Il cuore del cristianesimo è la relazione - Coop. Paideia Ragusa
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<strong>Il</strong> <strong>cuore</strong> <strong>del</strong> <strong>cristianesimo</strong> <strong>è</strong> <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione<br />
“Dio prima di essere Dio <strong>è</strong> re<strong>la</strong>zione” ha scritto Massimo il Confessore.<br />
“In principio era il Logos” troviamo scritto nel<strong>la</strong> pagina iniziale <strong>del</strong> Vangelo di Giovanni. “Logos”<br />
<strong>la</strong> cui radice <strong>è</strong> “leg” (raccogliere, legare) può essere tradotto in modi diversi: “ In principio era il<br />
Verbo”; “era <strong>la</strong> Paro<strong>la</strong>”;”era il Senso;“ “era <strong>la</strong> Re<strong>la</strong>zione.” Una molteplicità di significati che in<br />
modo diverso ci rive<strong>la</strong>no l’identità e <strong>la</strong> bellezza di Dio.<br />
In principio era <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione! La straordinaria novità <strong>del</strong> <strong>cristianesimo</strong> rispetto alle altre<br />
religioni <strong>è</strong> <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione. <strong>Il</strong> <strong>cristianesimo</strong> non consiste in una serie di norme morali quanto nel<br />
prendersi cura <strong>del</strong>l’altro, nell’ amarlo (ama il prossimo tuo come te stesso; ama il prossimo tuo<br />
perché <strong>è</strong> come te), nell’ obbedirgli (l’amore ha bisogno di essere salvato dall’obbedienza scrive S.<br />
Francesco nelle lodi alle virtù ), nell’essere disposti a sacrificargli <strong>la</strong> vita, nel farsi crocifiggere per<br />
evitare ad altri di essere crocifissi. <strong>Il</strong> <strong>cristianesimo</strong> <strong>è</strong> <strong>la</strong> religione che desidera incontrare l’altro per<br />
costruire un comune bene. Questa <strong>è</strong> <strong>la</strong> speranza cristiana: costruire luoghi dove ci si incontra, dove<br />
amare e essere amati, dove prendersi reciprocamente cura. Le norme morali trovano qui, e solo qui,<br />
il loro fondamento e <strong>la</strong> loro verifica.<br />
Gesù crea novità nel <strong>cuore</strong> <strong>del</strong>le persone incontrandole. Evangelizza, educa, guarisce le persone<br />
incontrandole. Pensiamo all’incontro con il giovane ricco, come lo racconta l’evangelista Marco:<br />
“guardandolo dentro gli occhi lo amò”. Essere guardati e amati così crea novità, accende il<br />
desiderio <strong>del</strong> cambiamento, riscalda l’anima. La novità <strong>del</strong> <strong>cristianesimo</strong> si realizza quando<br />
vediamo gli altri, quando li incontriamo, quando ce ne prendiamo cura.<br />
<strong>Il</strong> <strong>cuore</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> vita <strong>è</strong> <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione<br />
La re<strong>la</strong>zione <strong>è</strong> il <strong>cuore</strong> <strong>del</strong> <strong>cristianesimo</strong> ed <strong>è</strong> il <strong>cuore</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> vita. Al compianto don Oreste Benzi<br />
una volta una giornalista chiese:“ come mai lei va nelle strade <strong>del</strong><strong>la</strong> prostituzione o in discoteca per<br />
stare accanto ai ragazzi che sbal<strong>la</strong>no”? Don Oreste rispose: “ ci vado perché in quei luoghi si<br />
trovano risposte sbagliate ad un bisogno giusto?” “Quale sarebbe questo bisogno?” incalzò <strong>la</strong><br />
giornalista! “<strong>Il</strong> bisogno di sentirsi vivi! “ concluse don Oreste.<br />
Gli esseri umani hanno bisogno di sentirsi vivi, cercano risposte al bisogno di pienezza. <strong>Il</strong> Da<strong>la</strong>i<br />
Lama ha scritto che ciò che hanno in comune tutte le religioni <strong>del</strong> mondo <strong>è</strong> rispondere al desiderio<br />
