Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
onsai & suiseki<br />
magazine<br />
<strong>Bonsai</strong>&Suiseki Magazine Anno I - n. 1<br />
1<br />
<strong>Gennaio</strong> <strong>2009</strong>
<strong>Bonsai</strong> & Suiseki<br />
magazine ©<br />
<strong>Gennaio</strong><br />
1<br />
<strong>2009</strong><br />
DIRETTO DA<br />
Antonio Ricchiari<br />
IDEATO DA<br />
Luca Bragazzi<br />
Antonio Ricchiari<br />
Carlo Scafuri<br />
REDATTORE<br />
Carlo Scafuri<br />
REVISORI<br />
Giuseppe Monteleone<br />
Pietro Strada<br />
GRAFICA ED IMPAGINAZIONE<br />
Carlo Scafuri<br />
FOTO DI COPERTINA<br />
Gino Strada<br />
HANNO COLLABORATO<br />
Antonio Acampora<br />
Nicola Crivelli<br />
Antonio Defina<br />
Gian Luigi Enny<br />
Giovanni Genotti<br />
Luciana Queirolo<br />
Dario Rubertelli<br />
Daniela Schifano<br />
Andrea Zamboni<br />
Tutti gli scritti, le foto, i disegni e quant’altro materiale<br />
pubblicato su questo sito rimane di esclusiva<br />
proprietà dei rispettivi Autori che ne concedono in<br />
via provvisoria l’utilizzo esclusivo al <strong>Napoli</strong> <strong>Bonsai</strong><br />
<strong>Club</strong> ONLUS a titolo gratuito e ne detengono il copyright<br />
© in base alle Leggi internazionali sull’editoria.<br />
E’ vietata la duplicazione e qualsiasi tipo di utilizzo<br />
e la diffusione con qualsiasi mezzo (meccanico o<br />
elettronico). I trasgressori saranno perseguiti e<br />
puniti secondo gli articoli di legge previsti dal Codice<br />
di procedura Penale che ne regolano la materia.<br />
editoriale<br />
Quello che stiamo vivendo è senz’altro un momento intenso per il mondo del<br />
bonsai. Osservando l’evoluzione dei bonsaisti un tempo immersi dall’alba al tramonto<br />
nell’alta erudizione ed oggi, al contrario, diventati poli di sincretismo in cui la frontiera<br />
tra la vera e la falsa cultura è irrimediabilmente confusa assieme ad un misto di<br />
presunzione (presunzione di bruciare i tempi, presunzione di sapere, presunzione<br />
nei confronti del prossimo) sono preso da momenti di incertezza che qualche volta<br />
sfociano nel dubbio più profondo.<br />
Ma, tant’è, l’entusiasmo che questo forum, gli amici, il bonsai stesso riescono a darmi<br />
mi ha convinto ad iniziare questa impresa che trova il suo input nel volere fare<br />
qualcosa assieme che, seppure entro limiti ristretti, gode di un auditorium di gente<br />
attenta e motivata che ha voglia di apprendere e soprattutto di fare. Di fare assieme,<br />
senza protagonismi o antagonismi. Questo è fondamentale.<br />
Incrociamo le dita e diciamoci un in bocca al lupo con la speranza di fare<br />
proseliti, coinvolgendo sempre di più amici nell’affascinante universo del bonsai e del<br />
suiseki. Da parte mia la certezza di un impegno serio e costante nell’interesse unico<br />
appunto del bonsai.<br />
Antonio Ricchiari<br />
Perfettamente in linea con le attuali esigenze della comunità bonsaistica<br />
italiana, questo Magazine vede la sua prima uscita su di un supporto che rispecchia<br />
la modernità dei metodi di reperimento delle informazioni. La sempre crescente<br />
sete di nozioni in tutti i livelli, unita alla facilità con cui è possibile reperirle, pone<br />
questo nuovo periodico tra quelli che soddisfano tali esigenze, rendendolo attuale.<br />
La fonte da cui proviene questa nuova idea, è alimentata da persone che credono in<br />
quello che si sta facendo, convinti che si possa aumentare il livello culturale di tutti<br />
coloro che ne usufruiranno. Personalmente ritengo questo nuovo Magazine come<br />
una grande idea, costruttiva, ed in grado di avvicinare virtualmente molti modi di pensare.<br />
Tra i suoi scopi, esiste senza dubbio, la volontà di non precluderne l’accesso a<br />
nessuno e, sicuramente la capacità di arricchirsi grazie a quello che tutti avranno da<br />
dire tra queste “pagine”. Il bonsai, ormai proiettato nella sua modernità, ha bisogno di<br />
nuove iniziative, capaci di rinnovarlo sia nel modo di interpretarlo che nella didattica,<br />
ed è per questo che credo che il Direttivo del <strong>Napoli</strong> <strong>Bonsai</strong> <strong>Club</strong>, nella persona del<br />
Suo Presidente Antonio Acampora, abbia quella vena lungimirante tipicamente di chi<br />
agisce nella cultura e per la cultura. La giusta intesa tra chi opera e opererà tra le<br />
righe e l’intervento sistematico di chi fa didattica bonsai giornalmente, rendono ancora<br />
più credibile questo progetto. Il mio Augurio per questa importante evoluzione<br />
è che possa espandersi così come il Forum ha fatto dopo la sua nascita.<br />
Luca Bragazzi<br />
Inizia oggi una nuova avventura editoriale interamente dedicata ai bonsai ed<br />
ai suiseki; un magazine libero e gratuito nato dall’intento di contribuire alla diffusione<br />
di queste nobili arti, di tutto ciò che ad esse risulta connesso, e che finalmente metta<br />
al centro di tutto ‘l’appassionato’ e non gli interessi economici che sull’appassionato<br />
vengono puntualmente costruiti.<br />
Questa pubblicazione vuole consentire una trasmissione di conoscenze alimentata<br />
unicamente dalla passione di quanti dedicano il proprio tempo al bonsaismo<br />
ed all’arte del suiseki. E’ in tale ottica, pertanto, che il mensile si propone di costituirsi<br />
in quanto ‘Open Magazine’, si da accogliere il contributo di chiunque voglia condividere<br />
la propria esperienza, ed in molti casi, la propria professionalità con tutti. A rendere<br />
ancor più ricca di contenuti la pubblicazione saranni i contributi dei professionisti tra<br />
i migliori attualmente operanti nel panorama bonsaistico e suisekistico, tra i quali,<br />
solo per citarne alcuni: Antonio Acampora, Luca Bragazzi, Giovanni Genotti, Luciana<br />
Queirolo, Antonio Ricchiari.<br />
Ci auguriamo pertanto che questa impresa editoriale possa riscuotere il<br />
vostro consenso e costituire per voi tutti un riferimento apprezzato.<br />
Carlo Scafuri
Acero Tridente<br />
coll. di Giovanni Genotti<br />
L’essenza del mese<br />
pag. 19 “Acero tridente” - A. Acampora,<br />
A. Ricchiari, P. Strada<br />
Note di coltivazione<br />
pag. 24 “I concimi chimici” - L. Bragazzi<br />
Tecniche bonsai<br />
pag. 25 “Applicazione del filo” - A. Acampora<br />
Vita da club<br />
pag. 30 “<strong>Napoli</strong> <strong>Bonsai</strong> <strong>Club</strong>” - A. Acampora<br />
Che insetto è?<br />
pag. 32 “Patologia vegetale - I parte” -<br />
L. Bragazzi<br />
Sommario<br />
Dal mondo del <strong>Bonsai</strong> & Suiseki<br />
pag. 01 “Giardini giapponesi” - G. L. Enny<br />
pag. 03 “Il messaggero” - D. Schifano<br />
Mostre ed eventi<br />
In libreria<br />
<strong>Bonsai</strong> ‘cult’<br />
La mia esperienza<br />
A lezione di Suiseki<br />
A scuola di estetica<br />
1<br />
pag. 06 “Sakka Ten Autumn Trees” - A. Zamboni<br />
pag. 08 “<strong>Bonsai</strong> - Tecniche e segreti di coltivazione”<br />
- C. Scafuri<br />
pag. 09 “Alcuni punti fermi” - A. Ricchiari, G. Genotti<br />
pag. 11 “La mia favoletta” - A. Defina<br />
pag. 13 “Tra il dire e il fare...” - D. Rubertelli<br />
pag. 15 “Quanto grande” - L. Queirolo<br />
pag. 18 “Note sull’estetica dei bonsai - A. Ricchiari
1<br />
Dal mondo del <strong>Bonsai</strong> & Suiseki<br />
I GIARDINI GIAPPONESI - Gian Luigi Enny<br />
Quando si cerca di raccontare<br />
il giardino giapponese,<br />
diventa impossibile non fare<br />
riferimento continuo ai concetti<br />
filosofici, dovuto alla fede religiosa,<br />
allo stile di vita, a quel modo<br />
di concepire la natura; ecco, tutte<br />
queste cose messe assieme,<br />
nell’estremo oriente è “Zen”.<br />
Questa forma di pensiero si è<br />
formata con gli anni e si è evoluta<br />
sopratutto nel Sol Levante,<br />
grazie a monaci buddisti che<br />
l’hanno resa comprensibile anche<br />
a persone di umile cultura.<br />
Nell’insegnamento, questo era un<br />
modo di avvicinarsi agli dei e alla<br />
natura; essendo i monaci anche<br />
realizzatori dei giardini all’interno<br />
dei monasteri in cui vivevano,<br />
era inevitabile che il pensiero<br />
Zen e la tecnica di giardinaggio si<br />
fondessero. Un po’ come i nostri<br />
frati occidentali che nel medioevo<br />
si occupavano di sperimentare<br />
prodotti orticoli, in “primis”<br />
piante medicinali, naturalmente<br />
tutto questo era circondato da un<br />
alone religioso e filosofico, che<br />
per i monaci, si trasformava in<br />
“Horat et labora”.<br />
Ed è per questo che tutta la storia<br />
antica e moderna del Giappone<br />
è impregnata di filosofia,<br />
si nota nel loro stile di vita, nella<br />
cerimonia del tè, nella scrittura,<br />
nella pittura, e soprattutto nel<br />
giardino, lo si vede nel modo di<br />
potare le piante, nel posizionare<br />
le pietre nel creare giochi di luci e<br />
ombre, creando una certa atmosfera<br />
che dona pace e tranquillità<br />
all’osservatore.<br />
Descrivere solo la tecnica di come<br />
deve essere realizzato il giardino<br />
giapponese, senza introdurre<br />
continuamente concetti filosofici,<br />
è come descrivere tecnicamente<br />
la costruzione di un classico<br />
