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Ricerca del Gesù storico, contributi critici - Martufi, Gabriele - Altervista

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<strong>Ricerca</strong> <strong>del</strong> <strong>Gesù</strong> <strong>storico</strong>, <strong>contributi</strong> <strong>critici</strong><br />

<strong>Ricerca</strong> <strong>del</strong> <strong>Gesù</strong> <strong>storico</strong>, documento tratto dal libro "Il gallo cantò ancora. Storia critica<br />

<strong>del</strong>la Chiesa" di Karlheinz Deschner:<br />

La confutazione <strong>del</strong>la storicità di <strong>Gesù</strong><br />

Il 6 ottobre 1808 Napoleone sussurrò all'orecchio <strong>del</strong> vecchio Wieland che era ancor viva la<br />

questione se Cristo fosse vissuto davvero. Allora non si trattò che di una vaga supposizione,<br />

ma forse non proprio di una battuta spiritosa, cioè di una di quelle brillanti boutades, che<br />

l'Imperatore talvolta si concedeva: Napoleone, infatti, fu amico <strong>del</strong>lo <strong>storico</strong> Constantin<br />

François Volney che, insieme al contemporaneo Charles François Dupuis, fu precursore<br />

<strong>del</strong>la tesi <strong>del</strong>la non-storicità di <strong>Gesù</strong>.<br />

Già qualche decennio prima, Voltaire e d'Holbach, pur non confutando l'esistenza di <strong>Gesù</strong>,<br />

ritennero contestabile la maggior parte degli avvenimenti <strong>del</strong>la sua vita. Federico il Grande<br />

parlò addirittura di «commedia» e dubitò che «fosse mai esistito un certo <strong>Gesù</strong> Cristo».<br />

Anche Lessing definì «dubbio» il fondamento <strong>storico</strong> <strong>del</strong> Cristianesimo.<br />

Lo stesso giovane Goethe, in occasione <strong>del</strong>la discussione <strong>del</strong>la sua Tesi di laurea a<br />

Strasburgo, sostenne l'ipotesi, che:<br />

«non fu <strong>Gesù</strong> il fondatore <strong>del</strong>la nostra religione, la quale fu invece costruita in suo nome da<br />

alcuni uomini d'ingegno, e la religione cristiana non è altro che una ragionevole istituzione<br />

politica» (C. Schmitt, 176.).<br />

1


In una lettera a Herder, <strong>del</strong> maggio 1775, Goethe definì «una simulazione... l'intera dottrina<br />

di Cristo»; e il 4 settembre 1788 scrisse allo stesso Herder:<br />

«La favoletta sul Cristo è causa <strong>del</strong> fatto che il mondo potrà ancora esistere per 10.000 anni<br />

e nessuno ne verrà a capo, poiché è necessaria egual forza di conoscenza, di intelligenza, di<br />

finezza intellettuale tanto per difenderla che per confutarla».<br />

Ma anche in Schelling, in Hegel e soprattutto in Schopenhauer appare prefigurato il<br />

programma degli avversari <strong>del</strong>la storicità di <strong>Gesù</strong>. In campo specificamente teologico nel<br />

1853/56 il ventisettenne David Friedrich Strauß (a giudizio di Albert Schweitzer non<br />

soltanto il più grande e il più profondo dei teologi, ma anche il più veridico) aveva già <strong>del</strong><br />

tutto abbandonato la storicità dei Vangeli - non di <strong>Gesù</strong> - nella sua Leben Jesu, opera tanto<br />

dotta quanto brillante.<br />

Nella seconda metà <strong>del</strong> sec. XIX, il teologo Bruno Bauer negò per la prima volta in maniera<br />

aperta e decisa l'esistenza storica di <strong>Gesù</strong>. Benché in principio non l'avesse esplicitamente<br />

confutata, alla fine dichiarò che la nascita <strong>del</strong> Cristianesimo fu dovuta a una contaminazione<br />

di idee religiose giudaiche, greche e romane, avvenuta nel secondo secolo, e che <strong>Gesù</strong> e<br />

