Scarica tutti i testi della mostra! - Palazzo Strozzi
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La primavera<br />
deL rinascimento<br />
La scuLtura e Le arti a Firenze 1400-1460<br />
Firenze, <strong>Palazzo</strong> <strong>Strozzi</strong><br />
23 marzo-18 agosto 2013
La <strong>mostra</strong> illustra la genesi del rinascimento a Firenze,<br />
soprattutto attraverso capolavori di scultura: l’arte che per<br />
prima se ne è fatta interprete.<br />
Dopo la riscoperta dell’antico fra Due e Trecento – con<br />
Nicola Pisano, arnolfo di Cambio e i loro successori – e dopo<br />
l’assimilazione <strong>della</strong> ricchezza espressiva del Gotico, all’inizio<br />
del Quattrocento i rilievi con il Sacrificio di Isacco di Lorenzo<br />
Ghiberti e Filippo Brunelleschi, vincitori del concorso per la<br />
seconda porta del Battistero, e il modello <strong>della</strong> Cupola di Santa<br />
Maria del Fiore segnano l’esordio del rinascimento e avviano<br />
il vero e proprio percorso dell’esposizione.<br />
In quegli anni, i successi politici <strong>della</strong> repubblica fiorentina,<br />
la sua potenza economica e la pace sociale, diffondono<br />
attraverso gli scritti di grandi umanisti – come Coluccio<br />
Salutati, Leonardo Bruni, Poggio Bracciolini – il mito di Firenze<br />
come erede <strong>della</strong> repubblica romana e come modello<br />
per gli altri stati italiani.<br />
La scultura pubblica monumentale di Donatello, Ghiberti,<br />
Nanni di Banco, per la Cattedrale e per Orsanmichele,<br />
<strong>testi</strong>monia la “rivoluzione” culturale avvenuta e influenza<br />
profondamente anche la pittura e le arti decorative. altri temi<br />
dell’antichità classica (dal monumento equestre, al sepolcro<br />
umanistico, al tema giocoso degli “spiritelli”, al busto-ritratto)<br />
vengono assimilati e trasformati nel nuovo linguaggio<br />
scultoreo, che esprime il clima politico, spirituale e intellettuale<br />
<strong>della</strong> città, oltre al suo fervore creativo.<br />
I curatori <strong>della</strong> <strong>mostra</strong>: Beatrice Paolozzi <strong>Strozzi</strong>, Marc Bormand<br />
SI SULIS,<br />
VIVerra?<br />
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cuperfi come gli caudenihilis artisti del rinascimento Catiusa vene li iusa abbiano realizzati.<br />
“Chiedimi”. Il personale con il distintivo speciale “Chiedimi”<br />
può aiutarti a saperne di più sulla <strong>mostra</strong>, anche nella tua<br />
lingua: se hai bisogno di sapere qualcosa chiedi a loro.<br />
Tutti i <strong>testi</strong> dei pannelli e delle didascalie si possono trovare<br />
anche sul sito www.palazzostrozzi.org e sono disponibili<br />
in italiano, inglese, francese, russo e cinese.
L’ereDITà DeI PaDrI<br />
Il nuovo linguaggio scultoreo del rinascimento trova<br />
fondamento in Nicola Pisano, formatosi su sarcofagi e<br />
reperti antichi, poi raccolti nel Camposanto di Pisa, ai<br />
quali si ispireranno anche le generazioni successive di<br />
artisti toscani. Il Cratere del Talento, già posto all’esterno<br />
del duomo pisano, è qui affiancato da sculture di Nicola<br />
e Giovanni Pisano, da quelle di arnolfo di Cambio,<br />
Tino di Camaino e dei loro successori, impegnati nel<br />
cantiere <strong>della</strong> cattedrale fiorentina di Santa reparata,<br />
poi intitolata a Santa Maria del Fiore. ai paradigmi più<br />
“classici” e monumentali, derivati da Nicola e arnolfo<br />
(e condivisi, in pittura, da Giotto) si affiancano quelli del<br />
Gotico, che discendono dall’opera di Giovanni Pisano<br />
e dalla circolazione di esempi francesi. La scultura<br />
d’Oltralpe ha avuto infatti un ruolo significativo, ancora<br />
percepibile nello stile di grandi scultori del primo<br />
rinascimento, tra i quali i senesi Jacopo <strong>della</strong> Quercia e<br />
Francesco di Valdambrino, che furono tra i partecipanti<br />
al concorso del 1401 per l’assegnazione <strong>della</strong> seconda<br />
porta del Battistero di Firenze.<br />
e<br />
6<br />
arTe rOMaNa<br />
Cratere con scena bacchica<br />
(Cratere del Talento)<br />
I secolo d.C.<br />
marmo (piede di restauro)<br />
Pisa, Opera <strong>della</strong> Primaziale Pisana<br />
Testimonianza dell’antico tra le più<br />
ammirate e studiate fin dal XIII secolo,<br />
questo Cratere fu utilizzato come fonte<br />
di ispirazione da molti artisti, tra cui Nicola<br />
Pisano. Collocato nel 1303 all’esterno <strong>della</strong><br />
cattedrale di Pisa, era ritenuto il vaso in cui<br />
si versava la moneta – il talento – dovuta<br />
alla dogana <strong>della</strong> città in età romana.<br />
Testimoniava dunque l’antica grandezza<br />
di Pisa e il suo ruolo di principale centro<br />
di raccolta in Toscana di opere del periodo<br />
classico.<br />
BOTTeGa DI NICOLa<br />
PISaNO<br />
Virtù (La Fede?)<br />
1260-1270 (?)<br />
marmo<br />
Parigi, Musée du Louvre, département<br />
des Sculptures, dono di un gruppo<br />
di amici del Louvre, 1909<br />
Le antichità pisane hanno avuto un ruolo<br />
fondamentale nello sviluppo dell’arte di<br />
Nicola Pisano, primo interprete moderno<br />
dell’eredità classica e “precursore” del<br />
rinascimento. Simili figure si trovano<br />
frequentemente in Toscana sui pulpiti di età<br />
romanica, ma il movimento del panneggio<br />
e la plasticità del viso richiamano le opere<br />
del mondo romano.<br />
7
arNOLFO DI CaMBIO (?)<br />
Colle Val d’elsa 1240 circa-1310 circa<br />
Tre accoliti con turibolo,<br />
navicella e ampolla<br />
1267 circa<br />
marmo<br />
Firenze, Museo Nazionale<br />
del Bargello<br />
Il gruppo era uno dei sostegni del<br />
monumento sepolcrale di Domenico di<br />
Guzman, morto a Bologna nel 1221 e<br />
canonizzato nel 1234. Noto come Arca di<br />
san Domenico, fu realizzato tra 1264 e 1267<br />
da Nicola Pisano e dai suoi collaboratori, tra<br />
cui il giovane arnolfo. I tre ‘accoliti’ (giovani<br />
che assistevano il sacerdote durante le<br />
funzioni) sono addossati a formare uno<br />
dei pilastri a sostegno dell’arca, secondo<br />
una struttura compositiva che deriva dalla<br />
scultura antica.<br />
GIOTTO DI BONDONe<br />
Vespignano o Firenze 1266 circa<br />
Firenze 1337<br />
Madonna dolente<br />
1335 circa<br />
affresco staccato<br />
Firenze, Museo dell’Opera<br />
di Santa Croce<br />
Il senso dello spazio e le forme – al tempo<br />
stesso monumentali e sintetiche – delle<br />
ultime opere di Giotto rivelano l’attenzione<br />
dell’artista agli scultori contemporanei,<br />
e in particolare a Tino di Camaino. Lo<br />
stile tardo e “scultoreo” di Giotto rimane<br />
un caposaldo anche per i maestri delle<br />
generazioni successive, esercitando una<br />
profonda influenza sui futuri protagonisti<br />
<strong>della</strong> pittura, a cominciare da Masaccio.<br />
TINO DI CaMaINO<br />
Siena 1280 circa-Napoli 1337 circa<br />
Virtù (La Fede)<br />
1322-1324 circa<br />
marmo<br />
Firenze, Museo dell’Opera<br />
di Santa Maria del Fiore<br />
realizzata probabilmente alla fine del<br />
periodo fiorentino dell’artista, che fino al<br />
1321 aveva lavorato a Siena e dopo il 1324<br />
sarà a Napoli, la scultura era forse collocata<br />
in origine sopra il portale est del Battistero.<br />
Tino <strong>mostra</strong> particolare attenzione alle<br />
opere di Giotto – sia per la plasticità delle<br />
sue figure che per la naturalezza descrittiva<br />
– come attesta il contrasto fra morbidezza<br />
del velo e sintetica resa <strong>della</strong> testa.<br />
aNDrea PISaNO<br />
andrea di Ugolino; Pontedera<br />
1290 circa-Orvieto 1348/1349<br />
La Scultura (Fidia)<br />
1334-1339 circa<br />
marmo<br />
Firenze, Museo dell’Opera<br />
di Santa Maria del Fiore<br />
La formella proviene dall’esterno del<br />
Campanile progettato da Giotto a fianco<br />
<strong>della</strong> cattedrale. Il ciclo decorativo è<br />
dedicato alla capacità dell’uomo di<br />
dominare, con l’aiuto <strong>della</strong> fede, il mondo<br />
materiale, grazie al lavoro manuale e alle<br />
capacità intellettuali. Giotto tradusse il<br />
tema in un programma iconografico in<br />
parte realizzato da andrea Pisano, suo<br />
«amicissimo». Fonte di ispirazione di<br />
andrea furono i rilievi funerari romani<br />
con artigiani al lavoro.<br />
8 9
GIOVaNNI PISaNO<br />
Pisa 1248 circa-Siena ante 1319<br />
Madonna col Bambino<br />
1270 circa<br />
marmo<br />
empoli, Museo <strong>della</strong> Collegiata<br />
di Sant’andrea<br />
La composizione deriva dalle immagini<br />
“clipeate”, cioè racchiuse in una cornice<br />
circolare, che Giovanni – avviato dal padre<br />
allo studio dell’antico – aveva visto nei<br />
sarcofagi tardoromani del Camposanto<br />
di Pisa. L’artista reinterpreta il lessico<br />
figurativo classico con l’espressività <strong>della</strong><br />
scultura gotica, accentuando plasticità<br />
e rilievo ed esprimendo il rapporto<br />
affettivo fra madre e figlio: un precedente<br />
fondamentale per la scultura fiorentina<br />
del primo rinascimento.<br />
La Giustizia<br />
1312-1313<br />
marmo<br />
Genova, Galleria Nazionale<br />
<strong>della</strong> Liguria a <strong>Palazzo</strong> Spinola<br />
La figura era parte del sepolcro di<br />
Margherita di Brabante – sposa di enrico<br />
VII di Lussemburgo – che Giovanni Pisano<br />
realizzò nella chiesa genovese di San<br />
Francesco di Castelletto. Nel monumento,<br />
smembrato, si fondevano le diverse fonti<br />
<strong>della</strong> cultura dell’artista, che nella Giustizia<br />
esprime la componente più gotica, diffusa<br />
in Italia dalla scultura in avorio soprattutto<br />
francese, ma che Giovanni potrebbe<br />
anche aver conosciuto nel corso di<br />
un’ipotizzata esperienza parigina.<br />
SCULTOre<br />
DeLLa PICCarDIa<br />
Madonna col Bambino<br />
ultimo terzo del XIII secolo<br />
legno, tracce di policromia<br />
Parigi, Musée du Louvre, département<br />
des Sculptures, dono eredi di L. Mellerio<br />
(testa del Bambino)<br />
analoghe statuette prodotte a Parigi<br />
e nel Nord <strong>della</strong> Francia nel Duecento<br />
sono state poi ampiamente imitate,<br />
diffondendosi in tutto l’Occidente.<br />
L’opera rivela una tensione tra due forme<br />
espressive <strong>della</strong> scultura gotica d’Oltralpe:<br />
la preziosità delle figure d’avorio, che si<br />
potevano tenere in mano e contemplare<br />
da vicino, e la monumentalità delle<br />
sculture in pietra, destinate a uno sguardo<br />
più distaccato e lontano.<br />
SCULTOre ParIGINO<br />
Madonna col Bambino<br />
(Madonna Timbal)<br />
1260-1270 circa<br />
avorio con tracce di policromia,<br />
fermaglio e corona moderni<br />
Parigi, Musée du Louvre,<br />
département des Objets d’art<br />
Per la facilità del trasporto, analoghe<br />
statuine d’avorio furono tra i veicoli più<br />
importanti per la diffusione in Italia di<br />
nuove iconografie e dello stile gotico<br />
francese più raffinato. Il gruppo, incentrato<br />
sulla relazione di tenerezza tra madre e<br />
figlio e caratterizzato dall’eleganza delle<br />
figure e dei motivi floreali <strong>della</strong> veste del<br />
Bambino, appare prototipo <strong>della</strong> figura<br />
<strong>della</strong> Madonna eburnea di Giovanni Pisano,<br />
conservata al Museo dell’Opera Primaziale<br />
di Pisa.<br />
10 11
aNDrea PISaNO<br />
andrea di Ugolino; Pontedera<br />
1290 circa-Orvieto 1348/1349<br />
Santa Reparata<br />
1337-1343<br />
marmo<br />
Firenze, Museo dell’Opera<br />
di Santa Maria del Fiore<br />
reparata, martire di Cesarea in Palestina,<br />
era oggetto a Firenze di un culto<br />
particolare, tanto che le fu intitolata<br />
la prima cattedrale, che conservò il<br />
suo nome fino al XIV secolo, quando<br />
fu dedicata a Santa Maria del Fiore. La<br />
scultura, che unisce monumentalità<br />
classica ed eleganza gotica, doveva perciò<br />
avere nell’antica chiesa una collocazione<br />
di rilievo e ad una certa altezza, come<br />
suggeriscono la sommità <strong>della</strong> testa non<br />
rifinita e l’inclinazione del volto verso il<br />
basso.<br />
PIerO DI GIOVaNNI<br />
TeDeSCO<br />
Firenze notizie 1386-1402<br />
Angelo<br />
1390-1396<br />
marmo<br />
Firenze, Museo dell’Opera<br />
di Santa Maria del Fiore<br />
Santo Stefano<br />
1390-1394<br />
marmo<br />
Parigi, Musée du Louvre,<br />
département des Sculptures<br />
Le statue del Santo Stefano e del San<br />
Lorenzo – qui dirimpetto – rimaste<br />
acefale a seguito dello smembramento<br />
<strong>della</strong> facciata arnolfiana <strong>della</strong> cattedrale<br />
fiorentina, furono integrate con teste<br />
antiche, ritenute adeguate all’aspetto<br />
classicheggiante dei due santi. L’Angelo<br />
che affianca Santo Stefano, con una<br />
mano stringe il sasso del suo martirio e<br />
con l’altra chiude il manto, le cui pieghe<br />
sinuose sono <strong>testi</strong>monianza del gusto<br />
gotico dello scultore.<br />
12 13
PIerO DI GIOVaNNI<br />
TeDeSCO<br />
Firenze notizie 1386-1402<br />
Angelo<br />
1390-1396<br />
marmo<br />
Francoforte sul Meno, Liebieghaus<br />
Skulpturensammlung<br />
San Lorenzo<br />
1390-1394<br />
marmo<br />
Parigi, Musée du Louvre,<br />
département des Sculptures<br />
Piero di Giovanni, giunto forse dal<br />
cantiere del Duomo di Milano e<br />
denominato “Teutonicus”, a Firenze<br />
ottenne numerosi incarichi per l’apparato<br />
scultoreo <strong>della</strong> facciata di Santa Maria<br />
del Fiore: in particolare, quattro grandi<br />
statue di santi martiri, affiancati da otto<br />
angeli adoranti. Questa coppia di figure –<br />
come quella dirimpetto – costituisce una<br />
significativa <strong>testi</strong>monianza del disperso<br />
complesso decorativo <strong>della</strong> facciata<br />
arnolfiana. La testa del San Lorenzo, come<br />
quella del Santo Stefano, è stata sostituita<br />
nel XIX secolo con un ritratto virile di età<br />
romana.<br />
FraNCeSCO<br />
DI VaLDaMBrINO<br />
Siena 1375 circa-1435<br />
Santo Stefano<br />
1409 circa<br />
legno di pioppo intagliato,<br />
dipinto e dorato<br />
empoli, Museo <strong>della</strong> Collegiata<br />
di Sant’andrea<br />
Francesco di Valdambrino nel 1401 fu tra<br />
i «combattitori» – insieme a Jacopo <strong>della</strong><br />
Quercia, Niccolò di Piero Lamberti, Simone<br />
da Colle, Niccolò di Luca Spinelli, oltre<br />
a Brunelleschi e Ghiberti – al concorso<br />
per la seconda porta del Battistero. Nel<br />