di felicità presente in ogni uomo. Per guardare in casa nostra Gesù più volte ha affermato: “sono<br />
venuto perché <strong>la</strong> vostra gioia sia piena…perché abbiate abbondanza di vita”.<br />
Cosa da pienezza ? E all’opposto cosa ci ferisce ? E, ancora, cosa ci guarisce?<br />
Le scienze umane ci ricordano il ruolo centrale <strong>del</strong><strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione. Essa ci fa sentire vivi, ci<br />
risana, ci ferisce.<br />
I ricordi più belli <strong>del</strong><strong>la</strong> nostra vita, quelli in cui abbiamo sperimentato il piacere di abitare questo<br />
mondo, sono legati alle re<strong>la</strong>zioni che ci hanno rega<strong>la</strong>to stima, calore, intimità, appartenenza. <strong>Il</strong><br />
cardinale Martini ha scritto che <strong>la</strong> Vergine Maria ha cantato il Magnificat, preghiera di pienezza per<br />
eccellenza, quando il suoi vissuti di gioia, di stupore, di trepidazione li ha potuti condividere con <strong>la</strong><br />
cugina Elisabetta.<br />
Oggi gli psicoterapeuti affermano che <strong>la</strong> libido non <strong>è</strong> ricerca di piacere, ma ricerca di piacere<br />
re<strong>la</strong>zionale. Quando l’altro viene ricercato come oggetto di piacere e non come persona da<br />
incontrare il piacere impazzisce e diventa coazione a ripetere, dipendenza, violenza.<br />
La re<strong>la</strong>zione ha, altresì, un ruolo centrale per evitare che i traumi sfocino in patologie. I traumi non<br />
diventano patologia se possiamo contare su una re<strong>la</strong>zione presente, chiara, accogliente. Se il dolore<br />
possiamo depositarlo in un grembo accogliente, se il dolore dispone <strong>del</strong> tempo necessario per essere<br />
e<strong>la</strong>borato, se il dolore trova un senso non diventa distruttivo o autodistruttivo: diventa un’esperienza<br />
che fa crescere. <strong>Il</strong> dolore diventa danno quando <strong>è</strong> trattenuto, confuso imbrogliato. Nel libro “Ogni<br />
vita merita un romanzo” lo psicoterapeuta Polster ha scritto che <strong>la</strong> cosa più importante per<br />
guarire <strong>è</strong> essere visti, essere ascoltati con interesse e con stupore. Questo <strong>è</strong> il punto centrale:<br />
imparare ad incontrare l’altro come novità e non come qualcosa di già visto, scontato, consumato. <strong>Il</strong>
grande rischio di ogni re<strong>la</strong>zione <strong>è</strong> dare per conosciuto l’altro, pensare che non può dire e dare niente<br />
di nuovo. L’altro per quanto intimo rimane uno straniero da imparare. Questo genera vita!<br />
La maturità re<strong>la</strong>zionale<br />
Le scienze umane ribadiscono <strong>la</strong> connessione tra maturità e re<strong>la</strong>zione. Oggi quando parliamo di<br />
maturità per non correre il rischio di essere vaghi parliamo di maturità re<strong>la</strong>zionale.<br />
Maturità <strong>è</strong> avere una buona re<strong>la</strong>zione con sé: saper vivere in compagnia di sé stessi imparando a<br />
dare <strong>del</strong> tu ai propri vissuti, e<strong>la</strong>borando le <strong>del</strong>usioni e imparando da esse.<br />
Maturità <strong>è</strong> desiderare restare nel<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione con Dio cogliendo gli appelli che mi rivolge per<br />
crescere nel<strong>la</strong> santità.<br />
Maturità <strong>è</strong> imparare a vedere le cose da adulto sapendo che se l’autorealizzazione per un ragazzo<br />
coincide con il suo benessere, per un adulto consiste nel farsi dono per i figli e per le nuove<br />
generazioni.<br />
Maturità re<strong>la</strong>zionale significa specificamente saper vivere rapporti simmetrici e asimmetrici con<br />
chiarezza: saper cio<strong>è</strong> prendersi cura, condividere cura, chiedere e ricevere cura. Significa cio<strong>è</strong> saper<br />