giardino, cosa già fatta da molti<br />
altri.<br />
E’ risaputo che chi si avvicina<br />
al giardino giapponese è perché<br />
tendenzialmente è aperto all’arte<br />
e ai concetti filosofici, soprattutto<br />
al pensiero Zen.<br />
Personalmente conosco persone<br />
che, a questi concetti non sono<br />
interessate, e che naturalmente<br />
tutta questa filosofia di cui si<br />
parla tanto per loro rimane un<br />
concetto incomprensibile e probabilmente<br />
qualcosa di noioso<br />
Termino citando un antico<br />
proverbio orientale che dice:<br />
“Se vuoi essere felice un giorno,<br />
bevi del vino! Se vuoi essere felice<br />
un anno, sposati! Se vuoi<br />
essere felice tutta la vita, allora<br />
cura il tuo giardino con amore e<br />
con passione”.<br />
Non credete anche voi che in<br />
questa pillola di saggezza si<br />
nascondi un concetto filosofico?<br />
L’atteggiamento verso<br />
la Natura<br />
Tutti sappiamo quanto il popolo<br />
giapponese sia vicino alla natura,<br />
c’è però da dire che più che vicino<br />
alla natura, esso se ne sente<br />
un partecipe e non padrone,<br />
riconoscendo nell’animo umano<br />
una componente “naturale”, che<br />
non è altro che la diretta espansione<br />
dell’ambiente che circonda<br />
l’uomo. Il culto giapponese per la<br />
natura che lo circonda ha radici<br />
antiche, che addirittura affondano<br />
nell’alba della storia nipponica.<br />
Il fenomeno naturale era sentito<br />
come una componente potente e<br />
sublime, meravigliosa e terribile,<br />
ed ancora oggi costituisce la base<br />
della religione tradizionale giapponese,<br />
lo Shintoismo. Tale credo<br />
religioso attribuisce un’anima ad<br />
ogni manifestazione naturale,<br />
sia essa un elemento inorganico<br />
come una roccia, o più semplicemente<br />
per una pianta, oppure<br />
un evento transitorio quale un<br />
acquazzone con tuoni e fulmini<br />
o un’alba con i suoi colori accattivanti.<br />
Questi “spiriti” vengono<br />
definiti Kami, alcune volte non<br />
benevoli, richiedono una particolare<br />
venerazione in virtù della<br />
loro superiorità, senza andare<br />
oltre. Già attorno al IV secolo<br />
vennero costruiti dei santuari<br />
dedicati a diverse divinità, indicando<br />
l’inizio dell’ area consacrata<br />
mediante un Torii, ovvero un<br />
Torii di fronte all’isola di Miyajima<br />
grande portale, solitamente in<br />
legno. Tra il IX ed il XII secolo tali<br />
santuari furono integrati da templi<br />
buddisti, che però non si sostituirono<br />
alla precedente architettura,<br />
bensì, nel più puro stile<br />
nipponico, cercarono di fondersi<br />
rispettosamente tra le opere artistiche<br />
e il paesaggio naturale<br />
preesistente. L’amore per la<br />
natura ne vuole dunque esaltata<br />
la bellezza, ed è forse a tale fine<br />
che si deve la perfezione raggiunta<br />
dall’arte della disposizione<br />
floreale, l’Ikebana, che conosce<br />
il suo momento di splendore nel<br />
periodo Momoyama.<br />
Ikebana<br />
Ancora oggi, nonostante<br />
la progressiva evoluzione e la<br />
scissione in varie scuole, i tre<br />
elementi vegetali fondamentali<br />
dell’Ikebana rappresentano<br />
il Cielo (Shin), l’Uomo (So) e la<br />
Terra (Gyo), combinati in un insieme<br />
armonioso dove i rami e i<br />
fiori, sebbene recisi, non perdono<br />
la loro vitalità.
L’età feudale<br />
L’indebolimento della classe nobiliare della tarda<br />
Epoca Heian è concomitante con la crescente presa<br />
di potere da parte della classe guerriera, che vede<br />
stabilirsi il nuovo centro del potere miltare e politico<br />
a Kamakura, da cui viene il nome dell’epoca<br />
successiva (1192-1338 ). Le famiglie dei Samurai,<br />
sebbene non potessero competere con l’autorità<br />
imperiale, erano tuttavia alla ricerca di una propria<br />
identità. La pulsione spirituale dei Samurai trovò<br />
il giusto sfogo nella scuola filosofico religiosa del<br />
Buddismo Zen, che ben si adattava allo stile semplice,<br />
sobrio e spartano della classe guerriera.<br />
Diversamente dal Buddimo di Amida, lo Zen promette<br />
una soddisfazione in questo mondo, in cambio<br />
però di una rigida applicazione e disciplina mentale,<br />
riponendo fiducia nelle capacità meditative dell’uomo.<br />
Il “Giardino Secco” (Karesansui), sviluppatosi successivamente,<br />
è un tipico esempio di tali condizioni:<br />
composto da rocce, sabbia e pochissimi o nessun<br />
vegetale, è l’espressione più tipica della semplicità,<br />
o addirittura del minimalismo tipico dello Zen.<br />
Le recinzioni, di pietra o vegetali, che celavano i<br />
giardini Zen al loro interno non offrivano pura distrazione<br />
estetica all’osservatore, ma un paesaggio<br />
che richiedeva una mediazione spirituale e un<br />
certo sforzo intellettivo. La tranquillità interiore che<br />
lo Zen prometteva attirò di conseguenza la classe<br />
guerriera, avvezza all’autodisciplina, ma al contempo<br />
esasperata dalla barbarie e dalle sanguinose<br />
lotte che dilaniavano il paese.<br />
Il giardino giapponese moderno<br />
La fine dello Shogunato dei Tokugawa, e del periodo<br />
di isolamento dell’arcipelago nipponico, già in fase<br />
di conclusione all’arrivo del commodoro Perry, avvenuto<br />
nel 1853, avevano causato dei grandi cambiamenti<br />
sociali, sebbene l’impronta tradizionale<br />
del Giappone feudale non fosse stata cancellata. Si<br />
andava però diffondendo un sentimento ammirato<br />
e curioso per la civiltà occidentale, che ebbe evidenti<br />
risvolti anche nell’arte del giardino. Il desiderio<br />
di possedere i nuovi edifici in stile occidentale,<br />
e la conseguente necessità di costruire per<br />
essi dei giardini diversi da quelli tradizionali, spinse<br />
Dal mondo del <strong>Bonsai</strong> & Suiseki<br />
I GIARDINI GIAPPONESI - Gian Luigi Enny<br />
i giapponesi a copiare modelli stranieri,<br />
anche se, nella più pura tradizione<br />
nipponica, il gusto estetico<br />
d’oltremare non venne mai adottato in<br />
modo ne da sostituire integralmente,<br />
ne da prevalere su quello autoctono.<br />
Già nel periodo Tokugawa, nella città<br />
di Nagasaki, si trovavano gli insediamenti<br />
di portoghesi, olandesi e cinesi,<br />
la cui influenza culturale riuscì a filtrare<br />
nella compagine nipponica. Proprio in<br />
quel periodo, un gruppo di pittori la cui<br />
arte era volta all’uso di colori smorzati<br />
e tratto morbido, da loro nacque il movimento<br />
letterario Bunjin, che, come<br />
per la scuola monocromatica di quattro<br />
secoli precedente, preferiva dipingere<br />
i paesaggi del continente, l’influenza di questo stile<br />
venne adottata in seguito dai giardinieri dell’epoca,<br />
che cercarono di imitare questo modo di dipingere,<br />
utilizzando pochi vegetali dai colori sobri e le pietre<br />
dalle linee morbide.<br />
Ciliegio in fiore - Wang Mien XIV sec.<br />
Tra i promotori che nel XX secolo contribuirono<br />
all’elevazione del giardinaggio come arte, il più<br />
fulgido esempio fu Shigemori Mirei (1896-1975),<br />
il quale volse la sua vita al recupero dei livelli artistici<br />
raggiunti dalla cultura nipponica del passato.<br />
La sua formazione ebbe luogo presso l’Accademia<br />
delle Belle Arti di Tokyo, che lo preparò anche alla<br />
cerimonia del the e all’ikebana, affinando così in lui<br />
il gusto per il senso estetico giapponese.<br />
Un moderno giardino in Giappone - foto da internet<br />
2
3<br />
Dal mondo del <strong>Bonsai</strong> & Suiseki<br />
IL MESSAGGERO - Daniela Schifano<br />
Nel colore di un’alba incerta, sospesa<br />
tra la luna ed il sole, immagino<br />
un’aquila, immota,<br />
osservare il suo regno:<br />
forte della sua formidabile<br />
vista, impettita e resa ancora<br />
più regale dal soffio<br />
del vento che le alza le<br />
piume, scruta ogni piccolo<br />
anfratto alla ricerca<br />
di incaute prede, mentre<br />
il cielo la invita a cavalcare<br />
le nuvole. Lontana,<br />
nitida e incontaminata,<br />
la vetta del Fuji sovrasta<br />
la scena : è il mondo<br />
della serenità che il sacro<br />
monte ispira, punto di<br />
riferimento costante, anche<br />
nei momenti di tempesta,<br />
per una umanità<br />
immersa nelle consuetudini<br />
del quotidiano.<br />
Montagna unica,<br />
il Fuji : per altezza,<br />
la più alta<br />
di tutte le terre limitrofe;<br />
per posizione, isolata ed incontrastata nel<br />
paesaggio circostante; per visibilità, la si<br />
intravede fin dai lontani territori della terraferma<br />
continentale; per linea, pura ed<br />
Volo d’aquila<br />
ali toccano il cielo<br />
sotto, il mondo<br />
elegante, un perfetto tronco di cono; per<br />
tipologia, vulcano attivo quindi vivo.<br />
Montagna sacra<br />
per lo shintoismo:<br />
Yama no<br />
Kami, sede degli spiriti,<br />
dei ancestrali della<br />
montagna, poi personalizzati<br />
nella divinità di<br />
Konohana Sakuya, discendente<br />
da Izanagi ed<br />
Izanami, la coppia divina<br />
primordiale generatrice<br />
dell’arcipelago delle<br />
isole.<br />
Montagna sacra per<br />
il taoismo: sulle<br />
sue pendici è sepolto<br />