Santo Stefano, il cui restauro eseguito in<br />
occasione <strong>della</strong> <strong>mostra</strong> ha consentito<br />
di recuperare la sontuosa policromia,<br />
Valdambrino rivela la sua attenzione alla<br />
nuova monumentalità rinascimentale,<br />
pur mantenendo i caratteri di grazia e<br />
malinconia, tipici del tardogotico senese.<br />
JaCOPO DeLLa QUerCIa<br />
Siena 1347-1438 circa<br />
Sant’Ansano<br />
1410 circa<br />
legno (anticamente dipinto)<br />
Lucca, Chiesa dei Santi Simone e Giuda.<br />
In deposito temporaneo presso il Museo<br />
Nazionale di Villa Guinigi<br />
Jacopo <strong>della</strong> Quercia, uno dei partecipanti<br />
al concorso indetto nel 1401 dall’arte<br />
di Calimala, realizzò per Lucca questa<br />
figura, caratteristica dei primordi del<br />
rinascimento, in cui l’eleganza del Gotico<br />
internazionale si coniuga con l’idea<br />
innovatrice, desunta dall’arte classica,<br />
di dar forme naturali al corpo umano.<br />
L’hanchement gotico si congiunge nel<br />
Sant’Ansano all’umanizzazione <strong>della</strong><br />
scultura, sottolineata in origine dalla<br />
policromia.<br />
14 15
FIreNZe 1401:<br />
L’aLBa DeL rINaSCIMeNTO<br />
I rilievi del Sacrificio di Isacco realizzati da Lorenzo<br />
Ghiberti e Filippo Brunelleschi per il concorso del 1401,<br />
che avrebbe assegnato al vincitore la seconda porta del<br />
Battistero, costituiscono una pietra miliare <strong>della</strong> storia<br />
dell’arte. ancora sostenuti dalla tradizione del Gotico<br />
internazionale, i due rilievi di<strong>mostra</strong>no la conoscenza da<br />
parte dei due artisti, allora giovanissimi e che saranno tra<br />
i protagonist assoluti del rinascimento, dei capolavori<br />
<strong>della</strong> scultura antica. Brunelleschi cita il famoso Spinario,<br />
mentre Ghiberti il Torso di centauro.<br />
Fa loro da sfondo il Modello ligneo <strong>della</strong> Cupola del<br />
Brunelleschi – qui non scultore, ma sommo architetto<br />
– in cui si riassume la nuova concezione dello spazio<br />
e <strong>della</strong> storia, che ha origine a Firenze. Intorno alla<br />
Cattedrale – «erta sopra e’ cieli, ampla da coprire chon<br />
sua ombra <strong>tutti</strong> e popoli toscani», come scrive Leon<br />
Battista alberti – nasce un nuovo linguaggio espressivo<br />
che trasforma la “Città del giglio” in capitale artistica del<br />
rinascimento.<br />
16<br />
FILIPPO BrUNeLLeSChI<br />
Firenze 1377-1446<br />
Il sacrificio di Isacco<br />
1401<br />
bronzo parzialmente dorato<br />
Firenze, Museo Nazionale<br />
del Bargello<br />
Pur non riuscendo a ottenere la<br />
commissione, questa formella con cui<br />
Brunelleschi partecipò al concorso del<br />
1401 fu restituita all’artista e non venne<br />
rifusa come bronzo utile per la nuova<br />
porta, a differenza delle altre escluse.<br />
Se la composizione frammentata dei<br />
diversi momenti <strong>della</strong> storia evoca le<br />
scenografie del teatro medievale, la ricerca<br />
sperimentale di un nuovo spazio in cui<br />
ambientare l’azione e la puntuale citazione<br />
nelle figure di celebri opere antiche (in<br />
particolare, dello Spinario) inaugurano<br />
di fatto il rinascimento.<br />
LOreNZO GhIBerTI<br />
Firenze 1378 o 1381-1455<br />
Il sacrificio di Isacco<br />
1401<br />
bronzo parzialmente dorato<br />
Firenze, Museo Nazionale<br />
del Bargello<br />
Opera d’esordio del Ghiberti, questa<br />
formella – fusa in un solo pezzo, mentre<br />
quella del Brunelleschi è formata da<br />
quattro parti saldate al fondo – gli<br />
valse l’aggiudicazione <strong>della</strong> Porta<br />
Nord del Battistero. L’artista coniuga<br />
armoniosamente, in uno spazio unitario,<br />
tradizione e innovazione: da un lato<br />
l’eleganza tardogotica e la fluidità<br />
narrativa, che supera la drammaticità<br />
dell’evento; dall’altro, l’assunzione di<br />
forme classiche (specie nel torso di<br />
Isacco), tratte da esemplari antichi.<br />
17
arTe rOMaNa<br />
Spinario<br />
I secolo a.C.<br />
marmo italico<br />
Modena, Galleria estense<br />
La scultura è una delle più belle repliche<br />
antiche, derivate da un archetipo<br />
probabilmente di età tardo ellenistica.<br />
Il più celebre esemplare d’età romana,<br />
lo Spinario Capitolino (roma, Musei<br />
Capitolini), fu tra i rari bronzi antichi a<br />
rimanere ininterrottamente visibile fra<br />
le rovine dell’Urbe, divenendo così per<br />
secoli modello e fonte di ispirazione per<br />
gli artisti. Il servo a sinistra nel rilievo<br />
del Brunelleschi ne ripete, pur con vesti<br />
attualizzate, posa e gesto.<br />
arTe rOMaNa<br />
Torso di centauro<br />
I secolo d.C.<br />
marmo rosso antico<br />
New York, The Metropolitan Museum<br />
of art, Fondo rogers, 1909<br />
L’opera <strong>mostra</strong> una stretta affinità<br />
con il Torso Gaddi, oggi agli Uffizi,<br />
probabilmente appartenuto ai discendenti<br />
del Ghiberti e una delle più celebri e<br />
monumentali redazioni antiche <strong>della</strong><br />
figura del centauro con le mani legate<br />
dietro la schiena, che ebbe vasta fortuna<br />
nell’età classica come poi in quella<br />
rinascimentale. Ben riconoscibile il suo<br />
ascendente diretto nella concezione del<br />
busto fortemente inarcato di Isacco nella<br />
formella ghibertiana.<br />
FILIPPO BrUNeLLeSChI<br />
Firenze 1377-1446<br />
Modello ligneo<br />
<strong>della</strong> Cupola del Duomo<br />
1420-1440 circa<br />
legno<br />
Firenze, Museo dell’Opera<br />
di Santa Maria del Fiore<br />
La Cupola di Santa Maria del Fiore – il<br />
più forte elemento simbolico che<br />
caratterizza ancora oggi il profilo <strong>della</strong><br />
città – venne realizzata a partire dal 1420,<br />
su progetto del Brunelleschi, con un<br />
metodo costruttivo rivoluzionario e senza<br />
armatura. Nel 1436 ebbe luogo la sua<br />
consacrazione solenne, in una forma più<br />
o meno corrispondente a questo modello,<br />
che era stato probabilmente eseguito<br />
sotto il controllo del maestro per illustrare<br />
il progetto complessivo del monumento.<br />
18 19
La rOMaNITaS<br />
CIVILe e CrISTIaNa<br />
La fioritura rinascimentale a Firenze è determinata<br />
da congiunture sociali, economiche e politiche che si<br />
manifestano all’inizio del Quattrocento. I successi <strong>della</strong><br />
repubblica sono accompagnati da un crescente orgoglio<br />
cittadino: la libertas fiorentina, erede di quella <strong>della</strong> roma<br />
repubblicana, si propone a modello per gli altri Stati italiani,<br />
mentre i suoi abitanti sembrano riflettere l’ideale ciceroniano<br />
del “buon cittadino”. attraverso gli scritti dei grandi<br />
cancellieri-umanisti Coluccio Salutati e Leonardo Bruni, si<br />
assiste allo sviluppo dell’Umanesimo civile e alla costruzione<br />
del mito di Firenze come nuova roma e nuova atene, pur<br />
non escludendo, ma anzi esaltando, un forte sentimento<br />
cristiano.<br />
La scultura pubblica si fa interprete di questa celebrazione<br />
<strong>della</strong> città attraverso le statue dei santi-eroi e dei profeti<br />
<strong>della</strong> Cattedrale, ma sono soprattutto le grandi figure<br />
destinate alle nicchie di Orsanmichele, commissionate<br />
dalle arti, e quelle del Campanile di Santa Maria del Fiore, a<br />
recuperare modelli antichi secondo ideali aggiornati e con<br />
un rinnovamento espressivo e tecnico.<br />
FraNCeSCO PeTrarCa<br />
arezzo 1304-arquà 1374<br />
I trionfi<br />
manoscritto membranaceo<br />
aPOLLONIO DI GIOVaNNI<br />
Firenze 1415-1465<br />
Ritratto di Coluccio Salutati<br />
1450<br />
Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana<br />
Coluccio Salutati, cancelliere <strong>della</strong><br />
repubblica dal 1375 alla morte, avvenuta<br />
nel 1406, strenuo assertore <strong>della</strong> florentina<br />
libertas, fu uno dei massimi protagonisti<br />
<strong>della</strong> cultura umanistica, proseguendo<br />
l’impulso dato dal Petrarca. Coluccio, in<br />
piedi su un basso piedistallo con un libro<br />
aperto tra le mani e altri volumi ai piedi, è<br />
raffigurato come una statua vera e propria,<br />
nella veste rossa riservata a personalità di<br />
prestigio.<br />
LeONarDO BrUNI<br />
arezzo 1370-Firenze 1444<br />
Istoria fiorentina tradotta in volgare<br />
da Donato Acciaiuoli<br />
manoscritto membranaceo<br />
aNTONIO DI NICCOLò<br />
Firenze 1455-1527<br />
Ritratto di Leonardo Bruni<br />
sullo sfondo di Firenze<br />
1474<br />
Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale<br />
Umanista e storico, Bruni fu autorevole<br />
cancelliere <strong>della</strong> repubblica fiorentina dal<br />
1427 alla morte, nel 1444. Il miniatore<br />
ritrae qui Bruni nelle vesti di Dante e lo<br />
raffigura con un libro raggiato d’oro sullo<br />
sfondo di Firenze – ben riconoscibile<br />
dalla Cupola del Duomo – per alludere<br />
all’impegno profuso nel diffondere le opere<br />
dell’alighieri e nel glorificare la città.<br />
21
POGGIO BraCCIOLINI<br />
Terranuova 1380-Firenze 1459<br />
Storia fiorentina dall’origine<br />
<strong>della</strong> città fino all’anno 1455<br />
BOTTeGa DI PIerO DI<br />
JaCOPO DeL MaSSaIO<br />
Pianta iconografica di Firenze<br />
1470 circa<br />
manoscritto membranaceo<br />
Città del Vaticano, Biblioteca apostolica<br />
Vaticana<br />
Il codice è illustrato da una veduta ‘a volo<br />
d’uccello’ di Firenze, simile ad altre riferite<br />
a Piero del Massaio. La pianta rinuncia<br />
alla descrizione del tessuto urbano<br />
minore, presentando la città all’interno<br />
<strong>della</strong> cinta muraria con gli edifici ritenuti<br />
più importanti, che emergono sul fondo<br />
colorato. Poggio Bracciolini fu, come<br />
Bruni, cancelliere <strong>della</strong> repubblica<br />
fiorentina e autore di una Storia di Firenze:<br />
ma anche grande umanista, filologo,<br />
raccoglitore di <strong>testi</strong> e di opere antiche.<br />
POGGIO BraCCIOLINI<br />
Terranuova 1380-Firenze 1459<br />
De varietate fortunae<br />
manoscritto membranaceo<br />
FraNCeSCO D’aNTONIO<br />
DeL ChIerICO<br />
Firenze 1433-1484<br />
Ritratto di Poggio Bracciolini<br />
1470 circa<br />
Città del Vaticano, Biblioteca apostolica<br />
Vaticana<br />
Poggio Bracciolini, personaggio di spicco<br />
nella cerchia di Cosimo il Vecchio de’<br />
Medici, scoprì rarissimi manoscritti di<br />
opere classiche nelle antiche biblioteche<br />
monastiche svizzere, tedesche e francesi:<br />
ritrovamenti eccezionali che ne resero<br />
celebre il nome. La sua vena narrativa<br />
e le sue riflessioni etiche e filosofiche si<br />
rivelano nei dialoghi, come il De varietate<br />
fortunae, incentrato sullo scontro tra<br />
fortuna e virtù.<br />
arTe rOMaNa<br />
Dioniso Tauro<br />
copia del II secolo d.C., da originale<br />
del tardo IV secolo a.C. (testa);<br />
II secolo d.C. (busto)<br />
marmo greco<br />
Firenze, Galleria degli Uffizi<br />
La testa (il busto è antico ma non<br />
pertinente) è forse giunta nella collezione<br />
di Cosimo il Vecchio da quella di<br />
Poggio Bracciolini. Consapevole che<br />
per il recupero del passato non fossero<br />
fondamentali solo le <strong>testi</strong>monianze<br />
letterarie, Poggio si dedicò alla ricerca<br />
di vestigia dell’antichità, incaricando tra<br />
l’altro il dotto frate francescano Francesco<br />
da Pistoia, in partenza per Chio in Grecia,<br />
di procurargli reperti marmorei: ne riportò<br />
tre, fra cui forse questa testa di Dioniso.<br />
22 23
LeON BaTTISTa aLBerTI<br />
Genova 1404-roma 1472<br />
Autoritratto<br />
1435 circa<br />
bronzo<br />
Washington, National Gallery of art,<br />
Samuel h. Kress Collection<br />
La placchetta è una pietra miliare <strong>della</strong><br />
ritrattistica: l’aspetto austero e nobile<br />
evoca i ritratti <strong>della</strong> roma repubblicana,<br />
mentre la forma ovale richiama gli<br />
antichi cammei. Il disegno dell’occhio<br />
alato è invenzione albertiana: riferimento<br />
umanistico all’occhio onniveggente di<br />
Dio, al primato <strong>della</strong> vista per l’intelletto<br />
umano e forse anche ai geroglifici egizi.<br />
DONaTeLLO<br />
Donato di Niccolò di Betto Bardi<br />
Firenze 1386 circa-1466<br />
Giovane profeta<br />
1406 circa<br />
marmo<br />
Firenze, Museo dell’Opera<br />
di Santa Maria del Fiore<br />
Destinata a una delle principali<br />
realizzazioni scultoree di inizio<br />
Quattrocento – la Porta <strong>della</strong> Mandorla,<br />
sul lato nord del Duomo – questa<br />
statuetta è considerata uno dei primi<br />
lavori autonomi del giovane Donatello.<br />
Se l’impianto <strong>della</strong> figura è già classico<br />
e fermo, le pieghe falcate dei panneggi,<br />
tipiche del Gotico internazionale,<br />
di<strong>mostra</strong>no l’influsso del Ghiberti, con cui<br />
Donatello collaborò tra il 1404 e il 1407,<br />
come aiutante nelle fasi iniziali <strong>della</strong> Porta<br />
Nord del Battistero.<br />
NaNNI DI BaNCO (?)<br />
Firenze documentato dal 1405-1421<br />
Ercole<br />
1405-1408 circa<br />
marmo<br />
Firenze, Museo dell’Opera<br />
di Santa Maria del Fiore<br />
La scelta di decorare l’archivolto <strong>della</strong><br />
Porta <strong>della</strong> Mandorla con tralci d’acanto<br />
popolati da divinità <strong>della</strong> mitologia e da<br />
figure angeliche va letta in parallelo alle<br />
citazioni dall’antico presenti nelle formelle<br />
del concorso del 1401. Se la presenza<br />
di ercole si spiega con il significato<br />
etico e politico che il semidio riveste<br />
nell’iconografia civica fiorentina, tema<br />
di fondo rimane il connubio di mondo<br />
classico e cristiano, di cui Nanni di Banco<br />
fu uno dei primi e più grandi interpreti.<br />
NaNNI DI BaNCO (?)<br />
Firenze documentato dal 1405-1421<br />
Giovane profeta<br />
1406 circa<br />
marmo<br />
Firenze, Museo dell’Opera<br />
di Santa Maria del Fiore<br />
Nanni di Banco appare avviato, nella<br />
struttura solida e plastica del panneggio,<br />
al superamento <strong>della</strong> tradizione gotica;<br />
la sua data di nascita è sconosciuta, ma<br />
doveva essere più anziano di Donatello,<br />
e dunque potrebbe aver avviato prima<br />
di lui un dialogo con Brunelleschi e con<br />
l’arte antica. La morte precoce, avvenuta<br />
nel 1421, ha oscurato la fama di Nanni,<br />
non ricordato tra i maggiori artisti da<br />
Leon Battista alberti nel trattato De pictura<br />
del 1435, tradotto in volgare l’anno<br />
