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Matteo Olivi 5^ P – 13 dicembre <strong>2011</strong>- Appunti Manet-Degas - Pagina 1 di 7<br />
<strong>EDOUARD</strong><br />
<strong>MANET</strong><br />
Edouard Manet nacque a Parigi nel 1832, morendovi nell' 83. Grandi cambiamenti investirono la capitale in<br />
questo periodo; ne cambia la conformazione, diventando teatro di profondi sconvolgimenti politici; ne<br />
cambia la società, sempre più legata al sorgere e all'affermarsi della borghesia come classe dominante.<br />
Conseguentemente ne derivò anche un cambiamento culturale. Il progresso e l'avanguardia diventano<br />
prerogative artistiche, ancor prima che tecnologiche. Le innovazioni culturali si susseguono e risultano<br />
profondamente permeate da queste scoperte tecniche: fotografia, cinema, radio.<br />
<strong>La</strong> società, cullandosi in questa atmosfera profondamente ottimista e positiva, ritrova il piacere della vita<br />
mondana. Sorgono i cabaret, i locali di cancan (allora più che mai scandalosi, seppur accattivanti) e si<br />
ripopolano i caffè. Proprio questi ultimi avranno un ruolo fondamentale, nell'ottica di una rivoluzione<br />
culturale. Essi fungeranno da veri e propri luoghi di scambio d'opinione, da ricettacolo di idee<br />
“pionieristiche”. Lo è stato il Caffè Michelangelo a Firenze; lo sarà quello sito in Rue des Batignolles<br />
numero 11. Il Café Guérbois sarà teatro degli incontri di Manet con gli altri sostenitori e seguaci di una<br />
delle più influenti correnti artistiche moderne: l'impressionismo. Vi si confronteranno Cézanne, Degas,<br />
Rénoir, Pissarro; ma anche scrittori del calibro di Zola; o il fotografo-giornalista Felix Nadar, nel cui studio<br />
si terrà la prima mostra impressionista, nel 1874.<br />
Il pittore nacque in una famiglia benestante. Il padre,<br />
magistrato, avrebbe desiderato la medesima carriera per il<br />
giovane Edouard. Egli, tuttavia, dopo una breve parentesi<br />
in marina, ottenne la possibilità di coltivare e<br />
approfondire la sua vera passione: l'arte. Cominciò a<br />
frequentare lo studio di Thomas Couture che ben presto<br />
abbandonò. Fin dagli inizi, e ancor prima di divenire celebre,<br />
Manet si contraddistinse per una vena profondamente critica<br />
verso un' educazione di stampo accademico.<br />
Edouard Manet, “Il balcone”.<br />
1868-1869<br />
170 cm x 124 cm<br />
Musée d’Orsay
Matteo Olivi 5^ P – 13 dicembre <strong>2011</strong>- Appunti Manet-Degas - Pagina 2 di 7<br />
Pertanto dopo sei anni di viaggi in Europa, durante i quali ebbe modo di visitare Italia, Germania Olanda<br />
studiandone i grandi artisti, e di frequentazioni assidue del Louvre, abbandonò Couture. Oggetto dei suoi<br />
studi furono,in particolare, i coloristi veneti: Tiziano e Giorgione, e quelli iberici: Goya e Velazquez. Con<br />
grande prepotenza, quindi, il colore si impose. Per di più, si avvalse dell'accostamento di colori puri<br />
prospettato dal Delacroix ne “<strong>La</strong> barca di Dante”, di cui ci siamo occupati. Dal tonalismo, però egli arriverà<br />
all'elaborazione di soggetti ben poco idealizzati e facenti<br />
riferimento all'allora principale tendenza<br />
artistica: il realismo. Essi divennero veri e propri<br />
spaccati di quotidianità: ne è esempio il Bevitore<br />
d'Assenzio, una delle sue prime opere. Pian piano,<br />
però, la prassi di rappresentare la pura realtà, anche<br />
a costo di destare un incredibile scalpore, si<br />
radicalizzò. Nel 1863, difatti, dipinse sia<br />
“Colazione sull'erba” che “Olympia” (esposta<br />
solamente nel 1865). Il distacco dalla critica toccò<br />