il monaco Hsu fu (in<br />
giapponese, Jofuku), che,<br />
inviato dall’imperatore<br />
cinese Shi-Houang (Saiko)<br />
nel 221 a.C., diffuse<br />
questa dottrina nel Giappone.<br />
Montagna sacra<br />
per il buddismo:<br />
simbolo religioso,<br />
connesso con la vita e la morte. Nel Nihon<br />
ryoiki (VIII/IX secolo) viene riportato<br />
come l’eremita buddista, En no Shokaku,
durante l’esilio nell’isola di Oshima, accusato<br />
di stregoneria, di notte ascendeva al<br />
sacro monte per meditare.<br />
Il rapace sembra percepire, in un rapporto<br />
autentico con la bellezza, il sacro<br />
della montagna, ma l’aquila stessa è nella<br />
storia e nel tempo simbolo della volontà e<br />
del potere divini. Imponente, maestosa e<br />
fiera, capace di raggiungere altezze vertiginose<br />
in brevissimo tempo, per poi picchiare<br />
con inaudita velocità e padronanza<br />
verso pareti a strapiombo, quasi a voler<br />
dimostrare la sua superba autorità, capace<br />
di muoversi nel cielo senza battere le ali,<br />
di vedere cose minuscole da grandissima<br />
distanza.<br />
oppure in volo, l’aquila affas-<br />
P osata<br />
cina l’uomo, sia nella fantasia, che<br />
nell’inconscio : sguardo profondo magnetico<br />
e potente, portamento fiero ed eretto,<br />
quel becco, e quegli artigli, che solo un superbo<br />
predatore possiede, ali magiche, capaci<br />
di voli strabilianti. Il suo segreto e’ la<br />
forza, la sicurezza di sé, la bellezza, l’arte<br />
“Fra le terre di Kai e quelle di Suruga<br />
lambita dalle onde sta la vetta<br />
del Fuji.<br />
Gli alti cirri osano appena avvicinarsi,<br />
e mai volano fin lassù gli uccelli.<br />
Il ghiaccio raggela irosi incendi e il<br />
fuoco distrugge la caduta neve.<br />
Vano è cercar parole, non v’è un<br />
nome degno di lui.<br />
Che sia un misterioso kami?”<br />
Mushimaro - VII secolo d.C.<br />
Dal mondo del <strong>Bonsai</strong> & Suiseki<br />
IL MESSAGGERO - Daniela Schifano<br />
del volo, l’armonia, la prontezza di riflessi,<br />
il trasformismo magico della predazione.<br />
Dal saettare dall’alto in basso dell’aquila<br />
che scende a ghermire la preda al<br />
saettare repentino del fulmine :<br />
l’antica leggenda vuole che l’aquila sia<br />
l’unico uccello al quale il fulmine non può<br />
nuocere. Quindi la sua pertinenza con le<br />
regioni superiori dell’aria, con il sole e con<br />
il fulmine ne fanno simbolo della volontà<br />
e del potere divini, mentre il volo alto, sicuro,<br />
dritto e veloce la rendono il messaggero<br />
degli dei, da Zeus fino alla iconografia<br />
cristiana che spesso rappresenta gli angeli<br />
con ali d’aquila.<br />
Non a caso quindi questo rapace e’<br />
stato utilizzato nella storia come simbolo<br />
di potere : dall’aquila uccello di<br />
Zeus, suo messaggero o sua metamorfosi<br />
all’aquila imperiale romana, simbolo primario<br />
dell’impero romano (e quindi di quello<br />
bizantino e romano-germanico), il sacro<br />
volatile è simbolo di potenza, di sapienza<br />
(vista acutissima, fino a guardare il sole) e<br />
4
5<br />
Dal mondo del <strong>Bonsai</strong> & Suiseki<br />
IL MESSAGGERO - Daniela Schifano<br />
e di giustizia, che può innalzare<br />
nell’apoteosi o<br />
scendere piombando sul<br />
reo come il rapace sulla sua<br />
preda.<br />
E<br />
ancora, lo sciamano<br />
delle culture centroasiatiche<br />
ed amerinde<br />
è letteralmente figlio<br />
dell’aquila : si adorna delle<br />
sue piume per volare in<br />
cielo, per scendere negli inferi<br />
e per evocare i morti.<br />
Presso gli indiani delle praterie<br />
americane, le penne<br />
d’aquila sono ornamento<br />
del diadema dei capi e un<br />
bastone alla cima del quale<br />
è legata una penna d’aquila<br />
è considerato medicina<br />
“Arco<strong>Bonsai</strong> 2008” Premio IBS - Menzione di merito UBI<br />
foto di C. Scafuri<br />
contro le infermità.<br />
Questo è quello che<br />
l’aquila ha significato<br />
nel tempo e tra diversi<br />
popoli per l’uomo; ma<br />
io ancora voglio immaginarla,<br />
con la sua grande e<br />
inconfondibile sagoma uscire<br />
all’improvviso da orizzonti<br />
di rocce e canaloni,<br />
per poi planare, oppure<br />
volteggiare, con le ampie<br />
ali : io guardo una pietra<br />
e vedo un’aquila, nel gioco<br />
dell’immaginazione che<br />
lascia spazio all’animo ed<br />
alle sensazioni per passare<br />
rapidamente ad una comunicazione<br />
interna che è<br />
libera, quasi come un lieve<br />
vento, che fluisce da una<br />
forma appena accennata<br />
verso una interpretazione<br />
che non è solo mentale.<br />
Al di là delle parole,<br />
delle spiegazioni,<br />
delle motivazioni,<br />
questa è,<br />
per me,<br />
la magia del<br />
suiseki!
A<br />
Sakka Ten<br />
Autumn tree 2008<br />
Mostre ed eventi<br />
SAKKA TEN 2008 - Andrea Zamboni<br />
Bressanone dal 14 al 16 novembre<br />
2008, inserito in una cornice<br />
paesaggistica spettacolare, si è<br />
svolto il III Congresso Internazonale<br />
della Nippon <strong>Bonsai</strong> Sakka<br />
Kyookai Europe, la “Sakka Ten<br />
- Autumn Trees”, promossa dal<br />
<strong>Bonsai</strong> <strong>Club</strong> Brixen. La manifestazione<br />
ha come scopo primario<br />
quello di divulgare e approfondire<br />
la disciplina estetica e filosofica<br />
del <strong>Bonsai</strong> e del suo allestimento<br />
in un Tokonoma. Ospite<br />
d’onore per questa edizione è<br />
stato il famoso Maestro Kunio<br />
Kobayashi. Le piante viste in<br />
mostra si sono rivelate tutte di<br />
alto livello (da sottolineare la<br />
l’elevata presenza di espositori<br />
stranieri), ed in linea con la filosofia<br />
che è caratteri-stica della<br />
NBSKE, e ricalcavano i dettami<br />
delle esposizini e del pensiero<br />
della scuola giapponese. Di assoluto<br />
rilievo anche sei spettacolari<br />
tokonoma allestiti come giusta<br />
cornice per le piante esposte. Prima<br />
di addentrarci nella cronaca<br />
delle tre giornate della mostra,<br />
permettetemi una considerazione<br />
sulle piante scelte. Gli anni di<br />
mochikomi, la loro maturità, ma<br />
allo stesso tempo la naturalezza<br />
e leggerezza risaltavano a decretare<br />
l’indiscussa bellezza di<br />
questi esemplari (la quasi totalità<br />
di questi erano praticamente<br />
privi di filo). Tutto questo ha fatto<br />
si che l’attenzione dei visitatori,<br />
addetti ai lavori e non, fosse attirata<br />
non dalle sole piante ma da<br />
tutto l’insieme.<br />
Avendo avuto la possibilità di collaborare<br />
con l’organizzazione, mi<br />
ha dato la possibilità di constatarlo<br />
personalmente anche grazie<br />
alle domande che mi venivano rivolte.<br />
Oltre alle domande di rito<br />
sulle varie essenze, il pubblico<br />
ha mostrato grande interesse<br />
per tutte le componenti degli allestimenti,<br />
arrivando a chiedere<br />
dettagli relativi al perché delle<br />
scelte delle erbe e dei tempai ed<br />
il loro esatto significato estetico<br />
nell’allestimento. Queste domande<br />
mi venivano fatte anche<br />
da persone che non masticano di<br />
bonsai, e ciò sta indubbiamente a<br />
significare come l’accuratezza,<br />
l’impegno e la serietà nel disporre<br />
l’allestimento da parte dei soci,<br />
ha colpito nel segno. Premettendo<br />
che la Sakka Ten - Autumn<br />
Trees non è stata solo mostra ma<br />
anche un compendio tra relazioni,<br />
seminari e dimostrazioni, tuffiamoci<br />
ora nella cronaca della<br />
manifestazione.<br />
Le dimostrazioni sono state molte<br />
ed interessanti, purtroppo un resoconto<br />
dettagliato richiederebbe<br />
troppe pagine a disposizione,<br />
quindi mi limiterò a qualche accenno<br />
e qualche annotazione.<br />
La prima giornata ha messo in<br />
evidenza, tra gli altri, le demo<br />
di Daniela Biei, Carlos Van der<br />
Vaart, Hartmut Münchenbach,<br />
Aurelio de Capitani, che hanno<br />
lavorato rispettivamente ad un<br />
bellissimo chohin di azalea, un<br />
pino silvestre alla sua prima impostazione,<br />
un pino mugo ed uno<br />
shohin di shinpaku. Da ricordare<br />
in particolare la performance di<br />
H. Münchenbach, la cui lavorazione<br />
ha dato vita ad una gustosa<br />
discussione tra l’autore ed il pubblico,<br />
e l’esemplare di de Capitani<br />
(che presentava un secco a vela<br />
molto bello come risultato di<br />
successivi shari eseguiti negli<br />
anni di preparazione). Da rilevare<br />
che quest’ultimo ha preferito<br />
lavorare la sua pianta senza arrivare<br />
a stressarla eccessivamente;<br />
questo non ha tuttavia<br />
impedito che il risultato fosse<br />
assolutamente inecepibbile (pur<br />
non essendo ancora completo).<br />
Il secondo giorno della Sakka-<br />
Ten ha visto all’opera Lorenzo<br />
Agnoletti, Alfonsina Zenari, Nicola<br />
Crivelli, Diego Rigotti. Questa<br />
giornata ha visto porre l’accento<br />
sugli elementi di accompagnamento.<br />
Grazie al lavoro ed alla<br />
esposizione di A. Zenari, infatti,<br />
si è avuto modo di vedere e capire<br />
come si assemblano Shitakusa<br />
e Kusamono. Intanto i vari<br />