successivo.<br />
24 25
arTe rOMaNa<br />
Sarcofago con trionfo<br />
di Dioniso e Vittorie alate<br />
160 d.C. circa<br />
marmo italico<br />
Cortona, Museo Diocesano<br />
Un aneddoto vasariano narra che<br />
Brunelleschi, per disegnare questo<br />
sarcofago che aveva sentito lodare da<br />
Donatello, si recò a piedi da Firenze a<br />
Cortona «cosí come egli era, in mantello<br />
et in cappuccio, in zoccoli, senza dir<br />
dove andasse». Noto a <strong>tutti</strong> gli artisti<br />
del tempo, è stato uno dei modelli di<br />
Lorenzo Ghiberti per le figure angeliche<br />
che compaiono sull’Arca dei santi Proto,<br />
Giacinto e Nemesio: derivate dalle Vittorie<br />
alate che sorreggono l’immagine clipeata,<br />
sul coperchio del sarcofago.<br />
LOreNZO GhIBerTI<br />
Firenze 1378 o 1381-1455<br />
Arca dei santi Proto,<br />
Giacinto e Nemesio<br />
1425-1428<br />
bronzo con minime tracce<br />
di smalto rosso<br />
Firenze, Museo Nazionale<br />
del Bargello<br />
ambrogio Traversari, coltissimo priore<br />
del monastero camaldolese di Santa<br />
Maria degli angeli di Firenze, sollecitò il<br />
protettore – e amico – Cosimo de’ Medici<br />
a commissionare un’urna per le reliquie<br />
dei martiri Proto, Giacinto e Nemesio.<br />
Nei Commentarii Ghiberti ricorda di<br />
aver realizzato la «cassa» per custodirne<br />
le ossa, collocata in chiesa nel 1428. Le<br />
ornamentazioni si ispirano a modelli<br />
dell’antichità classica noti all’epoca.<br />
Gradino dell’Arca dei santi Proto,<br />
Giacinto e Nemesio<br />
1428<br />
marmo<br />
Firenze, ex Convento di Santa Maria<br />
degli angeli, associazione Nazionale<br />
fra Mutilati ed Invalidi di Guerra,<br />
Sezione di Firenze<br />
Si ritenevano perduti due gradini,<br />
recentemente ritrovati, parte <strong>della</strong> base<br />
marmorea dell’arca, con le iscrizioni<br />
originali incise in eleganti maiuscole latine.<br />
L’una, oggi abrasa, descriveva le reliquie in<br />
essa racchiuse, l’altra, qui presentata per la<br />
prima volta dopo il rinvenimento, ricorda<br />
il ruolo dei Medici nella committenza e<br />
l’esatta data dell’opera.<br />
MICheLOZZO<br />
Michelozzo di Bartolomeo Michelozzi<br />
Firenze 1396-1472<br />
Angeli adoranti<br />
1427-1438<br />
marmo<br />
Londra, Victoria and albert Museum<br />
I due angeli e l’iscrizione facevano parte<br />
del Monumento funebre di Bartolomeo<br />
Aragazzi (Montepulciano 1385<br />
circa-1429). L’aragazzi stesso – segretario<br />
papale, erudito e poeta – l’aveva<br />
commissionato a Michelozzo due anni<br />
prima di morire di peste. Il monumento,<br />
smantellato nel Seicento, per l’articolata<br />
iconografia e la severa forma classica,<br />
racchiude la complessa relazione fra fede<br />
cristiana e ideali umanistici.<br />
26 27
BOTTeGa DI MICheLOZZO<br />
Epigrafe del monumento funebre<br />
di Bartolomeo Aragazzi<br />
1429-1438<br />
bronzo dorato<br />
Montepulciano, <strong>Palazzo</strong> Vescovile<br />
La parte conservata dell’iscrizione<br />
<strong>testi</strong>monia <strong>della</strong> stima in cui era tenuto<br />
l’aragazzi: «al coltissimo Bartolomeo,<br />
amante <strong>della</strong> patria, protettore del bene<br />
pubblico, presso il pontefice massimo<br />
Martino V, consigliere in tutte le decisioni,<br />
prematuramente scomparso, i posteri<br />
dedicarono come a benefattore». Le<br />
maiuscole romane sono probabilmente<br />
ispirate a iscrizioni carolingie e romaniche,<br />
esemplate su precedenti classici.<br />
PaGNO DI LaPO<br />
POrTIGIaNI<br />
Fiesole 1408 circa-post 1469<br />
MICheLOZZO (?)<br />
Michelozzo di Bartolomeo Michelozzi<br />
Firenze 1396-1472<br />
Dossale d’altare<br />
1449-1452<br />
marmo, tracce di doratura<br />
Firenze, Musei Civici Fiorentini - Museo<br />
Stefano Bardini<br />
Il dossale, proveniente dall’altare del<br />
Tempietto dell’annunziata voluto da Piero<br />
de’ Medici per accogliere la più venerata<br />
immagine fiorentina, rappresenta una<br />
ulteriore, eloquente <strong>testi</strong>monianza <strong>della</strong><br />
fusione fra antichità e cristianità compiuta<br />
nel primo rinascimento. Lo straordinario<br />
sarcofago in stile antico <strong>mostra</strong> al centro<br />
il simbolo tricefalo <strong>della</strong> Trinità, legato alle<br />
discussioni tenutesi nel 1439 durante il<br />
Concilio di Firenze.<br />
LOreNZO GhIBerTI<br />
Firenze 1378 o 1381-1455<br />
San Matteo<br />
1419-1422<br />
bronzo, argento e tracce di doratura<br />
Firenze, Chiesa e Museo di Orsanmichele<br />
Per il proprio tabernacolo in<br />
Orsanmichele, l’arte del Cambio volle la<br />
figura del patrono San Matteo in bronzo,<br />
come il San Giovanni Battista che Ghiberti<br />
aveva realizzato tra il 1413 e il ’16 per<br />
il tabernacolo dell’arte di Calimala.<br />
L’incarico fu affidato allo stesso artista,<br />
che conferisce al San Matteo carattere<br />
più compiutamente rinascimentale, in<br />
una posa eloquente da oratore romano e<br />
con citazioni dal mondo antico non solo<br />
nella forma, ma anche nella tecnica (per<br />
esempio, gli occhi in argento).<br />
LOreNZO MONaCO<br />
Piero di Giovanni; Firenze 1370 circa-1425<br />
Reliquiario con un santo<br />
in una nicchia<br />
1400-1410 circa<br />
legno dorato e dipinto,<br />
vetro graffito<br />
Lione, Musée des Beaux-arts<br />
Pittore e miniatore di stile squisitamente<br />
gotico, cimentatosi anche nella pittura<br />
su vetro, Piero di Giovanni entra nel<br />
monastero camaldolese di Santa Maria<br />
degli angeli nel 1390, e da allora è noto<br />
come Lorenzo Monaco. L’edicola trova<br />
corrispondenza, in forma miniaturizzata,<br />
in alcuni tabernacoli di Orsanmichele di<br />
gusto tardogotico, e la figura del santo<br />
all’interno <strong>della</strong> nicchia sembra preludere<br />
l’effetto che avranno le grandi statue di<br />
Donatello, Nanni di Banco, Ghiberti.<br />
28 29
DONaTeLLO<br />
Donato di Niccolò di Betto Bardi; Firenze<br />
1386 circa-1466<br />
San Ludovico di Tolosa<br />
1422-1425<br />
bronzo dorato (statua); argento, bronzo<br />
dorato, smalti e cristalli<br />
di rocca (tiara)<br />
Firenze, Museo dell’Opera di Santa Croce,<br />
Patrimonio del Fondo edifici di Culto -<br />
Ministero dell’Interno<br />
La Parte Guelfa commissionò a<br />
Donatello, per il proprio tabernacolo in<br />
Orsanmichele, la figura in bronzo dorato<br />
del patrono San Ludovico, in gara col San<br />
Matteo del Ghiberti. La statua – trasferita<br />
in Santa Croce già prima del 1460 – è<br />
stata restaurata in occasione <strong>della</strong> <strong>mostra</strong>.<br />
Concepita in modo rivoluzionario,<br />
come un ‘guscio’ senza corpo – le vesti<br />
sono realizzate in più pezzi, dorati<br />
separatamente e ricomposti attorno a una<br />
struttura interna di sostegno – è un’opera<br />
di grande forza espressiva e il simbolo del<br />
genio sperimentatore di Donatello.<br />
LOreNZO GhIBerTI<br />
Firenze 1378 o 1381-1455<br />
Studio per una statua<br />
di santo Stefano in una nicchia<br />
1400-1410 circa<br />
tempera su tela preparata con un sottile<br />
strato di gesso; lumeggiature d’oro a<br />
pennello; architettura eseguita con stilo<br />
e regolo, disegno ripassato a penna e<br />
inchiostro bruno; fondo porpora ripassato<br />
in azzurro scuro<br />
Parigi, Musée du Louvre, département<br />
des arts Graphiques<br />
Il disegno è forse il progetto per il primo<br />
tabernacolo dell’arte <strong>della</strong> Lana in<br />
Orsanmichele e per la figura di Santo<br />
Stefano. La nicchia classicheggiante<br />
ricorda quelle di Ghiberti per il San Matteo<br />
e per il Tabernacolo dei Linaioli.<br />
OraFO FIOreNTINO<br />
Cassetta reliquiario<br />
1446<br />
rame dorato e smalto champlevé<br />
New York, The Metropolitan<br />
Museum of art, Fondo rogers<br />
La cassetta costituisce una precoce<br />
attestazione del riflesso nelle arti<br />
applicate <strong>della</strong> nuova cultura figurativa:<br />
la complessa struttura dei reliquiari<br />
gotici viene semplificata in sobrie forme<br />
classiche e questa raffinata opera di<br />
oreficeria presenta una monumentalità<br />
antichizzante, di spirito ormai totalmente<br />
rinascimentale.<br />
30 31
DONaTeLLO<br />
Donato di Niccolò di Betto Bardi;<br />
Firenze 1386 circa-1466<br />
e NaNNI DI BarTOLO<br />
Firenze documentato 1419-1451<br />
Abramo e Isacco<br />
1421<br />
marmo<br />
Firenze, Museo dell’Opera<br />
di Santa Maria del Fiore<br />
Il Campanile è, con la Cattedrale e<br />
Orsanmichele, l’altro grande cantiere<br />
<strong>della</strong> scultura fiorentina del primo<br />
Quattrocento: per le sue nicchie, poste a<br />
notevole altezza, vennero commissionate,<br />
soprattutto a Donatello, figure di Profeti.<br />
La concezione di questo gruppo – il primo<br />
esempio rinascimentale di due figure a<br />
tuttotondo, scolpite in un unico blocco –<br />
è riferita a Donatello, mentre l’esecuzione<br />
(come attestano i documenti) spetta in<br />
parte a Nanni di Bartolo, suo aiuto.<br />
arTe rOMaNa<br />
Pseudo-Seneca<br />
I secolo a.C.<br />
bronzo, pasta vitrea<br />
Napoli, Museo archeologico Nazionale<br />
L’impietoso realismo e la ricerca di un<br />
patetismo esasperato fanno datare il<br />
modello del cosiddetto Pseudo-Seneca<br />
all’ambiente alessandrino <strong>della</strong> fine<br />
del III-inizi del II secolo a.C. Tra le oltre<br />
quaranta repliche, questa versione è la<br />
più potente: non ancora conosciuta nel<br />
primo Quattrocento, quando erano però<br />
note in Lazio e in Toscana teste affini,<br />
caratterizzate dalla resa epidermica e dalla<br />
straordinaria vitalità dello sguardo, grazie<br />
all’uso <strong>della</strong> pasta vitrea per gli occhi.<br />
DONaTeLLO<br />
Donato di Niccolò di Betto Bardi;<br />
Firenze 1386 circa-1466<br />
Testa di profeta<br />
1440 circa<br />
bronzo<br />
Firenze, Museo Nazionale<br />
del Bargello<br />
La Testa è connotata da un realismo che<br />
non appare finalizzato a delineare un<br />
ritratto, ma piuttosto a rendere credibile la<br />
dimensione psicologica di un personaggio<br />
dalla forte interiorità. Donatello, di cui<br />
già i contemporanei <strong>testi</strong>moniavano la<br />
competenza in materia di “anticaglie”,<br />
deve aver conosciuto ritratti antichi<br />
in bronzo (affini al cosiddetto Pseudo-<br />
Seneca), dalla forte connotazione<br />
espressiva.<br />
DONaTeLLO<br />
Donato di Niccolò di Betto Bardi;<br />
Firenze 1386 circa-1466<br />
Busto reliquiario di san Rossore<br />
1424-1427 circa<br />
bronzo fuso cesellato,<br />
dorato e argentato<br />
Pisa, Museo Nazionale<br />
di San Matteo<br />
Donatello col San Rossore rinnova<br />
l’antico genere del busto reliquiario<br />
secondo i canoni stilistici del primo<br />
rinascimento, conferendo al santo<br />
guerriero una fisionomia insieme<br />
naturalistica e idealizzata. Il busto – una<br />
fusione realizzata in cinque parti e dorata<br />
– è assimilabile al San Ludovico di Tolosa,<br />
anche per la dettagliata lavorazione del<br />
mantello.<br />
32 33
“SPIrITeLLI”<br />
Tra SaCrO e PrOFaNO<br />
Gli “spiritelli” sono tra i soggetti che meglio illustrano la<br />
diffusione dell’arte antica nell’iconografia rinascimentale<br />
e, parallelamente, il passaggio dal significato pagano a<br />
quello cristiano. Gli “spiritelli” rinascimentali, figure infantili<br />
derivate dai “genietti” <strong>della</strong> classicità romana, sono puttini<br />
alati nudi che compaiono nei più importanti monumenti<br />
fiorentini del primo Quattrocento, risultando un segno tra<br />
i più riconoscibili del nuovo stile. Facilmente identificabili<br />
con gli angeli <strong>della</strong> tradizione cristiana, dall’inizio del secolo<br />
prendono posto dapprima sulle tombe, imponendosi<br />
poi – grazie soprattutto a Donatello, che ne fa uno dei<br />
suoi soggetti preferiti – come protagonisti in complessi<br />
scultorei significativi. Nella prima metà del secolo, sulla<br />
scia donatelliana, il tema si diffonde rapidamente in varie<br />
tipologie artistiche.<br />
DONaTeLLO<br />
Donato di Niccolò di Betto Bardi;<br />
Firenze 1386 circa-1466<br />
Due spiritelli<br />
(dalla Cantoria del Duomo)<br />
1439<br />
bronzo con tracce di doratura,<br />
basi in marmo (non pertinenti)<br />
Parigi, Institut de France, Musée<br />
Jacquemart-andré<br />
Come “spiritelli” sono ricordati dal Vasari<br />
questi due putti reggi-cero, collocati<br />
in origine sulla Cantoria di Luca <strong>della</strong><br />
robbia nel Duomo di Firenze, a lungo<br />
attribuiti a Luca ed oggi prevalentemente<br />
a Donatello. Il restauro eseguito in<br />
occasione <strong>della</strong> <strong>mostra</strong> ha rivelato che<br />
in origine dovevano essere dorati, per<br />
riflettere su cantori e musicisti la luce delle<br />
loro fiaccole.<br />
arTe rOMaNa<br />
Due rilievi con putti<br />
(dai Troni di Saturno)<br />
prima metà del I secolo d.C.<br />
marmo<br />
Venezia, Museo archeologico Nazionale<br />
I motivi dei putti e quello del trono<br />
vuoto – simbolo <strong>della</strong> divinità (Saturno<br />
o Giove) o del principe assimilato alla<br />
divinità – appartengono alla tradizione<br />
iconografica ellenistica, passando in<br />
seguito nel repertorio figurativo imperiale<br />
romano. I due rilievi di Venezia (ma altri<br />
analoghi sono conservati anche altrove),<br />
identificati come “Troni di Saturno” dalla<br />
letteratura antica, sono stati una delle più<br />
importanti e note fonti d’ispirazione per<br />
l’arte rinascimentale.<br />
34 35
arTe rOMaNa<br />
Sarcofago con eroti aurighi<br />
160 d.C.<br />
marmo<br />
Pisa, Opera <strong>della</strong> Primaziale Pisana<br />
Il sarcofago, destinato a ospitare la<br />
sepoltura di un fanciullo, è privo del<br />
coperchio. Il fronte <strong>mostra</strong> una corsa<br />
di bighe guidate da putti alati, soggetto<br />
che ha conosciuto grande fortuna nell’arte<br />
funeraria romana per il riferimento<br />
all’eterno ricorrere del tempo. I puttini<br />
furono fra i soggetti classici che più<br />
precocemente ispirarono gli artisti<br />
rinascimentali: non solo scultori, ma<br />
anche pittori e miniatori.<br />
MaSO DI BarTOLOMeO<br />
Capannole Valdambra 1406<br />
ragusa di Dalmazia 1456<br />
Cassetta <strong>della</strong> Sacra Cintola<br />
1446-1448<br />
rame dorato, avorio, legno<br />
Prato, Museo dell’Opera del Duomo<br />