in questo momento il massimo apice; di qui in poi ogni<br />
sua produzione verrà osteggiata e criticata. Le forme<br />
erano troppo semplificate, il disegno<br />
praticamente inesistente: come accettarlo? <strong>La</strong><br />
rappresentazione realistica cancella il<br />
chiaroscuro, che viene sostituito<br />
dell'accostamento di tonalità contrastanti del<br />
medesimo colore; l'immediatezza, la sensazione di un<br />
attimo<br />
divengono l'ispirazione dell'opera d'arte. Non si persegue<br />
quindi più la pedissequa ed idealizzata raffigurazione della<br />
bellezza e dell'esteriorità (valore ricercato, inutile negarlo,<br />
anche dal romanticismo). Conseguenze? Pennellate libere,<br />
brevi; soggetti rappresentati in divenire e nella reale<br />
dinamicità che li contraddistingue. Non tutti però gli furono<br />
ostili: egli riuscì a suscitare un'enorme ammirazione nei<br />
giovani avanguardisti, poi impressionisti. Anche Zola e<br />
Baudelaire tesseranno le lodi di Manet, prendendone le parti.<br />
Manet, stimolato dall'esclusione dall'Esposizione Universale<br />
del '67, riuscì però ad organizzare la prima esposizione<br />
impressionista solo pochi anni più tardi: nel '74, Nadar gli<br />
concesse il proprio studio per mostrare i suoi quadri, insieme<br />
a quelli degli altri Impressionisti.<br />
Ciò non toglie, e occorre rimarcarlo, che egli non si sia mai<br />
ufficialmente dichiarato come facente parte del movimento,<br />
seppur avesse stretto amicizie profonde con alcuni dei<br />
componenti. L'ultima fase della propria produzione sarà<br />
quindi legata alla ritrattistica e a dipinti aventi per tema dei<br />
notturni parigini. Morì, pochi anni dopo l'esposizione, di sifilide.<br />
Edouard Manet, “Il bevitore<br />
d’assenzio”; 1856; NY Carlsberk<br />
Glypotek, Copenaghen<br />
OLYMPIA
Matteo Olivi 5^ P – 13 dicembre <strong>2011</strong>- Appunti Manet-Degas - Pagina 3 di 7<br />
<strong>La</strong> tela che raffigura Olympia venne dipinta nel 1863, lo stesso anno in cui realizzò “Déjeuner sur l'herbe”.<br />
Entrambe le opere non mancarono di destare un'enorme riprovazione. Nessuno aveva mai osato sfidare<br />
tanto apertamente, infatti, la morale artistica e sociale. Finora i nudi femminili avevano assunto sempre e<br />
soltanto un ruolo allegorico. In più, di solito, essi erano inseriti all'interno di raffigurazioni mitologiche<br />
assolutamente al di fuori della realtà contestuale.<br />
É facile, dunque, immaginarsi lo scandalo che suscitarono le due giovani a dialogo con i due ragazzi<br />
borghesi di “Déjeuner sur l'herbe” e “Olympia”. Quest’ultima, esposta presso il Salon nel 1865, sul finire<br />
della mostra venne collocata in una posizione che ne impedisse una facile e limpida lettura. Addirittura,<br />
alcuni critici si pronunciarono così: (Chesenau, 1865). Oppure: (Paul de Saint-Victor).<br />
Volgarità morale e formale, questi furono gli elementi che la resero un vero e proprio fenomeno artistico:<br />
grandi furono i dibattiti che vi si svilupparono attorno. Ma Manet non aveva che sollevato una problematica<br />
semplice, ma di vitale importanza, in un processo di cambiamento artistico in relazione al mutare della<br />
società: come perpetuare tali preconcetti attorno alla sessualità?<br />
Il pregiudizio dei critici, così come quello degli artisti neoclassici, aveva confinato l'arte in una sorta di<br />
stasi. Era necessario che qualcuno rompesse gli schemi e suscitasse una provocazione.<br />
Manet sceglie di farlo come meglio sapeva: dipingendo. Attraverso il richiamo a “<strong>La</strong> venere di Urbino” del<br />