istruttori presenti deliziavano gli<br />
spettatori con le loro lavorazioni.<br />
Agnoletti apriva le dimostrazioni<br />
intervenendo su un silvestre<br />
cui dava un’impostazione<br />
leggera e molto accattivante.<br />
6
7 Mostre<br />
ed eventi<br />
SAKKA TEN 2008 - Andrea Zamboni<br />
La successiva dimostrazione ha avuto luogo nel pomeriggio quando<br />
Nicola Crivelli ha impostato un bellissimo Yamadori di pino silvestre.<br />
La pianta si presentava a svariate interpretazioni dal momento che<br />
il suo bellissimo tronco, molto sinuoso, offriva molteplici possibilità.<br />
Nicola, dopo un’attenta analisi ha optato per un’impostazione Han<br />
Kengai piuttosto che Moyogi. Quest’ultima è stata scartata perché<br />
avrebbe richiesto una vegetazione compatta che avrebbe parzialmente<br />
nascosto il vetusto tronco, punto focale della pianta. Contemporaneamente,<br />
al suo fianco Diego Rigotti ha discusso, lavorato<br />
e spiegato molto attentamente e in maniera molto comprensibile e<br />
coinvolgente l’impostazione di un p. silvestre. Su questo materiale<br />
Rigotti già l’anno precedente aveva eseguito una grossa piega, tra<br />
l’altro molto complicata per via del diametro del tronco stesso; la<br />
scelta è stata fatta per ovviare ad un “difetto” di questo Yamadori.<br />
Tutte le attività sono state inframezzate dalla graditissima presenza<br />
del M° Kunio Kobayashi, il quale nella giornata di venerdì ha tenuto<br />
un interessante Workshop, ma sabato e domenica ha dato quelle<br />
dimostrazioni pratiche che tutti aspettavano impostando alcune<br />
piante dei soci. In questa attività è stato coadiuvato da alcuni di loro:<br />
i fortunati sono stati nell’ordine Nicola Crivelli, Edoardo Rossi e Giorgio<br />
Raniero nella giornata di sabato, Carlos Van der Vaart, Aurelio De<br />
Capitani e Mario Sandri in quella di domenica. Per quanto riguarda<br />
le conferenze e le relazioni, citiamo subito la conferenza di sabato<br />
del Prof. Aldo Tollini “L’influenza del Buddismo sull’arte e sull’estetica<br />
giapponese”; il Prof. Tollini è un luminare della cultura giapponese<br />
oltre ad essere un bravissimo relatore, appassionando e rendendo<br />
oltremodo partecipe il numeroso pubblico accorso alla conferenza.<br />
Domenica si è svolta una conferenza di Edoardo Rossi e Auer Othmar<br />
sul “Bunjin”; è stata una bellissima ed emozionante relazione nella<br />
quale il primo ha cercato di far comprendere ai presenti l’importanza<br />
del “Nulla”, della “Semplicità”, del “Wabi Sabi”, del come un semplice<br />
sentiero di sassi disposti senza nessun ordine apparente invece sia<br />
carico di valori fondamentali come ad esempio la “preparazione dello<br />
spirito” prima di recarsi alla cerimonia del tè. A. Othmar nel frattempo<br />
ha impostato un pino nello stile literati, bonsai che esprimeva<br />
esattamente le caratteristiche di questo stile e cioè semplicità, povertà,<br />
vecchiaia ma soprattutto Wabi Sabi. Il giorno successivo nel<br />
giardino di A. Othmar nei pressi di Bressanone (giardino che meriterebbe<br />
una giornata solo per essere ammirato per le bellezze che<br />
contiene), il M° Kobayashi ha dato una lezione sull’allestimento in<br />
Tokonoma. Per tutta la giornata, volata veloce come il vento, si sono<br />
susseguiti vari tipi di esposizioni che il Maestro componeva, spiegando<br />
non solo con le parole ma anche con la gestualità, per esempio<br />
per evidenziare il “flusso” che l’occhio dell’osservatore è indotto a<br />
seguire nel guardare l’allestimento. Questo evento internazionale ha<br />
avuto un successo incredibile per la moltitudine di visitatori nonché<br />
per i contenuti, il Maestro ha detto di essere piacevolmente sorpreso<br />
sull’alto livello di conoscenza e di preparazione dei soci della NBSKE<br />
e dei loro materiali, e che sarà felice se verrà invitato nuovamente<br />
alle loro manifestazioni.<br />
Questa edizione della Sakka Ten Autumn Trees è terminata, e per la<br />
prossima edizione nel 2010 ancora non si conosce l’ubicazione (forse<br />
in Spagna o in Olanda).<br />
Il mio cuore è gonfio di emozioni, pensieri e riconoscenza alla Nippon<br />
<strong>Bonsai</strong> Sakka Kyookai Europe e a tutti i suoi membri, per il<br />
lavoro che stanno portando avanti permettendoci di godere di queste<br />
manifestazioni di così alto livello.<br />
Un ringraziamento particolare a Nicola Crivelli per aver gentilmente concesso le foto della manifestazione. Per poterle visionare tutte potete<br />
collegarvi al sito: http://web.mac.com/kitora/Espo/SAKKA_TEN_2008.html
In libreria<br />
BONSAI - Carlo Scafuri<br />
Antonio Ricchiari è giunto al sedicesimo libro<br />
pubblicato. Credo che non vi sia bonsaista,<br />
e non soltanto in Italia, che si sia dedicato<br />
negli anni così assiduamente alla didattica ed<br />
alla diffusione di quest’arte. Penso che per certi<br />
versi ognuno di noi debba un piccolo grazie a<br />
questo autore perché credo sia unica l’assiduità,<br />
la costanza e la pertinenza con le quali nell’arco<br />
di oltre venticinque anni di attività editoriale si<br />
è dedicato alla “carta stampata” nel settore del<br />
bonsai.<br />
Questa ennesima pubblicazione che l’autore<br />
dedica con molta sensibilità e genorisita al compianto<br />
Costantino Franchi si inquadra nella tipologia<br />
del “manuale” che risulta di facile consultazione,<br />
ed è quello che gli anglofoni chiamano<br />
“work in progress” poiché lo scopo di Antonio<br />
Ricchiari è quello di produrre testi estremamente<br />
pratici e con finalità unicamente didattica, servendo<br />
sempre su un piatto d’argento il bonsai<br />
con un approccio molto facile, senza misteri,<br />
senza auree, insomma cercando<br />
di semplificare al massimi quei concetti e quegli argomenti<br />
che solitamente vengono proposti in modo difficile e prezioso.<br />
Sostenitore di un ‘bonsai classico’, ‘tradizionale’, va sottolineato<br />
perché molto importante, Ricchiari arricchisce questo<br />
suo ennesimo lavoro con delle monografie (termine a dir poco<br />
riduttivo) molto ricche ed interessanti dedicandosi alle essenze<br />
di casa nostra, qualcuna certamente trascurata, come se nel<br />
bonsai anche la Natura sia un fatto di mode. Da bonsaista è stata<br />
una gran bella sorpresa poter leggere ed approfondire quelle<br />
informazioni su tutte quelle specie che rendono unico e prezioso<br />
il nostro panorama nazionale quali ad esempio l’olivo, il cotoneaster,<br />
il faggio, il carrubbo, il bagolaro.<br />
A chiusura di questo importante lavoro, una veloce quanto<br />
esauriente descrizione di tutte le specie botaniche adatta alla<br />
coltivazione bonsai, l’immancabile glossario ed un’ultimissima<br />
parte che da dei riferimenti su quel che ruota attorno al pianeta<br />
bonsai, ovvero club, scuole, riviste, ecc.ecc.<br />
Antonio Ricchiari continua a cogliere nel segno con lavori<br />
che sono nel tempo in continua evoluzione poiché il neofita e il<br />
bonsaista più smaliziato potranno cogliervi sempre nuove nozioni,<br />
nuovi elementi di estetica e quant’altro li possa davvero<br />
interessare.<br />
Titolo: <strong>Bonsai</strong> - Tecniche e segreti di coltivazione<br />
Autore: Antonio Ricchiari<br />
Editore: Calderini - Il Sole 24 Business Media s.r.l<br />
Prezzo: € 26,50<br />
ISBN: 8850652984<br />
8
9<br />
<strong>Bonsai</strong> ‘cult’<br />
ALCUNI PUNTI FERMI - G. Genotti, A. Ricchiari<br />
A<br />
Saint Vincent ho avuto modo di<br />
trascorrere parecchio tempo<br />
con Giovanni Genotti, uno dei<br />
“padri” del bonsaismo italiano. Siamo a pranzo<br />
assieme e gli chiedo alcuni pareri che trascrivo<br />
integralmente perché possano rimanere<br />
come principi di uno dei Padri del bonsaismo<br />
italiano.<br />
“Negli ultimi tempi – è Giovanni che parla –<br />
ho visto esposti molti bonsai e quasi esclusivamente<br />
conifere. Nessuna di tali piante era<br />
stata educata da tempo ma di recente gli era<br />
stata imposta una forma. Erano piante adulte<br />
cresciute in natura con difficoltà e ferrate con<br />
fili di rame per imporre un’estetica. Penso che<br />
ogni essere vivente accumulando esperienze<br />
nella sua vita arriva alla maturità esprimendo<br />
in modo personale unico e anche armonioso<br />
se stesso. La pianta, eliminando di volta in<br />
volta il superfluo giunge alla maturità, come<br />
si richiede nel bonsai, ed acquista l’equilibrio<br />
della vita che se giustamente indirizzato si<br />
associa ad un equilibrio estetico. Il bonsaista<br />
quindi, educando con tecniche particolari di<br />
posizionatura e potatura dovrebbe arrivare a<br />
tale equilibrio prima del processo naturale e<br />
mantenere dell’albero la sua personalità. Nessun<br />
albero dovrebbe essere esposto con fili di<br />
sostegno ma dopo l’impostazione col filo e la<br />
stabilizzazione dei rami i tutori devono essere<br />
tolti perché la pianta deve esprimersi, essere<br />
libera di crescere e vivere ed il bonsaista dopo<br />
la rimozione dei tutori l’aiuta procedendo esclusivamente<br />
per potature. I bonsai esposti<br />
in mostra come recentemente ho visto sono<br />