La cassetta fu commissionata a Maso<br />
di Bartolomeo, allievo e collaboratore<br />
di Donatello, per custodire la preziosa<br />
reliquia <strong>della</strong> Sacra Cintola <strong>della</strong><br />
Vergine, conservata nel Duomo di Prato.<br />
L’abbinamento di “spiritelli” di derivazione<br />
classica e architettura antichizzante deriva<br />
dalla Cantoria di Donatello nel Duomo<br />
di Firenze, che Maso ha trasposto in<br />
questo celebre capolavoro dell’oreficeria<br />
rinascimentale.<br />
LUCa DeLLa rOBBIa<br />
Firenze 1399/1400-1482<br />
Arme del podestà Amico<br />
di Donato <strong>della</strong> Torre<br />
1431-1432<br />
marmo parzialmente dipinto<br />
Firenze, Museo Nazionale<br />
del Bargello<br />
In quest’opera, contemporanea alla<br />
Cantoria che Luca <strong>della</strong> robbia realizzò<br />
per il Duomo, l’artista introduce elementi<br />
classici in un genere – quello dell’araldica<br />
– ancora fortemente legato alla tradizione<br />
gotico-cavalleresca. L’ispirazione all’antico<br />
è rivelata dai caratteri dell’iscrizione e dal<br />
tono solenne; tipica di Luca la «varietà<br />
d’affetti» espressa dai due spiritelli reggistemma:<br />
l’arguta giovialità dell’uno e<br />
l’imbronciata timidezza dell’altro.<br />
aNDrea<br />
DeL CaSTaGNO<br />
andrea di Bartolo; Castagno<br />
ante 1419-Firenze 1457<br />
Puttino con ghirlanda<br />
1448-1449<br />
affresco staccato<br />
Firenze, Galleria degli Uffizi<br />
Il putto faceva parte del ciclo di Uomini<br />
e donne illustri affrescato da andrea del<br />
Castagno nella Villa Carducci a Legnaia,<br />
alle porte di Firenze. I putti reggi-ghirlanda<br />
(motivo tipico dell’arte classica) erano<br />
disposti a fregio, in alto, lungo le pareti<br />
<strong>della</strong> sala. Nonostante il precedente<br />
antico, andrea conferisce particolare<br />
vivacità e tridimensionalità alla figura,<br />
dando allo spettatore la percezione<br />
illusoria di trovarsi davanti a un fanciullo<br />
vero e proprio.<br />
36 37
aMBITO DI MICheLOZZO<br />
Putto mictans<br />
1445 circa<br />
marmo<br />
Parigi, Institut de France,<br />
Musée Jacquemart-andré<br />
Il restauro intrapreso in occasione <strong>della</strong><br />
<strong>mostra</strong> ha rivelato la presenza di un<br />
condotto interno, con un foro posto<br />
all’estremità del sesso, confermando per<br />
questa figuretta la funzione di scultura<br />
da fontana. Fra le diverse interpretazioni<br />
del putto, quella del “pisciatore” ha<br />
conosciuto a Firenze una discreta<br />
fortuna, come attestato da alcune<br />
versioni, derivate forse da un prototipo<br />
donatelliano, oggi perduto.<br />
DONaTeLLO<br />
Donato di Niccolò di Betto Bardi; Firenze<br />
1386 circa-1466 e<br />
MICheLOZZO<br />
Michelozzo di Bartolomeo Michelozzi;<br />
Firenze 1396-1472<br />
Capitello<br />
1433<br />
bronzo con ampie tracce<br />
di doratura<br />
Prato, Museo dell’Opera del Duomo<br />
Prodotto del sodalizio fra Donatello e<br />
Michelozzo (1427-1435), il capitello<br />
sosteneva il pulpito esterno del Duomo<br />
di Prato, che Donatello aveva scolpito<br />
con un girotondo di putti. a Michelozzo,<br />
esperto nell’arte fusoria, sono attribuiti<br />
i tre putti del prospetto, mentre tutta<br />
donatelliana appare l’invenzione<br />
compositiva, che rielabora con libertà<br />
numerose citazioni dall’antico: come il<br />
putto che si affaccia in alto e l’ammiccare<br />
giocoso delle figurette, totalmente prive di<br />
implicazioni devote.<br />
arTe rOMaNa<br />
Putto con l’oca<br />
metà del I secolo d.C.<br />
marmo greco insulare?<br />
Città del Vaticano, Musei Vaticani<br />
Questo piccola scultura d’origine<br />
ellenistica, nota in più repliche di età<br />
romana – due delle quali conservate agli<br />
Uffizi – fu conosciuta e apprezzata nel<br />
rinascimento. Un’eco <strong>della</strong> sua fortuna<br />
nel primo Quattrocento è riconoscibile<br />
nella figura del Bambino <strong>della</strong> Sant’Anna<br />
Metterza di Masaccio (Uffizi), nonché in<br />
opere scultoree di ambito donatelliano.<br />
SCULTOre VICINO<br />
a DONaTeLLO<br />
Spiritello<br />
1432 circa<br />
bronzo dorato<br />
New York, The Metropolitan Museum<br />
of art, acquisto-dono<br />
di Mrs. Samuel reed, Fondo rogers,<br />
in regime di scambio,<br />
e Fondo Louis V. Bell<br />
Questa figura dorata di fanciullo alato,<br />
riferita dubitativamente a Donatello, era<br />
forse destinata alla fontana del giardino<br />
<strong>della</strong> “casa vecchia” di Cosimo de’ Medici,<br />
sua residenza prima del trasferimento<br />
nel nuovo <strong>Palazzo</strong> in via Larga (1458).<br />
Ispirata alle descrizioni di Plinio di<br />
analoghi “ingegni” idraulici dell’antichità,<br />
in origine sputava acqua in un oggetto,<br />
perduto, retto con la sinistra. Viene<br />
spesso identificata, per le ali ai piedi, con<br />
Mercurio.<br />
38 39
La rINaSCITa<br />
DeI CONDOTTIerI<br />
Il monumento equestre scultoreo è uno dei temi dall’antico<br />
con il quale si confrontano – ma non a Firenze, dove l’ideale<br />
repubblicano bandisce questo genere aristocratico – gli<br />
artisti fiorentini del primo rinascimento. È dunque fuori<br />
<strong>della</strong> città che se ne devono cercare esempi: il Monumento<br />
al Gattamelata di Padova, commissionato a Donatello,<br />
costituisce il primo dell’età moderna, collocato al centro<br />
di un grande spazio pubblico come nel mondo antico. La<br />
Protome Carafa donatelliana, unico resto del Monumento<br />
di Alfonso V d’Aragona, attesta sia la rinascita dell’uso del<br />
bronzo per celebrare la virtù militare, sia l’importanza<br />
dei modelli antichi. Il più famoso monumento equestre<br />
dell’antichità – il Marco Aurelio all’epoca a fianco del<br />
Laterano – viene riproposto dal bronzetto del Filarete, che<br />
segna la nascita di questo nuovo genere rinascimentale e<br />
documenta il primo esempio <strong>della</strong> fortuna, anche in piccola<br />
scala e a destinazione privata, di una tipologia che esalta<br />
l’attività dell’uomo, rimarcandone il valore individuale nella<br />
storia. Il precedente fiorentino è il Monumento a Giovanni<br />
Acuto, dipinto per il Duomo da Paolo Uccello nel 1436 e qui<br />
evocato con un’immagine.<br />
DONaTeLLO<br />
Donato di Niccolò di Betto Bardi;<br />
Firenze 1386 circa-1466<br />
Protome Carafa<br />
1455 circa<br />
bronzo<br />
Napoli, Museo archeologico Nazionale<br />
Il Monumento al Gattamelata, ultimato da<br />
Donatello a Padova nel 1453, suscitò tale<br />
scalpore da determinare la commissione<br />
all’artista di un statua equestre da parte<br />
di alfonso V d’aragona, re di Napoli,<br />
per il tramite del mercante fiorentino<br />
Bartolomeo Serragli. Donatello realizzò<br />
solo l’imponente testa del cavallo,<br />
secondo Vasari «tanto bella che molti la<br />
credono antica».<br />
arTe GreCa<br />
Protome Medici<br />
metà del IV secolo a.C.<br />
bronzo<br />
Firenze, Museo archeologico Nazionale<br />
La testa, parte di una statua equestre a<br />
grandezza naturale, è rara <strong>testi</strong>monianza<br />
dei bronzi antichi in gran parte perduti,<br />
perché fusi nel Medioevo al fine di<br />
ottenere metallo. Documentata nelle<br />
raccolte medicee dal tardo Quattrocento,<br />
potrebbe aver fatto parte <strong>della</strong> collezione<br />
di Cosimo, dato che Donatello, cui i<br />
Medici affidarono i propri reperti antichi,<br />
pare averla studiata prima <strong>della</strong> partenza<br />
per Padova dove avrebbe realizzato il<br />
Monumento al Gattamelata.<br />
40 41
DONaTeLLO<br />
Donato di Niccolò di Betto Bardi;<br />
Firenze 1386 circa-1466, attribuito<br />
Modello <strong>della</strong> testa del Gattamelata<br />
1447 circa<br />
gesso dipinto<br />
Padova, Museo di Scienze archeologiche e<br />
d‘arte dell‘Università degli Studi di Padova<br />
Con il Monumento al Gattamelata,<br />
realizzato a Padova tra 1447 e 1453,<br />
il ritratto equestre in bronzo viene<br />
riproposto per la prima volta in età<br />
moderna da Donatello. Un’opera ricca<br />
di suggestioni dall’antico, ma anche una<br />
ricostruzione idealizzata <strong>della</strong> fisionomia<br />
di erasmo da Narni, per evocarne le doti<br />
di dux. Il gesso, restaurato in occasione<br />
<strong>della</strong> <strong>mostra</strong>, è pressoché identico al<br />
bronzo, sia nell’impostazione che nella<br />
morfologia del viso.<br />
BeNOZZO GOZZOLI<br />
Firenze 1420/1422 circa-Pistoia 1497,<br />
attribuito<br />
Studio dal gruppo dei Dioscuri<br />
1447-1449 circa<br />
punta metallica, disegno a inchiostro grigionero,<br />
lumeggiature bianche a piombo con<br />
pennello su carta preparata azzurra<br />
Londra, The British Museum<br />
Il disegno si ispira, interpretandolo, al<br />
gruppo dei Dioscuri sul Quirinale, realizzato<br />
nel II secolo da originale greco del V secolo<br />
a.C. Considerato uno delle meraviglie di<br />
roma, alla metà del Quattrocento era<br />
ritenuto di Fidia e Prassitele. L’attribuzione<br />
del disegno è dibattuta, ma qui ricondotta<br />
all’ambito del Beato angelico, recatosi a<br />
lavorare a roma tra il 1447 e il 1449 con<br />
l’allievo Benozzo Gozzoli: un viaggio che<br />
fu occasione per ampliare la conoscenza<br />
del repertorio classico, di cui il disegno<br />
rappresenta eco significativa.<br />
FILareTe<br />
antonio di Pietro averlino;<br />
Firenze 1400 circa-roma 1469<br />
Marco Aurelio<br />
1440-1445 circa<br />
bronzo, tracce di smalti e di doratura<br />
Dresda, Skulpturensammlung, Staatliche<br />
Kunstsammlungen<br />
Il modello antico di riferimento per<br />
le sculture equestri rinascimentali è il<br />
Marco Aurelio. L’averlino – che a motivo<br />
<strong>della</strong> sua passione per la classicità scelse<br />
l’appellativo greco di Filarete, “amante<br />
<strong>della</strong> virtù” – ne realizzò la prima<br />
riproduzione moderna in dimensioni<br />
ridotte. Il bronzetto reca incise sulla base,<br />
in capitali umanistiche, firma, dedica a<br />
Piero de’ Medici e data del dono (1465).<br />
Fu eseguito nel periodo trascorso dallo<br />
scultore a roma per realizzare la porta<br />
bronzea di San Pietro.<br />
arTISTa DeLL’ITaLIa<br />
SeTTeNTrIONaLe<br />
Studio <strong>della</strong> statua equestre<br />
di Marco Aurelio<br />
ante 1477<br />
inchiostro bruno a penna, acquerellato<br />
e biacca su carta preparata (o rosata)<br />
Milano, Castello Sforzesco,<br />
Civico Gabinetto dei Disegni<br />
Il disegno appare realizzato dal vero,<br />
prima del 1477, quando il basamento<br />
del Marco Aurelio – uno dei monumenti<br />
simbolo <strong>della</strong> roma imperiale – fu fatto<br />
rinnovare e restaurare da papa Sisto IV.<br />
Dibattuta l’individuazione dell’autore, da<br />
ricondurre a un ambito settentrionale.<br />
42 43
“PITTUra SCOLPITa”<br />
Se la scultura fa spesso ricorso alla policromia per<br />
accrescere il valore espressivo delle opere, molti dei<br />
più grandi pittori fiorentini – prendendo le mosse dalla<br />
gravità antica e dalla saldezza plastica espresse dall’arte di<br />
Masaccio – si cimentano con il tono eroico e “statuario”<br />
nella rappresentazione <strong>della</strong> figura umana, ricreando<br />
illusionisticamente la tridimensionalità <strong>della</strong> scultura coeva.<br />
Grandi statue che illustrano l’importanza <strong>della</strong> policromia<br />
nella plastica quattrocentesca, dialogano con opere di<br />
pittura concepite per dare un’impostazione scultorea alla<br />
figura dipinta, raggiungendo talvolta, pur nella tecnica<br />
diversa, risultati di impressionante corrispondenza. Nella<br />
serie di Uomini e donne illustri di andrea del Castagno si<br />
instaura un rapporto fra scultura e pittura che rimanda alle<br />
descrizioni testuali di statue dell’antichità classica, ma che<br />
rappresenta anche un gioco raffinato sull’ambiguità <strong>della</strong><br />
forma dipinta nello spazio. Il ciclo <strong>della</strong> Leggenda <strong>della</strong> Vera<br />
Croce, affrescato da Piero <strong>della</strong> Francesca in San Francesco<br />
ad arezzo tra 1453 e 1464, è richiamato dalla riproduzione<br />
di una delle figure di Profeti.<br />
MaSaCCIO<br />
Tommaso di ser Giovanni Cassai; San<br />
Giovanni Valdarno 1401-roma 1428<br />
San Paolo<br />
1426<br />
tempera e foglia d’oro su tavola<br />
Pisa, Museo Nazionale di San Matteo<br />
La tavola è l’unico frammento rimasto a<br />
Pisa del polittico eseguito da Masaccio per<br />
la cappella di ser Giuliano di Colino degli<br />
Scarsi nella chiesa del Carmine. Portato a<br />
compimento fra il febbraio e il dicembre<br />
del 1426, fu poi smembrato alla fine del<br />
Cinquecento. La fonte d’ispirazione del<br />
San Paolo va ricercata nella scultura di<br />
Donatello, di cui riprende la resa plastica,<br />
il chiaroscuro e il tono eroico,<br />
grandi novità nella Firenze di primo<br />
Quattrocento.<br />
FILIPPO LIPPI<br />
Firenze 1406 circa-Spoleto 1469<br />
Madonna dell’Umiltà con sei<br />
angeli e i santi Anna, Angelo<br />
di Licata e Alberto da Trapani<br />
(Madonna Trivulzio)<br />
1430-1432 circa<br />
tempera su tavola trasportata su tela<br />
Milano, raccolte d‘arte antica,<br />
Pinacoteca del Castello Sforzesco<br />
Il restauro condotto in occasione <strong>della</strong><br />
<strong>mostra</strong> ha rivelato che il fondo azzurro<br />
del dipinto (in origine non di forma<br />
cuspidata) era meno elevato, così da<br />
esaltare lo sbalzo plastico delle figure,<br />
concepite come un rilievo in “stiacciato”,<br />
di ispirazione donatelliana. È verosimile<br />
che l’opera – fondamentale per la<br />
ricostruzione <strong>della</strong> giovinezza di Lippi –<br />
provenga dal convento del Carmine di<br />
Firenze, dove Filippo visse dal 1421 al<br />
1432 e dove conobbe Masaccio.<br />
45
PaOLO UCCeLLO<br />
Paolo di Dono; Pratovecchio<br />
o Firenze 1397-Firenze 1475<br />
Jacopone da Todi<br />
1433-1434 circa<br />
affresco staccato<br />
Prato, Museo dell’Opera del Duomo<br />
L’esecuzione dell’affresco per il Duomo<br />
di Prato è da collegare a una ripresa<br />
d’interesse per Jacopone sollecitata dal<br />
ritrovamento a Todi, nel 1433, delle ossa<br />
del mistico, ma anche al legame con la<br />
spiritualità dell’Osservanza francescana<br />
del proposto pratese Niccolò Milanesi,<br />
nonché alla predicazione in città di san<br />
Bernardino da Siena. Paolo Uccello simula<br />
