scritto a Castel Durante, et è piacciuto, e credo che si <strong>di</strong>manderà a Nostro Signore<br />
facoltà <strong>di</strong> far carcerare il Vanelli ne’ luoghi immuni <strong>di</strong> Pesa=<br />
113<br />
ro, ne’ quali s’intende trattenersi, e – se così paresse a Sua Santità – io lodarei che<br />
fosse concessa, per essere particolarmente violata la rocca.
Con questa occasione ho ricordato ai castellani <strong>di</strong> Sinigaglia e <strong>di</strong> San Leo che<br />
custo<strong>di</strong>schino quelle rocche et avvertino per essi prigioni che da un pezzo in qua vi<br />
sono.<br />
Io stimo esser meglio non far carcerare nelle rocche se non sono d’importanza<br />
gran<strong>di</strong>ssima, per simili pericoli e per il commercio che s’introduce nelle rocche, e mi<br />
sono scusato con Monsignor vescovo <strong>di</strong> Monte Feltro e col Sempronio ivi<br />
commissario, che volevano porre alcun’altro in San Leo, e l’istesso ho fatto in<br />
Sinigaglia anche col vicario <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, che desiderava mettere<br />
alcuni in quella rocca, e con tal fine le fo umilmente riverenza.<br />
XJ <strong>di</strong> luglio 1625<br />
Ho inviata a Monsignore governatore <strong>di</strong> Fano la lettera ducale <strong>di</strong> questa u<strong>di</strong>enza,<br />
<strong>di</strong>retta al podestà <strong>di</strong> Mondolfo, con quale se gli or<strong>di</strong>na che faccia consignare Matteo<br />
d’Alessandro Marotta, del territorio <strong>di</strong> Fano, a quelli ch’esso Monsignore mandarà a<br />
riceverlo, procurando che il tutto succeda quietamente e con sicurezza.<br />
Del che ho dovuto dar conto a Vostra Signoria Illustrissima, alla quale umilmente<br />
114<br />
Il Bal<strong>di</strong>ni, nuovo castellano <strong>di</strong> Pesaro, oltre il giuramento ch’io gli feci prestare in<br />
mia mano, per dubbio che fosse in Pesaro nel tempo della carceratione dell’altro non<br />
riuscisse <strong>di</strong> prestare il nuovo giuramento, giurò secondo l’or<strong>di</strong>ne come avvisai anche<br />
nel pigliare il possesso, et io ne ho fatto cavar instromento che mando alligato.<br />
Si continua dal commissario quella causa, con opinione al presente che si possa<br />
scoprire dolo nel soldato che teneva le chiavi della porta, e nel castellano passato<br />
senza dubbio si vede per sua confessione una gran<strong>di</strong>ssima negligenza per la troppa<br />
confidenza et amorevolezza contratta in due anni col Vanelli, già carcerato, il quale
tuttavia s’intende trattenersi nella canonica <strong>di</strong> Pesaro, trovando <strong>di</strong>fficil l’uscita dalla<br />
città, per le <strong>di</strong>ligenti guar<strong>di</strong>e che per or<strong>di</strong>ne mio vi si fanno.<br />
Et umilissimamente<br />
Non essendo a Castel Durante piacciuta la risposta della città <strong>di</strong> Gubbio, che – con<br />
offerire due mila scu<strong>di</strong> per occasione della leva – ha ricusato <strong>di</strong> dare altra nota e<br />
consentire a <strong>di</strong>screttione de’ soldati, si sono chiamati alcuni de’ principali<br />
gentiluomini <strong>di</strong> essa città<br />
115<br />
per indurgli che, tornati alla patria, persuadano a tutti gl’altri con accomodarsi al<br />
volere del signor duca, e <strong>di</strong>ano i soldati che si domandano.<br />
Non si sa quel che da ciò debba riuscire, e le altre città e luoghi stanno attenti per<br />
valersi <strong>di</strong> questo esempio, e ricusare anch’essi <strong>di</strong> dare altri uomini che i volontari.<br />
Pensano questi del Magistrato della Leva <strong>di</strong> commandare che va<strong>di</strong>no nella leva tutti i<br />
luogotenenti, alfieri, sargenti et altri officiali delle militie dello stato, et anco tutti<br />
quelli che per godere il privilegio <strong>di</strong> portar l’armi si son fatti <strong>di</strong>chiarare lancie<br />
spezzate <strong>di</strong> Sua Altezza. 60<br />
Io ho avvertito che non vi sia alcuno <strong>di</strong> quelli che hanno giurato a Nostro Signore, e<br />
ne ho già parlato a questi del magistrato, i quali mi hanno assicurato che non vi sarà<br />
persona che abbia prestato giuramento a Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, con che fine a Vostra<br />
Signoria Illustrissima fo la dovuta riverenza.<br />
60 Con il termine ‘lancia spezzata’ (o anche lanciaspezzata) si in<strong>di</strong>cava un soldato scelto, che operava alle <strong>di</strong>rette<br />
<strong>di</strong>pendenza <strong>di</strong> un signore, del quale era guar<strong>di</strong>a del corpo e uomo <strong>di</strong> fiducia.
xiiij <strong>di</strong> luglio 1625<br />
I gentiluomini <strong>di</strong> Gubbio che furono chiamati et andorono a Castel Durante acciocché<br />
accettassero il carico <strong>di</strong> persuadere a quella città che permettesse <strong>di</strong> farsi da’<br />
commissari la nota e descrittione de’ soggetti che possono sforzarsi a pigliare il<br />
soldo, risposero tanto chia=<br />
116<br />
ramente che quel popolo era risolutissimo <strong>di</strong> non patir tal descrittione, né che alcuno<br />
fosse astretto d’andare alla guerra contro sua voglia, che fu determinato, dal<br />
Magistrato della Leva e da questi signori che assistono al signor duca, d’accettare i<br />
due mila scu<strong>di</strong>, come io scrissi offerti con promissione <strong>di</strong> fare alcune esortationi per<br />
vedere se vi fossero de’ soldati volontari senza venire all’atto della forza.<br />
Il Lunati tornò ier sera ad <strong>Urbino</strong>, e questa mattina ho fatto parlargli acciò resti<br />
capace e persuaso <strong>di</strong> non avere a provedere per li suoi ban<strong>di</strong> contro alcuno <strong>di</strong> questo<br />
stato che si trovi a servire ne’ terzi <strong>di</strong> Nostro Signore, e, sebene nel principio stava<br />
assai renitente, esagerando che questi absenti sono in gran numero, mentre però se gli<br />
è replicato efficacemente che si deve portar rispetto a Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, e che da me<br />
non si comporterà che si <strong>di</strong>a molestia a quelli che servono a Sua Santità.<br />
Si è quietato, promettendo non molestargli, sebene mostra pensiero <strong>di</strong> proceder<br />
contro gl’altri che son fuori nel servitio d’altri prencipi.<br />
Et umilmente con tal fine a Vostra Signoria Illustrissima fo riverenza et prego dal<br />
signore Dio ogni maggior prosperità.<br />
Giovedì sera il signor duca si sentì travagliar dalla renella, et il dolo=
117<br />
re che da ciò gli perveniva, gli turbò, la notte seguente, la quiete et il sonno.<br />
Continuò il male due giorni solamente: si vede che quasi sempre è travagliato ora da<br />
una cosa et ora da un’altra, e <strong>di</strong>cono che, sebene in volto è più pieno perché riceve<br />
più nutrimento che non faceva nel passato, non<strong>di</strong>meno par che vada <strong>di</strong>minuendosi il<br />
vigore, et egli talora parla del suo fine, come si vede in una sua lettera che <strong>di</strong> suo<br />
or<strong>di</strong>ne ha scritto il consigliere Urbano a questo luogotenente d’<strong>Urbino</strong>, nella quale si<br />
duole che gli urbinati non sono pronti alla leva, e vuole che cerchi indurcegli, <strong>di</strong>cendo<br />
particolarmente ch’è sicuro credere che questa sia dell’ultime cose che sia per<br />
commandare.<br />
Mando copia <strong>di</strong> essa lettera, et umilissimamente<br />
18 <strong>di</strong> luglio 1625<br />
Mentre ho ricordato agli officiali <strong>di</strong> Pesaro che usino ogni <strong>di</strong>ligenza per aver nelle<br />
mani il Pepi, del quale si duole Monsignore governatore <strong>di</strong> Fano, m’hanno imposto<br />
che quando colui vide per gl’offici da me passati col maestro <strong>di</strong> campo non potere<br />
aver carico né soldo nella militia, e che per gl’or<strong>di</strong>ni miei era osservato si fosse trovo<br />
fuor delle chiese o fuor della compagnia de’ soldati, si ri=<br />
118<br />
solse d’andarsene, e che non è più in Pesaro, nemmeno nel territorio.<br />
Contuttociò <strong>di</strong> nuovo ho scritto che cerchino saper se stesse nascosto in alcuna parte,<br />
e se intendesse che si trovasse in luogo immune cercherei che si carcerasse con i<br />
termini e modo convenuto e conforme alla santa mente <strong>di</strong> Nostro Signore.<br />
Et umilmente
Ho fatto ufficio col signore Lunati, e con questi altri che sono del Magistrato della<br />
Leva, che quanto prima inviino al loro viaggio i soldati già raccolti, e sebene vi è<br />
qualche <strong>di</strong>fficoltà perché sono <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi capitani e nessuno ha il numero intiero,<br />
non<strong>di</strong>meno me si dà intentione che presto, cioè alla fine del mese, o al principio del<br />
seguente, partiranno, né io lascerò <strong>di</strong> ricordarlo.<br />
S’è dato fuori da questo magistrato un’or<strong>di</strong>ne che va<strong>di</strong>no a pigliare il soldo tutti<br />
quelli che sono luogotenenti, alfieri, sergenti e lancie spezzate, il che assai ha<br />
conturbata quella città, massime che nell’or<strong>di</strong>ne vi era posta la pena – oltre la<br />
confiscatione de’ beni – della forca, la quale è paruto che apporti ignominia a persone<br />
onorate, ma a questo particolare si è dall’istesso magistrato rime<strong>di</strong>ato con mutar<br />
quella in pena della vita, et io per so<strong>di</strong>sfatione<br />
publica e per via <strong>di</strong> consiglio ho esortati quelli del magistrato a questa mutatione.<br />
119<br />
Era precettato il luogotenente <strong>di</strong> San Leo, che è uno <strong>di</strong> quelli che hanno giurato, ma<br />
ho fatto officio che si esenti, e così è seguito.<br />
Et umilissimamente<br />
Per l’or<strong>di</strong>nario passato inviai a a Vostra Signoria Illustrissima instromento autentico<br />
del giuramento <strong>di</strong> Matteo Bal<strong>di</strong>ni, che ho deputato castellano della Rocca <strong>di</strong> Pesaro,<br />
avendo avuto piena informatione dell’esperienza e fedeltà sua, e che non ha<br />
dependenza da alcuno, e solo ha servito bene il signor duca in altri offici et anche in<br />
questo istesso, da dove si levò per in<strong>di</strong>spositione.
Non si fa, a nome del signor duca o da’ ministri, instanza <strong>di</strong> carcerare il Vanelli in<br />
luoghi immuni, e forsi ciò avviene per non pregiu<strong>di</strong>care alla Camera Ducale, nella<br />
ragione che pretende aver guadagnato sopra i beni del castellano; ho però scritto a<br />
Pesaro, acciò si usi esatta <strong>di</strong>ligenza per iscoprire se più vi è, et in qual luogo, e veder<br />
se si può carcerare senza tumulto.<br />
Et umilissimamente<br />
Cercherò <strong>di</strong> nuovo che possa essere con gusto del signor duca che i gale=<br />
120<br />
otti <strong>di</strong> questo stato s’inviino alle galere <strong>di</strong> nostro Signore, con allegare l’esempio <strong>di</strong><br />
Parma et ogni altra ragione la quale io possa credere che sia a proposito per questo<br />
fine, e mentre dura la <strong>di</strong>fficoltà osserverò quel che Vostra Signoria Illustrissima<br />
scrive, che si fuggano le condennationi alla galera, imponendo altra pena, e così,<br />
quanto ai condannati, che la condennatione si commuti.<br />
Et umilissimamente<br />
Per provedere che don Francesco Prigorciano, provisto da Nostro Signore della pieve<br />
<strong>di</strong> Santa Maria delle Fratte, 61 non sia contra ragione fatta resistenza nel pigliare il<br />
possesso <strong>di</strong> essa pieve, se gli è dato da questa u<strong>di</strong>enza il braccio con lettere ducali, et<br />
io anche ho fatto qui chiamare i duo citta<strong>di</strong>ni, che si <strong>di</strong>ce esser principali<br />
nell’opporsegli, e gli ho gravemente ammoniti, con or<strong>di</strong>nargli che desistano da simili<br />
oppositioni.<br />
61 Quasi sicuramente il riferimento è ad un’antica pieve me<strong>di</strong>evale non lontana dal centro storico dell’o<strong>di</strong>erna Fratte<br />
Rosa, ricostruita nel 1713 ed oggi nota come chiesa <strong>di</strong> Santa Maria in Castagneto.
Ho anche or<strong>di</strong>nato al vicario delle Fratte che faccia presentare ad un prete procuratore<br />
del provisto dall’abbate <strong>di</strong> Classe un monitorio <strong>di</strong> Monsignore tesoriero, secondo che<br />
mi ha ricercato Monsignore vescovo <strong>di</strong> Fossombrone.<br />
Et umilissimamente<br />
121<br />
21 <strong>di</strong> luglio 1625<br />
Riesce tuttavia più <strong>di</strong>fficile l’avere in <strong>Urbino</strong> e suo territorio il numero de’ soldati che<br />
il Magistrato della Leva l’ha assignato per l’assenza <strong>di</strong> molti e per la risolutione <strong>degli</strong><br />
altri <strong>di</strong> non volerci pigliare il soldo.<br />
Nel Consiglio Pubblico si è fatta risolutione <strong>di</strong> pagare due mila scu<strong>di</strong> acciò non sia<br />
sforzato alcuno et si piglino solo i soldati volontari, ma l’offerta non è stata accettata<br />
fino ad ora dal detto magistrato; si va però trattando et la città per questo è assai<br />
travagliata.<br />
Io raccordo il sollecitarsi d’inviare gli assoldati acciò non s’inten<strong>di</strong>no per il stato<br />
querele, e spero che al fin del mese, o al principio del seguente, se ne anderanno.<br />
Et umilissimamente<br />
23 <strong>di</strong> luglio 1625<br />
La carceratione del signor marchese Giulio della Rovere è seguita in San Lorenzo<br />
senza tumulto et scandalo, essendosi, dopo il consenso del signor duca, superate le<br />
<strong>di</strong>fficoltà con li buoni or<strong>di</strong>ni dati.
Vista la commissione datami da Nostro Signore ebbi per verisimile che se avria il<br />
consenso del signor duca per trattarsi della religione e del Sant’Offitio temei benché<br />
la cosa si scoprisse; onde non stimai<br />
122<br />
sicuro <strong>di</strong> scrivere a Sua Altezza se non una lettera credentiale, sapendo che si vedono<br />
le lettere da questi signori che assistono prima che se li <strong>di</strong>ano.<br />
Mandai però il Bruni, mio segretario, che durò qualche fatica in aver secreta<br />
au<strong>di</strong>enza, l’ebbe però e <strong>di</strong>sse il tutto, aggiungendo la necessità del secreto.<br />
Il signor duca rispose non negare d’averci alcun senso per la congiuntione del sangue,<br />
ma che restava so<strong>di</strong>sfatto della communicatione che se gliene faceva, e che ne<br />
ringraziava Sua Beatitu<strong>di</strong>ne et me, et dava ogni pieno et libero consenso, né l’avria<br />
detto alla signora duchessa né ad altri.<br />
Tornato il Bruno con la risposta del signor duca, stimai bene, senza <strong>di</strong>latione, inviare<br />
lui stesso verso San Lorenzo con lettere agli officiali de’ luoghi vicini et a<br />
governatori delle militie, et or<strong>di</strong>ni a’ barigelli che eseguissero quel ch’egli or<strong>di</strong>neria.<br />
Questa notte è seguita la carceratione <strong>di</strong> esso marchese, et questa mattina si è inviato<br />
verso Macerata con lettere mie a Monsignor Varese governatore che faccia custo<strong>di</strong>r<br />
bene, <strong>di</strong>sponendone secondo la volontà <strong>di</strong> Sua Santità; credo che domani sarà in<br />
Macerata, e che Monsignore ne darà avviso. Il Bruno ha mandata persona a posta ad<br />
avvisarmi che il marchese era inviato, onde ho creduto esser tempo <strong>di</strong> scrivere alla<br />
signora duchessa, tanto più che il messo mandatomi ha detto che, subito dopo la<br />
cattura,<br />
123
è andato un servitore del marchese a Castel Durante, et ho scritto secondo l’or<strong>di</strong>ne<br />
datomi, et ho anche dato conto della carceratione seguita al signor duca, il quale<br />
veramente si è portato bene nel dare il consenso e tacerlo; si è anco portato<br />
egregiamente il Bruno, et io ho eseguito come dovevo l’or<strong>di</strong>ne datomi.<br />
Non lascerò <strong>di</strong> aggiungere che il marchese aveva alcun sentore <strong>di</strong> simile esecutione et<br />
pensava in breve andarsene a Venetia, ma con la prestezza si è prevenuto.<br />
Per esser negotio importante ho stimato bene significarlo per la presente staffetta.<br />
Et umilissimamente<br />
25 luglio 1625<br />
Mercordì <strong>di</strong>e<strong>di</strong> conto a Vostra Signoria Illustrissima della cattura, seguita in San<br />
Lorenzo, del signor marchese Giulio della Rovere, e ch’egli era inviato verso<br />
Macerata con buone guar<strong>di</strong>e, ove credo che ora si trovi, sebene non è anco tempo che<br />
io ne abbia avviso; ma penso che Monsignor Varese li scriverà il suo arrivo.<br />
Non è spiacciuta a quelli sud<strong>di</strong>ti del marchese la sua carceratione, perché assai<br />
l’o<strong>di</strong>ano.<br />
La signora duchessa mi ha risposto come nella copia che mando alligata della sua<br />
lettera, sopra la quale solo <strong>di</strong>rò nel particolare che motiva che si<br />
124<br />
saria procurato <strong>di</strong> far costituire il marchese.<br />
Eppure, tanto da San Lorenzo, quanto da Castel Durante, ho inteso che la medesima<br />
signora duchessa aveva già esortato il fratello ad andarsene a Venetia.<br />
E non occorrendomi altro, umilissimamente
Quando fu in San Lorenzo carcerato il signor marchese Giulio della Rovere, furono<br />
anche dal Bruni, mio segretario, fatte serrar le scritture che si ritrovarono in un<br />
armario et in alcune casse, e le chiavi sono appresso <strong>di</strong> me.<br />
Sarà bene che io riceva or<strong>di</strong>ne da Nostro Signore <strong>di</strong> quel che se ne debba fare, et<br />
avendosi a consignare desiderarei che il marchese istesso <strong>di</strong>cesse a chi si <strong>di</strong>vranno<br />
dare, et così anche a chi si dovrà consignare la chiave del suo palazzo, quale fu<br />
portata qua dal segretario, perché non vi era chi la pigliasse.<br />
Et umilissimamente<br />
28 <strong>di</strong> luglio 1625<br />
Mi scrive l’illustrissimo signore car<strong>di</strong>nale Mellini 62 esser mente <strong>di</strong> Nostro Signore<br />
che io proveda che gli ebrei osservino le feste della santa Chiesa<br />
125<br />
trattandone secondo che sia meglio con il signor duca; ho cercato d’informarmi bene<br />
come il tutto passa, e trovato che quanto agl’altri ebrei oltre li banchieri non vi è<br />
privilegio alcuno, e neanco s’intende che nelle feste lavorino o vendano in publico<br />
contro quel che <strong>di</strong>spone la bolla <strong>di</strong> Paolo III, ma che facciano quello si fa in Roma, <strong>di</strong><br />
lavorare segretamente nelle case.<br />
Quanto ai banchieri ho visto il capitolo della toleranza ne’ giorni festivi oltre alli più<br />
solenni, et ragiona <strong>di</strong> 12 per cento, che si è osservata in questo stato da tempo<br />
immemorabile, e ne mando copia alligata.<br />
62 Nel 1625 era vicario <strong>di</strong> papa Urbano VIII il car<strong>di</strong>nal Giovanni Garsia Mellini (Firenze, 1562 – Roma, 1629).
Si <strong>di</strong>ce qui da persone prattiche e prudenti che per la commo<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> tutte le persone e<br />
particolarmente poveri e <strong>di</strong> coloro che abitano fuori della città e stato, in ogni tempo<br />
stimato espe<strong>di</strong>ente per il commercio tolerare questi prestiti in detti giorni, et si <strong>di</strong>ce,<br />
da alcuni prattici in Ancona, che anco ivi continuamente nelle feste si presta, e così<br />
pure si asserisce che si faccia in Roma.<br />
Io ho stimato dover prima inviare detto capitolo e la forma dell’approvatione, e<br />
rappresentare queste altre cose che ho intese, per eseguire dopo quel che la singolare<br />
prudenza <strong>di</strong> Nostro Signore si compiacerà d’impormi ch’io faccia.<br />
Faccio simil relatione all’illustrissimo signore car<strong>di</strong>nale Mellini, et umilissimamente<br />
126<br />
Conosco, per le molte istanze che me ne fanno, dover essere molto grato ai popoli<br />
delle altre città, oltre <strong>Urbino</strong> e Pesaro, se io vi anderò per qualche giorno, e l’istesso<br />
ho inteso desiderarsi dal signor duca, e credo potrà esser utile a <strong>di</strong>sporre tanto più<br />
gl’animi loro nella devotione <strong>di</strong> Nostro Signore, onde, mentre così venga approvato<br />
da Sua Santità, io pensarò a settembre incominciare questa visita, senza dare ai popoli<br />
gravezza o spesa alcuna.<br />
Ma in Monte Feltro et a San Leo bisogna andarci innanzi la Madonna d’agosto,<br />
perché dopo si guastano le strade e non è quel paese per forastieri praticabile.<br />
Mi riferì il Bruni, mio segretario, che Nostro Signore inclinava a far qualche volta<br />
alcune elemosine alle persone e famiglie povere <strong>di</strong> quel paese, ove ne sono assai.<br />
Se a Sua Beatitu<strong>di</strong>ne piacesse farmi rimettere duocento o trecento scu<strong>di</strong> per<br />
quest’effetto, vedrei che si <strong>di</strong>stribuissero ivi bene nell’occasione dell’andata.<br />
Et umilissimamente
Mi ha risposto il signor duca all’avviso che li <strong>di</strong>e<strong>di</strong> della carceratione del signor<br />
marchese Giulio della Rovere, come dalla copia della sua<br />
lettera, che mando alligata, potrà vedere.<br />
127<br />
Die<strong>di</strong> conto con l’altre mie che il Bruni, mio segretario, aveva fatto serrare le scritture<br />
del signor marchese Giulio della Rovere e portata in qua la chiave del palazzo; poco<br />
dopo intesi esserci alcun dubbio che certi <strong>di</strong> San Lorenzo <strong>degli</strong> Amatori, amici del<br />
marchese, possano tentare <strong>di</strong> entrare nel palazzo, onde subito or<strong>di</strong>nai al commissario<br />
<strong>di</strong> Mondavio che non <strong>di</strong>fferisse d’assicurare dette scritture, portandole, se gli pareva<br />
opportuno, seco sino che il palazzo fosse sicuro.<br />
Il barigello <strong>di</strong> campagna 63 sabbato mi portò ricevuta <strong>di</strong> Monsignor Varese che giovedì<br />
gl’era stato consignato il marchese in quelle carceri, e che vi saria benissimo<br />
custo<strong>di</strong>to sino all’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Nostro Signore.<br />
Mi ha data nota <strong>di</strong> essersi speso in questa occasione scu<strong>di</strong> ...<br />
Aspettarò l’or<strong>di</strong>ne, non so se si abbia da cercare che si paghino dell’entrate del<br />
marchese, o se abbia da essere or<strong>di</strong>nata la rimessa dai ministri del Sant’Officio.<br />
Et umilissimamente<br />
Si sentono in tutte le città e luoghi dove sono soldati della leva scandali et<br />
inconvenienti, e sebene io continuamente agli<br />
63 Anticamente il barigello (o bargello) era il capo della polizia, <strong>di</strong> talché l’espressione ‘palazzo del bargello’ in<strong>di</strong>cava il<br />
carcere.
128<br />
officiali dei luoghi et anche a questi signori del Magistrato della Leva d’ovviare e<br />
provederci, et escono continui or<strong>di</strong>ni, non<strong>di</strong>meno non basta, et particolarmente in<br />
Pesaro succedono de’ mali assai.<br />
Le due compagnie de’ soldati che vi sono si attaccorono tre dì sono fra <strong>di</strong> loro, et<br />
alcuni furono feriti, restandovi morto un caporale d’Assisi ch’è uno de’ fuggitivi<br />
dallo stato ecclesiastico.<br />
L’unico rime<strong>di</strong>o è che questa soldatesca presto si parta nel numero che si trova, che<br />
sarà fra tutti i luoghi da 400 soldati in circa, e così io ho scritto a Castel Durante, et<br />
aspetto che torni qua il signor Lunato ad effetto <strong>di</strong> premere per questa partita.<br />
La <strong>di</strong>fficoltà è che niuno de’ capitani ha la compagnia sua finita, e per questo pare<br />
che non possa alcuno partire, e non accettano quel ch’io propongo, d’accomodarsi fra<br />
<strong>di</strong> loro; quando il signor Lunati sarà risoluto gli ricorderò <strong>di</strong> scrivere al signor<br />
commendatore Nari, e sarà utile per la risolutione della partita l’instare che il signor<br />
duca <strong>di</strong> Feria 64 ne fa con un corriero giunto qua ultimamente aposta per tal effetto.<br />
Et umilissimamente<br />
Primo <strong>di</strong> agosto 1625<br />
Non potrò come nell’or<strong>di</strong>nario passato scrissi che avevo in pensiero<br />
64 Il generale e <strong>di</strong>plomatico spagnolo Gomez Suárez de Figueroa y Córdoba, Duca <strong>di</strong> Feria, (1587 – 1634) fu<br />
Governatore del Ducato <strong>di</strong> Milano dal 1618 al 1625 e dal 1631 al 1633; nel 1624 si trovò a fronteggiare l’invasione<br />
francese della Valtellina, regione alpina situata nella parte settentrionale dell’o<strong>di</strong>erna Lombar<strong>di</strong>a, che anche in passato<br />
era stata teatro <strong>di</strong> gravi scontri tra cattolici e seguaci della Riforma Protestante, <strong>di</strong>ffusasi dal Cantone svizzero dei<br />
Grigioni; i Grigionesi vedevano ovviamente <strong>di</strong> buon occhio l’allontanamento della vallata dalla Spagna, nel XVI°<br />
secolo il più importante stato dell'Europa cattolica. I soldati reclutati nel Ducato <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong> vennero utilizzati nelle<br />
operazioni belliche <strong>di</strong> recupero della Valtellina da parte del re <strong>di</strong> Spagna.
129<br />
conferirmi inanzi alla Madonna d’agosto nel Monte Feltro et in San Leo, perché sarà<br />
necessario attendere qui a sollecitare questa partita da’ soldati, e tener mano con le<br />
provvisioni opportune d’ovviare ai continui loro rumori et insolenze, per il quale<br />
effetto ho procurato che il Cavalca, sargente maggiore, vada a Pesaro et attenda<br />
particolarmente che non succedano de’ mali; partiti che saranno i soldati, se la<br />
stagione il comporterà, e così piacerà a Nostro Signore, ci anderò.<br />
Non lascerò <strong>di</strong> rappresentare che, trovandosi interessati render certi conti delle cose<br />
pubbliche, le principali famiglie <strong>di</strong> San Leo, che sono cinque o sei, e dolendosi del<br />
dottor Sempronio, col quale per questa occasione erano venuti in <strong>di</strong>sgusto, ho fatto<br />
venir qua esso Sempronio et anche gl’interessati, et avendo deputato revisori in<br />
<strong>Urbino</strong> si è accomodato ogni cosa con molta so<strong>di</strong>sfatione <strong>di</strong> detti feretrani, i quali<br />
sono restati con molta devotione verso Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, e prontissima volontà per<br />
quando sarà il tempo <strong>di</strong> mostrarla, et ho ammonito il Sempronio a trattare con<br />
amorevolezza, et mantenergli in questa buona <strong>di</strong>spositione.<br />
Et umilissimamente<br />
Per eseguire l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Nostro Signore e perché il buon governo <strong>di</strong> questo<br />
130<br />
stato grandemente così ricerca, ho, con continue istanze, procurato <strong>di</strong>sporre questi<br />
signori del Magistrato della Leva a pigliar risolutione d’inviare questi soldati, che<br />
sono raccolti verso Milano, et ieri, al ritorno che fece il signor Lunati, ne passai seco<br />
efficace ufficio, onde, per questo et per il corriero mandato dal signor duca <strong>di</strong> Feria a<br />
sollecitarlo, si è deliberato, a mezzo il presente mese <strong>di</strong> agosto, far partire i soldati,<br />
che saranno all’or<strong>di</strong>ne in numero in circa a quattrocento, e si scrive al signor don
Taddeo per la venuta ad <strong>Urbino</strong> del signor commendatore Nari, il quale riceverò con<br />
ogni cortesia, et insieme tratteremo tutto quello che sarà opportuno in questa<br />
occasione per il quieto passaggio de’ soldati, secondo la mente e servitio <strong>di</strong> Sua<br />
Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
Et umilissimamente<br />
4 <strong>di</strong> agosto 1625<br />
Ho ricevuta la lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, con la quale mi scrive della<br />
causa che ad istanza del signor marchese Bagni per la delegatione fatta l’anno passato<br />
dal signor duca, verte in questa u<strong>di</strong>enza contro la Camera Ducale.<br />
Si pretende dal signor marchese che anticamente, da’ suoi maggiori, fosse posseduta<br />
una villa <strong>di</strong><br />
131<br />
otto o <strong>di</strong>eci case in circa, detta <strong>di</strong> Massa, poco <strong>di</strong>stante dal castello <strong>di</strong> Massa, 65 e che<br />
del 1562 li ministri del duca Guido Baldo violentemente, de facto, et manu armata,<br />
ne occupassero il possesso, e si <strong>di</strong>ce esser provata la <strong>di</strong>scendenza del marchese e gli<br />
estremi dello spoglio 66 insieme con la violenza.<br />
All’incontro per la Camera Ducale del medesimo anno 1562 furono esaminati molti<br />
testimoni (oltre quaranta) i quali depongono che gli uomini <strong>di</strong> questa villa da tempo<br />
antico erano sempre stati soliti pagare le colte, 67 pigliare il sale e fare gli alloggi dei<br />
65 Il riferimento è quasi sicuramente al castello <strong>di</strong> Massa Manente; Massa Manente (o Massamanente) è oggi una<br />
frazione del comune <strong>di</strong> Sogliano al Rubicone.<br />
66 Appropriazione illegittima <strong>di</strong> un bene o <strong>di</strong> una carica pubblica altrui.<br />
67 La colta era un’imposta in denaro o in natura da versare al signore feudale in un determinato giorno dell’anno o in<br />
occasione <strong>di</strong> avvenimenti familiari particolarmente solenni.
soldati dei duchi pro tempore come quelli del castello <strong>di</strong> Massa, nel quale i loro beni<br />
erano catastati, e che solevano essere giu<strong>di</strong>cati dal podestà <strong>di</strong> San Leo, sotto il quale è<br />
il castello, et insomma che i duchi pro tempore avevano posseduta la villa come<br />
membro del castello, del possesso del quale non ci è per la Camera Ducale <strong>di</strong>fficoltà,<br />
talché l’attione dei ministri del duca Guido Baldo non fosse altro che una<br />
continuatione del possesso, ma nell’esame <strong>di</strong> questi testimoni, et anco <strong>di</strong> due altri,<br />
esaminati l’anno passato, pure per la Camera Ducale non è intervenuta la citatione<br />
della parte, e non si possono ripetere o <strong>di</strong> nuovo esaminare né i primi né anche questi<br />
ultimi, per esser morti.<br />
Dimanda però l’avvocato fiscale <strong>di</strong> far esaminare formalmente<br />
132<br />
altri testimoni, mentre trovi persone informate, come le cerca per provare le istesse<br />
cose, ad effetto <strong>di</strong> congiungere i loro detti con li catasti et scritture prodotte, e pare<br />
che, sebbene il processo è publicato, non se gli debba negare il nuovo esame per la<br />
nullità degl’altri esami, e per trattarsi della Camera Ducale et in un tribunale che<br />
procede con autorità <strong>di</strong> principe, e si <strong>di</strong>ce che la parte non ripugna a quest’esame.<br />
Quando il processo si averà per finito, sollecitarò che, con <strong>di</strong>ligenza e maturamente,<br />
si veda acciò ne segua – secondo il giusto – presta espe<strong>di</strong>tione, e non si faccia<br />
pregiu<strong>di</strong>tio né al signor marchese né anco alla Camera Ducale, al presente e poi<br />
conseguentemente alla Camera Apostolica, et tanto più che la sentenza dell’au<strong>di</strong>enza,<br />
pronunziandosi in favore del marchese, apporta seco l’esecutione et il possesso per<br />
esso, et sebene il frutto <strong>di</strong> quella villa per la camera è pochissimo, si tratta però<br />
materia <strong>di</strong> giuris<strong>di</strong>tione ch’è grave et importante.<br />
Et umilissimamente
VJJJ <strong>di</strong> agosto 1625<br />
Si trovano questi signori della leva in <strong>di</strong>fferenza con la città <strong>di</strong> Gubbio, perché <strong>di</strong>cono<br />
che nello stabilire il partito <strong>di</strong> 2000 scu<strong>di</strong><br />
133<br />
acciò non si sforzi ivi alcuno, gli gubbini promisero <strong>di</strong> dare 250 uomini, il che non<br />
facendo pretendono poterli sforzare per quella quantità.<br />
Gli gubbini si scusano, che credevano, per il mezzo <strong>di</strong> un capitano perugino, mettere<br />
insieme quel numero <strong>di</strong> soldati, ma che detto capitano oltre otto o <strong>di</strong>eci non ha potuto<br />
assoldare più, che però avendo fatte le loro <strong>di</strong>ligenze credevo aver adempito<br />
l’obbligo.<br />
Il Lunati ed altri della leva, premendoci grandemente il Sarravia spagnolo, hanno<br />
mandato un commissario a Gubbio per avere in ogni modo questi uomini.<br />
Io veramente ho la cosa per <strong>di</strong>fficile, per la durezza <strong>di</strong> questi uomini, e gl’ho avvertiti<br />
che va<strong>di</strong>no con destrezza, acciò non nascano scandali: mi hanno risposto che<br />
cercaranno metter terrore per avere l’intento, senza venire attualmente ad esecutione.<br />
Ho scritto al luogotenente <strong>di</strong> Gubbio, che stia avvertito che non si mettino li sbirri in<br />
pericolo <strong>di</strong> essere offesi con vergogna et scandolo.<br />
Et umilissimamente<br />
Si restò otto giorni sono in appuntamento col signor Lunati e con gl’altri del<br />
Magistrato della Leva, che a mezzo il presente mese si dovessero inviare verso<br />
Milano i soldati raccolti per servitio del re cattolico, ancorché le compagnie non siano<br />
piene, et il medesimo Lunati resterà
134<br />
dopo mettendo insieme <strong>degli</strong> altri, e fu scritto al signor commendatore Nari che ai 12<br />
o 13 si trovasse qui.<br />
Io con tutto ciò ho continuamente raccordato al signor Lunati che non si manchi <strong>di</strong><br />
quello che si è stabilito, il qual officio ho ancor fatto dopo quest’ultimo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />
Nostro Signore, e tengo per fermo che a tempo prefisso i soldati s’inviaranno, e<br />
veramente sarà cosa non solo utile ma quasi necessaria, poiché tuttavia succedono dei<br />
mali, et ultimamente a Fossombrone è seguita una questione fra soldati, con morte <strong>di</strong><br />
uno e ferite d’altri.<br />
Per attendere a sollecitare questa partita et ricevere qui il signor Nari e trattare<br />
unitamente con esso del passaggio de’ soldati secondo l’or<strong>di</strong>ne e servitio <strong>di</strong> Nostro<br />
Signore, devo <strong>di</strong>fferire l’andata in Monte Feltro, per effettuarla, se il tempo lo<br />
comporterà, quando sarà finito il negotio de’ soldati, e frattanto conserverò la poliza<br />
de’ 300 scu<strong>di</strong>, per valermene allora come Sua Santità commanda, in <strong>di</strong>stribuirgli ai<br />
poveri <strong>di</strong> Monte Feltro.<br />
Et umilissimamente<br />
XJ <strong>di</strong> agosto 1625<br />
Andò l’altr’ieri a posta a Castel Durante il Sarravia spagnolo, che qui si trattiene a<br />
sollecitare la leva de’ soldati, e fece gran=<br />
135
de instanza al signor duca per ottenere, per questa soldatesca, archibugi e moschetti, i<br />
quali pensava <strong>di</strong> mandare su i carri verso Milano, ma Sua Altezza assolutamente<br />
ricusò <strong>di</strong> dargli.<br />
Attendo a sollecitare il signor Lunati e gli altri officiali della leva, acciò in ogni modo<br />
si eseguisca la risolutione presa, che ai 15 o 16 i soldati raccolti s’inviino, et all’arrivo<br />
che farà qui ai 13 il signor commendatore Nari siano <strong>di</strong>sposte le cose per potersi<br />
trattare del modo del passaggio, siccome credo che il tutto si tratterrà et eseguirà.<br />
Et umilissimamente<br />
15 d’agosto 1625<br />
Mercordì mattina, per un messo inviatomi da Monsignore vescovo <strong>di</strong> Fossombrone,<br />
ricevei la lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima con quale me impone d’or<strong>di</strong>nare al<br />
podestà <strong>di</strong> Fossombrone che faccia levare dalle Fratte le fave, grano et ogni altro<br />
frutto <strong>di</strong> quella pieve e condurlo a Fossombrone, e tenerlo ivi a nome della Camera<br />
Apostolica, però <strong>di</strong>e<strong>di</strong> subito l’or<strong>di</strong>ne ad esso podestà <strong>di</strong> eseguire la trasportatione e<br />
deposito de’ frutti suddetti, aggiungendo che si valesse de’ soldati delle militie per far<br />
passare il tutto quietamente, e scrissi al vicario delle Fratte, che desse, per la sua<br />
parte, ogni aiuto a<br />
136<br />
questa esecutione, della quale, quando avrò avviso che sia effettuata, darò conto a<br />
Vostra Signoria Illustrissima, e frattanto ecc.<br />
Ho avuto in questa settimana da travagliare per provedere con destrezza ai rumori et<br />
inconvenienti de’ soldati, e veramente è molto <strong>di</strong>fficile ad ottenere che non si
dogliano o questi signori del Magistrato della Leva se i soldati se mortificano o le<br />
città intiere dell’insolenze loro.<br />
Ho mandato a posta questo avvocato fiscale a Pesaro ov’è il maggiore fasti<strong>di</strong>o, e<br />
spero pure che si tirerà innanzi senza maggior male sino alla partita d’essi soldati, per<br />
la quale anco ci è stato che fare, poiché il signor Lunati era pentito d’inviare una<br />
parte, et io mi sono affaticato tanto che ieri <strong>di</strong>ede or<strong>di</strong>ne che le compagnie finite si<br />
mettessero insieme et inviassero verso Pesaro per andarsene.<br />
Ha però detto essere impossibile che s’incaminino appunto a mezzo il mese, ma che<br />
necessariamente ci vorranno quattro o cinque altri giorni nel radunarsi da’ luoghi vari<br />
ove sono e trovarsi insieme a Pesaro, et esser suo pensiero che ai 21 s’inviino per<br />
Rimini, et sebene si è promesso che va<strong>di</strong>no prima, è però restato fermo il Lunato che<br />
non si possa.<br />
Dopo ci è stata<br />
137<br />
<strong>di</strong>fficoltà dal Cavalca, sergente maggiore, che neanco voleva assicurare la partita per<br />
detto giorno 21 al più, ma <strong>di</strong>ceva che così si faria se fosse possibile, ma all’ultimo il<br />
Lunati ha promesso che non si passerà quel giorno, et io ho scritto tre volte al conte<br />
Ottavio Mamiani acciò aiuti che si effettui questa partita.<br />
Quando saranno inviati i primi soldati, il Lunati, che qui resterà, attenderà a mettere<br />
insieme la parte che resta, che potria riuscire maggiore <strong>di</strong> quello che si pensava, per<br />
rispetto de’ cambi che si permettono a questi dello stato <strong>di</strong> dare in luogo loro, e per il<br />
molto rigore de’ precetti et inventari de’ beni de’ precettati, che si fanno dal<br />
Magistrato della Leva, et anco del minacciar confiscationi che io non so se poi si<br />
effettuaranno.
Il signor commendatore Nari giunse qua mercordì, et è partito questa mattina, et mi<br />
ha avvisato in sollecitare la suddetta partita, <strong>di</strong>chiarandosi che, se per tutto il giorno<br />
21 non comincieranno i soldati ad arrivare a Rimini, egli tornerà a Ferrara, e così<br />
patiranno infiniti scommo<strong>di</strong>; ha anche aggiustato il modo del passaggio, del che egli<br />
stesso farà relatione.<br />
Et io umilissimamente<br />
22 d’agosto 1625<br />
138<br />
Ier mattina s’inviarono da Pesaro verso Rimini cinque delle compagnie raccolte per<br />
servitio del re cattolico, nel numero che si contiene nell’inchiuso foglio, e successe<br />
quella partita con molta quiete e senza alcun rumore o scandalo, essendosi prima<br />
opportunamente provisto al pericolo che vi era, per il quale fu qui molto conteso,<br />
perché il maestro <strong>di</strong> campo et il sergente maggiore erano fissi e risoluti che in quel<br />
tempo in Pesaro non fosse altra militia che la loro, o almeno altri capi <strong>di</strong> militia<br />
ch’essi, et all’incontro i pesaresi non si tenevano sicuri dagli insulti de’ soldati, per le<br />
minaccie che ne avevano fatte, se non avevano la custo<strong>di</strong>a delle solite militie con li<br />
loro propri capitani.<br />
Vi era anche molta contesa sopra l’entrare in Pesaro la soldatesca raccolta negl’altri<br />
luoghi, che in ciò il Lunati et il sergente premevano che v’entrasse, e questo né a<br />
pesaresi né a me piaceva; io feci venir qua due ambasciatori per quella città, e prima<br />
risolsi che si provedesse il buono e commodo alloggio d’esse soldatesche, nell’ostarie<br />
e case che sono fuori della città, e che i soldati non avessero ad entrare, se non<br />
qualche uno particolarmente per provedersi d’alcuna cosa, e <strong>di</strong> poi deputai<br />
commissario sopra le militie della città e capi [i. e. capo] <strong>di</strong> essa il dottor Staccoli,
urbinate, avvocato fiscale, et indussi ad acquietarsi a questa risolutione, e perché<br />
v’era occasione <strong>di</strong> temere che in=<br />
139<br />
contrandosi in Pesaro il Lunati con il Gad<strong>di</strong>, governatore delle armi, succedesse alcun<br />
rumore per <strong>di</strong>sgusti passati, senza or<strong>di</strong>narglielo espressamente, per onor suo procurai<br />
segretamente che il Gad<strong>di</strong> in questi pochi dì non praticasse per la città, attendendo<br />
alle porte, poiché ora ci era il commissario che supplica, e così questa parte della leva<br />
è finita.<br />
Ora ci rimangono le altre compagnie non compite, le quali il signor Lunati non si<br />
poté indurre, da me e neanche dal signore commissario Nari, a voler inviate con le<br />
altre, ma vuole attendere a compirle, e ci saranno de’ fasti<strong>di</strong>, perché qui entrano i<br />
precetti e la forza.<br />
Io già <strong>di</strong> nuovo sollecito questo resto, et ne ho pregato il conte Ottavio Mamiani, et<br />
tuttavia attenderò a sollecitare quest’altra spe<strong>di</strong>tione, la quale <strong>di</strong>cono che sarà al fine<br />
del mese o alli due o tre dell’altro, et è grandemente desiderabile per questo stato che<br />
del tutto questa leva si finisca, perché i soldati sono insolentissimi, e mentre si parta<br />
contro essi i loro capi gli scusano e <strong>di</strong>ffendono, con allegare che s’impe<strong>di</strong>sce la leva.<br />
Aggiungerò d’aver ora inteso che i pesaresi, passando le cose d’accordo e con quiete,<br />
si contentarono che alloggiasse dentro la città una parte de’ soldati, perché i luoghi<br />
preparati fuori della città per quell’alloggio non parevano bastanti.<br />
Con che fine a Vostra Signoria Illustrissima umilmente<br />
140<br />
24 d’agosto 1625
Quando ebbi l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima <strong>di</strong> commettere al podestà <strong>di</strong><br />
Fossombrone che levasse i frutti della pieve delle Fratte, subito glielo scrissi, et mi ha<br />
risposto d’aver il tutto eseguito, facendo deporre in Fossombrone la maggior parte<br />
della robba levata, con restare solo nelle Fratte certe some <strong>di</strong> grano, che non si<br />
poterono levare per <strong>di</strong>ffetto de’ cavalli, et ivi si trovano depositate appresso il<br />
depositario ducale; dopo ciò ho ricevuta una lettera dell’illustrissimo signor car<strong>di</strong>nale<br />
Borghese, che, come prefetto della Signatura <strong>di</strong> gratia, mi scrive <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Nostro<br />
Signore che non lasci in questa causa innovare cos’alcuna sino alla seconda Signatura<br />
<strong>di</strong> gratia, nella quale si averà da proporre una commissione sopra detta causa nel<br />
termine in che le cose si trovano, e così ho avvisato il podestà suddetto, che non lasci<br />
muovere quei frutti dai luoghi ove sono, né esso faccia altro per occasione <strong>di</strong> detta<br />
causa, mentre dura detta soprasessoria. 68<br />
Del tutto ho dovuto dar conto a Vostra Signoria Illustrissima, alla quale umilmente<br />
141<br />
Si è meco grandemente doluto il magistrato <strong>di</strong> Sinigaglia che il vicario <strong>di</strong> Vostra<br />
Signoria Illustrissima abbia operato che il luogotenente della città proibisca ai<br />
comme<strong>di</strong>anti <strong>di</strong> recitare, com’ella vedrà nell’alligata lettera.<br />
Et anche si sono, ai dì passati, doluti i ministri <strong>di</strong> Sua Altezza in quella città che il<br />
vicario impe<strong>di</strong>sca prestarsi in piazza e vendersi grano ne’ giorni festivi.<br />
Io son certo che il vicario si muove a queste riforme per buon zelo, ma ad ogni modo<br />
non posso lasciare, per il servitio <strong>di</strong> Nostro Signore, <strong>di</strong> rappresentare le querele <strong>di</strong><br />
quegli uomini a’ quali par duro il proibirsi loro dal vicario quel che da tempo<br />
antichissimo ivi non si è proibito e che <strong>di</strong>cono non proibirsi al presente nelle altre<br />
città <strong>di</strong> questo stato, e neanche in quelle dello stato ecclesiastico.<br />
68 L’antico sostantivo femminile soprasessòria (o – più frequentemente - soprassessòria) in<strong>di</strong>cava la <strong>di</strong>lazione, il rinvio.
Et acciocché cessi l’occasione <strong>di</strong> querele simili saria forsi espe<strong>di</strong>ente che il vicario in<br />
questo tempo soprasedesse in simili nuove proibitioni, massime piacendo a Sua<br />
Beatitu<strong>di</strong>ne che questi popoli si mantenghino bene affetti per l’occasione d’avvenire,<br />
siccome meglio potrà considerarsi dalla singolare prudenza <strong>di</strong> Vostra Signoria<br />
Illustrissima, alla quale umilmente fo riverenza.<br />
Mi scrive il Parisano, vicario <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, d’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> lei, sopra le<br />
condotte e ven<strong>di</strong>te de’ grani che si fanno in giorni festivi, e particolar=<br />
142<br />
mente <strong>di</strong> domenica nella piazza <strong>di</strong> Sinigaglia e sopra il rime<strong>di</strong>o che da lei ve si<br />
desidera.<br />
Questi ministri del signor duca, mentre ho <strong>di</strong>mandato loro come se sia tolerata tal<br />
cosa per il passato, non mi hanno allegato se non un antico solito, e qualche interesse<br />
che vi possa avere la Camera Ducale se con la mutatione del giorno delle ven<strong>di</strong>te,<br />
conducendosi minor quantità de’ grani, vi fosse anche minor spe<strong>di</strong>tione <strong>di</strong> tratte.<br />
Io crederò per questo rispetto sia bene, prima <strong>di</strong> publicar alcun’or<strong>di</strong>ne intorno a ciò,<br />
che si faccia da me sapere alcuna cosa a Sua Altezza, e spero che non repugnerà alla<br />
proposta della proibitione, e con tal compimento neanco riceverà mala so<strong>di</strong>sfatione,<br />
come potria ricevere se, facendosi la proibitione senza dargliene notitia, da altri se gli<br />
esagerasse la novità d’esso or<strong>di</strong>ne e pregiu<strong>di</strong>tio suo.<br />
Intendo che per questo anno la proibitione non sarà a tempo, poiché <strong>di</strong>cono condursi<br />
e vendersi questi grani nella predetta piazza dal principio <strong>di</strong> luglio sino alla Madonna<br />
<strong>di</strong> settembre, e non più oltre, in modo che si potria commodamente preparare una<br />
proibitione per il seguente luglio; ma io farò quanto intenderò esser mente <strong>di</strong> Nostro<br />
Signore e <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima.
Et umilissimamente<br />
143<br />
Aveva il signor duca approvata e lodata l’elettione da me fatta <strong>di</strong> Vittorio Paltroni,<br />
urbinate, per castellano <strong>di</strong> Sinigaglia, et io credevo questa mattina inviarlo a quel<br />
servitio e mandare l’instromento del suo giuramento a Vostra Signoria Illustrissima,<br />
ma egli si è infermato con febre e flusso, et ora appunto intendo essere il male grave e<br />
con gran pericolo della vita, talché bisogna elegger altri.<br />
Vedrò quanto prima <strong>di</strong> far buona provisione e frattanto ho <strong>di</strong> nuovo scritto al<br />
governatore dell’armi <strong>di</strong> Sinigaglia, raccomandandogli strettamente per questo poco<br />
tempo quel carico.<br />
Et umilmente<br />
Per provedere <strong>di</strong> un’altro buon soggetto al carico della rocca <strong>di</strong> Sinigaglia, poiché<br />
dura il male del Paltroni, ho eletto il conte Annibale Ubal<strong>di</strong>ni, nativo della Carda,<br />
castello <strong>di</strong> questo territorio, 69 d’anni 50 in circa, che non ha dependenza né servitù<br />
alcuna, se non dal signor duca, et ha tutte le buone qualità per simil carico, e da tutti<br />
viene grandemente lodato, siccome anco il signor duca ha lodata l’eletione.<br />
Egli ha prestato il solito giuramento, del quale mando l’alligato instrumento<br />
autentico, et ieri s’inviò verso Sinigaglia, avendole io strettamente incaricato<br />
un’esatta <strong>di</strong>ligen=<br />
144<br />
69 Al giorno d’oggi non restano che i ruderi dell’antico castello della Carda (detto anche la Cardaccia), costruito intorno<br />
al 550 d. c. su <strong>di</strong> uno spuntone <strong>di</strong> roccia nelle propaggini del Monte Nerone, a sud - est <strong>di</strong> Colombara (oggi frazione del<br />
comune <strong>di</strong> Apecchio); l’e<strong>di</strong>ficio appartenne ai Conti Ubal<strong>di</strong>ni, in<strong>di</strong>scussi signori della zona dal XV al XVIII secolo.
za e fedeltà nel suo officio, sicome tengo per certissimo che si averà da lui ogni<br />
so<strong>di</strong>sfattione.<br />
Et umilmente<br />
Non è stato dato qua alcun avviso da Monsignor vescovo <strong>di</strong> Monte Feltro, 70 né dal<br />
commissario <strong>di</strong> detto luogo o dal governatore dell’armi <strong>di</strong> San Leo, che in quel luogo<br />
sia stata sonata fuori <strong>di</strong> tempo alcuna campana, et è verisimile che non abbiano ciò<br />
stimata cosa <strong>di</strong> momento.<br />
È ben ultimamente comparso qua un frate a dolersi che Monsignore vescovo <strong>di</strong><br />
Monte Feltro, per altri <strong>di</strong>sgusti passati, abbia carcerato un prete, suo fratello,<br />
pigliando l’occasione <strong>di</strong> aver sonata una campana <strong>di</strong> notte, non già nella fortezza, ma<br />
in una Chiesa ch’è nella città <strong>di</strong> San Leo, il che <strong>di</strong>ceva esser fatto senza dolo in tempo<br />
<strong>di</strong> una festa, e così anche altre volte s’era fatto.<br />
È chiaro che in questo caso non è né male affetto né dolo, ma ad ogni modo io ne<br />
scrivo al governatore acciò per l’avvenire si mantenghino i buoni or<strong>di</strong>ni e non si<br />
sonino le campane alle ore che non si debbono sonare.<br />
Et umilissimamente<br />
145<br />
29 d’agosto 1625<br />
Per obe<strong>di</strong>re agli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Nostro Signore, e perché veramente così ricerca il buon<br />
governo <strong>di</strong> questo stato, io continuamente ricordo al signor Serravia, al signor Lunati<br />
et agli altri del Magistrato della Leva la presente partita <strong>di</strong> queste altre compagnie che<br />
70 Monte Feltro è l’antico nome della città <strong>di</strong> San Leo, in uso fino al XII secolo in modo esclusivo; non è dunque senza<br />
ragione che San Leo viene considerata capitale storica del Montefeltro.
estano; et avevo già avuto speranza che succederia per tutto questo mese, o per li due<br />
o tre dell’altro, ma ora la mettono in dubbio e <strong>di</strong>cono non poter essere così presto in<br />
or<strong>di</strong>ne, e non poter sapere se siano necessitati <strong>di</strong> tirar innanzi ai 10 o ai 15, o forse<br />
qualche dì più.<br />
Questa lunghezza viene in parte causata dalla repugnanza <strong>degli</strong> ugubbini, che sono<br />
molto duri nell’indursi a dar soldati, con tutto che si facevano loro de’ precetti.<br />
Ho più volte pregato il signor conte Mamiani che operi che si termini questa<br />
espe<strong>di</strong>tione: egli mi risponde che il signor duca non vuol saperne cosa alcuna, e che si<br />
rimette al maestro <strong>di</strong> campo, e solo da sé fa qualche officio.<br />
Io non lascerò per queste <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> continuare le mie <strong>di</strong>ligenze.<br />
Et umilissimamente<br />
Mi ha mandato il signor duca una lettera scrittagli dal vice – re <strong>di</strong> Napoli, nella quale<br />
gli <strong>di</strong>manda il passaggio per mille altri cavalli<br />
146<br />
napolitani, che si mandano a congiungersi con l’esercitio che ha la maestà cattolica in<br />
Lombar<strong>di</strong>a, et mi ha ricercato che io sopraintenda et abbia pensiero, com’è seguito<br />
l’altra volta, che il tutto passi quietamente e con so<strong>di</strong>sfattione comune.<br />
Io credo che anche ora Nostro Signore sarà dell’istessa mente che fu nel passaggio<br />
degl’altri cavalli; come in quel tempo le cose andarono bene, così anderanno al<br />
presente, e sopraintenderò con gl’or<strong>di</strong>ni opportuni in Pesaro et in Sinigaglia, con<br />
avvisar quel che intorno a ciò occorrerà.<br />
Et umilissimamente
Primo <strong>di</strong> settembre 1625<br />
Occorse un caso nel quale il signor duca ha premura et senso gran<strong>di</strong>ssimo, et si è<br />
<strong>di</strong>chiarato <strong>di</strong> voler in ciò ricorrere all’aiuto <strong>di</strong> Nostro Signore, et mi ha<br />
strettissimamente ricercato che io scriva in raccomandazione dell’interesse e<br />
reputatione <strong>di</strong> Sua Altezza; non ho potuto ricusare <strong>di</strong> far l’officio, et credo anco<br />
dovere piacere a Sua Beatitu<strong>di</strong>ne che io le ne <strong>di</strong>a alcuna informatione.<br />
Nell’estrattioni de’ grani dalle città e luoghi <strong>di</strong> questo stato si è avuta da lunghissimo<br />
tempo per necessaria la licenza del signor duca, con pagarsene per ciascuna soma<br />
certa rata, cioè giuli sei in Pesaro, ove la<br />
147<br />
soma è alquanto maggiore; e questo si è osservato anco dagli ecclesiastici, ancorché<br />
vescovi e car<strong>di</strong>nali, fondandosi tal esattione nell’antichissimo possesso et in un breve<br />
concesso da Pio IV al duca Guid’Ubaldo, sotto la data dei 13 d’ottobre 1562.<br />
Ai mesi passati Monsignore vescovo <strong>di</strong> Pesaro fece estrarre da quella città certa<br />
quantità <strong>di</strong> grano senza detta licenza e pagamento, et essendosi, ad instanza dei<br />
ministri <strong>di</strong> Sua Altezza, proceduto contro il Portinaro, per aver lasciato uscire il grano<br />
senza la solita bolletta, Monsignore precettò il luogotenente <strong>di</strong> Pesaro che desistesse<br />
da ciò, e così si fermarono quei processi.<br />
Furono poi fatti offici con Monsignore, al quale, per termine <strong>di</strong> urbanità et<br />
estraiu<strong>di</strong>cialmente, da’ ministri fu mostrato il breve, acciò, stante esso breve et il<br />
possesso notorio, si contentasse pagare detta tratta; se ne scusò allegando l’immunità<br />
ecclesiastica et <strong>di</strong>cendo che il breve <strong>di</strong> Pio suppone che fosse solito <strong>di</strong> pagarsi prima<br />
<strong>di</strong> detto breve, il che in Pesaro ha detto non verificarsi, sebene in Sinigaglia et altri<br />
luoghi possa ciò esser vero, et ancorché da’ medesimi ministri si sia replicato che si
possono mostrare i pagamenti <strong>degli</strong> ecclesiastici <strong>di</strong> Pesaro anco innanzi il breve,<br />
come <strong>di</strong>cono averne trovate alcune partite.<br />
Non<strong>di</strong>meno Monsignore ha continuato <strong>di</strong> scusarsi dal pagamento.<br />
L’entrata <strong>di</strong> detta<br />
148<br />
tratta in questo stato può importare da m/30 scu<strong>di</strong> l’anno in circa, de’ quali non si sa<br />
bene quanto sia la rata <strong>degli</strong> ecclesiastici, ma si crede che possa essere la terza o<br />
quarta parte.<br />
Non si può mettere in dubbio l’ultimo pacifico e quieto possesso <strong>di</strong> Sua Altezza,<br />
essendo chiaro che si è esatta la tratta da tutti, et anco dall’istesso Monsignor vescovo<br />
ne’ tempi passati, onde io credo che nel sommariissimo possessorio potrà Sua<br />
Beatitu<strong>di</strong>ne fare che il signor duca resti consolato, come grandemente desidera,<br />
parendogli che ci vada molto della riputatione.<br />
Et io credo che meriti questa so<strong>di</strong>sfatione, per le circostanze del fatto, e perché vedo<br />
in effetto che, in ogni cosa in che si nomina Nostro Signore, mostra riverire ogni sua<br />
volontà et or<strong>di</strong>ne, onde supplico Sua Santità a concedermi che io possa<br />
raccomandarle caldamente il desiderio <strong>di</strong> Sua Altezza, alla quale per la vita sua<br />
basteria quest’or<strong>di</strong>ne nel summariissimo, e resteria poi il giu<strong>di</strong>cio or<strong>di</strong>nario, che<br />
verisimilmente, più che al signor duca appartenerà alla Camera Apostolica.<br />
Et umilissimamente<br />
Ho ricevuto la lettera con la quale Vostra Signoria Illustrissima, secondo la mente <strong>di</strong><br />
Nostro Signore, mi scrive <strong>degli</strong> interessi del conte Antonio Santinelli, e siccome per<br />
un’altra mia <strong>di</strong> maggio passato pur per risposta rap=
presentai a Vostra Signoria Illustrissima.<br />
149<br />
Mi viene detto da questi au<strong>di</strong>tori che nella lite <strong>di</strong> che tratta il conte Antonio, ne ha il<br />
giu<strong>di</strong>cio contro il conte Alfonso Santinelli sopra certi beni già de’ loro maggiori, et<br />
ora in parte posseduti dal detto conte Alfonso.<br />
E fu men<strong>di</strong>cato prima contro il conte Antonio dal podestà <strong>di</strong> Sant’Angelo in Vado, e<br />
poi dal commissario <strong>di</strong> Massa; e perché in questo stato due sentenze fanno la<br />
reiu<strong>di</strong>cata, 71 et il primo giu<strong>di</strong>ce dà l’esecutione, fu perciò rimesso il negotio ad esso<br />
podestà, et sebene parlò uno per il conte Antonio allegando l’eugeniana, non<strong>di</strong>meno<br />
gli au<strong>di</strong>tori crederono che non entrasse, perché il conte Antonio è stato attore in tutto<br />
questo giu<strong>di</strong>cio, e l’esecutione presente è una appen<strong>di</strong>ce e conseguente delle sentenze<br />
date.<br />
Quanto poi a’ sequestri, non si sa in quest’u<strong>di</strong>enza come né perché siano fatte [i. e.<br />
fatti], avendogli dati fuori da sé il podestà <strong>di</strong> Sant’Angelo, ma si è scritto a lui che ne<br />
<strong>di</strong>a conto, et anche si è or<strong>di</strong>nato che quanto prima siano in u<strong>di</strong>enza le parti, per<br />
intendere da esse la causa <strong>di</strong> detti sequestri, i quali, se non saranno ragionevoli, subito<br />
s’or<strong>di</strong>nerà che si revochino, e se vi sarà <strong>di</strong>fficoltà ne darò conto a Vostra Signoria<br />
Illustrissima, alla quale ecc.<br />
150<br />
V <strong>di</strong> settembre 1625<br />
Ho ricevuto il nuovo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima intorno ai frutti della<br />
pieve delle Fratte, e, secondo ch’ella mi scrive, ho avvisato il podestà <strong>di</strong><br />
71 Latinismo per ‘regiu<strong>di</strong>cata’, vale a <strong>di</strong>re – in senso generico – questione risolta in maniera definitiva.
Fossombrone che tiri innanzi <strong>di</strong> far portare tutti i frutti a Fossombrone e mettergli in<br />
deposito per la Camera Apostolica, e così che faccia raccorre le decime e rimettere i<br />
vini, e dopo il tutto pur riduca in simil deposito a Fossombrone, e che ciò eseguisca<br />
nonostante quello che gli fu imposto <strong>di</strong> soprasedere per le lettere dell’illustrissimo<br />
signore car<strong>di</strong>nale Borghese, poiché Vostra Signoria Illustrissima così scrive che si<br />
faccia, e che non è <strong>di</strong>verso dal senso <strong>di</strong> detto illustrissimo signore car<strong>di</strong>nale.<br />
Et umilissimamente<br />
La risolutione <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima intorno al recitarsi le comme<strong>di</strong>e in<br />
Sinigaglia mi par ottima, et io crederò che quegli uomini si renderanno capaci del<br />
giusto e santo zelo <strong>di</strong> lei, e quando sarà il tempo dell’Advento e della Quaresima non<br />
replicheranno alla proibitione, et io non mancherò allora <strong>di</strong> fare che così venga<br />
osservato.<br />
Et umilissimamente<br />
151<br />
Sollecito continuamente la totale spe<strong>di</strong>tione della leva, e la partita de’ soldati,<br />
pregandone il signor Sarravia, il signor Lunati e tutti gl’altri <strong>di</strong> quel magistrato, e, con<br />
gl’offici che anche ne passo col conte Ottavio Mamiani, ho qualche speranza che la<br />
partita non sia per andare in lungo, e così che si quieti tutto lo stato, che per questa<br />
leva sta in gran travaglio et angustia.<br />
Penso andare presto a Pesaro per trovarmici quando vi si riduranno quest’altre<br />
compagnie, e per provvedere che non succedano rumori, come l’altra volta – se non<br />
si provedeva bene – era gran pericolo <strong>di</strong> succedere, il qual pericolo dura anco al<br />
presente per la mala so<strong>di</strong>sfatione che continua fra detto signor Lunati, maestro <strong>di</strong><br />
campo, et il Gad<strong>di</strong>, governatore.