quasi tutti provenienti da yamadori ed indirizzando<br />
i pochi rami appaiono esteticamente<br />
perfetti ma freddi, senz’anima, incapaci di suscitare<br />
sensazioni o anche soltanto richiamare<br />
le sofferenze patite e superate denunciati<br />
dai tronchi parzialmente rimarginati. Dopo<br />
avere visto pochi esemplari ci si rende conto<br />
che l’interesse che nasce dall’amore per la<br />
natura non esiste e non si riesce a captare<br />
nessun sentimento di astrazione vitale ma appare<br />
un’estetica fine a se stessa in un essere<br />
vivente che viene evidentemente violentato,<br />
non educato poiché si impone spesso una forma<br />
non rispondente alla natura dell’albero.<br />
Appare anche evidente come la forma ad ombrello<br />
delle chiome artificialmente costruite<br />
senza tenere conto della struttura portante e<br />
con essa spesso stride. La parte basale sofferente,<br />
contorta con shari e sabamiki molto<br />
interessante contrasta con la chioma giovane<br />
ed equilibratissima. Si nota inoltre come<br />
i bonsaisti moderni non abbiano esperienze<br />
sui vari tipi di piante e trattano solamente conifere<br />
meno soggette a traumi per torsioni,<br />
posizioni e ferrature. Le caducifoglie vengono<br />
quasi disprezzate anche perché penso non<br />
conoscano le loro reazioni e non sanno potarle.<br />
La potatura è la tecnica indispensabile per<br />
trattare latifoglie.<br />
Una considerazione ancora. Ogni buon bonsaista<br />
specie se forma una cosiddetta scuola<br />
deve, a mio avviso, imparare a formare bonsai<br />
nei precisi stili per poi superarli. E’ come<br />
imparare a scrivere. Prima si tracciano le<br />
sillabe perfette in corsivo o stampatello poi,<br />
acquisite le loro forme, ognuno le scrive in<br />
modo personale tanto da evidenziare addirittura<br />
il proprio carattere. Specialmente per<br />
le piante raccolte in natura è indispensabile<br />
conoscere la reattività dell’albero, la forza e<br />
la consistenza dei diversi vasi linfatici che si<br />
innalzano dal tronco e giungono ai rami per<br />
potere riequilibrarli e far sì che le fronde siano<br />
concordi con il tronco che le sorregge. La tendenza<br />
attuale è ottenere subito un risultato<br />
tagliando all’albero la forza vitale e la capacità<br />
di suscitare in chi lo osserva un qualsiasi<br />
rapporto di comunicabilità. E’ una moda che<br />
esprime dominio e allontana dalla partecipazione<br />
alla vita. Il bonsai moderno è freddo,<br />
non è educato ma costruito per imposizione<br />
ed il risultato è una perdita di quel valore che<br />
dà modo alla pianta di comunicare. A mio<br />
avviso tale modo va verso una snaturalizzazione<br />
del bonsai. Forse un giorno si creeranno<br />
bonsai mettendo la chioma nella terra e<br />
le radici all’aria e chiameremo questo bonsai
artistico.<br />
Il bonsai è raggiungere nella pianta<br />
l’astrazione della forma rispondente alla<br />
natura dell’albero con l’eliminazione del<br />
superfluo. E’ quindi un continuo evolversi<br />
dell’albero in climi e condizioni diverse che si<br />
susseguono e che sull’aspetto restano segni.<br />
Il bonsai moderno è sottoposto a regole e rapporti<br />
applicabili a cose inanimate. La fredda<br />
staticità che ne deriva è priva di personalità<br />
e incapace di comunicare neppure i momenti<br />
della sua vita perché cancellati nella falsità. Il<br />
bonsai moderno non ha modo di crescere e<br />
l’impersonalità è legata all’impersonalità del moderno<br />
bonsaista. Il bonsai moderno oggi ha perso<br />
quel colloquio che il bonsaista ha con la natura,<br />
colloquio che lo rende partecipe al mondo della<br />
Il bonsai moderno va verso una immobile staticità<br />
inanimata.”<br />
Il discorso con Giovanni approda<br />
adesso verso un altro argomento che sta, o<br />
dovrebbe stare a cuori a tutti perché riflette<br />
direttamente l’immagine del bonsaismo italiano:<br />
l’associazionismo. Genotti così continua:<br />
“L’italiano a mio avviso è molto individualista e<br />
quindi le associazioni hanno una vita difficile,<br />
Non c’è umiltà, tutti hanno la coda di paglia e si<br />
instaurano rapporti non sinceri specialmente<br />
con chi dovrebbero confrontarsi. Tutti voglio<br />
per il orgoglio il potere, si considerano migliori,<br />
più bravi degli altri e detentori della verità.<br />
Le associazioni specialmente quelle italiane<br />
hanno perciò difficoltà a resistere. Solamente<br />
se esiste un direttivo fermo, privo di interessi<br />
personali con finalità positive non dettate da<br />
ripicche si può avere un’associazione stabile.<br />
Ho visto sorgere, unirsi, disfarsi, morire e<br />
nuovamente sorgere associazioni che se pur<br />
valide nei principi teorici, prevalendo interessi<br />
personali sono cadute senza lasciare un risultato<br />
positivo ai fini della diffusione amatoriale<br />
del vero bonsai. Non si deve vendere fumo per<br />
arrosto come è accaduto e accade soprattutto<br />
per alcuni giovani che avendo possibilità<br />
di tempo e danaro non rispettano il verso<br />
bonsaista che cura con amore anche le più<br />
umili piante e disprezzano quelle che secondo<br />
<strong>Bonsai</strong> ‘cult’<br />
ALCUNI PUNTI FERMI - G. Genotti, A. Ricchiari<br />
il loro modo di vedere non diventeranno mai<br />
capolavori.”<br />
Ho avuto il privilegio e l’onore di raccogliere<br />
queste dichiarazioni dal maestro Genotti.<br />
Credo che Giovanni sia anche “maestro” di<br />
vita… di anni col bonsai ne ha passati tantissimi<br />
e tanti ne passerà ancora, giorno dopo<br />
giorno, appresso alle sue piante. Oltre che<br />
apprezzare, condivido appieno il suo pensiero<br />
e la sua maniera di “fare” bonsai. Dovrebbe<br />
essere uguale per tutti. Senza esagerati interessi,<br />
smodati protagonismi, false passerelle,<br />
improbabili personaggi. Ci guadagneremmo<br />
tutti e ci guadagnerebbe soprattutto il bonsaismo<br />
italiano.<br />
10
11<br />
La mia esperienza<br />
LA MIA FAVOLETTA - Antonio Defina<br />
C ’era una volta.... una vecchia farnia da rinvasare<br />
Molte volte, nel mio acerbo percorso<br />
bonsaistico mi sono imbattuto, per necessità<br />
o per piacere personale, nel tanto famigerato<br />
rinvaso. Inizialmente l’ho sempre considerata<br />
un’operazione alquanto ostica e complessa, e<br />
le certezze venivano meno mano a mano che<br />
mi documentavo leggendo le riviste cosiddette<br />
“specializzate”. Ora che sono maturato capisco<br />
che tali suggerimenti,complicati e a volte, almeno<br />
dal mio punto di vista, spesso non trovano<br />
riscontro nella realtà, le piante sono esseri<br />
viventi relativamente semplici, e generalmente<br />
con un buon grado di adattabilità.<br />
Come testimonianza pratica vi voglio<br />
rendere partecipi di questo rinvaso molto “naturale”<br />
e pratico, seguito e vissuto assieme al<br />
mio maestro – Giovanni Genotti*.<br />
Protagonista è una vecchia farnia (quercus<br />
ruber) raccolta in natura nel lontano 2000 e<br />
tenuta in campo sino al 2004 per poi essere<br />
rinvasata in un vaso da coltivazione. Visto il<br />
livello di maturità raggiunto dell’albero e la stagione<br />
favorevole (autunno), Giovanni ha ritenuto<br />
opportuno procedere<br />
al rinvaso in vaso bonsai.<br />
Lo sforzo fisico per<br />
l’estrazione è stato ampiamente<br />
ripagato dal profumo<br />
che il pane radicale<br />
emanava, all’improvviso<br />
mi sono ritrovato nel<br />
bel mezzo di un bosco.....<br />
che emozione!!!<br />
Ma.... torniamo alla<br />
realtà. A differenza<br />
dell’opinione diffusa che<br />
il pane radicale debba<br />
essere lavato e quindi<br />
messo a “nudo”, Genotti<br />
sostiene che una pianta<br />
può vivere nella stessa<br />
terra e nello stesso vaso<br />
(naturalmente apportando<br />
le corrette concimazioni)<br />
anche per diversi<br />
anni. In questo caso, per<br />
una latifoglia, 8/10 anni,<br />
ritenendo quindi inutile<br />
l’operazione di lavaggio e asportazione del<br />
vecchio substrato. Sostiene anche, avvalorato<br />
dai fatti e dall’esperienza, che non si creino<br />
situazioni di alterazione/squilibrio<br />
* http://www.napolibonsaiclub.it/forum/topic.asp?TOPIC_ID=538<br />
tra il vecchio terreno ed il nuovo che si inserirà<br />
in fase di rinvaso. Quindi si è solo ridimensionato<br />
il volume del vecchio pane radicale per poterlo<br />
adattare alle dimensioni del nuovo vaso.<br />
Vista la scarsa profondità del vaso, come<br />
strato drenante si sono semplicemente messi<br />
sopra alla retina dei cocci, lo strato classico<br />
drenante costituito da pomice avrebbe<br />
tolto troppo spazio al terriccio nuovo.<br />
opportuno usare prodotti<br />
a base di ferro<br />
chelato)<br />
• particolare vaso/drenaggio<br />
Una o due manciate di<br />
polvere di ferro in un volume<br />
di circa 50 litri per<br />
ovviare a problemi di clorosi<br />
ferrica nel corso del<br />
tempo.<br />
(Nb gli ossidi prodotti<br />
dalla limatura vengono<br />
assimilati dalla pianta in<br />
un lungo arco di tempo,<br />
per azioni più incisive è<br />
• particolare vaso/limatura di ferro<br />
.