ad affresco una nicchia architettonica, in<br />
cui inserisce la figura fortemente scorciata,<br />
vicina a soluzioni ghibertiane, come quelle<br />
del San Matteo di Orsanmichele.<br />
aNDrea DeL CaSTaGNO<br />
andrea di Bartolo;<br />
Castagno ante 1419-Firenze 1457<br />
Filippo Scolari detto Pippo Spano<br />
Regina Tomiri<br />
Giovanni Boccaccio<br />
Sibilla Cumana<br />
1448-1449<br />
affreschi staccati<br />
Firenze, Galleria degli Uffizi<br />
Gli affreschi facevano parte del ciclo di<br />
Uomini e donne illustri, dipinto da andrea<br />
del Castagno nella Loggia <strong>della</strong> villa che<br />
Filippo Carducci aveva acquistato, ormai<br />
più che settantenne, commissionandone<br />
la decorazione. Le pareti accoglievano<br />
tre condottieri fiorentini (Pippo Spano,<br />
Farinata degli Uberti e Niccolò Acciaiuoli),<br />
tre donne virtuose (la Sibilla Cumana, Ester<br />
e Tomiri) e tre poeti fiorentini (Dante,<br />
Petrarca e Boccaccio). Sono qui esposti<br />
Pippo Spano, che combatté contro i Turchi<br />
al servizio dell’imperatore Sigismondo;<br />
la Sibilla Cumana, assimilata ai profeti<br />
dell’antico Testamento; la Regina Tomiri<br />
che, a capo dei Massageti, vendicò la<br />
morte del figlio provocando la battaglia<br />
in cui morì Ciro il Grande; Giovanni<br />
Boccaccio, tra i promotori del recupero<br />
letterario del mondo antico. L’artista ha<br />
inserito le figure, vere e proprie “sculture<br />
dipinte”, in un’architettura illusionistica di<br />
gusto classicheggiante, con finte nicchie<br />
decorate da fiori di cardo, per alludere al<br />
cognome del committente. Superiormente<br />
correva un fregio di cui faceva parte il<br />
Putto con ghirlanda esposto in una sala<br />
precedente.<br />
46 47
DONaTeLLO<br />
Donato di Niccolò di Betto Bardi;<br />
Firenze 1386 circa-1466<br />
Madonna col Bambino<br />
1410-1412 circa<br />
terracotta dipinta<br />
Pontorme, Chiesa di San Martino<br />
Già riferito a Brunelleschi e ora al<br />
giovane Donatello, il gruppo appartiene<br />
agli esordi del recupero rinascimentale<br />
<strong>della</strong> terracotta come tecnica scultorea,<br />
che si rifaceva alla pratica degli antichi.<br />
Il successo di queste immagini, poco<br />
costose per l’economicità del materiale<br />
e particolarmente attraenti per la<br />
cromia che le completava, fu vastissimo,<br />
tanto che quasi <strong>tutti</strong> gli scultori del<br />
primo rinascimento si dedicarono alla<br />
mo<strong>della</strong>zione in creta.<br />
NaNNI DI BarTOLO<br />
Firenze documentato 1419-1451<br />
Madonna col Bambino<br />
1420-1423 circa<br />
terracotta dipinta<br />
Firenze, Convento di Ognissanti, Museo<br />
del Cenacolo del Ghirlandaio<br />
Nanni di Bartolo, detto il rosso, allievo<br />
e collaboratore di Donatello, ebbe un<br />
ruolo fondamentale nella divulgazione<br />
<strong>della</strong> nuova tecnica e delle nuove forme<br />
<strong>della</strong> terracotta in Veneto. Nel primo<br />
Quattrocento, lo scambio tra scultura<br />
e pittura è reciproco: se la statuaria<br />
suggestiona le forme <strong>della</strong> pittura, gli<br />
scultori ricorrono al colore, per quanto<br />
l’influsso sia meno evidente a causa <strong>della</strong><br />
frequente perdita <strong>della</strong> cromia delle statue<br />
quattrocentesche.<br />
Sant’Antonio Abate<br />
1420-1423 circa<br />
terracotta dipinta<br />
Borgo a Mozzano, Chiesa di San Jacopo<br />
La <strong>mostra</strong> permette un diretto confronto<br />
tra la Madonna e il Sant’Antonio<br />
Abate, coevi lavori di Nanni di Bartolo<br />
in terracotta, suo campo d’azione<br />
privilegiato. realizzato per Borgo a<br />
Mozzano, lungo la via Francigena, il<br />
Sant’Antonio Abate attesta come il nuovo<br />
linguaggio figurativo rinascimentale abbia<br />
potuto diffondersi attraverso le opere<br />
fittili – meno costose per l’economicità dei<br />
materiali – anche presso una committenza<br />
più modesta e “popolare”.<br />
48 49
arTISTa FIOreNTINO<br />
e GIULIaNO aMaDeI<br />
Firenze documentato dal 1446<br />
Lucca 1496<br />
San Girolamo penitente<br />
1454 circa<br />
terracotta dipinta<br />
Firenze, Venerabile Confraternita di<br />
San Girolamo e San Francesco Poverino<br />
Il restauro ha confermato, grazie a<br />
documenti rivenuti all’interno dell’opera<br />
e finora noti solo in parte, che la figura fu<br />
dipinta il 7 settembre 1454 dal pittore e<br />
miniatore camaldolese Giuliano amadei<br />
per la Compagnia di Santa Maria <strong>della</strong><br />
Pietà, detta Buca di San Girolamo, con<br />
sede di fronte alla SS. annunziata. resta<br />
sconosciuto invece il nome dell’artista che<br />
ha eseguito la scultura: le corrispondenze<br />
più significative sono con il santo<br />
affrescato da andrea del Castagno alla<br />
SS. annunziata, qui esposto a diretto<br />
confronto, e con il Crocifisso di San<br />
Lorenzo del Pollaiolo.<br />
aNDrea DeL CaSTaGNO<br />
andrea di Bartolo;<br />
Castagno ante 1419-Firenze 1457<br />
Apparizione <strong>della</strong> Trinità ai santi<br />
Girolamo, Paola ed Eustochio<br />
1454<br />
affresco staccato<br />
Firenze, Basilica <strong>della</strong> Santissima<br />
annunziata, Patrimonio del Fondo<br />
edifici di Culto - Ministero dell’Interno<br />
Il commerciante Girolamo Corboli<br />
commissionò l’affresco ad andrea<br />
del Castagno, che vi pose mano<br />
probabilmente nella seconda metà<br />
del 1454, cioè nello stesso periodo<br />
<strong>della</strong> realizzazione del San Girolamo<br />
in terracotta, che pare quasi una resa<br />
tridimensionale delle forme scultoree<br />
<strong>della</strong> figura dipinta. Il raro soggetto è<br />
legato all’ordine eremitico dei Girolamini<br />
e alla confraternita detta Buca di San<br />
Girolamo.<br />
50 51
La STOrIa<br />
IN PrOSPeTTIVa<br />
La grande rivoluzione <strong>della</strong> prospettiva, portata a<br />
compimento nel primo rinascimento con il contributo delle<br />
arti liberali e meccaniche al seguito <strong>della</strong> fondamentale<br />
esperienza di Filippo Brunelleschi, non investe solo la<br />
pittura. L’innovazione coinvolge infatti anche la scultura: la<br />
pre<strong>della</strong> con San Giorgio e il drago di Donatello consente di<br />
confrontare la tecnica donatelliana dello “stiacciato” – in cui<br />
la prospettiva lineare è applicata alla scultura in funzione<br />
di unità compositiva e per suggerire profondità spaziale<br />
– con pitture tra le più emblematiche per gli esordi <strong>della</strong><br />
rappresentazione prospettica, sia con alcuni disegni di Paolo<br />
Uccello che riprendono ed elaborano motivi delle tarsìe<br />
lignee brunelleschiane,<br />
qui richiamate da un’immagine degli armadi <strong>della</strong> Sagrestia<br />
delle Messe di Santa Maria del Fiore.<br />
Celebri rilievi <strong>mostra</strong>no l’assimilazione e la traduzione da<br />
parte <strong>della</strong> scultura delle nuove leggi di costruzione dello<br />
spazio secondo la perspectiva artificialis, cioè la scienza <strong>della</strong><br />
rappresentazione, partecipando alla loro messa a punto e<br />
talvolta anticipandone l’evoluzione.<br />
arTe rOMaNa<br />
Veduta<br />
fine del I secolo d.C.<br />
affresco staccato<br />
Napoli, Museo archeologico<br />
Nazionale<br />
La veduta, rinvenuta a ercolano, si apre<br />
come una finestra su un complesso<br />
panorama architettonico riprodotto<br />
con punti di fuga divergenti tra loro: lo<br />
spazio è dunque rappresentato secondo<br />
una prospettiva empirica, utilizzata dagli<br />
antichi e fino alla scoperta da parte di<br />
Brunelleschi, all’inizio del Quattrocento,<br />
<strong>della</strong> prospettiva detta geometrica o<br />
lineare.<br />
DONaTeLLO<br />
Donato di Niccolò di Betto Bardi;<br />
Firenze 1386 circa-1466<br />
San Giorgio e il drago<br />
1417 circa<br />
marmo<br />
Firenze, Museo Nazionale<br />
del Bargello<br />
In questo celebre bassorilievo, destinato<br />
alla base del San Giorgio del tabernacolo<br />
di Orsanmichele, Donatello applica la<br />
prospettiva lineare (con un unico “punto<br />
di fuga”) per ottenere unità compositiva<br />
e suggerire profondità spaziale,<br />
anticipando l’utilizzo che ne sarà fatto in<br />
pittura. Inaugura anche la tecnica dello<br />
“stiacciato” (o bassorilievo pittorico),<br />
cioè un rilievo che progressivamente si<br />
assottiglia in lontananza, mo<strong>della</strong>ndo le<br />
forme per mezzo di gradazioni appena<br />
percettibili, facendole apparire disegnate<br />
più che scolpite.<br />
53
FraNCeSCO D’aNTONIO<br />
Firenze documentato 1393-1433<br />
Cristo libera un indemoniato<br />
e il tradimento di Giuda<br />
1425-1426 circa<br />
tempera e oro su tela<br />
Filadelfia, Philadelphia Museum of art,<br />
John G. Johnson Collection<br />
Nell’opera, recentemente attribuita<br />
a Francesco d’antonio, viene tentata<br />
una prospettiva a due punti di fuga,<br />
ma l’artista non riesce a collocare<br />
correttamente i pilastri e a rendere<br />
gli archi in scorcio. Il tempio è una<br />
semplificazione dell’architettura <strong>della</strong><br />
Cattedrale fiorentina e prefigura l’aspetto<br />
<strong>della</strong> cupola poligonale di Brunelleschi,<br />
all’epoca ancora in costruzione, ma il cui<br />
modello era già noto.<br />
MaSOLINO<br />
Da PaNICaLe<br />
Panicale 1383 circa-Firenze 1440 circa<br />
Fondazione di Santa Maria<br />
Maggiore<br />
1427-1428<br />
tempera e olio su tavola<br />
Napoli, Museo di Capodimonte<br />
Il dipinto era parte del trittico posto<br />
sull’altare principale <strong>della</strong> basilica romana<br />
di Santa Maria ad Nives, poi Santa Maria<br />
Maggiore, fatta costruire da papa Liberio<br />
sul tracciato <strong>della</strong> neve caduta il 4 agosto<br />
del 352 sull’esquilino. L’evento miracoloso<br />
è raffigurato nella composizione divisa in<br />
due parti: la sfera terrena, con le gracili<br />
quinte architettoniche che digradano<br />
verso il centro focale del dipinto, e<br />
quella celeste con le figure divine che<br />
mantengono una gerarchia dimensionale<br />
ancora medievale.<br />
LUCa DeLLa rOBBIa<br />
Firenze 1399/1400-1482<br />
San Pietro liberato dal carcere<br />
1439<br />
marmo<br />
Firenze, Museo Nazionale del Bargello<br />
Nel 1439, anno in cui Luca <strong>della</strong> robbia<br />
termina la Cantoria e le formelle del<br />
Campanile, l’Opera del Duomo gli affida<br />
gli altari delle cappelle di San Pietro e di<br />
San Paolo nella tribuna <strong>della</strong> Cattedrale, di<br />
cui però scolpisce solo due rilievi. Come<br />
nel Fonte Battesimale di Donatello a Siena,<br />
Luca dispone gli episodi su piani scalati<br />
in profondità, secondo uno sviluppo<br />
prospettico-temporale, utilizzando lo<br />
“stiacciato” donatelliano nella scena che si<br />
svolge oltre la finestra.<br />
DONaTeLLO<br />
Donato di Niccolò di Betto Bardi;<br />
Firenze 1386 circa-1466<br />
Il banchetto di Erode<br />
1435 circa<br />
marmo<br />
Lille, Musée des Beaux-arts,<br />
lascito di Jean-Baptiste Wicar, 1834<br />
Donatello organizza uno spazio razionale<br />
con un unico punto di fuga, seguendo<br />
i principi <strong>della</strong> prospettiva “artificiale”<br />
teorizzati da Leon Battista alberti nel<br />
De pictura (1435), in cui lo scultore è<br />
menzionato. La complessa architettura<br />
permette di illustrare due scene successive<br />
– la danza di Salomè e la presentazione<br />
a erode <strong>della</strong> testa del Battista – in uno<br />
spazio unitario, adeguato per rendere<br />
le emozioni e l’istoria secondo le regole<br />
albertiane.<br />
54 55
OraFO FIOreNTINO<br />
Cristo libera un indemoniato<br />
1450-1460 circa<br />
argento (placchetta); argento dorato,<br />
smalti traslucidi su rilievo a sbalzo<br />
(cornice)<br />
Parigi, Musée du Louvre, département des<br />
Objets d‘art, dono di alfred andré, 1904<br />
(placchetta), lascito di adolphe<br />
de rothschild, 1901 (cornice)<br />
La placchetta, una delle prime concepite<br />
come oggetto autonomo, unica per la<br />
presenza <strong>della</strong> cornice e l’incisione in<br />
argento a bassissimo rilievo, costituisce<br />
una <strong>testi</strong>monianza irripetibile degli esordi<br />
di questo nuovo genere artistico. Cristo<br />
è nel centro geometrico <strong>della</strong> piazza,<br />
dinanzi a un edificio albertiano, e la<br />
sua testa rappresenta il punto di fuga<br />
prospettico dell’intera scena.<br />
DeSIDerIO Da SeTTIGNaNO<br />
Settignano 1429 circa-Firenze 1464<br />
San Girolamo nel deserto<br />
1461 circa<br />
marmo<br />
Washington, National Gallery of art,<br />
Widener Collection<br />
Desiderio da Settignano, maggiore allievo<br />
di Donatello dopo il ritorno del maestro<br />
da Padova nel 1452, sviluppa alcune<br />
premesse implicite nel San Giorgio e il<br />
drago, sperimentando nel San Girolamo<br />
alcuni principi che saranno poi tipici <strong>della</strong><br />
prospettiva aerea: il rilievo si assottiglia<br />
con l’allontanarsi dall’occhio, calcolando<br />
l’effetto <strong>della</strong> luce sulle percezioni visive.<br />
aGOSTINO DI DUCCIO<br />
Firenze 1418-Perugia 1481 circa<br />
San Sigismondo in viaggio<br />
verso Agauno<br />
1449-1452 circa<br />
marmo<br />
Milano, raccolte d‘arte antica, Museo<br />
d‘arte antica del Castello Sforzesco<br />
Nel rilievo, scolpito per la chiesa riminese<br />
di San Francesco, fatta trasformare<br />
da Sigismondo Malatesta in Tempio<br />
Malestiano, è narrato un episodio <strong>della</strong><br />
vita di Sigismondo, re cristiano dei<br />
Burgundi. avendo fatto uccidere il figlio<br />
Sigerico, e recatosi in pellegrinaggio con<br />
la seconda moglie e i figli, Sigismondo<br />
viene fermato da un angelo che gli ordina<br />
di sostare nel monastero di agauno per<br />
espiare il peccato. agostino di Duccio,<br />
formatosi a Firenze ma allontanatosi<br />
poi dalla città, riprende – a una data<br />
avanzata – la prospettiva narrativa gotica<br />
descrivendo il paesaggio e la parata dei<br />
cavalieri, senza suggerire la profondità.<br />
56 57
PaOLO UCCeLLO<br />
Paolo di Dono; Pratovecchio o Firenze<br />
1397-Firenze 1475, attribuito<br />
Studio per un calice<br />
1450-1475<br />
penna e inchiostro marrone,<br />
stilo, su carta bianca<br />
Firenze, Gabinetto Disegni<br />
e Stampe degli Uffizi<br />
Questi disegni di Paolo Uccello –<br />