Paolo furono soltanto <strong>del</strong>le finzioni letterarie. Professori entrambi, vennero rimossi dalle<br />

loro cattedre: Strauß, il più veritiero fra i teologi, fu maledetto come l'Anticristo <strong>del</strong>le<br />

profezie; Bauer, a parere di Walter Nigg uno dei maggiori teologi <strong>del</strong> secolo XIX, morì a<br />

Rixdorf, presso Berlino, proprietario di un chiosco di frutta e verdure.<br />

Intanto alcuni studiosi olandesi proseguirono per la strada indicata da Bauer, e all'inizio <strong>del</strong><br />

XX secolo molti studiosi negarono la storicità di <strong>Gesù</strong>, relegandone la figura nel regno <strong>del</strong>la<br />

leggenda. Il primo che in Germania riprese la questione fornendo una risposta negativa, fu il<br />

pastore di Brema Albert Kalthoff, mentre il rappresentante più autorevole di tale tendenza<br />

divenne il filosofo di Karlsruhe Arthur Drews.<br />

I negatori <strong>del</strong>la storicità di <strong>Gesù</strong> scorgono nei Vangeli la riplasmazione d'un mito in notizia<br />

storica, la seriore personificazione di un'idea religiosa; costoro non ipotizzano, come fa tutta<br />

la contemporanea disciplina biblica di indirizzo critico, l'esistenza storica di <strong>Gesù</strong>, la cui<br />

vita successivamente trasfigurata da fantasiose notizie di miracoli e da racconti leggendari,<br />

avrebbe dato luogo a un processo di deificazione <strong>del</strong>la sua figura, ma presuppongono una<br />

divinità mitica, per così dire storicizzata e attualizzata dagli autori dei Vangeli. I contestatori<br />

di un <strong>Gesù</strong> <strong>storico</strong>, dunque, non vedono nella figura biblica di Cristo un uomo divinizzato,<br />

quanto, piuttosto, una divinità umanizzata.<br />

La prova era costituita, oltre che dalle osservazioni critiche sui Vangeli, soprattutto dal fatto<br />

che Paolo, il teste più antico, passa quasi completamente sotto silenzio la vita di <strong>Gesù</strong>,<br />

limitandosi ad accenni all'Ultima cena (1 Cor. 11, 23 sgg.), alla sua discendenza, per altro<br />

assolutamente inverosimile, dalla casa di Davide e, infine, all'affermazione che <strong>Gesù</strong> fu «il<br />

primo di numerosi fratelli» (Rom. 8, 29).<br />

A partire dagli anni '20, il dibattito sulla storicità di <strong>Gesù</strong> si andò spegnendo, benché<br />

insistesse a negarla uno studioso di vaglia come il teologo di Brema Hermann Raschke,<br />

ancor oggi in attività. Muovendo da Arthur Drews, Raschke, colto e brillante sia come<br />

filologo che come filosofo, rielaborò autonomamente il tema, riassumendo le proprie<br />

conclusioni nel Das Christusmythe, libro sorprendente per la quantità dei riferimenti.<br />

2


Nientemeno che il teologo Heder definì l'opera un lavoro profondamente acuto, denotante<br />

un'ammirevole sensibilità linguistica, e l'autore uomo veridico e a suo modo geniale.<br />

Purtroppo Raschke è oggi un isolato. La tesi dei mitologisti radicali è caduta nel<br />

dimenticatoio; resta soltanto da vedere se si tratta di un fatto definitivo. Anche Albert<br />

Schweitzer si è espresso a favore <strong>del</strong>la possibile astoricità di <strong>Gesù</strong>. E nel 1960 il giovane<br />

teologo Friedrich Pzillas ha dichiarato che «la problematica figura di <strong>Gesù</strong>» può essere<br />

oggetto legittimo <strong>del</strong>la storiografia solo nella misura in cui lo sono anche «Adamo, Zeus,<br />