Si averanno anco da dar gli or<strong>di</strong>ni opportuni in Pesaro et in Sinigaglia per il<br />
passaggio della cavalleria napolitana, et oltre a ciò l’aere, dopo la pioggia, qui si è<br />
fatto crudo e più acuto, et mi ha <strong>di</strong> nuovo accresciuta la flussione dalla testa al petto,<br />
che s’era <strong>di</strong>minuita ma non mai cessata, onde conosco chiaramente per poco tempo<br />
dell’estate poter esser qui, per non accomodarsi la qualità della mia complessione a<br />
quest’aere, il che conoscono anche questi gentiluomini d’<strong>Urbino</strong>, e, sebene molto<br />
ameriano che qui fosse sempre il governatore et l’au<strong>di</strong>enza, non<strong>di</strong>meno mi<br />
compatiscono e si quietano del passaggio a Pesaro.<br />
Et vera=<br />
152<br />
mente in quest’estate sì come ci ho trattato con ogni termine <strong>di</strong> amorevolezza, così ho<br />
trovati essi amorevoli, et gli ha confermati nella buona loro <strong>di</strong>spositione et volontà<br />
verso Nostro Signore, la quale senza dubbio a suo tempo mostreranno con una pronta<br />
e piena obe<strong>di</strong>enza.<br />
Et umilissimamente<br />
La città <strong>di</strong> Gubbio ha mandati due ambasciatori al signor duca, a supplicare che non<br />
si sforzino quei popoli, con precetti e condennationi, a pigliare il soldo, offerendo <strong>di</strong><br />
nuovo li scu<strong>di</strong> doimila.<br />
Per la <strong>di</strong>fficoltà dell’au<strong>di</strong>enza si presentarono alla carrozza <strong>di</strong> Sua Altezza, esponendo<br />
il loro desiderio con umiltà e libertà, furono u<strong>di</strong>ti cortesemente e poi, la mattina<br />
seguente, fatti chiamare in camera, e <strong>di</strong> novo intesi, et la risposta <strong>di</strong> Sua Altezza fu<br />
generale, del suo amore e confidenza verso quella città, si crede che si stabilirà alcun<br />
partito, massime conoscendosi che altrimenti si opereranno alla corte, et essecutioni<br />
et nasceranno gran scandali.
Gli urbinati anch’essi hanno fatti molti consigli, <strong>di</strong>spiacendogli in estremo<br />
gl’inventari che si fanno dal Magistrato della Leva e le comminate condennationi, e<br />
fu prima risoluto <strong>di</strong> pregar me che informassi il signor duca delle querele e ragioni<br />
loro, del che mi venne a parlare il magistrato; io con ogni cortesia <strong>di</strong> parole mi<br />
153<br />
Scusai, <strong>di</strong>cendo che, come non m’ingerivo in queste esecutioni, neanco potevo<br />
oppormici, perché senza dubbio averiano detto questi della leva, et a Roma il signor<br />
duca <strong>di</strong> Pastrana, che io impe<strong>di</strong>ssi la leva.<br />
Volevano poi che io accettassi <strong>di</strong> far capitare in mano del signor duca le sue lettere, e<br />
pure <strong>di</strong> ciò mi scusai, perché saria stato <strong>di</strong> molto maggior <strong>di</strong>sgusto a questi della leva,<br />
essendo verisimile che quelle lettere contenessero querele molto offensive.<br />
Credo che si risolveranno <strong>di</strong> mandare anch’essi a Castel Durante, e fare l’istessa<br />
instanza <strong>degli</strong> eugubini, ma si può dubitare che trovino maggior <strong>di</strong>fficoltà, perché<br />
hanno già qui comportato quest’inventari e processi, e non vi è qui l’istesso timore,<br />
che in Gubbio, <strong>di</strong> sollevatione.<br />
Et umilissimamente<br />
8 <strong>di</strong> settembre 1625<br />
Avendo inteso, per lettere dell’eccellentissimo signor don Carlo, che la cavalleria<br />
napolitana ha da passare per questo stato anco prima che sia inviata questa soldatesca,<br />
e che è già vicina, ho, per messo a posta, scritto a Sinigaglia et a Pesaro per le<br />
opportune provisioni, tanto per la sicurezza de’ luoghi, quanto per la commo<strong>di</strong>tà dei<br />
soldati, e tuttavia terrò mano che ogni cosa, come l’altra volta,
passi con piena so<strong>di</strong>sfatione.<br />
154<br />
Et io pure, per trovarmici al fine <strong>di</strong> questa settimana, andarò a Pesaro, e veramente<br />
l’aria qui si è grandemente incru<strong>di</strong>ta, massime la notte e la mattina; e, sebene il<br />
nocumento che mi ha fatto è poco, temerei, restandovi più, che mi nocesse assai.<br />
Et umilissimamente<br />
Lodo <strong>di</strong> nuovo il zelo <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima in provedere all’antico abuso <strong>di</strong><br />
condursi e vendersi, ne’ giorni festivi, il grano alla piazza <strong>di</strong> Sinigaglia, et lodo anco<br />
che Vostra Signoria Illustrissima ne scriva al signor duca, mandando – se le piace – a<br />
me la lettera, con la quale spero trattare e spe<strong>di</strong>re presto il tutto quietamente.<br />
Et umilissimamente<br />
Per l’impe<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> questa soldatesca e per le occasioni che continuamente vi sono<br />
<strong>di</strong> provedere intorno a ciò a vari casi, non è stato possibile andare, come io avevo<br />
pensato, in Monte Feltro.<br />
E, terminata che sarà la leva, senza dubbio non sarà tempo d’andare in quel luogo e<br />
neanco a queste altre città dello stato, massime che si averà d’attendere al passaggio<br />
della cavalleria napolitana, ond’è necessario <strong>di</strong>fferire<br />
ad un’altra volta tal visita, il che conoscono anche i popoli, e ne restano so<strong>di</strong>sfatti.<br />
155<br />
Ho però risoluto mandare a San Leo il padre preposito de’ chierici Minimi <strong>di</strong> Pesaro,<br />
che mi pare un accorto et onorato soggetto, acciò, con partecipatione del Sempronio,
commissario, e <strong>di</strong> quei curati, <strong>di</strong>stribuisca a’ poveri i denari che per elemosina Nostro<br />
Signore si compiace donare a loro, e ce l’inviarò quanto prima.<br />
Et umilissimamente<br />
Fu citato a quest’au<strong>di</strong>enza il conte Alfonso Santinelli, per la revocatione de’ sequestri<br />
ch’egli aveva ottenuti dal podestà <strong>di</strong> Sant’Angelo in Vado sopra i beni del conte<br />
Antonio Santinelli, e sabbato fu decretata la revocatione <strong>di</strong> essi, sicome anco ne fu<br />
revocato un altro, concesso ad instanza d’un’altro cre<strong>di</strong>tore, e ne rimane solo uno,<br />
per il quale si deve citare la contessa; credo che anche in quello non sarà <strong>di</strong>fficoltà<br />
rilevante che non si abbia a levare.<br />
Si è or<strong>di</strong>nato al podestà <strong>di</strong> Sant’Angelo che sopraseda <strong>di</strong> procedere in queste cause tra<br />
il conte Alfonso et il conte Antonio, se non ha <strong>di</strong> qua nuovo or<strong>di</strong>ne, e, mentre per il<br />
conte Alfonso si è <strong>di</strong>mandata la revocatione della soprasessoria, io ho risposto esser<br />
necessario che si veda in signatura.<br />
Se in essa causa al conte Antonio giova l’eugeniana o no, perché, se=<br />
156<br />
bene non è mai stata presentata al conte Alfonso la solita inibitione in vigore <strong>di</strong> essa<br />
eugeniana, non<strong>di</strong>meno è notorio ch’egli serve Nostro Signore e per riverenza si ha da<br />
aspettare da Roma la risolutione del dubbio e <strong>di</strong>fficoltà.<br />
Se l’eugeniana comprenda le cause dependenti dalle cominciate prima della curialità<br />
ad instanza dell’istesso, crederò aver eseguito intieramente l’or<strong>di</strong>ne e mente <strong>di</strong> Sua<br />
Santità.<br />
Né al presente altro occorrendomi d’aggiungere, umilissimamente
Il signore Lunati e gl’altri della leva, e più il Sarravia spagnolo, da me continuamente<br />
stimolati per la totale espe<strong>di</strong>tione <strong>di</strong> questa soldatesca, mostrano anch’essi gran<br />
desiderio <strong>di</strong> terminare il tutto quanto prima; ma per aver quello che desiderano <strong>di</strong><br />
buon numero de’ soldati, stante la poca volontà che ne hanno questi popoli, vedo che<br />
si correranno anche molti altri giorni.<br />
I gubbini mandarono due ambasciatori al signor duca <strong>di</strong>mandando che non si<br />
sforzasse quel popolo, poiché si erano offerti i danari.<br />
Ebbero au<strong>di</strong>enza prima alla carrozza e poi in camera, et ha <strong>di</strong> poi Sua Altezza<br />
risposto a quella della communità con una lettera molto grave, della quale io mando<br />
copia.<br />
I gubbini, visto il senso <strong>di</strong> Sua Altezza, hanno cominciato a mette=<br />
157<br />
re insieme de’ soldati; in <strong>Urbino</strong> si sono fatti molti consigli ma non si piglia<br />
risolutione.<br />
Il signor Lunati pretende che se gli devano da questa città et territorio, oltre quelli che<br />
ha avuti, altri 280 soldati, e per tal effetto fa carcerare e manda de’ precetti per queste<br />
ville, e bisognerà che si risolvino con denari pagare altri che vadano in cambio loro,<br />
che in altra maniera io non vedo come la cosa si possa finire; io continuarò <strong>di</strong><br />
sollecitare l’espe<strong>di</strong>tione e la partita.<br />
Et umilissimamente<br />
12 <strong>di</strong> settembre 1625<br />
Ho ricevuto il memoriale da Vostra Signoria Illustrissima inviatomi ad effetto <strong>di</strong><br />
costringere il caporale Moretto, sbirro, a ritrovare il fagotto delle robbe <strong>di</strong> Tommaso,
neofito, condotto prigione da Ferrara a Roma, e devo per risposta riferire essermi<br />
detto dalli barigelli che sono qui che detto Moretto non è in questo stato, ma che<br />
credono esser uno da Cossignano 72 che <strong>di</strong>mora in Ferrara.<br />
Se altro in questo particolare intenderò che a me appartenga, l’eseguirò prontamente.<br />
Et con ciò umilissimamente<br />
158<br />
Mossi dall’autorità del signor duca i gubbini hanno atteso a far soldati et il signor<br />
Lunati <strong>di</strong>ce che sono in buon numero e mostra restarne so<strong>di</strong>sfatto.<br />
Gli urbinati, nel consiglio loro, hanno deputato alcuni gentiluomini che va<strong>di</strong>no per le<br />
ville del territorio e cerchino persuadere ai popoli <strong>di</strong> pigliare il soldo o mettere cambi,<br />
e saria desiderabile che facessero alcun numero de’ soldati, acciò se ne andassero<br />
tutti, perché veramente è una gran consumatione e danno <strong>di</strong> tutto lo stato.<br />
Usarò le debite <strong>di</strong>ligenze per il passaggio della cavalleria napolitana, e già ho dati<br />
gl’or<strong>di</strong>ni opportuni a Sinigaglia et a Pesaro, ove io anco me trovarò, sicome con<br />
l’altre mie ne ho dato conto.<br />
Et umilmente<br />
Ha mandato a farmi sapere Gasparo Rossi 73 da Gubbio, castellano della fortezza <strong>di</strong><br />
San Leo, che si trova gravemente e con molto pericolo in<strong>di</strong>sposto, e che desidera<br />
licenza <strong>di</strong> andarsene per attendere a ricuperare la sanità; io ho pensato <strong>di</strong> mandare a<br />
72 Cossignano è oggi un comune marchigiano della provincia <strong>di</strong> Ascoli Piceno.<br />
73 A proposito del personaggio in questione la pagina 108 del tomo ventiduesimo della Antichità picene reca le<br />
informazioni appresso riportate: Gasparo Rossi da Gubbio fu Castellano <strong>di</strong> S. Leo con provisione <strong>di</strong> 150 scu<strong>di</strong> senza gli<br />
emolumenti. Fu Sargente delle milizie <strong>di</strong> Gubbio, poi Segretario delle guar<strong>di</strong>e, dopo esser stato per qualche tempo in<br />
Fiandra.
quella fortezza Vittorio Paltroni, che avevo destinato per Sinigaglia, e che non poté<br />
andare per essersi ammalato, et ora si è risanato et sta bene: è soggetto onoratissimo<br />
et ben nato in <strong>Urbino</strong>, e, come scrissi, non ha<br />
159<br />
altra dependenza se non <strong>di</strong> aver già servito e riverito il signor duca, e così per<br />
l’avvenire sarà fedele a Nostro Signore, riconoscendo la sua deputatione da me.<br />
Et umilmente<br />
14 settembre 1625<br />
Ha eseguito a San Leo il padre Ignatio, preposito dei chierici minimi, <strong>di</strong>stribuendo<br />
l’elemosina mandata da Nostro Signore a quei popoli con l’assistenza del<br />
commissario Sempronio e del governatore dell’armi, e mi riferisce che da tutti è stato<br />
ricevuto il donativo con gran<strong>di</strong>ssimo contento e consolatione, e ch’è stata ottima<br />
attione, essendosi molto accresciuta verso Sua Santità la buona <strong>di</strong>spositione <strong>di</strong> quegli<br />
uomini che sono restati con pienissima so<strong>di</strong>sfattione.<br />
Ho ricevuto l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Nostro Signore intorno all’esattione delle tratte per la Camera<br />
Ducale del signor duca, et ho mandato il Rota mio au<strong>di</strong>tore a <strong>di</strong>re a Monsignore<br />
vescovo <strong>di</strong> Pesaro l’intentione <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, consigliandolo ad accomodarvesi<br />
et eseguirla prontamente et quietamente; ha risposto <strong>di</strong> essere prontissimo ad obe<strong>di</strong>re<br />
ai cenni <strong>di</strong> Sua Santità, ma che non sa se le sue ragioni siano state intese, et che vorria<br />
aver risposta da Roma da quelli che trattano per lui, e che scriverà per<br />
160<br />
quest’or<strong>di</strong>nario che, se non hanno informato, informino.
Credo che il signor Albani sia per mostrare le partite de’ pagamenti, che qui a me<br />
sono state mostrate, e così per giustificare il possesso del signor duca, et che una<br />
risposta che abbia l’agente <strong>di</strong> Monsignore della mente <strong>di</strong> Sua Santità terminerà ogni<br />
cosa.<br />
Et umilmente<br />
18 <strong>di</strong> settembre 1625<br />
Con la lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima ho ricevuto l’altra <strong>di</strong>retta al signor duca<br />
per la provisione all’abuso <strong>di</strong> condursi o vendersi nei giorni festivi i grani alla piazza<br />
<strong>di</strong> Sinigaglia, e quanto prima la manderò a Sua Altezza, scrivendo ancor io per<br />
sollecitare e persuadere che Sua Altezza resti contenta a questa provisione, e sicome<br />
spero buon’esito a negotio tanto pio, così darò subito conto <strong>di</strong> quello che io intenderò<br />
a Vostra Signoria Illustrissima.<br />
Potrà ben essere che Sua Altezza non così subito rescrivesse; et a me non occorrendo<br />
aggiungere altro, umilissimamente<br />
Mi hanno più volte, il signore Lunati maestro <strong>di</strong> campo et il Sarravia spagnolo (che<br />
sta in <strong>Urbino</strong> per la leva), con grande instanza ricercato<br />
161<br />
<strong>di</strong> commandare alli giu<strong>di</strong>ci et officiali <strong>di</strong> questo stato che tirino inanzi con rigore le<br />
condennationi et confiscationi <strong>di</strong> quelli che <strong>di</strong>cono non aver obe<strong>di</strong>to ai precetti con<br />
pigliare il soldo nella presente leva, et io mi sono scusato <strong>di</strong> non dovermi ingerire in<br />
simili sforzi.
Mi ha ultimamente scritto il signor duca <strong>di</strong> Pastrana quasi nell’istesso senso, et io gli<br />
ho risposto con lodare il desiderio <strong>di</strong> Sua Eccellenza che questa soldatesca se ne vada,<br />
e <strong>di</strong>ce che prontamente feci la <strong>di</strong>chiaratione or<strong>di</strong>nata da Nostro Signore che li<br />
facevano cosa grata quelli che pigliavano il soldo, e che, quando me n’è stata fatta<br />
instanza dai deputati delle città, non ho mai accettato <strong>di</strong> proteggere le loro querele<br />
con i ministri della leva, anzi ho desiderato che volontariamente si accomo<strong>di</strong>no, ma<br />
che, quanto alli sforzi e condannationi, non posso averci parte né ingerirmene.<br />
Può essere che, come questa risposta non ha qui so<strong>di</strong>sfatto al Lunati e Serravia, così<br />
forsi neanco intieramente so<strong>di</strong>sfaccia ad esso signor duca, ma è conforme all’or<strong>di</strong>ne<br />
<strong>di</strong> Nostro Signore al quale io cerco <strong>di</strong> obe<strong>di</strong>re puntualmente.<br />
Riesce grandemente <strong>di</strong>fficile quest’ultimo assoldamento, perché è tutto forzato, et i<br />
popoli in estremo se ne dogliono, et il stato ne patisce, mentre altri se ne fuggono, et<br />
altri con grande incommodo trovano denari per re<strong>di</strong>mersi et mettere cambi.<br />
E frattanto i soldati commettono<br />
162<br />
infinite insolenze, ond’è grandemente desiderabile la terminatione <strong>di</strong> questa leva,<br />
siccome io non manco <strong>di</strong> continuo sollecitarla.<br />
Non lascerò <strong>di</strong> riferire che l’altr’ieri fui da <strong>Urbino</strong> avvisato che il signor Lunati aveva<br />
messo ad ogni porta <strong>di</strong> quella città soldati per guar<strong>di</strong>a, e che ciò molto<br />
communemente <strong>di</strong>spiaceva.<br />
Io subito li feci <strong>di</strong>re che questa provisione non era ben’intesa, perché, sebene era forsi<br />
fatta per buon fine, acciò li soldati non uscissero, non<strong>di</strong>meno pareva ch’egli<br />
s’impossessasse della città, e quelle guar<strong>di</strong>e usavano delle insolenze a quelli<br />
ch’entravano et uscivano, onde lo consigliavo a levarla, altrimente non potevo
lasciare <strong>di</strong> metterci io de’ soldati dalle militie; egli si scusò d’averlo fatto per bene, e<br />
li fece levare.<br />
Et umilmente<br />
20 <strong>di</strong> settembre 1625<br />
Mi ha scritto il signor duca, sebene assai modestamente, per l’effetto dell’intentione<br />
<strong>di</strong> Nostro Signore che Monsignore vescovo <strong>di</strong> Pesaro paghi la tratta de’ grani che a’<br />
mesi passati estrasse, e con più efficacia me n’hanno fatta instanza i ministri.<br />
Io non ho creduto che mi convenga, secondo l’or<strong>di</strong>ne ch’ebbi, venire ad altri termini<br />
o esecutione, poiché mi fu imposto <strong>di</strong> far sapere a Monsignore la mente <strong>di</strong> Sua<br />
Beatitu<strong>di</strong>ne,<br />
acciò il tutto passasse con ogni quiete.<br />
163<br />
Ho ben dovuto rappresentare queste instanze che mi si fanno, replicando quel che<br />
scrissi, che a mio giu<strong>di</strong>cio il modo più quieto <strong>di</strong> terminare questo negotio è che quelli<br />
che trattano per Monsignore in Roma inten<strong>di</strong>no chiara la mente <strong>di</strong> Sua Santità e<br />
l’abbiano a scriver qua, che altrimenti non potria passare l’esecutione senza molto<br />
<strong>di</strong>sturbo, e <strong>di</strong>versamente da quello che, con somma prudenza, Sua Santità or<strong>di</strong>na.<br />
Et umilissimamente<br />
Giunse due giorni sono un corriero mandato a posta dal signor duca <strong>di</strong> Feria al<br />
Lunati, maestro <strong>di</strong> campo, che quanto prima s’invii con questa soldatesca, il qual<br />
or<strong>di</strong>ne a me è molto grato, acciò il Lunati sia astretto ad andarsene, che altrimenti non
mostrava aver pensiero, e <strong>di</strong>ceva voler prima riempire il terzo, il che se si avesse da<br />
effettuare porteria molto tempo, e frattanto vi saria il patimento continuo dello stato.<br />
Io, oltre il sollecitare il medesimo Lunati, continuamente prego il conte Ottavio<br />
Mamiani, sicome ancora ho fatto con l’occasione <strong>di</strong> questo corriero, che procuri che<br />
la partita sia presta.<br />
Et umilissimamente<br />
164<br />
Si trovano tuttavia nell’armeria del palazzo <strong>di</strong> Pesaro i moschetti ch’io scrissi<br />
d’or<strong>di</strong>ne del signor duca imbrunirsi, 74 e, sebene ci è qualche dubbio, non si sa però <strong>di</strong><br />
certo che s’abbiano a levar <strong>di</strong> qua.<br />
Io ho letto l’instromento della concor<strong>di</strong>a tra Sua Beatitu<strong>di</strong>ne e l’Altezza Serenissima,<br />
et pare che ci sia conventione che gli ere<strong>di</strong> del signor duca possano levar l’armi, il<br />
che poi si limita rispetto a quelle che sono nelle fortezze, et anche rispetto<br />
all’artigliarie e monitioni, ma delle altre armi che sono nella città pare che si permetta<br />
al signor duca et agli ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> levarli.<br />
Et il giuramento de’ governatori delle armi nel principio par generale, si rimette però<br />
dopoi alla medesima concor<strong>di</strong>a; onde io, non avendo ricevuto il foglio che Vostra<br />
Signoria Illustrissima accenna inviarmi, ho alcun dubbio se si possa impe<strong>di</strong>re che si<br />
levino.<br />
So che il conte Ottavio Mamiani ha certa opinione che il signor duca ne possa<br />
<strong>di</strong>sporre, e, sebene in questo non so la mente <strong>di</strong> Sua Altezza, credo che sia<br />
dell’istesso senso; però saria necessario che quanto prima avessi alcun’avviso per<br />
74 ‘Imbrunire’ è un verbo anticamente usato col significato <strong>di</strong> ‘lucidare’, ‘pulire’.
poter, secondo che occorrerà, trattarne con Sua Altezza, fondatamente e con ogni<br />
umiltà, ecc.<br />
Ho or<strong>di</strong>nato al podestà <strong>di</strong> Pesaro che man<strong>di</strong> a Monsignore governatore <strong>di</strong> Fano il<br />
visum et repertum 75 ch’è fatto nel suo tribunale sopra l’omi=<br />
165<br />
ci<strong>di</strong>o, commesso in questa giuris<strong>di</strong>tione, da Filippo <strong>di</strong> Sebastiano da Pozzuolo, 76 villa<br />
<strong>di</strong> Fano, in persona <strong>di</strong> Pietro – Antonio <strong>di</strong> Biagiolo, il che sarà senz’altro eseguito, e<br />
conforme a quanto da Vostra Signoria Illustrissima intorno a ciò mi viene scritto.<br />
Et umilissimamente<br />
25 <strong>di</strong> settembre 1625<br />
Avrà Nostro Signore lunedì per le mie lettere dei 18 inteso che subito che io seppi dei<br />
due soldati messi a ciascuna delle porte d’<strong>Urbino</strong> dal Lunati, maestro <strong>di</strong> campo,<br />
mandai a parlargli, in maniera che incontinente quietamente furono levati, il che se<br />
non fosse incontinente seguito, se saria, come feci <strong>di</strong>re al Lunati e pur accennai con le<br />
altre mie, provisto con mettere buon numero <strong>di</strong> soldati delle militie all’istesse porte,<br />
restando in tal maniera con la debita superiorità, e così si osserva in Pesaro, ove pure<br />
si tengono due soldati della leva alle porte, acciò gli altri non escano, ma non vi si fa<br />
riflesso perché stanno <strong>di</strong> continuo ad ogni porta otto soldati <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a or<strong>di</strong>naria.<br />
75 A p. 41 del decimo volume <strong>degli</strong> «Annali universali <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina» leggiamo:<br />
Dicesi visum et repertum quell’atto che fanno i professori me<strong>di</strong>co e chirurgo legalmente eletti, e perciò rivestiti <strong>di</strong><br />
carattere pubblico, in compagnia <strong>di</strong> altre persone del foro rivestite anch’esse dello stesso carattere, presso il cadavere<br />
sezionandolo, onde rinvenire la cagione della morte e trasmetterne al medesimo su <strong>di</strong> essa il loro giu<strong>di</strong>zio.<br />
76 Pozzuolo è oggi una frazione del comune <strong>di</strong> Serrungarina, dal quale <strong>di</strong>sta circa tre chilometri.
Ora sopra l’avviso <strong>di</strong> Monsignore arcivescovo d’<strong>Urbino</strong> aggiungerò che il signor<br />
duca non ha scritto a me cosa alcuna, e neanco il magistrato d’<strong>Urbino</strong> me ne ha<br />
scritto, né mandatomi alcun messo.<br />
Ho bene da altri in=<br />
166<br />
teso che ne fu trattato nel consiglio, e, sebene comunemente la provisione del Lunati<br />
<strong>di</strong>spiaceva, non<strong>di</strong>meno, per la contra<strong>di</strong>ttione <strong>di</strong> alcuni a’ quali era grato che i soldati<br />
non uscissero a rubbare nei loro poderi, non si risolse cosa alcuna; Don Pietro<br />
Serravia, gentiluomo del signor duca <strong>di</strong> Pastrana, non si è ingerito in questo fatto.<br />
Le chiavi furono domandate dai soldati, ma li furono espressamente negate, né mai<br />
l’ebbero essi, nemmeno il Lunati o il Serravia.<br />
Il Lunati, che qui ier sera giunse, ha detto che fu pregato a mettere detti soldati alle<br />
porte da’ citta<strong>di</strong>ni d’<strong>Urbino</strong>, e particolarmente da un fratello dell’Urbani, consigliero<br />
del serenissimo signor duca, e che non gli saria mai entrato nell’animo – in<br />
pregiu<strong>di</strong>cio <strong>di</strong> Sua Altezza – voler la custo<strong>di</strong>a della città, e che sapeva benissimo<br />
ch’era mia cura e giuris<strong>di</strong>tione, e si è molto doluto <strong>di</strong> Monsignor arcivescovo, avendo<br />
in <strong>Urbino</strong> inteso il modo, e veramente avria Monsignore potuto, prima che apportar in<br />
negotio geloso fasti<strong>di</strong>o et ansietà a Nostro Signore, aspettare il tempo opportuno del<br />
mio rime<strong>di</strong>o, o scrivere più giustificatamente, ma egli è facilissimo in rappresentare<br />
qualsivoglia avviso et altrettanto pronto in cercar <strong>di</strong> nuocere, con le sue relationi,<br />
agl’altri, il che non iscriverei se non me ne fossi in fatto ben chiarito, e se non<br />
credessi che per altre occasioni fosse servitore <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne l’esser certo <strong>di</strong><br />
questa verità.<br />
Et umilissimamente
167<br />
Ho ricevuto l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Nostro Signore d’informarmi <strong>di</strong> quel che passa per verità<br />
intorno alla fortificatione che fa il conte Francesco della Porta 77 della sua rocca <strong>di</strong><br />
Frontone, 78 et ho scritto in quelle parti per avere tale informatione, et a suo tempo ne<br />
farò la debita relatione.<br />
Ho visto il contenuto del foglio inviatomi da Vostra Signoria Illustrissima in<br />
proposito delle armi del signor duca, il che pure aveva visto nelle copie della<br />
concor<strong>di</strong>a e de’ giuramenti che già mi furono dati, e ne aveva cavato il dubbio,<br />
rappresentato con l’altre mie, che i patti <strong>di</strong> non cavar l’armi si restringono<br />
all’artigliaria, monitioni et all’armi che sono nelle fortezze e porte, ma che non<br />
comprendono l’armi che sono ne’ palazzi, sopra il qual dubbio aspetterò l’or<strong>di</strong>ne che<br />
mi verrà per trattarne fondatamente, massime sapendo io che in Castel Durante si<br />
tiene questa opinione.<br />
Durerà però quest’opera d’imbrunirle intorno a un mese, onde vi sarà tempo <strong>di</strong><br />
trattare.<br />
Et umilissimamente<br />
Giunse ier sera in Pesaro il Lunati, maestro <strong>di</strong> campo, e questa mattina è andato a<br />
Loreto, et al ritorno è per inviarsi con questa seconda parte<br />
168<br />
77 Francesco della Porta (1602-1654) fu il terzo conte <strong>di</strong> Frontone, oggi comune della provincia <strong>di</strong> Pesaro e <strong>Urbino</strong>.<br />
78 Il territorio ed il castello <strong>di</strong> Frontone appartennero ai signori <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong> dal 1420, anno in cui la proprietà passò dai<br />
Gabrielli <strong>di</strong> Gubbio ai Conti <strong>di</strong> Montefeltro, al 1530, quando Francesco Maria I° della Rovere donò Frontone a<br />
Gianmaria Della Porta, nobile modenese, come compenso per alcuni servizi resigli. Le macchinazioni <strong>di</strong> <strong>Berlingiero</strong><br />
<strong>Gessi</strong> sono originate da una specifica volontà del papa, evidentemente interessato a che Frontone venisse <strong>di</strong> nuovo<br />
incorporato al ducato <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>, in vista dell’imminente devoluzione.
della soldatesca, talché fra cinque o sei giorni credo che tutti se ne anderanno, et io <strong>di</strong><br />
ciò ho avvisato il signor commendatore Nari.<br />
Il numero sarà d’intorno a cinquecento persone, i quali con so<strong>di</strong>sfattione <strong>di</strong> questo<br />
magistrato e citta<strong>di</strong>ni alloggiaranno parte dentro e parte fuori della città, non vi<br />
essendo altro modo <strong>di</strong> alloggiare nelle ostarie tanta gente.<br />
S’accrescerà il numero della militia e guar<strong>di</strong>e or<strong>di</strong>narie, acciocché gl’altri della leva<br />
non usino violenze, et il tutto passi quietamente e senza scandalo, siccome io<br />
continuamente ricorderò e procurerò che succeda.<br />
Et umilissimamente<br />
Mi ha il signor duca communicata la domanda che gli vien fatta dal signor Giovanni<br />
Andrea Doria, conte <strong>di</strong> Sascorbario, della licenza d’alienare quel feudo per la dote<br />
d’una figliola, la qual licenza si mostra risolutissimo <strong>di</strong> negare, per l’interesse della<br />
Sede Apostolica e <strong>di</strong> Nostro Signore, e ciò significa con parole <strong>di</strong> molt’ossequio e<br />
riverenza, siccome si vede nella copia della lettera <strong>di</strong> Sua Altezza che io mando,<br />
insieme con la copia del memoriale del Doria.<br />
Et umilissimamente<br />
169<br />
28 <strong>di</strong> settembre 1625<br />
Mi vien rescritto da Castel Durante che il signor duca ha inviata la risposta a Vostra<br />
Signoria Illustrissima sopra la <strong>di</strong>manda fattale <strong>di</strong> provedere che nelle domeniche e<br />
giorni festivi non si conduchino e vendano grani nella piazza <strong>di</strong> Sinigaglia, e mi è<br />
anche data speranza che il tutto sia per terminarsi con so<strong>di</strong>sfatione; il che a me sarà<br />
gratissimo che succeda, per servitio del signore Id<strong>di</strong>o e so<strong>di</strong>sfatione <strong>di</strong> Vostra
Signoria Illustrissima, alla quale, oltre <strong>di</strong> questo, non ho altro da rappresentare in tal<br />
negotio.<br />
Et umilissimamente<br />
Il governatore delle armi <strong>di</strong> Sinigaglia tre dì sono mi avisò d’essere infermo, e dopoi<br />
tornò ad avvisarmi che il male si era aggravato, et che desiderava quanto prima avere<br />
il successore, e licenza <strong>di</strong> partirsi per vedere <strong>di</strong> curarsi, se sarà possibile.<br />
Però io per la molta instanza sua et anche per gli avvisi che ci erano da Fermo et<br />
Ancona, che la cavalleria napolitana fosse per cominciare a passare ieri da Sinigaglia,<br />
ho sollecitato la provisione del nuovo governatore, et ci ho mandato un gentiluomo<br />
d’<strong>Urbino</strong> detto il conte Carlo Paciotto, d’età oltre 50 anni, ch’è stato alle guerre<br />
d’Ungheria et Fiandra, et è soggetto onoratissimo e <strong>di</strong> ottime qualità, et che non ha<br />
dependenza, ma in <strong>Urbino</strong> si è mostrato molto mio amorevole, e<br />
confidente.<br />
170<br />
Mando alligato l’istromento del suo giuramento, e restata così in sospeso l’altra<br />
provisione del castellano <strong>di</strong> San Leo, perché Gasparo Rossi da Gubbio, al presente<br />
castellano, che io scrissi domandar licenza, è migliorato del male che aveva <strong>di</strong> non<br />
ritener cibo né orina, et camina, et pare dubio sopra detta licenza; egli è uomo onorato<br />
et <strong>di</strong>ligente, onde aspetterò la sua risolutione.<br />
Et umilissimamente
Tornò ier sera da Loreto qua il Lunati, che <strong>di</strong>segna partire martedì con tutta la<br />
soldatesca, del che fu avvisato a Ferrara il signor commendatore Nari, et io l’ho poi<br />
anco ultimamente replicato a Rimini.<br />
Le compagnie che ora anderanno saranno sette, e si crede che il numero de’ soldati<br />
arriverà intorno a 500, et in parte è buona gente.<br />
Si vanno radunando qui, et ier sera ne vennero due compagnie, oggi e domani<br />
arriveranno le altre.<br />
Avria voluto il Lunati, e così il Sarravia, che tutti i soldati si fossero alloggiati nella<br />
città, e ci hanno premuto grandemente, ma io gli ho chiaramente detto non esser<br />
conveniente né possibile per la commo<strong>di</strong>tà delle ostarie, e per sicurezza, che tanta<br />
gente non facesse qualche tumulto, onde ho risoluto che solo due compagnie <strong>di</strong> quelle<br />
che vengono <strong>di</strong> fuori,<br />
171<br />
oltre la compagnia assoldata in Pesaro, stiano nella città, e gl’altri soldati alloggino<br />
nelle ostarie fuori della città, et il Lunati in ciò si è quietato, e così la città è rimasta<br />
so<strong>di</strong>sfattissima.<br />
Le due compagnie, che vennero ieri sera, arrivarono alquanto tar<strong>di</strong>, et alla porta vi<br />
nacque <strong>di</strong>fficoltà, perché il Gad<strong>di</strong>, governatore delle armi, non voleva che nell’entrare<br />
alcun soldato portasse archibugi, et il maestro <strong>di</strong> campo voleva che quelli che<br />
gl’avevano li portassero, e fu bene ch’io mi trovassi in Pesaro, che altrimenti<br />
potevano fra <strong>di</strong> loro attaccarsi.<br />
Mandai a <strong>di</strong>re che sapevo che il solito era che simili fanterie entrassero senza<br />
archibugi, onde che gli deponessero o restassero fuori, e così gli deposero, e tutti si<br />
quietarono.
Nella città sono oltre 200 soldati delle militie introdotti per sicurezza, che con gli<br />
archibugi faccino le loro guar<strong>di</strong>e in piazza et in altri vari luoghi, <strong>di</strong> giorno e <strong>di</strong> notte,<br />
talché il tutto passa con ogni quiete, e così spero che questo fasti<strong>di</strong>oso negotio averà<br />
fine quietamente.<br />
Et umilissimamente<br />
Da Sinigaglia mi fu giovedì scritto esserci avviso, venuto da Ancona e da Fermo, che<br />
la cavalleria napolitana comincieria a passar ieri per questo stato, arrivando a<br />
Sinigaglia la prima truppa.<br />
Io<br />
172<br />
nol credei intieramente, perché non ne avevo avviso alcuno dal signor Giovanni<br />
Francesco Sacchetti, ch’è andato ad incontrarla; non lasciai però <strong>di</strong> dare tutti gli<br />
or<strong>di</strong>ni opportuni per le provisioni del vivere e prezzi delle robbe, et anche per li<br />
soldati che debbono assistere acciò il passaggio succeda con sicurezza, tanto qui<br />
quanto in Sinigaglia.<br />
Si è poi inteso che per ora non sono per entrare in questo stato, e si <strong>di</strong>ce che si<br />
trattengono a Giulia Nuova, volendo prima la paga, e poi mettersi in viaggio.<br />
Et umilissimamente<br />
2 <strong>di</strong> ottobre 1625<br />
Oggi per occasione <strong>di</strong> questi soldati è occorso qui un <strong>di</strong>sturbo che poi si è<br />
quietamente terminato.
Un soldato della leva ha voluto comprare da una donna non so che, e gli ha dato in<br />
pagamento un sesino 79 inargentato come se fosse un grosso; sono sopragiunti li<br />
soldati della militia ch’erano ivi vicini, e, sentendo i lamenti della donna, l’hanno<br />
fatto prigione, con passar fra <strong>di</strong> loro qualche parola <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgusto, per lo che il maestro<br />
<strong>di</strong> campo è corso a farne rumori in quel corpo <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a, e se non era il governatore<br />
dell’armi che vi sopragiunse, correva gran pericolo.<br />
Dopo, il me=<br />
173<br />
desimo maestro <strong>di</strong> campo è venuto in palazzo et è arrivato nella sala con 25 e più<br />
soldati, et è entrato nelle mie camere, e <strong>di</strong>etro lui parte <strong>di</strong> essi soldati, e con molto<br />
sdegno et voce alta mi ha detto che se io non reme<strong>di</strong>avo a suo modo, <strong>di</strong>ria ch’ero<br />
causa <strong>di</strong> tutti questi mali.<br />
A me è <strong>di</strong>spiacciuto molto il modo suo d’entrare con gente armata et <strong>di</strong> parlare, e le<br />
stesse parole, e gli ho risposto che non sapevo che cosa fosse, ma che causa de’ mali<br />
era ben’egli, non essendo partito, come aveva promesso, un pezzo prima e che non<br />
doveva venire a parlare con quel modo, quasi bravando; 80 e, perché pur replicava, gli<br />
ho soggiunto aver avuto estrema pazienza tanti mesi in vedere questi cambi secchi, 81<br />
furti <strong>di</strong> cavalli ed altro, con tanti inconvenienti senza poter rime<strong>di</strong>arvi, e ch’egli non<br />
pensasse <strong>di</strong> venir a trattare con simili mo<strong>di</strong>, perché volevo essere riconosciuto per il<br />
grado che tenevo <strong>di</strong> governatore, et <strong>di</strong>cendo il Lunati non aver parte in tali cose<br />
replicai non sapere ch’esso ci avesse parte, ma ch’erano cose publiche.<br />
79 Moneta coniata da molte zecche italiane fra il ‘300 ed il ‘600, del valore <strong>di</strong> 6 denari (in seguito 8).<br />
80 Minacciando e provocando con fare arrogante ed insolente.<br />
81 I cambi secchi, detti anche cambi a deposito, erano cambi non formali, che spesso evidentemente occultavano illeciti<br />
<strong>di</strong> vario tipo.
Arrivò in mezzo a questi ragionamenti il governatore dell’armi, con molti soldati<br />
della militia, armati d’archibugi, che io avevo or<strong>di</strong>nato che si chiamassero, et il<br />
maestro <strong>di</strong> campo se ne andò.<br />
Venne poi da me don Pietro Sarravia, già mandato qua dal signor du=<br />
174<br />
ca <strong>di</strong> Pastrana a far scusa che il maestro <strong>di</strong> campo era alterato della cosa del soldato, e<br />
perciò aveva ecceduto.<br />
Io risposi <strong>di</strong>spiacermi che dove avevo trattato con ogni cortesia tante volte ch’era<br />
venuto da me, ora con così poco rispetto, et m’aveva messo in necessità, per<br />
sostentare la <strong>di</strong>gnità del carico, impostomi da Nostro Signore e dal signor duca<br />
d’<strong>Urbino</strong>, <strong>di</strong> parlare col debito risentimento.<br />
Al che replicò il Sarravia che, contentandomi, saria venuto il maestro <strong>di</strong> campo a far<br />
meco complimento e domandarmi quel soldato in gratia.<br />
Io credei esser bene accettar tal officio e quietare ogni cosa, et risposi che me ne sarei<br />
contentato, ma che volevo che, sicome era stato visto entrare con tanta gente, così al<br />
complimento ci si trovasse presente il magistrato della città et la mia u<strong>di</strong>enza, et in<br />
questo modo egli è venuto, et in presenza loro ha parlato, scusandosi con buon<br />
termine, e così ho risposto, et li ho fatto gratia del prigione.<br />
Credo aver trattato in modo conveniente, che qui è stato lodato, e così spero che sia<br />
per approvarsi da Sua Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
E per fine a Vostra Signoria Illustrissima umilissimamente<br />
Essendosi domenica inteso dalla lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima che l’a=
175<br />
gente <strong>di</strong> Monsignor vescovo <strong>di</strong> Pesaro era per avvisarlo della mente <strong>di</strong> Nostro<br />
Signore <strong>di</strong> servarsi il solito intorno alle tratte, andarono i ministri <strong>di</strong> Sua Altezza per<br />
ricevere i denari da Monsignore, il quale ne fece gran <strong>di</strong>scorsi, concludendo che avria<br />
obe<strong>di</strong>to a Sua Santità mentre prima sapesse se era <strong>di</strong> suo gusto che proseguisse il<br />
petitorio; onde io quella sera niente scrissi a Vostra Signoria Illustrissima, sperando<br />
quietarlo il giorno seguente, con mandargli a <strong>di</strong>re che, per trattare del petitorio, non<br />
doveva <strong>di</strong>ferire il pagamento nel possessorio, e consigliarlo ad obe<strong>di</strong>re a Sua Santità,<br />
e così pagò, e credo che facesse giungere il corriero, scrivendo dello sborso de’<br />
denari, del quale si è dato conto al signor duca, che ne sentirà gran<strong>di</strong>ssimo contento,<br />
per esser negotio che <strong>di</strong>ceva più d’ogn’altro premergli, per la riputatione e per<br />
parergli duro che Monsignore, da lui raccomandato per la Chiesa, et aiutato con doni,<br />
e sollevato da’ debiti, così poco se gli mostrasse grato, che mentre Sua Altezza lo<br />
ricercò del pagamento, gli rescrivesse che piutosto si doveva pensare alla restitutione<br />
dell’esatto.<br />
Onde tanto più è stata conveniente e lodevole la so<strong>di</strong>sfatione che Nostro Signore ha<br />
dato all’Altezza Serenissima, la quale restarà obligatissima della presta e favorevole<br />
giustitia.<br />
Et umilissimamente<br />
176<br />
Quando ricevei l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Nostro Signore d’informarmi della fortificatione della<br />
rocca <strong>di</strong> Frontone, scrissi al podestà <strong>di</strong> Cagli, che destramente e secretamente<br />
intendesse e vedesse quanto in ciò occorreva, e me lo significasse, sicome ha fatto, et<br />
io ho stimato bene raccorre le sue stesse lettere con un poco <strong>di</strong> <strong>di</strong>segno del luogo, che<br />
pur io gli scrissi che mi mandasse.
Né altro in questo occorrendomi, umilissimamente<br />
Si è atteso in questa settimana a sollecitar la partita de’ soldati, de’ quali una<br />
compagnia s’inviò <strong>di</strong> qua lunedì sera, e doveva però, secondo il concerto fatto meco,<br />
partir martedì il signor Lunati con tutta l’altra soldatesca della leva, ma egli si scusò<br />
et voleva mettere la partita ad oggi o domani, il che a questa città grandemente<br />
spiaceva, per la spesa che fa nelle militie et per il patimento della campagna, dovendo<br />
questi soldati delle militie attendere alle vendemmie, et io aborrivo ogni <strong>di</strong>latione per<br />
il pericolo che fra soldati nascesse qualche scandalo, onde tanto premei col maestro<br />
<strong>di</strong> campo, che restò d’inviarsi ier mattina, sicome fece, con tutta la soldatesca, eccetto<br />
una compagnia <strong>di</strong> Gubbio che non giunse qui se non ier sera, e si è inviata anch’ella<br />
questa mattina; <strong>di</strong>cendo<br />
177<br />
che ora lo stato è libero da questi soldati e da un gran patimento che ha ricevuto, tanto<br />
nel raccogliersi et assoldarsi, anco per forza, quanto poi da altre loro insolenze, alle<br />
quali il rime<strong>di</strong>o era a me non solo <strong>di</strong>fficile, ma impossibile, poiché la sopraintendenza<br />
d’essi soldati non era mia (non l’avendo accettata), ma del Lunati e del suo<br />
magistrato, che favoriva e proteggeva i soldati, e per ogni motivo e doglianza mia<br />
subito gridava che impe<strong>di</strong>vo la leva, ecc.<br />
Quando risolse il serenissimo signor duca <strong>di</strong> far la leva del terzo in questo stato, per<br />
servitio del re cattolico, mi ricercò <strong>di</strong> accettarne la sopraintendenza, et io me ne<br />
scusai e non l’accettai, e perciò fu deputato un particolare magistrato, al quale et al<br />
signor Lunati, maestro <strong>di</strong> campo, fu data pienissima autorità <strong>di</strong> tutto questo fatto.
Essi hanno rimessi et arrolati molti contumaci e ban<strong>di</strong>ti, e fra gl’altri quelli de’ quali<br />
scrive Vostra Signoria Illustrissima, i quali, essendo <strong>di</strong> mala qualità, non è meraviglia<br />
che siano andati commettendo dei delitti, et io pure ne ho sentito alcuna cosa, ma per<br />
detto rispetto d’essere arrolati non ho potuto farci altro che dolermene, come ho fatto<br />
gravemente, con esso signor Lunati e con quel magistrato; ora tutta la soldatesca se<br />
ne va, e se anco que=<br />
178<br />
sti uomini partiranno, come sono avvisato, non potranno qui commettere altro errore,<br />
e quando non partissero, o che tornassero in<strong>di</strong>etro, si provvederà con ogni <strong>di</strong>ligenza<br />
per il buon governo et anco per quello che scrive Vostra Signoria Illustrissima, a cui<br />
<strong>di</strong> cuore mi offero e bascio ecc.<br />
5 <strong>di</strong> ottobre 1625<br />
Avendo inteso quanto si ha da raccomandare nel giuramento prestato dal conte<br />
Ubal<strong>di</strong>no, nuovo castellano della rocca <strong>di</strong> Sinigaglia, ho subito dato l’or<strong>di</strong>ne<br />
opportuno acciò si va<strong>di</strong> a pigliare il nuovo giuramento con supplire ai <strong>di</strong>ffetti<br />
dell’altro, e così anco che si riceva nuovo giuramento dal conte Paciotto, governatore<br />
delle armi <strong>di</strong> Sinigaglia, supplendo ad alcuni <strong>degli</strong> istessi <strong>di</strong>fetti che ho visti essere<br />
nel suo giuramento, il che senz’altro si eseguirà, e per il seguente or<strong>di</strong>nario ne<br />
manderò instrumenti autentici, poiché per il presente è impossibile, perché le lettere<br />
<strong>di</strong> Roma si ricevono qui alle 15 ore, et al più alle due o tre ore <strong>di</strong> notte passa l’altro<br />
corriero, per il quale si mandano le lettere per Roma.<br />
Et umilissimamente<br />
179
Averà Vostra Signoria Illustrissima ricevuta per l’or<strong>di</strong>nario passato la relatione della<br />
rocca <strong>di</strong> Frontone, e se intorno a ciò mi sarà imposto altro, l’eseguirò con la debita<br />
<strong>di</strong>ligenza.<br />
Et umilmente<br />
Ho ricevuto il breve del quale Nostro Signore si compiace, nell’occasione del negotio<br />
<strong>di</strong> Sassocorbaro, <strong>di</strong> onorare il signor duca, e sapendo certo che Sua Altezza ne<br />
riceverà infinito contento glie lo [i. e. gliel’ho] inviato per un messo a posta,<br />
testificando con le mie lettere il molto gusto che Sua Beatitu<strong>di</strong>ne riceve da simili atti<br />
<strong>di</strong> pietà et ottimo zelo che Sua Altezza va <strong>di</strong>mostrando verso Sua Beatitu<strong>di</strong>ne et la<br />
Sede Apostolica, ecc.<br />
Ho scritto al conte Ottavio Mamiani nel particolare delle armi che s’imbrunischino,<br />
ricercandolo strettamente a cercar <strong>di</strong> scuoprire il senso del signor duca, e veder <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>sporlo che queste armi <strong>di</strong> qua non si muovono, et avvisar me bene <strong>di</strong> quanto<br />
troverà, acciocché io possi deliberare del modo <strong>di</strong> passare li miei offici, se bisognerà,<br />
conformandomi intieramente nell’or<strong>di</strong>ne che, secondo la volontà <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne,<br />
me ne viene data da Vostra Signoria Illustrissima, alla quale ecc.<br />
180<br />
Venerdì mattina partì il signor Lunati, maestro <strong>di</strong> campo, con le due ultime<br />
compagnie, et il tutto successe con quiete, avendo io bene avvertito che fra li suoi<br />
soldati e questi della militia non succedesse in questa partenza alcun scandalo, come<br />
se ne poteva dubitare, per essere gli animi, per varie risse seguite, grandemente fra <strong>di</strong><br />
loro alterati e <strong>di</strong>sgustati.
Si sono poi anche licentiate l’istesse guar<strong>di</strong>e e militie, talché questa città e così le<br />
altre, sono libere da tal spesa e fasti<strong>di</strong>o, e si può credere che con le <strong>di</strong>ligenze che si<br />
usaranno, con tutto che vi resti qualche persona <strong>di</strong> mala mente in campagna, non<br />
siano per seguire de’ <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni, che per il passato ha causato la licenza de’ soldati, et<br />
il fomento che avevano da chi gli assoldava et reggeva.<br />
Et umilmente<br />
Ho ricevuta et vista la scrittura mandatami da Vostra Signoria Illustrissima sopra le<br />
armi che se imbrunischino nel palazzo <strong>di</strong> Pesaro, et mi pare efficace fondamento che<br />
il signor duca con la sua lettera promette <strong>di</strong> non lasciar muover le armi e <strong>di</strong> osservare<br />
li giuramenti de’ governatori, li quali non avriano da sé potuto obligarlo, e però io<br />
181<br />
mi restringerò alla concor<strong>di</strong>a, non sapendo tal lettera.<br />
Ora con questo motivo, e della convenienza <strong>di</strong> non muovere, massime in questi<br />
tempi, <strong>di</strong> qua armi, scrivo al signor conte Ottavio Mamiani <strong>di</strong> aver inteso che il signor<br />
duca, sebene negò quest’armi al Sarravia dopo le offese al signor duca d’Alva,<br />
quando ricusò d’esser mezzano a levarne maggior quantità <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>te, e che – per le<br />
ragioni sudette – non si possono né devono levare, et lo prego ad operare senza dar<br />
fasti<strong>di</strong>o a Sua Altezza, che non si muovino, et mentre non possi impe<strong>di</strong>re che non se<br />
ne tratti, come da sé per ora lo <strong>di</strong>ssuada, et avvisi me <strong>di</strong> quanto passa, et come meglio<br />
bisognando si potria trattare con Sua Altezza senza <strong>di</strong>sgustarla.<br />
In questa maniera crederò trovar modo <strong>di</strong> eseguire l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Sua Santità, et <strong>di</strong> quel<br />
che succederà darò conto a Vostra Signoria Illustrissima.<br />
Et umilmente
9 <strong>di</strong> ottobre 1625<br />
Mando con la presente alligato l’instrumento autentico del nuovo giuramento prestato<br />
dal conte Annibale Ubal<strong>di</strong>ni, castellano della rocca <strong>di</strong> Sinigaglia, nella forma ch’ho<br />
inteso esser mente <strong>di</strong> Nostro Signore che si presti, et mando anco il giuramento nuovo<br />
del conte Carlo Paciotto, governatore delle armi in quella città, che pure in alcu=<br />
182<br />
ni luoghi si è supplito et raccomandato con alcuni <strong>degli</strong> stessi avvertimenti <strong>di</strong> Sua<br />
Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
Non vi essendo i predecessori loro da ricevere questi giuramenti, ho mandato per tal<br />
effetto il mio segretario, e con ciò umilissimamente<br />
Vien richiamato dal signor duca a Castel Durante il signor Emilio Emili, per<br />
servirsene, come già faceva, con l’istessa provisione, et con farli anco gratia della<br />
provisione decorsa ne’ mesi ne’ quali non ha servito.<br />
Mi scrive il conte Ottavio Mamiani (et anche il signor antonio Donati) che il signor<br />
duca ha tenuto e tiene gran desiderio che don Giovanni Battista Gallo, della <strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong><br />
Pesaro, suo cappellano, ottenga da Nostro Signore gratia d’una pensione, per la quale<br />
suppongono che già, d’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Sua Altezza, se sia fatto ufficio con Sua Santità, e<br />
che ne sia informato Monsignore Datario, et mi hanno così strettamente ricercato et<br />
esortato ad aggiungerci il mio officio per il molto senso che Sua Altezza ne mostra, e<br />
per il gusto che averia se si ottenesse, che non ho saputo lasciare <strong>di</strong> scriverne, sebene<br />
il solito mio è <strong>di</strong> non esser mai in simili materie, molesto a Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, la quale<br />
credo mi scu=
183<br />
serà se io, per meglio servirla, vado cercando <strong>di</strong> mantenere amorevole Sua Altezza, la<br />
quale mi persuado che possi esser nota l’instanza fatta, e, rimettendo il tutto alla<br />
singolar prudenza <strong>di</strong> Sua Santità, umilmente a Vostra Signoria Illustrissima ecc.<br />
XIJ <strong>di</strong> ottobre 1625<br />
Ho ricevuto il foglio con li nuovi avvertimenti sopra il giuramento del conte Paciotto,<br />
mandato da me a Sinigaglia per governatore dell’armi, et ho trovato che sei <strong>di</strong> essi<br />
sono stati raccomandati negli instrumenti de’ nuovi giuramenti che inviai giovedì,<br />
sopra uno <strong>di</strong> quelli che restano ho stimato bene rappresentare a Nostro Signore alcune<br />
considerationi, come nell’istesso foglio che rimando; se piacerà a Sua Santità che io<br />
invii <strong>di</strong> nuovo a Sinigaglia per queste cose che restano, l’eseguirò subito, che io ne sii<br />
avvisato, sebene non lascerò d’aggiungere che, quando Sua Santità non l’avesse per<br />
necessario ovvero opportuno, ne risultaria <strong>di</strong> bene che non si correria pericolo che il<br />
signor duca avesse <strong>di</strong>sgusto mentre da alcuno li fosse riferto d’essersi rinovati più<br />
volte questi giuramenti, che a Sua Altezza non furono né sono <strong>di</strong> gusto.<br />
Ma io eseguirò puntualmente ogni or<strong>di</strong>ne<br />
che mi verrà.<br />
Et umilissimamente<br />
184
Ho inteso quanto si compiace Vostra Signoria Illustrissima scrivermi sopra le<br />
condotte e ven<strong>di</strong>te <strong>di</strong> grani in Sinigaglia ne’ giorni festivi, et ne tratterei a bocca con<br />
ogni affetto se io avessi commo<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> parlare al signor duca, ma non devo conferirmi<br />
a Castel Durante senza particolare or<strong>di</strong>ne o con consenso <strong>di</strong> Sua Altezza, alla quale,<br />
professando <strong>di</strong> non voler trattare negoti, non piacciono simili andate, sicome conobbi<br />
quando, per un negotio commessomi da Nostro Signore nel principio <strong>di</strong> questo<br />
carico, <strong>di</strong>mandai d’andarci, non l’ottenni.<br />
Ma cercherò bene, per il mezzo del signor Emilio, che torna a servire Sua Altezza, e<br />
del signor conte Ottavio, d’operare quanto a me sia possibile per il pio desiderio <strong>di</strong><br />
Vostra Signoria Illustrissima, alla quale umilmente<br />
Io oggi ho inteso da alcuni che sono venuti da Castel Durante e da <strong>Urbino</strong>, che don<br />
Pietro Sarravia, gentiluomo del signor duca <strong>di</strong> Pastrana, <strong>di</strong> suo or<strong>di</strong>ne ha fatto<br />
instanza a Sua Altezza per il supplemento del terzo, <strong>di</strong>cendo che devono essere<br />
tremila soldati, e che sono<br />
185<br />
stati poco più <strong>di</strong> mille, e che il signor duca ha risposto aver fatto quanto ha potuto e<br />
che non è più per farne altro, et che <strong>di</strong> questo il Sarravia ha scritto al duca <strong>di</strong> Pastrana<br />
et aspetta in <strong>Urbino</strong> la risposta.<br />
Io rappresento quel che ho inteso da persone onorate, non essendomi stato tempo <strong>di</strong><br />
chiarirmi della verità delli suddetti offici et risposta.<br />
Dicono molti che, sebene li soldati partiti dallo stato sono stati da mille, non<strong>di</strong>meno li<br />
denari pagati dalle communità e da’ particolari per metter cambi e re<strong>di</strong>mere le<br />
molestie, importeriano il soldo d’altro gran numero, che in tutto sariano intorno alli<br />
duemila.
Mentre l’instanza del Sarravia sia vera, non posso credere che il signor duca sia per<br />
con<strong>di</strong>scendere ad altra leva, avendo inteso, se non in tutto, almeno in parte, li molti<br />
inconvenienti della leva passata ecc.<br />
XVJ <strong>di</strong> ottobre 1625<br />
Mi è confermata per vera et certa l’instanza che io scrissi aver inteso essersi fatta<br />
d’or<strong>di</strong>ne del signor duca <strong>di</strong> Pastrana da don Pietro <strong>di</strong> Sarravia a questo signor duca<br />
del supplemento de’ soldati sino al numero <strong>di</strong> tremila, e così la risposta <strong>di</strong> Sua<br />
Altezza, che non poteva dar<br />
altri soldati.<br />
186<br />
Ho <strong>di</strong> poi anco inteso che don Pietro da <strong>Urbino</strong> [ha] <strong>di</strong>mandato <strong>di</strong> tornar <strong>di</strong> nuovo a<br />
Castel Durante, e che il signor duca li ha negato la licenza <strong>di</strong> andarci per questo<br />
effetto, e li ha fatto sapere <strong>di</strong> deliberare che se ne vada et ch’egli è risoluto et in<br />
procinto <strong>di</strong> venire a Roma, et può esser che a quest’ora si sia messo in viaggio.<br />
Et umilmente<br />
Ho cercato, per il mezzo del conte Ottavio Mamiani, <strong>di</strong> assicurare, senza che se ne<br />
<strong>di</strong>sgusti il signor duca, che le armi che s’imbruniscono in Pesaro non si abbiano a<br />
levare <strong>di</strong> qua, e sono passate fra <strong>di</strong> noi alcune lettere e repliche.<br />
Egli conclude esser impossibile <strong>di</strong> trattarne con Sua Altezza senza che molto se ne<br />
<strong>di</strong>sgusti, poiché ha opinione certa <strong>di</strong> poterne <strong>di</strong>sporre come <strong>di</strong> sua cosa libera, ma che<br />
tiene per certissimo che non verrà più l’occasione <strong>di</strong> levarle, poiché il signor duca
d’Alva, dopo tanto tempo che li furono offerte, non ha mai risposto cosa alcuna, e<br />
che, quando venisse l’occasione, egli subito lo sapria, e me ne avviseria.<br />
Io però insieme con il conte penso che, mentre così piaccia a Nostro Signore, si possi<br />
ora soprasedere <strong>di</strong> parlarne a Sua Altezza, stando avvertito se si sentirà altro motivo<br />
<strong>di</strong> levarle, et allora subito io ne scriverei a Sua Altezza con ogni buon termine, poiché<br />
il conte<br />
187<br />
si rende <strong>di</strong>fficile ad essere il primo a parlarglene, e, sebene alquanto gli <strong>di</strong>spiacesse,<br />
ricordandosi poi della sua lettera e promessa, è verisimile che si quietasse et<br />
appagasse <strong>di</strong> quello ch’è ragionevole.<br />
Aspettarò d’intendere se altro intorno a questo Sua Santità mi comanda e subito<br />
l’eseguirò.<br />
Et umilmente<br />
Di propria mano<br />
Questa sera ho ricevuto altre lettere dal conte Ottavio, con le quali mi avvisa essersi<br />
avute nuove lettere <strong>di</strong> Napoli, che confermano l’opinione sua sudetta, che delle armi<br />
non si abbia più a parlare.<br />
23 <strong>di</strong> ottobre 1625<br />
Mi hanno risposto il conte Ottavio Mamiani et il signor Emilio nel particolare della<br />
condotta e ven<strong>di</strong>ta de’ grani alla piazza <strong>di</strong> Sinigaglia ne’ giorni festivi, in modo che<br />
mi levano la speranza, che prima avevo conceputa, <strong>di</strong> potersi al presente ottenere<br />
altro <strong>di</strong> più in questa materia con so<strong>di</strong>sfatione del signor duca.
Onde io credo che sia espe<strong>di</strong>ente, per minor male et acciocché il tutto passi<br />
quietamente, portare innanzi, che poi in altro tempo non vi sarà tale <strong>di</strong>fficoltà, et<br />
potrà liberamente or<strong>di</strong>narsi da Vostra Signoria Illustrissima quel che<br />
188<br />
dalla pietà e prudenza sua si giu<strong>di</strong>cherà conveniente.<br />
Et umilissimamente<br />
Avendomi avvisato Monsignore del Benino che un vascello, che portava a Ferrara<br />
cento some <strong>di</strong> grano per li soldati, era per fortuna capitato a Sinigaglia, e da quelli<br />
datieri si pretendeva la gabella, io ne scrissi al conte Ottavio Mamiani, instando per<br />
l’or<strong>di</strong>ne opportuno che si cassassero le sicurtà date per il parone <strong>di</strong> so<strong>di</strong>sfare ai datieri<br />
o riportare fra due mesi la gratia.<br />
Il conte mi ha rescritto essersi dato l’or<strong>di</strong>ne per detta cassatione libera, sicome io poi<br />
ho scritto al luogotenente <strong>di</strong> Sinigaglia, che subito l’eseguisca.<br />
Del che ho dovuto dar conto a Vostra Signoria Illustrissima, alla quale umilmente<br />
In esecutione del commandamento <strong>di</strong> Nostro Signore, subito che ieri ricevei le lettere<br />
<strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, mandai a posta a chiamare a Pesaro il conte Carlo<br />
Paciotto, governatore dell’armi <strong>di</strong> Sinigaglia, or<strong>di</strong>nandogli che, per questo poco<br />
tempo della sua assenza, raccomandasse quel carico a persona fidata.<br />
Egli è venuto, et ha prestato <strong>di</strong> nuovo il giuramento, che s’era accomodato<br />
puntualmente secondo l’or<strong>di</strong>ne
<strong>di</strong> Sua Santità.<br />
189<br />
Ho creduto <strong>di</strong> far bene ad aggiungere ove si parla del passaporto <strong>di</strong> Sua Altezza anche<br />
me, acciocché se, scoprendo in un castellano o governatore delitto o machinatione<br />
ond’io avessi a levarlo, egli si abbia a quietare al passaporto ch’io gli <strong>di</strong>a, né possa<br />
aver la scusa che s’abbia ad aspettare da Castel Durante, da dove le risposte vengono<br />
molto tar<strong>di</strong>; mando l’instanza autentica <strong>di</strong> esso giuramento alligata.<br />
Ho or<strong>di</strong>nato al conte Annibale Ubal<strong>di</strong>ni, castellano <strong>di</strong> quella rocca, che domattina<br />
venga qua, raccomandando essa rocca a persona fidata, siccome ho anco or<strong>di</strong>nato al<br />
conte Paciotto che per questo poco tempo ci abbia avvertenza, e per quest’altro<br />
or<strong>di</strong>nario manderò l’altro giuramento rinovato e raccomodato.<br />
S’avvertirà che per l’avvenire gl’altri giuramenti si prestino precisamente nel modo<br />
or<strong>di</strong>nato, al che io avrò particolar avvertenza.<br />
Et umilmente<br />
Per sapere se la rocca <strong>di</strong> Frontone si possa battere con artigliarie, ho mandato a posta<br />
a vederla un soldato prattico in simili cose, che si è trovato in Fiandra in molte<br />
batterie, e gli ho or<strong>di</strong>nato che, mostrando far altro, <strong>di</strong>ligentemente consideri il sito et i<br />
luoghi onde si può battere, e poi mi riferisca il tutto, e subito che avrò questa re=<br />
190<br />
latione ne darò conto a Vostra Signoria Illustrissima.<br />
La <strong>di</strong>manda dell’accrescimento de’ soldati sino al numero <strong>di</strong> tremila fu fatta dal<br />
Sarravia e dal signor duca esclusa, et egli, vedendo non poter sperar altro, s’inviò
verso Roma, laonde <strong>di</strong> questo non si avrà più fasti<strong>di</strong>o, et a Vostra Signoria<br />
Illustrissima umilissimamente<br />
26 <strong>di</strong> ottobre 1625<br />
È tornato il soldato che mandai a vedere la rocca <strong>di</strong> Frontone, e riferisce non esser<br />
possibile batterla con artiglierie, perché non vi si possono condurre, essendo la via<br />
per la quale è necessario andare stretta e storta, che ora va in su et ora in giù, con<br />
fiumi e fossati gran<strong>di</strong>.<br />
E, quando non fosse tal impe<strong>di</strong>mento della via, saria a proposito, per metterci le<br />
artigliarie, una collina ch’è verso Cagli, lontana dalla rocca un quarto <strong>di</strong> miglio;<br />
dall’altra banda, verso Fossombrone, vi è un altra collina più alta, ma gli par troppo<br />
lontana.<br />
Vi è anche un’altra collinetta più vicina e più picciola, ma è bassa assai, né da essa si<br />
può batter la rocca.<br />
Il modo con che si potria assalir detta rocca è d’entrare nella terra per forza con<br />
romper le mura, che sono basse, vecchie e triste,<br />
191<br />
e pigliar essa terra che contiene da trenta case anche triste, et è <strong>di</strong> circuito un quarto<br />
<strong>di</strong> miglio in circa, e poi da essa terra si potria batter la rocca con moschettoni e<br />
passavolanti, 82 e mettere i pettar<strong>di</strong> alla porta <strong>di</strong> essa.<br />
Mando il <strong>di</strong>segno della rocca che ho fatto fare dall’istesso soldato, ma è assai rozzo,<br />
et io non ho giu<strong>di</strong>cato dover fidarmi <strong>di</strong> altri.<br />
82 Nell’antica terminologia militaresca ‘passavolante’ ebbe significati <strong>di</strong>versi: in questo contesto il riferimento è<br />
sicuramente ad un tipo <strong>di</strong> colubrina che costituiva uno dei pezzi più leggeri dell’artiglieria.