Tiziano e della “Maya desnuda” di Goya ripercorre i secoli e la propria educazione. Il confronto diviene cioè<br />
funzionale a far capire l'abisso che divide Olympia dalla Venere del Vecellio. Il Goya ne è il raccordo.<br />
Il Tiziano, difatti, coerentemente con l'ideologia artistica del periodo, raffigura attraverso la dea<br />
un'allegoria della bellezza. Ecco l'elemento simbolico.<br />
Manet, invece, senza alcuna idealizzazione raffigura, avvalendosi di inequivocabili attributi iconografici,<br />
una prostituta. Si notino, perciò, il nastro nero al collo, gli orecchini, i tacchi e il mazzo di fiori, probabile<br />
omaggio di un cliente.<br />
Sin qui, tuttavia, un tale scalpore sembra quasi immotivato. Ciò che innesca il pregiudizio e l'imbarazzo è<br />
piuttosto l'atteggiamento della donna. Esso non ha nulla a che vedere con il candido pudore con cui<br />
Afrodite tenta di celare i propri attributi sessuali. Il tentativo di Olympia è ironico; la posa sprezzante e<br />
accattivante, anzi, fa riferimento alle prime immagini pornografiche sviluppate su lastra fotografica.<br />
Anche lo sguardo rimanda ad una profonda antitesi con Tiziano. In questo risiede l'analogia con il dipinto<br />
del Goya: esso è lascivo, sensuale, quasi ella volesse attirare magneticamente verso di sé l'osservatore.<br />
Subentra l'elemento malizioso di cui non c'è traccia nell'opera rinascimentale.<br />
Edouard Manet,<br />
“Olympia”<br />
1863<br />
130 x 190 cm
Matteo Olivi 5^ P – 13 dicembre <strong>2011</strong>- Appunti Manet-Degas - Pagina 4 di 7<br />
Anche il valore simbolico dell'animale domestico ricopre un ruolo essenziale. <strong>La</strong> donna, la cui fedeltà era<br />
celebrata dal Vecellio attraverso l'immagine di un cagnolino, diviene qui più indipendente. Ecco, perciò,<br />
che al cane va sostituendosi il gatto, emblematico della sempre maggiore libertà a livello non soltanto<br />
sessuale, ma anche sociale, della donna.<br />
Tiziano Vecellio<br />
“Venere di Urbino”<br />
1538<br />
119 x 165 cm<br />
Francisco Goya,<br />
“Maya desnuda”<br />
1800<br />
95 x 190 cm<br />
Mudeo del Prado,<br />
Madrid<br />
Il resto della composizione presenta sullo sfondo una donna di colore che omaggia Olympia di un mazzo di<br />
fiori: formalmente, le pennellate piccole e rapide con cui è esso dipinto ne faranno un'ottima<br />
esemplificazione formale di cosa si intenda per pittura impressionista.<br />
Infine, tutta la composizione gioca sul contrasto tra colori chiari e colori a tinta scura: si noti il contrasto<br />
tra il colore della pelle e il quello del vestito della serva; oppure quello tra l'avorio della pelle della<br />
prostituta e lo sfondo scuro.<br />
“Olympia”, così come “Déjeuner sur l'herbe”, venne profondamente criticata, tuttavia segnò l'inizio di una<br />
nuova esperienza culturale. Essa, infatti, suscitò l'attenzione di un gruppo di giovani e ambiziosi pittori che<br />
cominciarono ad assumerne il linguaggio di rottura e allontanamento dall'accademismo. Il naturalismo<br />
diviene sempre più preponderante, seppur inaccettabile dai più, e la formalità lascia spazio all'impressione<br />
che un certo soggetto desta nel cuore dell'artista.<br />
Logicamente, però, l'Impressionismo non potrà accedere ai canali espositivi principali. Il fascino che il<br />
movimento impressionista aveva destato in Nadar lo spinse a cedere il proprio studio fotografico per la<br />
primissima esposizione del movimento, nel '74.<br />
Vi furono mostrate all'incirca 165 opere e l'aneddoto attorno ad una di queste fu alla base dell'origine del<br />
nome del movimento.