Apollo e altri».<br />

In accordo con gli studiosi, tuttavia, l'esistenza di <strong>Gesù</strong> verrà data per scontata nelle pagine<br />

che seguono. Ma prima val la pena di ricordare che:<br />

«Le fonti extracristiane su <strong>Gesù</strong> sono <strong>del</strong> tutto inattendibili. Manca una testimonianza<br />

realmente probante <strong>del</strong>le fonti profane». (Il teologo Weiß, in Jesus von Nazareth, 92)<br />

La storiografia contemporanea ignorò <strong>Gesù</strong>; tutta la letteratura non-cristiana <strong>del</strong> I secolo<br />

tacque su di lui: i paralitici camminavano, i ciechi vedevano e i morti resuscitavano, ma gli<br />

storici di Palestina, Grecia e Roma non ne ebbero notizia.<br />

A <strong>Gesù</strong> allude solo Tacito (ca. 55-120), che cita un certo «Cristo, ucciso sotto il governatore<br />

Ponzio Pilato ai tempi <strong>del</strong>l'imperatore Tiberio». Il più grande <strong>storico</strong> romano così continua:<br />

«Quella funesta superstizione, soffocata per breve tempo, riprendeva ora vigore<br />

diffondendosi non solo in Giudea, luogo d'origine di quel male, ma anche a Roma, dove da<br />

ogni parte confluiscono tutte le atrocità e le vergogne, trovandovi grande seguito» (Tac.<br />

Ann. 15, 44).<br />

Anche dando per scontata l'autenticità di questa testimonianza, essa risulta pressoché<br />

inutilizzabile: la notizia tacitiana risale all'incirca al 117, novant'anni dopo la morte di <strong>Gesù</strong>,<br />

ed è fondata quindi solo sui racconti in circolazione nel II secolo, e in fondo si limita a dire<br />

ch'egli morì sotto Tiberio; per altro, tale datazione non appare prova storica attendibile,<br />

anche per il fatto che Plutarco riporta ai tempi di Tiberio anche la morte mitica dì Pan-Attis.<br />

Svetonio (65-135) non cita affatto <strong>Gesù</strong>; lo ignora anche la lettera di Plinio il Giovane <strong>del</strong><br />

111, la quale si limita a parlare <strong>del</strong> Cristianesimo.<br />

La pretesa di un moderno cattolico (Schuchert, 15), per cui il contenuto dei Vangeli<br />

verrebbe in parte confermato da scrittori non-cristiani come Tacito e Svetonio, costituisce<br />

un'esagerazione incomprensibile.<br />

Ma ancor più stupefacente risulta il silenzio degli storiografi ebrei. Giuseppe Flavio, nato<br />

poco dopo la crocifissione di <strong>Gesù</strong>, intorno al 93 pubblicò le sue Antichità Giudaiche, che<br />

vanno dalla creazione <strong>del</strong> mondo fino ai tempi di Nerone, nelle quali registra tutto ciò che<br />

gli sembra interessante. Ora, benché menzioni anche Giovanni il Battista, Erode e Pilato, e<br />

dia notizie dettagliatissime anche sui minimi particolari <strong>del</strong>la vita politica e sociale <strong>del</strong><br />

tempo, omette completamente qualsiasi accenno a <strong>Gesù</strong>. Proprio per questo i cristiani <strong>del</strong> III<br />

secolo vi interpolarono il cosiddetto Testimonium Flavianum, nel quale l'ebreo (!)<br />

«Giuseppe» non soltanto attesterebbe i miracoli di <strong>Gesù</strong>, ma persino la sua resurrezione e il<br />

3


compimento <strong>del</strong>le profezie. Giuseppe, dunque, sarebbe stato un cristiano! Ma il Padre <strong>del</strong>la<br />