Et umilmente<br />
Venne qua per or<strong>di</strong>ne mio venerdì il conte Annibale Ubal<strong>di</strong>ni, castellano della rocca<br />
<strong>di</strong> Sinigaglia, et io ricevei da lui il giuramento raccomandato secondo gli avvertimenti<br />
avuti d’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Nostro Signore, e lo feci l’istesso giorno tornare a Sinigaglia al suo<br />
carico; mando alligata l’instanza autentica <strong>di</strong> esso giuramento.<br />
La cavalleria napolitana domani o martedì comincierà ad arrivare a Sinigaglia:<br />
saranno do<strong>di</strong>ci truppe <strong>di</strong> centoventi soldati l’una in circa, che verranno una per<br />
giorno.<br />
Sono dati tutti gl’or<strong>di</strong>ni opportuni tanto qui quanto in Sinigaglia, ove ho mandato a<br />
posta un capitano pesarese che sopraintenda alle provisioni che si fanno per la<br />
sicurezza e per il buon trattamento dei soldati, et il tutto riuscirà bene e quietamente.<br />
Et con ogni umiltà ecc.<br />
192<br />
Ricevuto che io ebbi l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima <strong>di</strong> provedere che<br />
Francesco Maria Candolfini da Cagli debba ritornare a Bevagna 83 a far ivi il<br />
sindacato per il tempo che vi ha servito <strong>di</strong> cancelliere criminale, or<strong>di</strong>nai al podestà <strong>di</strong><br />
Cagli che l’astringesse a dar sicurtà sufficiente <strong>di</strong> conferirsi senza <strong>di</strong>latione a<br />
Bevagna per il detto sin<strong>di</strong>cato, si come son certo che l’eseguirà, et occorrendo<br />
rinoverò l’istesso or<strong>di</strong>ne.<br />
E con ciò umilissimamente<br />
83 Bevagna è oggi comune umbro in provincia <strong>di</strong> Perugia.
Sebene, per le lettere ricevute dal conte Ottavio Mamiani, mi par poter credere che<br />
non sia per farsi altro intorno al cavar da Pesaro le armi che s’imbruniscono, et esser<br />
sicuro che, quando se ne facesse altro motivo, egli me ne avisaria a tempo <strong>di</strong> poter<br />
trattare col signor duca nel modo impostomi da Nostro Signore, non<strong>di</strong>meno ho <strong>di</strong><br />
nuovo replicato al medesimo signor conte che si contenti star avvertito, e scrivermi<br />
subito che senta parlarne, acciocché abbia commo<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> eseguire gli or<strong>di</strong>ni avuti e<br />
non mi trovi in necessità <strong>di</strong> far qui ritenere le armi, che vedessi muoversi con<br />
maggior <strong>di</strong>sgusto <strong>di</strong> Sua Altezza <strong>di</strong> quel<br />
193<br />
che saria anticipando io <strong>di</strong> trattarne opportunamente; e sono certo che o non se ne<br />
parlerà più o io a tempo effettuarò la mente <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
Et umilissimamente<br />
Oggi è cominciata a passare la cavalleria napolitana, e questa prima truppa è <strong>di</strong> due<br />
compagnie, che <strong>di</strong>cono essere da centotrentacinque soldati: vi si vedono persone <strong>di</strong><br />
buon’aspetto e ben’in or<strong>di</strong>ne, et hanno buoni cavalli.<br />
Continueranno giornalmente a passar l’altre truppe per do<strong>di</strong>ci giorni nell’istessa<br />
quantità; e, per essersi dati buonissimi or<strong>di</strong>ni in Sinigaglia e qui, il tutto passa con<br />
ogni sicurezza e quiete.<br />
Et umilmente<br />
6 <strong>di</strong> novembre 1625<br />
Continuano ogni giorno <strong>di</strong> passare le truppe della cavalleria napolitana, che, come già<br />
scrissi, è <strong>di</strong> gente <strong>di</strong> buon aspetto et ha molto buoni cavalli.
Le truppe per il più sono <strong>di</strong> soldati oltre cento, et in tutto saranno do<strong>di</strong>ci; il passaggio<br />
è quietissimo, né iuo credo che occorrerà minimo <strong>di</strong>sturbo né qui né in Sinigaglia,<br />
eseguendosi in ogni luogo i buoni or<strong>di</strong>ni dati.<br />
Et umilmente<br />
194<br />
Il castellano della rocca <strong>di</strong> San Leo megliorò alquanto della in<strong>di</strong>spositione, talché<br />
caminava per la rocca, ma è poi ricaduto, e si crede che possi durare pochi giorni,<br />
rendendo il cibo come lo piglia; onde ho giu<strong>di</strong>cato convenire <strong>di</strong> provedere d’un buon<br />
soggetto, acciocché succeda alla morte <strong>di</strong> questo, e, se anche avesse a durare molto in<br />
questo termine, saria pure necessaria la provisione, perché si va rendendo inutile a<br />
quel servitio.<br />
Ho però eletto il capitano Gabrielle Gabrielli, gentiluomo gubbino, soggetto <strong>di</strong><br />
onoratissime qualità, che ha servito in guerre, et anco un’altra volta nella istessa<br />
rocca, con so<strong>di</strong>sfattione del signor duca, dal quale anco ora si loda l’elettione; egli<br />
non ha altra dependenza et servitù da Sua Altezza.<br />
È tornato a Gubbio ad accomodare le cose sue, et io lo sollecitarò secondo gli avvisi<br />
che averò da San Leo dello stato del presente castellano.<br />
A suo tempo il Gabrielli presterà giuramento et io ne manderò instrumento autentico.<br />
Et umilmente<br />
Qui si è sparsa voce che il serenissimo signor duca abbia, per mezzo del signor<br />
Albani, chiamato al suo servizio, per gentiluomo <strong>di</strong> cocchio, il signor Ridolfo<br />
Boccalini, del quale avendo io piena notizia che in tutto
195<br />
il tempo si trattenne in <strong>Urbino</strong> abbia usata molta destrezza e prudenza nelle cose<br />
appartenenti a Sua Altezza, e singolar devotione verso Nostro Signore, debbo al<br />
sicuro sperare che nella corte <strong>di</strong> Castel Durante sia per portarsi con la solita devota<br />
osservanza in tutto quello che succedendo, ch’egli venga all’attuale servitio ch’egli<br />
serva in qualsivoglia modo spettasse a Sua Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
Con che fine umilmente<br />
viiij <strong>di</strong> novembre 1625<br />
ho inteso esser da Padova venuto a Castel Durante un francese, inviatoci dal dottor<br />
Colle, già me<strong>di</strong>co del signor duca. 84<br />
Dicono che il detto francese prepari ed adopri molte acque stillate, e con suoi rime<strong>di</strong><br />
si offra <strong>di</strong> ritornare a Sua Altezza il vigore et uso delle membra, e che abbia<br />
cominciato in alcune persone <strong>di</strong> quella terra ad adoprare questi rime<strong>di</strong>, sebene non si<br />
sa <strong>di</strong> alcun buon’effetto.<br />
Il signor duca gli ha dato au<strong>di</strong>enza, ma se sia per accettare l’offerta et prevalersi<br />
dell’opera <strong>di</strong> lui non si sa, et poiché <strong>di</strong> questo si ragiona qui assai, et qualcuno<br />
descrive la cosa altrimente e per maggiore <strong>di</strong> quella che è, io ho dovuto darne conto a<br />
Vostra Signoria Illustrissima, alla quale umilmente<br />
196<br />
Or<strong>di</strong>nai, secondo la mente <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, al podestà <strong>di</strong> Cagli che<br />
astringesse Francesco Maria Candolfino a presentarsi subito nella terra <strong>di</strong> Bevagna<br />
84 Il bellunese Giovanni Colle (1558 - 1631) fu me<strong>di</strong>co alla corte <strong>di</strong> Francesco Maria II della Rovere, al quale era stato<br />
presentato dal vescovo <strong>di</strong> Belluno Luigi Lollino.
per il sin<strong>di</strong>cato al quale è tenuto <strong>di</strong> stare per l’officio che ivi ha esercitato, et ho avuta<br />
risposta che questo notaro si trattiene a Lucca con un dottore <strong>di</strong> questo stato, che si<br />
trova in quella città podestà, e, per esser egli figliolo <strong>di</strong> famiglia, e senza robba, non<br />
vi è in che gravarlo acciò comparisca, onde io non ho visto altro partito che <strong>di</strong><br />
replicare al podestà <strong>di</strong> Cagli ch’esorti lui con lettere et il padre a bocca a <strong>di</strong>sporlo che<br />
volontariamente torni ad adempire l’obbligo suo.<br />
Et umilmente<br />
13 novembre 1625<br />
Mercordì finì <strong>di</strong> passare la cavalleria napolitana, ch’è stata <strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci truppe, ciascuna<br />
<strong>di</strong> due compagnie in numero per il più oltre cento per truppa, et è tutta buona gente<br />
con molti buoni cavalli; <strong>di</strong>cono che a maggio passeranno altri mille e cinquecento<br />
cavalli <strong>di</strong> gente anco migliore.<br />
Non è seguito in questo stato per tal occasione un minimo <strong>di</strong>sturbo, ma, con i buoni<br />
or<strong>di</strong>ni dati, ogni<br />
cosa è passata quietissimamente.<br />
Et umilmente<br />
197<br />
Si è qui avuto avviso, per il mezzo d’uno <strong>degli</strong> Albertini <strong>di</strong> Sinigaglia che serve<br />
l’arciduca Leopoldo, ch’egli si troverà alli 21 del presente in Sinigaglia; del che<br />
l’Albertini avvisa il fratello per alloggiarlo in casa loro.
Si <strong>di</strong>ce che conduca da quaranta cavalli, sebene per venire incognito suole passare<br />
innanzi con <strong>di</strong>eci cavalli soli.<br />
Et umilmente<br />
Domenica s’intese d’un rubbamento commesso nell’eugubbino, presso ai confini<br />
dello stato ecclesiastico da do<strong>di</strong>ci furbacchiotti incogniti, <strong>di</strong> scu<strong>di</strong> novecento et certe<br />
scritture, ad alcuni mercanti della Pergola che tornavano dalla fiera <strong>di</strong> Perugia; essi si<br />
portarono molto male, perché, avvertiti in Perugia <strong>di</strong> provedersi <strong>di</strong> compagnia per<br />
vedersi dopo la leva in quei contorni qualcuno <strong>di</strong> questi tristi, non si providero né <strong>di</strong><br />
compagnia né d’armi, con tutto che anco sapessero quei passi esser stretti e<br />
pericolosi, e che, negl’istessi luoghi et altri non lontani, negl’anni passati vi siano<br />
statii commessi simili rubbamenti anco ad altri pergolani.<br />
Io subito <strong>di</strong>e<strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne al podestà <strong>di</strong> Gubbio <strong>di</strong> usare ogni esquisita <strong>di</strong>=<br />
198<br />
ligenza per scoprire i rei, che sin’ora non si sanno, e carcerargli, e gli mandai i sbirri<br />
<strong>di</strong> campagna e facoltà <strong>di</strong> commandare alle militie per questo effetto, et ho scritto alla<br />
Pergola acciò s’induchino gl’interessati a mettere insieme denari per mandare fuori<br />
un e<strong>di</strong>tto <strong>di</strong> taglia ai colpevoli in premio <strong>di</strong> chi gli scoprirà.<br />
E perché un interessato ha detto <strong>di</strong> poter dar in<strong>di</strong>ti contro uno che abita nel perugino,<br />
ho scritto a Monsignore vescovo, pregandolo che, avuti detti in<strong>di</strong>ti, lo faccia<br />
carcerare, il che se seguirà supplicarò Nostro Signore per la remissione et non lascerò<br />
<strong>di</strong> continuare questa et ogn’altra <strong>di</strong>ligenza possibile, acciocché si scuoprino et<br />
punischino i delinquenti.<br />
Et umilmente
16 <strong>di</strong> novembre 1625<br />
Dovendo, secondo la mente <strong>di</strong> Nostro Signore, et secondo l’inclinatione del signor<br />
duca, continuare in questo stato il solito modo <strong>di</strong> governare, m’informai, nel principio<br />
del governo, come et ove si fosse, ne’ tempi passati, tenuta l’au<strong>di</strong>enza ducale, et<br />
accennai <strong>di</strong> gennaro passato quel che avevo trovato; ora, <strong>di</strong> nuovo, più esattamente,<br />
ne ho <strong>di</strong>mandato per farne a Sua Santità et a Vostra Signoria Illustrissima piena<br />
relatione.<br />
Il duca Guid’Ubaldo, padre del signor duca, 85 per tutto il suo tempo tenne l’au<strong>di</strong>enza<br />
199<br />
nella città ov’egli <strong>di</strong>morò, il che fu per otto o nove mesi dell’anno in Pesaro, e per<br />
due o tre mesi, nell’estate, in <strong>Urbino</strong>.<br />
Il signor duca presente, per i primi anni trenta in circa che attese al governo, condusse<br />
e tenne seco l’au<strong>di</strong>enza, et era solito stantiare anch’egli otto o nove mesi in Pesaro, e<br />
da due o tre mesi in <strong>Urbino</strong>; negl’altri luoghi vi stava pochi giorni.<br />
Introdusse poi il Conseglio <strong>degli</strong> Otto, 86 e si fermò egli in Castel Durante, tenendo in<br />
<strong>Urbino</strong> detto Conseglio, il quale condusse seco quando un invernata stette in Pesaro.<br />
85 Guidobaldo II Della Rovere, figlio <strong>di</strong> Francesco Maria I della Rovere e Eleonora Gonzaga della Rovere, nacque a<br />
<strong>Urbino</strong> il 2 aprile 1514 e morì a Pesaro il 28 settembre 1574; nelle sue vesti <strong>di</strong> quinto duca <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong> resse le sorti del<br />
ducato per 36 anni, dal 1538 al 1574.<br />
86 Francesco Maria II era ragionevolmente preoccupato <strong>di</strong> morire essendo suo figlio, Federico Ubaldo della Rovere,<br />
ancora in minore età, circostanza che avrebbe favorito il progetto papale <strong>di</strong> assumere il governo del ducato.<br />
Il duca urbinate ideò una soluzione volta ad assicurare la successione al figlio senza ledere <strong>di</strong>rettamente la suscettibilità<br />
papale: la costituzione del Consiglio <strong>degli</strong> Otto, formato dai rappresentanti delle sei città <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>, Pesaro, Gubbio,<br />
Senigallia, Cagli, Fossombrone e delle due province <strong>di</strong> Montefeltro e Massa Trabaria; sulla carta si trattava <strong>di</strong> un organo<br />
consultivo e <strong>di</strong> reggenza, che avrebbe dovuto consigliare il duca per tutta la durata della sua vita e, dopo la sua morte,<br />
assumere l'amministrazone dello Stato e la tutela <strong>di</strong> Federico Ubaldo per la durata dell'età pupillare.
Durò allora quel Consiglio da sei anni, e poi il signor duca ripigliò il governo e <strong>di</strong><br />
nuovo tornò a condurre e tener seco l’au<strong>di</strong>enza, secondo che stava in <strong>Urbino</strong>, Pesaro<br />
et anco in Castel Durante.<br />
Lasciò poi il governo, <strong>di</strong>morando parte del tempo in <strong>Urbino</strong> e parte in Pesaro.<br />
Morto il principe fu ritornato il Consiglio <strong>degli</strong> Otto, che durò fino alla mia venuta da<br />
se<strong>di</strong>ci mesi in circa, et stette in <strong>Urbino</strong> insieme con l’au<strong>di</strong>enza.<br />
Si vede che l’au<strong>di</strong>enza è stata solita tenersi ove sono <strong>di</strong>morati i duchi, e solo nel<br />
tempo degl’Otto il signor duca l’ha lasciata in <strong>Urbino</strong>, stando in Castel Durante<br />
lontano solo sette miglia Sua Altezza, alla quale in poche cose occorreva ricorrere,<br />
per l’autorità che il Consiglio aveva nelle altre.<br />
Ora, nella forma del presente governo, è impossibile che il goverenatore stia in un<br />
luogo,<br />
200<br />
et in un’altro l’au<strong>di</strong>enza, la quale si tiene ogni giorno non festivo, et in essa<br />
gl’au<strong>di</strong>tori spe<strong>di</strong>scono le cose non ardue, et le altre, che gli paiono gravi, vengono a<br />
riferirmi, et io li <strong>di</strong>mando d’altre cause per le quali le parti sono a me ricorse.<br />
Veggo anche le relationi che, secondo il consueto, s’inviano da tutto lo stato<br />
all’au<strong>di</strong>enza, e do gli or<strong>di</strong>ni opportuni, procurando, come in effetto siegue, che il tutto<br />
passi con giustitia e so<strong>di</strong>sfattione.<br />
In realtà il Consiglio <strong>degli</strong> Otto governò effettivamente per oltre sei anni, dal 22 gennaio 1607, giorno dell’inse<strong>di</strong>amento<br />
ufficiale, fino all'11 settembre 1613, giorno della soppressione, dovuta al fatto che nel frattempo Francesco Maria II<br />
aveva trovato un protettore geograficamente vicino e militarmente autorevole nel granducato me<strong>di</strong>ceo: il 25 giugno<br />
1612 venne infatti solennemente confermato l'impegno matrimoniale tra Federico Ubaldo della Rovere e Clau<strong>di</strong>a dei<br />
Me<strong>di</strong>ci e conseguentemente l’alleanza tra il ducato <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong> ed il granducato <strong>di</strong> Toscana (a questo punto il Consiglio<br />
<strong>degli</strong> Otto non aveva più ragion d'essere). Il Consiglio <strong>degli</strong> Otto tornò in auge per un breve periodo, dal 1623, anno<br />
della morte <strong>di</strong> Federico Ubaldo della Rovere, al 1625, anno dell’arrivo <strong>di</strong> <strong>Berlingiero</strong> <strong>Gessi</strong>.
Il signor duca, quando fui a Castel Durante, si rimise intieramente a me intorno alla<br />
residenza mia e dell’au<strong>di</strong>enza, e sa benissimo ch’io la conduco meco, né io ho trattato<br />
con Sua Altezza <strong>di</strong> <strong>di</strong>viderla da me, avendola per cosa impratticabile.<br />
Se Nostro Signore commanderà che io chiami qua alcuni gentiluomini d’<strong>Urbino</strong> e gli<br />
mostri che, per i libri dell’au<strong>di</strong>enza, per la relatione de’ cancellieri e <strong>di</strong> altre persone<br />
vecchie e prattiche, apparisce essersi osservato quel che io ho riferto, lo farò subito,<br />
con cercare <strong>di</strong> rendergli capaci e quieti.<br />
Et umilmente<br />
20 novembre 1625<br />
Mandò l’altro ieri il magistrato <strong>di</strong> Pesaro un gentiluomo a <strong>di</strong>rmi che avevano inteso<br />
della <strong>di</strong>manda fatta a Nostro Signore a nome del con=<br />
201<br />
faloniero e priori d’<strong>Urbino</strong> sopra il trasferire ad <strong>Urbino</strong> l’au<strong>di</strong>enza mentre io mi<br />
trattengo in Pesaro, e che desideravano aver ricorso et informare Sua Beatitu<strong>di</strong>ne del<br />
vero et delle ragioni loro, e venne anche <strong>di</strong> poi l’istesso magistrato a <strong>di</strong>rmi l’istesso.<br />
Io risposi che possono esser certi che Sua Santità, per la singolare sua prudenza, e per<br />
il paterno affetto verso tutto questo stato, non pregiu<strong>di</strong>cherà ad alcuna città nel solito<br />
e ragioni sue, e che io ho avuto or<strong>di</strong>ne, in questa materia, <strong>di</strong> riferire qual sia stato il<br />
solito de’ tempi passati, et ho riferta la verità; hanno detto ad ogni modo voler<br />
informare Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, e così credo che faranno.<br />
Mi si conferma per ogni <strong>di</strong>ligenza che ne faccio il solito dei duchi, che io scrissi<br />
intorno quest’au<strong>di</strong>enza, <strong>di</strong> tenerla nelle città ove sono andati, anco quando hanno
visitato lo stato, et l’istesso hanno fatto le duchesse quando è occorso che, in assenza<br />
dei mariti, governassero.<br />
Vi è ben il caso che scrissi del Consiglio <strong>degli</strong> Otto, che in due volte è durato da sette<br />
anni in circa.<br />
Et umilmente<br />
Sono passati per <strong>di</strong> qua molti della famiglia del signore arciduca Leopoldo, ma<br />
s’intende ch’egli non sia per passarci né arrivare a Sinigaglia, come quel gentiluomo<br />
<strong>degli</strong> Albertini, che serve Sua Altezza, aveva<br />
scritto et io rifersi.<br />
202<br />
Si è inteso da Castel Durante che il signor duca si lavi le mani con cert’acqua stillata<br />
dal me<strong>di</strong>co francese.<br />
Con che umilissimamente<br />
27 <strong>di</strong> novembre 1625<br />
Avendo io continuamente ricordato e sollecitato la causa del signor Giovanni Battista<br />
Bono, già avvocato fiscale in questo stato, et la sua espe<strong>di</strong>tione, si è dal dottor<br />
Sempronio giu<strong>di</strong>ce in essa ben visto il processo tanto offensivo quanto <strong>di</strong>fensivo, et si<br />
è data la sentenza assolutoria <strong>di</strong> esso Bono in tutti li capi.<br />
Del che ho dovuto dar conto a Vostra Signoria Illustrissima, alla quale umilmente
Ho inteso da Castel Durante che il signor duca abbia avuto un poco <strong>di</strong> fasti<strong>di</strong>o o<br />
dolore nelle mani, e forsi proviene da quei bagni che <strong>di</strong>cono farsi.<br />
Il francese tuttavia attende ivi a <strong>di</strong>stillare delle acque e <strong>degli</strong> oli, e per questo effetto<br />
si è fatta venire d’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Sua Altezza da Venezia gran quantità <strong>di</strong> boccie.<br />
Et umilmente<br />
203<br />
Di propria mano<br />
Intendo anco essersi il signor duca ingrassato, talché ha bisogno che se li slarghi il<br />
giubbone.<br />
Poiché Nostro Signore si è compiacciuto rimettere a me il modo <strong>di</strong> far capaci gli<br />
urbinati, ho stimato che sia bene <strong>di</strong> scrivere senza <strong>di</strong>latione al confaloniere e priori<br />
d’<strong>Urbino</strong> che dal consiglio si man<strong>di</strong>no qua due gentiluomini, a’ quali amorevolmente<br />
e prestamente <strong>di</strong>rò quello che mi occorre, acciò lo riferiscano al consiglio.<br />
Quando verranno cercherò che restino capaci del solito de’ signori duchi <strong>di</strong> condurre<br />
et tener seco l’au<strong>di</strong>enza, quanto dell’impossibilità <strong>di</strong> separarla.<br />
Mi affaticherò, per quanto sarà in me, <strong>di</strong> quietargli, acciò non <strong>di</strong>ano molestia a Sua<br />
Santità e che simili instanze non esasprino gli animi fra <strong>di</strong> loro <strong>degli</strong> urbinati e<br />
pesaresi.<br />
Et umilmente<br />
30 <strong>di</strong> novembre 1625
Ho ricevuto l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Nostro Signore <strong>di</strong> trattare con ogni efficacia per la<br />
reintegratione del Bono all’ufficio <strong>di</strong> avvocato fiscale, e poiché a me è impossibile<br />
trattare a bocca col signor duca, per la risolutio=<br />
204<br />
ne sua <strong>di</strong> vivere ritirato e fuggire simili abboccamenti, ho scritto a Sua Altezza nel<br />
modo che ho stimato più pieno et efficace per <strong>di</strong>sporlo a questa reintegratione, et ho<br />
pregato il conte Ottavio ad aiutare la mia instanza et ho anco stimato bene scriverne<br />
all’Emilio, sebene so essere poco amorevole del Bono, acciò almeno si quieti e non<br />
sia contrario.<br />
Questo presente avvocato fiscale voleva in ogni modo appellare dalla sentenza del<br />
Sempronio, allegando alcuni decreti ducali che <strong>di</strong>spongono generalmente che il fisco<br />
appelli nelle cause criminali; io ho considerato che questa appellatione, oltre il<br />
travagliare il Bono, potria anco nuocere alla <strong>di</strong>manda della reintegratione, porgendo<br />
al signor duca pretesto <strong>di</strong> scusarsi mentre tuttavia perdesse la causa.<br />
Onde gli ho detto che, siccome l’au<strong>di</strong>enza talora, quando conosce l’appellatione non<br />
rilevante, or<strong>di</strong>na che non s’appelli non ostante i suddetti decreti, così in questo caso<br />
conviene che l’au<strong>di</strong>enza rimova l’appellatione, aderendo alla lodevole consuetu<strong>di</strong>ne<br />
<strong>di</strong> tutta l’Italia, poiché non ci è instigatore, e la causa è vista con gran maturità et<br />
spe<strong>di</strong>ta con piena giustitia.<br />
Egli però ha voluto scriverne a Castel Durante per intender quello che abbia da fare,<br />
et <strong>di</strong> questo ho anche passato ufficio con le suddette mie lettere a Castel Durante,<br />
procurando che la causa non si abbia da rinovare con detta appellatione.<br />
205
Darò conto a suo tempo <strong>di</strong> quello che avrò potuto cavare sopra la reintegratione, ora<br />
solamente aggiungendo che le risposte da Castel Durante per il più tardano assai,<br />
sebene non mancherò della debita e continua sollecitu<strong>di</strong>ne.<br />
Et umilmente<br />
Fra gl’altri che, secondo l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Nostro Signore, prestarono il giuramento in mano<br />
<strong>di</strong> Monsignore Virile, ci fu Tommaso d’Agostino da Monte Guiduccio, ch’era<br />
luogotenente del Peruzzino, allora castellano della rocca <strong>di</strong> Pesaro, il qual Tommaso<br />
fu <strong>di</strong> poi carcerato quando fuggì il Vannello, ma, essendosi chiarito ch’egli allora non<br />
ci ebbe colpa e che neanco era alla porta, ma <strong>di</strong> sopra nella rocca al tempo della fuga,<br />
viene ora liberato.<br />
Non piace però al presente castellano prevalersi <strong>di</strong> lui, non avendolo per amorevole e<br />
confidente, e neanco io credo che sia più a proposito.<br />
Onde si è messo per luogotenente <strong>di</strong> essa rocca un soldato nominato Horatio <strong>di</strong><br />
Gregorio Gregori da Colbordolo, castello <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>, del quale si ha buonissima<br />
relatione, et ha già servito nelle militie et nella guar<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Sua Altezza.<br />
Egli ha prestato il solito giuramento, et io ne mando l’instromento autentico alligato.<br />
Et umilmente<br />
206<br />
4 <strong>di</strong> decembre 1625<br />
Feci con mie lettere l’ufficio quanto più potei efficace appresso il signor duca per la<br />
reintegratione del Boni al fiscalato, et oggi ho stimato bene sollecitare il signor conte<br />
Ottavio con <strong>di</strong>rli che il stato potrà patire mentre si <strong>di</strong>fferisca la reintegratione, perché
il dottor Staccoli, che ora ha il sudetto carico, per avere intese queste instanze pare<br />
freddo nel trattare le cause.<br />
Egli, per il suo interesse, ricorda l’appellatione <strong>di</strong> che io scrissi, acciò la causa va<strong>di</strong> in<br />
lungo et resti l’ufficio in mano sua, ma io gli ho chiaramente detto non convenire in<br />
modo alcuno interporre altra appellatione, et ho replicato al conte Ottavio acciò <strong>di</strong> là<br />
non gliene venisse or<strong>di</strong>ne, et ho esortato il medesimo Staccoli a quietarsi et aderire<br />
alla volontà <strong>di</strong> Nostro Signore, con <strong>di</strong>rli che vedrò consolarlo d’altro carico siccome<br />
potrà succedere e così continuare con l’istessa <strong>di</strong>ligenza con che da principio ho<br />
trattata questa causa, et aiutato il buon’esito, sebene sarà forsi parso che io sia stato<br />
tardo in avvisare la sentenza, il che è avvenuto perché il Sempronio da San Leo non<br />
mi mandò l’avviso per messo a posta, ma per certi conta<strong>di</strong>ni che tardarono molti<br />
giorni a render=<br />
mi le lettere.<br />
Et umilissimamente<br />
207<br />
Per rendere capaci gli urbinati nel particolare della residenza <strong>di</strong> questa au<strong>di</strong>enza,<br />
scrissi ad <strong>Urbino</strong> che dal Conseglio si mandassero qua due gentiluomini, li quali<br />
l’altro ieri furono da me, e non vi fu <strong>di</strong>fficoltà in fermare che i signori duchi hanno<br />
sempre avuta seco l’au<strong>di</strong>enza, in ogni città e luogo ove sono <strong>di</strong>morati.<br />
Essi allegano il solito del Consiglio <strong>degli</strong> Otto ch’era in <strong>Urbino</strong>, stando il signor duca<br />
in Castel Durante, et aggiungono essere la loro città la principale, et che però ivi<br />
debba stare l’au<strong>di</strong>enza sebene io non vi sia.<br />
Ho cercato mostrargli quanto sia <strong>di</strong>verso il caso del Consiglio dal governo presente,<br />
et che l’au<strong>di</strong>enza è inseparabile dal governatore, per il continuo trattato che si fa più
volte il giorno, secondo le occorrenze; e mi sono lasciato intendere <strong>di</strong> andarvi prima<br />
dell’estate passata, procurando che restino quieti e ren<strong>di</strong>no quieti gl’altri in <strong>Urbino</strong>,<br />
acciò non vi sia altra occasione <strong>di</strong> molestia a Nostro Signore, sicome ho speranza che<br />
siano per quietarsi, ma non posso metterlo per certo, e, quando continuino in queste<br />
instanze appresso Sua Santità, mostrano anco i pesaresi voler rappresentare le loro<br />
ragioni, non potendo sentire che si <strong>di</strong>ca <strong>Urbino</strong> esser la città<br />
208<br />
principale, al che replicano essere il loro stato <strong>di</strong>verso e non sottoposto ad <strong>Urbino</strong>; et<br />
veramente non è bene che queste città entrino per questo in gara e <strong>di</strong>sgusti, il che è<br />
verisimile che succeda, durando simili trattati, per il che mi sono maggiormente<br />
affaticato per sopirli, et continuerò <strong>di</strong> procurare il medesimo.<br />
Et umilissimamente<br />
VIJ <strong>di</strong> <strong>di</strong>cembre 1625<br />
Sicome io, trattando, con i gentiluomini d’<strong>Urbino</strong> che qua vennero, della loro<br />
pretensione intorno quest’au<strong>di</strong>enza, per <strong>di</strong>vertire il <strong>di</strong>sgusto fra quella città e questa <strong>di</strong><br />
Pesaro e la molestia che ne possono dare a Nostro Signore, cercai con ogni buona e<br />
destra maniera persuadergli che si quietassero, così speravo che fossero per quietarsi,<br />
ma ho inteso che quel consiglio pur pensa <strong>di</strong> fare nuove instanze per ottenere che<br />
sempre l’au<strong>di</strong>enza stia ivi, la quale io già rifersi essere cosa non solita, et ora<br />
aggiungerò neanco essere ragionevole che il prelato che avria da stare in questo stato<br />
non possa, secondo il bisogno delle altre città e secondo l’opportunità del tempo,<br />
uscire d’<strong>Urbino</strong>, poiché è chiaro che non può governare lontano dall’au<strong>di</strong>enza.<br />
La città <strong>di</strong> Pesaro persiste <strong>di</strong>
209<br />
voler dedurre le sue ragioni innanzi Nostro Signore, et tiene per fermo che quelli<br />
d’<strong>Urbino</strong> facciano gran fondamento nella informatione et aiuto <strong>di</strong> Monsignore<br />
arcivescovo, et ch’egli abbia eccitato o fomentato questo motivo.<br />
Io procurerò sempre, per quel che sia in me, la so<strong>di</strong>sfattione <strong>di</strong> tutti e la quiete<br />
commune in conformità della santa mente <strong>di</strong> Nostro Signore.<br />
Et con ciò umilmente<br />
È andato il capitano Gabrielli da Gubbio al carico destinatoli <strong>di</strong> castellano della rocca<br />
<strong>di</strong> San Leo, et ha ivi prestato il giuramento del quale io mando instromento autentico,<br />
e, perché non aveva confidenza né li piaceva il soldato che, come luogotenente, già<br />
prestò ivi il giuramento, e neanco se ne aveva buona relatione dal castellano vecchio,<br />
si è messo in quel servitio un altro soldato, che viene lodato per buon soggetto, et<br />
anco egli ha prestato il giuramento del quale pure si manda l’instromento alligato.<br />
Et umilmente<br />
Ebbi ieri avviso dal signor conte Ottavio Mamiani che non aveva anco presentata la<br />
mia lettera per la reintegratione del Boni<br />
210<br />
al signor duca, aspettando buona congiuntura acciocché il negotio abbia da riuscir<br />
bene, che credeva che oggi saria tempo opportuno per dar essa lettera.<br />
Io li ho risposto premendo <strong>di</strong> nuovo quanto sia possibile per il buon’esito, il quale<br />
desidero straor<strong>di</strong>nariamente, acciò Nostro Signore ne resti servito.
Et umilmente<br />
XIIIJ <strong>di</strong> decembre 1625<br />
Ieri ebbi dal signor duca or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> rimettere il Boni nell’officio <strong>di</strong> avvocato fiscale,<br />
con la lettera che mando alligata.<br />
Mi è riferto da persona venuta da Castel Durante che Sua Altezza abbia avuto gran<br />
senso in questo fatto, per l’avversione sua dal Boni, ma che, nell’animo <strong>di</strong> Sua<br />
Altezza, il desiderio, che in vero continuamente <strong>di</strong>mostra, della so<strong>di</strong>sfattione <strong>di</strong><br />
Nostro Signore, ha superato ogni contrario pensiero, et hanno giovato per il buon<br />
esito, oltre il scrivere che io ne feci con grand’efficacia, i buoni uffici del signor conte<br />
Ottavio, che si è portato benissimo, et anco del signor Emilio, che ha preferito, alli<br />
propri affetti contro il Boni, la volontà <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
Mandai per un messo a posta, subito ch’ebbi la lettera <strong>di</strong> Sua Altezza, ad avvisare a<br />
Sant’Angelo in Vado il Boni che venisse qua, e, subito<br />
211<br />
che sarà giunto, lo metterò in possesso del carico.<br />
Sentendo io molto contento che sia stata servita Sua Santità, siccome grandamente in<br />
ogni occorrenza desidero e procuro, ho risposto alla lettera <strong>di</strong> Sua Altezza con lodare<br />
la risolutione presa et affermare d’esser certo che sarà molto aggra<strong>di</strong>ta da Sua Santità,<br />
che corrisponderà con paterno affetto all’ossequio <strong>di</strong> Sua Altezza, alla quale credo<br />
che sarà <strong>di</strong> gusto alcun’altro ringratiamento <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Sua Santità.<br />
Et umilmente
Sono da <strong>Urbino</strong> avvisato che quel consiglio, per promovere la sua instanza <strong>di</strong> ottenere<br />
or<strong>di</strong>ne preciso da Nostro Signore che l’au<strong>di</strong>enza stia in quella città per tutto l’anno<br />
intiero, pensi, oltre gli uffici che hanno fatti due d’<strong>Urbino</strong> venuti con altro pretesto a<br />
Roma, mandare due ambasciatori a posta a parlarne a Sua Santità, e che, non potendo<br />
ciò deliberare – secondo i decreti ducali – senza licenza, sono per venire in breve qua<br />
a <strong>di</strong>mandarmela.<br />
Io so esser debito mio <strong>di</strong> non impe<strong>di</strong>re ad alcuno il ricorso o l’accesso a Sua Santità,<br />
ma ho temuto che forsi in questo caso non siano per piacergli tali ambasciatori, et che<br />
li possano recare fasti<strong>di</strong>o tanto l’instanza loro, quanto le altre dei pesaresi, che in tal<br />
caso verranno a premere in contrario.<br />
Onde<br />
212<br />
perciò, e per lettere scrittemi che io cerchi qui <strong>di</strong> far capaci gl’urbinati, ho creduto che<br />
sia bene, anticipando il tempo della <strong>di</strong>manda <strong>di</strong> detta licenza, il darne con la presente<br />
conto, per intendere se piace a Sua Santità che io li lasci venire o se commanda altro.<br />
Et umilmente<br />
22 <strong>di</strong> Xmbre 1625<br />
Ho inteso quanto espone il popolo <strong>di</strong> San Lorenzo in Campo del mal governo<br />
dell’Abbondanza, 87 e delle nuove impositioni e l’or<strong>di</strong>ne che in ciò Vostra Signoria<br />
Illustrissima mi dà, e debbo darne conto che da me e da quest’au<strong>di</strong>enza si è usata<br />
<strong>di</strong>ligenza <strong>di</strong> or<strong>di</strong>nare e ricordare tutto quello che conviene per il buon governo<br />
87 Con questo termine si intendeva anticamente l’ufficio della pubblica annona, vale a <strong>di</strong>re quel complesso <strong>di</strong> organismi<br />
della pubblica amministrazione preposti al rifornimento della popolazione <strong>di</strong> generi <strong>di</strong> prima necessità, in particolare<br />
viveri; l’annona assumeva particolare rilevanza soprattutto nei perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> carestia.
dell’Abbondanza nelle città, terre e luoghi che sono imme<strong>di</strong>atamente soggetti al<br />
signor duca, ma non è stato solito farsi tale <strong>di</strong>ligenza ne’ luoghi de’ baroni,<br />
appartenendo ad essi il governo, e perciò non si è or<strong>di</strong>nata cos’alcuna a San Lorenzo<br />
in Campo, né quegli uomini qua sono ricorsi talché si fosse dovuto, secondo il solito<br />
de’ casi, <strong>di</strong> gravarne prima con lettere ortatorie, 88 e poi con più efficaci rime<strong>di</strong><br />
provederci.<br />
E l’istesso posso <strong>di</strong>re delle compositioni sopra il grano e vino, e, quanto a quello che<br />
propongono, che il governo già era in mano d’uno <strong>degli</strong> au<strong>di</strong>tori, ciò allora avveni=<br />
213<br />
va perché l’istesso marchese Ippolito aveva fatta la deputatione; ora io ho stimato il<br />
partito per spe<strong>di</strong>to <strong>di</strong> scrivere all’Amatorio, governatore <strong>di</strong> quella terra, che senza<br />
<strong>di</strong>latione se ne venga qua, e meglio a bocca s’intenderà che risponde, e se li or<strong>di</strong>nerà<br />
quello si vedrà essere opportuno secondo la pia mente et l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Nostro Signore e<br />
<strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima.<br />
È vero quello che uomini propongono, che la signora duchessa d’<strong>Urbino</strong> preme<br />
grandemente nelle cose del governo <strong>di</strong> quella terra, ma ad ogni modo si vedrà <strong>di</strong><br />
trattare con destra maniera acciò ella non resti <strong>di</strong>sgustata et quel popolo non sia<br />
aggravato.<br />
Et umilmente<br />
Giunse qua venerdì il signor Giovanni Battista Bono, che da me fu visto e ricevuto<br />
con la debita amorevolezza, e subito li fu dato il possesso del carico <strong>di</strong> avvocato<br />
fiscale.<br />
88 Lettere <strong>di</strong> ammonizione rivolta da un’autorità superiore a un inferiore.
Né intorno a ciò altro ho da <strong>di</strong>re, ma debbo umilmente pregare dal Signore Id<strong>di</strong>o alla<br />
santità <strong>di</strong> Nostro Signore et a Vostra Signoria Illustrissima fauste e felici le santissime<br />
feste del prossimo Natale,et il buon principio del nuovo anno con molti e molti altri<br />
simili.<br />
Et riverentemente<br />
214<br />
26 <strong>di</strong>cembre 1625. Al signore car<strong>di</strong>nale Barberino<br />
Mi ha il signor duca mandata una lettera che scrive a Sua Altezza il signor marchese<br />
Giulio della Rovere.<br />
Io ho creduto far bene inviando l’una e l’altra a Nostro Signore et a Vostra Signoria<br />
Illustrissima, sicome l’invio alligate con la presente, e, poiché in questo spaccio non<br />
ho ricevuta lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, né altro mi occorre, umilmente<br />
29 <strong>di</strong>cembre 1625<br />
Il signor duca da otto giorni in qua sta in letto per essere travagliato dalla podagra in<br />
un piede.<br />
Ho inteso che ha lasciato <strong>di</strong> usare le untioni del francese empirico, perché gli ogli<br />
suoi, con l’acutezza loro, li causavano prurito per la vita et spesso li facevano perdere<br />
il sonno.<br />
Subito che ier mattina ricevei il piego <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima per<br />
l’eccellentissimo signor don Taddeo, suo fratello, raccomandatomi per il recapito da<br />
Monsignore Virile, l’inviai per una, acciò li sia reso dove si troverà.
Non ho, in questo spaccio, lettere <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, né occorrendomi<br />
riferire altro, umilissimamente<br />
215<br />
2 <strong>di</strong> gennaro 1626<br />
Dopo aver dato conto a Vostra Signoria Illustrissima essere il signor duca travagliato<br />
dalla podagra in un piede, intesi che si era estesa all’altro piede et anche alquanto la<br />
sentiva in una spalla, con dolori, e gli <strong>di</strong>edero alcune notti fasti<strong>di</strong>o al dormire, et in<br />
una <strong>di</strong> esse fece levare alcuni della famiglia et or<strong>di</strong>nò la <strong>di</strong>stributione <strong>di</strong> molti denari<br />
per elemosina; si è poi avuto avviso che stia meglio, né ci si veda al presente cosa <strong>di</strong><br />
pericolo.<br />
Si aspetta che <strong>di</strong>mani passi per <strong>di</strong> qua l’eccellentissimo signor don Taddeo, fratello <strong>di</strong><br />
Vostra Signoria Illustrissima, il quale fu da me invitato a favorirmi d’alloggiar qui<br />
meco, ma è per arrivare a Fano.<br />
Et umilmente<br />
4 <strong>di</strong> gennaro 1626<br />
Ier sera passò per Pesaro l’eccellentissimo signor don Taddeo, fratello <strong>di</strong> Vostra<br />
Signoria Illustrissima, et andò ad alloggiare a Fano.<br />
Io non l’incontrai alla Cattolica, come pensavo, perché avevo mandato, secondo che<br />
sua eccelenza mi aveva scritto, i cavalli da campagna alla Cattolica a servirlo, e vi era<br />
anche, nell’accompagnarlo, <strong>di</strong>fficoltà, che Monsignore vescovo <strong>di</strong> Pesaro, come<br />
or<strong>di</strong>nario, vuole la precedenza, et io stimai, per la <strong>di</strong>gnità
216<br />
del signor duca, e del carico, e mia, e per conservare appresso i popoli la riputatione,<br />
che sia meglio fuggir l’occasione che dargliela; andai lontano un miglio, et ivi vid<strong>di</strong><br />
Sua Eccellenza con ottima ciera e li feci riverenza.<br />
Si è inteso che il signor duca tre giorni sono uscì fuori in carrozza per ricreatione.<br />
Et umilissimamente<br />
8 <strong>di</strong> gennaro 1626<br />
Dopo che io scrissi, ad instanza de’ Battiferri d’<strong>Urbino</strong>, per la remissione qua <strong>di</strong><br />
Donino, carcerato in Velletri, che ha pro<strong>di</strong>toriamente ucciso il loro fratello, e che poi<br />
fui avvisato dal mio agente non essere tal <strong>di</strong>manda molto ben’intesa, non solo restai<br />
<strong>di</strong> replicare, ma anche cercai <strong>di</strong> persuadere i ministri del signor duca che in ciò si<br />
quietassero, né poi me n’è stato detto altro, ma penso che i Battiferri siano ricorsi a<br />
Sua Altezza istessa, e ne abbiano cavato l’or<strong>di</strong>ne per il quale parla il residente<br />
Albano.<br />
Non so precisamente come Sua Altezza ci prema, ma per il mio giu<strong>di</strong>tio credo che ci<br />
abbia senso per le circostanze del fatto.<br />
Scriverò a Castel Durante per chiarirmi della sua mente e darne conto fra tanto per<br />
<strong>di</strong>rne, come mi è commandato, il mio parere.<br />
Credo che potria Nostro Signore, se così<br />
217<br />
paresse alla sua singolare prudenza, dar so<strong>di</strong>sfatione a Sua Altezza in questo caso, nel<br />
quale concorrono veramente molte circostanze <strong>di</strong> consideratione, poiché il delitto è
seguito in Castel Durante, in faccia <strong>di</strong> Sua Altezza, et il morto era suo servitore e<br />
foriero, 89 et è stato un mezzo tra<strong>di</strong>mento d’un perfido e vile servitore, che pur è suo<br />
sud<strong>di</strong>to, essendo nativo d’<strong>Urbino</strong>.<br />
Vi può anche concorrere la so<strong>di</strong>sfatione della città d’<strong>Urbino</strong>, ove sono quattro fratelli<br />
del morto, soggetti onorati e <strong>di</strong> spirito.<br />
Né lascerò d’aggiungere che il signor duca ha avute altre tali gratie più volte mentre<br />
ha <strong>di</strong>mandato de’ suoi sud<strong>di</strong>ti rei ne’ pontificati passati.<br />
Et umilmente<br />
Ho scritto al signor duca quanto Vostra Signoria Illustrissima si è compiacciuta<br />
avvisarmi dell’or<strong>di</strong>ne dato da Nostro Signore per l’espe<strong>di</strong>tione della causa del signor<br />
Giulio della Rovere, marchese <strong>di</strong> San Lorenzo.<br />
Ho anco ricevuta la nota delli luoghi <strong>di</strong> Sicilia che sono sospetti della peste, e<br />
trattatone con i soprastanti alla sanità, acciò si <strong>di</strong>ano gl’or<strong>di</strong>ni opportuni.<br />
Et umilmente<br />
218<br />
15 <strong>di</strong> gennaro 1626<br />
Oltre la risposta che mi ha data il signor conte Ottavio Mamiani, che il signor duca,<br />
tanto per l’instanze de’ Battiferri d’<strong>Urbino</strong>, quanto per le circostanze del delitto,<br />
preme grandemente per la remissione, <strong>di</strong> avere la gratia da Nostro Signore della<br />
remissione qua <strong>di</strong> Donino, carcerato in Velletri per aver ammazzato pro<strong>di</strong>toriamente<br />
il Battiferro suo padrone, me ne ha anco scritto il consigliero Urbani, attestandomi<br />
89 Anticamente il foriero era il servitore in livrea incaricato <strong>di</strong> precedere la carrozza del signore.
l’istessa premura <strong>di</strong> Sua Altezza, e ricercandomi <strong>di</strong> far officio acciò siegua detta<br />
remissione.<br />
Il che io ho dovuto riferire, secondo l’or<strong>di</strong>ne datomi, rimettendomi nel resto a quanto<br />
scrissi con l’altra mia et alla volontà <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
Et a Vostra Signoria Illustrissima umilmente<br />
Martedì sera ebbi lettere dal signor duca, con le quali mi scrisse aver avviso da<br />
Genova che il Doria, conte <strong>di</strong> Sascorbaro, si trovava nell’estremo <strong>di</strong> sua vita, e che<br />
Sua Altezza non voleva, intorno a ciò, pretendere cos’alcuna, et era pronta,<br />
bisognando dar aiuto per il possesso <strong>di</strong> Nostro Signore e della Sede Apostolica nelli<br />
castelli posseduti dal conte, siccome nella lettera che mando alligata.<br />
Io subito rescrissi che del tutto avrei dato conto a Sua Santità, et lodai la pietà et zelo<br />
<strong>di</strong> Sua Altezza, et<br />
219<br />
la pregai che, quando sapesse la certezza della morte, mi favorisse <strong>di</strong> farmene<br />
avvisato.<br />
Ho stimato bene mandare un mio confidente a Sassocorbaro, acciocché per ora<br />
avverta che non succeda pregiu<strong>di</strong>cio o novità alcuna, mentre fosse procurata dalli<br />
parenti o ere<strong>di</strong> del Doria o da altri, et aspetti l’avviso che io le darò quando saprò la<br />
morte <strong>di</strong> lui, et allora pigli il possesso, a nome <strong>di</strong> Nostro Signore e della Sede<br />
Apostolica del castello <strong>di</strong> Sassocorbaro e dell’altro <strong>di</strong> Val<strong>di</strong>teveri 90 e de’ suoi annessi,<br />
e fare altri atti possessori soliti, et mettere un altro vicario,e gli ho dato autorità <strong>di</strong><br />
commandare per tale effetto nelle militie vicine dello stato del signor duca mentre ne<br />
90 Valle <strong>di</strong> Teva è oggi una frazione del comune marchigiano <strong>di</strong> Monte Cerignone, in provincia <strong>di</strong> Pesaro <strong>Urbino</strong>.
fosse <strong>di</strong> bisogno, il che non credo e tengo per certo che il tutto passerà<br />
quietissimamente.<br />
Né altro per ora in ciò occorrendomi, umilmente<br />
Quando il cancelliero <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima in Sinigaglia mi rimetterà i<br />
denari da <strong>di</strong>spensarsi ai poveri <strong>di</strong> Monte Feltro, io ne or<strong>di</strong>nerò e procurerò la<br />
<strong>di</strong>stributione, sicome feci <strong>degli</strong> altri che si <strong>di</strong>spensarono d’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> nostro sognore, et<br />
dell’effetto a suo tempo darò conto a Vostra Signoria Illustrissima, alla quale con ciò<br />
umilissimamente<br />
220<br />
16 gennaro 1626<br />
Dopo avere ier sera scritto quanto mi occorreva nel negotio <strong>di</strong> Sassocorbaro, ho avuto<br />
avviso che quei popoli sanno la gravissima in<strong>di</strong>spositione e pericolo del conte Doria,<br />
e sono quietissimi e pronti all’obe<strong>di</strong>enza, né vi è novità o <strong>di</strong>sturbo alcuno, onde, con<br />
la buona volontà del signor duca, sono certissimo che si piglierà, per Nostro Signore<br />
e per la Sede Apostolica, il possesso quietissimamente.<br />
Et ho pensato <strong>di</strong> far bene ad avvisare per messo a posta del tutto Monsignor Corsini,<br />
acciocché, sapendo i romori che passavano al tempo <strong>di</strong> papa Paolo per l’altra<br />
infermità del conte, non facesse per buon fine alcun motivo che senza causa darà<br />
<strong>di</strong>sturbo a quei popoli e <strong>di</strong>sgusto a Sua Altezza.<br />
Ho voluto tutto questo rappresentare a Vostra Signoria Illustrissima, e, se piacerà a<br />
Nostro Signore <strong>di</strong> far or<strong>di</strong>nare questo istesso a Monsignore suddetto, io crederò che<br />
sia bene per le cause suddette.<br />
Et umilmente
18 <strong>di</strong> gennaro 1626<br />
Con lettere mie del spaccio passato <strong>di</strong>e<strong>di</strong> pieno raguaglio a Vostra Signoria<br />
Illustrissima <strong>di</strong> quanto passava intorno al feudo <strong>di</strong> Sassocorbaro, ora non ho che<br />
aggiungere a quello che scrissi, se non che il cancelliero che <strong>di</strong> qua man=<br />
221<br />
dai a quel castello mi avvisa ch’è entrato et <strong>di</strong>mora nella rocca, come io li or<strong>di</strong>nai, e<br />
che quegli uomini l’hanno visto volontieri, e saranno tutti pronti ad obe<strong>di</strong>re se<br />
s’intenderà la morte del Doria, del quale non ho poi inteso altro, dopo l’avviso che il<br />
signor duca me ne <strong>di</strong>ede.<br />
Et umilmente<br />
Ho ricevuto l’altro or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima delli trecento scu<strong>di</strong> che il<br />
cancelliero suo <strong>di</strong> Sinigaglia mi rimetterà in quella moneta, et eseguirò quanto<br />
m’impone, <strong>di</strong> conservarne cento appresso <strong>di</strong> me per impiegarli in quel tanto che mi<br />
sarà da lei imposto, e gl’altri farò <strong>di</strong>stribuire in Monte Feltro secondo il primo or<strong>di</strong>ne,<br />
e darò conto a Vostra Signoria Illustrissima dell’esecutione, quando sarà fatta.<br />
Et umilissimamente<br />
22 gennaro 1626. A Nostro Signore<br />
È altrettanto singolare la gratia che ricevo dalla somma benignità <strong>di</strong> vostra<br />
beatitu<strong>di</strong>ne dell’esser promosso al car<strong>di</strong>nalato, quanto è infinito l’obbligo che ne terrò<br />
sempre alla sua infinita umanità.
Laonde, siccome con ogni riverenza vengo a renderne alla santità vostra<br />
222<br />
quelle gratie che posso et debbo maggiori, così la certifico che in tutti i tempi<br />
cercherò occasione <strong>di</strong> servire con tutte le mie forze a Vostra Beatitu<strong>di</strong>ne et a cotesta<br />
Santa Sede, non solo per andar meritando la <strong>di</strong>gnità della quale si è degnato<br />
onorarmi, ma per corrispondere al concetto che in questa mia promotione ha tenuto<br />
della mia persona.<br />
Supplico umilissimamente Vostra Santità a credere che ha conferito così segnalato<br />
benefitio a soggetto che conosce quanto più debba stimarlo, per venirgli dalla mano<br />
<strong>di</strong> tanto pontefice, et che premerà sempre d’obbe<strong>di</strong>re ai cenni <strong>di</strong> Vostra Beatitu<strong>di</strong>ne, a<br />
cui, mentre bacio i santissimi pie<strong>di</strong>, prego da Dio lungo e prospero corso <strong>di</strong> vita, ecc.<br />
22 gennaro 1626. Al signore car<strong>di</strong>nale Barberino<br />
Con la umanissima lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima ho ricevuto l’avviso della<br />
gratia fattami da Nostro Signore <strong>di</strong> crearmi car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> santa Chiesa, et siccome in<br />
essa riconosco, insieme con la benignità <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, la favorita protettione<br />
che <strong>di</strong> me Vostra Signoria Illustrissima si è compiacciuta tenere, così gliene<br />
professerò – finché avrò spirito – infinita obbligazione, et quanto meno trovo parole<br />
atte ad esprimerla et renderli sufficienti gratie, tanto porrò ogni industria <strong>di</strong> rendermi<br />
in fatto pron=<br />
to, grato et obe<strong>di</strong>ente suo servitore, in tutto quello che si degnerà impiegarmi.<br />
223
Del che non mi pare che io possi fare altra offerta o esibitione, conoscendo che – per<br />
esser creatura et opera sua – ella per ragion propria <strong>di</strong> me come le piace in ogni<br />
tempo ha da <strong>di</strong>sporre.<br />
Et umilissimamente<br />
Quando, ier mattina, arrivò il corriero con le lettere <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima,<br />
stimai che mi convenisse subito spe<strong>di</strong>re a Castel Durante un mio gentiluomo con dar<br />
conto al signor duca della gratia del car<strong>di</strong>nalato, fattami da Nostro Signore, et<br />
aggionsi, secondo la mente et or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Sua Santità, concetti e parole tali che io tengo<br />
per certissimo che Sua Altezza non riceverà ombra alcuna per questa mia <strong>di</strong>gnità, e<br />
volontieri si compiacerà che da me si faccia – intorno al continuare in questo carico -<br />
quel che piacerà a Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, sicome io sarò sempre pronto et <strong>di</strong>sposto ad<br />
obe<strong>di</strong>re, in questo et in ogn’altra cosa, alla volontà et cenni <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, et<br />
credo, come scrive Vostra Signoria Illustrissima, che possa Sua Santità, finché li<br />
piacerà, fare che da me si continui qui senz’altra nuova deputatione.<br />
Mandai al signor duca la lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, alla quale ecc.<br />
224<br />
Con le lettere mie delli due spacci passati ho dato conto a Vostra Signoria<br />
Illustrissima dell’ottimo e sicuro stato nel quale si trova il negotio delli castelli <strong>di</strong><br />
Sassocorbaro e Val<strong>di</strong>tevere, e che altro non si aspettava, per pigliare il possesso per<br />
Nostro Signore e per la Sede Apostolica, se non l’avviso della morte del Doria,<br />
ultimo conte, il quale io ricevei ieri per le lettere <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima delli<br />
18 inviatemi per la staffetta, e subito – per messo a posta – mandai al cancelliere –<br />
che tengo nella rocca <strong>di</strong> Sassocorbaro per questo effetto – or<strong>di</strong>ne preciso che pigli il<br />
possesso <strong>di</strong> quei castelli dagli officiali et uomini del Conseglio, li giuramenti <strong>di</strong><br />
fedeltà et omaggio per Nostro Signore e per la Sede Apostolica.
Die<strong>di</strong> anco, all’istesso cancelliere, autorità <strong>di</strong> confermare nell’officio il vicario che sta<br />
al governo <strong>di</strong> quei luoghi, acciò per l’avvenire eserciti il carico come deputato da me<br />
et come ministro et ufficiale <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, et <strong>di</strong> questi atti nella seguente<br />
settimana manderò autentici instromenti a Vostra Signoria Illustrissima, alla quale<br />
unilmente<br />
23 <strong>di</strong> gennaro 1626<br />
Ho ricevuto il piego <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima delli 21 con le facoltà et or<strong>di</strong>ni<br />
225<br />
appartenenti al negotio <strong>di</strong> Sascorbaro; darò <strong>di</strong> nuovo autorità al cancelliere, che vi fu<br />
da me mandato, che pigli il possesso et i giuramenti, e deputi il vicario, come<br />
nell’altra mia si contiene.<br />
Continuerò poi il governo a nome <strong>di</strong> Nostro Signore, et quanto prima manderò<br />
l’instromento autentico, et anco scriverò al duca, secondo l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
Et umilmente<br />
25 gennaro 1626<br />
Il cancelliero da me mandato a Sassocorbaro mi ha avvisato <strong>di</strong> avere intieramente<br />
eseguito l’or<strong>di</strong>ne datogli, con pigliare il possesso, a nome <strong>di</strong> Nostro Signore e della<br />
Sede Apostolica, tanto in Sascorbaro quanto in Val<strong>di</strong>tevere e loro annessi, et così<br />
deputare il vicario et ricevere i giuramenti in ambedue i luoghi, et che quanto prima<br />
saria in Pesaro, onde per il seguente or<strong>di</strong>nario si manderanno da me gli istromenti<br />
autentici <strong>di</strong> questi atti.
Scrive che quei popoli con ogni quiete et buona volontà si sono messi all’obe<strong>di</strong>enza<br />
<strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, che hanno però mostrato gran timore che quei luoghi siano uniti<br />
al governo <strong>di</strong> Romagna, il che essi non vorriano in modo alcuno, ma desiderano in<br />
estremo esser governati a nome <strong>di</strong> Sua Santità dal prelato che governerà questo stato.<br />
Intendo che possedeva il Doria ivi alcuni terreni, quali <strong>di</strong>cono che non appartengono<br />
al feudo, ma che da cinquanta anni<br />
226<br />
fa in circa gli comperarono gli antecessori <strong>di</strong> lui da alcuni de’ Landriani 91 per<br />
settemila scu<strong>di</strong>, sebene ora si <strong>di</strong>ce esser <strong>di</strong> maggior prezzo, et l’avvocato Boni, che ha<br />
avuta la sopraintendenza <strong>di</strong> quei castelli per il Doria da cent’anni in qua, <strong>di</strong>ce averne<br />
veduti gl’instromenti.<br />
Non mi è occorso valermi della lettera <strong>di</strong>retta a Monsignore arcivescovo <strong>di</strong> Tarsi, 92<br />
poiché egli rispose a quello che da principio li scrissi, che non aveva fatto motivo<br />
alcuno, onde la rimando.<br />
Et umilissimamente<br />
Ha risposto il signor duca alle mie lettere, cortesemente rispetto alli miei complimenti<br />
et esibitioni, ma quanto alla continuatione in questo governo non scrive molto<br />
chiaramente, rimettendosi a quel che scrive a Vostra Signoria Illustrissima.<br />
91 A suo tempo Guidubaldo II della Rovere aveva infeudato al conte Antonio, dell’illustre famiglia milanese dei<br />
Landriani, alcuni castelli e territori del ducato <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>.<br />
92 Il riferimento è ad un personaggio già citato nella lettera del 16 gennaio 1626, tal monsignor Ottavio Orsini (Firenze<br />
1592 – Roma 1642), che fu titolare dell’arci<strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Tarso (‘Tarsi’ nel testo), città natale <strong>di</strong> San Paolo (nell’attuale<br />
Turchia), dal 17 marzo 1621 al 30 luglio 1641; all’epoca la città era sotto il dominio dell’impero ottomano, <strong>di</strong> talché la<br />
<strong>di</strong>ocesi era fittizia e la carica da intendersi in partibus infidelium.