probabilmente appartenuti a Vasari<br />
– rappresentano il prototipo degli studi<br />
prospettici di una generazione di artisti.<br />
L’intera superficie è percorsa da tracce di<br />
punta metallica, destinate a realizzare la<br />
griglia necessaria alla visualizzazione <strong>della</strong><br />
figura geometrica da evidenziare poi a<br />
penna.<br />
PaOLO UCCeLLO<br />
Paolo di Dono; Pratovecchio o Firenze<br />
1397-Firenze 1475, attribuito<br />
Studio per un mazzocchio<br />
1450-1475<br />
penna e inchiostro marrone,<br />
stilo, su carta bianca<br />
Firenze, Gabinetto Disegni<br />
e Stampe degli Uffizi<br />
Paolo Uccello, ereditando una tradizione<br />
antica, giunta fino alle tarsie lignee<br />
brunelleschiane, trasformò, in un<br />
esercizio di astrazione delle forme che era<br />
proprio, un elemento quotidiano come il<br />
mazzocchio (il copricapo fiorentino),<br />
in una forma cristallizzata che trascende<br />
la realtà contingente.<br />
58 59
La DIFFUSIONe<br />
DeLLa BeLLeZZa<br />
Dal secondo decennio del Quattrocento l’affermazione del<br />
nuovo stile in scultura non si limita più alle grandi opere<br />
pubbliche e la produzione di rilievi raffiguranti la Madonna<br />
col Bambino, basati su modelli dei maggiori artisti fiorentini,<br />
conosce uno straordinario sviluppo. Madonne e altaroli<br />
destinati alla devozione privata diffondono capillarmente, in<br />
larghi strati <strong>della</strong> società, canoni e prototipi dell’arte nuova<br />
rendendola accessibile a <strong>tutti</strong>.<br />
La tradizionale scala gerarchica dei materiali perde<br />
importanza a favore <strong>della</strong> qualità dell’esecuzione: la<br />
terracotta, arricchita dal colore e dall’oro, tende a uguagliare<br />
la preziosità del marmo o del bronzo, e in essa si cimentano<br />
i maestri. Sperimentazione delle tecniche e uso di nuovi<br />
materiali portano, poco prima del 1440, all’invenzione<br />
<strong>della</strong> scultura in terracotta smaltata e invetriata da parte di<br />
Luca <strong>della</strong> robbia. La seduzione di questi smalti splendenti,<br />
manifestazione luminosa del divino, la loro economicità<br />
e resistenza alle intemperie, ne motivano lo straordinario<br />
successo.<br />
FILIPPO BrUNeLLeSChI<br />
Firenze 1377-1446<br />
o Nanni di Banco<br />
Firenze documentato dal 1405-1421<br />
Madonna col Bambino<br />
(Madonna di Fiesole)<br />
1405-1410 circa<br />
terracotta dipinta e dorata<br />
Fiesole, Diocesi di Fiesole,<br />
in deposito al Museo Bandini<br />
Il rinvenimento, nel 2008, di questa<br />
Madonna nel <strong>Palazzo</strong> vescovile di Fiesole<br />
ha gettato luce sulla produzione seriale<br />
di immagini devozionali nella Firenze di<br />
primo Quattrocento. Si tratta infatti del<br />
prototipo di una composizione – nota<br />
attraverso repliche in terracotta e stucco<br />
ricavate a calco – mo<strong>della</strong>ta direttamente,<br />
ricchissima e di alta qualità, con<br />
un’iscrizione in caratteri gotici. Per questo<br />
originale, attribuito al Brunelleschi, viene<br />
qui proposto il nome di Nanni di Banco.<br />
BOTTeGa<br />
DI LOreNZO GhIBerTI<br />
Madonna col Bambino<br />
1425-1430 circa<br />
stucco dipinto<br />
Firenze, Musei Civici Fiorentini<br />
Museo Stefano Bardini<br />
Questa Madonna col Bambino, con gli<br />
stemmi dei committenti e due angeli reggi<br />
ghirlanda sulla base, è una derivazione<br />
da un prototipo, probabilmente del<br />
Ghiberti. Gli angeli sono una fortunata<br />
invenzione di origine classica, proposta da<br />
Donatello e Michelozzo nel Tabernacolo<br />
<strong>della</strong> Mercanzia di Orsanmichele (1423)<br />
e ripresa tra l’altro dal Ghiberti nell’Arca<br />
dei martiri del 1425-1428. La Vergine che<br />
teneramente stringe Gesù deriva da un<br />
modello iconografico bizantino.<br />
61
BOTTeGa<br />
DI LOreNZO GhIBerTI<br />
Madonna col Bambino<br />
1425-1430 circa<br />
stucco dipinto e dorato<br />
Firenze, Venerabile arciconfraternita<br />
<strong>della</strong> Misericordia<br />
La tipologia di questa Madonna, di cui<br />
sono documentate oltre cinquanta<br />
varianti, è riferita all’atelier del Ghiberti,<br />
che nei suoi Commentarii ricorda di<br />
aver «fatto moltissimi provvedimenti»<br />
cioè modelli «di cera e di creta».<br />
L’opera, restaurata in occasione <strong>della</strong><br />
<strong>mostra</strong>, costituisce uno dei migliori<br />
esempi di come le botteghe fiorentine<br />
del Quattrocento realizzassero calchi<br />
da prototipi in marmo o in terracotta,<br />
destinandoli al crescente mercato per uso<br />
domestico e devozionale.<br />
BOTTeGa FIOreNTINa,<br />
Da DONaTeLLO<br />
Madonna col Bambino<br />
(dalla Madonna Pazzi)<br />
1450 circa<br />
stucco dipinto e dorato<br />
Parigi, Musée du Louvre,<br />
département des Sculptures<br />
Pur nell’unicità e nella novità <strong>della</strong><br />
composizione, la Madonna Pazzi è tra i<br />
modelli più significativi all’origine di quelle<br />
serie di rilievi di Madonne col Bambino<br />
che costituiscono un genere centrale <strong>della</strong><br />
scultura fiorentina di primo Quattrocento.<br />
Il Louvre ha acquistato questo esemplare<br />
in stucco nel 1886 dall’antiquario Stefano<br />
Bardini, che nello stesso anno aveva<br />
venduto al museo di Berlino l’originale in<br />
marmo.<br />
DONaTeLLO<br />
Donato di Niccolò di Betto Bardi;<br />
Firenze 1386 circa-1466<br />
Madonna col Bambino<br />
(Madonna Pazzi)<br />
1420-1425 circa<br />
marmo<br />
Berlino, Skulpturensammlung<br />
und Museum für Byzantinische Kunst,<br />
Staatliche Museen zu Berlin, Bode-Museum<br />
Il gruppo delle due figure, serrato in<br />
uno spazio costruito secondo le regole<br />
<strong>della</strong> prospettiva brunelleschiana, allora<br />
all’avanguardia, è a sua volta inserito in una<br />
cornice in scorcio. Donatello si avvale <strong>della</strong><br />
tecnica dello “stiacciato” per rappresentare<br />
la volumetria delle figure secondo l’effetto<br />
ottico <strong>della</strong> successione dei piani. Il profilo<br />
classico <strong>della</strong> Madonna, che teneramente<br />
si sovrappone a quello del figlio, sembra<br />
derivare da un modello antico.<br />
DONaTeLLO<br />
Donato di Niccolò di Betto Bardi;<br />
Firenze 1386 circa-1466<br />
Madonna col Bambino e quattro<br />
angeli (Madonna Chellini)<br />
1450 circa<br />
bronzo parzialmente dorato<br />
Londra, Victoria and albert Museum.<br />
acquisito grazie a raccolte di fondi e<br />
donazioni di The art Fund e del Pilgrim<br />
Trust, in memoria di David, Conte di<br />
Crawford e di Balcarres.<br />
Nel 1456 Donatello pagò con questo<br />
rilievo in bronzo il proprio medico<br />
Giovanni Chellini, che nel diario lo descrive<br />
«dal lato di fuori cavato per potervi<br />
gittare suso vetro strutto e farebbe quelle<br />
medesime figure». effettivamente, sul<br />
retro è presente l’immagine ‘al negativo’<br />
minutamente dettagliata, così da poterne<br />
ricavare multipli colando al suo interno<br />
vetro, terracotta, stucco o cera.<br />
62 63
BOTTeGa DI DONaTeLLO<br />
O DI LOreNZO GhIBerTI<br />
Natività (Natività Ford)<br />
1420-1430 circa<br />
terracotta con tracce di policromia<br />
e doratura<br />
Detroit, Detroit Institute of arts, lascito<br />
di eleanor Clay Ford<br />
Natività<br />
1430 circa<br />
terracotta con tracce di policromia e<br />
doratura, cornice in legno<br />
Firenze, Musei Civici Fiorentini<br />
- Museo Stefano Bardini<br />
La Natività Ford, e la Natività del<br />
Museo Bardini, che ne è il calco, sono<br />
rappresentative delle innovazioni e<br />
<strong>della</strong> tecnica a bassorilievo del primo<br />
Quattrocento fiorentino. Il primo fu<br />
realizzato da uno scultore fiorentino <strong>della</strong><br />
bottega di Donatello, o forse di Lorenzo<br />
Ghiberti; il secondo, ne è una derivazione<br />
pressoché contemporanea. Nei due rilievi,<br />
di modeste dimensioni e destinati alla<br />
devozione privata, le figure di Maria e<br />
Giuseppe appaiono desunte dai sarcofagi<br />
romani.<br />
DONaTeLLO<br />
Donato di Niccolò di Betto Bardi;<br />
Firenze 1386 circa-1466 o<br />
LUCa DeLLa rOBBIa<br />
Firenze 1399/1400- 1482<br />
Madonna col Bambino<br />
(Madonna <strong>della</strong> mela)<br />
1422-1425<br />
terracotta dipinta<br />
Firenze, Musei Civici Fiorentini<br />
- Museo Stefano Bardini<br />
Nel mo<strong>della</strong>to e nella composizione ad<br />
andamento piramidale <strong>della</strong> terracotta<br />
– già attribuita a Luca <strong>della</strong> robbia e<br />
più recentemente a Donatello – viene<br />
sperimentata la possibilità di rendere la<br />
testa <strong>della</strong> Vergine tanto aggettante da farla<br />
apparire a tutto tondo. L’espressione assorta<br />
<strong>della</strong> madre trova corrispondenza in quella<br />
del San Ludovico di Tolosa oggi in Santa<br />
Croce, realizzato tra 1422 e 1425, datazione<br />
adeguata anche per questa Madonna.<br />
DONaTeLLO<br />
Donato di Niccolò di Betto Bardi;<br />
Firenze 1386 circa-1466<br />
Madonna col Bambino<br />
1445 circa<br />
terracotta dipinta e dorata<br />
Parigi, Musée du Louvre,<br />
département des Sculptures<br />
Il rilievo in terracotta, in origine nella<br />
Cappella di San Lorenzo a Vigliano nei<br />
pressi di Barberino Val d’elsa, è il più<br />
imponente per dimensioni e uno dei più<br />
potenti per forza espressiva tra i tanti<br />
realizzati da Donatello. La policromia,<br />
in gran parte originale, conferisce al<br />
rilievo grande ricchezza, grazie alla tenda<br />
sospesa, all’abito <strong>della</strong> Madonna decorato<br />
dal motivo a melagrana, all’articolata<br />
acconciatura e al raffinato bracciolo.<br />
64 65
LUCa DeLLa rOBBIa<br />
Firenze 1399/1400-1482<br />
Madonna col Bambino<br />
1430-1440 circa<br />
terracotta dipinta<br />
Firenze, Chiesa di Santa Felicita<br />
La terracotta proviene probabilmente<br />
dall’interno di un palazzo dove era<br />
destinata alla devozione domestica.<br />
Diversamente da altri rilievi mariani, dove<br />
i personaggi si stringono in un abbraccio<br />
incrociando gli sguardi, qui ciascuno<br />
pare immerso nelle proprie riflessioni.<br />
Originalità compositiva e profondità di<br />
sentimenti rivelano la mano di un grande<br />
maestro, identificato con Luca <strong>della</strong><br />
robbia, che lavorò la terracotta prima di<br />
dedicarsi alla plastica invetriata.<br />
SCULTOre FIOreNTINO<br />
Madonna col Bambino<br />
1425 circa<br />
terracotta dipinta e dorata<br />
Washington, National Gallery of art,<br />
Samuel h. Kress Collection<br />
Nel rilievo si fondono elementi tardogotici<br />
ad altri rinascimentali: il drappeggio,<br />
disposto in curve pronunciate, evoca<br />
lo stile ghibertiano <strong>della</strong> Porta Nord<br />
del Battistero, mentre la composizione<br />
monumentale, l’audace mo<strong>della</strong>tura<br />
nonché il profilo incisivo <strong>della</strong> Vergine<br />
hanno indotto ad attribuire l’opera anche<br />
a Donatello, Jacopo <strong>della</strong> Quercia, Nanni<br />
di Bartolo e antonio Federighi.<br />
LUCa DeLLa rOBBIa<br />
Firenze 1399/1400-1482<br />
Madonna col Bambino<br />
(Madonna genovese)<br />
1445-1450<br />
terracotta invetriata e dorata<br />
Detroit, Detroit Institute of arts,<br />
City of Detroit Purchase<br />
Luca <strong>della</strong> robbia, negli anni Quaranta,<br />
perfeziona la sua innovativa tecnica per<br />
smaltare la terracotta, proteggendone la<br />
superficie e facendola apparire di marmo<br />
pregiato. L’affettuosa intimità di questa<br />
composizione, destinata alla devozione<br />
anche privata, è fondamentale per il<br />
successo di questo genere, di cui gli Ordini<br />
mendicanti incoraggiavano la diffusione.<br />
È nota come Madonna genovese perché<br />
una versione era conservata nel cortile di<br />
Casa Serra, a Genova.<br />
FILIPPO LIPPI<br />
Firenze 1406 circa-Spoleto 1469<br />
Madonna col Bambino<br />
1460 circa<br />
tempera su tavola<br />
Firenze, <strong>Palazzo</strong> Medici riccardi,<br />
Provincia di Firenze<br />
Per il senso plastico vivissimo, che rende il<br />
dipinto quasi un rilievo scultoreo, e per il<br />
tono di calda intimità dei gesti amorevoli,<br />
Lippi di<strong>mostra</strong> di conoscere le versioni<br />
donatelliane del tema, raggiungendo una<br />
delle interpretazioni quattrocentesche<br />
più intense dell’antica iconografia<br />
bizantina <strong>della</strong> Madonna Glykophilousa.<br />
Il Bambino che marcia sul piano del<br />
davanzale e l’abbraccio affettuoso, sono<br />
contemporaneamente proposti anche da<br />
Luca <strong>della</strong> robbia, in rilievi qui presentati a<br />
diretto confronto.<br />
66 67
LUCa DeLLa rOBBIa<br />
Firenze 1399/1400-1482<br />
Madonna col Bambino<br />
1450-1460<br />
terracotta invetriata e dorata<br />
New York, The Metropolitan Museum<br />
of art, lascito di Susan Dwight Bliss<br />
Sono state le terrecotte invetriate,<br />
invenzione tecnica di Luca <strong>della</strong> robbia, a<br />
contribuire alla diffusione del linguaggio<br />
rinascimentale: la riproducibilità seriale<br />
non ne pregiudicava infatti la qualità, pur<br />
avendo costi modesti. L’artista elaborò<br />
numerosi modelli di Madonne destinati<br />
alla devozione domestica: qui gli stemmi<br />
delle famiglie fiorentine Bartorelli e Baldi<br />
suggeriscono che il rilievo fosse un dono<br />
in occasione di nozze tra membri delle<br />
due casate.<br />
LUCa DeLLa rOBBIa<br />
Firenze 1399/1400-1482<br />
Madonna col Bambino<br />
(Madonna <strong>della</strong> mela)<br />
1455-1460<br />
terracotta invetriata<br />
Berlino, Skulpturensammlung und<br />
Museum für Byzantinische Kunst,<br />
Staatliche Museen zu Berlin, Bode-<br />
Museum. Proprietà del Kaiser-Friedrich-<br />
Museums-Verein<br />
Tra le tante Madonne prodotte nella<br />
bottega di Luca, a motivo dell’immediato<br />
successo e <strong>della</strong> crescente domanda,<br />
quella detta “<strong>della</strong> mela”, nelle sue<br />
varianti, fu una delle più fortunate. Sono<br />
stati analoghi rilievi, dalla metà del secolo,<br />
a diffondere il linguaggio rinascimentale<br />
ben oltre i confini fiorentini.<br />
68 69
BeLLeZZa e CarITà.<br />
OSPeDaLI, OrFaNOTrOFI,<br />
CONFraTerNITe<br />
Gli istituti di pubblica assistenza sono oggetto delle<br />
principali committenze pubbliche nella Firenze del primo<br />