Matteo Olivi 5^ P – 13 dicembre <strong>2011</strong>- Appunti Manet-Degas - Pagina 5 di 7<br />
Una delle opere di Monet, infatti, non aveva titolo. Uno dei critici che visitò la mostra, vedendola, la<br />
definì, spregiativamente, una semplice impressione. Monet le darà titolo “Impressioni del sol nascente”;<br />
l'intero gruppo decise di assumerlo come nome identificativo della nuova corrente.<br />
Di essa abbiamo parlato superficialmente trattando dell'arte di Manet, a cui si ispirarono.<br />
Nello specifico, non vi furono manifesti ufficiali che ne delinearono le peculiarità. Perciò, non vi furono<br />
particolari limiti o veti all'estro dei singoli artisti. Ognuno arrivò a creare un proprio originale “prodotto”.<br />
L'unico denominatore comune fu la rappresentazione dal vero, en plein air. Il soggetto diviene la vita<br />
quotidiana francese, quella di Parigi, non più però con l'intenzione di muovere una critica a un certo<br />
sistema economico-sociale che creò storicamente disuguaglianza e divisioni; se ne vogliono cogliere gli<br />
aspetti più affascinanti, più spensierati, sempre attenendosi al vero.<br />
<strong>La</strong> volontà di “catturare l'impressione” e la pittura en plein air si legano a due elementi formali ben<br />
precisi: il primo fu quello della semplificazione delle tecniche realizzative; il secondo fu quello della luce.<br />
<strong>La</strong> tecnica deve divenire, per necessità, più immediata: l'Illuminismo eliminò lo schizzo preparatorio, il<br />
disegno. Inoltre le pennellate divennero brevi, a volte sostituite addirittura da punti.<br />
Il problema della luce si lega, piuttosto alla resa della sua naturalezza. Nasce la prassi di dipingere<br />
ciclicamente, in vari momenti della giornata, un medesimo soggetto; in questo modo il pittore riusciva a<br />
cogliere le sfaccettature cromatiche e della realtà in divenire, esattamente come se essa fosse stata<br />
composta di successivi fotogrammi.<br />
Altro personaggio di spicco dell'Illuminismo fu sicuramente Degas.<br />
EDGAR DEGAS<br />
Edgar Degas nacque come Manet a Parigi, nel 1834.<br />
Cominciò a studiare diritto, ma ben presto di iscrisse alla Scuola superiore delle Belle Arti. Qui, studiò sotto<br />
la guida di <strong>La</strong>mothe, che fu allievo di Ingres. Dopo aver compiuto un viaggio in Italia, contraddistinse la<br />
prima parte della sua produzione con quadri sui generis di “Semiramide che fonda una città”. In essi si<br />
coniugavano gli elementi storici e tratti riferentisi alla contemporaneità.<br />
Dopo i conflitti del 1870, venne introdotto negli ambienti intellettuali dal capitano Rouart. Grazie a lui<br />
conobbe Morisot, Mallarmé, Manet, entrando nella sfera culturale emergente.<br />
Partecipò quindi alle prime esposizioni del'74, del '76, del '78 e del '79, ciò nonostante, egli ne rimase<br />
piuttosto estraneo. Egli non arrivò mai a disdegnare il disegno e alla pittura dal vero preferì la<br />
rielaborazione nel proprio atelier.<br />
In più, il novero delle sue opere evidenzia un particolare interesse per lo studio della figura umana,<br />
abbastanza inusuale. Si concentrò perciò su ritratti e scene di genere, che in ogni caso gli permisero di<br />
guadagnare una grande fama per le capacità che dimostrò di catturare l' immediatezza della vita. <strong>La</strong><br />
frequentazione dell'Opéra, di altri teatri, dell'ippodromo e altri ambienti<br />
