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Scarica il pdf - Gruppo Storico Romano

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Anno I Numero VI Acta Bimestria<br />

va <strong>il</strong> giuramento di concludere solennemente <strong>il</strong> trattato.<br />

Ottenuto <strong>il</strong> mandato <strong>il</strong> pater patratus si recava presso la popolazione<br />

con cui intendeva stipulare <strong>il</strong> patto, invocava Giove<br />

a testimone (obtestatio), leggeva <strong>il</strong> trattato e si rivolgeva<br />

all’altro pater patratus dichiarando che Roma si impegnava<br />

a non recedere per prima dal trattato (ius iurandum) e che<br />

qualora ciò fosse accaduto Giove avrebbe dovuto colpire <strong>il</strong><br />

popolo romano così come lui colpiva un maiale in quel momento,<br />

in quel luogo e in quel giorno con la selce (saxum<br />

s<strong>il</strong>ex) tratta dal tempio di Giove Feretrio, che rappresentava<br />

la folgore che annich<strong>il</strong>isce lo spergiuro (exsecratio).<br />

La stessa cosa faceva <strong>il</strong> pater patratus dell’altra comunità.<br />

Nella dichiarazione di guerra, invece, <strong>il</strong> feziale si portava al<br />

confine nemico e, con <strong>il</strong> capo coperto da un berretto dotato<br />

di velo, invocava Giove (prima obtestatio) ed invitava <strong>il</strong><br />

popolo nemico ad ascoltarlo, affermando di essere <strong>il</strong> rappresentante<br />

del popolo romano.<br />

Dichiarava poi <strong>il</strong> torto subito e chiedeva la restituzione delle<br />

cose o delle persone sottratte (clarigatio). Se ciò non avve-<br />

Mosaico rappresentante i sacerdoti Salii<br />

XXIX<br />

niva entro <strong>il</strong> 33° giorno, seguiva la dichiarazione di guerra.<br />

Questa si apriva con la chiamata a testimoni di Giove, Giano<br />

e tutti gli dei (seconda obtestatio) del fatto che <strong>il</strong> popolo<br />

da lui indicato si era comportato ingiustamente e non aveva<br />

riparato al torto fatto. Dopo di ché tornava in patria per riferire<br />

al re che si consultava con i senatori.<br />

Una volta che <strong>il</strong> re avesse deciso di dichiarare guerra, <strong>il</strong> feziale<br />

tornava presso <strong>il</strong> confine con una lancia e, davanti a<br />

tre testimoni, affermava che, poiché la controparte non aveva<br />

riparato ai torti commessi, <strong>il</strong> popolo romano dichiarava<br />

guerra.<br />

Poi dichiarava guerra in nome di Roma e scagliava la sua<br />

lancia (sanguinea praeusta) nel loro territorio.<br />

L’espansione di Roma rese in seguito impossib<strong>il</strong>e al feziale<br />

recarsi personalmente al confine nemico, così egli prese a<br />

scagliare <strong>il</strong> giavellotto oltre una colonnetta (columella bellica),<br />

nello spazio antistante <strong>il</strong> tempio di Bellona, chiamato<br />

campus host<strong>il</strong>is, considerato simbolicamente territorio nemico.

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