Chiesa Origene, il cui testo <strong>del</strong>le Antichità Giudaiche evidentemente non conteneva ancora<br />

l'interpolazione - neppure Giustino, Tertulliano e Cipriano vi si richiamano - dichiara<br />

ripetutamente che Giuseppe non credette in Cristo. Il passo è quasi unanimemente<br />

riconosciuto come una falsificazione; anche per uno studioso cattolico (Peterson), su questo<br />

punto non esiste «naturalmente alcun dubbio».<br />

Lo <strong>storico</strong> ebreo Giusto di Tiberiade tace di <strong>Gesù</strong> esattamente come Flavio Giuseppe. E il<br />

fatto appare tanto più singolare, in quanto si tratta non solo di un contemporaneo di <strong>Gesù</strong>,<br />

ma anche di un suo conterraneo, che abitava a Tiberiade, non lungi da Cafarnao, dove <strong>Gesù</strong><br />

ebbe spesso il modo di dimorare. Eppure, nella sua cronaca, che va da Mosè agli anni in cui<br />

vide la luce il Vangelo di Giovanni, non compare nessun <strong>Gesù</strong>. D'altra parte, però, <strong>del</strong>la sua<br />

opera ci sono pervenuti solo dei frammenti, sicché non sappiamo nulla di quel che potrebbe<br />

aver scritto altrove.<br />

Non ne sa nulla, poi, nemmeno il dotto ebreo Filone di Alessandria, di cui possediamo circa<br />

cinquanta scritti, ch'era un profondo conoscitore <strong>del</strong>la Bibbia e <strong>del</strong>le sètte giudaiche e che<br />

sopravvisse a <strong>Gesù</strong> di circa vent'anni. Eppure, Filone ci fornisce informazioni sugli Esseni, e<br />

menziona perfino Pilato (Drews, Christusmythe 11, 1911, 3). Paolo, poi, non viene<br />

menzionato né da Filone né da Giuseppe.<br />

Numerosi indizi inducono a credere che l'influenza di <strong>Gesù</strong> sulla società circostante sia stata<br />

molto più scarsa di quanto crediamo. Anatole France esprime tale ipotesi in un racconto, in<br />

cui, trent'anni dopo la morte di <strong>Gesù</strong>, a Pilato viene ricordato l'evento, di cui, però, egli non<br />

è in grado di rammentare alcunché.<br />

Già agli antichi cristiani l'evidenza storica di <strong>Gesù</strong> apparve talmente gracile, che produssero<br />

una sua missiva indirizzata al re Abgar Ukkama di Edessa (4 a.C. - 50 d.C.) (Euseb. h. e. 1,<br />

13), una lettera di Pilato all'lmperatore Tiberio (Tert. apol 21) e altri analoghi falsi. Forse,<br />

però, con tali scritti intesero semplicemente ampliare i fondamenti leggendari dei Vangeli,<br />

prassi piuttosto comune in tutta l'età antica.<br />

(fine)<br />

4


<strong>Ricerca</strong> <strong>del</strong> <strong>Gesù</strong> <strong>storico</strong>, documenti vari tratti dal libro “Il libro che la tua chiesa non ti<br />

farebbe mai leggere” a cura di Tim C. Leedom e Maria Murdy:<br />

I movimenti di <strong>Gesù</strong><br />

L'era cristiana e l'ultima grande revisione <strong>del</strong> giudaismo<br />

(Dal 30 d.C. al 73 d.C. circa)<br />

La strada per Damasco e le origini <strong>del</strong> cristianesimo<br />

(Dal 50 d.C. al 140 d.C. circa)<br />

Gli Evemeristi<br />

Il Cristo<br />

Il silenzio degli scrittori contemporanei<br />

5


(fine)<br />

http://gabrielemartufi.altervista.org/teologia.htm<br />

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