Se mi or<strong>di</strong>nerà Nostro Signore che in questo particolare io faccia o con lettere o con<br />
mandarci il segretario altr’ufficio, eseguirò con ogni <strong>di</strong>ligenza tutto quello che mi<br />
sarà imposto.<br />
Ha Sua Altezza, per l’onore conferitomi da Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, per tre giorni fatte fare<br />
allegrezze pubbliche molto alla grande, che sono state dal popolo viste con gusto et<br />
applauso.<br />
Et umilissimamente<br />
227<br />
25 gennaro 1626. Al signore car<strong>di</strong>nale Sant’Onofrio 93<br />
Ho intesa la risolutione che, in gratia del signor duca, Nostro Signore si è<br />
compiacciuto fare della remissione qua <strong>di</strong> Donino, carcerato in Velletri, che uccise<br />
pro<strong>di</strong>toriamente il Battiferri suo padrone, et debbo lodar la prudenza e benignità <strong>di</strong><br />
Sua Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
Si daranno <strong>di</strong> qua gl’or<strong>di</strong>ni opportuni acciò questi esecutori ricevano e conducano<br />
esso reo sicuramente.<br />
Et io a Vostra Signoria Illustrissima umilissimamente<br />
29 <strong>di</strong> gennaro 1626<br />
Mando alligati gl’instromenti delli possessi presi in Sascorbaro et Val<strong>di</strong>tevere dal<br />
cancelliero che io ci mandai per questo effetto, et così delli giuramenti che quelli<br />
93 La lettera è in<strong>di</strong>rizzata ad Antonio Barberini (Firenze, 18 novembre 1569 – 10 <strong>di</strong>cembre 1646), fratello del pontefice<br />
Urbano VIII, che il 7 ottobre 1624 venne creato car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> Sant’Onofrio, titolo usato più volte da <strong>Berlingiero</strong> <strong>Gessi</strong><br />
nella presente raccolta <strong>di</strong> lettere.
uomini hanno prestato mostrando prontezza nel sottoporsi all’obe<strong>di</strong>enza <strong>di</strong> Nostro<br />
Signore e della Sede Apostolica.<br />
Il vicario ivi confermato è da me stato avvertito <strong>di</strong> portarsi bene e <strong>di</strong> riferire le cose<br />
che occorreranno non all’au<strong>di</strong>enza del signor duca, ma a me solo, come deputato da<br />
Sua Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
Se saprò dover in questo operar altro, lo procurerò con ogni <strong>di</strong>ligenza.<br />
228<br />
Il signor duca ha risposto alla mia lettera <strong>di</strong> ringraziamento d’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Nostro<br />
Signore scrittali per la buona volontà et ottimo termine <strong>di</strong> Sua Altezza intorno alla<br />
devolutione de’ suddetti castelli, et ha mostrato d’aggra<strong>di</strong>re grandemente l’ufficio con<br />
parole <strong>di</strong> molto ossequio et riverenza verso Sua Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
Et io con ciò umilissimamente<br />
Quando ricevei l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Nostro Signore <strong>di</strong> provedere agli inconvenienti de’ quali si<br />
dolevano gli uomini <strong>di</strong> San Lorenzo in Campo, pensai non vi essere miglior rime<strong>di</strong>o<br />
che <strong>di</strong> procurare che il signor marchese Giulio della Rovere dasse la sopraintendenza<br />
del governo ne’ suoi luoghi ad alcun dottor onorato, et glielo feci sapere, e vedendo<br />
che non c’inclinava ne scrissi alla signora duchessa, proponendo che questo era<br />
l’unico rime<strong>di</strong>o per schivar le querele de’ popoli et la necessità <strong>di</strong> mandarvesi da me<br />
alcun commissario.<br />
Mi ha Sua Altezza ora avvisato che a sua persuasione il fratello ha deputato il dottor<br />
Nucci da Fossombrone, ch’è soggetto d’ottime qualità, et egli sarà da me avvisato<br />
d’informarsi e provedere, et quelli popoli <strong>di</strong> ricorrere ad esso, et così al tutto vien<br />
provisto.
229<br />
Di propria mano<br />
Alla quale darò conto che questa mattina alle 16 ore è passato per Pesaro in carrozza<br />
Monsignore arcivescovo Morosini, e, senza <strong>di</strong>rmi o farmi <strong>di</strong>re cos’alcuna, né fermarsi<br />
punto, ha tirato innanzi verso Rimini.<br />
Per l’or<strong>di</strong>nario passato mi avvisò l’eccellentissimo signor don Carlo, fratello <strong>di</strong><br />
Vostra Signoria Illustrissima, del passaggio che doveva fare per questo stato i soldati<br />
<strong>di</strong> Nostro Signore, et io <strong>di</strong>e<strong>di</strong> or<strong>di</strong>ni a Sinigaglia, et anco qui, che si facessero, come<br />
si sono fatte le altre volte, le provisioni opportune per il vitto <strong>di</strong> essi soldati, e<br />
procurerò che il tutto siegua con piena et intiera so<strong>di</strong>sfattione, e, dopo avere ricevuta<br />
la lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, ho ricordati et rinovati gli stessi or<strong>di</strong>ni;<br />
saria però bene che si sapesse il tempo preciso del passaggio.<br />
Il signor duca l’ha da me inteso sicome il signor don Carlo mi scrisse che io ne<br />
avisassi Sua Altezza, et se n’è rimesso totalmente a me.<br />
Et umilmente<br />
5 <strong>di</strong> febraro 1626<br />
Quando inviai, otto giorni sono, gl’instromenti del possesso del feudo<br />
230<br />
<strong>di</strong> Sascorbaro, non aggiunsi altro della qualità <strong>di</strong> quelli castelli et giuris<strong>di</strong>tione,<br />
perché non ne avevo anco avuta relatione.
Ora riferirò che possono essere in tutto quel feudo da mille anime, et ci sono delle<br />
persone civili e commode, massime in Sascorbaro.<br />
È luogo <strong>di</strong> passo per quelli che da Rimini vanno a Città <strong>di</strong> Castello e Perugia, et per<br />
essere in montagna si può <strong>di</strong>re fertile, et vi sono molti frutti e buon vino.<br />
Confina, oltre lo stato del signor duca, con i luoghi del Piano <strong>di</strong> Mileto, e lontano<br />
<strong>di</strong>eci miglia dal Sasso <strong>di</strong> Simone, ch’è in vista della terra e della rocca, la quale, per<br />
batteria <strong>di</strong> mano, è buona da <strong>di</strong>fendersi, et ha muraglie grosse con buona architettura,<br />
et ha buonissime stanze.<br />
La communità pagava ogn’anno al conte, et ora pagherà alla Camera Apostolica,<br />
cinquanta scu<strong>di</strong> <strong>di</strong> moneta d’<strong>Urbino</strong>, che fanno scu<strong>di</strong> trentasette <strong>di</strong> moneta <strong>di</strong> Roma, e<br />
forsi è ciò perch’essa communità riscuote certa poca impositione per le robbe che<br />
passano.<br />
Vi sono anche per il fisco et Camera Apostolica i malefici, de’ quali si può cavare da<br />
quin<strong>di</strong>ci o venti scu<strong>di</strong> l’anno in circa.<br />
Et umilmente<br />
Ier sera giunse qua il signor Alessandro Battaglini, cameriere <strong>di</strong> nostro<br />
231<br />
signore, mandato da Sua Santità a portare per me la beretta car<strong>di</strong>nalitia, et io mandai<br />
con la carrozza da campagna ad incontrarlo <strong>di</strong> là da Fano due miei gentiluomini.<br />
Mi rese i brevi e mi riferì la singolare benignità <strong>di</strong> Sua Santità verso me, del che io,<br />
con la debita umiltà, ne rendo gratie a Sua Beatitu<strong>di</strong>ne con la lettera che porta seco il<br />
medesimo Battaglini.
Questa mattina nel duomo Monsignore vescovo mi ha messa la beretta sudetta, et si è<br />
incontrato che in questo giorno <strong>di</strong> Sant’Agata era anco festa nella detta Chiesa, et il<br />
tutto è passato con molto concorso et applauso del popolo.<br />
Mi conferì il signor Battaglini l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Nostro Signore d’andare a Castel Durante e<br />
rendere al signor duca un breve <strong>di</strong> Sua Santità, passando ufficio <strong>di</strong> complimento per<br />
questa occasione del mio car<strong>di</strong>nalato; io, per provedere che non vi sia <strong>di</strong>sgusto<br />
nell’arrivare esso improvisamente a Castel Durante, per essere ora Sua Altezza molto<br />
aliena <strong>di</strong> simili uffici, ho questa mattina per messo a posta scritto al conte Ottavio<br />
Mamiani, in modo che io credo che il signor Battaglino sarà ammesso, inteso e<br />
spe<strong>di</strong>to cortesemente.<br />
Et con ciò a Vostra Signoria Illustrissima umilissimamente<br />
Dal cancelliere <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima in Sinigaglia mi sono stati mandati<br />
232<br />
scu<strong>di</strong> ducento <strong>di</strong> moneta d’<strong>Urbino</strong>, i quali io farò <strong>di</strong>stribuire nel Monte Feltro ai<br />
poveri, secondo l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> lei, prevalendomi del padre Ignatio , prevosto de’ chierici<br />
minimi, che un altra volta fece simil servitio, et è soggetto molto sufficiente et a<br />
proposito.<br />
Se il cancelliere mi rimetterà gli altri cento, gli conserverò per eseguire quello che mi<br />
sarà imposto da Vostra Signoria Illustrissima, alla quale umilmente<br />
Mi ha scritto il signore Prospero Fagnano <strong>di</strong> desiderare, ora che l’avvocato suo<br />
fratello è stato reintegrato nella sua riputatione et onore, che egli si ritiri et licenti da
questo carico, et che Nostro Signore approvi la sua deliberatione, ricercandomi <strong>di</strong><br />
procurare questa licenza con buona gratia <strong>di</strong> Sua Altezza.<br />
Sono restato con l’istesso avvocato <strong>di</strong> scriverne fra due o tre giorni a Sua Altezza, et<br />
non è dubbio che accetterà volontieri la proposta, poich’è cosa ch’egli la desidera e<br />
che avria voluto che io ne facessi ufficio appresso Nostro Signore e Vostra Signoria<br />
Illustrissima, ma io quando me ne fu scritto mi scusai.<br />
Et umilmente<br />
6 <strong>di</strong> febraro 1626<br />
233<br />
È nota a Nostro Signore la pretensione <strong>degli</strong> urbinati sopra la continua residenza ivi<br />
<strong>di</strong> quest’au<strong>di</strong>enza, e, perché con ogni industria mia non ho potuto quietargli, ma, o<br />
per la preeminenza che vorriano sopra le altre città, o per l’utile che ne caveriano, o<br />
per il fomento <strong>di</strong> chi gl’instiga, si vanno maggiormente esasperando, mi è parso<br />
trovarmi in necessità <strong>di</strong> darne conto a Nostro Signore.<br />
La nobiltà in questo è <strong>di</strong>visa, perché molti dei primi vorriano che il tutto si rimettesse<br />
alla mia volontà, altri, che professano amicitia con Monsignore arcivescovo in ogni<br />
modo et con ogni termine, o buono, o non buono, premono per questa residenza, et<br />
hanno tirata alla loro opinione la plebe, che in <strong>Urbino</strong> ha parte nel governo,<br />
intervenendone gran numero nei consegli, la quale perciò si vede commossa.<br />
E, sebene per altro tutti lodano e si mostrano so<strong>di</strong>sfatti delle mie attioni e governo,<br />
non<strong>di</strong>meno non possono patire che in questo non mi conformi alla loro volontà, e<br />
l’hanno <strong>di</strong>mostrato nell’occasione del car<strong>di</strong>nalato, del quale non hanno fatto segno<br />
d’allegrezza, né passato sin ad ora meco complimento, sebene hanno visto che tutte le
altre città e luoghi hanno mandati ambasciatori a rallegrarsene, e fattene molte feste,<br />
il che non scrivo per vanità, ma acciò Nostro Signore sappia ogni cosa.<br />
Per essere stato sempre quel popolo molto ar<strong>di</strong>to, sebene io ciò non credo, pure si può<br />
234<br />
dubitare <strong>di</strong> qualche ingiuria o insulto contro alcuni <strong>di</strong> quelli più modesti, che non<br />
lodano simili impertinenze, non sapendo io se a deviare questo pericolo bastino<br />
gl’or<strong>di</strong>ni da me dati al luogotenente, o podestà, che invigilino acciò non siegua alcun<br />
inconveniente.<br />
E, se venisse il caso <strong>di</strong> pigliare il possesso e ricevere i giuramenti, che forsi alcuno si<br />
scoprisse se<strong>di</strong>tioso et inobe<strong>di</strong>ente, è chiaro che in questo motivo ha gran<strong>di</strong>ssima parte<br />
Monsignore arcivescovo, et che dove prima era in estremo da tutti o<strong>di</strong>ato, ora, con<br />
fomentare questa pretensione, ha guadagnato li animi del popolo e <strong>di</strong> una parte della<br />
nobiltà, onde, se egli continuarà in queste sue persuasioni et eccitationi, sarà <strong>di</strong>fficile<br />
<strong>di</strong> terminare questo negotio con quiete; e se, al tempo del possesso, egli fosse in<br />
<strong>Urbino</strong>, credo che si potria dubitare della <strong>di</strong>sobe<strong>di</strong>enza <strong>di</strong> qualcheduno.<br />
Il compiacere in tutto gli urbinati è, come altre volte scrissi, contro il solito, non<br />
essendo, fuori che nel tempo <strong>degli</strong> Otto, per più <strong>di</strong> cent’anni stata ivi l’au<strong>di</strong>enza più <strong>di</strong><br />
tre mesi l’anno, nel gran caldo, et io, per prova replicata, so che la mia testa non può<br />
sopportare la frigi<strong>di</strong>tà et sottigliezza <strong>di</strong> quell’aere, et vi è anco la contra<strong>di</strong>ttione de’<br />
pesaresi, i quali non meno importa tener so<strong>di</strong>sfatti che gl’urbinati.<br />
Ho meco pensato se si fosse potuto tener ivi <strong>di</strong> continuo un au<strong>di</strong>tore<br />
235
e cancelliero che spe<strong>di</strong>sse le cose minori, ma questa <strong>di</strong>stintione è <strong>di</strong>fficile, et adesso<br />
nell’au<strong>di</strong>enza non vi sono se non due au<strong>di</strong>tori, che il terzo non fu da me <strong>di</strong>mandato al<br />
signor duca in Castel Durante per non accettare l’Emilio, et <strong>di</strong>poi quelli che assistono<br />
a Sua Altezza mi hanno sempre <strong>di</strong>suaso il farne instanza, per la presente sua<br />
parsimonia, né io so come potessi tirar inanzi l’au<strong>di</strong>enza con un au<strong>di</strong>tore solo.<br />
Mi fa anche dubbio che, promovendo gl’urbinati la loro pretensione con modo assai<br />
impertinente, se ora si cede, potranno forsi in altre cose maggiori per l’avvenire<br />
mostrarsi ar<strong>di</strong>ti e poco obe<strong>di</strong>enti alla volontà et or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
Et a mio giu<strong>di</strong>cio saria bene non ora, ma quando per il caldo vi si andasse, nel partirsi<br />
la sciarei un au<strong>di</strong>tore, mentre però nell’au<strong>di</strong>enza ce ne fossero tre.<br />
Da questa informatione potrà Sua Beatitu<strong>di</strong>ne conoscere la qualità del fatto et con la<br />
singolare sua prudenza or<strong>di</strong>nare quanto stimi opportuno.<br />
Et umilmente<br />
viij <strong>di</strong> febraro 1626<br />
Con la lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima dei 4 ho ricevuta la confirmatione<br />
dell’avviso, già da Venetia ricevuto, che in Lubiana ultimamente si è scoperto il<br />
contagio, e che da quei signori si fanno usare estreme<br />
236<br />
<strong>di</strong>ligenze acciò non entri infettione nel loro dominio.<br />
Et ho similmente fatti rinovare gli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> usare in questo stato esatta <strong>di</strong>ligenza per<br />
conto delle robbe e persone che capitano qua, e non mancherò <strong>di</strong> continuo attenderci,<br />
ringratiando Vostra Signoria Illustrissima del favore che mi ha fatto in raccordarlo.
E per fine <strong>di</strong> questa umilmente a Vostra Signoria Illustrissima bascio le mani.<br />
Ho pensato, al fine <strong>di</strong> Carnevale, conferirmi, insieme con l’au<strong>di</strong>enza, in Sinigaglia,<br />
ove è molto desiderata questa visita, et sì che sarà gra<strong>di</strong>ta; cercherò <strong>di</strong> operare per il<br />
buon governo quel che vedrò essere opportuno.<br />
Ebbi già in questo proposito da Nostro Signore la facoltà <strong>di</strong> conferirmi per tale effetto<br />
in queste città dello stato, secondo l’opportunità del tempo, et ora credo che a Sua<br />
Santità sarà grato che io consoli quelle città.<br />
Debbo anche supplicare Vostra Signoria Illustrissima a farmi gratia d’or<strong>di</strong>narmi se ivi<br />
possa e debba servirla in cosa alcuna, che ogni suo commandamento eseguirò con<br />
esquisita <strong>di</strong>ligenza.<br />
Questa mattina si è inviato verso Castel Durante il signore Alessandro Battaglini ad<br />
eseguire gl’or<strong>di</strong>ni datigli da Nostro Signore <strong>di</strong> complire col<br />
237<br />
signor duca, d’or<strong>di</strong>ne del quale ieri s’ebbe risposta alla lettera sopra ciò da me scritta,<br />
che saria stato ivi ricevuto, alloggiato et spe<strong>di</strong>to con ogni cortesia.<br />
Egli poi darà conto <strong>di</strong> quel suo negotiato.<br />
Et io umilissimamente<br />
xij <strong>di</strong> febraro 1626<br />
Mi avvisò le settimane passate il podestà <strong>di</strong> Barchi che Luca <strong>di</strong> Luca della Valle del<br />
Monte, ban<strong>di</strong>to capitalmente dallo stato del signor duca, si tratteneva nelle ville dello
stato ecclesiastico che sono vicine ai confini con Sua Altezza, e <strong>di</strong> quando in quando<br />
intrava a fare dei danni et insulti in questo stato.<br />
Io, per ovviare a tali inconvenienti, ricercai Monsignore governatore <strong>di</strong> Fano, che si<br />
contentasse <strong>di</strong> farlo carcerare, siccome intendo essere seguito.<br />
Onde ho or<strong>di</strong>nato al podestà <strong>di</strong> Barchi che mi man<strong>di</strong> il processo già formato contro<br />
costui, con la sentenza, et acciò segua quello ch’è giusto e si liberi quel contorno<br />
dalle molestie [che] vi apportava e ne ricevano gl’altri esempio.<br />
Manderò esso processo al luogotenente <strong>di</strong> Fano mentre si veda esser ben formato e<br />
senza nullità; il che mi occorre per risposta <strong>di</strong> quanto, intorno a ciò, Vostra Signoria<br />
Illustrissima si è compiacciuta scrivermi.<br />
Et umilmente<br />
238<br />
Il Battaglini lunedì eseguì in Castel Durante l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Nostro Signore <strong>di</strong> complire<br />
con il signor duca, et ier sera fu qui <strong>di</strong> ritorno, e mi riferisce che aveva trovata Sua<br />
Altezza in buon stato <strong>di</strong> sanità, et era stato inteso con molta cortesia, et d’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />
Sua Altezza incontrato e nobilmente alloggiato, il che io ho avuto gusto che sia<br />
succeduto con piena so<strong>di</strong>sfatione, sicome ne avevo ricercato il conte Ottavio<br />
Mamiani, che in ciò si è portato molto bene, come fa nelle altre cose appartenenti al<br />
servitio <strong>di</strong> Nostro Signore; e, perché il signor Battaglini riferirà pienamente il suo<br />
negotiato, a me non occorre <strong>di</strong>r altro<br />
15 <strong>di</strong> febraro 1626<br />
Mi ha risposto il signor duca sopra la sentenza che, per l’instanza del signor Giovanni<br />
Battista Boni e per le lettere del signor Prospero Fagnani, scrissi a Sua Altezza
<strong>di</strong>mandarsi da esso Boni, et ha mostrato piacergli molto, del che non vi è dubbio;<br />
<strong>di</strong>mani egli se ne ritornerà a Sant’Angelo in Vado, sua patria.<br />
In questo tempo che qui ha servito io ne ho ricevuta intera so<strong>di</strong>sfatione, et l’ho<br />
conosciuto per soggetto <strong>di</strong><br />
239<br />
molta prudenza, integrità e sufficienza, e credo che sia per riuscire bene in ogni<br />
carico e governo.<br />
Mi ha anco scritto il signor duca del complimento seco passato dal signor Alessandro<br />
Battaglini, mostrando averne ricevuto molto gusto e consolatione.<br />
È stato due giorni in letto con dolori renali, ma si è poi liberato.<br />
Et umilmente<br />
Quando fui avvisato dall’eccellentissimo signor don Carlo, fratello <strong>di</strong> Vostra Signoria<br />
Illustrissima, e poi da lei, del passaggio per questo stato della cavalleria et fanteria <strong>di</strong><br />
Nostro Signore, <strong>di</strong>e<strong>di</strong> in Sinigaglia e qui gli or<strong>di</strong>ni opportuni acciocché il tutto abbia a<br />
passare con intiera so<strong>di</strong>sfatione, e così senza dubbio seguirà, il che mi occorre per<br />
risposta <strong>di</strong> quanto ultimamente Vostra Signoria Illustrissima mi scrive in questo<br />
proposito.<br />
Et non avendo ricevute sue d’altro negotio non mi occorre d’aggiunger altro, ma<br />
umilmente<br />
19 <strong>di</strong> febraro 1626
Continuando il modo da me tenuto negli altri miei carichi, ho sempre con gl’urbinati<br />
trattato con ogni amorevolezza, anche dopo che ho visto procedere essi con termini <strong>di</strong><br />
pochissima creanza, non per altro che<br />
240<br />
per pretensione pertinace <strong>di</strong> avere ivi la continua residenza dell’au<strong>di</strong>enza.<br />
Nel che non possono patire che io non mi accomo<strong>di</strong> alla volontà loro, senza rendersi<br />
capaci che l’acutezza <strong>di</strong> quell’aere mi è perniciosissima; osserverò l’istesso modo <strong>di</strong><br />
trattare con cortesia, eseguendo pienamente la volontà <strong>di</strong> Nostro Signore.<br />
Quanto al mandarsi da <strong>Urbino</strong> ambasciatori a Roma, vi è la consideratione, l’altra<br />
volta prudentissimamente avuta da Sua Santità, del senso che ne possi avere il signor<br />
duca, vi è anche il pericolo che i pesaresi voglino all’incontro mandare altri<br />
ambasciatori, e si rinovi, o accreschi, la poca intelligenza fra queste due città, et tutto<br />
quello che gl’ambasciatori vogliono riferire si può rappresentare con lettere, et<br />
ottenere da Sua Beatitu<strong>di</strong>ne la so<strong>di</strong>sfattione che si compiacerà dargli, senza<br />
aggiungere questa nuova spesa alli debiti che ha quella città <strong>di</strong> scu<strong>di</strong> trentamila, che<br />
ogn’anno si accrescono per pagare i frutti; et senza che paia a chi non è informato che<br />
conten<strong>di</strong>no meco et vincano riportando la detta so<strong>di</strong>sfatione, debbo però, con la solita<br />
mia riverenza, rimettermi – intorno a detta venuta – alla prudenza <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
Et umilissimamente<br />
Dimani penso conferirmi a Sinigaglia, ove consolerò quel popolo che gran=<br />
241
demente desidera questa visita, et anco vederanno le altre città che io sarò per<br />
andarvi, siccome anch’essi pure desiderano, né ad alcuno de’ luoghi dove si va si<br />
darà alcun scommodo, né minima spesa.<br />
Non si trova, appresso il signor duca, alcun spagnuolo.<br />
Vi fu bene certi giorni sono un conte de’ Bolignini, milanese, in compagnia d’uno o<br />
due spagnuoli, che in un giorno, che ivi si fermarono, <strong>di</strong>edero conto a Sua Altezza, <strong>di</strong><br />
or<strong>di</strong>ne del signor duca <strong>di</strong> Feria, delle cause per le quali il re cattolico tira innanzi la<br />
guerra e delle cose seguite sin ad ora.<br />
Fu alcuno che <strong>di</strong>sse che avevano parlato a Sua Altezza <strong>di</strong> supplire il terzo, et io ho<br />
cercato chiarirmene, et ho trovato che non ne fecero parola.<br />
Et umilissimamente<br />
Ho intesa la remissione che il signor duca, per mezzo del residente Albani, si è<br />
<strong>di</strong>chiarato <strong>di</strong> fare della volontà sua in Nostro Signore intorno la continuatione mia in<br />
questo carico, ovvero alla deputatione <strong>di</strong> alcun prelato in mio luogo, et il gusto che<br />
Sua Beatitu<strong>di</strong>ne ha ricevuto d’avere anche in questo ritrovato in Sua Altezza così<br />
buona <strong>di</strong>spositione della so<strong>di</strong>sfatione <strong>di</strong> Sua Santità, et io, eseguendo l’or<strong>di</strong>ne che me<br />
ne viene dato, farò a Sua Altezza testimonianza del sentimento che Sua Beatitu<strong>di</strong>ne<br />
ne ha avuto, e del merito che per quest’atto ancora a Sua Altezza s’accresce presso<br />
Sua Santità.<br />
Et umilissimamente<br />
242<br />
19 <strong>di</strong> febraro 1626
Il padre Ignatio, preposto de’ chierici minimi, fu da me mandato a San Leo a<br />
<strong>di</strong>stribuire ai poveri i ducento scu<strong>di</strong> che – d’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima –<br />
mi furono dal suo cancelliere <strong>di</strong> Sinigaglia mandati.<br />
Ha eseguito il tutto, e nel suo ritorno qua mi ha riferto che questi popoli hanno<br />
grandemente aggra<strong>di</strong>ta la carità usatagli, et tutti si trovano benissimo <strong>di</strong>sposti et<br />
affetti verso la santità <strong>di</strong> Nostro Signore e Vostra Signoria Illustrissima, alla quale<br />
22 <strong>di</strong> febraro 1626. In Sinigaglia<br />
Ho inteso che i dolori renali, che patì ai dì passati il signor duca, procedettero dal<br />
vomito violento che Sua Altezza aveva provocato, come talora usa anche contro<br />
voglia de’ me<strong>di</strong>ci, che temono che gli possa nuocere.<br />
Ieri venni a Sinigaglia per starvi quin<strong>di</strong>ci giorni in circa, e fui ricevuto da questo<br />
popolo con grande applauso; trovo che tutti qui sono benissimo affetti verso Nostro<br />
Signore, et se ne averà sempre ogni pronta et piena obbe<strong>di</strong>enza.<br />
Et a Vostra Signoria Illustrissima bascio ecc.<br />
243<br />
26 febraro 1626<br />
Quanto più, qui in Sinigaglia, et in tutte le altre città e luoghi <strong>di</strong> questo stato, vedo le<br />
cose quiete et i popoli so<strong>di</strong>sfatti e pronti ad ogni piena obbe<strong>di</strong>enza, tanto mi preme<br />
maggiormente et apporta fasti<strong>di</strong>o il <strong>di</strong>sgusto che mostrano gli urbinati per la<br />
pretensione dell’au<strong>di</strong>enza, et il vedere che, secondo la speranza mia, se venisse il<br />
caso del possesso, non potrei, mentre le cose sono in questi termini, andarci se non<br />
con molti soldati, per non correre pericolo che, congionto questo loro senso con<br />
l’ar<strong>di</strong>re solito e mostrato in altri tempi, usassero qualche termine <strong>di</strong> temerità et
<strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>enza, e perché sono avvisato che quest’ar<strong>di</strong>re e termini che usano sono<br />
fondati in opinione che la mente <strong>di</strong> Nostro Signore sia in favor loro, che l’au<strong>di</strong>enza<br />
stia in <strong>Urbino</strong>, et hanno gran confidenza d’ottenere in Roma quanto vogliono, stimo<br />
che grandemente conferirà alla quiete se Sua Beatitu<strong>di</strong>ne si compiacesse con un buon<br />
ragionamento far capace l’Albano, non tanto come residente del signor duca, quanto<br />
come gentiluomo d’<strong>Urbino</strong>, che la mente <strong>di</strong> Sua Santità non è che io faccia quello che<br />
non posso et va<strong>di</strong> ad <strong>Urbino</strong> a metterci la sanità e la vita, et che Sua Beatitu<strong>di</strong>ne<br />
resterà con gusto se, lasciando i termini non buoni, si rimetteranno alla so<strong>di</strong>sfattione<br />
che io potrò<br />
dargli.<br />
244<br />
Et, pensando al modo <strong>di</strong> questa so<strong>di</strong>sfattione, credo che si potria per cinque o sei<br />
mesi, cominciando da Pasqua, tenere l’au<strong>di</strong>enza in <strong>Urbino</strong>, et io in quel tempo, o in<br />
buona parte <strong>di</strong> esso, trattenermi in Fossombrone, ove l’aria non è acuta ma moderata,<br />
et non vi è molta <strong>di</strong>stanza, talché presto possono aversi l’ambasciate o l’informationi.<br />
Et io, mentre fossi certo che avessero a trattar meco li urbinati con il termine che<br />
ricerca la mia qualità e la <strong>di</strong>gnità che mi ha data Nostro Signore, spesso ci anderei.<br />
Per mandare ad effetto questo pensiero non si può far <strong>di</strong> meno <strong>di</strong> avere tre au<strong>di</strong>tori,<br />
de’ quali due assistino in <strong>Urbino</strong> con l’avvocato fiscale et tre de’ cancellieri<br />
all’au<strong>di</strong>enza, et l’altro au<strong>di</strong>tore, con un cancelliere, resti presso <strong>di</strong> me per riferirmi i<br />
negotii che venghino o dall’au<strong>di</strong>enza o da altri, et il segretario <strong>di</strong> giustizia potria<br />
spesso, secondo le occorrenze, passare da un luogo all’altro.<br />
Per avere questo terzo au<strong>di</strong>tore ho scritto al signor duca, et ho mandato a posta il<br />
segretario a Castel Durante, a fare istanza a Sua Altezza dell’or<strong>di</strong>ne opportuno per la<br />
provisione et anco che interponga la sua autorità in quietare gli urbinati, il che io<br />
molto desidero, persuadendomi così piacere a Sua Beatitu<strong>di</strong>ne.
Et umilmente<br />
245<br />
In <strong>Urbino</strong> fu trovato affisso alcuni giorni sono un foglio con le parole delle quali<br />
mando copia, et ultimamente fu messo un avviso del modo <strong>di</strong> trovare l’autore <strong>di</strong> esso<br />
foglio alla porta del podestà, il quale ha fatto alcuni prigioni et procede nella causa.<br />
Si vede che l’animo <strong>di</strong> chi l’ha fatto è <strong>di</strong> offendere Alessandro in esso nominato, et<br />
poi anco nomina queste allegrezze del mio car<strong>di</strong>nalato, come si vede.<br />
Io ho stimato non dover lasciare <strong>di</strong> darne conto a Vostra Signoria Illustrissima, acciò<br />
Nostro Signore sappia quello che passa, e potendo forsi essere che da altri sia<br />
rappresentato per cosa più grave.<br />
Et umilmente<br />
Copia del cartello trovato li 19 febraro 1626 attaccato ad una delle colonne<br />
della loggia <strong>di</strong> San Francesco d’<strong>Urbino</strong>, et staccato per or<strong>di</strong>ne del signor<br />
podestà dal sostituto criminale<br />
Signori siate invitati in casa <strong>di</strong> Grimandello alias Alessandro <strong>degli</strong> Alessandri alla<br />
come<strong>di</strong>a Alla piazza del Piuccolo si fa la Zannata. Il tutto per allegrezza del car<strong>di</strong>nal<br />
<strong>Gessi</strong>. Amen.<br />
Il sudetto cartello è scritto a lettere maiuscule e <strong>di</strong> buon carattere.<br />
Copia del polizotto 94 <strong>di</strong> lettera scontrafatta trovato alla porta del podestà<br />
«Signore podestà. Per avere vostra signoria notitia della persona che ha fatto il car=<br />
94 All’epoca in cui esistevano sistemi <strong>di</strong> delazione regolamentata il termine pòliza o pòlizza (da cui l’accrescitivo<br />
polizzòtto) in<strong>di</strong>cava uno scritto, per lo più anonimo, volto a denunciare colpe e vizi altrui.
246<br />
tello nel quale hanno nominato l’illustrissimo signor car<strong>di</strong>nale <strong>Gessi</strong>, facci cercare la<br />
casa al signor Pietro Corboli, perché s’intende esser egli poco amorevole del signor<br />
Alessandro <strong>degli</strong> Alessandri, et anco perché si <strong>di</strong>letta <strong>di</strong> fare quella sorta <strong>di</strong> lettere,<br />
che se intende che sia stato fatto il cartello <strong>di</strong> quello se ne puol informare dal<br />
Brandano, il quale è amicissimo del signor Pietro et gli pratica in casa, et alli mesi<br />
passati gli fece certi nomi <strong>di</strong> simili lettere d’oro e colorite, et <strong>di</strong> questo ne averà<br />
notitia il signor Annibale Bal<strong>di</strong> quale anco potria avere quell’istessa notte nel luogo<br />
dove fu attaccato il cartello il signor Pietro, Francesco Paiar. o suo servitore, ovvero<br />
altri che fossero andati girando attorno al detto luogo, essendo che tutta la notte si<br />
trattenghi insino al giorno nelle loggie <strong>di</strong> San Francesco.<br />
Il detto Baldo ancora saperà che tra li sudetti non ci passa amicitia per causa d’una<br />
puttana che vi prattica il signor Alessandro.<br />
Vostra signoria farà ogni <strong>di</strong>ligenza per ritrovare il malfattore, che darà gusto alla città<br />
d’<strong>Urbino</strong>, <strong>di</strong>co che se li facci cercare la camera sua d’Abbano dove abita.»<br />
Dopo che avevo notata l’altra lettera mia è arrivato qua il signor<br />
247<br />
Giovanni Francesco Sacchetti et mi ha detto quanto gli ha or<strong>di</strong>nato Nostro Signore<br />
intorno al conferirmi ad <strong>Urbino</strong> in qualche gionate buone.<br />
Io ho <strong>di</strong>scorso seco della impossibilità presente, poiché l’acutezza <strong>di</strong> quell’aere, anco<br />
nelle buone giornate, ora mi saria nemicissima, et sebene la maggior parte della<br />
nobiltà d’<strong>Urbino</strong> conosce questa impossibilità, e compatisce, non<strong>di</strong>meno gli altri<br />
nobili, e tutto il popolo, che nel consiglio prevale per l’utile che cava dal concorso <strong>di</strong><br />
tutto lo stato all’au<strong>di</strong>enza et per la pretesa superiorità <strong>di</strong> esso stato, e per le incitationi
<strong>di</strong> Monsignore arcivescovo, sta così alterato e commosso che si potria temere <strong>di</strong><br />
qualche mal termine, se vi si andasse prima d’accomodare le cose, il che io procuro e<br />
cerco, come nell’altra riferisco.<br />
Il signor Sacchetti ha lodati i miei <strong>di</strong>scorsi, come credo che riferirà.<br />
Et umilissimamente<br />
Di propria mano<br />
Manderò ad Ancona il segretario quando saprò esservi il signor Tarquinio Capizucchi<br />
per trattare et stabilire seco tutto quello che ho inteso esser mente <strong>di</strong> Nostro Signore.<br />
Primo <strong>di</strong> marzo 1626<br />
Dopo aver spe<strong>di</strong>to il segretario a Castel Durante, a procurare che il<br />
248<br />
signor duca interponga la sua autorità per la quiete delle cose d’<strong>Urbino</strong> et <strong>di</strong>a or<strong>di</strong>ne<br />
per la provisione del terzo au<strong>di</strong>tore, come scrissi nello spaccio passato.<br />
Ho avuti nuovi avvisi dal signor conte Ottavio Mamiani e dal signor Emilio delli mali<br />
termini <strong>degli</strong> urbinati per la causa scritta dell’au<strong>di</strong>enza quasi in forma <strong>di</strong> sollevatione,<br />
et che parlano audacemente <strong>di</strong> dare archibugiate a chi si mostri contro il senso<br />
publico.<br />
Il conte et l’Emilio, et anco gl’altri attribuiscono la causa principale <strong>di</strong> tanti rumori a<br />
Monsignore arcivescovo, che ha per fine <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgustar me et altri, et credono che per<br />
suo rispetto sarà molto <strong>di</strong>fficile a quietare quel popolo.<br />
Desidero grandemente che gli uffici et mezzi da me procurati partorischino effetto<br />
buono, acciocché io possi eseguire la mente <strong>di</strong> Sua Santità in questo servitio senza
travagli et senza rimetterci <strong>di</strong> riputazione, il che son certo non volersi dalla singolare<br />
benignità <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
Et umilissimamente<br />
Da lungo tempo in qua ho conosciuto il signor Girolamo Parisano, e particolarmente<br />
nel tempo che io ho avuto il vescovato <strong>di</strong> Rimini, ove egli era canonico, et anco per<br />
certi anni vi fu mio vicario, e sempre ho conosciuto in lui onorate et virtuose qualità,<br />
e qui nel servitio<br />
249<br />
che fa a Vostra Signoria Illustrissima ne intendo <strong>di</strong>r bene dalle persone <strong>di</strong> buona<br />
mente, et che procuri <strong>di</strong> mantenere il culto del signore Id<strong>di</strong>o, che la giustitia abbia suo<br />
luogo con buoni e convenienti termini, delle quali cose ho dovuto, per<br />
l’amorevolezza mia con lui, et per l’istessa verità, far fede a Vostra Signoria<br />
Illustrissima, alla quale umilissimamente<br />
5 <strong>di</strong> marzo 1626<br />
Eseguirò con ogni <strong>di</strong>ligenza l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Nostro Signore <strong>di</strong> trattare <strong>di</strong> nuovo del<br />
matrimonio fra la zitella, nepote del Rosa morto in <strong>Urbino</strong>, et il figliolo del signor<br />
Giovanni Battista Fatio.<br />
Ho scritto al Go<strong>di</strong>, zio <strong>di</strong> essa zitella, che venghi a Pesaro, ove farò seco ufficio per<br />
<strong>di</strong>sporlo ad essere favorevole.<br />
Ho anche scritto al signor conte Ottavio Mamiani acciò si adoperi per l’istesso<br />
effetto, et in somma userò ogni modo conveniente e possibile per aiutare il desiderio<br />
del signor Fatio.
E <strong>di</strong> quanto succederà darò conto a Vostra Signoria Illustrissima, alla quale<br />
umilissimamente<br />
Dopo aver passate due settimane qui con molta so<strong>di</strong>sfattione <strong>di</strong> questo popolo, sabato<br />
tornerò a Pesaro, ove penso trattenermi sino a<br />
250<br />
Pasqua, et il giorno seguente andare a Fossombrone, fermandomi un giorno in<br />
Mondolfo et un altro in San Costanzo, che sono buone terre, et hanno mandato a<br />
posta a pregarmi che io ci vada, et gli ho promesso per allora.<br />
In Fossombrone si averà da stare da quin<strong>di</strong>ci o venti giorni, e poi andare a Gubbio,<br />
ove è grandemente desiderata questa visita.<br />
Et qui ho vivuto, et così farò negli altri luoghi con la mia famiglia a mie spese, senza<br />
dare alle città e luoghi ove si va spesa alcuna.<br />
Cerco trattare con ogni amorevolezza et in tutti accrescere l’amore et ottimo affetto<br />
che ci trovo verso Nostro Signore, et la buona <strong>di</strong>sposizione ch’hanno <strong>di</strong> dargli a suo<br />
tempo pronta e piena obbe<strong>di</strong>enza.<br />
Subito che intenderò esser giunto in Ancona il signor Tarquinio Capizucchi, manderò<br />
il segretario a trattare et aggiustar seco tutto quello che si vedrà essere a proposito da<br />
eseguire a suo tempo per servitio <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, secondo l’or<strong>di</strong>ne che me ne<br />
viene dato.<br />
Et umilmente
Ho scritto nei spacci passati della durezza <strong>degli</strong> urbinati nel loro proposito, et<br />
<strong>di</strong>mostrationi che ne fanno, et del rime<strong>di</strong>o che ci procuravo per il mezzo del signor<br />
duca, acciò succeda la quiete in <strong>Urbino</strong>, il che potrà succedere massime se<br />
Monsignore arcivescovo efficacemente se in=<br />
terporrà.<br />
251<br />
Proposi con l’altre mie il pensiero <strong>di</strong> dar so<strong>di</strong>sfattione agl’urbinati mandandovi<br />
l’au<strong>di</strong>enza per qualche mese con trattenermi in Fossombrone, poiché la verità è che<br />
quell’aere mi è inimicissimo et subito mi stempera la testa per l’acutezza.<br />
Potrò bene, nel caldo, qualche giorno comparirci, mentre prima sia aggiustato il tutto,<br />
e non si corra pericolo che, per l’ar<strong>di</strong>re <strong>di</strong> quel popolo, ve si metta <strong>di</strong> riputatione non<br />
solo mia, ma anco della <strong>di</strong>gnità datami da Nostro Signore, con quel che son certo<br />
esser mente <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
Et ecc.<br />
Il signor duca ha mostrato molto senso nell’intendere la morte del vecchio duca <strong>di</strong><br />
Baviera, 95 ricordandosi <strong>di</strong> essere anch’esso molto innanzi negl’anni, perché nel<br />
giorno 20 <strong>di</strong> febraro passato entrò nell’anno settuagesimo ottavo.<br />
E maggior dolore e fasti<strong>di</strong>o ha ricevuto per la morte del signor car<strong>di</strong>nale Farnese, 96<br />
per rispetto della parentela stretta 97 et amorevolezza che ci teneva.<br />
95 78 anni era l’età che aveva – al momento della morte - Guglielmo V <strong>di</strong> Wittelsbach, uno dei più ferventi cattolici<br />
regnanti <strong>di</strong> Baviera e per questo detto il Pio (Landshut, 29 settembre 1548 – Oberschleißheim, 7 febbraio 1626), che fu<br />
Duca <strong>di</strong> Baviera per 18 anni, dal 1579 al 1597, anno in cui ab<strong>di</strong>cò in favore del figlio Massimiliano I, per ritirarsi in un<br />
monastero e de<strong>di</strong>carsi alle partiche devozionali che già tanta parte avevano avuto nel corso dell’intera sua vita.<br />
96 Il car<strong>di</strong>nal Odoardo Farnese nacque a Parma l'8 <strong>di</strong>cembre 1573 e morì all’età <strong>di</strong> 53 anni il 21 febbraio 1626.
Egli però ora sta bene, e mangia assai più che già non faceva, et esce quasi ogni<br />
giorno a ricreatione.<br />
Continuano a passare <strong>di</strong> qua i soldati <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, et il tutto succede con quiete<br />
e so<strong>di</strong>sfattione commune.<br />
Et umilissimamente<br />
252<br />
8 <strong>di</strong> marzo 1626. In Pesaro<br />
Ogni volta che verranno li cinque compagnie <strong>di</strong> fanteria <strong>di</strong> ducento soldati per<br />
ciascuna, che hanno da risedere in Fano et nella Romagna, averanno il passo libero<br />
per questo stato, e riceveranno le commo<strong>di</strong>tà che per il transito sono necessarie, et io<br />
ne ho dati gl’or<strong>di</strong>ni opportuni a Sinigaglia e qui in Pesaro, ove questa sera sono<br />
ritornato, et il tutto è con buona volontà <strong>di</strong> Sua Altezza.<br />
Et umilissimamente a Vostra Signoria Illustrissima bacio le mani<br />
12 <strong>di</strong> marzo 1626<br />
Mi rese l’altro ieri in Sinigaglia il signor Ippolito Giusti, gentiluomo d’<strong>Urbino</strong>, la<br />
lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima delli 4 del passato, con la quale mi avvisa che<br />
Nostro Signore inclina che, vacando la carica che tiene in <strong>Urbino</strong> il capitano Flaminio<br />
Spacciuoli, per morte o renuntia <strong>di</strong> lui, ne sia il sudetto Giusti gratificato, il che<br />
prontamente io eseguirò, e, quando il caso verrà, ne provederò il Giusti, il quale è<br />
partito da me <strong>di</strong> ciò assicurato, et trattato con ogni amorevolezza.<br />
97 La madre <strong>di</strong> Francesco Maria II della Rovere era una nipote del pontefice Paolo III, Vittoria Farnese (Roma, 1521 –<br />
<strong>Urbino</strong>, 1602), la quale il 26 gennaio 1548 aveva sposato il padre <strong>di</strong> Francesco Maria II della Rovere, il duca <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong><br />
Guidobaldo II, rimasto vedovo nel 1547 <strong>di</strong> Giulia da Varano, che gli aveva dato la figlia Virginia.
Et con ciò umilmente<br />
253<br />
Quando io seppi del cartello d’<strong>Urbino</strong>, stimai, secondo che anco ho inteso dalla<br />
lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, che Nostro Signore, per il passato et ora, ha<br />
giu<strong>di</strong>cato convenire per buon governo che non fosse espe<strong>di</strong>ente farsene altro<br />
processo.<br />
Nell’istesso tempo però il podestà d’<strong>Urbino</strong>, per il foglio trovato alla sua porta, del<br />
quale le mandai copia, fece senz’or<strong>di</strong>ne mio carcerare i nominati in esso foglio e gli<br />
esaminò.<br />
Ebbe poi da me or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> fargli rilasciare con sigurtà, e se non l’avevano con la loro<br />
obligatione e così credo che sia seguito, né il podestà, secondo che se gli impose, ci<br />
farà altro.<br />
Et umilissimamente<br />
Ho mandato ad Ancona il segretario a trattare con il signor Tarquinio Capizucchi<br />
secondo la mente et or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Nostro Signore, et a suo tempo darò conto <strong>di</strong> quanto<br />
averanno insieme negotiato.<br />
Dopo Pasqua, subito che la stagione lo comporterà, come scrissi con l’altre mie,<br />
anderò nella visita dello stato, e finita che sarà manderò l’au<strong>di</strong>enza in <strong>Urbino</strong>, né da<br />
me si lascerà <strong>di</strong> dare agli urbinati ogni onesta e possibile so<strong>di</strong>sfattione.<br />
Et umilissimamente<br />
254
Ieri sera vi<strong>di</strong> il signor Antonio Donato tornato qua da Roma, e seco trattai con ogni<br />
termine <strong>di</strong> amorevolezza, et così continuarò <strong>di</strong> dargli ogni so<strong>di</strong>sfattione a me<br />
possibile, al che spero ch’egli sia per corrispondere, e fare come meco si è <strong>di</strong>chiarato<br />
nelle occorrenze quegli uffici che sono conformi alla mente e servitio <strong>di</strong> Nostro<br />
Signore.<br />
Et umilissimamente<br />
15 marzo 1626<br />
Ieri, per messo a posta, il signor duca mi scrisse che il signor car<strong>di</strong>nal Farnese era da<br />
lui lasciato uno de’ tutori e curatori testamentari della gran duchessa donna Vittoria,<br />
sua nipote, e che aveva pensato in suo luogo <strong>di</strong> deputare la persona mia, sapendo<br />
(come scrive Sua Altezza) che per accrescere le obligationi sue gli avrei fatto questo<br />
favore, poiché non aveva persona nella quale avesse maggior confidenza che in me.<br />
Io ringratiai Sua Altezza della confidenza e volontà sua verso <strong>di</strong> me, ma, quanto alla<br />
sudetta nominatione, risposi che, come d’ogni mia attione, così anco <strong>di</strong> questa, prima<br />
che <strong>di</strong>rne altro, mi riputavo tenuto <strong>di</strong> darne conto a Nostro Signore.<br />
Io vedo che il signor duca ci preme, e non resterà molto so<strong>di</strong>sfatto quando ricusi, ma<br />
non ho però altro senso in questo né in qualsivo=<br />
255<br />
glia altra cosa, che <strong>di</strong> eseguire quello che io sappia essere <strong>di</strong> gusto e so<strong>di</strong>sfattione <strong>di</strong><br />
Sua Santità, la quale supplico a farmi gratia d’accennarmi la mente sua, et aspetterò<br />
d’essere favorito da Vostra Signoria Illustrissima quando sia possibile, per il primo<br />
or<strong>di</strong>nario, per poter rescrivere a Sua Altezza.<br />
Et umilmente
Avendo in Sinigaglia veduto esservi bisogno <strong>di</strong> nettàre et <strong>di</strong> accomodare l’armi della<br />
rocca et delle porte, et che ad alcuni pezzi d’artiglieria conveniva <strong>di</strong> provedere <strong>di</strong><br />
ruote e mantelletti, 98 et che vi era nella rocca del salnitro et del solfo, delle quali si<br />
potevano far molte migliara <strong>di</strong> libre <strong>di</strong> polvere, scrissi al signor conte Ottavio<br />
Mamiani ch’era bene dar or<strong>di</strong>ne opportuno per le sudette provisioni, massime che<br />
non erano cose <strong>di</strong> molta spesa; mi ha risposto che se ne saria dato subito or<strong>di</strong>ne, et<br />
così credo che seguirà.<br />
Et umilmente<br />
Ho inteso quanto si compiace Vostra Signoria Illustrissima scrivermi intorno alla<br />
cattura <strong>di</strong> Licurgo Baldeschi, perugino, giovane facinoroso e processato <strong>di</strong> gravi<br />
delitti, che si ricovera in un luogo del territorio <strong>di</strong> Gubbio, et as=<br />
256<br />
pettarò <strong>di</strong> essere avvisato da Monsignore governatore <strong>di</strong> Perugia <strong>di</strong> quel che<br />
gl’occorra intorno a ciò, et del modo che giu<strong>di</strong>ca aversi a tenere per essa cattura, et<br />
quando avrò risposta or<strong>di</strong>nerò al luogotenente <strong>di</strong> Gubbio che usi le <strong>di</strong>ligenze<br />
opportune acciò esso reo sia carcerato, et ci mandarò – bisognando – il barigello <strong>di</strong><br />
campagna con tutti gl’or<strong>di</strong>ni che saranno a proposito.<br />
Et umilmente<br />
98 Scu<strong>di</strong> metallici <strong>di</strong> protezione.<br />
19 <strong>di</strong> marzo 1626
Lunedì fu da me il dottor Cesare Go<strong>di</strong> d’<strong>Urbino</strong>, con il quale feci l’officio impostomi<br />
da Nostro Signore, acciò promovesse et aiutasse il matrimonio fra la zitella dei Rosa,<br />
sua nepote, et il figliolo del signor Giovanni Battista Fatio.<br />
Gli raccordai quanto Sua Beatitu<strong>di</strong>ne istessa in tal proposito gli aveva detto, et cercai<br />
con molte ragioni persuaderli ch’egli et la sorella dovevano accomodarsi al desiderio<br />
<strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, essendo cosa tanto ragionevole, e che saria riuscita d’onore e<br />
so<strong>di</strong>sfattione <strong>di</strong> tutte le parti: mi rispose che, congetturando esser chiamato per questo<br />
da me, aveva domandato alla sorella sua, madre della putta, che cosa doveva<br />
rispondermi, e che essa gli aveva detto ch’essendosi il Rosa morto portato tanto bene<br />
della zitella, con lasciarla<br />
257<br />
liberamente <strong>di</strong> ogni cosa erede, gli pareva che convenisse aderire alla volontà <strong>di</strong> lui,<br />
ch’era sempre stata <strong>di</strong> lasciare che la putta arrivasse ad età <strong>di</strong> conoscere quel ch’era il<br />
suo bene e <strong>di</strong> poter deliberare <strong>di</strong> se stessa, e che pareva ch’essa putta avesse alcun<br />
pensiero <strong>di</strong> religione, e – quando in ciò perseverasse – non voleva rimuoverla; e che,<br />
siccome il vecchio non inclinava al partito del signor Fatio, così neanch’essa<br />
c’inclinava, e che li pareva troppo <strong>di</strong>spar’età fra <strong>di</strong> essi, poiché la putta non arriva<br />
anche alli un<strong>di</strong>ci anni, et il giovane passava li trenta.<br />
Questo fu il <strong>di</strong>scorso e la risposta del Go<strong>di</strong>, dalla quale non si mosse, sebene io<br />
replicai le mie persuasioni con addurre tutte le ragioni che credei poter esser atte a<br />
<strong>di</strong>sporlo.<br />
Pesavo scrivere al padre Ciminella, domenicano, del quale mi valsi l’anno passato per<br />
questo istesso negotio, che passasse simile officio con la madre <strong>di</strong> detta zitella, ma si<br />
trova fuori d’<strong>Urbino</strong> per occasione <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>ca, e tornerà solo a Pasqua, onde allora<br />
farò ch’egli tratti, e frattanto cercarò anche <strong>di</strong> fargli parlare da qualche altro religioso,
desiderando – sebene vedo il negotio molto <strong>di</strong>fficile – poterlo raddolcire et in ciò<br />
servire Sua Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
Et umilmente<br />
258<br />
Il Bruni, mio segretario, ha trattato in Ancona con il signor Tarquinio Capizucchi, nel<br />
che si contiene in un foglio <strong>di</strong> cifra allegato.<br />
Il signor Alessandro Battaglini martedì partì <strong>di</strong> qua con la sua famiglia per Roma, per<br />
la via <strong>di</strong> Loreto.<br />
Et umilmente<br />
22 <strong>di</strong> marzo 1626<br />
Mi scrive il conte Ottavio esser dal signor duca destinato a Fiorenza, ove anderà – in<br />
questa settimana – per visitare in nome <strong>di</strong> Sua Altezza la serenissima arciduchessa<br />
Clau<strong>di</strong>a, 99 et rallegrarsi con essa del suo accasamento con il serenissimo arciduca<br />
Leopoldo, et augurargli insieme il buon viaggio, 100 et presentargli una cistella 101 <strong>di</strong><br />
cristallo <strong>di</strong> montagna, tempestata <strong>di</strong> rubini e <strong>di</strong> perle.<br />
Aggiunge che egli è imposto nell’istruttione <strong>di</strong> non accettare fuori del complimento,<br />
<strong>di</strong> riferire alcuna ambasciata <strong>di</strong> negotio e <strong>di</strong> sbrigarsi in un au<strong>di</strong>enza.<br />
Et umilmente<br />
99 Dopo la morte del suo primo marito, Federico Ubaldo della Rovere (figlio <strong>di</strong> Francesco Maria II), avvenuta nel 1623,<br />
Clau<strong>di</strong>a de' Me<strong>di</strong>ci, arciduchessa d'Austria e contessa <strong>di</strong> Tirolo (Firenze, 4 giugno 1604 – Innsbruck, 25 <strong>di</strong>cembre 1648)<br />
tornò a Firenze, e tre anni dopo, appunto nel 1626, sposò Leopoldo V d'Austria, fratello dell'imperatore Fer<strong>di</strong>nando II.<br />
100 Verso Castel Tirolo (il castello originario dei conti <strong>di</strong> Tirolo), che sorge nei pressi dell'o<strong>di</strong>erna Merano e che allora<br />
era la sede principale del territorio <strong>di</strong> cui Leopoldo V d'Asburgo era signore ed amministratore.<br />
101 Lo stesso che cestino, piccola cesta, cestella.
25 marzo 1626<br />
Ho ricevuto l’or<strong>di</strong>ne, che con la lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima dei 21 mi vien<br />
dato nel particolare, del condannarsi in questo stato i rei alla<br />
259<br />
pena della galera, e farò che si osserverà il modo significatomi, cercando <strong>di</strong> <strong>di</strong>vertire<br />
l’esecutione <strong>di</strong> quella pena mentre le cose stanno in questi termini per quanto si<br />
possa, e solamente permetterò che si trasmettino i galeotti al luogo ch’è stato solito<br />
ne’ casi ne’ quali si vedrà per il buon governo non potersi fare altrimenti.<br />
Et ecc.<br />
Sapendo io che il signor duca con molta ansietà aspettava la risolutione della proposta<br />
fattami <strong>di</strong> deputarmi uno de’ tutori e curatori testamentari della signora sua nepote,<br />
poiché ciò mi avevano scritto il conte Ottavio et il signor Emilio, <strong>di</strong>cendo che questo<br />
aspettava per raccomodare il testamento, et mi avevano sollecitato <strong>di</strong> non <strong>di</strong>fferire<br />
come potevo mandar detta risolutione, subito che ho avute sopra <strong>di</strong> ciò le lettere <strong>di</strong><br />
Vostra Signoria Illustrissima, ho, per messo a posta, dato avviso a Sua Altezza che<br />
Nostro Signore aggra<strong>di</strong>sce il suo pensiero et la confidenza che in ciò mostra in me, et<br />
gli è grato che io accetti quel carico, onde può valersi dell’opera mia, che in questo<br />
come in ogni altra cosa sarà pronta al suo servitio.<br />
Et ecc.<br />
Ho ricevuti gli avvisi che Vostra Signoria Illustrissima si è compiacciuta inviarmi de’
260<br />
preparamenti che si fanno in Algieri e Tunisi, per i quali si può sospettare <strong>di</strong> qualche<br />
scorreria, et gli ho conferiti col governatore delle armi <strong>di</strong> Pesaro et con altri prattici<br />
che concorrono nel parere che Monsignore Nuntio <strong>di</strong> Fiorenza scrive essergli stato<br />
detto dal signor generale Montaguti, cioè non esser verisimile che <strong>di</strong>ano in queste<br />
spiagge per la qualità loro e per la <strong>di</strong>fficoltà del sbarco.<br />
Si sono però ora avvisati i capitani delle militie che avvertano li loro soldati ad esser<br />
pronti quando per nuovo avviso fossero chiamati o, secondo che se intenderà<br />
accrescersi il sospetto et il pericolo, si or<strong>di</strong>neranno le <strong>di</strong>ligenze fatte anco altre volte<br />
in simili occasioni.<br />
Ho scritto a Monsignore nuntio <strong>di</strong> Fiorenza et al signor Capizucchi, acciò con<br />
<strong>di</strong>ligenza mi avvisino <strong>di</strong> quello che sapranno.<br />
Et umilissimamente<br />
29 marzo 1626<br />
Giovedì giunse a Sinigaglia il signor duca d’Alcalà, et trovandosi in quelle ostarie fu<br />
– d’or<strong>di</strong>ne del signor duca da un suo gentiluono – regalato d’un presente <strong>di</strong> pesce e<br />
confettioni.<br />
E poi l’istesso gentiluomo, a nome <strong>di</strong> Sua Altezza, molto si dolse seco delle <strong>di</strong>fficoltà<br />
et impe<strong>di</strong>menti che si ritrovano in riscuoter le entrate e provisioni che<br />
261
l’Altezza Serenissima ha in regno, passando il cre<strong>di</strong>to la somma <strong>di</strong> m/40 scu<strong>di</strong>, e lo<br />
pregò a far ufficio quando fosse in corte appresso al re cattolico et i ministri regi per<br />
lo sborso <strong>di</strong> detti denari, non tanto per l’interesse, quanto perché al mondo non paia<br />
che sia ora Sua Altezza in minor gratia appresso sua maestà <strong>di</strong> quel che sia stato per il<br />
passato, et esso signor duca d’Alcalà promise <strong>di</strong> parlarne a’ medesimi ministri et farlo<br />
anche penetrare al re.<br />
Venerdì mattina egli passò per Pesaro, et qui anche il medesimo gentiluomo gli fece<br />
un altro simil regalo, et perché qui non si fermò gli mandò la robba sino alla<br />
Cattolica.<br />
Questi complimenti e regali senza dubbio si sono fatti per procurar questo aiuto per<br />
l’esattione <strong>di</strong> detti denari, che altrimenti non si sariano fatti.<br />
Io mandai il segretario con alcuni miei gentiluomini a complire con esso signor duca<br />
nel suo passaggio, ma, perché non ero in casa, non potei ricevere la visita che si<br />
mostrò volonteroso <strong>di</strong> farmi.<br />
Et umilmente<br />
Il signor duca ha mostrato molta so<strong>di</strong>sfattione della risposta che io gli ho data <strong>di</strong><br />
essere, secondo la mente <strong>di</strong> Nostro Signore, pronto a servire Sua Altezza nella tutela<br />
e cura della gran – duchessa donna Vittoria, sua nipote.<br />
Si trova Sua Altezza alquanto risentita dalla podagra in un ginocchio.<br />
Et ecc.<br />
262<br />
30 <strong>di</strong> marzo 1626
Il signor duca scrisse l’altro ieri alla città d’<strong>Urbino</strong> aver sentito con molto <strong>di</strong>spiacere<br />
che – in occasione del car<strong>di</strong>nalato – non abbino passati meco i complimenti che<br />
hanno fatti le altre città, e gli ha pregati che non restino <strong>di</strong> fare quel che gli si<br />
conviene.<br />
Ieri fecero consiglio et elessero doi ambasciatori per venire a complir meco; quando<br />
verranno io tratterò con essi con ogni amorevolezza.<br />
Et umilissimamente<br />
2 d’aprile 1626<br />
Il signor duca nel fine dell’altra settimana, come io scrissi, fu assalito dalla podagra,<br />
la quale lo molestò prima in un ginocchio e poi anche in un piede, et gli <strong>di</strong>ede assai<br />
dolore et turbò il sonno, et alcuni giorni è restato <strong>di</strong> uscire alle solite ricreationi; si è<br />
poi inteso che le sia rallentata.<br />
Vien travagliato da un poco <strong>di</strong> rogna, che prima ha sentita nelle braccia, e <strong>di</strong>cevano<br />
ch’era causata dalle untioni fatte dal francese empirico, ma poi si è anche detto che ne<br />
ha qualche poca nel petto.<br />
Attende però con esquisite <strong>di</strong>ligenze a curarsi ecc.<br />
263<br />
Oggi sono venuti a Pesaro i due gentiluomini d’<strong>Urbino</strong> deputati da quella città a<br />
complir meco per l’occasione del car<strong>di</strong>nalato concessomi da Nostro Signore.<br />
Mi hanno reso lettere publiche e fatto l’ufficio con scusa della tardanza per il negotio<br />
dell’au<strong>di</strong>enza, della quale hanno detto qualche cosa in raccomandatione della loro<br />
città.