essere genitore, fratello, figlio in maniera contestualizzata. Adultità <strong>è</strong> vivere questi diversi<br />
atteggiamenti di cura in maniera armonica. Se sono genitore, educatore, superiore so prendermi cura<br />
di coloro che mi sono affidati; se sono partner, fratello, amico, collega so condividere cura e so<br />
col<strong>la</strong>borare; se sono figlio, allievo formando so chiedere e ricevere cura e so affidarmi. Se un figlio<br />
o un formando vuole troppo presto rendersi autonomo o comandare <strong>è</strong> ferito nell’essere figlio. Se un<br />
genitore, un superiore, un formatore fa preferenze e si arrabbia facilmente si comporta come se<br />
fosse un ragazzo e non un padre.<br />
La Bibbia nel Vecchio Testamento inizia mostrandoci il volto paterno e materno <strong>del</strong>l’amore di Dio<br />
che provvede, nutre e chiede obbedienza; continua con il Nuovo Testamento con Dio che si fa<br />
bambino e si affida al<strong>la</strong> nostra cura; si conclude con l’Apocalisse con Gesù che vuole farsi<br />
compagno <strong>del</strong><strong>la</strong> nostra vita e desidera essere il nostro sposo. Contemp<strong>la</strong>re il volto di Dio padre ( e<br />
madre), figlio, fratello, sposo <strong>è</strong> <strong>la</strong> via per maturare nel<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione.<br />
Imparare <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione<br />
Imparare <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione <strong>è</strong> <strong>la</strong> prima emergenza educativa. Ha scritto Irigary che l’uomo moderno ha<br />
realizzato uno sviluppo tecnologico straordinario, <strong>è</strong> stato capace di conquistare lo spazio, ma non ha<br />
ancora imparato come incontrarsi. Imparare <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione <strong>è</strong> <strong>la</strong> sfida che coinvolge tutti: <strong>la</strong> famiglia, <strong>la</strong><br />
città, <strong>la</strong> Chiesa.<br />
Incontrarsi <strong>è</strong> bello, ma <strong>è</strong> anche complicato; a volte <strong>è</strong> facile, a volte <strong>è</strong> difficile. Non ci si può<br />
incontrare negando che siamo diversi, ed <strong>è</strong> proprio questa diversità che rende l’incontro più<br />
difficile. Un vero incontro non <strong>è</strong> fatto solo di si, non si nutre solo di simpatia. Nell’educare e<br />
nell’educarci al<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione ci muoviamo sempre tra due grandi tensioni:il tu e l’io. La soggettività<br />
non deve impaurirci. Molte difficoltà re<strong>la</strong>zionali hanno a che fare con l’incapacità a dire io o<br />
all’opposto con l’incapacità a dire tu. La personalità dipendente, ad esempio, ha difficoltà a dire: “<br />
io”, a dire:” no”. Ha scritto Enzo Bianchi:”se un formando <strong>è</strong> troppo obbediente lo devo aiutare a<br />
disobbedire”.La personalità ribelle ha difficoltà a dire:”tu”, a dire:” si”. <strong>Il</strong> no <strong>del</strong> ribelle rive<strong>la</strong><br />
spesso <strong>la</strong> paura di legarsi. Essere uniti perché non si <strong>è</strong> forti ed essere forti senza essere uniti sono i<br />
due rischi da tenere presenti nell’educazione al<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione.<br />
Incontrarsi <strong>è</strong> un’esperienza nel<strong>la</strong> quale si incontrano due anime senza alimentare divisioni,<br />
esclusioni, contrapposizioni. E quando le contrapposizioni sono necessarie non diventano mai<br />
ostilità. Par<strong>la</strong>re lingue diverse e non capirsi e all’opposto omologarsi sono i due rischi che uccidono<br />
<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione. Par<strong>la</strong>re lingue diverse e comprendersi <strong>è</strong> il miracolo che chiediamo allo Spirito Santo<br />