La pianta è messa a dimora<br />
nel nuovo vaso bonsai<br />
con una miscela cosi’ formata<br />
(per il tipo d’essenza):<br />
30% terriccio universale<br />
20% terra comune di campo<br />
10% pomice<br />
10% lapillo<br />
10% sabbia<br />
10% akadama<br />
10% kanuma<br />
La pianta non è stata legata<br />
al vaso vista la mole e il peso.<br />
Ultimato il riempimento con il<br />
nuovo terriccio si è provveduto<br />
a tagliare le radici superficiali<br />
antiestetiche e poco utili.<br />
Finito il rinvaso si è<br />
provveduto a sistemare<br />
sulla superficie del terreno<br />
un po’ di sabbia nella<br />
quale è stato sbriciolato del<br />
muschio vellutato raccolto<br />
con sporangi evidenti.<br />
La mia esperienza<br />
LA MIA FAVOLETTA - Antonio Defina 12<br />
• farnia a rinvaso eseguito<br />
• particolare del muschio sbriciolato<br />
• particolare dello shari naturale<br />
...ed eccoci giunti alla fine della favola.....<br />
...e come tutte le belle favole....<br />
....vivranno tutti felici e contenti per molti e molti anni<br />
ancora!<br />
Ringrazio lo staff del NBC forum per<br />
l’opportunità datami<br />
Ringrazio ancora per tutto il mio<br />
Maestro Giovanni Genotti
La mia esperienza<br />
13 TRA IL DIRE E IL FARE... - Dario Rubertelli<br />
...c’è di mezzo il mare.<br />
Non c’è detto più esplicativo e<br />
calzante per descrivere quella<br />
che è stata la mia più recente<br />
esperienza nel mio bonsai-do.<br />
A maggio di quest’anno (2008<br />
ndr) ho acquistai presso il<br />
vivaio Iodice di cui è ospite il<br />
<strong>Napoli</strong> <strong>Bonsai</strong> <strong>Club</strong> (di cui sono<br />
socio) un Juniperus Chinensis<br />
di quella varietà tipica delle<br />
piante da vivaio, con la squama<br />
robusta, e che crea palchi<br />
molto fitti (foto 1). La pianta<br />
mi colpì soprattutto per il bellissimo<br />
piede, con un nebari<br />
sviluppato e con una curva e<br />
controcurva che si susseguivano<br />
nei primi 15 cm di tronco.<br />
Lo stato di salute generale<br />
e la vigoria tipica di questa<br />
varietà fecero il resto e la<br />
pianta divenne mia. Anche i<br />
rami non mancavano, alcuni<br />
abbastanza sviluppati, altri<br />
meno. In generale una pianta<br />
che si prestava a diverse interpretazioni.<br />
Naturalmente<br />
anche questa pianta aveva dei<br />
difetti… dal secondo terzo di<br />
pianta a salire il tronco era molto<br />
dritto, svilendo l’interesse e<br />
il ritmo dettati dal primo tratto<br />
. Dopo la pulizia del piede,<br />
della corteccia e della vegetazione<br />
mi resi conto che il terzo<br />
più alto della pianta non aveva<br />
motivo di esistere, e che,<br />
nella migliore delle ipotesi,<br />
sarebbe diventato un Ten-Jin.<br />
Andava eliminato. Rimossa<br />
la vegetazione e scortecciato<br />
il “palo” la pianta prendeva<br />
molta più luce ed il passaggio<br />
di aria era garantito. Anche<br />
quella poca vegetazione meno<br />
tonica avrebbe tratto giovamento.<br />
La dominanza apicale<br />
era impressionante e nei primi<br />
mesi la contrastai con potature<br />
(sostituzione dell’apice)<br />
atte a riequilibrare il vigore.<br />
Era giunto il momento di decidere<br />
che impostazione darle.<br />
Scelsi di avvalermi dell’aiuto<br />
di persone più esperte di me<br />
nel decidere lo stile più adatto.<br />
Postate le foto della pianta sul<br />
forum del club dopo poco arrivarono<br />
le prime indicazioni.<br />
Più di tutti si prodigò Nicola<br />
Crivelli (che ancora ringrazio<br />
per l’aiuto) che pubblicò ben<br />
quattro interpretazioni della<br />
pianta attraverso i suoi famosissimi<br />
“virtual” (foto 2). Ero<br />
entusiasta. Tutti i virtual rappresentavano<br />
piante molto<br />
belle: eleganti e sinuose, potenti<br />
e contorte o addirittura<br />
ridottissime per farne uno<br />
shoin molto suggestivo. Entrambi<br />
i fronti possibili erano<br />
stati analizzati ed utilizzati nei<br />
disegni. Era tutto perfetto,<br />
dovevo solo decidere quale<br />
virtual utilizzare e partire col<br />
lavoro. Escluso lo shohin che<br />
consideravo uno “spreco” per<br />
la bellezza della pianta optai<br />
per la soluzione più compatta<br />
che prevedeva l’utilizzo di un<br />
ramo laterale situato alla fine<br />
del secondo terzo di pianta<br />
per creare il nuovo apice. Tutto<br />
quello che c’era sopra era<br />
da eliminare e l’enorme palo<br />
scortecciato andava ridotto<br />
tantissimo per creare un piccolo<br />
ten-jin. Cominciai dal<br />
basso, creai dei jin e cominciai<br />
la filatura. Ed ecco i primi<br />
problemi. Nonostante avessi<br />
movimentato parecchio i rami<br />
filati non riuscivo a riavvicinare<br />
la vegetazione alla pianta<br />
in maniera soddisfacente.<br />
Era sempre troppo lontana.<br />
Mi resi conto che le foto<br />
che avevo postato della pianta<br />
non riproducevano sufficientemente<br />
le profondità<br />
dei vari rami. Inoltre mi mancava<br />
un ramo che ritenevo<br />
indispensabile. Non volevo<br />
pensare a soluzioni alternative,<br />
quella scelta mi piaceva,<br />
era così che volevo divenisse<br />
la mia pianta. Mi misi a lavoro<br />
sul nuovo apice ma anche<br />
li c’erano delle difficoltà.<br />
foto 1<br />
foto 2<br />
foto 3
foto 4<br />
foto 5<br />
foto 6<br />
La mia esperienza<br />
TRA IL DIRE E IL FARE... - Dario Rubertelli<br />
Il ramo era troppo corto per piegarlo<br />
e ripiegarlo su se stesso<br />
conferendogli sinuosità, eleganza<br />
e facendo capitare i rametti<br />
all’esterno delle curve dove erano<br />
più che mai necessari. Il risultato<br />
fu avvilente. Il mio tronco aveva<br />
si carattere ma conservava<br />
una sinuosità che stonava con le<br />
curve poco armoniose che avevo<br />
prodotto per il mio nuovo apice.<br />
Avvilimento.<br />
Tra il dire e il fare c’è di mezzo<br />
il mare.<br />
A quel punto l’avevo capito. Mi<br />
ero reso conto che riprodurre<br />
una pianta disegnata è difficilissimo<br />
e che creare virtual senza<br />
avere la pianta tra le mani lo è<br />
ancor di più.<br />
La svolta c’è stata pochi giorni<br />
fa, quando, approfittando della<br />
consulenza sullo stato di salute<br />
di un’altra pianta presso Luca<br />
Bragazzi, decisi di portare anche<br />
il ginepro in lavorazione. Sottoposta<br />
alla sua analisi mi spiegò<br />
che la soluzione scelta avrebbe<br />
richiesto diversi anni di coltivazione<br />
per ottenere dei risultati<br />
almeno discreti. La vegetazione<br />
era troppo lontana, i rami troppo<br />
sottili, l’apice era un disastro. E<br />
qui la fortuna mi era venuta in<br />
soccorso. Da eterno indeciso non<br />
avevo ancora rimosso un ramo<br />
più in alto del nuovo apice mantenendolo<br />
come soluzione alternativa<br />
(foto 3). Dopo pochi minuti<br />
Luca aveva disegnato la Sua interpretazione<br />
della pianta. Andava<br />
fatta, come spesso succede,<br />
con un solo ramo ed era molto<br />
più somigliante ad uno dei virtual<br />
di Kitora che avevo precedentemente<br />
scartato. Ero frastornato.<br />
Da un lato mesi di elucubrazioni<br />
mentali su come raggiungere<br />
quel risultato “virtuale” al<br />
quale mi ero oramai affezionato,<br />
dall’altro un bellissimo disegno su<br />
carta che mostrava come quella<br />
pianta poteva essere impostata<br />
definitivamente con un paio d’ore<br />
di lavoro. Un Bunjin, elegante,<br />
sinuoso ma non etereo, tutt’altro<br />
che sofferente, sprezzante di fisicità,<br />
quasi arrogante. Una pianta<br />
che aveva lottato perdendo<br />
dei rami negli anni testimoniati<br />
testimoniati dai jin e dagli shari<br />
ancora solo immaginati, ma che<br />
era divenuta ancora più bella e<br />
forte. Mentre valutavo questi aspetti<br />
mi resi conto che la scelta<br />
era fatta. Dopo due minuti eravamo<br />
a lavoro. Ripuliamo da radici<br />
secche e muschio la superficie<br />
del substrato. Effettuiamo buchi<br />
dalla superficie fino al fondo per<br />
garantire maggiore areazione<br />
dell’apparato radicale. Si comincia<br />
a potare. Rimane solo il ramo<br />
alto che avevo “conservato” nella<br />
precedente lavorazione (foto 4).<br />
E’ pomeriggio, Luca ha ormai<br />
completato la sistemazione dei<br />
palchi. C’è ritmo, i punti di interesse<br />
sono valorizzati, il lavoro di<br />
contrasto dei difetti è a buonissimo<br />
punto, verrà completato nei<br />
mesi a venire (foto 5).<br />
Mentre fotografo il risultato percepisco<br />
la soddisfazione sul suo<br />
volto. Resta da movimentare<br />
maggiormente il ramo che non<br />
si è voluto sottoporre ad ulteriori<br />
stress. Adesso riposo fino alla<br />