Io gli ho ricevuti et trattato con essi con ogni termine conveniente <strong>di</strong> cortesia e quanto<br />
all’au<strong>di</strong>enza ho risposto generalmente che da me averanno sempre ogni so<strong>di</strong>sfattione<br />
possibile, et che <strong>di</strong> ciò si <strong>di</strong>scorrerà un’altra volta, trattandosi ora dell’ufficio e<br />
complimento fatto, et de’ miei ragionamenti hanno mostrato <strong>di</strong> restar so<strong>di</strong>sfatti.<br />
Io supplirò in quel che non potrò per me stesso con mandarci l’au<strong>di</strong>enza nel modo<br />
che già scrissi a Vostra Signoria Illustrissima.<br />
Et essendo le cose in questi termini, non sarà necessario che Monsignore arcivescovo<br />
d’<strong>Urbino</strong> interponga l’opera sua in questi negotii, et a me ora sarà carissimo che non<br />
se ne ingerisca per molti rispetti, et particolarmente perché tengo per fermo che tale<br />
anco sia il senso <strong>di</strong> Sua Altezza.<br />
Et umilissimamente<br />
264<br />
5 <strong>di</strong> aprile 1626<br />
Se la liberazione dalle carceri <strong>di</strong> Filippo Nazzari appartenesse alla volontà mia, io<br />
l’avrei subito consolato, per servire Vostra Signoria Illustrissima, ma fu – a’ mesi<br />
passati – carcerato come sospetto <strong>di</strong> fuga per occasione <strong>di</strong> certe perle che <strong>di</strong>cono<br />
ascendere al valore d’intorno a mille scu<strong>di</strong>, et ora si <strong>di</strong>sputa strettamente tra lui e li<br />
cre<strong>di</strong>tori della vali<strong>di</strong>tà della cattura.<br />
Io ho detto al giu<strong>di</strong>ce che intenda ben le ragioni <strong>di</strong> lui e li <strong>di</strong>a ogni so<strong>di</strong>sfattione<br />
onesta e ragionevole, come è anche il senso <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, et cerchi<br />
quanto prima spe<strong>di</strong>re la causa.<br />
Et umilmente<br />
viiij d’aprile 1626
Gl’uomini <strong>di</strong> Sascorbaro fanno grande instanza per la gratia che domandano a Nostro<br />
Signore nell’alligato memoriale.<br />
Io, avendone procurato informatione, ho inteso esser vero quel che espongono, che si<br />
cavava pochissimo <strong>di</strong> quell’ostaria prima che il conte, per le commo<strong>di</strong>tà che del<br />
proprio dava all’oste, accrescesse il fitto, et che il restringere l’ostarie ad una sola non<br />
fu cattiva provisione, perché così quell’oste si provedeva abastanza per supplire a’<br />
viandanti, massime mulatieri, ove che, se molti a ciò attendevano, niuno riusciva<br />
sufficiente.<br />
265<br />
Onde credo che, quando a Nostro Signore piacesse far la gratia, non saria dannosa al<br />
publico, et quel popolo ne riceveria gran<strong>di</strong>ssimo contento.<br />
Et umilissimamente<br />
Copia del memoriale sopradetto<br />
La communità <strong>di</strong> Sascorbaro, luogo nuovamente devoluto a vostra beatitu<strong>di</strong>ne et alla<br />
santa madre Chiesa per la morte del Doria, ultimo conte, umilissimamente le narra<br />
che, avendo la Confraternita della Madonna del Confalone (che ivi è) un datio <strong>di</strong><br />
cinque scu<strong>di</strong> l’anno in tutto sopra più hostarie che si facevano per il territorio, parve<br />
al sopradetto conte, da quin<strong>di</strong>ci anni in qua, fare una casa, affittarla per ostaria et<br />
proibire con certe pene che altrove non fosse fatta, et perché all’affittuario <strong>di</strong>ede non<br />
solo commo<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> casa, orto e suppellettili necessari, ma anco ogn’anno in credenza<br />
grano circa 25 e più some, vino ottanta some et tutti i frutti d’una sua possessione,<br />
lasciandoli il denaro ritrattone in mano acciò potesse trafficare, e <strong>di</strong> più facoltà che<br />
potesse far incetta et incanevare 102 grano circa 200 some et quello estraere per<br />
102 Anticamente il verbo incanevare (o invanovare) stava a significare accantonare, immagazzinare.
qualsivoglia luogo, con molte altre prerogative et licenze, il datio si augumentò 103<br />
insino a settanta scu<strong>di</strong>, a proprio utile <strong>di</strong> detto conte, sebene concedeva li cinque alla<br />
detta confraternita.<br />
Ora, essendo, per la sua morte, finita la proibitione et mancato tante commo<strong>di</strong>tà et<br />
prerogative che facevano<br />
266<br />
tal datio, et credendosi al sicuro che per l’avvenire sia per ritornare al medesimo<br />
modo <strong>di</strong> prima, poco più, poco meno, supplica umilmente la santità vostra a volerli<br />
concedere facoltà che possa affittare detta ostaria o più <strong>di</strong> esse che si facessero per il<br />
territorio, secondo la migliore commo<strong>di</strong>tà de’ passeggeri, a utile <strong>di</strong> detta communità,<br />
salva sempre la portione debita alla confraternita.<br />
Il che riceverà per gratia singolarissima da vostra beatitu<strong>di</strong>ne, alla quale ecc.<br />
Per occasione <strong>di</strong> quel che Vostra Signoria Illustrissima si compiace scrivermi intorno<br />
alli sospetti d’invasione de’ turchi in queste marine, io, sebene posso credere che più<br />
pienamente Nostro Signore abbia simili avvisi d’altra parte, non lascerò però <strong>di</strong><br />
riferire che, avendo scritto a Venetia al residente ivi del signor duca che usi <strong>di</strong>ligenza<br />
<strong>di</strong> sapere se vi è pericolo <strong>di</strong> tali invasioni, mi ha rescritto che il signor Giovanni<br />
Basadona, savio grande, gli ha per cosa certa affirmato non vi esser pericolo al<br />
presente de’ turchi, massime avendo la republica raddoppiato il numero delle galere<br />
che sogliono guardare il golfo.<br />
Et umilmente<br />
103 Augumentare (o augmentare) è una forma antica del verbo aumentare.
267<br />
Debbo dar conto a Vostra Signoria Illustrissima esser venuto qua a trattar meco uno<br />
mandato da Monsignore governatore <strong>di</strong> Perugia intorno al modo <strong>di</strong> carcerare Luperco<br />
Baldeschi, perugino. 104<br />
Mi ha detto che si trattiene in un luogo detto Carpine, ch’è del conte Vincenzo<br />
Cantalmaggio, feudatario del signor duca, et pensandosi <strong>di</strong> fare la cattura senza<br />
consenso del conte ci vorrà gran numero <strong>di</strong> soldati oltre la sbirraria, et sarà molto<br />
<strong>di</strong>fficile che riesca.<br />
Io, per tali <strong>di</strong>fficoltà, et anche perché non è stato solito dal signor duca <strong>di</strong> mandare in<br />
simili casi ne’ luoghi de’ baroni, ma scrivere ad essi, mandandosi tanto numero <strong>di</strong><br />
gente potria nascere rumori et <strong>di</strong>spiacere a Sua Altezza.<br />
Ho pensato così anco lodando lo stesso uomo qua mandato <strong>di</strong> chiamare a Pesaro<br />
l’istesso conte Vincenzo, et cercare con termini amorevoli indurlo a favorire questa<br />
carceratione, et gli ho scritto che venga a parlarmi, assicurandolo per ora <strong>di</strong> qualche<br />
altro sospetto che può avere da questa corte per cose proprie.<br />
Desiderarò che mi riesca <strong>di</strong> condurre a buon termine questo trattato per eseguire la<br />
mente <strong>di</strong> Nostro Signore.<br />
Et con ciò bascio umilmente<br />
16 d’aprile 1626<br />
Quando avrò con l’au<strong>di</strong>enza fatta la visita in Gubbio, manderò essa<br />
268<br />
104 Tutto fa pensare che si tratti della stessa persona che in una lettera precedente (v. p. 255) viene in<strong>di</strong>cata con il nome e<br />
con il cognome <strong>di</strong> Licurgo Baldeschi; a tale riguardo è facile ipotizzare un errore del copista.
au<strong>di</strong>enza in <strong>Urbino</strong>, et così in ogni altra cosa, per quanto sia in me, cercherò dar<br />
so<strong>di</strong>sfattione a quella città, acciò, sicome ha fatto meco complimento, così in tutto si<br />
quieti, ma rende, come altre volte ho scritto, la cosa <strong>di</strong>fficilissima Monsignore<br />
arcivescovo d’<strong>Urbino</strong>, del quale a me è riferto vedersi lettere d’esortatione che stieno<br />
sal<strong>di</strong> nel mostrarsi <strong>di</strong>sgustati, che averanno da Nostro Signore quanto sapranno<br />
desiderare, e <strong>di</strong>cono che scrive molte cose in questo proposito comecché Sua Santità<br />
gli abbia detto <strong>di</strong>spiacergli che il signor Antonio Donati et il signor Giovanni Battista<br />
Boni, negli uffici fatti in <strong>Urbino</strong>, mentre cercavano quietare quelle cose, abbino detto<br />
che ciò saria <strong>di</strong> gusto <strong>di</strong> Sua Santità, e che esso arcivescovo abbia proposto a Sua<br />
Beatitu<strong>di</strong>ne che mi comman<strong>di</strong> <strong>di</strong> mandarvi l’au<strong>di</strong>enza et che Sua Santità abbia<br />
<strong>di</strong>scorso con lui de’ soggetti da mandare a questo governo, et altre cose, le quali non<br />
solo tengono sollevata quella città, ma rendono vana ogni amorevolezza et<br />
buon’ufficio.<br />
Il rime<strong>di</strong>o io non credo che sia parlarne all’arcivescovo, perché, sebene è verisimile<br />
che risponda cortesemente, in effetto si vede che fa il contrario, ma bisogneria che<br />
alcuna persona grave e prudente, come saria il padre generale de’ Conventuali <strong>di</strong> San<br />
Francesco, o soggetto simile, arrivasse ad <strong>Urbino</strong> con lettere <strong>di</strong> Vostra Signoria<br />
Illustrissima, talché se gli prestasse fede e sgannasse 105 essa città delle molte e<br />
continue cose vane che Monsignore scrive, e gli<br />
269<br />
rendesse capaci esser mente <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne che si quietino e ricevano l’onesta<br />
so<strong>di</strong>sfattione che da me gli si dà, trattando meco con la debita riverenza, né più<br />
cre<strong>di</strong>no a questi vani avvisi <strong>di</strong> esso Monsignore.<br />
Mentre non si or<strong>di</strong>na da Sua Santità una cosa simile non cesserà mai la sollevatione e<br />
contumacia, la quale a me non tanto spiace per la continua inquietu<strong>di</strong>ne che se ne<br />
105 Sgannare è una forma antiquata e letteraria per <strong>di</strong>singannare, liberare una persona da un’opinione erronea.
iceve, quanto che mi mette dubbio che al tempo del possesso si trovi ivi qualche<br />
contumacia e bisogni condurvi buon numero <strong>di</strong> soldati.<br />
Il tutto ho stimato dover rappresentare a Nostro Signore, rimettendo il tutto alla<br />
singolare sua prudenza, ecc.<br />
Martedì il signor Tarquinio Capizucchi, conferendosi in Romagna, a rivedere quelle<br />
militie, passò per <strong>di</strong> qua, e <strong>di</strong>scorressimo lungamente insieme; sarà fra otto o <strong>di</strong>eci<br />
giorni qui <strong>di</strong> nuovo <strong>di</strong> passaggio, per il ritorno in Ancona.<br />
Penso, nel principio del seguente mese, andare a Fossombrone, et a mezzo il mese,<br />
per la festa <strong>di</strong> Sant’Ubaldo, trovarmi, come ho promesso, a Gubbio, et finita quella<br />
visita mandare ad <strong>Urbino</strong> l’au<strong>di</strong>enza.<br />
Supplico Nostro Signore a concedermi per quattromila medaglie l’indulgenza quanto<br />
più piacerà a Sua Santità ampla e favorevole, che penso valermene et donarne qui, et<br />
in queste altre città e luoghi dove an=<br />
derò.<br />
Et umilissimamente<br />
270<br />
Il signor duca, alli 6 del presente, andò a ricreazione nella casa del suo barco, et<br />
rinovò il testamento, nominandomi per la tutela e cura della nepote, del che poi<br />
ultimamente mi ha molto cortesemente avvisato.<br />
Non ha al presente male alcuno, s’intende però che sia molto debile, e, seben pare che<br />
la faccia sia ripiena piucché negl’anni passati, è però nel corpo grandemente
estenuato e consumato, et estraor<strong>di</strong>nariamente noioso con quelli che lo servono; esce<br />
ogni giorno a ricreatione et attende quanto può a conservarsi.<br />
Mando due fogli <strong>di</strong> cifra.<br />
Et umilissimamente<br />
19 d’aprile 1626<br />
Die<strong>di</strong> già conto a Vostra Signoria Illustrissima ch’ero restato con un mandato qua da<br />
Monsignore governatore <strong>di</strong> Perugia per la carceratione <strong>di</strong> Licurgo Baldeschi,<br />
perugino, che fusse spe<strong>di</strong>ente chiamar a Pesaro il conte Vincenzo Cantalmaggio per<br />
indurlo, con buone parole, a dar in mano della corte detto Licurgo, che si trattiene in<br />
un suo luogo detto Carpine,<br />
271<br />
nel territorio <strong>di</strong> Gubbio, et che scrissi al conte che venisse qua (che non è però sino ad<br />
ora venuto).<br />
Ha poi ultimamente Monsignore governatore mandato qua il suo segretario con farmi<br />
<strong>di</strong>re che teme che, communicandosi il fatto a detto conte, sia per publicarsi et<br />
impe<strong>di</strong>rsene l’effetto, et che avria voluto che senza <strong>di</strong>rglielo io ci mandassi questo<br />
barigello <strong>di</strong> campagna con la sua gente, et ch’egli ci avria mandato la sbirraria <strong>di</strong><br />
Perugia e cinquanta corsi.<br />
E, perché io ho fatta <strong>di</strong>fficoltà d’or<strong>di</strong>nare una tale esecutione, massime con introdurre<br />
gente <strong>di</strong> fuori senza sapere se il signor duca se ne contenti, mi ha detto il segretario<br />
desiderarsi da Monsignore che piutosto se ne scriva al duca che communicarsi al<br />
Cantalmaggio, in modo che oggi ne ho scritto a Sua Altezza, et l’istesso segretario è<br />
andato a portare le lettere.
E, perché ho proposto che l’esecutione sarà servitio <strong>di</strong> questo stato e liberarà il<br />
territorio <strong>di</strong> Gubbio dal pericolo che quell’uomo facinoroso ci commetta de’ scandali,<br />
spero che non gli <strong>di</strong>spiacerà la sua carceratione, la quale in tal caso da me si<br />
procurerà con ogni opportuno or<strong>di</strong>ne.<br />
Et umilmente<br />
Ier sera, per messo a posta, ebbi dal signor duca la lettera et post – scritta che <strong>di</strong><br />
volontà <strong>di</strong> Sua Altezza mando alligata.<br />
Son certo che a Nostro Signore<br />
272<br />
<strong>di</strong>spiacerà d’intendere queste dettrationi <strong>di</strong> Monsignor arcivescovo d’<strong>Urbino</strong>, et che<br />
cercherà consolare Sua Altezza ammonendo o facendo ammonire l’arcivescovo acciò<br />
desista.<br />
Temo bene che le ammonitioni, se non sono piucché or<strong>di</strong>narie, partoriranno poco<br />
effetto, conoscendo ora la natura <strong>di</strong> lui, il che io rappresento per buon zelo,<br />
parendomi veramente che il signor duca non viva in modo che li convenghino tali<br />
biasimi, e così osservi e riverisca Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, che meriti in ciò piena<br />
so<strong>di</strong>sfattione.<br />
Non lascerò, per informatione <strong>di</strong> Sua Santità, <strong>di</strong> aggiungere che il signor duca, nel<br />
motivare de’ pergami, intende d’un padre casertano theatino che la quaresima passata<br />
ha pre<strong>di</strong>cato nel domo d’<strong>Urbino</strong>.<br />
Et umilissimamente
Copia della lettera del signor duca <strong>di</strong>retta al<br />
signor car<strong>di</strong>nale <strong>Gessi</strong>, che viene nominata <strong>di</strong> sopra<br />
Continuano lo scrivermi da Roma che l’arcivescovo Santorio non lascia <strong>di</strong> <strong>di</strong>r male <strong>di</strong><br />
me quanto più può, et in ogni luogo, come ultimamente ha fatto nella propria<br />
anticamera <strong>di</strong> Nostro Signore.<br />
Prego però Vostra Signoria Illustrissima a procurare che da Sua Santità gli sia fatto<br />
intendere che si compiaccia <strong>di</strong> far conto che io non sia più in questo mondo, sì come<br />
ho fatto io <strong>di</strong> lui, che non pur mai l’ho nominato.<br />
Lascio <strong>di</strong> <strong>di</strong>re del mal effetto che può fare il tenere in <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>a queste communità<br />
273<br />
e nutrire le pretensioni <strong>di</strong> separare l’u<strong>di</strong>enza dal governo, il che si fa publicamente nei<br />
pergami istessi, poiché in questo non mi conviene <strong>di</strong> entrare, sì perché la cosa si<br />
manifesta da sé, e non vedo come possa passar bene il governo con una <strong>di</strong>visione tale,<br />
come perché il rime<strong>di</strong>o ha da venire dalle mani <strong>di</strong> chi più <strong>di</strong> me sa e può tanto.<br />
Questo poco solamente ho voluto <strong>di</strong>re a Vostra Signoria Illustrissima, chiedendolo da<br />
lei per gratia.<br />
Sapendo quanto ella desidera <strong>di</strong> favorirmi, e che senz’altro sarà da lei considerato in<br />
ciò il mio bisogno; e qui resto, con basciare a Vostra Signoria Illustrissima<br />
affettuosamente le mani.<br />
Castel Durante, 17 d’aprile 1626, affezionatissimo servitore il duca d’<strong>Urbino</strong>.<br />
Postscritta
Veramente che questo uomo è insoportabile, et io l’ho sofferto quanto più mi sia stato<br />
possibile, ma, continuando <strong>di</strong> mal in peggio, ho creduto esser bene che Sua Santità ne<br />
sia in qualche parte informata.<br />
E però mi son persuaso, se così parerà a Vostra Signoria Illustrissima, che le facesse<br />
vedere quanto io medesimo le ne scrivo, rimettendomi però a lei et a quello che possa<br />
essere <strong>di</strong> più suo servitio.<br />
Con che a Vostra Signoria Illustrissima bascio <strong>di</strong> nuovo le mani, ecc.<br />
274<br />
23 d’aprile 1626<br />
Il duca d’<strong>Urbino</strong><br />
Quando ebbi, li mesi passati, per lettere <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, or<strong>di</strong>ne da<br />
Nostro Signore <strong>di</strong> provedere ad alcuni inconvenienti che si <strong>di</strong>ceva essere nel governo<br />
<strong>di</strong> San Lorenzo in Campo, credei che fosse a proposito procurare che il signor<br />
marchese Giulio, nel modo che già aveva fatto il padre, deputasse per sopraintendente<br />
un dottore esperimentato et intelligente, e, perché il marchese non ci con<strong>di</strong>scendeva,<br />
ne scrissi alla signora duchessa, che l’indusse a deputare il dottor Nucci da<br />
Fossombrone, et avendo ricevute lettere dal capitano Cesare Bion<strong>di</strong>, che temeva esser<br />
aggravato in San Lorenzo, scrissi ad esso Nucci, che ci avvertisse e provedesse,<br />
sicome mi rispose che avrebbe fatto.<br />
Ora, per poter informare Nostro Signore sopra i presenti ricorsi e lettere tra <strong>di</strong> loro<br />
contrarie, ho scritto al commissario <strong>di</strong> Mondavio, ch’è ivi vicino, che si chiarisca<br />
come passano le cose, e particolarmente se ci sono aggravi, e se il popolo veramente<br />
si duole, e del tutto a suo tempo darò conto a Vostra Signoria Illustrissima, alla quale<br />
umilmente
Ha <strong>di</strong>mandato licenza <strong>di</strong> ritornare a casa sua, per bisogno della sua<br />
275<br />
famiglia, Oratio <strong>di</strong> Colbordolo, che ai mesi passati fu deputato luogotenente del<br />
castellano nella rocca <strong>di</strong> Pesaro, e giurò nel modo che Nostro Signore commanda,<br />
onde si è messo in suo luogo un’altro soldato detto Flaminio d’<strong>Urbino</strong>, del quale si ha<br />
buona relatione, et è grato al castellano.<br />
Egli ancora ha dato l’istesso giuramento del quale mando copia alligata.<br />
Et umilmente<br />
Da un sin<strong>di</strong>co del Collegio Germanico, 106 certi giorni sono, fu nell’au<strong>di</strong>enza fatta<br />
instanza per or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Piazzari, che citassero a Roma inanzi al giu<strong>di</strong>ce del Collegio,<br />
per l’interesse <strong>di</strong> esso collegio, le persone laiche <strong>di</strong> questo stato ch’egli li avria<br />
nominati.<br />
Agli au<strong>di</strong>tori allora parve conveniente <strong>di</strong> non conceder la <strong>di</strong>manda, ma scrivere alli<br />
giu<strong>di</strong>ci del stato che facessero sommaria et espe<strong>di</strong>ta giustitia negl’interessi del<br />
Collegio, et il sin<strong>di</strong>co allora se ne quietò.<br />
Ora è venuto da me il detto sin<strong>di</strong>co, con una lettera dell’illustrissimo signor car<strong>di</strong>nale<br />
Madruzzo, domandando licenza <strong>di</strong> far eseguire le dette citazioni a Roma contro li<br />
laici che per canoni, affitti o altro si pretendono debitori sopra la somma <strong>di</strong> scu<strong>di</strong> 50<br />
del Collegio, et per le devolutioni che occorrerà pretendersi de’ beni emphitotici da<br />
106 Il Pontificium Collegium Germanicum et Hungaricum de Urbe, comunemente chiamato Collegio Germanico –<br />
Ungarico oppure anche – più semplicemente - Collegio Germanico è una delle istituzioni educative più importanti della<br />
cattolicità in epoca moderna, creata nel 1580 (unendo due precedenti collegi, il Collegio Germanico, fondato nel 1552,<br />
e il Collegio Ungarico, fondato nel 1579) con lo scopo <strong>di</strong> formare il clero destinato all'Europa centrale e settentrionale.
esso Collegio.<br />
276<br />
Il tirare a Roma i laici patisce alcuna <strong>di</strong>fficoltà per la bolla <strong>di</strong> Paolo III<br />
dell’investitura del duca Guido Baldo; concorre con ciò l’osservanza commune<br />
attestata dai prattici, e – facendosi altrimenti – li popoli ne sentiranno incommodo e<br />
<strong>di</strong>sgusto, et è verisimile che neanco al signor duca piacesse.<br />
Il sin<strong>di</strong>co allega uno o due casi che le cause de’ devolutioni si sono viste in Roma, e<br />
<strong>di</strong>ce che li mostrerà, ma <strong>di</strong> essi qui non si è trovata memoria.<br />
Egli anco si fonda nei privilegi del Collegio, et allega una decisione <strong>di</strong> rota <strong>di</strong><br />
Monsignore Coccino del 1611 in causa Romana Domus ad Sanctum Augustinum.<br />
Parendomi materia molto grave ho stimato che mi convenga, soprasedendo, motivar<br />
<strong>di</strong> questa <strong>di</strong>fficoltà per risposta all’illustrissimo signor car<strong>di</strong>nale Madruzzo, e darne<br />
conto a Nostro Signore, con aspettare d’intendere la mente <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
In un altro punto, che ha proposto l’istesso sin<strong>di</strong>co <strong>di</strong> avere l’esecutione <strong>di</strong> un<br />
mandato de manutenendo rilassato in Roma contro certi gubbini sopra alcuni beni del<br />
Collegio, se gli è data so<strong>di</strong>sfattione, onde non occorre <strong>di</strong>rne altro.<br />
Et umilmente intanto a Vostra Signoria Illustrissima ecc.<br />
26 d’aprile 1626<br />
277<br />
Il signor duca ha cominciato un poco <strong>di</strong> purga, et avendo lasciato <strong>di</strong> valersi del<br />
francese empirico, egli si è partito per Padova.<br />
Ha fatto ultimamente buona <strong>di</strong>stributione a’ poveri e luoghi pii.
Io mi trovo assalito assai gravemente dalla podagra ne’ pie<strong>di</strong>, onde non potrò, come<br />
pensavo, fra tre o quattro giorni andare a Fossombrone, ma lo farò subito che il male<br />
sarà risoluto e lo comporterà.<br />
Mando un foglio in cifra.<br />
Et umilmente<br />
30 d’aprile 1626<br />
Il senso che Vostra Signoria Illustrissima mi avvisa avere Nostro Signore in favore<br />
del signor duca intorno a quel che da Sua Altezza fu a me scritto è conforme alla<br />
solita e singolare prudenza <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, et è l’istesso che allora io rescrissi a<br />
Sua Altezza esser certo che Sua Santità avria, et ora per la debita risposta ho<br />
rappresentato a Sua Altezza essersi da Sua Santità inteso il tutto secondo la molta<br />
stima che fa <strong>di</strong> Sua Altezza e delle sue attioni et qualità, con or<strong>di</strong>narsi uffici tali che<br />
induchino quel soggetto a ragionamenti modesti e convenienti, del che si doveva<br />
credere aversi a vedere buon effetto.<br />
Et umilmente<br />
278<br />
Scrissi, per l’or<strong>di</strong>nario passato, <strong>di</strong> dover mandare l’au<strong>di</strong>enza ad <strong>Urbino</strong>, finita la<br />
visita, con fermarmi in alcun luogo non molto <strong>di</strong>stante.<br />
Sono poi andato considerando che in tal maniera questa so<strong>di</strong>sfattione anderia molto<br />
in lungo, perché prima della visita è necessario con pazienza aspettare il fine della<br />
podagra che ne’ pie<strong>di</strong> mi travaglia, et questa volta, forsi per la stagione umida e<br />
fredda, mostra un poco <strong>di</strong> lunghezza.
Intendo anche esser gli animi <strong>degli</strong> urbinati più che mai commossi, massime per<br />
l’occasione <strong>di</strong> Monsignor arcivescovo e de’ suoi ragionamenti, et quel che più da me<br />
si considera e stima è che vid<strong>di</strong> nella cifra delli 22 confirmata con l’ultima lettera <strong>di</strong><br />
Vostra Signoria Illustrissima esser molto grato a Nostro Signore che gl’urbinati<br />
abbino questa so<strong>di</strong>sfattione dell’au<strong>di</strong>enza, onde mi sono risoluto mandarcela domani,<br />
sì come ci anderà, restando io qui finché sarò risanato et riavuto, e così<br />
ragionevolmente gli urbinati si avranno da contentare.<br />
E, se <strong>di</strong>ranno qualche cosa li pesaresi, io gli quieterò, poiché, essendovi stata tanto<br />
tempo qui l’au<strong>di</strong>enza, è dovere che stia nell’estate qualche mese in <strong>Urbino</strong>.<br />
Vi è la <strong>di</strong>fficoltà della lontananza, che si supererà con mandar messi innanzi e<br />
in<strong>di</strong>etro, che in questi tempi vanno presto.<br />
Et umilmente<br />
279<br />
3 <strong>di</strong> maggio 1626<br />
Mando alligati gl’instrumenti autentici <strong>di</strong> due giuramenti, ultimamente presi secondo<br />
la forma solita.<br />
L’uno è del capitano della militia <strong>di</strong> Sant’Angelo in Vado, deputato per la morte<br />
dell’altro capitano, et io prima che l’abbia deputato ne ho avuta bonissima relatione.<br />
L’altro giuramento è <strong>di</strong> un soldato del castello <strong>di</strong> Maiolo, che si è surrogato per<br />
luogotenente in quella rocca ad un altro, del quale il castellano mi scrisse esser<br />
<strong>di</strong>ventato persona <strong>di</strong> mali costumi e da non fidarsene, e mi ricercò <strong>di</strong> questa<br />
provisione che ho fatta mandandoci a posta un cancelliero.
Avendo inteso che saria bene provedere per servitio <strong>di</strong> quella rocca <strong>di</strong> alcune altre<br />
alabarde et moschetti, ne ho scritto al conte Ottavio Mamiani, et mi ha risposto<br />
essersi subito dato or<strong>di</strong>ne a’ ministri che ne prove<strong>di</strong>no.<br />
Et umilmente<br />
vij <strong>di</strong> maggio 1626<br />
Gli uomini <strong>di</strong> Sascorbaro hanno per il passato avuto continuo commercio <strong>di</strong> ogni<br />
sorte <strong>di</strong> animali per tutto il Stato d’<strong>Urbino</strong>, cavandone e conducendone li loro in ogni<br />
occasione delle fiere che<br />
280<br />
si fanno, et anco fuori <strong>di</strong> esse, <strong>di</strong> modo che, senza questo commercio, gli pare <strong>di</strong><br />
restar affatto abbandonati, et a me ne hanno fatta grande instanza; io gli ho data la<br />
licenza che, come prima, cavino animali <strong>di</strong> questo stato, ma gli ho detto non poter<br />
concedergli che da Sascorbaro et suo territorio, che ora è dello stato ecclesiastico, gli<br />
cavino.<br />
Mi hanno dato l’alligato memoriale, nel quale domandano a Nostro Signore questa<br />
gratia, per la quale, ritrovandomi io qui in fatto, et intendendo le molte loro instanze,<br />
non ho potuto ricusare <strong>di</strong> promettergli che gl’avrei raccomandati a Sua Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
Et umilmente<br />
Copia del sopradetto memoriale<br />
Gli uomini et communità <strong>di</strong> Sascorbaro, devoluto per la morte del signor conte Doria<br />
alla Santa Sede Apostolica, umilmente espongono a vostra beatitu<strong>di</strong>ne che, per<br />
coltivatione de’ loro beni, e per avvanzare qualche cosa in sostentamento delle loro<br />
famiglie, sono soliti a trafficare nelle fiere che si fanno nei luoghi dello stato del
serenissimo [duca] <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>, comprando bestiami d’ogni sorte, quali allevano,<br />
assocciano, 107 vendono, permutano secondo che conoscono essere <strong>di</strong> loro avantaggio.<br />
E, perché tutto ciò viene loro oggi proibito dalla bolla pontificia che vieta simile<br />
commercio fuori dello stato ecclesiastico, si risolvono gli oratori <strong>di</strong> supplicare, come<br />
<strong>di</strong>votamente fanno, la santità vostra,<br />
281<br />
acciò, vivente il signor duca, si compiaccia <strong>di</strong> derogare in questa parte alla bolla<br />
sopradetta, e <strong>di</strong> permettere ch’essi possino liberamente traficare come prima bestiami<br />
et ogn’altra sorte <strong>di</strong> grascia, 108 et in questa maniera industriarsi per loro<br />
sostentamento e delle loro povere famiglie, che senza tale industria malamente<br />
potrebbono vivere.<br />
Il che tanto maggiormente sperano ottenere dall’infinita benignità <strong>di</strong> vostra<br />
beatitu<strong>di</strong>ne quanto che i bestiami si levano tutti dallo stato <strong>di</strong> Sua Altezza, ove, per la<br />
vicinanza dei luoghi ne’ quali si fanno fiere, per simili traffichi senza spesa<br />
nell’istesso giorno si va e torna, laddove, se dovessero andare a fiere simili dello stato<br />
ecclesiastico per la lontananza <strong>di</strong> cinquantina de’ miglia, nel viaggio<br />
<strong>di</strong>struggerebbono il capitale, oltre ad altri pericoli a’ quali sarebbono sottoposti.<br />
Il che ecc. quam ecc.<br />
In esecutione dell’or<strong>di</strong>ne che <strong>di</strong>e<strong>di</strong> al commissario <strong>di</strong> Mondavio d’informarsi come al<br />
presente passino le cose del governo <strong>di</strong> San Lorenzo in Campo, mi rescrive aver<br />
inteso che le cose passano assai bene, et che il popolo non si lamenta dei ministri del<br />
107 Anticamente in ambito agricolo assocciare significava dare in custo<strong>di</strong>a il bestiame <strong>di</strong>videndo poi a metà il guadagno.<br />
108 Ogni sorta <strong>di</strong> genere alimentare.
signor marchese Giulio della Rovere, e che nel consiglio fu risoluto <strong>di</strong> scrivere a<br />
Roma et a Castel Durante in favor d’esso signor marchese.<br />
Quanto poi alle due<br />
282<br />
lettere che si <strong>di</strong>ce esser scritte da’ frati contro quel governo, <strong>di</strong>ce che devono essere<br />
lettere finte, poiché non si trovano ivi i nomi <strong>di</strong> essi frati, et neanche i conventi.<br />
Il capitano Cesare Biondo è poco so<strong>di</strong>sfatto de’ ministri del marchese, et è verisimile<br />
che sia per continuare a dolersene, sebene io l’ho avvisato che, quando pretende esser<br />
gravato, ricorri al dottor Nucci da Fossombrone, che, come già scrissi, fu dal signor<br />
marchese deputato per sopraintendente agli altri ufficiali.<br />
Et umilissimamente<br />
7 <strong>di</strong> maggio 1626<br />
Ho ricevuta la nuova cifra con gl’avvertimenti communi, che qui saranno<br />
inviolatilmente osservati.<br />
L’au<strong>di</strong>enza, otto giorni sono, fu ricevuta molto volentieri in <strong>Urbino</strong>.<br />
Questi <strong>di</strong> Pesaro se ne sono quietati tenendo che ritornerà qua passata l’estate.<br />
Et umilmente<br />
14 <strong>di</strong> maggio 1626<br />
Ho ricevuta la lettera <strong>di</strong>retta al signor dottore Annibale Marescotto per l’effetto della<br />
gratia che Vostra Signoria Illustrissima ha impetrato da Nostro Signore al figlio=
283<br />
lo del signor Ga<strong>di</strong> Accorambone da Gubbio, governatore delle armi in Pesaro, al<br />
quale l’ho consignata, et egli ne resta con infinito obligo a Sua Beatitu<strong>di</strong>ne et a<br />
Vostra Signoria Illustrissima, sicome ancor io le ne rendo umili gratie.<br />
Et a Vostra Signoria Illustrissima ecc.<br />
Ho ricevuta molta consolatione in aver inteso che da Nostro Signore si sia aggra<strong>di</strong>ta<br />
la risolutione mia <strong>di</strong> mandar l’au<strong>di</strong>enza ad <strong>Urbino</strong>, ove si tiene con so<strong>di</strong>sfattione <strong>di</strong><br />
quella città; et in questo tempo, che presto vanno e vengono l’interessati e li messi, si<br />
può tirar innanzi senza pregiu<strong>di</strong>cio del governo.<br />
La città <strong>di</strong> Pesaro ha qualche ombra e gelosia che, anche passata l’estate, gli urbinati<br />
preten<strong>di</strong>no ivi l’au<strong>di</strong>enza, et alcuni deputati hanno parlato meco sopra il ricorrere a<br />
Nostro Signore con lettere e con ambasciatori.<br />
Io ho risposto che al presente non mi par tempo <strong>di</strong> trattare <strong>di</strong> questo negotio, ma che<br />
se però vogliono scrivere lo possono fare liberamente.<br />
Quanto poi al mandare ambasciatori, quando più strettamente mi ricercheranno della<br />
licenza, io farò quel che feci con la città d’<strong>Urbino</strong>, <strong>di</strong> domandarne et aspettare la<br />
volontà et or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
Et umilissimamente<br />
284<br />
Con la lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima ho ricevuto il memoriale <strong>di</strong> Luca della<br />
Villa del Monte, carcerato in Fano, che domanda essere ammesso a nuove <strong>di</strong>fese, et
mando copia autentica del decreto che in tal materia or<strong>di</strong>nariamente si osserva in<br />
questo stato.<br />
Dicono però che, anche dopo il tempo del decreto, si sono talvolta ammessi i rei a<br />
provare le nullità delle sentenze, quando si è visto che alleghino cose rilevanti, il che<br />
in questo caso sarà necessario <strong>di</strong> raccogliere dal processo che fu da me mandato a<br />
Monsignore Ripa, governatore <strong>di</strong> Fano.<br />
Né altro occorrendomi <strong>di</strong> aggiungere, umilissimamente ecc.<br />
Il signor duca ha richiamato il signor Antonio Donati a Castel Durante, dove si è<br />
conferito questa mattina.<br />
21 <strong>di</strong> maggio 1626<br />
Ho scritto per aver piena informatione <strong>di</strong> quanto è passato e passa intorno alla<br />
pretensione dei Landriani, parenti de’ conti <strong>di</strong> Scarlino, 109 <strong>di</strong> sottomettere, in virtù <strong>di</strong><br />
un privilegio del duca Guid’Ubaldo, alla ostaria che possedono nel territorio <strong>di</strong><br />
Pietracuta l’altre ostarie che sono nel detto territorio e sopra il fiume della Mareccia,<br />
285<br />
con volerne annue risposte, e quando avrò le informationi opportune et convenienti<br />
ne darò conto a Vostra Signoria Illustrissima, alla quale umilissimamente<br />
Il signor Antonio Donati, giunto in Castel Durante, mi ha dato avviso <strong>di</strong> aver trovato<br />
il signor duca in buon stato <strong>di</strong> sanità.<br />
109 Scarlino è oggi un comune toscano in provincia <strong>di</strong> Grosseto.
Era Sua Altezza risoluta <strong>di</strong> <strong>di</strong>minuire molte spese de’ ministri et ufficiali, ma ha per<br />
ora mutato pensiero e piutosto aggiunge qualche altro famigliare.<br />
Dicono che faccia venire da Genova il signor Giovanni Battista della Rovere, e lo<br />
voglia riconoscere per parente con qualche <strong>di</strong>mostratione et onorevolezza, che però<br />
non si sa <strong>di</strong> cosa abbia da essere.<br />
Et umilmente<br />
31 <strong>di</strong> maggio 1626<br />
In esecutione dell’or<strong>di</strong>ne datomi da Vostra Signoria Illustrissima, scrissi ad <strong>Urbino</strong>,<br />
all’au<strong>di</strong>enza, et anche al commissario <strong>di</strong> Monte Feltro, per informatione intorno alla<br />
pretensione de’ signori Landriani, et ne ho avute per risposta alcune scritture delle<br />
quali mondo alligato un sommario, che <strong>di</strong>mostra in che termine si trova quella causa.<br />
Né altro occorrendomi che aggiungere, umilissimamente<br />
286<br />
L’informatione sudetta, mandata a Roma, in sostanza contieme<br />
Che il primo <strong>di</strong> marzo 1569 il duca Guido Baldo donò al conte Fabio Landriani<br />
nel Monte Feltro molti beni e l’osteria <strong>di</strong> Pietracuta con i suoi privilegi, senza<br />
esprimerli<br />
Che li 13 <strong>di</strong> giugno 1618 gli ere<strong>di</strong> del conte Fabio ottennero dall’au<strong>di</strong>enza<br />
or<strong>di</strong>ne al commissario <strong>di</strong> Monte Feltro <strong>di</strong> farli giustitia sopra il privilegio che non si<br />
faccia in Pietracuta et in quel vicariato altre ostarie senza licenza dell’oste <strong>di</strong><br />
Pietracuta
Che alli 8 <strong>di</strong> marzo del 1618 si esaminarono cinque trstimoni sopra detto<br />
privilegio, et depongono <strong>di</strong> otto scu<strong>di</strong> dati dall’oste <strong>di</strong> Secchiano a quello <strong>di</strong><br />
Pietracuta<br />
Et che dalli ere<strong>di</strong> sudetti si sono date due positioni sopra la recognitione de’<br />
privilegi, et fatte dall’una parte e l’altra protesta delle loro ragioni.<br />
vij <strong>di</strong> giugno 1626<br />
Non avendo potuto prima, per il mio impe<strong>di</strong>mento, proseguire la visita desiderata in<br />
queste città, ora, passata che sarà la festa del Corpo <strong>di</strong> Cristo, lo farò conferendomi a<br />
Fossombrone et poi nelle<br />
287<br />
altre città, ove cercherò che restino li popoli con so<strong>di</strong>sfattione et si accreschi l’affetto<br />
et devotione verso la santità <strong>di</strong> Nostro Signore, del che vengo con questa a dar conto<br />
a Vostra Signoria Illustrissima.<br />
Altro negotio a me non occorre, né meno in questo spaccio ho sue lettere da<br />
risponderci.<br />
Et umilmente<br />
Fossombrone a’ xv giugno 1626<br />
Ieri venni a Fossombrone, ove fui ricevuto con molto complimento et <strong>di</strong>mostratione<br />
publica da questo popolo che si mostra molt’ossequente et a suo tempo sarà<br />
prontissimo a dare la debita obe<strong>di</strong>enza a Nostro Signore.
Cercherò dare a tutti ogni onesta e possibile so<strong>di</strong>sfattione particolarmente et anco con<br />
l’au<strong>di</strong>enza, che vi si terrà tutta questa settimana.<br />
Domenica prossima me ne passerò a Cagli.<br />
È giunto a Castel Durante il signor Giovanni Battista, figliolo del signor Giulio della<br />
Rovere, che ha casa in Genova ma tira l’origine da Savona, come fa il signor duca, il<br />
quale s’intende che lo vogli <strong>di</strong>chiarare parente et onorarlo <strong>di</strong> qualche cosa.<br />
Mando a Vostra Signoria Illustrissima un foglio <strong>di</strong> cifra.<br />
Et umilmente<br />
288<br />
La città <strong>di</strong> Gubbio ha mandato un dottore a posta a ricercarmi d’inviare a Nostro<br />
Signore un memoriale che danno le monache del convento della Santissima Trinità, et<br />
raccomandare a Sua Santità la domanda et instanza loro.<br />
Io, sebene ho considerato et detto che la cosa può avere qualche <strong>di</strong>fficoltà, vedendo<br />
però la molta premura <strong>di</strong> quel publico, non ho potuto ricusare <strong>di</strong> far l’ufficio<br />
richiestomi, mandando il detto memoriale et anco le lettere della communità.<br />
Desidero esser favorito da Vostra Signoria Illustrissima d’intenderne la ricevuta et<br />
quel che avrò da rispondere, massime dovendo esser presto in Gubbio.<br />
Et umilmente<br />
La domanda delle monache della Santissima Trinità della città <strong>di</strong> Gubbio,<br />
raccomandata dall’istessa città, è che da lungo tempo esse monache hanno avuto il<br />
confessore delli Minori osservanti <strong>di</strong> San Francesco.
Ultimamente sono stati messi nel convento della città <strong>di</strong> Gubbio i frati Reformati, con<br />
levarsene gli Osservanti della Famiglia, per il che anco si è destinato alle monache un<br />
confessore <strong>degli</strong> stessi Reformati, et però domandano <strong>di</strong> continuare ad avere il<br />
confessore della Famiglia et non <strong>degli</strong> Riformati.<br />
289<br />
19 <strong>di</strong> giugno 1626<br />
Ho ricevuto con l’ultima <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima l’avviso che si è<br />
compiacciuta communicarmi dell’essersi scoperte nel mare Adriatico un<strong>di</strong>ci galere <strong>di</strong><br />
Biserta, 110 del che ringratio Vostra Signoria Illustrissima, et farò che tanto a Pesaro<br />
quanto a Sinigaglia con <strong>di</strong>ligenza si osservino gli or<strong>di</strong>ni dati a’ giorni passati per<br />
questo istesso sospetto, che li soldati et militie siano vigilanti et pronte per tutto<br />
quello che potesse occorrere, sebene qui credono, per la qualità delle marine, che tali<br />
vascelli non siano per venirci.<br />
Mi trovo tuttavia in Fossombrone benissimo visto da questo popolo, et domenica<br />
passerò a Cagli.<br />
Et umilmente<br />
Nel giorno del Corpo <strong>di</strong> Cristo il Gad<strong>di</strong>, governatore delle armi in Pesaro, per rispetto<br />
delle molte genti ch’entrano in quel giorno nella città, or<strong>di</strong>nò strettamente a’ soldati<br />
che facessero a ciascuno osservare il solito e gli or<strong>di</strong>ni del signor duca d’entrare<br />
senz’armi.<br />
E perciò un soldato <strong>di</strong> Gubbio, che ha servito bene oltre quarant’anni, et come<br />
luogotenente ha prestato il giuramento or<strong>di</strong>nato da Nostro Signore, fece deporre – fra<br />
110 Trattasi <strong>di</strong> una città della costa della Tunisia, situata a 15 km dal punto più settentrionale dell'Africa (Cap Blanc).
gl’altri – ad uno, che la portava come privilegiato dal padre inquisitore <strong>di</strong> Pesaro, la<br />
pistola, che il dì seguente dal Gad<strong>di</strong> gli fu fat=<br />
ta restituire.<br />
290<br />
Il soldato, citato a comparire al Sant’Officio, ebbe da me ricorso a Pesaro, et io gli<br />
<strong>di</strong>ssi che ad ogni modo doveva riverire il Sant’Officio, et poi stimai per il buon<br />
servitio suo doverlo raccomandare al padre vice – inquisitore.<br />
È poi stato citato <strong>di</strong> nuovo, et è venuto a pregarmi qui in Fossombrone che io lo aiuti<br />
<strong>di</strong>cendo temere d’essere strapazzato; io gli ho detto che in ogni modo comparisca et<br />
obe<strong>di</strong>sca.<br />
Ho però creduto esser bene <strong>di</strong> riferire il caso suo et per so<strong>di</strong>sfattione del Gad<strong>di</strong> et de’<br />
soldati <strong>di</strong> quella piazza raccomandarlo et insieme rappresentare a Nostro Signore che,<br />
per essere Pesaro et Sinigaglia luoghi <strong>di</strong> fortezza et perciò <strong>di</strong> gelosia, non si sono –<br />
ne’ tempi passati – date licenze <strong>di</strong> portar armi oltre la spada, né si è permesso ad<br />
alcuno d’entrar con armi, ma se li sono levate alle porte, facendogliele rendere<br />
nell’uscire all’altra porta.<br />
Ora si fa osservare da me esattamente questo solito, et ne risulta la quiete et sicurezza<br />
publica, ma, sebene neanco per privilegio del Sant’Officio alcuno per il passato<br />
portava né introduceva armi in queste città, ora sono in molto numero quelli che in<br />
esse città portano ogni sorte <strong>di</strong> armi con le licenze de’ padri inquisitori o loro<br />
ministri, et si vede chiaramente che non ne segue alcun servitio al Sant’Offitio, ma<br />
solo fasti<strong>di</strong>o del governo et pericolo evidente, se avesse alcuno animo <strong>di</strong> sorprendere<br />
queste piazze, <strong>di</strong><br />
291
entrarvi per tal strada, perché queste persone con le loro armi potriano pigliare una<br />
porta et darla a chi loro piacesse, e sebene si <strong>di</strong>ce che queste licenze si restringono a<br />
certo numero, non<strong>di</strong>meno in fatto è il contrario, e gli esecutori et soldati neanco<br />
ar<strong>di</strong>scono domandarne nonché numerargli, atterriti dalle citationi che si fanno contro<br />
essi.<br />
Io riverisco et aiuto, per quanto è in me, le cose del Sant’Officio, et così farò sempre,<br />
ma credo essere tenuto <strong>di</strong> rappresentare a Nostro Signore quel che vedo concernere<br />
non solo il buon governo, ma anche la sicurezza <strong>di</strong> queste città, rimettendomi a<br />
quanto da Sua Beatitu<strong>di</strong>ne con la singolare sua prudenza, sarà giu<strong>di</strong>cato espe<strong>di</strong>ente.<br />
Et intanto umilmente<br />
Cagli, li 21 <strong>di</strong> giugno 1626<br />
Mi ha avvisato il signor Emilio che il signor duca grandemente desidera che abbia<br />
effetto in Gubbio la provisione del confessore de’ padri Riformati <strong>di</strong> San Francesco<br />
per le monache del convento della Trinità, il che io non sapevo quando, otto giorni<br />
sono, feci l’ufficio richiestomi dalla città <strong>di</strong> Gubbio con inviare a Vostra Signoria<br />
Illustrissima il memoriale delle istesse monache.<br />
Ora ho dovuto aggiungere questo nuovo avviso et riferire il desiderio <strong>di</strong> Sua Altezza,<br />
che credo sarà conforme alla vo=<br />
lontà <strong>di</strong> Nostro Signore.<br />
292<br />
Partii ier mattina da Fossombrone lasciando quella città molto so<strong>di</strong>sfatta, et venni a<br />
Cagli, ove mi ritrovo benissimo visto da questo popolo.<br />
Et umilmente
26 <strong>di</strong> giugno 1626<br />
Lunedì il signor duca investì il signor Giovanni Battista della Rovere del castello<br />
della Tomba et <strong>di</strong> due altri castelli detti Monterado 111 e Ripa, ch’erano governati<br />
dall’istesso Commissario della Tomba. 112<br />
Nella risegna delle anime, fatta l’anno passato, si riferisce essersi trovate in questi tre<br />
castelli anime 1513; sono vicini a Sinigaglia da sei miglia.<br />
Mi è detto che il signor Giovanni Battista desiderava il titolo <strong>di</strong> marchese, ma il<br />
signor duca volse darli il titolo <strong>di</strong> conte.<br />
Et umilissimamente<br />
Mando un foglio con cifra<br />
Gubbio 29 <strong>di</strong> giugno 1626<br />
Siccome io stimai <strong>di</strong> dover riferire otto giorni sono quel che passava per conto del<br />
soldato ugubbino, luogotenente della guar<strong>di</strong>a delle porte <strong>di</strong> Pesaro, così ora non<br />
debbo lasciare <strong>di</strong> dar conto <strong>di</strong> quel<br />
293<br />
111 Monterado, oggi comune marchigiano della provincia <strong>di</strong> Ancona, sorge sulle colline dell'imme<strong>di</strong>ato entroterra della<br />
citta<strong>di</strong>na <strong>di</strong> Senigallia; fino al 1631 (l’anno della devoluzione) venne governato dai Della Rovere, che nel 1462 erano<br />
succeduti ai Malatesta.<br />
112 Il ‘Commissariato Ducale <strong>di</strong> Tomba’, comprendente i tre castelli <strong>di</strong> Tomba, Ripe e Monterado, venne istituito nel<br />
1475 da Giovanni della Rovere, e durò fino al 1808, anno in cui fu soppresso da Napoleone.
che mi ha scritto il governatore delle armi <strong>di</strong> Pesaro essere per tale occasione<br />
avvenuto, per il che mando a Vostra Signoria Illustrissima alligata la copia della sua<br />
lettera.<br />
Io li ho rescritto che in ogni modo cerchi <strong>di</strong> far comparire il soldato, il quale non<br />
posso lasciare <strong>di</strong> raccomandar <strong>di</strong> nuovo, poiché il signor conte Ottavio et il signor<br />
Emilio me ne hanno scritto molto efficacemente, avvisandomi che – essendo egli<br />
andato a Castel Durante a parlare al signor duca – essi l’hanno <strong>di</strong>suaso, temendo che<br />
Sua Altezza se ne pigliasse assai fasti<strong>di</strong>o.<br />
Et umilissimamente<br />
Con l’ultima <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima ho ricevuto l’avviso, ch’ella si compiace<br />
darmi, della gratia concessa da Nostro Signore agli uomini <strong>di</strong> Sascorbaro intorno al<br />
cavar gli animali loro da quella giuris<strong>di</strong>tione et condurgli per trafficarli in questo<br />
Stato d’<strong>Urbino</strong>, et ho scritto a quel vicario che gli notifichi essa gratia, acciò se ne<br />
possino prevalere.<br />
Et umilmente<br />
Venni ieri a Gubbio et per strada, oltre <strong>di</strong>eci miglia lontano da detta città,<br />
m’incontrarono gli ambasciatori della città e del capitolo, et per cinque miglia tre<br />
compagnie d’archibugieri a cavallo,<br />
294<br />
et ultimamente Monsignor vescovo et tutta la nobiltà et popolo con tanti e tali segni<br />
d’applauso et allegrezze, che, mentre questo popolo onora tanto un ministro <strong>di</strong> Nostro
Signore, si vede espressamente che porta singolare affetto et devotione a Sua Santità,<br />
et è prontissimo a prestarli ogni esquisita obe<strong>di</strong>enza.<br />
Io ho procurato et procurarò in tutto quel che mi sarà possibile che ciascuno resti<br />
so<strong>di</strong>sfatto, come sin ad ora mi riesce et spero che continuarà <strong>di</strong> riuscirmi.<br />
Et umilmente<br />
3 <strong>di</strong> luglio 1626<br />
Non ho, per quest’or<strong>di</strong>nario, altro da rappresentare a Nostro Signore et a Vostra<br />
Signoria Illustrissima che quel che si contiene nell’alligato foglio in cifra, et neanche<br />
ho avuto lettere da risponderci, onde solo mi resta <strong>di</strong> baciare a Vostra Signoria<br />
Illustrissima umilissimamente le mani.<br />
vj <strong>di</strong> luglio 1626<br />
Dovevo per il penultimo or<strong>di</strong>nario ricevere la lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima<br />
delli 27 del passato, ma non l’ho avuta se non per l’ultimo or<strong>di</strong>nario.<br />
Ho da essa intesa la proposta fatta a Nostro Signore dal padre Bonaventura,<br />
295<br />
a nome della città d’<strong>Urbino</strong>, sopra la residenza dell’au<strong>di</strong>enza in quella città et così la<br />
risposta <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne conforme alla singolare sua prudenza et umanità, et io non<br />
mancherò avvertire che abbino gli urbinati, in questo et in ogni altra cosa, la<br />
conveniente so<strong>di</strong>sfattione.
Trovo la città <strong>di</strong> Gubbio ben popolata et <strong>di</strong> persone onorate et grandemente devota <strong>di</strong><br />
Sua Santità, né io manco <strong>di</strong> accrescere in questo l’inclinatione commune et <strong>di</strong> darle<br />
ogni altra so<strong>di</strong>sfattione possibile.<br />
Ho accettata la commo<strong>di</strong>tà dell’abitazione dal signor conte Cesare Bentivoglio, il<br />
quale è un compìto et onoratissimo gentiluomo, et pieno d’ossequio et riverenza<br />
verso Sua Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
Et umilmente<br />
Fu commesso in <strong>Urbino</strong>, alcuni giorni sono, un omici<strong>di</strong>o, in persona <strong>di</strong> un citta<strong>di</strong>no<br />
urbinate, da un giovane <strong>di</strong> Regno che serve Monsignore arcivescovo, il quale allora, a<br />
bocca e con una poliza, <strong>di</strong>ede facoltà al podestà acciò il reo si avesse in mano, et esso<br />
<strong>di</strong>ede gl’or<strong>di</strong>ni soliti alle porte, et ha fatto osservare da esecutori o soldati se il reo<br />
uscisse dal convento <strong>di</strong> San Francesco, ove si è detto che si ritirasse per averlo,<br />
quando ne uscisse, nelle mani, et l’au<strong>di</strong>enza, ad instanza de’ parenti del morto e per<br />
so<strong>di</strong>sfattione della città<br />
296<br />
et dell’istessa giustitia, ha ricordato al podestà le <strong>di</strong>ligenze giuste et opportune, et ha<br />
approvato ch’esso, prevalendosi della facoltà datali da Monsignore, prometta a chi li<br />
dasse vivo in mano detto delinquente cento scu<strong>di</strong>, quali hanno offerti li fratelli del<br />
morto facendo <strong>di</strong> ciò gran<strong>di</strong>ssima instanza, non si parlando <strong>di</strong> darlo morto.<br />
Monsignore arcivescovo ultimamente mi ha scritto dolendosi che il detto podestà<br />
eccede nelle dette <strong>di</strong>ligenze et che asse<strong>di</strong>a il luogo immune, et che si sono levate le<br />
chiavi a’ frati, et altre cose.<br />
Io ho fatto che l’au<strong>di</strong>enza avverti il podestà che proce<strong>di</strong> giuri<strong>di</strong>camente et<br />
canonicamente, et non altrimenti, ma frattanto, prima che arrivi questo avvertimento
et la mia risposta, Monsignore ha fatto affiggere un e<strong>di</strong>tto <strong>di</strong> levarsi detti soldati, dal<br />
quale la parte si è appellata al Collegio d’<strong>Urbino</strong>.<br />
Credo però che sarà finita questa <strong>di</strong>fferenza della carceratione, avendo avviso che il<br />
reo sia fuggito aiutato da certi preti, ma ad ogni modo ho dovuto fare la presente<br />
relatione.<br />
Et umilmente<br />
x <strong>di</strong> luglio 1626<br />
Non ho alcuna notitia, né tengo per verisimile, che il signor duca sia<br />
per passare ad <strong>Urbino</strong>.<br />
297<br />
Ha Sua Altezza aggiunto alla famiglia il signor Ridolfo Boccalini, la persona del<br />
quale altre volte lodai per quest’effetto a Vostra Signoria Illustrissima.<br />
Altro accrescimento per ora non si sa, poiché il signor Giovanni Battista della Rovere<br />
è venuto a Castel Durante per occasione del feudo della Tomba, del quale ho poi<br />
inteso essersi fatta l’ispe<strong>di</strong>tione in persona del signor Giulio suo padre et de’<br />
descendenti, et il conte Oratio <strong>di</strong> Carpegna, venuto anch’esso a Castel Durante, non è<br />
certo se sia per fermarsi, et egli <strong>di</strong>sse a me in Cagli che, se il signor duca non gli<br />
commendava altro, andaria a Carpegna.<br />
Il signor Antonio Donati sta in Castel Durante fuor <strong>di</strong> palazzo, et non ha né parte né<br />
provisione alcuna.<br />
Quanto a’ paggi, il signor duca ne aveva sei in <strong>Urbino</strong>, et per essersi fatti gran<strong>di</strong> tre se<br />
ne sono licentiati et due si sono presi per scu<strong>di</strong>eri da Sua Altezza, che, a quel solo
ch’era rimasto, ne ha aggiunti tre altri, et vuole che ora <strong>di</strong>morino sempre in Castel<br />
Durante, poiché non vi è più l’occasione <strong>di</strong> mandargli a servire negli alloggi che si<br />
sono affatto <strong>di</strong>smessi.<br />
Né intorno a ciò occorrendomi ora altro, li bacio umilmente<br />
Siccome non è conveniente che in luoghi et tempi gelosi da’ mini=<br />
298<br />
stri del gran duca si <strong>di</strong>ano occasioni <strong>di</strong> sospetto, così l’ufficio che Vostra Signoria<br />
Illustrissima scrive esser passato col signor cavaliere Cioli è stato molto a proposito,<br />
et io in questa materia non mancarò d’invigilare con la destrezza e <strong>di</strong>ligenza<br />
conveniente.<br />
Ho ricevuta la copia della risposta <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima agl’urbinati, et<br />
debbo ringratiare Nostro Signore et Vostra Signoria Illustrissima del favore che con<br />
essa mi fanno.<br />
Et umilmente<br />
xiij <strong>di</strong> luglio 1626<br />
Son ricercato dal magistrato <strong>di</strong> Gubbio – a nome publico – d’inviare l’alligato<br />
memoriale a Nostro Signore et raccomandare a Sua Santità le due gratie spirituali che<br />
in esso si contengono e sono qui grandemente desiderate dal popolo, che –<br />
ottenendole – ne resterà con gran<strong>di</strong>ssima so<strong>di</strong>sfattione et obligatione.<br />
Et umilmente
La prima domanda del memoriale sudetto è dell’indulgenza plenaria nella Chiesa <strong>di</strong><br />
Sant’Ubaldo ogni prima domenica del mese.<br />
La seconda domanda è che l’altare della Concettione nella Chiesa de’ frati <strong>di</strong> San<br />
Francesco sia privilegiato per li defonti.<br />
299<br />
Con l’ultima <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima ho ricevuta la cifra inviatami.<br />
Rimando un altro foglio con cifra, e, non occorrendomi che aggiunger <strong>di</strong> più,<br />
umilmente<br />
xvij <strong>di</strong> luglio 1626<br />
Ho avuto il foglio <strong>di</strong> cifra inviatomi da Vostra Signoria Illustrissima, et rispondo con<br />
il foglio alligato in cifra.<br />
Et umilmente<br />
xx luglio 1626<br />
Con l’ultima <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima ho ricevute le considerationi et ragioni<br />
che concernono l’interesse della communità <strong>di</strong> Secchiano nel Monte Feltro nella<br />
causa contro <strong>di</strong> essa introdotta dagli ere<strong>di</strong> del già conte Fabio Landriani avanti al<br />
commissario <strong>di</strong> San Leo, al quale ho già operato che siano note, et li ho or<strong>di</strong>nato che<br />
mi avvisi se li occorrerà intender cosa che sia in contrario prima <strong>di</strong> venire ad alcuna<br />
espe<strong>di</strong>tione, et del tutto darò conto a Vostra Signoria Illustrissima.<br />
Si è mandato un bando contro quelli che occidono i colombi, con augumentare le<br />
pene pecuniarie et offerirne parte agli accusatori, et
300<br />
esecutori, et commandare agli giu<strong>di</strong>ci de’ luoghi che con ogni <strong>di</strong>ligenza cerchino <strong>di</strong><br />
avergli in mano, e gli punischino – oltre delle pene pecuniarie – anco <strong>di</strong> pene<br />
corporali, et si spera che sia per far buon’effetto.<br />
Et umilmente<br />
Non ho fin ad ora scritto a Vostra Signoria Illustrissima circa il conferirmi ad <strong>Urbino</strong>,<br />
perché ne sono stato dubbio, desiderando da un canto levare a quel popolo<br />
l’occasione <strong>di</strong> <strong>di</strong>re che io non l’ami et stimi, et anche se potessi quietar la passata<br />
contumacia, et all’incontro temendo, oltre l’acutezza dell’aere, <strong>di</strong> andarci et non<br />
starci con so<strong>di</strong>sfattione per le cause note.<br />
Monsignore arcivescovo, per l’occasione d’esser ucciso l’urbinate dal suo servitore,<br />
ebbe alcun <strong>di</strong>sgusto dal Collegio d’<strong>Urbino</strong>, et <strong>di</strong>sgustò anch’esso i parenti del morto<br />
proteggendo il delinquente, et anco altri con levare, nell’andare che fece alla sua<br />
abbatia, la <strong>di</strong>stributione d’alcune limosine, quali ha poi rimesse per non perdere la<br />
solita autorità, e si è rapacificato.<br />
Io, sebene ho conosciuto non potere da quel <strong>di</strong>sgusto ricevere il commodo che da<br />
principio parve potersene aspettare, mi sono però lasciato intendere d’aver alcun<br />
pensiero d’andare ad <strong>Urbino</strong> per scoprire se saria con <strong>di</strong>gnità, massime essendovi<br />
301<br />
la lettera scritta <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Nostro Signore da Vostra Signoria Illustrissima sotto li 4<br />
del presente a quel magistrato, quale non fu publicato nello spaccio che doveva<br />
giungere, et neanche nel seguente, ma si è poi ultimamente data fuori, et si è letta nel
consiglio publico, et sono avvisato da persone amorevoli che si è risoluto <strong>di</strong> onorare il<br />
mio arrivo, ma per esser più certo che il tutto abbia a seguire con <strong>di</strong>gnità, penso<br />
domandare domani il segretario ad <strong>Urbino</strong> con altro buon pretesto, et da lui essendo<br />
avvisato, come io credo, che le cose siano per passar bene, penso andarvi al principio<br />
d’agosto, del che darò poi conto.<br />
Et umilmente<br />
24 <strong>di</strong> luglio 1626<br />
Avendo, oltre le lettere <strong>di</strong> persone amorevoli, anco dal mio segretario relatione che<br />
gl’animi <strong>degli</strong> urbinati sono ben <strong>di</strong>sposti in ricevermi et onorarmi mentre io ci vada,<br />
et communemente desiderano quest’andata, ho risoluto andarvi nella seguente<br />
settimana.<br />
All’ultima <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima non ho che rescrivere altro se non che<br />
invigilerò con la debita <strong>di</strong>ligenza per eseguire a suo tempo gli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Nostro<br />
Signore et provvedere a quel che sarà opportuno.<br />
Et umilmente<br />
302<br />
Mi ha il signor duca, per messo a posta, inviata una lettera, la quale scrive sopra la<br />
prefettura <strong>di</strong> Roma, che io mando alligata, con un foglio ch’era congiunto con essa.<br />
Ho risposto a Sua Altezza non aver inteso cosa alcuna intorno a detta prefettura, et<br />
che in particolare non avevo che rescrivere, ma in generale potevo attestare il<br />
singolare, paterno affetto <strong>di</strong> Nostro Signore verso Sua Altezza, et il desiderio che<br />
avevo sempre conosciuto in Sua Beatitu<strong>di</strong>ne che restasse con so<strong>di</strong>sfattione nelle cose<br />
occorrenti.
Et umilmente<br />
Scrive il signor duca aver per la gazzetta inteso che Nostro Signore pensi dare la<br />
prefettura <strong>di</strong> Roma al signor don Taddeo Barberini, et che ciò non può fare in vita sua<br />
per esserne provisto per breve <strong>di</strong> Paolo IV, che dell’anno 1555, per la morte del duca<br />
Oratio Farnese, la concesse al duca Guido Baldo II per sé et per il suo primogenito,<br />
siccome del 1471 Sisto IV l’aveva conferita a Leonardo della Rovere suo nepote, che<br />
n’ebbe il piviale et corona solita darsi al prefetto, et del 1475 la conferì a Giovanni<br />
della Rovere, suo<br />
303<br />
nepote, per sé et per il primogenito, che fu il duca Francesco Maria I della Rovere.<br />
Et morto lui del 1538, Paolo III la <strong>di</strong>ede al duca Ottavio Farnese, duca <strong>di</strong> Parma, et <strong>di</strong><br />
poi al duca Oratio Farnese, duca <strong>di</strong> Castro.<br />
xxvij <strong>di</strong> luglio 1626<br />
Mercordì partirò <strong>di</strong> qua per essere giovedì in <strong>Urbino</strong>, ove tuttavia intendo che sarò<br />
onoratamente ricevuto, et cercherò <strong>di</strong> renderli quieti et so<strong>di</strong>sfatti, trattando con la<br />
conveniente amorevolezza, seben non mi persuado che nel punto dell’au<strong>di</strong>enza<br />
perpetua in quella città sia intieramente per riuscirmi.<br />
Mi par <strong>di</strong> lasciar questa città molto devota <strong>di</strong> Nostro Signore, et pronta – a suo tempo<br />
– alla debita obe<strong>di</strong>enza.<br />
Mi par anco che restino so<strong>di</strong>sfatti così <strong>di</strong> quel che ho qui trattato tanto nelle au<strong>di</strong>enze<br />
particolari quanto <strong>di</strong> varie cose or<strong>di</strong>nate in benefitio publico, come fu nel principio<br />
che venni del far accrescere il pane, et poi del dar buon or<strong>di</strong>ne per l’accomodamento
delle strade, et del far restituire l’acqua publica, che da alcuni era usurpata alla<br />
fontana publica, la quale spero che per le mie esortationi si trasferirà in luogo più<br />
commodo in mezzo la piazza, et anco in procurare la fabbrica dell’<br />
304<br />
infermaria, che mancava in questo ospidale con patimento de’ poveri, le quali<br />
provisioni riescono molto grate.<br />
Et umilmente<br />
Ha corrisposto alla speranza et espettatione mia la singolare benignità con la quale<br />
Nostro Signore si è compiacciuto intendere le mie preghiere per il luogo del senatore<br />
Lini nel reggimento <strong>di</strong> Bologna in persona del signor Camillo, mio fratello, 113 e <strong>di</strong><br />
non mostrarsi alieno dalla gratia, e <strong>di</strong> ciò resto con infinito obligo a Sua Beatitu<strong>di</strong>ne,<br />
et similmente ringratio Vostra Signoria Illustrissima del favore et intercessione<br />
interposta per la mia domanda.<br />
Il Lini, con tutto che sia <strong>di</strong> gravissima età, presso a novant’anni, ha però – per la sua<br />
gagliarda natura – preso alcun miglioramento, sebene sono avvisato non credersi che<br />
sia per tirar molto innanzi; venendo il caso del suo fine, il signor Cristofaro, mio<br />
cugino, supplicherà Vostra Signoria Illustrissima <strong>di</strong> replicar l’ufficio per l’intero<br />
compimento della gratia <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, alla quale ne renderò umilissime gratie,<br />
et sarò, insieme con mio fratello, a Sua Santità <strong>di</strong> questo nuovo onore perpetuamente<br />
tenuto.<br />
113 Camillo <strong>Gessi</strong> (Bologna, 1571 – ivi 1635), fu professore <strong>di</strong> Diritto presso le <strong>Università</strong> <strong>di</strong> Bologna e <strong>di</strong> Fermo.