che come leggiamo nell’Antifona <strong>del</strong><strong>la</strong> Pentecoste: “tutto unisce perché capisce ogni linguaggio”!<br />
Per incontrarsi <strong>è</strong> necessario mettersi in viaggio; andare con l’altro in una terra nuova. E’ l’esodo di<br />
cui ha scritto papa Benedetto XVI nel<strong>la</strong> Deus Caritas Est! C’<strong>è</strong> un cammino che porta da me<br />
all’altro. Se io ho tutto, se so tutto non mi metto in cammino e non incontro <strong>la</strong> diversità e <strong>la</strong> bellezza
di cui l’altro <strong>è</strong> portatore. Abbiamo occhi chiusi che ci impediscono di vedere. Non vediamo i<br />
cambiamenti, i dolori, le novità che gli altri portano nel<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione. E’ incredibile quanto possano<br />
essere chiusi i nostri occhi. Spesso non vediamo perché pensiamo di sapere tutto a priori. La prima<br />
virtù re<strong>la</strong>zionale <strong>è</strong> l’umiltà di imparare dall’altro e con l’altro. <strong>Il</strong> prossimo prima di essere qualcuno<br />
da aiutare o a cui fare <strong>la</strong> carità <strong>è</strong> qualcuno che ha qualcosa da darmi, qualcuno di cui ho<br />
bisogno. Quando vediamo gli altri, quando li ascoltiamo, quando li abbracciamo,quando li<br />
conosciamo apriamo il nostro <strong>cuore</strong> al<strong>la</strong> conoscenza di noi stessi e al<strong>la</strong> guarigione. Abbracciare<br />
l’altro lo guarisce e mi guarisce. E’ bellissimo a questo proposito il commento che Giovanni Salonia<br />
fa <strong>del</strong><strong>la</strong> visita di Maria a Elisabetta… “ Maria si mette in viaggio; porta in sé il Bambino …. E’ una<br />
donna piena di Dio e si mette in cammino per <strong>la</strong> montagna. Lei che porta Dio potrebbe stare ferma e<br />
invece parte. Corre verso un’altra donna in attesa e quando le due si incontrano, cosa succede?<br />
Succede che anche il bambino <strong>del</strong><strong>la</strong> donna anziana, di Elisabetta, esulta. Elisabetta era già felice di<br />
avere un figlio nel<strong>la</strong> tarda età, ma quando arriva Maria che le porta il suo bambino, che <strong>è</strong> venuta a<br />
guardar<strong>la</strong> negli occhi e ad incontrar<strong>la</strong> ha esultato di gioia insieme a Giovanni Battista. “<br />
La logica di Dio <strong>è</strong> proprio questa: quanto più ci apriamo all’altro tanto più avremo una pienezza di<br />
gioia e di vita. E’ l’esperienza che testimonia san Francesco con il lebbroso: “quello che mi pareva<br />
amaro mi fu trasformato in dolcezza <strong>del</strong>l’animo e <strong>del</strong> corpo”. Da quell’abbraccio escono guariti<br />
entrambi: Francesco e il lebbroso.<br />
E’ chiaro che quando diciamo che l’incontro <strong>è</strong> potente perché guarisce, perché fa sussultare,<br />
parliamo di un’esperienza che, abbiamo detto in premessa, non <strong>è</strong> facilissima e che necessità di<br />
formazione. Abbiamo dei valori, abbiamo degli orientamenti, ma non abbiamo ricette. Abbiamo<br />
bisogno di fermarci per cercare. Non <strong>è</strong> solo un imparare tecnico, <strong>è</strong> una formazione che comincia<br />
guardandosi dentro e che ha bisogno di silenzio,di studio, discernimento, di confronto, di preghiera.<br />
Tonino So<strong>la</strong>rino, psicoterapeuta<br />
direttore Istituto di Antropologia, <strong>Paideia</strong> di <strong>Ragusa</strong><br />
Bibliografia:<br />
Salonia Giovanni “felicità e dintorni” ed. <strong>Il</strong> pozzo di Giacobbe<br />
Salonia Giovanni “Odòs” ed. Dehoniane, Bologna<br />
Dell’Agli Sebastiano “ Lectio Humana e Lectio Divina” ed. Dehoniane,Bologna<br />
Tonino So<strong>la</strong>rino e Rosaria Perricone “ <strong>la</strong> grammatica <strong>del</strong><strong>la</strong> vita” ed. Elledici,Torino<br />
Tonino So<strong>la</strong>rino e Rosaria Perricone “cosa conta “ ed. Elledici,Torino