Quattrocento. a complessi architettonici particolarmente<br />
rilevanti nel contesto urbano vengono destinati molti<br />
capolavori, poiché ospedali, ospizi per pellegrini, istituzioni<br />
di accoglienza per l’infanzia e confraternite, costituiscono<br />
luoghi in cui l’arte assolve un ruolo educativo e sociale.<br />
L’importanza di questo rapporto tra culto <strong>della</strong> bellezza<br />
e spirito cristiano si manifesta anche nelle opere d’arte<br />
collegate al Concilio d’Unione del 1439, un avvenimento<br />
che vede la presenza in città di papa eugenio IV, di Giuseppe<br />
patriarca di Costantinopoli, dell’imperatore bizantino<br />
Giovanni Paleologo, di dignitari, umanisti, teologi d’Oriente<br />
e Occidente, ed esprime l’aspirazione di Firenze a essere<br />
considerata come la “Città di Dio”. Il significativo evento, che<br />
sancisce il primato politico e morale di Firenze, segna però<br />
anche l’avvento del potere mediceo.<br />
GeNTILe Da FaBrIaNO<br />
Fabriano 1370 circa-roma 1427<br />
Presentazione di Gesù al Tempio<br />
1423<br />
tempera e oro su tavola<br />
Parigi, Musée du Louvre,<br />
département des Peintures<br />
La tavoletta faceva parte <strong>della</strong> pre<strong>della</strong><br />
dell’Adorazione dei Magi (oggi agli Uffizi),<br />
commissionata da Palla <strong>Strozzi</strong> per la sua<br />
cappella in Santa Trinita. Tema <strong>della</strong> scena<br />
è il contrasto tra ricchezza e povertà: da<br />
un lato una giovane elegantissima incede<br />
dinanzi a una dimora lussuosa, dall’altro<br />
due mendicanti chiedono l’elemosina di<br />
fronte a un loggiato, che ricorda quello<br />
dello Spedale degli Innocenti. La bellezza<br />
e l’armonia architettonica di Firenze<br />
sembrano unire le due classi sociali.<br />
DeLLO DeLLI<br />
Firenze 1403-Spagna post 1466<br />
Incoronazione di Maria<br />
1420-1424 circa<br />
terracotta con tracce di policromia<br />
e di doratura<br />
Firenze, Ospedale di Santa Maria Nuova,<br />
Patrimonio Storico artistico dell‘azienda<br />
Sanitaria di Firenze<br />
Il rilievo, come attesta l’affresco di Bicci di<br />
Lorenzo esposto a fianco, era collocato<br />
nella lunetta sopra il portale <strong>della</strong> Chiesa<br />
di Sant’egidio dello Spedale di Santa<br />
Maria Nuova. Vasari lo ricorda nella vita<br />
di Dello Delli assieme ad altre opere che<br />
l’artista (il cui stile unisce elementi gotici<br />
e rinascimentali) avrebbe eseguito per lo<br />
Spedale, importante centro di committenza<br />
artistica nel primo Quattrocento. La<br />
terracotta è stata oggetto di un complesso<br />
restauro in occasione <strong>della</strong> <strong>mostra</strong>.<br />
71
DeLLO DeLLI<br />
Firenze 1403 circa-Spagna post 1466<br />
Cristo <strong>mostra</strong> la piaga del costato<br />
1420-1424 circa<br />
terracotta dipinta<br />
Londra, Victoria and albert Museum<br />
La scultura compare – collocata nella<br />
lunetta sopra il portale che introduceva<br />
al Chiostro delle Ossa, il cimitero<br />
dello Spedale di Santa Maria Nuova<br />
– nell’affresco di Bicci di Lorenzo<br />
raffigurante la Consacrazione <strong>della</strong><br />
chiesa di Sant’Egidio, esposto a fianco. Il<br />
gesto di Cristo, che tiene aperta la ferita<br />
<strong>mostra</strong>ndola ai fedeli, sottolinea il ruolo<br />
dello spedale per la cura sia del corpo che<br />
dell’anima, e insieme enfatizza il significato<br />
educativo e sociale dell’arte.<br />
GherarDO DI GIOVaNNI<br />
Firenze 1446 circa-1497<br />
Martino V consacra la chiesa<br />
di Sant’Egidio nel 1420<br />
1474-1476<br />
Messale; manoscritto membranaceo,<br />
inchiostro, colori a tempera, oro<br />
Firenze, Museo Nazionale<br />
del Bargello<br />
Il messale fu commissionato per la chiesa<br />
dello Spedale di Santa Maria Nuova,<br />
intitolata a Sant’egidio. Il riquadro<br />
inferiore <strong>mostra</strong> Martino V nel corso <strong>della</strong><br />
cerimonia di consacrazione, avvenuta l’8<br />
settembre 1420, sebbene il pontefice sia<br />
stato presente solo il giorno successivo,<br />
quando confermò i privilegi concessi<br />
all’istituzione. La scena attesta dunque la<br />
volontà di legare l’evento alla prestigiosa<br />
presenza papale, sublimando il dato<br />
storico.<br />
BICCI DI LOreNZO<br />
Firenze 1373-1452<br />
Martino V consacra la chiesa<br />
di Sant’Egidio nel 1420<br />
post 1424 circa<br />
affresco staccato<br />
Firenze, Ospedale di Santa Maria Nuova,<br />
Patrimonio Storico artistico dell’azienda<br />
Sanitaria di Firenze<br />
L’antico aspetto del complesso ospitaliero<br />
di Santa Maria Nuova, assunto come<br />
modello in tutta europa per l’avanzata<br />
organizzazione sanitaria e l’innovativa<br />
struttura architettonica, viene <strong>mostra</strong>to<br />
in questo affresco, commissionato dallo<br />
spedalingo Michele di Fruosino, qui<br />
inginocchiato presso Martino V. Bicci<br />
di Lorenzo si è certamente ispirato alla<br />
perduta Sagra di Masaccio, del 1424-<br />
1425, che celebrava la consacrazione<br />
<strong>della</strong> Chiesa del Carmine.<br />
72 73
FraNCeSCO D‘aNTONIO<br />
DeL ChIerICO<br />
Firenze 1433-1484<br />
Eugenio IV consacra la cattedrale<br />
di Santa Maria del Fiore nel 1436<br />
1471<br />
Graduale; manoscritto membranaceo,<br />
inchiostro colori a tempera, oro<br />
Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana<br />
Il sontuoso libro da coro, eseguito per la<br />
Cattedrale fiorentina, celebra momenti<br />
particolarmente importanti per la città<br />
e per l’Opera di Santa Maria del Fiore,<br />
come attesta la presenza del nome dei<br />
committenti e dell’Agnus Dei, simbolo<br />
dell’istituzione. La miniatura <strong>mostra</strong> la<br />
cerimonia di consacrazione del Duomo<br />
da parte di papa eugenio IV, avvenuta il<br />
25 marzo 1436, primo giorno dell’anno<br />
nuovo a Firenze. La solenne liturgia<br />
coincise con la conclusione <strong>della</strong> Cupola<br />
brunelleschiana.<br />
BOTTeGa OraFa<br />
FIOreNTINa<br />
Cassetta del cardinal Cesarini<br />
1439<br />
argento, pietre dure e smalti<br />
Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana<br />
La raffinatissima Cassetta era destinata<br />
a contenere la “Bolla dell’unione”, con<br />
cui il patriarca di Costantinopoli aveva<br />
accettato, a nome dell’intera Chiesa greca,<br />
la tesi trinitaria <strong>della</strong> Chiesa cattolica,<br />
sottoscrivendola assieme a papa eugenio<br />
IV. La Cassetta fu donata alla Signoria<br />
fiorentina dal cardinale Giuliano Cesarini,<br />
presidente del sinodo nelle sue tre sedi:<br />
prima a Basilea, poi a Ferrara e infine a<br />
Firenze, dal 10 gennaio al 6 luglio1439.<br />
PISaNeLLO<br />
antonio di Puccio Pisano; Pisa o Verona<br />
1395 circa-Napoli? 1455 circa<br />
Medaglia di Giovanni VIII Paleologo<br />
(diritto e rovescio)<br />
1438-1439<br />
bronzo<br />
Firenze, Museo Nazionale del Bargello<br />
La medaglia di Giovanni VIII Paleologo del<br />
Pisanello (tra i primi esempi di questo<br />
nuovo genere artistico, che si diffonderà<br />
dalla seconda metà del secolo) è quasi<br />
un manifesto simbolico del Concilio<br />
del 1439. Sul diritto è presente il busto<br />
di profilo dell’imperatore d’Oriente;<br />
sul rovescio, a ribadire l’incontro delle<br />
due civiltà, la doppia firma dell’artista<br />
espressa in latino e in greco e la figura<br />
dell’imperatore a cavallo.<br />
LUCa DeLLa rOBBIa<br />
Firenze 1399/1400-1482<br />
Colomba dello Spirito Santo<br />
1441-1442<br />
bronzo dorato<br />
Firenze, Museo Nazionale del Bargello<br />
Il rilievo era in origine al centro del<br />
tabernacolo realizzato da Luca <strong>della</strong><br />
robbia, fra 1441 e 1442, per la Cappella<br />
di San Luca in Santa Maria Nuova, qui<br />
evocato da una riproduzione. L’evidenza<br />
<strong>della</strong> Colomba dorata, sottostante alle<br />
raffigurazioni del Padre e del Figlio, era<br />
strettamente collegata ai temi discussi<br />
durante il Concilio: l’origine dello scisma<br />
fra le Chiese d’Oriente e d’Occidente<br />
era infatti dovuto al dogma dello Spirito<br />
Santo, che nell’antico credo orientale<br />
discendeva solo dal Padre, mentre la<br />
Chiesa latina aveva invece aggiunto la sua<br />
discendenza anche dal Figlio («Filioque»).<br />
74 75
LOreNZO GhIBerTI<br />
Firenze 1378 o 1381-1455<br />
Cristo re benedicente<br />
(entro calco del Tabernacolo<br />
di Sant’Egidio)<br />
1450 circa<br />
bronzo dorato<br />
Firenze, Ospedale di Santa Maria Nuova,<br />
Patrimonio Storico artistico dell’azienda<br />
Sanitaria di Firenze<br />
Il tabernacolo in marmo di Bernardo<br />
rossellino per lo Spedale delle Donne di<br />
via delle Pappe – qui ne è esposto il calco<br />
in gesso, realizzato in questa occasione –<br />
fu completato entro l’aprile del 1450, data<br />
a cui si fa risalire la commissione dello<br />
sportello in bronzo dorato alla bottega<br />
di Lorenzo e Vittore Ghiberti. Il Cristo<br />
re indossa la particolare corona e una<br />
stola crociata, analoga a quelle donate<br />
al Convento di Santa Maria Novella dai<br />
padri greci convenuti al Concilio<br />
di Firenze.<br />
LUCa DeLLa rOBBIa<br />
Firenze 1399/1400-1482<br />
Madonna col Bambino<br />
1446-1449<br />
terracotta invetriata<br />
Firenze, Museo degli Innocenti<br />
Nel 1419 l’arte <strong>della</strong> Seta si fece carico<br />
<strong>della</strong> gestione di una nuova istituzione,<br />
dedicata ai santi martiri “Innocenti”,<br />
pensata per accogliere l’infanzia<br />
abbandonata. I Della robbia realizzarono<br />
numerose opere per l’orfanotrofio, la<br />
cui costruzione fu affidata a Filippo<br />
Brunelleschi: questa Madonna – tra i più<br />
antichi arredi dello Spedale, conservata<br />
nella chiesa interna “delle donne” – è<br />
tra le prime opere di Luca in terracotta<br />
invetriata.<br />
76 77
DaLLa CITTà<br />
aL PaLaZZO.<br />
I NUOVI MeCeNaTI<br />
attorno alla metà del Quattrocento lo spirito repubblicano,<br />
che aveva determinato la fioritura di grandi opere<br />
scultoree e di monumentali cicli di affreschi, si affievolisce<br />
progressivamente in favore di un’arte che ricerca la<br />
magnificenza e che diviene prerogativa dell’oligarchia<br />
cittadina. Nel nuovo <strong>Palazzo</strong> Medici – simbolo del potere<br />
che la famiglia comincia a esercitare sulla città – Cosimo<br />
il Vecchio e suo figlio Piero inaugurano un mecenatismo<br />
fastoso, in cui il privato contende al pubblico le committenze<br />
artistiche<br />
più prestigiose. altre famiglie dell’alta borghesia mercantile<br />
fiorentina ne seguiranno l’esempio costruendo dimore<br />
adeguate al nuovo ruolo sociale e dotandole di arredi<br />
e opere d’arte di gusto colto e raffinato. Sempre di<br />
committenza squisitamente umanistica, e spesso principesca,<br />
è il nuovo genere dei ritratti a rilievo con profili di imperatori<br />
o di uomini e donne illustri dell’antichità, che conosceranno<br />
grande fortuna per tutto il rinascimento. In questo quadro<br />
si colloca la nascita del busto-ritratto (detto appunto “alla<br />
fiorentina”), che vede una rapida ascesa, celebrando con<br />
marcato naturalismo<br />
tratti e caratteri dei protagonisti <strong>della</strong> politica e <strong>della</strong> società<br />
fiorentina. In chiusura, il Modello di <strong>Palazzo</strong> <strong>Strozzi</strong> evoca la<br />
costruzione del più grandioso edificio privato <strong>della</strong> Firenze<br />
quattrocentesca, in un ideale confronto con il Modello <strong>della</strong><br />
Cupola brunelleschiana presentato in apertura.<br />
MaNIFaTTUra FIOreNTINa<br />
Bacile con leone passante<br />
(Marzocco) che regge il gonfalone<br />
con lo stemma di Firenze<br />
1420-1450 circa<br />
maiolica<br />
Parigi, Musée du Louvre,<br />
département des Objets d’art<br />
La presenza del Marzocco, leone araldico<br />
simbolo <strong>della</strong> repubblica fiorentina,<br />
e i due fori utilizzati per sospendere il<br />
bacile, fanno ipotizzare che fosse stato<br />
concepito per essere esposto, forse su<br />
un edificio pubblico <strong>della</strong> città. Un piatto<br />
di rappresentanza dunque, celebrativo<br />
<strong>della</strong> repubblica, in cui forma e decori<br />
<strong>testi</strong>moniano come i vasai, anche<br />
fiorentini, traessero ispirazione dalle<br />
ceramiche spagnole prodotte a Manises,<br />
presso Valenza.<br />
79
MaNIFaTTUra<br />
ISPaNO-MOreSCa<br />
(MaNISeS, VaLeNCIa)<br />
Vaso con stemma<br />
ed emblema Medici<br />
1465-1478 circa<br />
terracotta invetriata decorata con vernice<br />
cristallina azzurra, gialla e porpora<br />
Londra, The British Museum<br />
Questo vaso straordinario presenta su<br />
un lato lo stemma Medici con l’aggiunta<br />
del giglio di Francia, concessa da Luigi XI<br />
nel 1464 a Piero il Gottoso; sull’altro lato<br />
compare l’anello con la punta di diamante<br />
e le due piume, uno dei più antichi e forse<br />
il più utilizzato tra gli emblemi medicei.<br />
Commissionato probabilmente attraverso<br />
il Banco Medici a Valencia, è uno di quegli<br />
oggetti di lusso, importati dalla Spagna<br />
moresca, che godevano di grande fortuna<br />
presso le più ricche e potenti casate<br />
fiorentine.<br />
DeSIDerIO Da SeTTIGNaNO<br />
Settignano 1429 circa-Firenze 1464<br />
Giulio Cesare<br />
1455 circa<br />
marmo<br />
Parigi, Musée du Louvre,<br />
département des Sculptures<br />
Fu Desiderio da Settignano l’inventore<br />
di simili profili marmorei di imperatori<br />
romani e donne illustri, come attesta un<br />
pagamento del 1455 per dodici teste “di<br />
Cesari”: una serie mai terminata dallo<br />
scultore, la prima dalla fine dell’antichità.<br />
La tipologia – destinata a interni di<br />
palazzi, sale, cortili o studioli – conoscerà<br />
immensa fortuna. Nella lavorazione del<br />
corpo e del panneggio, il rilievo ricorda<br />
l’estrema sensibilità di Desiderio quale<br />
scultore in marmo.<br />
MINO Da FIeSOLe<br />
Mino di Giovanni; Papiano o<br />
Montemignaio 1429-Firenze 1484<br />
Giulio Cesare<br />
1455-1460 circa<br />
marmo, cornice in macigno<br />
Cleveland, The Cleveland Museum of art,<br />
Fondo John L. Severance<br />
Mino da Fiesole, l’artista di cui oggi<br />
conserviamo il maggior numero di rilievi<br />
di imperatori, raffigura in quest’opera,<br />
resa nota di recente, Cesare con il<br />
paludamentum, un mantello fissato da una<br />