Supplico Vostra Signoria Illustrissima a continuare verso <strong>di</strong> me la sua protettione,<br />
della quale cercherò sempre con ogni maggiore osservanza et ossequio esser<br />
meritevole.<br />
Et umilmente<br />
305<br />
Di <strong>Urbino</strong>, all’ultimo <strong>di</strong> luglio 1626<br />
Ieri venni ad <strong>Urbino</strong>, et oltre la militia che mi accompagnò in buon numero da’<br />
confini alla città, venne anche una grossa cavalcata <strong>di</strong> nobiltà sino al luogo ove io mi<br />
era riposato per il caldo, lontano sette miglia.<br />
Il popolo mi ricevé nella città con molto affetto et applauso, chiamandomi una buona<br />
parte <strong>di</strong> esso il car<strong>di</strong>nale d’<strong>Urbino</strong>, et il magistrato era al Duomo ad aspettarmi<br />
quando ci smontai, et mi accompagnò sino alle stanze passando il tutto con molta<br />
so<strong>di</strong>sfattione et onorevolezza, siccome questa volta, per rispetto delle cose passate,<br />
pareva necessario che ci fosse simile <strong>di</strong>mostratione, la quale tanto è stata maggiore<br />
quanto da Monsignore arcivescovo con ogni mal ufficio ha cercato d’impe<strong>di</strong>rla tutta,<br />
et ne ha impe<strong>di</strong>ta quella parte che ha potuto, <strong>di</strong>vertendo gli amorevoli suoi et quelli<br />
con chi ha avuta autorità da ogni incontro et onore, et proibendo espressamente il<br />
suono delle campane in tutte queste chiese, anzi, essendosi tre giorni fatto capitolo<br />
da’ canonici e risoluto unitamente <strong>di</strong> far suonare quelle del domo, detto Monsignore<br />
proibì loro <strong>di</strong> farlo, et avendo il gonfaloniere et il luogotenente mandati alcuni uomini<br />
per far suonare una campana publica, trovarono alcuni<br />
306<br />
preti, che – con ogni sorte d’armi proibite – impe<strong>di</strong>vano l’ingresso al campanile, e<br />
non permisero che si suonasse.
Egli non si è mosso dalla sua villa, né meco ha passato complimento alcuno, le quali<br />
cose, sicome sono contro la mente <strong>di</strong> Nostro Signore, così stimo che li <strong>di</strong>spiaceranno,<br />
et mi farà gratia <strong>di</strong> credermi quel che anco altre volte ho scritto, che i mali uffici <strong>di</strong><br />
Monsignore hanno causati e fomentati questi <strong>di</strong>sgusti, e, mentre egli <strong>di</strong>morerà qui,<br />
sarà impossibile che io né altri possi quietamente governare questa città, et<br />
procedendo con tal maniera verso un soggetto onorato da Sua Beatitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> luogo<br />
del Sagro Collegio, non è degno della gratia <strong>di</strong> Sua Santità.<br />
Et umilmente<br />
La città <strong>di</strong> Pesaro ha mandato a nome publico un gentiluomo a Gubbio ad offerirmi,<br />
nell’occasione della venuta ad <strong>Urbino</strong>, l’accompagnamento <strong>di</strong> molti gentiluomini <strong>di</strong><br />
Pesaro e <strong>di</strong> quella militia, del che io l’ho ringratiato, <strong>di</strong>cendo non occorrere né<br />
convenire dargli questo incommodo.<br />
Mi ha anco invitato <strong>di</strong> tornare a Pesaro: ho risposto non comportarsi ora dalla<br />
stagione, ma che a tempo conveniente ci sarei tornato a passar l’invernata.<br />
Mi ha ricercato che quando io ritorni in ogni modo conduchi meco l’au<strong>di</strong>enza: ho<br />
detto che il mio<br />
307<br />
pensiero è – quando ci tornerò – <strong>di</strong> condurla.<br />
Mi ha anche fatta instanza <strong>di</strong> non tener l’au<strong>di</strong>enza in <strong>Urbino</strong> quando io non ci sia,<br />
come ho fatto nel maggio, perché in tal maniera pare che si <strong>di</strong>chiari che <strong>Urbino</strong> abbia<br />
superiorità sopra Pesaro, il che da’ pesaresi non si accetta, allegandosi la bolla<br />
dell’investitura <strong>di</strong> Paolo III che ne tratta; ho risposto che in questo non volevo<br />
obligarmi, avendo pensiero in questo tempo che starò fuori <strong>di</strong> Pesaro tener meco o,<br />
senza <strong>di</strong> me, stando io in Fossombrone, l’au<strong>di</strong>enza in <strong>Urbino</strong>, per dare a quella città
onesta so<strong>di</strong>sfattione, ché questo a Pesaro non pregiu<strong>di</strong>ca, et che se nel tempo che sarò<br />
per tornare a Pesaro mi sopravenisse impe<strong>di</strong>mento, come mi avvenne nel maggio<br />
passato, manderei nell’istesso modo innanzi l’au<strong>di</strong>enza in quella città.<br />
Il gentiluomo sudetto alle mie risposte si quietò, e partì so<strong>di</strong>sfatto, et così credo che<br />
sarà rimasta quella città alla quale rescrissi nell’istesso senso.<br />
La città <strong>di</strong> Gubbio anch’essa ha fatto ivi per tre dottori propormi il desiderio et<br />
premura grande che ha <strong>di</strong> non essere da Nostro Signore tenuta sotto <strong>Urbino</strong>.<br />
Io gli ho risposto non essere mente <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne che al presente si tratti <strong>di</strong> simili<br />
cose.<br />
Et umilmente<br />
Ho inteso da Pesaro esservi giunto un commissario della cavalleria<br />
308<br />
napolitana, che deve tornare nel regno, la quale egli ha detto che comincierà a<br />
comparire intorno ai 10 d’agosto.<br />
Io invigilerò, come le altre volte, acciocché il tutto passi con quiete et so<strong>di</strong>sfattione,<br />
come mi persuado che passerà.<br />
Ho ricevuta la copia della lettera responsiva <strong>di</strong> questa città a Vostra Signoria<br />
Illustrissima, et ieri mi parve che fosse corrisposto a quella parte <strong>di</strong> essa che <strong>di</strong> me si<br />
tratta, sicome riferisco con l’altra mia.<br />
Aspetterò la venuta del padre inquisitore d’Ancona, siccome anco scrivo al padre<br />
inquisitore <strong>di</strong> Rimini, che, ora che mi trovo più vicino, venghi a trattar meco, e con<br />
ambidue eseguirò gli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Nostro Signore.
Et umilmente<br />
3 <strong>di</strong> agosto 1626<br />
Vedendo essere <strong>di</strong> gran<strong>di</strong>ssima importanza, non solo per la reputatione mia, ma anco<br />
per la buona <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> questo stato al servitio <strong>di</strong> Nostro Signore, la risolutione<br />
che Sua Beatitu<strong>di</strong>ne pigliarà sopra i mali termini usati da Monsignore arcivescovo<br />
d’<strong>Urbino</strong> et da alcuni suoi chierici, stimo necessario il scriverne a Sua Beatitu<strong>di</strong>ne,<br />
come faccio con l’alligata, la quale supplico Vostra Signoria Illustrissima <strong>di</strong> dare a<br />
Sua Santità, et <strong>di</strong> aiutare la provisione la quale domando, o, mentre per alcun rispetto<br />
ciò non piaccia a Sua Santità,<br />
309<br />
aiutare l’instanza, che in tal caso faccio, <strong>di</strong> essere levato <strong>di</strong> qua, acciò possi – fuori <strong>di</strong><br />
queste in<strong>di</strong>gnità et inquietitu<strong>di</strong>ni - preservare la <strong>di</strong>gnità et la vita.<br />
Il signor duca ha mandato il capitano Valerio Pompei da Pesaro a servirmi<br />
nell’occasione del ritorno della cavalleria napolitana; io l’ho inviato con gli or<strong>di</strong>ni<br />
opportuni a Pesaro et a Sinigaglia, e senz’altro il tutto succederà felicemente.<br />
Non ho che rispondere a Vostra Signoria Illustrissima, non avendo avuto in questo<br />
spaccio sue lettere, et supplicandola a conservarmi nella sua buona gratia, umilmente<br />
ecc.<br />
Alla santità <strong>di</strong> Nostro Signore<br />
3 agosto 1626
Vedendo che, con gran<strong>di</strong>ssima ansietà, da questo popolo et anco dagli altri <strong>di</strong> questo<br />
stato si aspetta qual <strong>di</strong>mostratione sia per or<strong>di</strong>narsi dalla santità vostra in pena della<br />
temerità che, <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne e volontà <strong>di</strong> Monsignore arcivescovo d’<strong>Urbino</strong>, alcuni<br />
ecclesiastici usarono nella mia venuta ad <strong>Urbino</strong>, ho creduto esser mio debito, oltre la<br />
relatione che ne feci nel spaccio passato, rappresentare con la presente a vostra<br />
beatitu<strong>di</strong>ne che, essendosi la città, in conformità della mente <strong>di</strong> vostra santità, et anco<br />
perché communemente non vi è<br />
310<br />
mal intenzione verso <strong>di</strong> me, <strong>di</strong>sposta d’onorar, come fece, il mio ingresso, deliberò<br />
anco che si sonasse, oltre l’altre campane, un campanaccio ch’è del publico, et i<br />
canonici, nel capitolo, deliberarono l’istesso, contuttocché Monsignore arcivescovo<br />
mandasse a <strong>di</strong>rgli che non gli piaceva, come anco fece con regolari, impedendogli<br />
con minaccie, quando fu il tempo, <strong>di</strong> sonarsi detto campanaccio et l’altre campane del<br />
domo, <strong>di</strong>eci o do<strong>di</strong>ci de’ preti o chierici della città, <strong>di</strong> vile nascita et con<strong>di</strong>tione,<br />
armati <strong>di</strong> archibugi, impe<strong>di</strong>rono che si sonasse, et fecero armature <strong>di</strong> legno, chiusero<br />
porte, et attualmente si opposero alla corte quando dal magistrato fu mandata per tal<br />
effetto, avendo prima levato via il battocchio del campanaccio publico, et, sebene il<br />
preposto della Chiesa parlò con molto senso all’archi<strong>di</strong>acono (ch’è vicario <strong>di</strong><br />
Monsignore arcivescovo) acciò dasse gl’or<strong>di</strong>ni opportuni e facesse lasciare da quei<br />
preti libero il campanile, non volle però detto vicario sentirne cosa alcuna.<br />
Questa attione è così mal’intesa che io vedo dependere tutta la riputatione et il cre<strong>di</strong>to<br />
che io possi aver in questo stato, dall’esito <strong>di</strong> essa, il quale operarà anco grandemente<br />
nel rispetto che ora et per l’avvenire siano questi popoli per portare a vostra santità,<br />
dalla quale si persuadono che sia per venir facoltà et or<strong>di</strong>ne a me <strong>di</strong> far castigare<br />
questi ecclesiastici, che ora, ridendosene, <strong>di</strong>cono che non mi temono, che non gli<br />
posso
far male alcuno.<br />
311<br />
Et anco ch’ella sia per far venire ora a Roma l’arcivescovo senza che abbia a ritornar<br />
qua, del che – oltre il presente <strong>di</strong>sprezzo del sagro collegio nella persona mia, et il<br />
pessimo termine riferito, tutti qui tengono esservene abbondanti occasioni, poiché<br />
con varie mal<strong>di</strong>cenze cerca – appresso popoli – avvilire vostra santità istessa, et <strong>di</strong>ce<br />
publicamente che la sua promotione non è senza sua nota d’infamia, paragona il<br />
signor duca a Nerone et antichi tiranni, mantiene questa città in fattioni, causando che<br />
si nominino le parti dal mio et suo nome, come si faceva de’ Guelfi e Ghibellini, et<br />
senza dubbio ha eccitati tutti i <strong>di</strong>sgusti passati, commovendo il popolo, che corrompe,<br />
con alcuni donativi, per <strong>di</strong>sporne, ora et per l’avvenire, a suo modo, et fare che vostra<br />
beatitu<strong>di</strong>ne non possi aver senza <strong>di</strong> lui quieto possesso, et se egli si leverà da questa<br />
Chiesa può essere che ci resti alcuna cosa <strong>degli</strong> umori commossi, ma non tanta come<br />
sarà con la sua presenza.<br />
Oltre <strong>di</strong> ciò tiene famiglia <strong>di</strong>scola, che inquieta la città caminando con armi proibite,<br />
le quali permette con sue licenze agli ecclesiastici, che pur inquietano gli altri et<br />
turbano il governo.<br />
Frequenta più <strong>di</strong> quel che conviene i monasteri, et ci entra, e fa entrare donne in<br />
quantità, contro le constitutioni apostoliche.<br />
Nelle visite attende a far ballar donne<br />
312<br />
et zitelle, et ieri, alla sua villa, fece fare un ballo, per le quali cose non vi è dubbio che<br />
non abbia, la santità vostra, occasione <strong>di</strong> levarlo <strong>di</strong> qua.
I <strong>di</strong>sgusti che cerca darmi non possono procedere da altro che dalla sua mala natura,<br />
poiché piutosto dovria avermi obligo, ché, quando ero governatore <strong>di</strong> Roma, feci<br />
carcerare un prete <strong>di</strong> Cosenza che si <strong>di</strong>ceva compositore d’una lettera che conteneva<br />
contro Monsignore cose enormi, et qui mi escusai quando la Sagra Congregatione mi<br />
mandò un memoriale della sua prattica con una monaca, acciò ne formassi processo.<br />
Io supplico, per mia <strong>di</strong>gnità, vostra beatitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> concedermi facoltà <strong>di</strong> punir gli<br />
ecclesiastici che hanno commesse le insolenze riferte, ancorché alcuno fosse<br />
famigliare dell’arcivescovo, et ch’egli, per schivar il vero processo, ne abbia<br />
cominciato uno a suo modo, et similmente, umilmente, la supplico a far ora venire a<br />
Roma Monsignore arcivescovo, talché non torni qua, et se a vostra beatitu<strong>di</strong>ne, per<br />
alcun rispetto, paresse che non convenissero queste <strong>di</strong>mostrationi, in tal caso, con<br />
ogni maggior umiltà et efficacia, la supplico a mandare a me or<strong>di</strong>ne et licenza <strong>di</strong><br />
venire a Roma et levarmi <strong>di</strong> qua così presto che non vi sia tempo che, con l’esempio<br />
passato, io riceva altro <strong>di</strong>sgusto, ché in tal maniera preserverò quell’onore e<br />
riputatione<br />
313<br />
che con tanta fatica ho sostentata per tutta la mia vita, et che vostra beatitu<strong>di</strong>ne con<br />
tanta benignità mi ha accresciuta.<br />
Et anco provederò che le inquietu<strong>di</strong>ni che provengono da questo Monsignore non mi<br />
abbrevino la vita, la quale debbo conservare quanto più posso, per impiegarla ne’<br />
commandamenti et servitii <strong>di</strong> vostra santità.<br />
Monsignore arcivescovo mi ha scritta una lettera <strong>di</strong> congratulatione della mia venuta<br />
qua, senza minima scusa né dell’incontro, né delle cose seguite.<br />
Non lascerò <strong>di</strong> aggiungere che il signor duca ha sentito malissimo questo caso, et <strong>di</strong>ce<br />
apertamente volerci efficace rime<strong>di</strong>o, per <strong>di</strong>gnità non solo mia, ma anco del Sagro
Collegio, et, per esempio <strong>di</strong> tutto il stato, <strong>di</strong> doversi portar rispetto a vostra santità<br />
anco nelle persone de’ suoi ministri, et massime car<strong>di</strong>nali.<br />
Et pregando a vostra beatitu<strong>di</strong>ne dal signore Dio longo corso d’anni et ogni maggior<br />
felicità, riverentemente et umilmente li bacio i santissimi pie<strong>di</strong>.<br />
vij <strong>di</strong> agosto 1626<br />
Ricevute che ebbi martedì le lettere <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, avvisai al signor<br />
duca che da lei mi era rescritto non aver fondamento ve=<br />
314<br />
runo <strong>di</strong> verità l’avviso, giunto a Sua Altezza nella gazzetta, circa la collatione della<br />
Prefettura <strong>di</strong> Roma; non mi ha anco data risposta, ma son certo che n’avrà sentito<br />
molto contento.<br />
Ho inteso dal signor Oratio Albani che il mercante che serve in mandare le gazzette al<br />
signor duca si chiama Bernar<strong>di</strong>no Tad<strong>di</strong>ni, che sta in Parione 114 al vicolo de’<br />
Savelli. 115<br />
Et umilmente<br />
Ho ricevuti i brevi delle gratie concesse da Nostro Signore alla città <strong>di</strong> Gubbio, et gli<br />
ho inviati a quel magistrato; son certo che apporteranno molto contento a tutta la<br />
città, cominciando ad esperimentare la benignità <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
114 Nome del sesto rione <strong>di</strong> Roma.<br />
115 Ancora oggi esistente, e situato non lontano da Piazza Navona.
Ho anche avuti i fogli appartenenti alli sospetti dati dai fiorentini nel Monte Feltro, et<br />
può essere che le scuse siano vere, ma si potria <strong>di</strong>re qualche cosa in contrario, et<br />
essendo materie così gelose faranno bene a non dare simili ombre.<br />
Ringratio Vostra Signoria Illustrissima del favor che mi fa communicandomi la parte<br />
data a Nostro Signore dal re cattolico della pace conclusa fra le due corone, et del<br />
pensiero <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne in quel che li appartiene per l’esecutione <strong>di</strong> essa.<br />
Et rallegrandomi con Sua Santità del buon principio del quarto anno nel pontificato,<br />
prego il signore Dio che gliene conceda, con l’istessa sanità e piena<br />
felicità, longo numero <strong>di</strong> molti e molt’altri.<br />
Et con ciò umilmente<br />
315<br />
Il signor duca ha mandato qua il Leonelli, suo gentiluomo, a complir meco<br />
nell’occasione della mia venuta ad <strong>Urbino</strong>; mi ha anco scritto un altra lettera intorno<br />
al poco rispetto mostrato da questi chierici nell’occasione delle campane, la quale io<br />
ho stimato bene mandare alligata a Vostra Signoria Illustrissima.<br />
Monsignore arcivescovo ha levata l’elemosina che dava a’ padri <strong>di</strong> San Francesco de’<br />
Zoccolanti, perché sonarono le campane al mio arrivo.<br />
Egli tornò l’altro ieri <strong>di</strong> villa, e fece un grand’invito <strong>di</strong> popolo per venirmi a visitare,<br />
e poi mandò il segretario a <strong>di</strong>rlo; gli fu risposto che ero impe<strong>di</strong>to, e così fu detto<br />
un’altra volta che ci rimandò.<br />
Io ho creduto convenir per <strong>di</strong>gnità mia non ricevere sua visita, né parlar seco in alcun<br />
luogo, perché mi ha mostrato così poco rispetto et animo inimico, che non vi è più<br />
luogo alla simulatione già raccordata, et in tale occasione saria venuto con una torma
grande, et forsi avria parlato insolentemente, et ci saria poi convenuta la mia visita,<br />
che, seben privata et in zimarra, pur m’avviliva, andando in casa sua dopo tanto<br />
sprezzo.<br />
Questa risolutione è approvata et lodata da tutta la città, la quale communemente non<br />
l’ama, sebene con qualcuno,<br />
316<br />
per il fomento dell’au<strong>di</strong>enza et per le corrutele de’ donativi e <strong>di</strong> qualche autorità; et il<br />
signor duca et tutta la sua corte ho [i. e. ha] mostrato gran<strong>di</strong>ssimo gusto <strong>di</strong> questo<br />
poco <strong>di</strong> risentimento, aspettandosi da tutti et più da me il debito risentimento <strong>di</strong><br />
Nostro Signore, senza il quale non mi saria in modo alcuno permesso, per la<br />
riputatione e quiete et vita mia, restare in questo stato, siccome ho rappresentato a<br />
Sua Santità.<br />
Et umilmente<br />
Intendendo l’ar<strong>di</strong>re <strong>di</strong> questa chieresia, 116 fomentata da Monsignore arcivescovo, o<br />
perché non ha modo <strong>di</strong> governare, o per dominare la città in <strong>di</strong>spetto mio, mi sono a<br />
posta in publico lasciato intendere che è vero quel che <strong>di</strong>cono, che non ho autorità<br />
sopra <strong>di</strong> loro stando qui come giu<strong>di</strong>ce secolare, ma che potrò ben rime<strong>di</strong>are all’altro<br />
vanto che si danno <strong>di</strong> non mi temere, perché farò pigliare alcuni <strong>di</strong> essi, come si può<br />
dal giu<strong>di</strong>ce secolare, ad effetto <strong>di</strong> consegnarli al suo superiore, che è Nostro Signore<br />
non meno dell’arcivescovo, e li manderò a Roma a Torre <strong>di</strong> Nona, 117 acciocché Sua<br />
Beatitu<strong>di</strong>ne gli facci giu<strong>di</strong>care e punire.<br />
116 Termine con il quale anticamente si faceva riferimento al clero.<br />
117 Antica torre me<strong>di</strong>evale che, al momento in cui scriveva il <strong>Gessi</strong>, ospitava le carceri; 24 anni dopo, nel 1650, quando<br />
vennero realizzate le c. d. Prigioni Nuove, la torre venne trasformata in teatro.
Questo ragionamento publicato ha fatto buon’effetto, perché hanno cominciato ad<br />
avere qualche timore, et Monsignore arcivescovo ha fatto subito un bando, che non<br />
portino armi: credo che con effetto ne mandasse qualcheduno a Roma;<br />
317<br />
opereria anco meglio, ma non vorrei che fosse cosa che <strong>di</strong>spiacesse a Sua<br />
Beatitu<strong>di</strong>ne, avendo sempre mira <strong>di</strong> conformarmi in tutto quello che possa alla sua<br />
volontà.<br />
Et umilmente<br />
Credo che sia servitio <strong>di</strong> Nostro Signore il rappresentarsi da me alcuna cosa alla<br />
quale, con l’autorità <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, si può provedere in utile <strong>di</strong> questo governo,<br />
onde ora riferirò essere in <strong>Urbino</strong> alcuni fratelli de’ Bonaventuri che sono li maggiori<br />
contrari che io ci abbi, et più ardenti <strong>di</strong> tutti in sollevare il popolo per il particolare<br />
dell’au<strong>di</strong>enza perpetua.<br />
Il signor Giovanni Battista, uno <strong>di</strong> essi, che pretende entrare al servitio del signor don<br />
Carlo, fratello <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, è stato sempre pertinacissimo nel fatto<br />
dell’au<strong>di</strong>enza, né si è mutato, sebene io gli ho fatte delle gratie; et ultimamente ha<br />
cercato <strong>di</strong> persuadere a tutti che non m’incontrino né faccino alcun onore, <strong>di</strong>cendo<br />
che in tal maniera Sua Beatitu<strong>di</strong>ne avria levato me da questo governo et messoci un<br />
prelato che poi staria in <strong>Urbino</strong> et ha gridato et esclamato contro quelli che sono <strong>di</strong><br />
miglior mente, et ora <strong>di</strong>ce che la città per questo è rovinata.<br />
L’archi<strong>di</strong>acono d’<strong>Urbino</strong>, suo fratello, ch’è vicario <strong>di</strong> Monsignore arcivescovo, si è<br />
portato malissimo in questo mio ingresso, et è stato causa principale<br />
dell’impe<strong>di</strong>mento del=
le campane.<br />
318<br />
Credo che pur egli abbia qualche pretensione in Roma, et se questi, così<br />
scopertamente contrari, si vedessero gratiati et favoriti, si correria pericolo che gli<br />
altri gli imitassero in queste male attioni, et converria a loro una buona riprensione,<br />
che segli riferisse dal padre teatino loro fratello, et – se fosse possibile – che le fosse<br />
fatta da Nostro Signore istesso, poiché non si vergognano, il signor Giovanni Battista<br />
et altri <strong>di</strong> questi pertinaci, <strong>di</strong>re che la lettera che ha scritta Vostra Signoria<br />
Illustrissima sia invenzione dell’illustrissimo signor car<strong>di</strong>nale Magalotto.<br />
Mentre io mi ritrovo in questo governo, saria utile, se così piacesse a Nostro Signore<br />
et a Vostra Signoria Illustrissima, che credessero i Bonaventuri che l’avviso fosse<br />
venuto da altri, acciò non piglino maggior senso verso <strong>di</strong> me.<br />
Et umilmente<br />
x <strong>di</strong> agosto 1626<br />
Siccome dopo il ritorno <strong>di</strong> Monsignore arcivescovo da Roma ho <strong>di</strong>ssimulato, secondo<br />
la mente <strong>di</strong> Nostro Signore, le tante sue calunnie, così ero <strong>di</strong>sposto <strong>di</strong> fare venendo ad<br />
<strong>Urbino</strong> et <strong>di</strong> trattar seco con ogni amorevolezza.<br />
Ma egli ha scoperto animo così ostile e fraudolente con pessimi termini, che saria<br />
stata una viltà estrema, et avrei perse non solo la riputatione car<strong>di</strong>nalitia, ma anche<br />
quella <strong>di</strong> prima se avessi <strong>di</strong>ssi=<br />
319<br />
mulate affatto tante ingiurie, ricevendolo in casa con un grosso corteggio che aveva<br />
preparato, et avria trionfato in presenza mia, et resosi <strong>di</strong> maggior maestà appresso il
popolo, et io mi sarei affatto avvilito, massime andando poi – seben privatamente – in<br />
casa sua, e mi avriano abbandonato quei gentiluomini che tengono per me, che con<br />
quel poco <strong>di</strong> risentimento si ravvivorno, et così appresso tutta la città acquistai<br />
riputatione; et più a Castel Durante, <strong>di</strong> dove il signor duca mi aveva mandato a <strong>di</strong>re<br />
che pensassi bene <strong>di</strong> ricevere questa visita, per il che supplico Nostro Signore et<br />
Vostra Signoria Illustrissima ad escusarmi, se non ho usata – in questo –<br />
<strong>di</strong>ssimulatione, poiché in fatto non era possibile senza perdere qui tutto il cre<strong>di</strong>to et<br />
onore, che a me è più caro della vita.<br />
Et umilmente<br />
Rendo le debite gratie a Nostro Signore <strong>di</strong> avermi onorato dell’autorità <strong>di</strong> far punire<br />
gli ecclesiastici che fecero l’insulto nel giorno del mio ingresso in <strong>Urbino</strong> prima che<br />
abbia avuta la lettera nella quale <strong>di</strong> questo supplicavo per mantener qui la mia<br />
reputatione nel servitio <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
Ier mattina si or<strong>di</strong>nò la cattura <strong>di</strong> cinque <strong>di</strong> essi, ma solo due dei più se<strong>di</strong>tiosi si sono<br />
potuti sino ad ora avere, che – per non esser qui le carceri sicure – furono mandati<br />
alla rocca <strong>di</strong> Pesaro.<br />
Ho chiamato qua il vicario<br />
320<br />
<strong>di</strong> Monsignore vescovo <strong>di</strong> Fossombrone, per deputarlo in questa causa, la quale si<br />
tratterà con li debiti e convenienti termini, e non solo non <strong>di</strong>spiace alla città, ma li dà<br />
gusto, massime per l’insolenza che usava con molti uno de’ carcerati, caminando con<br />
armi proibite per la pretensione che aveva della famigliarità <strong>di</strong> Monsignore<br />
arcivescovo; ho anche cercato che la nobiltà et l’istesso gonfaloniero, sebene è il<br />
Giusti, parziale <strong>di</strong> Monsignore arcivescovo, restino persuasi della so<strong>di</strong>sfattione et
uona volontà che continuo <strong>di</strong> avere verso tutta la città, il qual termine <strong>di</strong><br />
amorevolezza io non tralascio, et fa qualche buon effetto, ma miglior effetto, secondo<br />
la natura <strong>di</strong> questo popolo, ci fa il timore che riceve della giusta mortificatione <strong>di</strong><br />
qualcheduno.<br />
Monsignore arcivescovo fece metter fuori, dopo la cattura sudetta, una citatione<br />
contro il podestà et esecutori, ma io li mandai la lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria<br />
Illustrissima per l’avvocato fiscale, et, sebene ci fu qualche <strong>di</strong>fficoltà in darla, pure la<br />
ricevé et lesse, et fece levare la detta citatione.<br />
Et umilissimamente<br />
Aggiunta <strong>di</strong> propria mano.<br />
Di Vostra Signoria Illustrissima ora intendo che Monsignore manda a Roma un suo<br />
famigliare che <strong>di</strong>cono essere anche lui <strong>di</strong> pessime qualità, seminatore <strong>di</strong> simili<br />
zizzanie, et stette un pezzo carcerato in Cosenza, et dall’arcivescovo istesso vien<br />
chiamato con sopranome <strong>di</strong> Calvino, così supplico Nostro Signore et Vostra Signoria<br />
Illustrissima ad esser certi che le<br />
321<br />
mie relationi sono e saranno sempre sincerissime, nonostante ogni <strong>di</strong>scorso che<br />
altrimenti da costui si facesse, et a continuare la protettione che hanno della mia<br />
reputatione, ch’è loro propria, come <strong>di</strong> suo servitore e creatura.<br />
14 d’agosto 1626<br />
La cavalleria napolitana in questo tempo avrà cominciato a passar da Pesaro et<br />
Sinigaglia, et saranno 800 cavalli in sette truppe.
Si sono dati or<strong>di</strong>ni bonissimi in modo che non vi è dubbio che non abbi il tutto a<br />
succedere quietamente e felicemente, com è successo l’altre volte.<br />
È morto il capitano Gaddo Accoramboni, eugubbino, ch’era governatore dell’armi in<br />
Pesaro; io ho dato quel carico al capitano Michel – Angelo Biliar<strong>di</strong> da Sinigaglia,<br />
ch’è soggetto onoratissimo, et son certo che l’esercitarà con ogni fedeltà e <strong>di</strong>ligenza.<br />
Questa mattina sarà in Pesaro a pigliarne il possesso, avendo ieri qui prestato in mano<br />
mia il solito giuramento, del quale manderò, per il seguente or<strong>di</strong>nario, instrumento<br />
autentico, siccome anco manderò l’instrumento del giuramento del conte Pietro<br />
Gabrielli, soggetto nobile et onoratissimo, al quale ho dato il commando delle militie<br />
<strong>di</strong> Gubbio, che aveva il<br />
medesimo Accoramboni.<br />
Et umilissimamente<br />
322<br />
Monsignore arcivescovo d’<strong>Urbino</strong> ha mandato il segretario a presentare una sua<br />
lettera, sopra la visita che voleva farmi, al signor duca.<br />
La lettera si è ricevuta senza ammettersi il segretario a parlare a Sua Altezza, che poi<br />
l’ha mandata a me con scrivermi molto cortesemente, né all’arcivescovo ha data<br />
risposta alcuna.<br />
Intendo che Monsignore ora <strong>di</strong>ce che le campane non si dovevano sonare poiché il<br />
cerimoniale non lo commanda, neanco lo vieta, et per l’uso s’osserva che ad un<br />
car<strong>di</strong>nale che per la prima volta dopo il car<strong>di</strong>nalato venga a fermarsi qui nel suo<br />
governo per alcun tempo si faccia tal onore, ancorché non si facesse a car<strong>di</strong>nali <strong>di</strong><br />
passaggio.
Et l’errore maggiore è la proibitione del suono che fu fatta dagli ecclesiastici con<br />
arme anche proibite et con serrare e fortificare il campanile, resistere alla corte et<br />
atterrire il popolo nel suo applauso con minaccie et altri sprezzi che non dovevano<br />
farsi né or<strong>di</strong>narsi contro un car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> santa Chiesa, che appariranno, almeno in<br />
parte, nel giusto processo che se ne fa per l’autorità e gratia <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
Et umilissimamente<br />
323<br />
Intendo che Monsignore arcivescovo si duole che <strong>di</strong> due carcerati uno sia suo<br />
famigliare, sopra <strong>di</strong> che io supplico Nostro Signore et Vostra Signoria Illustrissima<br />
con ogni umiltà et efficacia che l’autorità et commissione datami sopra i delinquenti<br />
in quel fatto non mi sia <strong>di</strong>minuita, ma, com’è generale, così somprenda tutti, et se Sua<br />
Santità si è compiacciuta <strong>di</strong> derogare al privilegio che hanno <strong>di</strong> ragione comune gli<br />
ecclesiastici, abbia anche per derogato a quest’altr’uso o rispetto che talora si porta a’<br />
vescovi che lo meritano.<br />
Questo giovane preso è <strong>di</strong>scolo, et fu inquisito <strong>di</strong> un delitto anche prima che avesse la<br />
parte da Monsignore, ma io non volsi allora contendere, et dopo ha anche fatta un<br />
altra resistenza alla corte, et con il caldo 118 <strong>di</strong> Monsignore teneva tutta la città<br />
inquieta, e quando, in questo soggetto et in altri <strong>di</strong> quelli che sono preti o per l’istessa<br />
causa principale si pigliaranno, vi fosse <strong>di</strong>fficoltà per simili eccettioni, io supplico<br />
Vostra Signoria Illustrissima a non scriver cosa in mio pregiu<strong>di</strong>tio, perché io<br />
mandarò, et se bisognasse verrei in persona, a parlarne per la mia reputatione a<br />
Nostro Signore et Vostra Signoria Illustrissima, alla quale umilmente ecc.<br />
324<br />
118 Anticamente il sostantivo ‘caldo’ significava, in senso figurato, protezione, aiuto, favore.
Ho ricevuta, in questi miei <strong>di</strong>sgusti, che senza ragione mi sono qui dati, molta<br />
consolatione dall’umanissima lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, et son certo de’<br />
buoni uffici et ammonitioni fatte a Monsignore arcivescovo acci[ò] si porti bene<br />
meco, et mentre l’ha estimate così poco tanto più conviene che se ne veda<br />
risentimento.<br />
Et, poiché <strong>di</strong> nuovo Vostra Signoria Illustrissima m’impone <strong>di</strong> rappresentare mo<strong>di</strong><br />
per l’opportuna provisione a questi inconvenienti, io <strong>di</strong>rò <strong>di</strong> ricordarmi che<br />
Monsignore Ferrerio, arcivescovo d’<strong>Urbino</strong>, per non aver salutato, riverentemente<br />
fermandosi, il signor duca, fu chiamato a Roma <strong>di</strong> estate, et longo tempo tenuto fuor<br />
della Chiesa, finché morì in Avignone.<br />
Monsignore Gui<strong>di</strong>ccione, vescovo <strong>di</strong> Lucca, et Monsignore Farnese, vescovo <strong>di</strong><br />
Parma, non vi essendo la decima parte delle cause che qui sono, furno tenuti longo<br />
tempo fuori delle loro chiese con mandarli vicari apostolici, et altri molti se ne sono<br />
spe<strong>di</strong>ti dalla Sacra Congregatione in vari luoghi senz’altri processi, i quali poi meglio<br />
si formano o dall’istessi vicari o d’alcun commissario con l’aiuto loro.<br />
Una simile provisione saria qui opportunissima senza <strong>di</strong>latione, altrimenti<br />
cresceranno le se<strong>di</strong>tioni et i tumulti, et io sarò necessitato partire da questo stato per<br />
non ci perdere, come con le altre ho scritto, la reputatione et – per la continua<br />
inquietu<strong>di</strong>ne – anche la vita, confidando che a Nostro Signore non <strong>di</strong>spiacerà che io<br />
mi preservi in suo servitio.<br />
Et umilmente ecc.<br />
325<br />
Il vicario <strong>di</strong> Monsignore vescovo <strong>di</strong> Fossombrone, che venne qua chiamato da me per<br />
deputarlo nella causa delle insolenze usate da questi ecclesiastici, per l’età, et altri
suoi rispetti, 119 si scusò, onde io ho chiamato il dottor Sinibal<strong>di</strong> da Fossombrone, che<br />
ha esercitati alcuni vicariati et è in concetto <strong>di</strong> buon soggetto, et l’ho deputato.<br />
Egli attende alla causa, ma li delinquenti sono in fuga, et molti si sono salvati in<br />
alcune stanze del capitolo annesse alla Chiesa o nel campanile.<br />
È dubbio fra’ dottori se gli ecclesiastici go<strong>di</strong>no immunità in tali luoghi, io però<br />
abbonderò sempre in riverenza della Chiesa et rispetto a Nostro Signore supplicando<br />
per la facoltà <strong>di</strong> far pigliare gli ecclesiastici in questa causa in luoghi immuni, che poi<br />
or<strong>di</strong>nerò le catture con ogni circospettione et modestia.<br />
Monsignore arcivescovo fa donativi in abbondanza a’ carcerati, invigila <strong>di</strong> chi<br />
l’esamina, et vuole parlarli, <strong>di</strong>fficulta 120 quanto può la causa, et continua a mostrare la<br />
pessima sua volontà et l’interesse che ha nella causa.<br />
Et umilmente<br />
17 d’agosto 1626<br />
326<br />
Mando alligati gl’instromenti publici <strong>di</strong> giuramenti che hanno prestati in mano mia il<br />
capitano Michel – Angelo Biliar<strong>di</strong> per il governatorato delle armi <strong>di</strong> Pesaro et il conte<br />
Pietro Gabrielli per il capitanato della militia <strong>di</strong> Gubbio.<br />
Non ho avute in questo spaccio lettera [i. e. lettere] <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima,<br />
alla quale umilmente<br />
119 Timori, preoccupazioni, <strong>di</strong>ffidenze.<br />
120 Diffucultare è un antico verbo transitivo che significa rendere <strong>di</strong>fficile qualcosa, frapporre ostacoli a qualcosa.
Ho cercato, trattando amorevolmente e facendomi vedere nel celebrare in varie<br />
chiese, guadagnar l’animo <strong>di</strong> questo popolo con far anche crescere il pane, et<br />
nell’uscire che faccio mi mostrano riverenza, ma – in ogni modo – vi sono delle<br />
<strong>di</strong>fficoltà et de’ pericoli che meglio in fatto si vedono che si spieghino in carta, o si<br />
cre<strong>di</strong>no <strong>di</strong> lontano.<br />
Sebene ho detto ad un capuccino che me ne parlò che con la città, magistrato et nobili<br />
non ho <strong>di</strong>sgusto alcuno per le cose avvenute nel dì che arrivai qua, e l’istesso<br />
confirmò l’avvocato fiscale al confaloniero, non<strong>di</strong>meno mi è riferto, da persone gravi<br />
che molti <strong>di</strong> questi, che sono male affetti et de’ principali, et hanno trattato il negotio<br />
dell’au<strong>di</strong>enza, sono pieni <strong>di</strong> timore d’esser nominati come complici o mandanti <strong>degli</strong><br />
ecclesiastici che si processano, et dubitano, se non ora un altra volta, esser puniti, né<br />
<strong>di</strong> me si fidano, anzi mi o<strong>di</strong>a=<br />
327<br />
no, perché in conscienza loro sanno <strong>di</strong> avermi offeso, et <strong>di</strong>scorrono, con l’occasione<br />
<strong>di</strong> alcuna carceratione, o <strong>di</strong> non avere da me quel che vogliono nel negotio<br />
dell’au<strong>di</strong>enza, ch’è una precisa promessa <strong>di</strong> tenerla qui almeno per otto mesi, <strong>di</strong><br />
sollevare il popolo anche con le campane per condurlo a Castel Durante ad esclamare<br />
al signor duca, o perché si spinga ad alcuno insulto contro <strong>di</strong> me, il che qui non saria<br />
cosa nuova, sapendosi tante altre sollevationi con la morte anche <strong>di</strong> un duca, che<br />
spesso qui si ricorda, 121 e Monsignore arcivescovo suggerisce simili pensieri con <strong>di</strong>re<br />
che Spinola fu lapidato in Perugia, Zappata a Napoli, et io qui sarò il terzo, et ho per<br />
verisimile che ecciti o fomenti li pensieri che ho riferti, poiché il Giusti, ch’è<br />
confaloniero, è tutto suo et continuamente seco prattica.<br />
121 Il riferimento è con tutta evidenza a Oddantonio da Montefeltro, primo Duca <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>, il quale - dopo due soli anni<br />
<strong>di</strong> governo – venne ucciso da alcuni congiurati penetrati all’interno della sua residenza nella notte tra il 21 e il 22 luglio<br />
1444.
Vi è anco qui gran pericolo <strong>di</strong> questi ecclesiastici fuggitivi e <strong>di</strong>sperati, che si<br />
trattengono per queste chiese et chiostri, onde vivo molto travagliato et in continua<br />
inquietu<strong>di</strong>ne, et resto confuso vedendo che non giova il far processo né il non farlo, et<br />
in questi termini per le speranze che pretendono da Roma per quel che <strong>di</strong>cono <strong>di</strong><br />
credere, che Nostro Signore, per godere questa città e suo possesso, gli sia per<br />
concedere ogni gratia et impunità, e se hanno da esser puniti vogliono che sia per<br />
essersi ven<strong>di</strong>cati <strong>di</strong> quest’au<strong>di</strong>enza per la pessima volontà <strong>di</strong> questi che governano il<br />
con=<br />
328<br />
seglio, et per il desiderio straor<strong>di</strong>nario che ha il popolo <strong>di</strong> quest’au<strong>di</strong>enza, conosco <strong>di</strong><br />
esser qui in molto pericolo, trovandomi senza alcuna guar<strong>di</strong>a, che neanco si può<br />
pigliare sicuramente da questa militia, e non spero poter reggere con quiete et onore<br />
questa città, et stimo più che necessario che Sua Beatitu<strong>di</strong>ne levi da questa Chiesa<br />
l’arcivescovo che turberà sempre ogni governo, et man<strong>di</strong> in mio luogo un’altro del<br />
quale confido che caverò la deputazione dal signor duca mentre sarò in questo stato; a<br />
questo nuovo soggetto, non essendovi con esso i <strong>di</strong>sgusti che sono con me, riuscirà<br />
forsi meglio il governo.<br />
Ho pensato fra due o tre giorni andare nel Monte Feltro e poi anche in qualche altro<br />
luogo per continuare la visita in servitio publico, et volontieri prendo questa<br />
occasione per levarmi dall’inquietu<strong>di</strong>ne et pericoli sopradetti, sebene non <strong>di</strong>co né<br />
scrivo particolarmente le cose sudette ad altri che a Vostra Signoria Illustrissima, alla<br />
quale umilmente<br />
Ieri un <strong>di</strong>acono urbinate levò et ruppe un arma mia, che aveva un suo fratello secolare<br />
messo sulla porta commune fra <strong>di</strong> loro.
È intrinseco <strong>di</strong> Monsignore arcivescovo et forsi l’ha fatto con il conseglio <strong>di</strong> lui, che<br />
non posso <strong>di</strong>rlo <strong>di</strong> certo, è uno <strong>di</strong> quelli che intervennero al<br />
329<br />
fatto delle campane, et si saria carcerato se l’arcivescovo non l’avesse tenuto parte in<br />
casa sua et parte nel convento <strong>di</strong> questi frati conventuali.<br />
Io non ho autorità <strong>di</strong> punirlo <strong>di</strong> questo fatto; se Nostro Signore me la darà, deputarò<br />
l’istesso commissario dell’altra causa.<br />
Et umilmente<br />
xx d’agosto 1626<br />
Pensavo <strong>di</strong> conferirmi nel Monte Feltro finché la stagione è buona, per vedere San<br />
Leo et <strong>di</strong>vertire dalli continui <strong>di</strong>sgusti che qui ho avuti et da infinite relationi et<br />
calunnie, ma intesi <strong>di</strong>spiacer molto alla città la mia partita, et il confaloniero venne da<br />
me a nome publico a <strong>di</strong>r questo senso comune, et così il molto <strong>di</strong>sgusto che tutti<br />
avevano sentito del caso dell’arma rotta.<br />
Io lo ringratiai dell’ufficio et me <strong>di</strong>sposi per ora non muovermi <strong>di</strong> qua, cercando<br />
tuttavia guadagnare gli animi tanto de’ nobili quanto del popolo.<br />
Si proseguisce la causa contro gli ecclesiastici, ma con molta destrezza nelle<br />
carcerationi, et piutosto tralasciandole che si corra pericolo della sollevatione <strong>di</strong> che<br />
me si motivava.<br />
Et quanto alli otto mesi dell’au<strong>di</strong>enza che si domandavano, io ho risposto con gran<br />
termine <strong>di</strong> cortesia, mostrando la mia buona volontà <strong>di</strong> consolare la città in quello che<br />
io possa, ma scusandomi <strong>di</strong> non poter pro=
330<br />
mettere precisamente né quelli né altri mesi, non sapendo la mente <strong>di</strong> Nostro Signore<br />
et anco del signor duca, i quali non avrei voluto in questo <strong>di</strong>sgustare, et in somma<br />
tanto ho detto (con usare anche qualche broglio) che la risposta non si è male intesa,<br />
né vi è stato altro rumore, massime che ho data so<strong>di</strong>sfatione in cosa che a niuno<br />
pregiu<strong>di</strong>ca, con far <strong>di</strong>chiaratione che la <strong>di</strong>mora mia o dell’au<strong>di</strong>enza fuori <strong>di</strong> questa<br />
città non pregiu<strong>di</strong>chi alle ragioni che pretenda aver essa città della continua au<strong>di</strong>enza,<br />
ma le dette ragioni si preservino quali sono.<br />
Pare che giovi assai a moderare quelli che sogliono esser contrari l’opinione ferma<br />
che hanno che presto abbia da essere rimosso da questa Chiesa l’arcivescovo, e, se<br />
non se ne vedrà altro effetto, le cose anderanno in peggio, e niuno vi è che in tal caso<br />
non abbia per necessario et escusabile il mio ritorno a Roma.<br />
Non s’intende che in lui sia pensiero alcuno <strong>di</strong> domandare licenza <strong>di</strong> venire a Roma,<br />
né <strong>di</strong> partire <strong>di</strong> qua; aspetta bene con ansietà che io me ne parta per aver più libero<br />
campo <strong>di</strong> mettere ogni cosa sottosopra, et quando l’altr’ieri io <strong>di</strong>ssi d’andare nel<br />
Monte Feltro, cominciò a giubilarne, e mandò l’avviso ad un monastero ove sono le<br />
sue favorite, et il Calvino, tornato allora da Roma, <strong>di</strong>sse che io partivo per l’or<strong>di</strong>ne<br />
ch’egli aveva portato<br />
che io me ne andassi.<br />
331<br />
Il che Vostra Signoria Illustrissima sa che tanto è vero quanto io so esser false tutte le<br />
altre cose da lui dette in Roma.<br />
Et umilmente
Copia della sopradetta <strong>di</strong>chiarazione<br />
Avendo noi <strong>Berlingiero</strong> car<strong>di</strong>nale <strong>Gessi</strong> inteso dal padre fra Giusto da Santo Giusto,<br />
capuccino, desiderarsi dalla città d’<strong>Urbino</strong> una nostra <strong>di</strong>chiaratione che quando da noi<br />
o dall’au<strong>di</strong>enza si <strong>di</strong>mora in altre città o luoghi dello stato del serenissimo signor<br />
duca, ciò non possa né debba pregiu<strong>di</strong>care in cosa alcuna alle ragioni che la detta città<br />
asserisce <strong>di</strong> avere, che l’au<strong>di</strong>enza sudetta stia per tutto l’anno in <strong>Urbino</strong>, et essendo<br />
noi desiderosi <strong>di</strong> non pregiu<strong>di</strong>care in veruna cosa a questa nobilissima città e sue<br />
ragioni, anzi, in quello che <strong>di</strong>pende da noi et che ci sia possibile, gratificarla, perciò<br />
in virtù della presente <strong>di</strong>chiariamo non essere nostra intentione né volontà, con<br />
trattenerci per molto o poco tempo una o più et più volte noi o l’au<strong>di</strong>enza fuori<br />
d’<strong>Urbino</strong> in altre città e luoghi, che da ciò abbia da risultare alcun pregiu<strong>di</strong>tio né<br />
<strong>di</strong>minutione delle ragioni <strong>di</strong> essa città d’<strong>Urbino</strong> sopra la continua residenza<br />
dell’au<strong>di</strong>enza in detta città in petitorio o in possessorio, ma che le restino tutte le sue<br />
ragioni illese nella sua forza et vigore.<br />
Et in fede <strong>di</strong> ciò abbiamo sotto=<br />
scritta <strong>di</strong> propria mano et fatto sigillare la presente con il nostro solito sigillo.<br />
Data in <strong>Urbino</strong> a XIX d’agosto 1626.<br />
332<br />
XXI d’agosto 1626<br />
Ier mattina riferii, con un’altra mia, come qui le cose erano in miglior stato che<br />
quando scrissi per l’or<strong>di</strong>nario passato: ora aggiungerò con questa che vi è augumento<br />
notabile in bene.
Il signor duca, inteso il fatto dell’arma rotta et i <strong>di</strong>scorsi d’alcuni che sono <strong>di</strong> quelli<br />
che scrissi il spaccio passato, mando [i. e. mandò] ieri ad <strong>Urbino</strong> a posta il signor<br />
Tarquinio Urbani, 122 suo segretario et consigliero, esortando questo publico, con sue<br />
lettere e per la voce <strong>di</strong> esso Urbani, a quietarsi, onorarmi et rimettersi a me; il quale<br />
ufficio fu benissimo inteso dal magistrato e dal publico et aggiunto alla buona<br />
<strong>di</strong>spositione che si era andata acquistando da me nel conseglio tenuto, fu risoluto <strong>di</strong><br />
ringratiare Sua Altezza et che venisse a me il magistrato, accompagnato da buon<br />
numero de’ citta<strong>di</strong>ni ad esibirmi ogni ossequio et osservanza publica, sicome venne et<br />
fu ricevuto cortesemente con farli alcune gratie, dependenti dal mio arbitrio, che mi<br />
domandò.<br />
Ha giovato, oltre l’autorità del signor duca, a<br />
333<br />
<strong>di</strong>sporre gli animi, il caso dell’arma rotta, che mosse a sdegno tutta la città, et il<br />
pensiero ch’ebbi d’andare nel Monte Feltro, et l’essermene rimosso per dar<br />
so<strong>di</strong>sfattione alla città, secondo l’ufficio che meco passò il confaloniero a nome<br />
publico, et anco il termine che ho tenuto <strong>di</strong> uscire continuamente a celebrare in varie<br />
chiese, parlando cortesemente con tutti; et più d’ogn’altra cosa ha giovato, come<br />
scrivo nell’altra, l’esser ora <strong>di</strong>minuita l’autorità dell’arcivescovo, et il sdegno<br />
d’essersi inteso da Roma che il suo Calvino abbia incolpata la città delle cose passate.<br />
Dicono però qui communemente che, quando io sarò partito, s’egli vi rimarrà<br />
corrompendo e sollevando la plebe povera ch’entra nel conseglio, ridurrà le cose alle<br />
<strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> prima, et desiderano la sua partita.<br />
Et umilmente<br />
122 Il giurisperito Tarquinio Urbani proveniva da una famiglia <strong>di</strong> antica nobiltà <strong>di</strong> Monte San Martino (oggi comune<br />
marchigiano in provincia <strong>di</strong> Macerata).
Ho inteso da Pesaro che martedì alli 18 comparve la prima compagnia <strong>di</strong> novanta<br />
cavalli napolitani, et che il tutto passa con gran<strong>di</strong>ssima quiete e so<strong>di</strong>sfattione comune,<br />
secondo gl’or<strong>di</strong>ni da me dati, et che il principe d’Ascoli, generale <strong>di</strong> tutta la<br />
cavalleria, se ne veniva in carrozza et si credeva che saria in Pesaro<br />
ieri l’altro o ieri.<br />
334<br />
Sono avvisato dal Monte Feltro che, a mezzo il seguente mese, devono trovarsi a<br />
Sestino, terra lontana da San Leo <strong>di</strong>eci miglia, li commissari <strong>di</strong> Fiorenza per dar<br />
mostra e far rassegna generale <strong>di</strong> tutte le [spazio bianco] che sono <strong>di</strong> qua dall’alpi, le<br />
quali rassegne già ogni tre anni si facevano in detto luogo, ma saranno da cinque o<br />
più anni che non vi si sono fatte.<br />
Et umilissimamente<br />
24 <strong>di</strong> agosto 1626<br />
Nel trattarsi che questa città totalmente si quieti et rimetta a me per conto<br />
dell’au<strong>di</strong>enza, oltre la <strong>di</strong>chiaratione già fatta <strong>di</strong> non pregiu<strong>di</strong>carli con l’assenza mia o<br />
d’essa au<strong>di</strong>enza <strong>di</strong> qua, mi è stato detto, a nome publico, che grandemente si desidera<br />
che, morto il signor duca, io conduchi e tenghi qui l’au<strong>di</strong>enza sinché Nostro Signore<br />
or<strong>di</strong>ni quel che in questo proposito li piace, et che, dando io <strong>di</strong> questo sicura<br />
intentione, sarà quietata ogni cosa.<br />
Ho considerato che simile so<strong>di</strong>sfattione entreria senz’altra mia opera se Sua Altezza<br />
morisse nell’estate o mesi prossimi ne’ quali ho pensiero <strong>di</strong> tener qui l’au<strong>di</strong>enza, e<br />
negli altri mesi non saria <strong>di</strong>fficile il condurcela con il pretesto <strong>di</strong> venirci a piglia=
335<br />
re il possesso con ricevere i giuramenti come sarà necessario, ma non mi sono<br />
assicurato <strong>di</strong> darne parola espressa, non sapendo in ciò la mente <strong>di</strong> Nostro Signore, et<br />
me ne sono escusato.<br />
Mi ha poi il magistrato fatto sapere che la città è risoluta <strong>di</strong> ricorrere per ciò a Sua<br />
Beatitu<strong>di</strong>ne, e mi ha con efficacissima instanza ricercato <strong>di</strong> raccomandare a Sua<br />
Santità et a Vostra Signoria Illustrissima questo publico desiderio.<br />
Non ho stimato dover ricusare <strong>di</strong> scrivere la lettera <strong>di</strong> raccomandatione che sarà resa<br />
a Vostra Signoria Illustrissima, vedendo che simile ufficio conferisce grandemente a<br />
perfettionare la riconciliatione incominciata, et maggiormente la stabiliria se Nostro<br />
Signore stimasse conveniente non or<strong>di</strong>nare giacché morto il duca qui abbia da stare<br />
l’au<strong>di</strong>enza, che il so che – con somma prudenza – ciò non vuol fare, ma or<strong>di</strong>nare solo<br />
a me che se, succedendo il caso della vacanza non mi troverò in <strong>Urbino</strong>, ci venghi<br />
con l’au<strong>di</strong>enza per il possesso et giuramenti, con aspettare dopoi li suoi or<strong>di</strong>ni.<br />
Questa lettera basteria per il fine <strong>degli</strong> urbinati, che così avriano l’au<strong>di</strong>enza in quel<br />
tempo che desiderano, et non potriano le altre città dolersi che vi sia <strong>di</strong>chiaratione da<br />
Sua Santità in loro pregiu<strong>di</strong>tio, et mentre a Sua Beatitu<strong>di</strong>ne non piacesse <strong>di</strong> dare<br />
simil’or<strong>di</strong>ne, ma piutosto che qui si so<strong>di</strong>sfacesse da me al desiderio <strong>degli</strong> urbinati,<br />
quando sapessi esser tale la volontà <strong>di</strong> Nostro Signore, gli assicurarei <strong>di</strong> venir se non<br />
ci fossi nella<br />
vacanza a pigliar con l’au<strong>di</strong>enza il possesso, et aspettare gli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Sua Santità.<br />
336<br />
Non è il mio fine altro che il servitio <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, che mi pare che consista in<br />
avere la città quieta et obe<strong>di</strong>ente, come in tal maniera succederà.
Et umilissimamente<br />
Ho ricevuta la facoltà, che mi concede Nostro Signore, <strong>di</strong> procedere nella causa delle<br />
impertinenze commesse nel giorno che arrivai ad <strong>Urbino</strong> contro i famigliari <strong>di</strong><br />
Monsignore arcivescovo, nel che, se sarà in<strong>di</strong>tiato altro soggetto oltre quel che è<br />
carcerato, si procederà con ogni termine <strong>di</strong> ragione et giustitia.<br />
Et quanto all’altra facoltà de’ luoghi immuni, io me ne prevalerò se questi contumaci<br />
non saranno tutti usciti da questo paese con le debite circonspettioni et modestia, in<br />
modo che Sua Santità non avrà minima occasione <strong>di</strong> <strong>di</strong>spiacere <strong>di</strong> avermi onorato con<br />
queste gratie, delle quali le ne resto con infinito obligo, et così ringratio Vostra<br />
Signoria Illustrissima dell’intercessione e protettione sua.<br />
Et umilmente<br />
28 <strong>di</strong> agosto 1626<br />
Rendo umili gratie a Nostro Signore et a Vostra Signoria Illustrissima dell’onore et<br />
favore<br />
337<br />
che ho ricevuto con l’ultima facoltà datami, della quale mi valerò secondo le<br />
occorrenze con le debite circonspettioni.<br />
Il signor duca martedì si risentì un poco della podagra in un <strong>di</strong>to d’un piede, ma fu<br />
così poca cosa che non stette in letto, ma uscì <strong>di</strong> casa alla solita ricreatione.<br />
La notte seguente la podagra l’assalì nella spalla, arrivando il dolore per tutto il<br />
braccio et un poco nel petto, et stette mercordì et così ieri nel letto.
Si crede però che non sarà altro, et così mi ha detto il signor Giulio Od<strong>di</strong> urbinate,<br />
che ha servito per me<strong>di</strong>co il signor duca quattor<strong>di</strong>ci anni, et nel mese passato fu<br />
licentiato perché, sebene ammetteva i vomiti due volte il mese come soliti et utili a<br />
Sua Altezza, non voleva però acconsentire che facesse detto vomito una o due volte<br />
ogni giorno, come gle n’era venuto pensiero.<br />
Et umilissimamente<br />
All’ultimo d’agosto 1626<br />
La podagra ha continuato <strong>di</strong> travagliare il signor duca et giovedì notte non lo lasciò<br />
riposare, et l’assalì nell’altra spalla et in un <strong>di</strong>to della mano, et il venerdì <strong>di</strong>ceva<br />
dolersi tutta la vita, et in particolare che lo stomaco lo travagliava, et il me<strong>di</strong>co <strong>di</strong>sse<br />
che non aveva febre formata, ma che il polso era agitato assai per rispetto dei dolori.<br />
Sa=<br />
338<br />
bato et ieri s’intese che il male era allegerito.<br />
Quando Sua Altezza sarà riavuta mandarò il segretario a darli il breve, et farli<br />
testimonianza della molta so<strong>di</strong>sfattione che Nostro Signore ha ricevuta per l’ufficio<br />
passato con gl’urbinati, ma non farò trattare dell’au<strong>di</strong>enza dopo la sua morte, secondo<br />
il desiderio <strong>degli</strong> urbinati, perché se ne alteraria grandemente.<br />
Passerò l’ufficio impostomi con li medesimi urbinati, li quali ebbero la <strong>di</strong>chiaratione<br />
<strong>di</strong> non pregiu<strong>di</strong>carseli con l’assenza dell’au<strong>di</strong>enza, et mostrano <strong>di</strong> essa restar<br />
so<strong>di</strong>sfatti, et è conforme a quel che Vostra Signoria Illustrissima mi ha favorito<br />
raccordarmi.
Avendo terminato il mese d’agosto in <strong>Urbino</strong>, come avevo destinato, et cominciando<br />
qui a piovere, penso passarmene a Fossombrone, lasciando qui l’au<strong>di</strong>enza finché va<strong>di</strong><br />
a Pesaro.<br />
Et umilmente<br />
Con un altra mia questa mattina ho significato a Vostra Signoria Illustrissima il male<br />
del signor duca e l’avviso che avevo avuto che sabato et ieri fosse stato manco male,<br />
ora è tornato un messo che io ho mandato a posta a Castel Durante, et ho con la<br />
presente mandato ad arrivare il corriero.<br />
Intendo che il detto miglioramento non è considerabile, et che tuttavia continua la<br />
podagra, et Sua Altezza si duole per tutta la<br />
339<br />
vita, et riposa poco la notte; è svogliato assai nel cibarsi, et il polso, sebene non vi è<br />
febre, continua ad essere agitato, mangia pochissimo dandoseli del stillato 123 nel<br />
brodo, talché i me<strong>di</strong>ci stanno assai dubbiosi <strong>di</strong> quel che abbia da essere, considerando<br />
la debolezza et età sua.<br />
Io userò le debite <strong>di</strong>ligenze in tutto quel che conviene per l’intiero servitio <strong>di</strong> Nostro<br />
Signore.<br />
Et con ciò bascio<br />
4 <strong>di</strong> settembre 1626<br />
123 Brodo ristretto, derivante dalla cottura della carne nell’acqua per un tempo particolarmente lungo.
La città <strong>di</strong> Gubbio mi ha rimandato il breve dell’altare privilegiato ricercandomi a far<br />
nuovo ufficio acciò Nostro Signore gli faccia gratia che la con<strong>di</strong>tione delle otto messe<br />
si riduca a sette, sicome Vostra Signoria Illustrissima vedrà nella lettera scrittami, la<br />
quale mando con il breve alligata, non potendo lasciare <strong>di</strong> rappresentare et<br />
raccomandare la sua instanza e desiderio.<br />
Rimando l’instromento del giuramento del capitano Biliar<strong>di</strong>, governatore delle armi<br />
<strong>di</strong> Pesaro, raccomandato dal notaro che se n’è rogato nel luogo in che aveva errato.<br />
Et umilmente<br />
Ho avviso da Castel Durante che, essendosi molto rilentato il dolore<br />
340<br />
della podagra nel signor duca, si è cibato et riposato meglio che non faceva, et tanto<br />
rinfrancato che si è levato <strong>di</strong> letto et uscito <strong>di</strong> casa alla solita ora <strong>di</strong> ricreatione.<br />
Et umilissimamente<br />
xj <strong>di</strong> settembre 1626<br />
Ha reso il mio segretario il breve <strong>di</strong> Nostro Signore al signor duca, che ha mostrato<br />
riceverne molta so<strong>di</strong>sfattione.<br />
Egli è affatto riavuto dal fasti<strong>di</strong>o della podagra, et esce continuamente a ricreatione al<br />
Barco o ad una sua villa vicina a Castel Durante.<br />
Mi ha ricercato <strong>di</strong> raccomandare Bernar<strong>di</strong>no Ta<strong>di</strong>no, mercante carcerato, come si<br />
contiene nella lettera sua che mando alligata.