mondani fu per lui essenziale elemento di ispirazione. Egli, attraverso<br />
schizzi preparatori, riprendeva un determinato momento che veniva<br />
sapientemente rielaborato, a posteriori, nel proprio studio.<br />
Invecchiando la vista di Degas si indebolì. Costretto a rinunciare alla<br />
pittura, rivolse la propria attenzione verso la tecnica del pastello, ma<br />
anche verso la poesia, la fotografia e verso la modellazione scultorea di<br />
danzatrici. Morì nel 1917, all'età di 83 anni.<br />
LA LEZIONE DI BALLO
Matteo Olivi 5^ P – 13 dicembre <strong>2011</strong>- Appunti Manet-Degas - Pagina 6 di 7<br />
Edgar Degas<br />
“<strong>La</strong> lezione di Ballo”<br />
1871-1874<br />
85 x 75 cm<br />
Le danzatrici risultano come uno dei temi Musée più d’Orsay, cari al pittore. Parigi<br />
<strong>La</strong><br />
“Lezione di ballo” venne realizzata da Degas tra il 1871 e il 1874.<br />
Questo fu il primo di una serie di dipinti aventi questo tema: al '74<br />
risale “Prove di balletto in scena”; al '76 “Balletto-<strong>La</strong> stella”; oppure al<br />
'77 “Ballerina con bouquet”.<br />
<strong>La</strong> scena descrive la più classica delle prove prima dello spettacolo. <strong>La</strong><br />
classe è disposta a semicerchio e il maestro, l'uomo canuto che si<br />
appoggia al bastone, valuta i passi di una delle giovani ballerine. Tale<br />
momento diviene propedeutico per chi non deve provare per compiere<br />
gesti del tutto spontanei. Alcune di esse osservano attentamente la<br />
prova per carpire eventuali correzioni; altre, invece, se ne<br />
disinteressano, preferendo rilassarsi.<br />
L'artista coglie un occasione d'oro: egli può tratteggiare una vasta<br />
gamma di pose, che passano dalle ragazze visibilmente distratte sullo<br />
sfondo, colte nel loro naturalissimo parlottare, alla ragazza in primo<br />
piano, che si gratta la schiena, alla ragazza che si fa aria con un<br />
ventaglio. <strong>La</strong> particolarità di Degas sta proprio in questo: riuscire a<br />
rendere dignitoso, anche in un contesto affollato (di persone e di<br />
gesti), ogni singola particolarità. Per di più, attraverso una tecnica<br />
innovativa e accattivante. Egli sembra assistere alla scena attraverso il<br />
buco di una serratura. Il taglio diverrà fotografico, obliquo (si noti per<br />
esempio, che parte della sala e fuori dalla tela) e la vista “di scorcio”<br />
conferirà grande spazialità e profondità al contesto ambientale. Si osservino le tavole del parquet: queste<br />
furono la traduzione formale di tale innovazione. Lo scrittore Paul Valéry ne disse: “Degas è uno dei pochi<br />
pittori che hanno riconosciuto al suolo l'importanza che esso merita. Alcuni pavimenti da lui raffigurati,<br />
rivestono grande importanza nella composizione”. L'elemento del parquet non è quindi solamente<br />
essenziale per mettere in luce tale espediente formale; le assi divengono fattore imprescindibile per la<br />
realizzazione dello spettacolo, perché le danzatrici riescano a valorizzare al momento della prima il lavoro<br />
e la fatica di ferree esercitazioni.<br />
Torna l'accostamento cromatico di colori puri. Essi quindi, rifratti dalla luce, garantiscono grande
Matteo Olivi 5^ P – 13 dicembre <strong>2011</strong>- Appunti Manet-Degas - Pagina 7 di 7<br />
delicatezza all'opera.<br />
L'ASSENZIO<br />
L'assenzio risale al biennio '75-'76. Come<br />
già detto, Degas fu attratto maggiormente<br />