fibula, che gli ricopre le spalle. riscoperta<br />
e valorizzazione dei <strong>testi</strong> classici (Svetonio,<br />
Plutarco, l’Historia Augusta), insieme<br />
all’attenzione per gli oggetti antichi, quali<br />
monete, medaglie e cammei, sono alla<br />
base del nuovo interesse per simili profili<br />
di imperatori.<br />
DeSIDerIO Da SeTTIGNaNO<br />
Settignano 1429 circa-Firenze 1464<br />
Olimpia, regina dei Macedoni<br />
1460-1464 circa<br />
marmo<br />
Segovia, Palacio real de La Granja<br />
de San Idelfonso, Patrimonio Nacional<br />
Desunti da monete e gemme romane,<br />
ricercatissimi per arredare gli studioli e<br />
per impreziosire complessi architettonici,<br />
i profili di imperatori e di eroine<br />
dell’antichità erano in origine vivacemente<br />
policromi. Facilmente trasportabili e<br />
adatti a sopportare le traversie di un<br />
viaggio, simili marmi diffusero da Firenze<br />
un modello sofisticato di classicismo<br />
e costituirono, come i rilievi mariani,<br />
un genere tipico e rappresentativo del<br />
Quattrocento fiorentino.<br />
80 81
MINO Da FIeSOLe<br />
Mino di Giovanni; Papiano<br />
o Montemignaio 1429-Firenze 1484<br />
Sant‘Elena imperatrice<br />
1465-1470 circa<br />
marmo<br />
avignone, Musée Calvet,<br />
dono del dott. Clément, 1849<br />
Tra gli specialisti nei ritratti di imperatori<br />
ed eroine del mondo antico, Mino da<br />
Fiesole rivestì un ruolo importante anche<br />
nel genere dei profili femminili. L’effigie,<br />
certamente di commissione privata, è<br />
di una santa, ma non concepita come<br />
immagine di culto. L’imperatrice elena,<br />
madre di Costantino assurta poi a santità,<br />
si staglia entro un clipeo che la trasforma<br />
quasi in un medaglione: una specifica<br />
allusione alle origini numismatiche dei<br />
profili marmorei.<br />
MaNIFaTTUra<br />
ISPaNO-MOreSCa<br />
(MaNISeS, VaLeNCIa)<br />
Piatto con stemma Medici<br />
o Federighi<br />
1450-1460<br />
maiolica a lustri<br />
New York, The Metropolitan Museum<br />
of art, The Cloisters Collection<br />
Piatto con stemma Ricci<br />
1450-1475<br />
maiolica a lustri<br />
Parigi, Musée de Cluny - Musée National<br />
du Moyen Âge<br />
Piatto con stemma Martelli<br />
1466-1470<br />
maiolica a lustri<br />
Napoli, Museo di Capodimonte,<br />
collezione De Ciccio<br />
Piatto con stemma Gondi<br />
1486-1487 circa<br />
maiolica a lustri<br />
Parigi, Musée du Louvre, département<br />
des Objets d‘art, lascito di Jean-Léonce<br />
Leroux, 1892<br />
Piatto con stemma Ridolfi<br />
metà del XV secolo<br />
maiolica a lustri<br />
New York, The Metropolitan Museum<br />
of art, The Cloisters Collection<br />
Nella Firenze di metà Quattrocento,<br />
le raffinate forme di collezionismo si<br />
indirizzano anche verso oggetti esotici<br />
e preziosi. Questi grandi piatti, decorati<br />
a lustri metallici con emblemi nobiliari,<br />
esemplificano il diffuso fenomeno delle<br />
committenze di ricche famiglie ai vasai<br />
di origine moresca operanti nella Spagna<br />
islamizzata, in particolare nell’area di<br />
Valencia. Tramite l’emporio di Maiorca e il<br />
porto di Pisa, le maioliche ispano-moresche<br />
giungevano sui mercati <strong>della</strong> Toscana<br />
centrale. Grazie alla struttura organizzativa<br />
delle compagnie mercantili fiorentine, che<br />
operavano nel Mediterraneo, era possibile<br />
condurre tutte le fasi di una commissione<br />
alle fornaci valenzane, dalla trasmissione<br />
dell’ordine, con allegato il disegno araldico<br />
da riprodurre, fino alla consegna del<br />
prodotto finito al destinatario. Si conferma<br />
dunque l’aspirazione delle ricche famiglie<br />
fiorentine a esibire, dopo la metà del<br />
secolo, il proprio blasone su edifici, arredi,<br />
stoffe, codici, cornici, stoviglie, vasellami<br />
preziosi e maioliche.<br />
82 83
aGOSTINO DI DUCCIO<br />
Firenze 1418-Perugia 1481 circa<br />
Madonna col Bambino<br />
(Madonna d’Auvillers)<br />
1460-1465 circa<br />
marmo<br />
Parigi, Musée du Louvre,<br />
département des Sculptures<br />
Il rilievo proviene probabilmente<br />
da <strong>Palazzo</strong> Medici e venne forse<br />
commissionato da Piero o da Giovanni,<br />
come indica la presenza sul candelabro<br />
di una delle “imprese” medicee (l’anello<br />
con la punta di diamante) e di una<br />
variante dello stemma (con cinque palle).<br />
La sofisticata arte di agostino era assai<br />
apprezzata nell’ambiente mediceo per la<br />
raffinatezza e la delicatezza degli ornati.<br />
arTe rOMaNa<br />
Ritratto virile<br />
I sec. a.C.<br />
marmo greco<br />
Vienna, Kunsthistorisches Museum,<br />
antikensammlung<br />
Fin dal primo Quattrocento, i protagonisti<br />
<strong>della</strong> scultura fiorentina guardarono a<br />
simili esempi di ritrattistica romana di età<br />
repubblicana: Donatello, ad esempio, vi<br />
trovò ispirazione soprattutto per alcune<br />
teste di Profeti per il Campanile del<br />
Duomo. Il confronto si fa particolarmente<br />
significativo con il Niccolò da Uzzano di<br />
Desiderio da Settignano che, similmente a<br />
questo ritratto conservato a Vienna, volge<br />
vigorosamente la testa alla sua sinistra.<br />
DeSIDerIO Da SeTTIGNaNO<br />
Settignano 1429 circa-Firenze 1464<br />
Niccolò da Uzzano<br />
1450-1455 circa<br />
terracotta dipinta<br />
Firenze, Museo Nazionale<br />
del Bargello<br />
La connotazione individualistica del<br />
ritratto di Niccolò da Uzzano – uno<br />
dei protagonisti <strong>della</strong> storia politica<br />
fiorentina – ha fatto escludere la<br />
tradizionale attribuzione a Donatello,<br />
artista disinteressato nei confronti di un<br />
genere che esprimeva il “particolare” di<br />
un individuo. La forte torsione <strong>della</strong> testa,<br />
il cui volto è ricavato dall’impronta <strong>della</strong><br />
maschera funebre, presenta analogie con<br />
opere certe di Desiderio, inventore dei<br />
rilievi marmorei di profilo, mentre il bustoritratto<br />
è tradizionalmente frontale.<br />
84 85
MeDaGLISTa FIOreNTINO<br />
Medaglia di Cosimo de’ Medici<br />
“pater patriae”<br />
1465 circa<br />
argento<br />
Firenze, Museo Nazionale<br />
del Bargello<br />
Le medaglie, in quanto genere celebrativo<br />
aristocratico e di corte, furono estranee<br />
al clima sociale e politico di Firenze,<br />
dove comparvero piuttosto tardi: questo<br />
esemplare che commemora Cosimo<br />
il Vecchio con il titolo di pater patriae,<br />
assegnatoli, postumo, dalla repubblica il<br />
16 marzo 1465, è considerato tra i più<br />
antichi. La medaglia è riprodotta in stucco<br />
dorato – in controparte e di formato<br />
maggiore – nel celebre Ritratto di ignoto<br />
del Botticelli, agli Uffizi.<br />
MeDaGLISTa FIOreNTINO<br />
Medaglia di Piero<br />
e Giovanni de’ Medici<br />
1472<br />
bronzo<br />
Firenze, Museo Nazionale<br />
del Bargello<br />
La medaglia – unico esemplare esistente,<br />
qui presentato per la prima volta – ha due<br />
diritti: entrambi i personaggi raffigurati ne<br />
sono titolari, come lo sono del sepolcro<br />
del Verrocchio in San Lorenzo, al cui<br />
interno è stata rinvenuta nel 1949. Fu<br />
Lorenzo il Magnifico a commissionare<br />
il monumento dedicato al padre Piero<br />
e allo zio Giovanni, probabilmente con<br />
i suggerimenti di Leon Battista alberti e<br />
Donato acciaiuoli. riprendendo l’uso<br />
antico, la medaglia doveva completare il<br />
messaggio umanistico dell’intero sepolcro.<br />
MINO Da FIeSOLe<br />
Mino di Giovanni; Papiano o<br />
Montemignaio 1429-Firenze 1484<br />
Giovanni di Cosimo de’ Medici<br />
1454 circa<br />
marmo<br />
Firenze, Museo Nazionale<br />
del Bargello<br />
Il prestigio goduto fin dagli anni giovanili<br />
da Mino da Fiesole ne fa l’antesignano<br />
del nuovo genere dei busti-ritratto. La<br />
sua fama è attestata dall’importanza di<br />
committenti quali Piero e Giovanni de’<br />
Medici, figli di Cosimo il Vecchio, i cui<br />
ritratti marmorei di Mino sono i primi<br />
a essere realizzati. Questo ritratto di<br />
Giovanni riflette il suo personale culto per<br />
i protagonisti <strong>della</strong> storia antica, che lo<br />
spinse a raccogliere medaglie, frammenti<br />
e teste antiche e a farsi ritrarre da Mino<br />
come un patrizio romano in armatura.<br />
86 87
aNTONIO rOSSeLLINO<br />
Settignano? 1427/1428-Firenze 1479<br />
Giovanni di Antonio Chellini<br />
1456<br />
marmo<br />
Londra, Victoria and albert Museum<br />
Fu probabilmente lo stesso Giovanni<br />
Chellini (1372/73-1462), medico e<br />
umanista originario di San Miniato, a<br />
commissionare il proprio ritratto ad<br />
antonio rossellino, su suggerimento<br />
di Donatello, che in quello stesso anno<br />
lo aveva compensato delle sue cure<br />
donandogli il rilievo bronzeo, esposto in<br />
una sala precedente e noto appunto come<br />
Madonna Chellini. Il busto è tra le prime<br />
opere conosciute dell’artista e tra i primi<br />
busti-ritratto del rinascimento: notevole<br />
la sua forza espressiva e la resa minuziosa<br />
dei dettagli fisiognomici, alla ricerca di<br />
verosimiglianza.<br />
aNDrea DeL VerrOCChIO<br />
Firenze 1435 circa-Venezia 1488 o<br />
aNTONIO rOSSeLLINO<br />
Settignano? 1427/1428-Firenze 1479<br />
Francesco Sassetti<br />
1464-1465<br />
marmo<br />
Firenze, Museo Nazionale<br />
del Bargello<br />
Il busto di Francesco di Tommaso<br />
Sassetti (1421-1490) direttore <strong>della</strong><br />
filiale di Ginevra del Banco mediceo e<br />
importante committente, è uno dei primi<br />
ritratti marmorei del rinascimento in<br />
cui il modello indossa il paludamentum<br />
all’antica. Se il verismo dei dettagli<br />
naturalistici del volto rende plausibile<br />
l’attribuzione al rossellino, l’affinità con<br />
opere del Verrocchio appare soprattutto<br />
per il modo in cui le braccia assumono<br />
forma e movimento rispetto al busto:<br />
una caratteristica che l’artista svilupperà<br />
pienamente nella Dama col mazzolino<br />
(Bargello).<br />
88 89
MINO Da FIeSOLe<br />
Mino di Giovanni; Papiano<br />
o Montemignaio 1429-Firenze 1484<br />
Dietisalvi Neroni<br />
1464<br />
marmo<br />
Parigi, Musée du Louvre, département<br />
des Sculptures, dono di Madame Gustave<br />
Dreyfus e dei figli in memoria di Gustave<br />
Dreyfus, 1919<br />
Nel 1464, l’anno a cui si data il ritratto,<br />
Dietisalvi Neroni (Firenze 1401-roma<br />
1482) era all’apice del potere: fratello<br />
dell’arcivescovo di Firenze, intimo amico<br />
di Cosimo de’ Medici e consigliere di<br />
suo figlio Piero. La partecipazione a una<br />
congiura antimedicea (1466) lo porterà<br />
però all’esilio perpetuo. Come fa supporre<br />
la veste “all’antica”, allusiva alla virtus<br />
repubblicana, il busto era destinato a una<br />
dimora privata: forse il palazzo stesso di<br />
Dietisalvi, situato presso di San Lorenzo.<br />
DeSIDerIO Da SeTTIGNaNO<br />
Settignano 1429 circa-Firenze 1464<br />
Marietta <strong>Strozzi</strong><br />
1464 circa<br />
marmo<br />
Berlino, Skulpturensammlung und<br />
Museum für Byzantinische Kunst,<br />
Staatliche Museen zu Berlin,<br />
Bode-Museum<br />
Il busto è stato identificato con quello<br />
di Marietta di Lorenzo di Palla <strong>Strozzi</strong>,<br />
scolpito da Desiderio da Settignano e<br />
ricordato fin dal tardo Quattrocento.<br />
Il ritratto di Marietta, una tra le giovani<br />
più ammirate del suo tempo, nata nel<br />
1448, potrebbe essere stato scolpito da<br />
Desiderio poco prima <strong>della</strong> morte. La<br />
delicatezza del mo<strong>della</strong>to, la sensibilità<br />
con cui l’artista ha mediato tra astrazione<br />
ed eleganza delle forme, nonché la<br />
vivacità espressiva e i tratti individuali,<br />
ne confermano l’attribuzione.<br />
90 91
GIULIaNO Da SaNGaLLO<br />
Firenze 1445-1516<br />
o BeNeDeTTO Da MaIaNO<br />
Maiano 1442-Firenze 1497<br />
Modello di <strong>Palazzo</strong> <strong>Strozzi</strong><br />
1489<br />
legno intagliato<br />
Firenze, Museo Nazionale del Bargello,<br />
in deposito a <strong>Palazzo</strong> <strong>Strozzi</strong><br />
Il modello di <strong>Palazzo</strong> <strong>Strozzi</strong> è l’unico<br />
conservato di un edificio privato<br />
rinascimentale. Le attribuzioni oscillano tra<br />
Benedetto da Maiano, che secondo Vasari<br />
avrebbe realizzato un modello del palazzo<br />
e che fu l’artista “di famiglia”, e Giuliano<br />
da Sangallo, che venne pagato nel 1489<br />
per l’esecuzione di due modelli. Questo,<br />
unico sopravvissuto, è scomponibile nei<br />
tre diversi piani del palazzo e contiene la<br />
suddivisione degli spazi interni. Il modello<br />
è rimasto proprietà <strong>della</strong> famiglia e<br />
all‘interno del palazzo fino al 1937.<br />
92 93
Testi<br />
Ludovica Sebregondi<br />
Coordinamento editoriale<br />
Ludovica Sebregondi<br />
elena Bottinelli<br />
Traduzioni<br />
Stephen Tobin (italiano-inglese)<br />
Xue Cheng (italiano-cinese)<br />
Mila alieva (inglese-russo)<br />
Gabrielle Giraudeau (italiano-francese)<br />
Progetto grafico<br />
rovaiWeber design<br />
La pubblicazione riunisce i <strong>testi</strong> esplicativi <strong>della</strong> <strong>mostra</strong><br />
La Primavera del Rinascimento<br />
La scultura e le arti a Firenze 1400-1460<br />
Firenze, <strong>Palazzo</strong> <strong>Strozzi</strong>, 23 marzo-18 agosto 2013<br />
Parigi, Musée du Louvre, 26 settembre 2013-6 gennaio 2014<br />
A cura di<br />
Beatrice Paolozzi <strong>Strozzi</strong><br />
Marc Bormand<br />
Promossa e organizzata da<br />
Fondazione <strong>Palazzo</strong> <strong>Strozzi</strong><br />
Musée du Louvre<br />
Ministero per i Beni e le attività Culturali<br />
Soprintendenza PSae e per<br />
il Polo Museale <strong>della</strong> città di Firenze<br />
Museo Nazionale del Bargello<br />
con<br />
Comune di Firenze<br />
Provincia di Firenze<br />
Camera di Commercio di Firenze<br />
associazione Partners <strong>Palazzo</strong> <strong>Strozzi</strong><br />
e<br />
regione Toscana<br />
Con il contributo di<br />
ente Cassa di risparmio di Firenze<br />
Sotto l’alto Patronato del Presidente <strong>della</strong> repubblica Italiana<br />
Con il patrocinio di<br />
Ministero degli affari esteri<br />
Ministero per i Beni e le attività Culturali<br />
ambassade de France en Italie<br />
www.palazzostrozzi.org
Fondazione <strong>Palazzo</strong> <strong>Strozzi</strong><br />
Piazza <strong>Strozzi</strong>, 50123 Firenze<br />
www.palazzostrozzi.org