Essendo qui ora la stagione assai temperata, me ci trattengo per so<strong>di</strong>sfattione della<br />
città; quando seguirà mutatione d’aere passerò a Fossombrone, 124 come scrissi con<br />
l’altre mie a Vostra Signoria Illustrissima, alla quale umilmente<br />
Ha il signor duca chiamato a Castel Durante per sargente della sua guar<strong>di</strong>a il capitano<br />
Pier – Maria Bartolomei, ch’era luogotenente del governatore delle armi <strong>di</strong><br />
Sinigaglia, onde per provedere al carico va=<br />
341<br />
cante ho eletto Giovanni Battista Rota da Macerata del Monte Feltro, ch’è<br />
buonissimo soggetto.<br />
Ha prestato il solito giuramento in Sinigaglia in mano del Bartolomei, del quale è con<br />
questa alligato l’instromento publico.<br />
Et umilmente<br />
18 settembre 1626<br />
Con l’ultima <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima ho ricevuto il breve dell’altare<br />
privilegiato per Gubbio, ove l’ho inviato, et so che quella città resterà con molta<br />
so<strong>di</strong>sfattione della benignità <strong>di</strong> Nostro Signore.<br />
Ho anche, con singolare mio contento, inteso quanto Vostra Signoria Illustrissima si è<br />
compiacciuta avvisarmi dell’arrivo a Genova, Livorno e Fiorenza dell’illustrissimo<br />
signor car<strong>di</strong>nale legato, il quale farà secondo la solita sua prudenza in andarsi<br />
124 Da queste spontanee e ragionevolmente veri<strong>di</strong>che parole <strong>di</strong> <strong>Berlingiero</strong> <strong>Gessi</strong> si può comprendere come le<br />
circostanze climatiche ebbero effettivamente un certo peso nella storia <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>, oltre ovviamente ad altri fattori <strong>di</strong> tipo<br />
economico e sociale.
trattenendo et venire a bell’agio verso Roma per schivare i pericoli della stagione et<br />
aere.<br />
Ringratio Vostra Signoria Illustrissima del favore che in ciò mi ha fatto, et non<br />
occorrendomi qui cosa da rappresentarle, umilissimamente le bascio ecc.<br />
25 settembre 1626<br />
Siccome è stata segnalata la vittoria che il generale della Maestà<br />
342<br />
Cesarea ha riportata dagli eretici, così se ne possono aspettare altri buoni successi con<br />
l’aiuto del signore Dio, che si ha da sperare che sia per esau<strong>di</strong>re le preghiere le quali,<br />
nel rendergli gratie del benefitio ricevuto secondo la solita pietà e zelo <strong>di</strong> Nostro<br />
Signore, per tale effetto se li porgeranno.<br />
Ringratio Vostra Signoria Illustrissima affettuosamente del favor fattomi con l’avviso<br />
de sì buona nuova, et anco <strong>di</strong> quanto si è compiacciuta scrivermi della persona e<br />
morte del signor car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> Marquemont, 125 che sia in gloria, il quale è stato<br />
soggetto insigne et meritevole delle lo<strong>di</strong> ch’ebbe al tempo della sua promotione, et<br />
ora della publica afflitione della corte.<br />
Et io, pregando a Vostra Signoria Illustrissima longa vita, umilmente<br />
Mercordì sera il signor duca fu assalito da un poco <strong>di</strong> podagra nella spalla, et non si<br />
levò <strong>di</strong> letto.<br />
125 Il car<strong>di</strong>nale francese Denis - Simon de Marquemont nacque a Parigi il 30 settembre 1572 e morì cinquattaquattrenne<br />
a Roma il 16 settembre 1626 (nove giorni prima rispetto alla data della lettera del <strong>Gessi</strong>).
Ebbi mercordì la lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima delli 15 et da essa, come<br />
anche da un’altra del signor Parisano, suo vicario, intesi l’impe<strong>di</strong>mento che in Ripe<br />
ricevevano gli affittuari <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima nel voler trasportare a<br />
Sinigaglia il grano et orzo che devono alla sua mensa episcopale, et subito per messo<br />
a posta scrissi a Castel Durante al signor Tarquinio Urbani, consigliero <strong>di</strong> Sua<br />
Altezza, ch’è stato deputato dalli si=<br />
343<br />
gnori della Rovere governatore della Tomba e Ripe, che tale impe<strong>di</strong>mento non era<br />
ragionevole né conveniente, et che scrivesse alli ministri che sono in quei luoghi che<br />
lo rimovessero et mandasse a me la lettera, la quale mi mandò, et ho vista che sta<br />
bene, et l’ho inviata al Parisani medesimo, acciò la facci presentare, et quando ci<br />
restasse altro dubbio, il che non credo, me ne avvisi, che subito ci provederò,<br />
servendo in questo Vostra Signoria Illustrissima, come farò sempre, in ogni cosa che<br />
mi favorirà commandarmi.<br />
Et umilmente<br />
28 <strong>di</strong> settembre 1626<br />
Il signor duca stette in letto giovedì e venerdì per il risentimento <strong>di</strong> podagra nella<br />
spalla, della quale io scrissi.<br />
Sabato si levò <strong>di</strong> letto et uscì fuor <strong>di</strong> casa, et così fece anche ieri, essendo il male stato<br />
poco.<br />
Et non occorrendomi altro che scrivere, umilissimamente<br />
Lettera scritta al signore Severini, con or<strong>di</strong>ne che la
lasci al signore don Carlo li 2 d’ottobre 1626<br />
Avrà vostra signoria da riferire per risposta all’eccellentissimo signor don Carlo che<br />
il dottor<br />
344<br />
Bono, fratello <strong>di</strong> Monsignore Fagnani, dopo che, aiutato da me, <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Nostro<br />
Signore, per la reintegratione al carico <strong>di</strong> avvocato fiscale, stette due mesi<br />
nell’officio, si partì da Pesaro, né più l’ho visto, se non una volta <strong>di</strong> passaggio qui in<br />
<strong>Urbino</strong>, né mi ha mai scritto d’alcun negotio.<br />
Mi ha ben qui in <strong>Urbino</strong> molte volte visitato un altro fratello <strong>di</strong> Monsignore Fagnani,<br />
ch’è guar<strong>di</strong>ano de’ capuccini d’<strong>Urbino</strong>, con parlarmi <strong>di</strong> questi <strong>di</strong>sturbi occorsi, per li<br />
quali ha fatti buoni uffici, et forsi queste visite et uffici, con alcun altro affetto, hanno<br />
suggerita la materia <strong>di</strong> quel che è stato detto a Vostra Signoria da Sua Eccellenza <strong>di</strong><br />
or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Nostro Signore, ma ne cesserà l’occasione per il mio passaggio della<br />
seguente settimana a Fossombrone, il che mi sarà grato per la so<strong>di</strong>sfattione che<br />
sempre desidero <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, che quanto al senso proprio quando quest’ombra<br />
del signor duca, o le tentationi che scrive <strong>di</strong> poco amorevoli o d’emuli cagionassero<br />
mutatione, a me piaceria per le ragioni ch’ella fa et particolarmente della gravezza<br />
sopragiunta <strong>degli</strong> alloggi <strong>di</strong> Pesaro, per li quali non basterà la poca provisione <strong>di</strong> Sua<br />
Altezza.<br />
Et con ciò a Vostra Signoria Illustrissima prego ogni bene ecc.<br />
Di Fossombrone a 5 d’ottobre 1626<br />
345
Il signor duca mi ha <strong>di</strong> nuovo ricercato <strong>di</strong> raccomandare Bernar<strong>di</strong>no Ta<strong>di</strong>ni,<br />
mercante, et io mando alligata la lettera <strong>di</strong> Sua Altezza.<br />
Oggi sono venuto a Fossombrone, lasciando la città d’<strong>Urbino</strong> ben so<strong>di</strong>sfatta, e<br />
l’au<strong>di</strong>enza ivi resterà per il tempo che io sarò in Fossombrone.<br />
Et ecc.<br />
9 <strong>di</strong> ottobre 1626<br />
Subito che con la lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima ho ricevuto l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />
Nostro Signore appartenente al ricorso <strong>di</strong> Cesare Bion<strong>di</strong> da San Lorenzo in Campo,<br />
ho scritto al commissario <strong>di</strong> Mondavio, che con destra et segreta maniera s’informi<br />
delli pericoli che propone il Bion<strong>di</strong> soprastargli, et dell’istesso ho scritto ad <strong>Urbino</strong>,<br />
ove sogliono spesso capitare gl’Orlan<strong>di</strong>, da lui nominati.<br />
Quando avrò risposta farò <strong>di</strong> quanto occorrerà relatione, et <strong>di</strong> quello che vedrò essere<br />
opportuno per il rime<strong>di</strong>o.<br />
Et umilmente<br />
Ho, con mie lettere, dato or<strong>di</strong>ne al luogotenente <strong>di</strong> Sinigaglia, et fattoli similmente<br />
or<strong>di</strong>nare dall’au<strong>di</strong>enza, che usi ogni <strong>di</strong>ligenza per informarsi delli ban<strong>di</strong>ti o contumaci<br />
che si <strong>di</strong>ce ritirarsi a Montignano, 126 luogo del territorio <strong>di</strong> Sinigaglia, con pericolo<br />
che ne succedano scandali verso Mon=<br />
346<br />
126 Montignano è oggi una frazione del comune marchigiano <strong>di</strong> Senigallia, in provincia <strong>di</strong> Ancona.
te Marciano, 127 et ne <strong>di</strong>a avviso, acciò, se non può da sé provedere, ve si man<strong>di</strong> la<br />
corte <strong>di</strong> campagna, et applichi ogni altro rime<strong>di</strong>o opportuno, come in ogni modo si<br />
farà.<br />
Et umilissimamente<br />
Rispondo con l’alligato foglio <strong>di</strong> cifera alla cifera mandatami da Vostra Signoria<br />
Illustrissima, alla quale umilissimamente<br />
Sono molti anni che Virgilio dall’Isola, uomo facinoroso et colpevole <strong>di</strong> molti et<br />
gravissimi delitti, è stato ban<strong>di</strong>to capitalmente, e, sebene fu rimesso dal Lunati in<br />
tempo della leva, non<strong>di</strong>meno, come io avevo predetto, non andò alla guerra et tornò a<br />
commettere nuovi rubbamenti et delitti, et inquietare il territorio <strong>di</strong> Gubbio, onde è<br />
stato ban<strong>di</strong>to <strong>di</strong> nuovo, et si cerca averlo nelle mani, il che finora non è riuscito,<br />
perché ha amicitia <strong>di</strong> persone ecclesiastiche, et quando non è fuori con compagni si<br />
ritira nelle chiese, et il procurare facoltà dal tribunale episcopale <strong>di</strong> Gubbio <strong>di</strong> poterlo<br />
carcerare ne’ luoghi immuni non si giu<strong>di</strong>ca espe<strong>di</strong>ente, perché si tiene che saria<br />
avvisato, onde, importando grandemente tal cattura per il buon governo, supplico<br />
Nostro Signore<br />
347<br />
per la facoltà sudetta, et saria molto utile averla per il primo or<strong>di</strong>nario, perché<br />
aspettano il barigello <strong>di</strong> campagna et molti altri a posta in quei luoghi per tale effetto.<br />
Et umilmente<br />
127 Montemarciano è oggi un comune marchigiano in provincia <strong>di</strong> Ancona.
16 <strong>di</strong> ottobre 1626<br />
Ringratio Vostra Signoria Illustrissima del favore che mi ha fatto significandomi<br />
l’arrivo, che si aspettava costà alli XI, dell’illustrissimo signor car<strong>di</strong>nal Barberino, al<br />
quale ho scritto <strong>di</strong> quel che occorreva in questo spaccio de’ negoti pubblici.<br />
Intendo che Vostra Signoria Illustrissima pensa <strong>di</strong> venire in queste parti, ove io le<br />
offero la servitù et opera mia in tutto quel che io vaglia, supplicandola a farmi gratia<br />
in questa et in ogn’altra occasione, de’ suoi commandamenti.<br />
Et umilmente<br />
Al signor car<strong>di</strong>nale Barberino a 16 detto<br />
Il commissario <strong>di</strong> Mondavio, ch’è persona prudente e <strong>di</strong>screta, secondo l’or<strong>di</strong>ne che<br />
io gle ne <strong>di</strong>e<strong>di</strong> si è informato delli sospetti et pericoli ne’ quali Cesare Bion<strong>di</strong> da San<br />
Lorenzo in Campo ha esposto <strong>di</strong> essere, et mi riferisce <strong>di</strong> non trovarci fondamento, et<br />
che l’istesso Cesare<br />
348<br />
non sa darne prova o in<strong>di</strong>tio <strong>di</strong> consideratione, et si riduce a desiderare per le sue<br />
cause un giu<strong>di</strong>ce fuor <strong>di</strong> San Lorenzo.<br />
Cesare sudetto fu prima assai amorevole del signor marchese della Rovere, et poi<br />
restò <strong>di</strong>sgustato, perché lo fece carcerare per occasione dell’Abbondanza, et dopo ciò<br />
<strong>di</strong>ede alcun in<strong>di</strong>rizzo nell’occasione della cattura del marchese, il che accrebbe il<br />
<strong>di</strong>sgusto, dal quale non ho mai creduto, come scrive il commissario, che siano per<br />
provenire le cose proposte, ma ho creduto che sia poco ben visto in San Lorenzo dalli<br />
officiali del marchese nel trattare delle sue liti nelle quali è involto per il mal governo<br />
delle cose sue, et io per rime<strong>di</strong>are a ciò già operai che il marchese deputasse per
sopraintendente a detti ufficiali il dottor Nucci da Fossombrone, et l’incaricai che<br />
avvertisse che il Bion<strong>di</strong> non ricevesse torto.<br />
Ora ho seco trattato sopra la <strong>di</strong>sputatione d’un giu<strong>di</strong>ce in alcuna delle terre vicine a<br />
San Lorenzo: esso si è scusato <strong>di</strong> non poterlo fare senza il consenso del marchese, al<br />
quale ne scrive con cercare <strong>di</strong> persuaderglielo.<br />
Se questo seguirà, non avrà il Bion<strong>di</strong> occasione <strong>di</strong> dolersi per queste liti; se poi il<br />
marchese stesse renitente io pensarei al rime<strong>di</strong>o et ne darei conto a Vostra Signoria<br />
Illustrissima.<br />
Mando la lettera che mi scrive il commissario.<br />
Et umilmente<br />
349<br />
23 <strong>di</strong> ottobre 1626<br />
Mi fu resa martedì passato la lettera delli 3 <strong>di</strong> ottobre dell’illustrissimo signor<br />
car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> Sant’Onofrio, con quale me s’imponeva <strong>di</strong> far ogni opera acciò seguisse<br />
la cattura <strong>di</strong> Alfonso Nucci, che in Monte Marciano ha commesso omici<strong>di</strong>o in<br />
persona del Salvioni, esattore del signor principe Pretti; intorno a che devo riferire<br />
che, quando in <strong>Urbino</strong>, dal podestà o fiscale <strong>di</strong> Monte Marciano ne fui ricercato, <strong>di</strong>e<strong>di</strong><br />
gl’or<strong>di</strong>ni opportuni per il stato del signor duca, et rispetto alla Tomba e Ripe, ch’è<br />
infeudato al signor Giulio della Rovere, scrissi per l’istesso effetto al Urbani,<br />
consigliere <strong>di</strong> Sua Altezza, che ne ha il governo, il quale si scusò <strong>di</strong> averli dato<br />
salvocondotto.<br />
Io gli ho replicato due volte che conviene <strong>di</strong> revocarlo, et così ha fatto con certo<br />
termine però a partire da quei luoghi, scusandosi <strong>di</strong> non poter far altrimenti per non<br />
mancar <strong>di</strong> fede.
Ho rinovato l’or<strong>di</strong>ne a Sinigaglia ove può essere che capiti, et così farò usare<br />
ogn’altra <strong>di</strong>ligenza a me possibile, et se si carcererà, ne darò conto a Vostra Signoria<br />
Illustrissima, alla quale intanto umilissimamente<br />
Nel fine del mese <strong>di</strong> ottobre furono scritte alcune lettere all’illustrissimo signor<br />
350<br />
car<strong>di</strong>nale Barberino <strong>di</strong> complimento per il suo ritorno in Roma.<br />
Et anco altre furono scritte a Nostro Signore, al medesimo signor car<strong>di</strong>nale Barberino<br />
et al signor car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> Sant’Onofrio in ringratiamento per la concessione del luogo<br />
<strong>di</strong> reggimento concesso in gratia mia al signor Camillo <strong>Gessi</strong>, mio fratello, ecc.<br />
25 <strong>di</strong> ottobre 1626<br />
Ho inteso da Castel Durante che il signor duca da sabbato in qua è toccato in un<br />
ginocchio dalla podagra, e, sebene non intendo che sia cosa grave, non ho però<br />
dovuto lasciare <strong>di</strong> darne conto a Vostra Signoria Illustrissima, sicome farò se altro <strong>di</strong><br />
più occorrerà.<br />
Et non avendo al presente alcun negotio da riferire, umilmente<br />
vj <strong>di</strong> novembre 1626<br />
Quando, a’ giorni passati, per occasione del ricorso <strong>di</strong> Cesare Bion<strong>di</strong> da San Lorenzo<br />
in Campo, che <strong>di</strong>mora in Corinaldo, mi fu imposto che cercassi <strong>di</strong> provedere<br />
opportunamente a’ pericoli ne’ quali <strong>di</strong>ceva trovarsi per l’o<strong>di</strong>o contro <strong>di</strong> lui del<br />
marchese della Rovere, trovai, come rifersi, che per
351<br />
l’indennaità <strong>di</strong> lui saria bastata la deputatione <strong>di</strong> un giu<strong>di</strong>ce, per le sue cause attive e<br />
passive, fuor <strong>di</strong> quel luogo, e feci che il dottor Nucci, già eletto dal marchese per<br />
sopraintendente <strong>di</strong> quella terra, procurasse che il marchese si contentasse <strong>di</strong> tal<br />
deputazione.<br />
Non è stato però possibile cavarne altro se non che si deputi il vicario dell’abba<strong>di</strong>a<br />
dell’illustrissimo signor car<strong>di</strong>nale Ludovisi, ma, perch’egli pur <strong>di</strong>mora in San<br />
Lorenzo, non pare al Bion<strong>di</strong> né agli altri che ciò basti, restandovi le medesime<br />
<strong>di</strong>fficoltà dell’andare esso a proseguire ivi le sue liti, e, non vedendo <strong>di</strong> avere io qui<br />
modo <strong>di</strong> provedere, ho voluto rappresentare il tutto, aggiungendo che potria essere a<br />
proposito il <strong>di</strong>rsene una parola d’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Nostro Signore all’illustrissimo signor<br />
car<strong>di</strong>nale Lanti, che potria superare le <strong>di</strong>fficoltà et indurre il marchese a deputare per<br />
dette cause il commissario <strong>di</strong> Mondavio, ch’è vicino et persona <strong>di</strong>screta, et così saria<br />
provisto ad ogni cosa, né il Bion<strong>di</strong> potria più tornare con nuovi ricorsi a molestare<br />
Sua Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />
Et umilmente<br />
Quando si compiacque Nostro Signore darmi facoltà che da alcuna persona<br />
ecclesiastica facessi conoscere le cause <strong>di</strong> quegli ecclesiastici se<strong>di</strong>tiosi che nel giorno<br />
che io arrivai ad <strong>Urbino</strong> usarono tante insolenze, fu nella facoltà aggionto che<br />
s’intendesse sin’alla sentenza esclusivamente.<br />
Ora<br />
352
stima il giu<strong>di</strong>ce che convenga, per formare legittimamente il processo prima <strong>di</strong> tirare<br />
più inanzi la causa contro quattro o cinque che sono carcerati, venire alla sentenza<br />
contumaciale contro altri in<strong>di</strong>tiati contumaci e fuggitivi; e sebene per essere questa<br />
sentenza tale che si risolve per la compositione par che si possa intendere non<br />
compresa nell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> riferire i meriti delle cause prima dell’espe<strong>di</strong>tione.<br />
Non<strong>di</strong>meno io per abbondare al solito nell’osservanza et obe<strong>di</strong>enza, non ho voluto<br />
che si venga a detta sentenza contumaciale prima che sappia che Nostro Signore se ne<br />
contenti, sopra <strong>di</strong> che aspetterò la risposta <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima.<br />
Et, non avendo che rescrivere alle due lettere che per il presente or<strong>di</strong>nario ho ricevuto<br />
da Vostra Signoria Illustrissima, umilissimamente ecc.<br />
13 <strong>di</strong> novembre 1626<br />
Son da <strong>Urbino</strong> avvisato che un frate domenicano, detto il Cimarella da Corinaldo, ma<br />
che sta in <strong>Urbino</strong>, cerca con molti favori aver licenza dal suo padre generale <strong>di</strong> venire<br />
a Roma con pretesto de’ negoti propri, ma con pensiero <strong>di</strong> parlare <strong>di</strong> cose publiche, il<br />
che se è dell’au<strong>di</strong>enza potrà ogni suo trattato causare che la città, con ogni poca <strong>di</strong><br />
spe=<br />
ranza o trattato che senta, si commova.<br />
353<br />
Se poi è <strong>di</strong> questi sei o sette ecclesiastici carcerati, et altrettanti in circa contumaci per<br />
l’insulto seguito nel giorno del mio ingresso in <strong>Urbino</strong>, anco in questo, et per termine<br />
<strong>di</strong> giustitia et per il buon governo merita non essere inteso.<br />
La causa si è fatta con ogni rettitu<strong>di</strong>ne e modestia, non si sono interessati,<br />
contuttocché ve ne fosse occasione, né il magistrato né la città o laici, et il processo
camina bene, et chiarisce i delinquenti et più molte fe<strong>di</strong>, delle quali mando alligata la<br />
copia d’una <strong>di</strong> esse, fatta da un carcerato ch’era già servitore <strong>di</strong> Monsignore<br />
arcivescovo.<br />
Supplico Nostro Signore et Vostra Signoria Illustrissima a provedere con la singolare<br />
loro prudenza che questo frate non abbia con i trattati suoi, o con le speranze che<br />
facilmente darà con lettere per ogni poco <strong>di</strong> buona au<strong>di</strong>enza, che abbia a causare,<br />
come ho detto, mal effetto e sovvertire quanto con estrema fatica si è fatto <strong>di</strong> bene per<br />
<strong>di</strong>sporre la città alla quiete, et il clero ad essere, almen per timore, rispettoso e<br />
riverente.<br />
Non ho in questo spaccio ricevute lettere <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, né altro mi<br />
occorre che mandare un foglio con cifera.<br />
Et umilmente<br />
19 novembre 1626<br />
Domani anderò a Sinigaglia per far riverenza all’illustrissimo signore car<strong>di</strong>nale<br />
<strong>di</strong> Sant’Onofrio, et domenica anderò a Pesaro a fermarmi per quest’inverno.<br />
354<br />
Essendo a dì passati in una rissa in Orciano successa la morte del capitano delle<br />
militie, ho eletto per quel carico uno de’ principali d’Orciano, ch’è <strong>di</strong> buona qualità,<br />
et gli ho fatto prestare il solito giuramento, del quale mando alligato autentico<br />
instromento.<br />
Et umilmente
Ho or<strong>di</strong>nato al cancelliere d’<strong>Urbino</strong>, che serve per notario nella causa dell’insulto<br />
degl’ecclesiastici d’<strong>Urbino</strong>, che metta in or<strong>di</strong>ne il processo sin ad ora fatto in detta<br />
causa, per mandarlo, subito che sarà in essere, a Vostra Signoria Illustrissima,<br />
potendo essere che da un solo sommario non così bene si conoschino tutte le<br />
circostanze alle depositioni de’ rei et testimoni.<br />
Et umilmente<br />
23 <strong>di</strong> novembre 1626<br />
Ier sera venni a Pesaro dopo avere in Sinigaglia visitato l’illustrissimo signor<br />
car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> Sant’Onofrio, il quale, nei ragionamenti passati delle cose <strong>di</strong> qua, ha<br />
molto lodato quel che io rappresentai nell’ultima mia cifera.<br />
Non ho avuto in questo spaccio lettere <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, et perciò non<br />
ho che altro aggiungere, ma le bascio umilmente<br />
355<br />
Il podestà <strong>di</strong> Pesaro ha <strong>di</strong> mio or<strong>di</strong>ne esaminato Malvezzo Pesarese, che già lavorava<br />
nella zecca <strong>di</strong> Ferrara et qui ora serve per soldato, sicome da Vostra Signoria<br />
Illustrissima mi fu imposto che io gli or<strong>di</strong>nassi.<br />
Mando l’esamine sudetto alligato.<br />
Et umilissimamente<br />
27 novembre 1626<br />
Mi trovo, con l’ultima posta, il foglio <strong>di</strong> cifera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, scritta<br />
ai 21 del corrente, al quale rispondo con questo che mando alligato, et
iverentemente a Vostra Signoria Illustrissima basciando le mani priego il signore<br />
Dio per ogni sua maggiore prosperità.<br />
7 <strong>di</strong>cembre 1626<br />
Mando a Vostra Signoria Illustrissima alligato il sommario <strong>di</strong> quel che si contiene nel<br />
processo fatto contro gli ecclesiastici d’<strong>Urbino</strong>, che commessero, nel giorno che io vi<br />
andai nell’estate passata, gl’insulti noti.<br />
Mando anche una copia <strong>di</strong> alcune fe<strong>di</strong> fatte nell’istessa materia, che, quando sia<br />
opportu=<br />
356<br />
no, si faranno riconoscere, il che ora non è fatto, acciò restino occulte.<br />
Aspetterò la risposta per il punto che si tratta <strong>di</strong> condannare in contumacia i fuggitivi.<br />
Et umilmente<br />
17 <strong>di</strong>cembre 1626<br />
Con l’ultima <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima delli 12 ho ricevuto l’or<strong>di</strong>ne che mi<br />
viene dato nella cifera mandatami, et eseguirò puntualmente quanto mi ha imposto.<br />
Né altro occorrendomi che <strong>di</strong> pregare dal signor Dio a Nostro Signore et a Vostra<br />
Signoria Illustrissima felici le prossime feste del santo Natale, umilissimamente a lei<br />
bascio le mani.<br />
17 <strong>di</strong> <strong>di</strong>cembre 1626
È morto il conte Giovanni Francesco Brancaleoni, che possedeva due luoghi, <strong>di</strong><br />
cinquanta fameglie in circa, detti Rocca Leonella e Monte Grino, 128 che sono vicini a<br />
Cagli intorno a <strong>di</strong>eci miglia; ha lasciata una figliola sola che non è capace, onde quel<br />
feudo finisce in lui.<br />
Si è mandato un cancelliere dell’au<strong>di</strong>enza a pigliarne il possesso per la Camera<br />
Ducale, essendosi vista l’investitura d’una parte <strong>di</strong> quel<br />
357<br />
feudo fatta dal presente duca dell’anno 1592 con darli il titolo <strong>di</strong> conte, et essendosi<br />
inteso che ne’ libri che sono a Castel Durante vi siano notati alcuni giuramenti <strong>di</strong><br />
fedeltà <strong>di</strong> questi conti, et quel che ora è morto, anch’egli come gl’altri feudatari,<br />
mandò i soldati quando si fece l’anno passato la leva del terzo per servitio del re<br />
cattolico.<br />
Il capitolo <strong>di</strong> Cagli anch’esso ha preso il possesso, pretendendo il dominio <strong>di</strong>retto con<br />
mostrare un instromento d’investitura fatta da esso capitolo dell’anno 1530 ad<br />
Ottaviano Ubal<strong>di</strong>no con l’obbligo del canone <strong>di</strong> un castrato nella festa<br />
dell’Assontione della Beata Vergine, il quale <strong>di</strong>cono li canonici essersegli ogn’anno<br />
pagato, et in detto instromento si enuntia un’altra investitura del 1317.<br />
Uno de’ canonici ch’è venuto qua <strong>di</strong>ce che potranno mostrare questi pagamenti et<br />
altre cose, et che gli atti <strong>di</strong> obe<strong>di</strong>enza fatti da’ feudatari verso Sua Altezza non li<br />
pregiu<strong>di</strong>cano, come ad essi non noti.<br />
Né altro al presente in ciò occorrendomi, umilmente<br />
128 Oggi non restano che i ruderi del Castello <strong>di</strong> Monte Grino (o Montegrino, o Monte Guerino), che era uno dei più<br />
antichi territori appartenuti ai Brancaleoni, situato in una zona strategicamente molto importante, sulle alture a sinistra<br />
del torrente Biscubio.
21 <strong>di</strong>cembre 1626<br />
Ho dato or<strong>di</strong>ne al podestà <strong>di</strong> Gubbio che man<strong>di</strong> qua, in forma autentica, il processo<br />
che già avvisò <strong>di</strong> formare sopra l’omici<strong>di</strong>o commesso<br />
358<br />
da persone mascherate nel castello <strong>di</strong> Giomice, 129 e quando l’avrò lo manderò a<br />
Monsignore governatore <strong>di</strong> Perugia, sicome Vostra Signoria Illustrissima si compiace<br />
avvisarmi desiderarsi dagl’illustrissimi miei signori car<strong>di</strong>nali <strong>di</strong> consulta.<br />
Et umilmente<br />
xj gennaro 1627<br />
Non mi è occorso ne’ spacci passati, né ora mi occorre negotio da riferire a Vostra<br />
Signoria Illustrissima, ma solo stimo dover dar conto a Nostro Signore et a Vostra<br />
Signoria Illustrissima che, dopo che l’aere si è fatta qui da tre o quattro settimane<br />
assai umida e rigida, sono stato et sono grandemente afflitto dalla flussione al petto<br />
dalla testa, che mi ha accompagnato più e meno dopo che sono in questo stato, ma in<br />
questa invernata, massime la sera e la notte, molto mi ha travagliato et travaglia, con<br />
tenermi, oltre il fluire al petto, le mascelle enfiate con gran dolore et impe<strong>di</strong>rmi il<br />
dormire, nel che son certo che da Sua Beatitu<strong>di</strong>ne et da Vostra Signoria Illustrissima<br />
con la loro singolare benignità sarò compatito, et supplicandola a conservarmi vivo<br />
nella sua buona gratia, umilissimamente<br />
15 gennaro 1627<br />
129 Giomice (ma oggi più comunemente Giòmici) è una frazione del comune umbro <strong>di</strong> Valfabbrica, in provincia <strong>di</strong><br />
Perugia, consistente nel castello omonimo, circondato da poche case coloniche; nel 2001 Giomici risultava essere<br />
occupato da 6 abitanti.
359<br />
Volendo il signor duca, contro il parere de’ me<strong>di</strong>ci, frequentare li vomiti volontari, li<br />
è avvenuto che ultimamente due volte contro sua voglia è stato necessitato vomitare<br />
con un poco <strong>di</strong> sangue restandone afflitto e malenconico, è poi anche stato assalito<br />
d’alcuni dolori, ma non s’intende che ve sia stata febre.<br />
Se il signore Dio lo chiamasse a sé io non arei occasione <strong>di</strong> molestare Nostro Signore<br />
per la gratia <strong>di</strong> retirarmi, finita l’invernata, da questo stato in aria a me più salubre,<br />
poiché già per doi anni patisco una flussione al petto, che spesso, accrescendosi,<br />
come ha fatto nella mutatione dell’aria nel mese passato, mi mette paura e mi rende<br />
impossibile <strong>di</strong> far qui altra invernata.<br />
Et umilmente<br />
17 gennaro 1627<br />
Il signor duca stette in letto due giorni per il male che io rifersi, il quale si era per il<br />
stato <strong>di</strong>vulgato per pericoloso et maggiore, et si vedeva ne’ popoli ottima volontà <strong>di</strong><br />
venire, finendo questo quasi interegno, sotto il total dominio <strong>di</strong> Nostro Signore.<br />
Si riebbe poi Sua Altezza, et uscì alla solita ricreatione, come fa ogni giorno,<br />
ancorché il tempo non sia buono.<br />
Se continuerà ne’ frequenti vomiti, per l’opinione che ha - insieme con qualche<br />
me<strong>di</strong>co - che per esservi assuefatto non li nocciono, an=<br />
360
zi, purgandolo dagli escrementi, lo preservano, potrà essere, secondo il parere de’ più<br />
et particolarmente dell’Od<strong>di</strong>, che l’ha curato quattor<strong>di</strong>ci anni (et per biasimare questi<br />
vomiti è stato licentiato), che se li abbrevi la vita, la quale, oltre <strong>di</strong> questo, il<br />
medesimo Od<strong>di</strong> tiene che potria passare innanzi qualche anni.<br />
Né avendo altro che riferire, unilmente<br />
22 gennaro 1627<br />
Mercordì, per l’or<strong>di</strong>nario, ricevei la lettera con quale Vostra Signoria Illustrissima,<br />
anche a nome <strong>di</strong> Nostro Signore, con singolare benignità compatisce alla mia<br />
in<strong>di</strong>spositione da me rappresentatali.<br />
Ier mattina ebbi, per la staffetta inviatami, l’avviso della gratia che Sua Beatitu<strong>di</strong>ne<br />
mi fa del ritorno a Roma, con dar questo carico a Monsignore Campeggi, 130 vescovo<br />
<strong>di</strong> Cesena, il quale, per la speranza <strong>di</strong> preservarmi in cotest’aria dal male che qui mi<br />
affligge, mi è stato <strong>di</strong> altrettanto contento quanto che fu l’anno passato l’intendere<br />
nell’istesso giorno et ora l’onore del car<strong>di</strong>nalato, onde ne rendo umilissime gratie a<br />
Sua Beatitu<strong>di</strong>ne et a Vostra Signoria Illustrissima, et desiderarò sempre poter con le<br />
forze corrispondere all’obbligo e volontà <strong>di</strong> una devota et perpetua servitù a Sua<br />
Santità, Vostra Signoria Illustrissima e tutta la sua eccellentissima casa.<br />
361<br />
130 Lorenzo Campeggi, anch’egli <strong>di</strong> patria bolognese come monsignor <strong>Berlingiero</strong> <strong>Gessi</strong>, tenne il governo d’<strong>Urbino</strong> fino<br />
al 1631, l’anno della devoluzione, quando venne sostituito dal primo legato pontificio, il car<strong>di</strong>nal Antonio Barberini.<br />
Prima del 1627 il Campeggi si <strong>di</strong>stinse ricoprendo importanti mansioni <strong>di</strong>plomatiche e politiche, e la circostanza che<br />
Urbano VIII lo destinò, nel 1627, a sostituire il car<strong>di</strong>nale <strong>Berlingiero</strong> <strong>Gessi</strong> nel governo del ducato <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>, è una<br />
prova dell’importanza che il pontefice attribuiva all'annessione del ducato allo Stato ecclesiastico, nutrendo timori (poi<br />
rivelatisi infondati) che le pretese che sul ducato <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong> avanzavano i Me<strong>di</strong>ci e l'imperatore Fer<strong>di</strong>nando II d’Asburgo<br />
potessero trovare nuovo vigore al momento della morte <strong>di</strong> Francesco Maria II della Rovere.
L’elettione <strong>di</strong> Monsignore Campeggi a me par ottima, conoscendo la bontà,<br />
accortezza e prudenza <strong>di</strong> lui, et tengo per certo che qui riuscirà benissimo, et io a suo<br />
tempo l’informerò pienamente <strong>di</strong> tutto quello che sarà opportuno.<br />
Ho mandato il segretario a Castel Durante per avere dal signor duca la deputatione in<br />
persona <strong>di</strong> lui conforme in tutto all’altra che fu spe<strong>di</strong>ta per me, la quale inviarò subito<br />
a Vostra Signoria Illustrissima.<br />
Et ora umilmente ecc.<br />
Aggiunta <strong>di</strong> propria mano <strong>di</strong> Sua Signoria illustrissima<br />
Non posso abastanza ringratiare Nostro Signore et Vostra Signoria Illustrissima della<br />
singolare benignità et amore con che mi proteggono, et, per quel poco che io valerò,<br />
sempre cercherò, con una piena obe<strong>di</strong>enza, mostrarmene non indegno.<br />
25 gennaro 1627<br />
Il signor duca mi ha risposto cortesissimamente con la lettera che mando alligata, et è<br />
pronto e <strong>di</strong>sposto a ricevere qui Monsignore Campeggi.<br />
Mi ha però fatto <strong>di</strong>re, per il segretario, che per sua <strong>di</strong>gnità e riputatione desidera che<br />
da Vostra Signoria Illustrissima gle ne sia scritto, onde io supplico Nostro Signore et<br />
Vostra Signoria Illustrissima acciò si perfettioni questo negotio, et che io possi<br />
godere la gratia <strong>di</strong> Sua Santità, et, preservandomi sano, servire Sua Beatitu<strong>di</strong>ne et<br />
Vostra Signoria Illustrissima <strong>di</strong> questa lettera a Sua Altezza, et se la manderà in mano<br />
mia, le darò subito recapito, et ne avrò la<br />
sudetta deputatione.<br />
362
L’aria in queste parti dura molto fredda, aspra et rigida, con tutto ciò il segretario ha<br />
trovato il signor duca in buon stato <strong>di</strong> sanità.<br />
Et io con ciò ecc.<br />
28 gennaro 1627<br />
La città d’<strong>Urbino</strong> è aggravata <strong>di</strong> debiti oltre la somma <strong>di</strong> 30.000 scu<strong>di</strong> <strong>di</strong> quella<br />
moneta, contratti per l’Abbondanza, risarcimenti <strong>di</strong> fonti, ponti e muraglie, et<br />
particolarmente per le spese fatte nell’occasione della nascita et sposalitio del<br />
principe, buona memoria, et accresciuti per la necessità <strong>di</strong> pigliar denari ad interesse<br />
da pagare li frutti, et essendosi ogni volta che sono stato in <strong>Urbino</strong> trattato <strong>di</strong><br />
rime<strong>di</strong>arci, acciò, continuandosi in tal maniera, non abbia questo debito ad arrivare ad<br />
una somma eccessiva, con danno gran<strong>di</strong>ssimo <strong>di</strong> quella città, si è, con il parere de’<br />
prattici e dell’au<strong>di</strong>enza, giu<strong>di</strong>cato non potersi far <strong>di</strong> meno <strong>di</strong> mettere alcune colte o<br />
impositioni sopra le farine, vini, salumi et altre cose per anni sei, nel qual tempo si è<br />
creduto che, con questo assegnamento, possono levarsi li debiti, ogni volta però che<br />
con li laici anco gli ecclesiastici concorrino nel modo che <strong>di</strong>cono aver fatto al tempo<br />
<strong>di</strong> Pio IV per una simil<br />
363<br />
gratia che allora la città ottenne, et io sono stato ricercato <strong>di</strong> raccomandare a Sua<br />
Beatitu<strong>di</strong>ne et a Vostra Signoria Illustrissima questo desiderio publico, sicome, per<br />
so<strong>di</strong>sfattione della città et per essere gratia publicamente utile, ora umilissimamente<br />
faccio con la presente; et con ciò riverentemente ecc.<br />
Beatissimo padre
Dopo aver baciati i santissimi pie<strong>di</strong> il comune e popolo d’<strong>Urbino</strong> con profonda umiltà<br />
espone alla santità vostra <strong>di</strong> ritrovarsi oppresso da grave somma <strong>di</strong> debiti che passa<br />
trenta mila scu<strong>di</strong>, contratti per occasione <strong>di</strong> prestare i dovuti ossequi et onori a’<br />
serenissimi prencipi, per per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> Abbondanze, risarcimenti <strong>di</strong> ponti, fonti, mura<br />
della città et simili, e che sono stati accresciuti sino alla quantità sopradetta, perché,<br />
non potendo supplire con l’entrate or<strong>di</strong>narie, destinate ad altri usi, a pagarne<br />
gl’interessi, è stato costretto <strong>di</strong> pigliare continuamente denari a censo et sottoporsi ad<br />
interessi maggiori.<br />
Ora, desiderando sottrarsi da peso così insoportabile, con licenza dell’illustrissimo<br />
signor car<strong>di</strong>nale <strong>Gessi</strong>, che, informato <strong>di</strong> queste calamità, conoscendo esser<br />
necessaria simil provisione, ci ha con l’au<strong>di</strong>enza prestato l’autorità et consenso suo,<br />
ha risoluto d’imporre alcune colte a detto effetto, per lo spatio<br />
364<br />
<strong>di</strong> sei anni, sopra le farine, carni, vini e salumi.<br />
Ma perché in questo tempo non sarebbe possibile <strong>di</strong> estinguere intieramente questo<br />
debito se i preti, regolari et altri ecclesiastici non concorressero al pagamento, non<br />
solo perché tanto minor utile si cavarebbe <strong>di</strong> queste gabelle, ma anco perché è<br />
impossibile altrimenti rime<strong>di</strong>are alle frau<strong>di</strong> che possono farsi, et avendo già per dette<br />
considerationi ottenuto dalla felice memoria <strong>di</strong> Pio IV, suo predecessore, per breve<br />
<strong>di</strong>retto al signor duca Guid’Ubaldo sotto li 13 <strong>di</strong> ottobre 1562, che i beni acquistati<br />
dagli ecclesiastici restassero soggetti a pagare le gravezze imposte et da imporsi,<br />
come pagavano avanti che da loro fossero acquistati, sperando ottenere simile gratia<br />
dalla santissima mano della beatitu<strong>di</strong>ne vostra, umilmente prostrato la supplica a<br />
voler degnarsi <strong>di</strong> concederli che anco gli ecclesiastici sopradetti debbano concorrere<br />
al pagamento delle gabelle sopradette, da imporsi per estintione de’ debiti, a parte de’<br />
quali sarebbeno tenuti per giustitia, e <strong>di</strong> quelle che già sono state imposte per il tempo
ad<strong>di</strong>etro, poiché servono a spese <strong>di</strong> cose alle quali gli ecclesiastici ancora sarebbero<br />
tenuti, et delle quali essi ancora si vagliono.<br />
Et come il tutto riceverà per gratia singolare dalla infinita benignità della santità<br />
vostra, così <strong>di</strong> nuovo prostrato gli prega lunghi e felicissimi anni per benefitio e<br />
contento del popolo supplicante et del mondo tutto, ecc.<br />
365<br />
Al primo <strong>di</strong> febraro 1627 fu fatta la sottoscritta <strong>di</strong>chiaratione per la città <strong>di</strong> Pesaro<br />
Avendo noi Berlingero car<strong>di</strong>nale <strong>Gessi</strong> inteso dai deputati del conseglio desiderarsi<br />
dalla città <strong>di</strong> Pesaro una nostra <strong>di</strong>chiaratione che quando da noi o dall’au<strong>di</strong>enza si<br />
<strong>di</strong>mora in altra città o luoghi dello stato del serenissimo signor duca, ciò non possa né<br />
debba pregiu<strong>di</strong>care alle ragioni <strong>di</strong> essa città, et essendo noi desiderosi <strong>di</strong> non far<br />
pregiu<strong>di</strong>tio in cosa alcuna a questa nobilissima città e sue ragioni, anzi in quello che<br />
depende da noi et che sia possibile, gratificarla, perciò in virtù della presente<br />
<strong>di</strong>chiariamo non essere nostra intentione né volontà, con trattenerci per molto o poco<br />
tempo o più et più volte noi o l’au<strong>di</strong>enza fuori <strong>di</strong> Pesaro in altre città e luoghi, che da<br />
ciò abbia da risultare alcun pregiu<strong>di</strong>tio né <strong>di</strong>minutione delle ragioni <strong>di</strong> Pesaro intorno<br />
alla residenza <strong>di</strong> detta au<strong>di</strong>enza in essa città in petitorio o in possessorio, ma che le<br />
restino tutte le sue ragioni illese nella sua forza et vigore.<br />
Et in fede <strong>di</strong> ciò abbiamo sottoscritta <strong>di</strong> propria mano et fatto sigillare la presente con<br />
il nostro solito sigillo, ecc.<br />
366<br />
12 <strong>di</strong> febraro 1627
Per l’or<strong>di</strong>nario passato inviai a Vostra Signoria Illustrissima la deputatione del signor<br />
duca per questo governo in persona <strong>di</strong> Monsignore Campeggi; ora invio la lettera<br />
responsiva <strong>di</strong> Sua Altezza.<br />
Io cerco, con far piena testimonianza delle buone qualità <strong>di</strong> Monsignore, metterlo in<br />
buon concetto et opinione appresso questi popoli, et così continuerò acciò il tutto abbi<br />
da passare quietamente secondoché il servitio e mente <strong>di</strong> Nostro Signore.<br />
Avrei per singolare favore che Monsignore sudetto arrivasse qua al principio d’aprile,<br />
ché allora sarà addolcita l’aria et il tempo molto opportuno per la mia venuta a Roma,<br />
et <strong>di</strong> ciò supplico Sua Beatitu<strong>di</strong>ne et Vostra Signoria Illustrissima.<br />
Et umilissimamente bascio a Vostra Signoria Illustrissima le mani<br />
Mi ha il signor duca con sue lettere significato che avria gran contento che io fossi<br />
gratiato da Nostro Signore dell’abba<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Castel Durante, per la quale ho inteso aver<br />
l’abbate collatione <strong>di</strong> alcuni benefitii, et ch’è <strong>di</strong> valore alquanto minore <strong>di</strong> quel che da<br />
principio mi fu detto, massime per le spese <strong>di</strong> due vicari, tre capellani et <strong>di</strong>verse<br />
provisioni per la Chiesa.<br />
19 <strong>di</strong> febraro 1627<br />
367<br />
Quando io ebbi la lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima sopra la remissione a Città<br />
<strong>di</strong> Castello delli prigioni che ad instanza <strong>di</strong> Monsignore Sfondrato, ivi governatore,<br />
avevo or<strong>di</strong>nato al podestà <strong>di</strong> Gubbio che tenesse sotto buona custo<strong>di</strong>a, gli scrissi per<br />
sapere che cosa ci era in quel tribunale contro <strong>di</strong> loro, e vedendo che contro tre <strong>di</strong><br />
essi, cioè Renzo, Flaminio <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>o et Flaminio <strong>di</strong> Francesco, non vi sono processi <strong>di</strong><br />
rilievo, ho or<strong>di</strong>nato al medesimo podestà che li consegni a chi verrà a pigliarli <strong>di</strong><br />
or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Monsignore sudetto, al quale pur ne ho scritto.
Resterà in Gubbio Gerolamo, alias il Bravetto, contro il quale ci è processo con<br />
testimoni, et si è or<strong>di</strong>nato che debbia sollecitarsi, et che, spe<strong>di</strong>ta la causa, il reo non si<br />
rilasci, acciò si possi anch’esso mandare a Città <strong>di</strong> Castello.<br />
Non risponde il podestà che sia carcerato il lavoratore ch’è nominato nella nota<br />
inclusa nella lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, ma, se ci sarà, si tratterà <strong>di</strong> esso<br />
come <strong>degli</strong> altri.<br />
Et io umilmente<br />
Mi scrisse il padre Ignatio de’ chierici minimi, quando, alcune settimane sono, venne<br />
a Roma, che, nel ragionare seco Nostro Signore delle cose <strong>di</strong> qua, li aveva Sua<br />
Santità or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> avvisarmi ch’è sua mente che da me si perdoni agli ecclesiastici<br />
urbinati, che usorno, quando io andai<br />
a quella città, li mali termini già significati.<br />
368<br />
Io lodai la pietà e zelo <strong>di</strong> Sua Santità, alla quale in tutto è conforme il pensiero et<br />
inclinatione mia, et ho già fatta gratia quasi a tutti, et presto sarà anche fatta ad<br />
alcunialtri pochi, rimanendone la città d’<strong>Urbino</strong> molto so<strong>di</strong>sfatta, del che ho dovuto<br />
dar conto a Sua Santità et a Vostra Signoria Illustrissima.<br />
Mando un foglio con un poco <strong>di</strong> cifra.<br />
Et umilissimamente<br />
Primo <strong>di</strong> marzo 1627
Trovandosi in espe<strong>di</strong>tione in quest’au<strong>di</strong>enza una causa che da certi anni in qua vi si<br />
tratta per il signor marchese Bagni contro la Camera Ducale sopra la reintegratione al<br />
possesso <strong>di</strong> una villa detta <strong>di</strong> Massa, de 19 case, ho creduto, per essere materia<br />
giuris<strong>di</strong>tionale, della quale già ebbi lettere dall’illustrissimo signor car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong><br />
Sant’Onofrio, che mi convenga prima darne conto, massime che la sentenza<br />
dell’au<strong>di</strong>enza, dalla quale non si appella, porta seco l’esecutione.<br />
Si pretende per il signor marchese constare <strong>degli</strong> estremi del spoglio per molti<br />
testimoni che provano il possesso intorno all’anno 1562 del marchese Giovanni<br />
Francesco, suo avo, che ne fu levato da’ soldati del duca Guido Baldo, il quale si<br />
prese allora detta giuris<strong>di</strong>tione, che poi il presente duca ha continuato<br />
<strong>di</strong> possedere.<br />
369<br />
All’incontro si allega il possesso del duca Guidobaldo inanzi il spoglio et la<br />
prescrittione per il presente duca, et si <strong>di</strong>ce che il marchese non possi fondarsi sul<br />
possesso dell’avo, poiché non ha questi luoghi come suo erede, ma per una cessione<br />
de’ signori Colonnesi, a’ quali furono ceduti dal marchese <strong>di</strong> Monte Bello,<br />
investitone da Paolo IV quando ne privò detto marchese Giovanni Francesco, le quali<br />
cessioni furono approvate da Pio V.<br />
Delli tre au<strong>di</strong>tori uno è contrario alla domanda del marchese, gli altri due tengono per<br />
la sua reintegratione, parendoli che abbi provato quel che conviene in questo giu<strong>di</strong>tio,<br />
et che per la camera non sia provato il possesso del duca Guidobaldo inanzi il spoglio<br />
per alcuni atti giuris<strong>di</strong>tionali assai dubbi, et meno per alcuni testimoni esaminati<br />
senza citatione ad perpetuam rei memoriam, et credono non entrare la prescrittione,<br />
per la mala fede del duca Guodobaldo et per la violenza de’ suoi soldati, et quanto<br />
all’essere il marchese cessionario, oltrecché <strong>di</strong> questo niente apparisce negli atti,<br />
<strong>di</strong>cono essersi estragiu<strong>di</strong>cialmente visto che Pio V concede a’ Colonnesi et alla
persona ch’essi poi nominassero, che fu il marchese Fabritio, padre del presente<br />
marchese, ogni ragione in possessorio anche <strong>di</strong> spoglio et violenza.<br />
Aspetterò <strong>di</strong> sapere se piace a Nostro Signore che io lasci pronuntiare a questi<br />
au<strong>di</strong>tori come la intendono<br />
370<br />
per la maggior parte, ovvero se Sua Beatitu<strong>di</strong>ne vogli più piena relatione della causa,<br />
et or<strong>di</strong>narmi altro.<br />
Et umilissimamente<br />
8 <strong>di</strong> marzo 1627<br />
Quando, dall’agente della communità <strong>di</strong> Sascorbaro, mi fu, alcuni giorni sono, resa la<br />
lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima delli 20 <strong>di</strong> gennaro passato, con l’or<strong>di</strong>ne della<br />
Sagra Congregazione del Buon Governo che Don Gasparo Fabri, <strong>di</strong> quel luogo, paghi<br />
le colte de’ beni paterni nel modo che sono stati soliti ivi pagarsi dagli ecclesiastici,<br />
per essere quel luogo in spirituale sopra l’abbazia <strong>di</strong> Castel Durante, scrissi al vicario<br />
<strong>di</strong> Castel Durante che astringesse il Fabri al pagamento nella forma prefissa da Vostra<br />
Signoria Illustrissima.<br />
Egli ha rilasciato il mandato per certa somma <strong>di</strong> denaro contro esso Fabri, il quale si è<br />
doluto che il vicario senza giustificazioni sufficienti abbia fatto il decreto, et per<br />
rimuovere questo et ogni altro dubbio io volevo che dalle parti qui si calculasse con<br />
mettere nel conto le partite che ci vanno, e frattanto si soprasedesse.<br />
Ma il Fabri non ha accettata simile provisione, pretendendo <strong>di</strong> ottenere in Roma la<br />
revocatione <strong>di</strong> tutto quel che ha fatto il vicario et <strong>di</strong> fuggire al possibile ogni<br />
pagamento, il che
371<br />
saria <strong>di</strong> gran pregiu<strong>di</strong>tio a quel publico, poiché questo sacerdote possiede molti beni<br />
et tuttavia ne acquista.<br />
Io ho dovuto riferire quel ch’è passato per occasione <strong>di</strong> eseguire quanto mi è stato<br />
commesso da Vostra Signoria Illustrissima, alla quale ecc.<br />
12 <strong>di</strong> marzo 1627<br />
Mi fu resa ieri la lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima delli 27 del passato, con la<br />
quale si compiace raccomandarmi la presta espe<strong>di</strong>tione della causa <strong>di</strong> Ercole Ercolani<br />
dalla Pergola et de’ tre suoi compagni processati per un omici<strong>di</strong>o che l’anno passato<br />
fu commesso nella Pergola.<br />
Per le molte instanze <strong>degli</strong> interessati e per la quiete <strong>di</strong> quella terra, ove spesso si<br />
sono commessi simili delitti, si è giu<strong>di</strong>cato necessario, per il buon governo, <strong>di</strong> trattare<br />
con <strong>di</strong>ligenza questa causa.<br />
Ora il processo è al fine, et io non lascerò <strong>di</strong> sollecitare che si termini et dal giu<strong>di</strong>ce si<br />
riferisca all’au<strong>di</strong>enza, et se ne pigli presta risolutione in conformità <strong>di</strong> quanto si<br />
desidera da Vostra Signoria Illustrissima, et riceverò molto contento che per giustitia<br />
abbino gli oratori a restar consolati, acciocché insieme io serva Vostra Signoria<br />
Illustrissima, in questo, come in ogni occasione, è debito mio <strong>di</strong> fare.<br />
Et umilissimamente<br />
372<br />
15 marzo 1627
Nell’occasione della vacanza del capitaneato delle militie <strong>di</strong> Monte Cerignone per la<br />
morte del capitano Camillo Roncone, è stato da me deputato nuovo capitano<br />
Ludovico Paciotto da <strong>Urbino</strong>, ch’è solito abitare in Monte Cerignone, et è soggetto<br />
che ha servito Nostro Signore nell’occasione della Valtellina onoratamente, sicome<br />
mi ha scritto il signor Generale Conti.<br />
Egli ha prestato il solito giuramento che mando alligato.<br />
Et umilissimamente<br />
19 marzo 1627<br />
Mi fu ier l’altro resa la lettera che Vostra Signoria Illustrissima mi scrive sotto li 24<br />
febraro per l’ispe<strong>di</strong>tione della causa de’ confini che il conte Francesco della Porta ha<br />
in quest’au<strong>di</strong>enza, et io non ho mancato <strong>di</strong> or<strong>di</strong>nare a questi au<strong>di</strong>tori che ci atten<strong>di</strong>no<br />
per spe<strong>di</strong>rla quanto prima.<br />
Ma per essersi longhissimo <strong>di</strong> trent’anni in circa trattata questa causa, vi sono volumi<br />
grossi <strong>di</strong> processo, et oltre la premura che hanno contro il conte gl’uomini istessi<br />
ch’egli vorria comprendere dentro de’ suoi<br />
373<br />
confini, viene anco alla causa la città <strong>di</strong> Gubbio, et vi ha interesse la Camera Ducale,<br />
onde convenendo nell’intendere le ragioni <strong>di</strong> tutti questi interessati darli la<br />
conveniente so<strong>di</strong>sfatione, la cosa porta più longhezza <strong>di</strong> quel che io vorrei per<br />
eseguire la volontà che ella si compiace mostrare che presto segua l’ispe<strong>di</strong>tione<br />
sudetta, la quale però non lascerò <strong>di</strong> procurare per servire in tutto quel che da me si<br />
possa a Vostra Signoria Illustrissima, et così saria bene che facesse il conte<br />
Francesco, con tener qui avvocato et procuratore che informino l’au<strong>di</strong>enza, acciò ne<br />
possi seguire l’effetto dell’ispe<strong>di</strong>tione.
Io supplico Vostra Signoria Illustrissima a conservarmi nella gratia sua.<br />
Et umilmente<br />
21 marzo 1627<br />
Ho commesso al luogotenente <strong>di</strong> Gubbio che con gl’interrogatori inviatimi facci la<br />
repetitione <strong>di</strong> Malvezzo Mazzincollo nella causa <strong>di</strong> Effraim ebreo, secondo l’or<strong>di</strong>ne<br />
che ne tengo per due lettere <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, et subito ch’egli avrà ciò<br />
fatto, et rimessomi l’esame in forma autentica, l’inviarò a Vostra Signoria<br />
Illustrissima, alla quale ecc.<br />
374<br />
22 marzo 1627<br />
Il signor duca da quattro o cinque giorni in qua è molestato dalla podagra in un piede,<br />
et sta in letto, ma non ha febre, et s’intende non esser mal grave.<br />
Non ho però voluto lasciare <strong>di</strong> darne conto a Vostra Signoria Illustrissima, alla quale<br />
ecc.<br />
29 marzo 1627<br />
Mando alligata la repetitione fatta dal luogotenente <strong>di</strong> Gubbio <strong>di</strong> Malvezzo<br />
Mazzincollo sopra l’interrogatori <strong>di</strong> Effraim Bonforno ebreo, secondo l’or<strong>di</strong>ne che<br />
n’ebbi da Vostra Signoria Illustrissima, alla quale umilmente<br />
In esecuzione <strong>di</strong> quanto, secondo la mente <strong>di</strong> Nostro Signore, da Vostra Signoria<br />
Illustrissima mi viene imposto, ho fatto cavar in forma autentica instromento del
primo giuramento <strong>di</strong> fedeltà che prestò, sotto li 27 d’agosto 1625, il conte Annibale<br />
Ubal<strong>di</strong>no, castellano della fortezza <strong>di</strong> Sinigaglia, e le mando con la presente alligato.<br />
Et umilmente<br />
Il signor duca si è liberato dalla podagra, et si levò dal letto doi o tre giorni sono, et è<br />
poi uscito <strong>di</strong> casa alla solita sua ricreatione.<br />
375<br />
2 d’aprile 1627<br />
Ebbi l’altro ieri la lettera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima delli 3 del passato con il<br />
memoriale <strong>di</strong> Pier – Francesco Bonadrati da Rimini et con la raccomandazione che si<br />
compiace farmi, oltre gl’interessi <strong>di</strong> lui, per la quiete anco e pace fra li Brancaleoni,<br />
conti del Piobico, e la madre, intorno a che devo rappresentare a Vostra Signoria<br />
Illustrissima che il Bonadrati è stato e sarà da me protetto, né riceverà pregiu<strong>di</strong>tio<br />
alcuno.<br />
Avrei molto desiderato che mi fosse riuscito <strong>di</strong> concordare le liti che vertono fra la<br />
contessa et i figlioli, ma, per molte persuationi et <strong>di</strong>ligenze che io ci abbi usate, non<br />
ho potuto cavarne alcun frutto, non solo per la molta <strong>di</strong>versità delle pretensioni e<br />
pareri, ma anco per alienatione degl’animi incominciata già lungo tempo fa.<br />
Non lasciarò per il tempo che sarò qui <strong>di</strong> rinovare altri uffici simili, desiderando che<br />
ne segua qualche buon’effetto per il bene <strong>di</strong> ambe le parti, e maggiormente per<br />
obe<strong>di</strong>re all’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, alla quale umilmente<br />
Per informatione del contenuto nel memoriale presentato a Vostra Signoria<br />
Illustrissima
376<br />
da Cristofaro Bartolucci da Castel Durante, debbo riferirle che l’omici<strong>di</strong>o per il quale<br />
è stato condannato fu da lui commesso non con insi<strong>di</strong>e e pro<strong>di</strong>tione, ma per occasione<br />
d’aver incontrato <strong>di</strong> notte uno in detta terra et volerlo riconoscere, et si crede che non<br />
conoscesse né avesse volontà <strong>di</strong> uccidere quel che morì, ma piutosto avesse<br />
mal’animo contro un’altro, et dopo ciò l’istesso oratore ha servito per au<strong>di</strong>tore del<br />
terzo de’ soldati d’<strong>Urbino</strong>.<br />
Non è parso conveniente ora rimetterlo in questo stato, ove, essendo commesso il<br />
delitto poco tempo fa, avria potuto esser <strong>di</strong> scandalo il vederlo praticare, il che non<br />
saria in Roma e nel stato ecclesiastico, onde crederei che potesse esser consolato<br />
della gratia che domanda <strong>di</strong> un salvo condotto o non gravetur 131 per un’anno , mentre<br />
così piaccia a Nostro Signore et a Vostra Signoria Illustrissima.<br />
Et rimettendo l’istesso memoriale umilmente<br />
Il signor duca si è – come scrissi - liberato dalla podagra, et ha continuato d’uscire a<br />
ricreatione, et anco a caccia, facendo correre d’alcuni lepri e daini, et ora va alli<br />
<strong>di</strong>vini offici alla Chiesa de’ chierici minimi.<br />
S’intende però che, sebene anco per il passato si è lamentato <strong>di</strong> dolerli lo stomaco,<br />
ora molto più <strong>di</strong> prima se ne doglia<br />
e lamenti.<br />
Et umilissimamente<br />
377<br />
131 Privilegio consistente nel non poter essere citato in giu<strong>di</strong>zio per un certo tempo; rientra in tale antica formula della<br />
giurisprudenza la recente proposta <strong>di</strong> sospensione dei processi penali nei confronti delle alte cariche dello stato.
4 <strong>di</strong> aprile 1627<br />
Il signor Filippo Cospi, gentiluomo bolognese, che qui appresso <strong>di</strong> me <strong>di</strong>mora, mi ha<br />
instantemente 132 ricercato <strong>di</strong> fare a Vostra Signoria Illustrissima relatione <strong>di</strong> lui per<br />
esserli stato proposto nell’occasione della rota, il che io recusavo per quel che da lei<br />
me ne fu scritto, ma affermandomi esso che tuttavia <strong>di</strong> vari soggetti si piglia<br />
informatione, ho creduto potervi esser succeduta <strong>di</strong>fficoltà nel primo pensiero <strong>di</strong><br />
Nostro Signore, et non ho saputo negarli <strong>di</strong> testificare con la presente a Vostra<br />
Signoria Illustrissima che, avendone io sin del 1616 buona relatione, lo chiamai a<br />
Venetia e lo tenni oltre due anni per au<strong>di</strong>tore, lasciandolo ivi alla mia partita con<br />
autorità <strong>di</strong> trattare in collegio, come fece alcune volte con riuscire onoratamente, e<br />
<strong>di</strong>poi nel governo <strong>di</strong> Roma mi servì per giu<strong>di</strong>ce civile sinché se ne tornò a Bologna,<br />
ove ha letto alcuni anni in stu<strong>di</strong>o.<br />
Lo deputai nel principio dell’anno passato per au<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> quest’au<strong>di</strong>enza, et da tutto<br />
il stato si approva la bontà e valor suo, et io crederei che, quando fosse onorato della<br />
rota, fosse per riuscirci benissimo, et per esser a Nostro Signore et a Vostra Signoria<br />
Illustrissima servitore fedelissimo.<br />
Et umilissimamente<br />
378<br />
6 d’aprile 1627<br />
Sono avvisato che il signor duca è in stato pericoloso et che il me<strong>di</strong>co l’ha trovato<br />
debolissimo et quasi senza polso, onde teme assai della sua vita, massime aborrendo<br />
il pigliar cibo, per il che con fatica se li è fatto pigliare un poco <strong>di</strong> brodo, et il fasti<strong>di</strong>o<br />
132 Avverbio (oggi <strong>di</strong>venuto raro) che significa ‘con insistenza’.
et il dolor <strong>di</strong> stomaco, che io significai, è cresciuto; me ne scrive il conte Ottavio<br />
Mamiani, seben alquanto meno <strong>di</strong> quel che ho inteso per altra via.<br />
Io ho stimato debito mio dar conto a Nostro Signore et a Vostra Signoria Illustrissima<br />
del tutto con la presente staffetta, con mandar anche l’istessa lettera del conte.<br />
Se il caso della morte verrà io userò tutte le <strong>di</strong>ligenze che convengono per il servitio<br />
<strong>di</strong> Sua Santità e della Santa Sede Apostolica.<br />
Et continuerò a rappresentare quel che succederà.<br />
Et umilmente<br />
9 d’aprile 1627<br />
Martedì <strong>di</strong>e<strong>di</strong> conto a Vostra Signoria Illustrissima <strong>di</strong> quel che avevo saputo<br />
dell’in<strong>di</strong>spositione del signor duca, ora debbo riferire essersi ultimamente inteso che<br />
l’inappetenza de’ giorni passati è <strong>di</strong>minuita, e così la debo=<br />
379<br />
lezza, ma conviene che usi li cibi liqui<strong>di</strong> per rispetto del stomaco, esce in carrozza a<br />
ricreatione, et che tenevano non esser per riaversi, ora per l’ultime lettere s’intende<br />
che ne stanno dubi, et piutosto inclinano che tirerà innanzi, sebene la verità è che<br />
sono uomini <strong>di</strong> poca consideratione e l’istesso duca ne fa poco conto.<br />
Riferirò con altre mie <strong>di</strong> quel che <strong>di</strong> nuovo s’intenderà.<br />
Et umilmente<br />
Aggiunta <strong>di</strong> propria mano <strong>di</strong> Sua Signoria illustrissima
Il male era tenuto così grave che, risolvendosi in un subito, porge occasioni <strong>di</strong><br />
sospettare che Sua Altezza, come ha fatto altre volte, anco ora a posta se sia mostrato<br />
più aggravato che non era.<br />
12 aprile 1627<br />
Ier mattina ricevei le lettere <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima delli 9, et subito, per<br />
uomo a posta, mandai il suo piego all’illustrissimo signor car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> Sant’Onofrio.<br />
Se fosse durato il timore et opinione dell’imminente morte del signor duca, io sarei<br />
andato o avrei mandato <strong>di</strong> nuovo a trattare col signor car<strong>di</strong>nale sudetto delle cose<br />
occorrenti nell’occasione della vacanza, cercando <strong>di</strong> cooperare al servitio <strong>di</strong> Nostro<br />
Signore, ma li continuati avvisi <strong>di</strong> Castel Durante, anche del signor conte Ottavio,<br />
portano la reinte=<br />
380<br />
gratione <strong>di</strong> Sua Altezza al stato <strong>di</strong> prima, con la ricuperatione dell’appetito et del<br />
polso, et che al presente non vi è occasione <strong>di</strong> temer verisimilmente della sua vita,<br />
onde io ho creduto non esser ora a proposito altri trattati in questa materia.<br />
È prudentissimo il pensiero <strong>di</strong> Nostro Signore che le genti d’arme dello stato<br />
ecclesiastico siano all’or<strong>di</strong>ne e prossime a questo stato quando vi sia l’occasione <strong>di</strong><br />
pigliare il possesso, ma non vi entrino mentre non si veda resistenza, che in tal<br />
maniera li popoli non riceveranno gravame, et tratteranno con il rispetto conveniente.<br />
Et io credo che da tutti si avrà a quel tempo una piena obe<strong>di</strong>enza, avendo, in ciascun<br />
luogo ove sono stato, lasciati gl’animi <strong>di</strong>spostissimi verso Nostro Signore, et ora qui<br />
in Pesaro ero certo <strong>di</strong> pigliare quietissimamente il possesso.