primavera, poi concimazioni con<br />
organico azotato ed altri accorgimenti<br />
per ottimizzare la spinta<br />
e valutazione di un eventuale<br />
rinvaso. A metà maggio si comincerà<br />
a creare gradualmente<br />
gli shari e la legna secca che,<br />
come sempre avviene nelle conifere,<br />
soprattutto nei ginepri,<br />
conferiscono quel senso di vissuto,<br />
di vetusto che rincorriamo<br />
per le nostre creature (foto 6).<br />
Adesso la guardo, inclinata<br />
a sinistra nella posizione<br />
che assumerà dopo il rinvaso...<br />
ha riacquistato quella dignità e<br />
quell’eleganza insita nel dna di<br />
molte piante, soprattutto delle<br />
conifere. A me piace pensare che<br />
anche lei se ne renda conto e che<br />
pensi tra se e se… grazie!<br />
14
A lezione di suiseki<br />
15 QUANTO GRANDE - Luciana Queirolo<br />
Vorrei fare una premessa, prima di iniziare questo viaggio attorno e dentro<br />
al mondo delle pietre: vorrei che recepiste i miei scritti come frutto di notizie<br />
e concetti acquisiti da persone esperte più di me, filtrati e miscelati con: convincimenti,<br />
esperienze e sensazioni personali. Non amo mettere ogni pensiero<br />
al condizionale. Io racconto la mia verità. Voi fatela vostra se vi aggrada.<br />
Non voletemene quando non vi troverete in sintonia. Vi racconterò come io<br />
vivo ed interpreto il suiseki e quanto l’arte della pietra faccia parte di me.<br />
Luciana Queirolo<br />
Un argomento tira l’altro, come per connessione di feeling, come le<br />
cose che piacciono…come le ciliegie, appunto.<br />
Andrea Z, dall’Alto Adige, con il suo post: “O.T. Stelle e Montagne<br />
dall’Alto” ci ha rimandato ad una splendida raccolta di panoramiche<br />
delle Dolomiti: ”il bello però è che le immagini sono state fatte<br />
TUTTE DI NOTTE e l’effetto, a mio vedere, è spettacolare”.<br />
Magiche montagne in magiche notti…. già il titolo del post mi aveva<br />
ricordato il nome poetico di una<br />
mia pietra ”Dove puoi contare<br />
le stelle”: una pietra paesaggio<br />
di ampie vallate e picchi imponenti,<br />
dove immagini notti<br />
non inquinate da luci artificiali;<br />
un nome che, a dire il vero, va<br />
oltre le foto di quel sito, dove<br />
gli insediamenti umani ardono<br />
come fuochi, in antagonismo<br />
foto 1<br />
con gli astri (foto 1). Una pietra<br />
che non può essere certamente<br />
definita piccola o media: di un<br />
peso che solo la caparbietà mi induce<br />
a spostare (foto2). Un ottimo<br />
pretesto per riprendere un altro<br />
post, ingiustamente trascurato,<br />
di Sergio Bassi: Pietre grandi, del<br />
12 settembre. “Io sono pieno<br />
di dubbi e curiosità da scio-<br />
foto 2<br />
gliere, farei domande in continuazione sul suiseki: é vero che<br />
la grandezza (o pesantezza) di un suiseki deve essere al massimo<br />
quella che può portare un uomo ‘normale’?” Sergio esortava<br />
giustamente tutti a tener vivo il dialogo: a questo serve un forum.<br />
foto 3 e 4<br />
ritrovamento e oggettiva difficoltà<br />
nel reperire un legno sì ampio<br />
I suiseki, a seconda della dimensione,<br />
vengono divisi in quattro<br />
gruppi:<br />
Mame suiseki: è una pietra<br />
che misura fino a 15 cm circa di<br />
lunghezza;<br />
Kogata suiseki: viene considerato<br />
ancora abbastanza piccolo<br />
ed ha una lunghezza che va dai<br />
15 ai 30 cm;<br />
Hyojun suiseki: è una pietra<br />
ritenuta di misura media e va dai<br />
30 ai 60 cm;<br />
Ogata suiseki: vanno oltre tali<br />
misure.<br />
Per cercare di capire quale di<br />
questi gruppi potrebbe corrispondere<br />
alla pietra ideale, per un<br />
giapponese e non solo…. dovremmo<br />
ragionare su diversi concetti<br />
ed anche soprattutto per quali<br />
utilizzi, io credo.<br />
Il metodo tradizionale di giudizio<br />
ed apprezzamento di un suiseki<br />
consiste nel sedersi davanti a<br />
lui e osservarlo fissamente. Se<br />
la pietra permette di essere focalizzata<br />
totalmente in un unico<br />
sguardo, senza doverlo spostare<br />
dal punto focale, allora è della<br />
misura ideale per una esposizione.
(logicamente, se mi allontano<br />
maggiormente da una pietra più<br />
grande, posso vedere l’insieme<br />
totale, ma non riuscire ad apprezzare<br />
texture, toni etc.)<br />
Questo “colpo d’occhio” fornisce<br />
la valenza della pietra. Se la sensazione<br />
che ne riceviamo è di<br />
fastidio (o perché innaturale, o<br />
squilibrata, o respingente) la pietra<br />
non è buona. Altre indagini<br />
conoscitive potranno poi comprovare<br />
la prima impressione,<br />
ma non è di questo che stiamo<br />
disquisendo. Teniamo comunque<br />
presente che in una buona pietra<br />
devono coesistere, assieme alla<br />
forma e ad una certa valenza su<br />
ogni lato, una buona armonia tra<br />
dimensioni e massa visiva: Una<br />
pietra pesante dovrebbe rispecchiare<br />
la sua pesantezza nella<br />
potenza; una forma sottile ed allungata<br />
sarà ovviamente più leggera<br />
ed elegante.<br />
Pietra come oggetto per la meditazione.<br />
Con forma che noi occidentali,<br />
superficialmente, potremmo<br />
definire addirittura<br />
amorfa, poco significativa…<br />
foto 5 - dono di Karel Serak<br />
foto 6<br />
… una forma dettagliata per un<br />
giapponese non è determinante,<br />
anche se “non c’è niente di male<br />
a cercare la forma, se questo ti<br />
dà il senso del piacere e della<br />
tranquillità”.<br />
foto 7 foto 8<br />
foto 9<br />
Una linea semplice e morbida, una superficie patinata dal tempo (Jidai)<br />
e dalla manipolazione (Yoseki). Una pietra che si tiene con piacere<br />
tra le mani: prima fredda, assorbe il calore e lo rimanda, quasi rafforzato<br />
da una vitalità interna. Una pietra su cui meditare, sarà non<br />
più lunga di 30 cm. (Kogata o Mame Suiseki).<br />
“La meditazione è una<br />
capacità della mente<br />
che favorisce un percorso<br />
interiore e che<br />
ne è influenzata…. attraverso<br />
la dinamica del<br />
modo di operare della<br />
mente, si può riuscire<br />
a riconoscere la distin-<br />
zione tra un io egocentrico,<br />
che si identifica<br />
A lezione di suiseki<br />
QUANTO GRANDE - Luciana Queirolo<br />
foto 10 - proprietario Karel Serak<br />
con l’essere io (nome) e l’Io (sé) in grado di osservare l’osservatore<br />
(oggettivizzare il soggetto, “ vedi: wikipedia”).<br />
foto 11 Kamuikotan-ishi - 33cm proprietario D. Sampson (http://www.aias-suiseki.it/it/Sampson)<br />
Sedersi di fronte ad una pietra per osservarla, anche se da una distanza<br />
limitata, richiede una dimensione non inferiore ai 15 cm; inoltre,<br />
se gli spazi vuoti di una esposizione sono importanti quanto i<br />
pieni, un vuoto eccessivo davanti a noi può creare pace ma anche<br />
malinconia o malessere (“senso di vuoto” nel detto comune). Un piccolo<br />
puntino nell’universo….un punto di vista senz’altro filosofico, ma<br />
apprezzarne la forma e la texture, richiede che ci si pieghi, osservando<br />
a “sguardo di gallina” ( = capo proteso su un lato, focalizzando<br />
16
A lezione di suiseki<br />
17<br />
QUANTO GRANDE - Luciana Queirolo<br />
con un occhio solo), oppure rigirando il mame tra le<br />
mani come un gioiello. E’ preferibile perciò riunire<br />
più pietre, piccoli shohin, oggetti, utilizzando un<br />
multi-stand e seguendo un tema: lo svolgimento di<br />
una storia. Pietre grandi... infine.<br />
foto 12<br />
foto 13 - una pietra di 24 kg, nel giardino del M° Kobayashi<br />
Non adatte per esposizioni nel tokonoma, vengono<br />
considerate pietre da giardino o come arredamento<br />
da interni in struttura moderne.<br />
L’origine dell’uso delle pietre nel giardino è da ricercare<br />
nella tradizione cinese.<br />
Nel saggio: ”il Simbolismo delle Rocce Cinesi”, Richard<br />
Rosenblum (scultore, collezionista di Gongshi,<br />
deceduto) fa risalire l’uso delle pietre all’origine<br />
dell’uomo. La morfologia geologica fa pensare che<br />
l’uomo preistorico in Cina vivesse entro caverne<br />
calcaree. Le grotte carsiche, dalle caratteristiche<br />
tortuose e gallerie senza fine, sono molto comuni in<br />
Cina. In questo “Mondo sotterraneo” non mancavano<br />
fiumi, laghi, sfiatatoi, pesci. Quando gli uomini<br />
si spinsero all’aperto, poterono facilmente vedere<br />
e camminare attorno a queste piccole montagne,<br />
contenenti quel mondo che prima era stato il “loro”<br />
mondo: “Mondi all’interno di Mondi”: (‘worlds<br />
within worlds’).<br />
“Tutto questo si collega ad uno dei fatti più strani<br />
che riguardano la cultura cinese: è pensiero comune<br />
che essi siano stati l’unico popolo che abbia iniziato<br />