dagli interni, che dai paesaggi. Ritroviamo,<br />
quindi, nuovamente, uno spazio limitato,<br />
all'interno del quale egli condensa il<br />
messaggio celato nell'opera.<br />
Nella fattispecie, il caffè è quello<br />
del”Nouvelle Athènes”, ritrovo prediletto<br />
degli artisti impressionisti. Gli amici del<br />
pittore Ellen Andrée e Marcellin Desboutin,<br />
rigorosamente astemi come chiarirà lo<br />
stesso Degas, si prestarono come soggetti<br />
di questo episodio cittadino.<br />
L'artista ritrae i due nella veste di due<br />
reietti: una prostituta e un barbone<br />
dall'aria trasandata, intento a fumare la<br />
pipa. <strong>La</strong> donna ha davanti a sé un<br />
bicchiere mezzo pieno di assenzio. Si<br />
tratta di una bevanda ad alta gradazione<br />
alcolica, allora molto diffusa.<br />
L'uomo,invece, siede di fronte ad un<br />
bicchiere di vino, l'unica bevanda a cui<br />
potesse accedere.<br />
L'apparente semplicità della composizione<br />
e del significato intrinseco ad esso,<br />
sottendono, in realtà, una critica profonda<br />
al nuovo tipo di società. Seppure l'aspetto<br />
sociale, da un punto di vista critico,<br />
nell'Illuminismo non fosse particolarmente<br />
rilevante, qui ha un ruolo essenziale.<br />
Siamo nella società capitalistico-borghese:<br />
la società dell'egoismo, dell'arrivismo,<br />
della realizzazione di sé, della<br />
concorrenza. Gli uomini seppur fisicamente vicini, sono tra loro distantissimi. Seppur affiancate le une alle<br />
altre, le persone sono confinate in universi lontani, non-comunicanti: essi vivono vite parallele che non si<br />
incrociano mai nel loro sviluppo.<br />
L'uomo nuovo, l'uomo moderno è solo. Relegato nella sua realtà particolare, è triste, assolutamente<br />
alienato ed estraneo alla vita. Tale logoramento nervoso determinò il ricorso sempre più ricorrente, e per<br />
vari strati della società all'abuso di alcoolici e al conforto della divagazione distruttiva.<br />
L'opera sintetizza tutti questi elementi: alcool, alienazione, rapporto dialettico vicinanza fisica-distanza<br />
spirituale. È interessante vedere la capacità di proporre una critica attraverso il ricorso ad elementi meno<br />
diretti di quelli utilizzati da Courbet. <strong>La</strong> raffigurazione è meno schietta, meno cruda o diretta, ma<br />
egualmente terribile e perentoria nello scagliarsi contro la società. Courbet raffigurò gli effetti del<br />
cambiamento sui ceti meno abbienti: nella loro quotidianità e nel loro lavoro (si vedano “Gli<br />
spaccapietre”). Degas, invece rivolse la propria attenzione sui risvolti psicologici. Non si tratta di un<br />
quadro che fa risaltare visivamente la violenza del XIX secolo, ma l'assenza dei loro sguardi è altrettanto<br />
preoccupante e inquietante, stimolando la riflessione dell'osservatore.<br />
Da un punto di vista formale, ritroviamo la prospettiva di scorcio. È la prospettiva di un ipotetico<br />
osservatore che osserva da un piano leggermente rialzato e decentrato. I due soggetti vengono così relegati<br />
in una posizione marginale, emblematica del loro anonimato. Inoltre il gioco di luci, assommato alla visione<br />
di “straforo” riflette le figure sullo specchio ai due retrostante. Potremmo rilevare che vi ritorna<br />
nuovamente il leit motiv dell'opera: i contorni sono evanescenti, sintomatici di un uomo che nemmeno<br />
dello specchio può trovare un'immagine definita di sé stesso.