Vi era ben intorno a’ beni allo<strong>di</strong>ali qualche <strong>di</strong>fficoltà che appartiene alla signora<br />
principessa Vittoria, et io ho fatto stare dei soldati a custo<strong>di</strong>rli, acciocché si proceda<br />
con i termini convenienti <strong>di</strong> ragione.<br />
Rendo umili gratie a Nostro Signore et a Vostra Signoria Illustrissima del pensiero<br />
che hanno d’inviare qua presto Monsignore vescovo <strong>di</strong> Cesena, il quale io anderò ad<br />
aspettare in Fossombrone o Cagli, et egli <strong>di</strong> là potrà più presto conferirsi a Castel<br />
Durante per la visita che io credo che averà da fare del signor duca.<br />
Et umilmente<br />
381<br />
15 d’aprile 1627<br />
Continuano gli avvisi <strong>di</strong> Castel Durante che il signor duca si sia riavuto et ritornato al<br />
stato <strong>di</strong> prima con cibarsi convenientemente et uscire in carrozza a ricreatione et anco<br />
a caccia.<br />
Dicono però alcuni che l’hanno visto essergli parso più estenuato e pallido che non<br />
era innanzi quest’ultimo male.<br />
È arrivato a Castel Durante il marchese Giovanni Cristoforo Malaspina, mandato<br />
dalle altezze <strong>di</strong> Toscana a congratularsi con il signor duca sudetto della<br />
convalescenza e sanità sua, et portargli alcuni ogli.<br />
Con l’occasione passata si è conosciuto che alla morte <strong>di</strong> Sua Altezza vi saranno<br />
molte controversie sopra i beni allo<strong>di</strong>ali, e la città <strong>di</strong> Pesaro sta assai fissa in<br />
ricuperare alcune mole che già cedette al signor duca.<br />
Io, per schivare alcuna invasione de facto ci ho fatto stare nel tempo sospetto alcuni<br />
soldati per guar<strong>di</strong>a.<br />
Et umilissimamente
23 <strong>di</strong> aprile 1627<br />
Nell’anno 1625 il conte Annibale Ubal<strong>di</strong>ni, come castellano della<br />
382<br />
rocca <strong>di</strong> Sinigaglia, del mese d’agosto giurò nella forma che Vostra Signoria<br />
Illustrissima mi ha rimesso l’istromento, il qual giuramento fu poi da lui replicato alli<br />
6 d’ottobre dell’istess’anno, et perché occorsero alcuni <strong>di</strong>ffetti in quelli giuramenti fu<br />
da lui preso il terzo giuramento sotto l’istesso mese d’ottobre alli 24, nella quale si<br />
suplirno tutti li soldati 133 <strong>di</strong>ffetti, che sono gli stessi contenuti nel foglio mandatomi<br />
da Vostra Signoria Illustrissima con l’instromento del primo giuramento, onde io ora<br />
ho fatto cavare il terzo giuramento sudetto, e lo mando alligato.<br />
Et quando sarà arrivato qua Ludovico Paciotto, capitano delle militie <strong>di</strong> Monte<br />
Cerignone, chiamato da me per tale effetto, farò che si replichi et accomo<strong>di</strong> il suo<br />
giuramento nella parola che ci manca, et ne manderò l’instrumento.<br />
Et umilmente<br />
25 d’aprile 1627<br />
Mi ha riferto il mio segretario, tornato ultimamente da Castel Durante, ove l’ho<br />
mandato a complire col signor duca nell’occasione della mia partenza, che Sua<br />
Altezza conserva nel trattare li soliti spiriti e sensi, et è quasi ritornato al stato in<br />
ch’era inanzi a quest’ultimo male; gli dura però qualche fiacchezza, e l’appetito non è<br />
in=<br />
133 Certamente una variante <strong>di</strong> ‘sullodati’, vale a <strong>di</strong>re suddetti, citati in precedenza nel testo.
383<br />
tieramente recuperato, ma alli cibi buoni preferisce altri manco buoni.<br />
Li ha detto il signor duca che per l’età et in<strong>di</strong>spositione sua è per viver poco, et che<br />
pensa solo all’anima, ma poi ha <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> voler pigliar appresso un me<strong>di</strong>co valente,<br />
con grossa provisione, per averne buoni consigli e cura.<br />
Si aspetta in Castel Durante un ambasciatore che manda il signor duca <strong>di</strong> Mantova;<br />
non si sa, oltre la congratulatione della convalescenza, se abbia altro negotio.<br />
Et umilmente<br />
Essendosi, per suoi particolari bisogni, licentiato da quel servitio il soldato che<br />
serviva per luogotenente nella rocca <strong>di</strong> Pesaro, et come tale aveva già preso il<br />
giuramento, si è da lui dato all’altro soldato che li è successo nel carico simil<br />
giuramento nella forma solita, del quale io mando alligato l’instromento.<br />
Et umilmente<br />
29 aprile 1627<br />
Mando alligato l’instromento del giuramento che <strong>di</strong> nuovo ha prestato il Paciotto,<br />
capitano delle militie <strong>di</strong> Monte Cerignone, nel quale è aggiunta la parola assieme che<br />
il notario aveva lasciata nell’<br />
altro giuramento.<br />
384
Et umilissimamente<br />
2 <strong>di</strong> maggio 1627<br />
Approssimandosi il tempo della venuta <strong>di</strong> Monsignor Campeggi, ho pensato <strong>di</strong><br />
conferirmi mercordì a Fossombrone per andare <strong>di</strong> poi a Cagli et ad un’altra terra più<br />
vicina a’ confini, ove tratterò con esso Monsignore per informarlo et ricordarli tutto<br />
quello che conosco esser servitio <strong>di</strong> Nostro Signore et della Sede Apostolica.<br />
Del signor duca continuano gli avvisi che non ha ora alcun male, ma è assai<br />
estenuato.<br />
Et umilmente 134<br />
389<br />
Contenuto delle cifere venute da Roma<br />
18 <strong>di</strong> giugno 1625 <strong>di</strong> Roma<br />
Per cose spettanti al Tribunale del Sant’Officio sarebbe necessario d’assicurarsi della<br />
persona del marchese Giulio della Rovere, essendosi presa tal risolutione nella<br />
congregatione del Sant’Officio tenuta avanti Nostro Signore sotto li 20 del corrente.<br />
134 Le pagine conclusive del manoscritto contengono comunicazioni originariamente realizzate attraverso un co<strong>di</strong>ce<br />
cifrato, inviate da Roma ad <strong>Urbino</strong> (pagine 389 - 402) e da <strong>Urbino</strong> a Roma (pagine 403 - 421); le quattro pagine che<br />
seguono l’ultima trascritta (pagine 385 - 388) contengono invece due lunghe tabelle <strong>di</strong> corrispondenze tra numeri e<br />
parole (es. rivoluzione 252, turco 756, ecc.) attraverso le quali veniva effettuata la laboriosa decifrazione dei messaggi.<br />
Considerata la particolare natura del materiale, si è ritenuto opportuno omettere la trascrizione delle tabelle suddette,<br />
rimandando alla consultazione del manoscritto originale gli specialisti eventualmente interessati ai sistemi crittografici<br />
anticamente in uso; a tale riguardo si osserva che le pagine contenenti i sistemi <strong>di</strong> decifrazione si chiudono con la scritta<br />
‘Rinnovata ai 28 aprile 1626’.
Ma, essendosi insieme considerato che l’esecutione <strong>di</strong> quest’or<strong>di</strong>ne potrebbe<br />
incontrare costà molte <strong>di</strong>fficoltà e partorire inconvenienze quando non seguisse con<br />
partecipatione del signor duca, si è risoluto <strong>di</strong> scrivere a vostra signoria, che consideri<br />
attentamente la qualità del fatto con tutte le circostanze che l’accompagnano e le<br />
conseguenze che ne possono venire, e, giu<strong>di</strong>cando che Sua Altezza non sia per<br />
acconsentire alla carceratione del marchese neanche persuasa dal confessore, del<br />
quale vostra signoria potrebbe valersi per <strong>di</strong>sporla a non impe<strong>di</strong>re il corso della<br />
giustizia in casi del Sant’Officio, in tal caso sopraseda, et <strong>di</strong>ca il parer suo intorno al<br />
modo che si potrebbe in ciò tenere, avvisando particolarmente se il marchese sudetto<br />
suole uscire da cotesto stato, et se sia per uscire <strong>di</strong> breve, et in che parte<br />
390<br />
et il medesimo faccia quando si trovasse aver conferito col signor duca il negotio et<br />
esso repugnasse all’esecuzione.<br />
Ma s’ella pensa <strong>di</strong> poter ottenere dalla pietà e zelo <strong>di</strong> Sua Altezza il beneplacito suo<br />
in quest’attione, et effettivamente vi concorra e non si possa temere <strong>di</strong> altro grave<br />
inconveniente, vostra signoria allora con ogni sicurezza et secretezza possibile faccia<br />
fare la cattura del marchese, e lo rimetta subito ben guardato a Macerata,<br />
incaricandone per parte <strong>di</strong> Nostro Signore al governatore della Marca la buona<br />
custo<strong>di</strong>a, et dando quietamente qui avviso quando poi egli sarà ridotto nello stato<br />
ecclesiastico, et non prima.<br />
Nostro Signore vuole che Vostra Signoria ne <strong>di</strong>a parte alla signora duchessa,<br />
assicurandola, in nome <strong>di</strong> Sua Santità, che la carceratione è seguita per cause del<br />
Sant’Officio, che non si potevano <strong>di</strong>ssimulare, il che Sua Beatitu<strong>di</strong>ne s’è persuasa che<br />
Sua Altezza, per la grande pietà et prudenza sua, piglierà in buona parte, sotto il<br />
segreto solito nelle cose solite <strong>di</strong> questo tribunale, il cui sigillo è inviolabile.
Senza incorso nella scomunica <strong>di</strong> lata sentenza si commette a vostra signoria questo<br />
importante negotio, del quale non dovrà assolutamente trattare con altri, né in altro<br />
modo che nell’accennato <strong>di</strong> sopra, ecc.<br />
391<br />
19 <strong>di</strong> giugno 1625<br />
Il ritorno del Lunati a questa città, avvisato da Vostra Signoria con le sue lettere, mi<br />
porge occasione <strong>di</strong> <strong>di</strong>rle che invigili molto bene per osservare gli andamenti <strong>di</strong> lui et<br />
s’assicuri, come da Nostro Signore vien creduto, che egli non abbia altri fini che<br />
quelli del condur via il preteso terzo, e se fra quelli che si assoldano vengono toscani,<br />
o altri che non siano <strong>di</strong> cotesto stato, è necessario parimente che vostra signoria, per<br />
quiete <strong>di</strong> Nostro Signore, <strong>di</strong>ca se quelli del Magistrato della Leva et se i capitani et<br />
officiali fino a quest’ora <strong>di</strong>chiarati, sono devoti a questa Santa Sede e <strong>di</strong> quelli che, al<br />
tempo della morte del duca, bramano <strong>di</strong> cader sotto la Chiesa imme<strong>di</strong>atamente.<br />
Imperocché, essendo altrimente, converrebbe molto <strong>di</strong> tener gl’occhi sopra <strong>di</strong> questo<br />
ancora.<br />
Quanto al marchese del Vasto, ha vostra signoria dato prudente parere al signor duca,<br />
et assolutamente non è bene che questo cavaliere, il quale altre volte ha avuto delle<br />
speranze (benché nelle cose che meramente attengono a Sua Altezza), <strong>di</strong>mori punto<br />
in coteste parti.<br />
Ella, subito che avrà saputa la risolutione che avrà presa il duca, me <strong>di</strong>a avviso, e, se<br />
col prevenire può impe<strong>di</strong>re la sua venuta, sarà a Nostro Signore molto accetto.<br />
392<br />
28 <strong>di</strong> febraro 1626
Per degni rispetti non ha potuto negare la santità <strong>di</strong> Nostro Signore al Fatio<br />
quell’ufficio che Vostra Signoria Illustrissima leggerà in una mia lettera, ma Sua<br />
Beatitu<strong>di</strong>ne mi ha commandato <strong>di</strong> <strong>di</strong>rle a parte che non intende venga in alcun conto<br />
violentato il consenso della giovane né <strong>di</strong> chi ha cura <strong>di</strong> essa, et che se Vostra<br />
Signoria Illustrissima non conosce il partito proportionato, ancora per altro faccia <strong>di</strong><br />
maniera che chi ha cura <strong>di</strong> detta fanciulla si avvegga <strong>di</strong> rimanere in sua total libertà.<br />
22 d’aprile 1626<br />
Alla cifera <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima sopra l’appuntamento che <strong>di</strong> nuovo ella ha<br />
preso col signor Capizucchi, mi ha commandato Nostro Signore <strong>di</strong> risponderle che<br />
riposa nella puntuale sollecitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> ambedue.<br />
All’altra che ragiona della mutatione del governatore delle armi <strong>di</strong> San Leo et <strong>di</strong><br />
porre in luogo del Peruzzini il Biliar<strong>di</strong>, le <strong>di</strong>ce che, essendo a noi note le con<strong>di</strong>tioni<br />
delle persone, Sua Santità si rimette al prudentissimo giu<strong>di</strong>cio <strong>di</strong> Vostra Signoria<br />
Illustrissima nell’elettione del Biliar<strong>di</strong> o del Gabrielli o del Beni, solamente ha<br />
soggiunto Nostro Signore non parergli che il Peruzzini abbia demeritato, et che,<br />
levandolo senza impiegarlo<br />
393<br />
altrove, può essere ch’egli apprenda che s’abbia sospetto <strong>di</strong> sua fede, et che rimanga<br />
<strong>di</strong>sgustato.<br />
Aggiungasi che il vescovo <strong>di</strong> Pesaro ancora può arguire che <strong>di</strong> lui s’abbiano concetti<br />
sinistri; tuttavia questo si <strong>di</strong>ce per mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> consideratione, e non per senso particolare<br />
ch’abbia Sua Beatitu<strong>di</strong>ne contro quello ch’è sovvenuto a Vostra Signoria<br />
Illustrissima, ch’è sul fatto, e meglio <strong>di</strong> noi conosce le persone et <strong>di</strong>scerne il bisogno.
Ricorda bene a Vostra Signoria Illustrissima Nostro Signore il mandar quanto prima<br />
l’au<strong>di</strong>enza ad <strong>Urbino</strong>, imperocché ben sanno gli urbinati che questa so<strong>di</strong>sfattione la<br />
dà loro Vostra Signoria Illustrissima, e che suo è stato il pensiero, non <strong>di</strong> Monsignore<br />
arcivescovo, <strong>di</strong>ca egli e faccia pre<strong>di</strong>care ciò che si vuole, né è ragione che per le<br />
parole <strong>di</strong> lui o ella s’inquieti, o rimanghino <strong>di</strong>sgustati i popoli, o resti non fatto nel<br />
miglior modo che sia possibile il servitio <strong>di</strong> Sua Santità.<br />
E perché Nostro Signore intende che quello Giusti, che fu qua, può dal suo canto<br />
procurare la quiete <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima se così trova buono, lo chiami a<br />
sé, gli ricor<strong>di</strong> quel che dovrà fare perché ne [spazio bianco] obsequente al volere <strong>di</strong><br />
Nostro Signore in quel che gli verrà <strong>di</strong> mano in mano significato da Vostra Signoria<br />
Illustrissima e non da altri.<br />
Nel rimanente sarà <strong>di</strong> minor <strong>di</strong>sturbo a Sua Santità s’ella rimarrà servita <strong>di</strong> compatire<br />
alcune imperfettioni a Monsignore arcivescovo, ecc.<br />
394<br />
7 <strong>di</strong> luglio 1626<br />
Vostra Signoria Illustrissima avrà compreso dalle mie lettere antecedenti che<br />
nell’istesso tempo che a lei giunse avviso della curiosità de’ ministri del gran duca e<br />
del Pitti entro a cotesto stato, a noi n’era venuta novella, ma senza le particolarità<br />
avvisate da lei con la cifera dei 3 intorno alla quale la santità <strong>di</strong> Nostro Signore, dopo<br />
aver sopra <strong>di</strong> essa u<strong>di</strong>to il parere dell’eccellentissimo signor don Carlo, mio fratello,<br />
mi ha commandato <strong>di</strong> rispondere che non approva il far novità veruna nella rocca <strong>di</strong><br />
Sascorbaro, ma sì bene il tener <strong>di</strong>sposta soldatesca a Rimini, da poterla, nel caso della<br />
devolutione o in altro considerabile e <strong>di</strong> momento, spingere subito a Verucchio e<br />
dove farà bisogno a ogni cenno <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima.<br />
E per tutto ciò Sua Eccellenza, <strong>di</strong> commissione <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, darà gli or<strong>di</strong>ni<br />
necessari.
Dell’eccellentissimo signore don Carlo<br />
8 <strong>di</strong> luglio<br />
Con tutto che ai capitani <strong>di</strong> gente pagata, che sono in Romagna e nella Marca, io<br />
<strong>di</strong>e<strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne, come Vostra Signoria Illustrissima sa, quando gli mandai<br />
395<br />
a risedere nelle dette provincie che dovessero con ogni prontezza obe<strong>di</strong>re ai<br />
commandamenti <strong>di</strong> lei come ai miei medesimi, ho non<strong>di</strong>meno stimato necessario <strong>di</strong><br />
rinovare, come fo, questa mia commissione a ciascheduno <strong>di</strong> essi, per i rispetti che<br />
con lettere <strong>di</strong> questa sera vengono accennati a Vostra Signoria Illustrissima del signor<br />
car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> Sant’Onofrio.<br />
Ad ogni piacere <strong>di</strong> lei adunque potrà commandare a tutti et a qualsivoglia <strong>di</strong> loro<br />
quello che stimerà esser servitio della Sede Apostolica con sicurezza <strong>di</strong> dover esser<br />
prontamente obe<strong>di</strong>ta.<br />
Illustrissmo signore car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> Sant’Onofrio<br />
11 luglio 1626<br />
Perché resti sopito questo negotio del Fiorelli, et non nasca in avvenire nuovo<br />
<strong>di</strong>sturbo da cotesti ministri del Sant’Officio, ha commandato la santità <strong>di</strong> Nostro<br />
Signore che sia da Vostra Signoria Illustrissima il padre inquisitore <strong>di</strong> Rimini per<br />
eseguire quanto da lei li sarà imposto, et ella si compiacerà <strong>di</strong> or<strong>di</strong>narli, quando verrà,<br />
che le <strong>di</strong>a nota <strong>di</strong> tutti, o pesaresi o <strong>di</strong> altri luoghi dello Stato d’<strong>Urbino</strong>, che da lui<br />
ebber licenza <strong>di</strong> portar armi, con esprimere la qualità <strong>di</strong> dette armi e del ministerio <strong>di</strong><br />
chi ha la licenza, et che accadendogli mai
396<br />
<strong>di</strong> far carcerare alcuno del suo a cotesto stato a lei ne <strong>di</strong>a prima conto, et che alla<br />
presenza <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima restino avvertiti il capitano Gad<strong>di</strong> et il<br />
locotenente Fiorelli del rispetto che deve portarsi ai ministri, agl’or<strong>di</strong>ni et ai<br />
privilegiati del Sant’Officio, et ch’ella assaolva ambedue a cautela dalle censure nelle<br />
quali per le cose succedute potessero essere incorsi.<br />
Ma tutto questo e quello <strong>di</strong> più che per occasione degl’or<strong>di</strong>ni sopradetti perverrà alla<br />
notizia <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, vuole Nostro Signore che ella il ritenga sotto<br />
il sigillo solito delle cose del Sant’Officio.<br />
5 <strong>di</strong> agosto 1626<br />
I mali termini che usa con Vostra Signoria Illustrissima Monsignore arcivescovo,<br />
oltre che sono irriverentissimi verso <strong>di</strong> lei, hanno troppo del se<strong>di</strong>tioso.<br />
Piacerebbe a Nostro Signore <strong>di</strong> allontanarlo <strong>di</strong> costà, ma né ora lo permette la<br />
stagione, né crede la santità sua che faccia a proposito l’esasperarlo fintanto che con<br />
qualche pretesto possa farsi venir qua.<br />
Anzi vorrebbe Sua Beatitu<strong>di</strong>ne che Vostra Signoria Illustrissima <strong>di</strong>ssimulasse al<br />
possibile con esso lui, et intanto, intorno al procedere ch’ella farà contro i preti più<br />
colpevoli, se lo giu<strong>di</strong>cherà espe<strong>di</strong>ente, pare che Vostra Signoria Illustrissima potrebbe<br />
acquistare almeno per fede estragiu<strong>di</strong>ciale<br />
397<br />
molte cose da provar poi più pienamente contro l’arcivescovo, quando bisognasse<br />
venire a ferri contro <strong>di</strong> lui, ma il segreto sotto sigillo strettissimo <strong>di</strong> scomunica ancora
a quelli che faranno le fe<strong>di</strong>. E più che necessaria è la <strong>di</strong>ssimulatione dal canto <strong>di</strong><br />
Vostra Signoria Illustrissima.<br />
Bisogna avvertir anche <strong>di</strong> non interessare a favor de’ preti rei la città, sicome senza<br />
dubbio Vostra Signoria Illustrissima da sé medesima saprà ben considerare; né<br />
conviene in<strong>di</strong>rizzare il processo contro l’arcivescovo, né interrogare principalmente<br />
contro <strong>di</strong> lui.<br />
Tutto ciò pare che possa farsi per ora; se a lei sovviene <strong>di</strong> vantaggio, o se ha da <strong>di</strong>rvi,<br />
soprasegga bisognando, et avvisi.<br />
Si manda l’aggiunta per l’arcivescovo, affinché Vostra Signoria Illustrissima le faccia<br />
avere ricapito, parendole opportuna.<br />
26 d’agosto 1626<br />
Acciocché gl’urbinati abbino cagione <strong>di</strong> sentir con men livore e <strong>di</strong>sgusto la<br />
risolutione che Vostra Signoria Illustrissima prenderà <strong>di</strong> condurre l’au<strong>di</strong>enza fuori<br />
d’<strong>Urbino</strong>, ella consideri con la solita sua prudenza se nell’esecutione <strong>di</strong> questo<br />
particolare potesse aver luogo un decreto che il levare la medesima au<strong>di</strong>enza fuori<br />
d’<strong>Urbino</strong> segua senza pregiu<strong>di</strong>tio delle ragioni <strong>degli</strong> urbinati, et in solo riguardo della<br />
sanità <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima.<br />
398<br />
3 <strong>di</strong> ottobre 1626<br />
Per molte e molte <strong>di</strong>ligenze ufficiose che sono state fatte con Monsignore<br />
arcivescovo d’<strong>Urbino</strong> a fine <strong>di</strong> tirarlo qua amorevolmente anche sotto colore ch’egli<br />
sarebbe stato u<strong>di</strong>to in sua giustificatione sopra i successi avvenuti costà quando<br />
Vostra Signoria Illustrissima vi giunse, altro non si è potuto cavare che una lettera
<strong>di</strong>retta a Nostro Signore ch’egli sarebbe venuto quanto prima la stagione il<br />
comportasse, et che intanto egli supplicava Sua Beatitu<strong>di</strong>ne a serbargli un’orecchia,<br />
ma, essendo stato replicatogli che detta lettera non fu presentata, parendo poco pronta<br />
e <strong>di</strong>latoria l’offerta, e venendogli persuaso dall’amico suo che in occasione del<br />
passaggio per l’Umbria <strong>di</strong> Monsignore mio illustrissimo car<strong>di</strong>nale Barberino arebbe<br />
dovuto prendere questa occasione tanto onorevole <strong>di</strong> venir servendo Sua Signoria<br />
Illustrissima in qua, egli facendosi più lontano che mai, a questo ha repplicato, ne’<br />
venti del caduto, che il giorno seguente voleva tornare in visita della montagna per<br />
tenervi la cresima, senza la quale quattor<strong>di</strong>ci anni <strong>di</strong>ce egli che sono stati quei<br />
miserelli, et che quanto al venire col signor car<strong>di</strong>nale Barberino non glielo permette<br />
l’età sua grave <strong>di</strong> far lunghi viaggi con evidente pericolo della vita, et tan=<br />
399<br />
to meno gli fa <strong>di</strong> bisogno quanto Vostra Signoria Illustrissima parla <strong>di</strong> lui con<br />
molt’onore, e mostra segni <strong>di</strong> voler pur gra<strong>di</strong>re la servitù sua e <strong>di</strong>chiararsene<br />
espressamente qua.<br />
E, sebene questo modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re ha della declinatoria piutosto che della <strong>di</strong>latoria,<br />
non<strong>di</strong>meno, prima <strong>di</strong> venire ad altra risolutione, Nostro Signore ha giu<strong>di</strong>cato ben <strong>di</strong><br />
farsi presentare la lettera che molti giorni fa scrisse detto Monsignore, per<br />
appoggiarvi sopra la mia risposta che mando aperta con questa, affinché, se Vostra<br />
Signoria Illustrissima crede che possa fare il colpo desiderato, <strong>di</strong> tirar qua soavemente<br />
l’arcivescovo, gli facci avere fidato recapito.<br />
E, caso che ella pensasse altrimenti, me la riman<strong>di</strong> con <strong>di</strong>re il suo parere intorno alla<br />
via che potrebbe tenersi per arrivare al medesimo fine, ovvero se al giu<strong>di</strong>tio <strong>di</strong> lei<br />
basterebbe un’or<strong>di</strong>ne al medesimo Monsignore ch’essendo mutato lo stato del<br />
negotio tutto e della persona <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, renda egli li brevi che<br />
ha e l’originale instruttione, volendo Sua Beatitu<strong>di</strong>ne che, sicome fu scritto
circolarmente a chiunque ne aveva, che non se ne servisse senz’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Vostra<br />
Signoria Illustrissima, così oggi non possa servirsene se da lei non gli saranno<br />
rimandati.<br />
E, per maggiormente colorare la cosa, si pensarebbe <strong>di</strong> scrivere al presidente <strong>di</strong><br />
Romagna et al governatore della Marca et Umbria, et al vescovo <strong>di</strong> Pesaro ancora,<br />
che per messo sicuro espres=<br />
400<br />
so mandassero i recapiti che hanno concernenti la devolutione d’<strong>Urbino</strong> a Vostra<br />
Signoria Illustrissima, ma nulla si farà <strong>di</strong> ciò sintanto che non si sa quel che alla<br />
somma prudenza <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima sarà sovvenuto.<br />
Ella si compiaccia ancora <strong>di</strong> far riscossione caso che lei si risolva <strong>di</strong> mandare<br />
l’aggiunta lettera all’arcivescovo, <strong>di</strong> scrivergli ancor ella un verso amorevole, il quale<br />
servisse a lui per stimolo <strong>di</strong> <strong>di</strong>rne la ricevuta, ovvero <strong>di</strong> mandarla per persona, la<br />
quale, mostrando <strong>di</strong> avere commissione <strong>di</strong> portarla in <strong>di</strong>ligenza, chiedesse un verso <strong>di</strong><br />
fede <strong>di</strong> aver servito puntualmente.<br />
Tutto questo si suppone che l’arcivescovo sia fuori d’<strong>Urbino</strong>, imperocché, s’egli sarà<br />
costì, ella potrà mandare persona tale a cui possa darsi fede della presentata <strong>di</strong> detta<br />
lettera.<br />
17 d’ottobre 1626 signore car<strong>di</strong>nale Barberino<br />
Rimandasi a Vostra Signoria Illustrissima la lettera del signor car<strong>di</strong>nale Sant’Onofrio,<br />
responsiva a quel che scrisse a Nostro Signore Monsignore arcivescovo d’<strong>Urbino</strong>, e<br />
poiché tuttavia giu<strong>di</strong>ca molto saggiamente che la permuta o risegna non verrebbe<br />
acconsentita da lui, si lascerà <strong>di</strong> pensarvi anche per altri rispetti, ma in arbitrio <strong>di</strong> lei<br />
sarà <strong>di</strong> mandare a
401<br />
Monsignore sudetto la detta lettera con le cautele avvisate, o <strong>di</strong> ritenerla.<br />
Intanto, dovendo venire a Sinigaglia il signor car<strong>di</strong>nale Sant’Onofrio, Sua Beatitu<strong>di</strong>ne<br />
giu<strong>di</strong>ca questa occasione opportunissima per tor <strong>di</strong> mano a Monsignore arcivescovo<br />
et agl’altri, eccettuatane sempre Vostra Signoria Illustrissima, i brevi et le instruttioni<br />
concernenti la devolutione <strong>di</strong> cotesto stato, imperocché non può cagionare meraviglia<br />
che, venendo costà un fratello <strong>di</strong> Sua Santità, e trovandovese Vostra Signoria<br />
Illustrissima car<strong>di</strong>nale, in lor due soli rimangono le facoltà ripartite negl’altri, i quali<br />
dovranno rimandarle al signor car<strong>di</strong>nale Sant’Onofrio e da lui o da Vostra Signoria<br />
Illustrissima attenderne a suo tempo gl’or<strong>di</strong>ni opportuni.<br />
21 novembre 1626<br />
Ha gra<strong>di</strong>to Nostro Signore l’avviso <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima circa le monitioni<br />
che si portano nel Sasso <strong>di</strong> Simone, e loda ch’ella faccia tuttavia osservare<br />
gl’andamenti de’ toscani, i quali si scusano con <strong>di</strong>re che due anni fa non fecero ivi le<br />
solite loro provisioni per non dar gelosia, e perciò ora supliscono.<br />
Quanto al luogo dove dovranno star preparate le nostre per San Leo e Maiolo, Vostra<br />
Signoria Illustrissima potrà significarci il suo parere, ove giu<strong>di</strong>cherà che sia più<br />
opportuno, acciò<br />
402<br />
possano apparecchiarvesi per il caso che ella considera.
12 <strong>di</strong>cembre 1626<br />
Nella causa <strong>di</strong> Francesco Aniello, già vicario <strong>di</strong> Cosenza, si ha qui per bene che<br />
Vostra Signoria Illustrissima non venga all’escarceratione <strong>di</strong> lui senza darne prima<br />
avviso qua, ma dovrà però tener celato quest’or<strong>di</strong>ne, mostrando che la causa<br />
medesima porti questa <strong>di</strong>latione.<br />
24 febraro 1627<br />
Commenda Nostro Signore l’umanità <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima in far gratia<br />
agli ecclesiastici urbinati, e loda la sua intentione <strong>di</strong> licentiare ancora Francesco<br />
Aniello, già vicario <strong>di</strong> Cosenza, dalla rocca <strong>di</strong> San Leo, acciocch’egli goda, non meno<br />
che gl’altri, il beneficio della benignità <strong>di</strong> Vostra Signoria Illustrissima, alla quale<br />
tanto m’occorre significare in risposta della sua breve cifera dei 19 del corrente.<br />
403<br />
Contenuto delle cifere mandate a Roma<br />
23 <strong>di</strong> giugno 1625, in <strong>Urbino</strong><br />
Non scopro sin ad ora nel Lunati altro pensiero che <strong>di</strong> mettere insieme soldati,<br />
tuttavia invigilerò osservando le sue attioni.<br />
Gli assoldati, in numero intorno a doicentocinquanta, sono quasi tutti <strong>di</strong> questo stato.<br />
In Pesaro, sebene è assoldato qualche forastiero trovato ivi a caso, ma sono persone<br />
<strong>di</strong> niun valore, né si sa che siano <strong>di</strong> Toscana. 135<br />
135 Nel 1623 c’era stato il fidanzamento dell’ultima <strong>di</strong>scendente dei Della Rovere, duchi <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>, la piccola Vittoria<br />
Feltria della Rovere (Pesaro, 7 febbraio 1622 – Pisa, 5 marzo 1694), figlia <strong>di</strong> Federico Ubaldo della Rovere e Clau<strong>di</strong>a
Il primo au<strong>di</strong>tore del Magistrato della Leva è <strong>di</strong> Castel Durante, e fu da me<br />
conosciuto anticamente sino in Bologna, e si è <strong>di</strong>chiarato voler totalmente da me la<br />
<strong>di</strong>pendenza, e mi avvisa <strong>di</strong> quanto nella loro congregatione si tratta; l’altro au<strong>di</strong>tore è<br />
<strong>di</strong> Cagli, persona <strong>di</strong> buona mente che <strong>di</strong>pende solo dal signor duca; v’interviene<br />
l’avvocato fiscale urbinate, et desidera la gratia <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, et farà quanto da<br />
me gli sarà accennato; l’ultimo del magistrato è il capitano Corboli, <strong>di</strong> questa città,<br />
ch’è tenuta persona quieta et <strong>di</strong>pendente anche solo da Sua Altezza.<br />
È sargente maggiore il capitano Cavalca, nativo del stato <strong>di</strong> Parma, ma vissuto qui<br />
con un fratello da giovane al ser=<br />
404<br />
vitio del signor duca, et per l’amorevolezza che ho contratta seco, e per la sua<br />
dependenza e parentela che ha col conte Ottavio, non credo potersi temere <strong>di</strong> lui cosa<br />
contro il servitio <strong>di</strong> Sua Santità.<br />
I capitani sono nativi <strong>di</strong> questo stato, et quasi tutti da me conosciuti per soggetti<br />
onorati, mi hanno visitato et tutti si mostrano desiderosi della gratia <strong>di</strong> Sua<br />
Beatitu<strong>di</strong>ne, et in somma io non veggo dal Lunati in fuori impiegata persona la quale<br />
al presente <strong>di</strong>penda da altro principe che dal signor duca, né dopo la morte <strong>di</strong> Sua<br />
Altezza inclinatione ad altro che a Sua Santità, et il medesimo posso <strong>di</strong>re <strong>di</strong> questa<br />
soldatesca che si fa per lo stato, e quelli pochi forastieri non sono da farne conto ecc.<br />
Il signor duca ha risposto alle lettere, con le quali io gli <strong>di</strong>e<strong>di</strong> parere che non era<br />
espe<strong>di</strong>ente il permettere la venuta in questo stato del marchese del Vasto, che gli<br />
de' Me<strong>di</strong>ci, col cugino tre<strong>di</strong>cenne Fer<strong>di</strong>nando II de' Me<strong>di</strong>ci, già Granduca sin dal 1621 anche se il governo della<br />
Toscana era allora affidato alla reggenza della madre e della nonna paterna, Cristina <strong>di</strong> Lorena. Essendo la suddetta<br />
Vittoria l'unica erede dei della Rovere, Urbano VIII sapeva che il Granducato <strong>di</strong> Toscana avrebbe potuto riven<strong>di</strong>care<br />
<strong>di</strong>ritti, per altro niente affatto immotivati, sul Ducato <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong> al momento della morte <strong>di</strong> Francesco Maria II della<br />
Rovere; <strong>di</strong> qui il timore <strong>di</strong> infiltrati armati.
pareva dura cosa non consolare la marchesa sua nepote, da lui amata, ma che aveva a<br />
lei ben scritte le <strong>di</strong>fficoltà che s’incontravano nella sua <strong>di</strong>manda.<br />
Io ho stimato bene replicare confirmando il parer dato, con aggiungere alcuna ragione<br />
come che i sud<strong>di</strong>ti <strong>di</strong> Sua Altezza non hanno caro quel signore in questo stato, perché<br />
piglia robba da chi l’occorre et non<br />
405<br />
paga alcuno, né v’è modo <strong>di</strong> provedere a questo et all’altre cose che forse oltre il<br />
gusto gli vengono in pensiero.<br />
Continuerò con tutto ciò con l’istessa persuasione et darò avviso <strong>di</strong> quanto intenderò.<br />
All’illustrissimo signore car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> Sant’Onofrio, d’<strong>Urbino</strong>, 27 giugno 1625<br />
Ho ricevuto or<strong>di</strong>ne dalla Congregazione del Sant’Officio <strong>di</strong> dar braccio al padre<br />
inquistore <strong>di</strong> Perugia per la carceratione et condotta a Perugia <strong>di</strong> alcuni della Pergola,<br />
et poi è venuto qua, a nome suo, il priore confidato d’Assisi per tal effetto, che mi ha<br />
<strong>di</strong>chiarato doversi pigliar Giulio Benvenuti, capitano della militia della Pergola,<br />
Annibale Marino, sargente, Giulio Marini, tutti tre citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> quella terra [spazio<br />
bianco] considerato esser cosa <strong>di</strong>fficile, massime nel tempo <strong>di</strong> questa leva, et ho detto<br />
al confidato et rescritto all’illustrissimo signor car<strong>di</strong>nale Mellino et al padre<br />
inquisitore parermi bene <strong>di</strong> aspettare che siano partiti li soldati, li quali è verisimile,<br />
massime per la qualità del luogo et delle persone, che impe<strong>di</strong>ssero la cattura o la<br />
condotta a Perugia.<br />
Ora supplico d’intendere se piace a Nostro Signore che si faccia a quel tempo detta<br />
cattura, la quale non
406<br />
posso se non lodare, come risolutione della Sagra Congregatione, ma commoverà<br />
grandemente quel popolo per la congiuntione <strong>di</strong> molti con i sudetti inquisiti, et per il<br />
sospetto che altri possino essere travagliati per la medesima causa; et la verità è che<br />
quelle genti sono le più sensitive et bellicose <strong>di</strong> questo stato.<br />
Oltre a ciò supplico <strong>di</strong> sapere se Sua Santità si contenta che io ne avvisi prima il<br />
signor duca, al quale potria <strong>di</strong>spiacere che or<strong>di</strong>nassi senza sua saputa la cattura et la<br />
condotta fuor del stato <strong>di</strong> tanti uomini, et così <strong>di</strong> quella militia, et quando la cattura<br />
siegua bisognerà mettere un’altro capitano, et pigliare il giuramento, et così un’altro<br />
sargente, senza pensiero <strong>di</strong> valersi più <strong>di</strong> questi come <strong>di</strong>sgustati, sebene fossero<br />
assoluti.<br />
Ma questo anco <strong>di</strong>sgusterà maggiormente essi et li loro congiunti, che pretenderanno<br />
<strong>di</strong> surrogar essi amici loro, o che si mettino altri per modo <strong>di</strong> provisione per<br />
ricuperare li loro luoghi, et perché questo importa per il fine che si ha <strong>di</strong> mantener<br />
tutti amorevoli, et non avere nemici o <strong>di</strong>ffidenti al tempo del possesso.<br />
Mi è necessario desiderare anco in ciò <strong>di</strong> sapere la volontà <strong>di</strong> Sua Santità.<br />
28 <strong>di</strong> luglio 1625<br />
407<br />
Mi riferisce il Bruno, 136 mio segretario, aver, nel tempo che l’altr’ieri fu, come scrissi,<br />
a Castel Durante, scoperto che il signor duca spesso, per gusto suo e per burlarsi <strong>di</strong><br />
molti che crede scrivere a Roma del suo fine, si finge star male, usando voce debole<br />
136 I. e. Antonio Bruni, come altrove in<strong>di</strong>cato; non è infrequente la manipolazione <strong>degli</strong> antroponimi, in un’epoca in cui<br />
tanto i nomi quanto i cognomi erano assai incerti e cangianti.
et parole come che presto abbia da morire; et questo per il più lo fa quando ha da<br />
scrivere a Roma, et spe<strong>di</strong>te poi le lettere muta voce et ripiglia il spirito solito.<br />
Dice anche che fu vero il fasti<strong>di</strong>o suo al stomaco per il vomito sforzato et volontario,<br />
il quale fu copioso, ma poi gle n’è tornato bene, stando ora meglio che abbia fatto da<br />
un pezzo in qua ecc.<br />
12 <strong>di</strong> settembre 1625<br />
Il signor duca d’Alva ha pregato il signor duca d’<strong>Urbino</strong> che doman<strong>di</strong> a’ signori<br />
veneziani due mila moschetti, e li faccia venire in alcun luogo a’ confini del regno,<br />
ch’esso manderà a levarli.<br />
Ha Sua Altezza detto con li suoi che, avendo sempre mantenuta con la Repubblica<br />
molt’amorevolezza, non li par dovere far ora tal richiesta per l’instanza che il duca<br />
d’Alva gliene fa a nome proprio, ma che, se il re cattolico glene avesse scritto, l’avria<br />
fatto.<br />
Si è però scusato<br />
408<br />
con il duca d’Alva aggiungendo che si trova aver da trecento in quattrocento<br />
moschetti in Pesaro che si vergogna d’offerirli.<br />
L’Alva non ha risposto altro, ma Sua Altezza ha però or<strong>di</strong>nato che i detti moschetti<br />
s’imbrunischino.<br />
Sono al signor duca state sequestrate o ritenute le entrate che ha nel regno <strong>di</strong> scu<strong>di</strong><br />
trentaquattromila d’entrata, il che gli è molto <strong>di</strong>spiacciuto, et ha scritto alla maestà<br />
cattolica per averle ecc.
5 <strong>di</strong> marzo 1626, in Sinigaglia<br />
È conforme alla solita et singolare prudenza <strong>di</strong> Nostro Signore l’or<strong>di</strong>ne che dà <strong>di</strong><br />
trattare intorno al matrimonio della nipote del Rosa in modo ch’essa et li suoi sappino<br />
non impe<strong>di</strong>rsi la libertà loro, il che io eseguirò con buona maniera, et sarà ben’inteso<br />
nella città d’<strong>Urbino</strong>.<br />
19 <strong>di</strong> marzo 1626, in Pesaro<br />
Il Go<strong>di</strong> ha da me inteso che, secondo la mente <strong>di</strong> Nostro Signore, la zitella del Rosa e<br />
la madre et egli restano nella loro libertà per conto del matrimonio col Fatio, del<br />
quale io non vedo speranza che sia per riuscire,<br />
409<br />
perché, oltre il punto dell’età, che tocco nella lettera, v’è l’altro della <strong>di</strong>sparità della<br />
robba, poiché la putta avrà da cinquanta in 60 mila scu<strong>di</strong> <strong>di</strong> questa moneta, il giovine<br />
si tiene che abbia pochissimo, onde communemente s’approvano le <strong>di</strong>fficoltà e<br />
ricusationi della madre e parenti.<br />
S’è concluso col signor Capizucchi d’aver da lui, per il possesso <strong>di</strong> questo stato, 200<br />
fanti, de’ quali cento staranno in Rimini et cento in Fano, et io, subito che intenderò<br />
essere il tempo, avvisarò per messo a posta lui et nell’istesso tempo farò venire i<br />
soldati.<br />
Si è avuta una poliza <strong>di</strong> scu<strong>di</strong> mille dal tesoriero della Marca per valersene qui nella<br />
spesa d’essi soldati, et una simile ne ha avuta il Capizucchi per l’istesso effetto.
Il numero de’ soldati sudetti a me par sufficiente, mentre altro da Nostro Signore non<br />
si comman<strong>di</strong>.<br />
16 d’aprile 1626<br />
Abbiamo, il signor Capizucchi et io, <strong>di</strong> nuovo concluso che sia a proposito, alla morte<br />
del signor duca, aver qui subito 200 fanti per riputatione nell’andare et mandare a<br />
pigliare i possessi, et per metterne nelle roc=<br />
410<br />
che; se poi si scoprisse bisogno <strong>di</strong> maggior numero ne l’avviserei.<br />
Per il pericolo, altre volte da me significato, <strong>di</strong> qualche tumulto contro gl’ebrei, o per<br />
volere alcuna communità mettersi in possesso <strong>di</strong> cose ora possedute dal signor duca,<br />
e ch’esse pretendono, non pare a me, né al signor Capizucchi, chiamar né valersi de’<br />
suoi soldati, perché non è principalmente interesse e servitio <strong>di</strong> Nostro Signore, e<br />
potria riuscir cosa fasti<strong>di</strong>osa l’adoprar armi, massime chiamate <strong>di</strong> fuori, contro il<br />
popolo unito, ma si cercherà, per quanto sarà possibile, provedere con esortationi e<br />
con precetti, e col mezzo de’ citta<strong>di</strong>ni savi et d’autorità, et anche con soldati delle<br />
stesse militie de’ luoghi, secondo che in fatto si vedrà esser opportuno.<br />
Mi par bene, per aver in San Leo persona dependente da me, mutar Silvio Peruzzini<br />
da Fossombrone, ch’ivi è governatore delle armi, perché non lo conosco et depende<br />
da Monsignore vescovo <strong>di</strong> Pesaro, né è cosa nuova, dopo qualche anno, mutare<br />
alcuno <strong>di</strong> simili officiali.
Stimerei a proposito Michel – Angelo Biliar<strong>di</strong> da Sinigaglia, ovvero dare detto<br />
Governo al Gabrielli <strong>di</strong> Gubbio, fatto castellano l’anno passato, al quale allora ne fu<br />
data qualche speranza, et in suo luogo saria buono Pom=<br />
peo Beni da Gubbio.<br />
411<br />
Quando sapessi piacer simil pensiero a Nostro Signore, cercherei che vi concorresse<br />
la so<strong>di</strong>sfattione del signor duca, trattando con secretezza per non rendere <strong>di</strong>ffidente il<br />
Peruzzini mentre si trova in servitio.<br />
26 d’aprile 1626<br />
I mali uffici <strong>di</strong> Monsignore arcivescovo d’<strong>Urbino</strong> in quel che riguardano il mio<br />
interesse particolare per la gratia ricevuta da Nostro Signore da me si possono<br />
<strong>di</strong>ssimulare, come si farà, procurando, per quanto sarà in me, che Sua Santità non ne<br />
abbia <strong>di</strong>sturbo.<br />
Mi spiacciono bene in quanto io vedo che nocciono al servitio <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne per<br />
le cose d’avvenire, mentre mantiene quella città contumace, e con poco rispetto e<br />
riverenza.<br />
Non restarò per le parole <strong>di</strong> Monsignore arcivescovo et del theatino suo pre<strong>di</strong>catore 137<br />
<strong>di</strong> mandare l’au<strong>di</strong>enza in <strong>Urbino</strong> subito che sia possibile, il che non può esser prima<br />
che finita la visita ove si conduce l’au<strong>di</strong>enza, et è promessa et aspettata da tutto lo<br />
stato, et a questo punto non repugnano gl’urbinati.<br />
137 In precedenza (v. p. 272 del manoscritto in esame) si era appreso che l’arcivescovo <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong>, Paolo Emilio<br />
Santorio, aveva provveduto alla convocazione <strong>di</strong> un suo concitta<strong>di</strong>no, un padre theatino proveniente da Caserta non<br />
meglio specificato, affinché pre<strong>di</strong>casse presso il duomo <strong>di</strong> <strong>Urbino</strong> durante la Quaresima del 1626.
Il Giusti venne per suoi interessi a trovarmi a Sinigaglia, e trattai seco con ogni<br />
amorevolezza.<br />
Cercherò <strong>di</strong> nuovo aver occasione <strong>di</strong> trattarci e prevalermi <strong>degli</strong> uffici<br />
412<br />
suoi, per la quiete del fatto del Peruzzini rescriverò con le seguenti.<br />
15 <strong>di</strong> giugno 1626, in Fossombrone<br />
S’intende che il signor duca sia per investire il signor Giovanni Battista della Rovere<br />
<strong>di</strong> alcun buon castello, vi è qualche voce <strong>di</strong> Barchi, et con due altri castelletti che<br />
fanno anime due mila in circa, nel vicariato <strong>di</strong> Mondavio vicino a Fano sei miglia, ma<br />
non si sa cosa alcuna <strong>di</strong> certo.<br />
26 <strong>di</strong> giugno 1626, in Cagli<br />
Avendo intese essersi viste condurre molte monitioni <strong>di</strong> guerra al Sasso <strong>di</strong> Simone,<br />
ho procurato chiarirmene, et ho trovato che vi sono mandate quattro o cinque bestie<br />
cariche <strong>di</strong> simili provisioni, ma non si sono potute sapere in in<strong>di</strong>viduo le cose<br />
mandate.<br />
V’è un ministro che lavora polvere, credo che siano <strong>di</strong>ligenze de’ ministri del gran<br />
duca per <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> quella sua piazza, ma, parendo alquanto maggiore del solito, ho<br />
dovuto invigilarci et or<strong>di</strong>nare al governatore delle armi <strong>di</strong> San Leo et <strong>di</strong> Maiolo che<br />
siano accorati<br />
413
ne’ loro carichi, et del tutto dar conto.<br />
3 <strong>di</strong> luglio 1626, in Gubbio<br />
Nella settimana passata un gentiluomo fiorentino de’ Pitti, che <strong>di</strong>cono intendersi<br />
d’architettura, è stato a rivedere le Alpi e confini verso San Leo, Maiolo e Sasso <strong>di</strong><br />
Simone, pigliando il pretesto <strong>di</strong> vedere se si <strong>di</strong>ssodavano et estirpavano quelle selve<br />
contra la forma d’un bando del gran duca; ma, non avendo per ciò fatto risentimento<br />
alcuno, si teme che sia una scusa.<br />
Egli andò anche a Sascorbaro avendo seco il luogotenente delle battaglie del gran<br />
duca del Sasso <strong>di</strong> Simone e due altri soldati, et osservarono quella rocca e positura<br />
del luogo, trattenendosi ivi da quattro ore, parte passeggiando e parte nell’osteria.<br />
È vicino Sascorbaro otto miglia <strong>di</strong> strada né cattiva al Sasso <strong>di</strong> Simone.<br />
Può Nostro Signore considerare se sia bene <strong>di</strong> mettere una guar<strong>di</strong>a de’ soldati nella<br />
rocca <strong>di</strong> Sascorbaro, ove è la commo<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> stanze per venticinque e più soldati.<br />
Il conte Doria non è stato solito tenercene, e però non vi è monitione alcuna, né<br />
provisione d’anni [i. e. armi] se non <strong>di</strong> alcuni pochi moschetti.<br />
La rocca sudetta può sostentarsi contro batteria <strong>di</strong> mano,<br />
ma non potria tenersi contro le artiglierie, massime per un monte che le soprasta.<br />
414<br />
Si vanno mantenendo in San Leo et in Maiolo le provisioni d’armi e <strong>di</strong> soldati come<br />
per il passato, ma per un bisogno sariano poche, e non credo che ora fosse ben’inteso<br />
dal signor duca il proporli augumento <strong>di</strong> queste cose.
Il rime<strong>di</strong>o credo che sia, nel caso della vacanza, che subito a quelle fortezze vada<br />
numero conveniente de’ soldati <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne che sono in Rimini, ch’è vicino<br />
se<strong>di</strong>ci miglia, et se si potessero, per questo effetto, tener de’ soldati in Verucchio,<br />
vicino sei miglia, saria meglio.<br />
X <strong>di</strong> luglio 1626<br />
Il commissario <strong>di</strong> San Leo ha avuti stretti or<strong>di</strong>ni da me d’invigilare se più capitano <strong>di</strong><br />
questi che vanno a posta circuendo et osservando le fortezze del Monte Feltro, et se<br />
troverà che levino piante <strong>di</strong> esse, o facciano cose simili, , che possino essere <strong>di</strong><br />
pregiu<strong>di</strong>zio o sospetto, usi ogni <strong>di</strong>ligenza per fargli carcerare.<br />
Dei quattro de’ quali si è scritto io non ho inteso che abbino levate piante de’ castelli<br />
o rocche, ma girando le abbiano mirate et osservate.<br />
415<br />
13 <strong>di</strong> luglio 1626<br />
Ieri ebbi nuovo avviso dalla Penna <strong>di</strong> Monte Feltro 138 esser andati fiorentini vedendo<br />
quelli luoghi, et crederei esser gl’istessi già scritti, ma ci sono delle <strong>di</strong>versità in<br />
quest’ultimo avviso, il quale contiene che Nicolò Bartolini dal Borgo San Sepolcro et<br />
Antinoro Martelli furono alla Penna pochi giorni sono sotto colore <strong>di</strong> voler comprare<br />
una cavalla.<br />
Con tal finta hanno girati i luoghi del Monte Feltro, pigliando i nomi <strong>di</strong> essi e la<br />
<strong>di</strong>stanza da un luogo all’altro.<br />
138 Pennabilli, oggi comune romagnolo in provincia <strong>di</strong> Rimini, deriva dall’unione delle comunità <strong>di</strong> Penna e <strong>di</strong> Billi;<br />
l’espressione linguistica utilizzata nel manoscritto (la Penna <strong>di</strong> Monte Feltro) fa riferimento con tutta evidenza al primo<br />
dei due toponimi.
All’eccellentissimo signore don Carlo, 13 luglio 1626<br />
Sicome son certo che i capitani che nella Romagna e nella Marca servono a Nostro<br />
Signore eseguiranno gl’or<strong>di</strong>ni già dati, et ora rinovati da vostra eccellenza, così io<br />
non mancherò a suo tempo d’avvisargli <strong>di</strong> quel che sia opportuno, massime per i<br />
sospetti che vengon dati, come anche scrivo al signor car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> Sant’Onofrio<br />
d’un’altro avviso <strong>di</strong> nuovo avuto.<br />
416<br />
All’illustrissimo signore car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> Sant’Onofrio, <strong>di</strong> Gubbio, 17 luglio 1626<br />
Eseguirò puntualmente quanto da Nostro Signore vien or<strong>di</strong>nato intorno alle cose del<br />
Sant’Officio <strong>di</strong> Pesaro, et quando sarò ricercato per la carceratione d’alcuno ci userò<br />
ogni <strong>di</strong>ligenza possibile.<br />
Saria necessaria una simil provisione per Sinigaglia, ch’è pure luogo custo<strong>di</strong>to da<br />
soldati, et forte, et ci è gran mazzi <strong>di</strong> queste licenze, et famigliarità del padre<br />
inquisitore d’Ancona.<br />
Di Fossombrone ai 9 d’ottobre 1626<br />
Mentre dalla venuta <strong>di</strong> Monsignore arcivescovo d’<strong>Urbino</strong> a Roma ne avesse a<br />
succedere che per risegna o permuta lasciasse la Chiesa, crederei che ciò fosse<br />
servitio <strong>di</strong> Nostro Signore et utile a questo governo, perché, per la natura sua et<br />
sperando necessitare Sua Santità a riconoscer da lui questa obe<strong>di</strong>enza e premiarlo, ha<br />
procurato che il suo popolo stia sollevato et dependente da lui, et si può temere che<br />
per l’avvenire, se potrà, procurerà l’istesso; ma, se la sua venuta ha solo da essere per<br />
sua mortificatione, et acciocché, stando fuori, non inquieti il governo, non credo che<br />
sia per seguirne tal effetto, perché con lettere,
417<br />
fingendo anco ragionamenti <strong>di</strong> Sua Beatitu<strong>di</strong>ne, et per il mezzo de’ pre<strong>di</strong>catori,<br />
cercherà, come l’altra volta, maggiormente sollevare la città, et inoltre molestarà Sua<br />
Beatitu<strong>di</strong>ne, et empirà la corte <strong>di</strong> calunnie.<br />
Egli, per quello ch’io credo, sarà renitente in dare il consenso a lasciare la Chiesa, e,<br />
mentre Sua Santità non giu<strong>di</strong>chi conveniente che, o per la sudetta sollevatione, o per<br />
altri capi, ci sia contra sua voglia astretto, credo esser manco male che resti in<br />
<strong>Urbino</strong>.<br />
Egli senza dubbio usò i termini già riferiti nel mio ingresso, acciò entrassi et presto<br />
partissi con niuno onore, et paresse esso solo accetto al popolo, ma restò confuso,<br />
prima dell’ottimo affetto publico, et poi del poco conto che tenne <strong>di</strong> lui il signor duca,<br />
quando rimesse a me l’originale della sua lettera, e più per le facoltà concessemi da<br />
Nostro Signore, per il che poi procedette più quietamente.<br />
Io, anche per avere minor inquietu<strong>di</strong>ne e corrispondere in quel che potevo alla mia<br />
natura, quando mi è stato parlato <strong>di</strong> reconciliatione e complimenti, me ne sono<br />
scusato, ma con termini cortesi, <strong>di</strong>cendo che ciò non occorreva, et che sebene per la<br />
mia <strong>di</strong>gnità avevo rifiutato la visita et dolutomi delle cose passate, non però portavo a<br />
Monsignore o<strong>di</strong>o alcuno, et in Roma ci avevo avuta amorevolezza, et tenutolo per<br />
prelato <strong>di</strong> valore, et fattoli, quando ero governatore, de’ serviti.<br />
È grandemente utile<br />
418<br />
la deliberatione <strong>di</strong> Sua Santità che l’arcivescovo non s’ingerisca in pigliar possesso,<br />
et che ren<strong>di</strong> il breve et l’instruttione, il qual or<strong>di</strong>ne sarà anche utile per Monsignore
vescovo <strong>di</strong> Pesaro, e si può o publicare la lettera già scritta alli governatori vicini<br />
dello stato ecclesiastico, o farla <strong>di</strong> nuovo.<br />
Rimando la lettera <strong>di</strong>retta a Monsignore arcivescovo, che quando piacesse a Sua<br />
Beatitu<strong>di</strong>ne che si presentasse, si potria rifare senza la proposta d’accompagnare<br />
l’illustrissimo signor dar<strong>di</strong>nale legato, del che non è più ora tempo.<br />
Al signore car<strong>di</strong>nale Barberino, 23 <strong>di</strong> ottobre 1626<br />
È ottima l’occasione della venuta dell’illustrissimo signor car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> Sant’Onofrio<br />
per levare le facoltà a Monsignore arcivescovo d’<strong>Urbino</strong> et Monsignore vescovo <strong>di</strong><br />
Pesaro, dateli in tempo che non ci era il signor car<strong>di</strong>nale né io, che prontamente<br />
servirò Sua Signoria Illustrissima quando verrà l’occasione del possesso.<br />
Ritenerò la lettera <strong>di</strong>retta a Monsignore arcivescovo per le considerationi dell’altra<br />
mia cifera.<br />
419<br />
13 <strong>di</strong> novembre 1626<br />
Credo che, nelle cose <strong>di</strong> questo stato et particolarmente del Monte Feltro, le altezze <strong>di</strong><br />
Toscana, come <strong>di</strong>cono, siano <strong>di</strong> buona intentione.<br />
Si hanno però da San Leo spessi avvisi delle monitioni che si pongono nel Sasso <strong>di</strong><br />
Simone, <strong>di</strong> ogni sorte, con <strong>di</strong>ligenze straor<strong>di</strong>narie, sicome anco me si ricorda <strong>di</strong> esser<br />
mal munite le rocche e piazze <strong>di</strong> San Leo et Maiolo, al che non si può al tempo<br />
presente provedere per rispetto del signor duca, ma, quando venisse il caso della sua<br />
morte, converria mandarci subito il supplimento delle provisioni, che sono poche,
ch’è polvere, balle, archibugi, zappe, ba<strong>di</strong>li, malepeggi, 139 picconi, grano, vino et<br />
legna.<br />
Il che io debbo rappresentare, acciò, se così parerà alla singolare prudenza <strong>di</strong> Nostro<br />
Signore, possi or<strong>di</strong>nare che si prepari buona provisione <strong>di</strong> tali cose, et che io sappia<br />
ove si abbiano a levare.<br />
All’illustrissimo signore car<strong>di</strong>nale Barberino, 27 novembre 1626<br />
Le provisioni da mandare a San Leo et a Maiolo subito che succeda il caso della<br />
devolutione <strong>di</strong> questo stato sariano vicine, e com=<br />
420<br />
mode in Verucchio più che altrove, e se quel luogo non paresse a proposito, si<br />
potriano tenere nella città <strong>di</strong> Rimini, che pure non è molto <strong>di</strong>stante, commettendo che<br />
si abbiano a consignare ad ogni or<strong>di</strong>ne dell’illustrissimo signore car<strong>di</strong>nale<br />
Sant’Onofrio e mio.<br />
19 febraro 1627<br />
Ebbi già or<strong>di</strong>ne da Vostra Signoria Illustrissima <strong>di</strong> non liberare senza particolare sua<br />
licenza don Francesco Aniello, già vicario <strong>di</strong> Cosenza, dalla rocca <strong>di</strong> San Leo, ove<br />
tuttavia si trova.<br />
Ora, vedendosi liberare e gratiare tutti gl’altri, mi sono fatte molte instanze per lui, et<br />
Monsignore arcivescovo d’<strong>Urbino</strong> mi ha ricercato per la sua liberatione molto<br />
139 Il termine malinpèggio (varianti malepeggio, maleppèggio, mal’e pèggio) in<strong>di</strong>ca la bipenne (scure a due tagli),<br />
oppure, in alcuni luoghi, la martellina per muratori.
efficacemente, con sue lettere et con far venire a posta il Giusti, urbinate suo<br />
amorevole, a pregarmene.<br />
Io supplico Nostro Signore et Vostra Signoria Illustrissima a concedermi che possi<br />
anche gratiare, con gl’altri, questo soggetto, acciocché non paia a Monsignore che io<br />
trattenga questo suo uomo per particolare o<strong>di</strong>o, né li resti occasione <strong>di</strong> molestare Sua<br />
Beatitu<strong>di</strong>ne con altre instanze.<br />
421<br />
Io, Lorenzo Campeggi, vescovo <strong>di</strong> Cesena, deputato dal serenissimo signor duca<br />
d’<strong>Urbino</strong> governatore del suo stato, confesso aver ricevuto dall’illustrissimo e<br />
reveren<strong>di</strong>ssimo signore car<strong>di</strong>nale <strong>Gessi</strong> i contrasegni delle rocche <strong>di</strong> Pesaro fatti sotto<br />
li 5 luglio 1625, della rocca <strong>di</strong> San Leo sotto li 29 novembre 1625, della rocca <strong>di</strong><br />
Maiolo sotto li 23 d’aprile 1608 e della rocca <strong>di</strong> Sinigaglia sotto li 27 d’agosto 1625,<br />
come anco delle porte del sussi<strong>di</strong>o <strong>degli</strong> stessi luoghi.<br />
E in fede <strong>di</strong> ciò ho scritto e sottoscritto la presente <strong>di</strong> mia propria mano, ponendovi il<br />
mio sigillo.<br />
In Costacciaro li 11 maggio 1627<br />
Loco † sigilli<br />
Lorenzo Campeggi, vescovo <strong>di</strong> Cesena<br />
FINE TRASCRIZIONE DEL MANOSCRITTO