la propria storia senza un mito circa la creazione;<br />
tali miti furono sviluppati molto più tardi. Possiamo<br />
ipotizzare che, poiché i cinesi ebbero familiarità con<br />
un mondo che è più grande ‘dentro’ di quanto sia<br />
‘fuori’, e che non ha fine, essi non si preoccuparono<br />
di spiegarsi l’inizio del mondo.” Un altro collegamento<br />
lega l’arte cinese e le caverne: il giardino.<br />
E’ risaputo che nei giardini cinesi le rocce, gli edifici<br />
e l’acqua, prevalgano sulla vegetazione. Come<br />
nel mondo interiore delle grotte carsiche, i giardini<br />
sono costruiti in modo tale che non si possa mai vedere<br />
l’intero panorama, solamente scorci parziali.<br />
”L’impareggiabile significato delle rocce dello studioso,<br />
nell’arte cinese, deriva in gran parte dal fatto<br />
che essa è la rappresentazione della montagna,<br />
della grotta, e del giardino. Si porta il peso di questa<br />
singolare estetica e simbolismo spirituale.”<br />
“La pietra non è più una<br />
materialista rappresentazione<br />
di una montagna, ma<br />
un simbolo, una immagine<br />
ideale”… “Nell’esperienza cinese,<br />
le montagne e le pietre<br />
sono la tangibile espressione<br />
dell’ordine naturale”…<br />
..”Pietre, una microcosmica<br />
immagine di montagne”..<br />
“Le formazioni sono meravigliose<br />
e fantastiche, meraviglie<br />
della natura nascoste<br />
in strani luoghi.”.( Estratte<br />
da varie fonti, secondo il<br />
principio Daoista del pu, per<br />
la comprensione della pietra<br />
gongshi).<br />
foto 14 - grande pietra da giardino.<br />
Kemin Hu<br />
L’uso delle pietre nel giardino giapponese rappresenta<br />
una elaborazione dal concetto del giardino cinese,<br />
simboleggiando la vastità della natura anche<br />
in piccoli spazi, sino al raggiungimento dell’essenza<br />
e linearità spirituale del giardino Zen (karesansui):<br />
composizioni essenziali di solo rocce e ghiaia evocanti<br />
fiumi e montagne; ed alberi, presenti solamente<br />
nella nostra fantasia.<br />
Stesso spirito ritroviamo nel bonseki: giardini zen<br />
in miniatura creati con sabbia, ciottoli e pietre su<br />
vassoi neri laccati. Pare che queste composizioni<br />
siano state largamente usate per progettare i maggiori<br />
giardini di Kyoto.<br />
Nel karesansui o nel bonseki; in queste rappresentazioni<br />
semplici, pulite, austere, serene eppur vagamente<br />
tristi, delicatamente rispettose, troviamo<br />
la più alta espressione e ricchezza spirituale di uno<br />
spazio sconfinato ed elegante… ma di questo lascio<br />
scrivere a chi sa più di me.<br />
Alla prossima
Alcuni elementi del design sono così definibili:<br />
● Il design del bonsai è suggestione: si deve far sentire<br />
all’osservatore<br />
● Il design è sollecitazione visiva: deve portare l’osservatore<br />
a riflettere sulla pianta<br />
● Il design deve essere naturale: deve portare direttamente<br />
la mente dell’osservatore alla visione della natura<br />
● Il design deve essere coerente: solo così mantiene l’integrità<br />
compositiva<br />
● Il design è interessante: disegna il visualizzatore<br />
● Il design deve essere dinamico: rappresenta visivamente la<br />
vita e la vitalità dell’albero<br />
● Il design deve essere descrittivo: racconta all’osservatore<br />
la storia di un luogo e la vita di una pianta<br />
● Il design è ritmo e flusso: non deve essere né monotono<br />
né caotico.<br />
Il design del bonsai è arte. Questa frase descrive tutti<br />
gli elementi sopra menzionati. Come accade per qualunque<br />
artista, anche nel bonsai bisogna comunicare<br />
gli elementi che abbiamo elencati in precedenza e che<br />
sono sottoposti all’occhio dell’osservatore. Ora ci si può<br />
chiedere: come si fa? Per poter trasmettere efficacemente<br />
sensazioni, è necessario utilizzare il linguaggio<br />
della comunicazione artistica. Se un bonsaista riesce a<br />
comunicare attraverso la propria opera, il gioco è fatto.<br />
Altrimenti un bonsai rimarrà una bella pianta e nulla più.<br />
Se questi semplici elementi, che poi stanno alla base del<br />
bonsai, saranno inglobati e applicati bene allora l’albero<br />
comunicherà all’osservatore tutte quelle sensazioni ed<br />
intenzioni che il bonsaista mette sia nella fase progettuale<br />
che nella fase esecutiva. Se non si mette in tutto<br />
ciò sentimento e anima, il bonsai non susciterà nessuna<br />
reazione nell’osservatore.<br />
Empatia – Trasferire nel bonsai le proprie sensazioni, e<br />
mediante questa animazione conferirgli pathos, espressione,<br />
significato.<br />
Linee e Forma – Due elementi che stanno alla base della<br />
comunicazione estetica sono la linea e la forma.Tipi diversi<br />
di linee e forme trasmettono significati diversi. Per<br />
essere efficaci nel comunicare ciò che il bonsaista in effetti<br />
vuole trasmettere, è necessario conoscerne i significati<br />
che poi sono base comune nella comunicazione visiva.<br />
Una forma ben equilibrata è fonte fondamentale sia<br />
dell’armonia che ritroviamo nell’albero, sia del piacere<br />
che quell’armonia ci dà. In natura una forma potenzialmente<br />
regolare di ciascun albero risulta deviata rispetto<br />
alla simmetria a causa dell’influenza del vento, del sole e<br />
di altri fattori atmosferici e risulta essere bloccata dalla<br />
presenza di altri alberi come avviene nei boschi.<br />
A scuola di estetica<br />
NOTE SULL’ESTETICA DEI BONSAI - Antonio Ricchiari 18<br />
forte, fiducioso, solitario<br />
stabile, carattere<br />
maschile<br />
statico, interruzione<br />
stabilità<br />
lento, rilassato, senso<br />
prospettico<br />
compagnia, uniformità<br />
somiglianza<br />
madre-figlio<br />
in crescendo, di rottura<br />
instabilità<br />
naturale, spontaneo,<br />
senso di felicità<br />
energico, caotico<br />
duro, rigido, gruppo di<br />
persone<br />
movimento lineare,<br />
drammatico, sensazione<br />
di precarietà<br />
azione, dinamicità<br />
orizzontale, percezione<br />
di calma, tranquillità<br />
vecchia, stanca
L’essenza del mese<br />
19 ACERO TRIDENTE - A. Acampora, A. Ricchiari, P. Strada<br />
L’Acero Tridente (Acer buergerianum) é entrato<br />
nell’immaginario collettivo, anche tra i non<br />
esperti di arte bonsai, come una tra le piante<br />
che più simboleggia quest’arte. Forse per via<br />
di quella sua alternanza di eleganza e forza,<br />
ben rappresentata da un apparato radicale estremamente<br />
generoso, in grado di creare nebari<br />
possenti ma mai banali - contrapposto<br />
al sottile merletto della<br />
ramificazione secondaria e terziaria<br />
e alle foglie aggraziate, piccole ma<br />
meno delicate rispetto alle più sottili<br />
ed eleganti foglie dei leggeri Aceri<br />
palmati.<br />
UN PO’ DI STORIA<br />
Nell’aerale di orgine (Cina, Giappone),<br />
l’Acer B. si presenta come un<br />
albero di medie/piccole dimensioni, che predilige<br />
gli habitat boschivi e montani. L’altezza<br />
media è all’incirca tra gli 8 e 12 metri. E’ una<br />
specie robusta, in grado di resistere bene sia<br />
al freddo che al caldo.<br />
Le foglie richiamano visivamente le zampe<br />
palmate del rospo, da qui il nome “kaeda” dato<br />
dai giapponesi all’Acero tridente, che deriva<br />
dal termine “Kaeru-de” = mano del rospo.<br />
L’A.b. possiede, come il Gingko Biloba,<br />
un’ottima capacità di adattamento agli elevati<br />
livelli di inquinamento degli ambienti cittadini,<br />
acero tridente<br />
famiglia aceraceae<br />
genere acer<br />
specie buergerianum<br />
Acero Tridente<br />
coll. di Giovanni Genotti<br />
per questo motivo (in Giappone) è molto diffuso<br />
in viali e parchi cittadini.<br />
ASPETTO<br />
Le foglie sono palmate, strette alla base, con<br />
tre lobi diretti in avanti, di solito non dentati<br />
o poco dentati lungo il margine, di<br />
colore verde scuro nella parte superiore,<br />
bluastra in quell’inferiore., diventano<br />
lisce su ambo i lati e assumono<br />
colorazione rossa in autunno<br />
e in primavera. Le dimensioni delle<br />
foglie vanno dai 3/8 cm. (lunghezza)<br />
ai 4/8 cm (larghezza).<br />
La corteccia è di color grigio-marrone<br />
e tende a sfaldarsi in squame<br />
piatte con il passare degli anni, i fiori<br />
sono piccoli e giallo-verdi, in grappoli<br />
conici, larghi, diritti e fioriscono in primavera<br />
all’apparire delle giovani foglie.<br />
Frutti: con ali parallele (samare/disamare),<br />
diritte, lunghe fino a 2,5 cm verdi o rossastre<br />
dapprima, di colore marrone alla maturazione.<br />
CULTIVAR<br />
La sottospecie A. buergerianum formosanum<br />
presenta altezza ridotta e fogliame più fitto<br />
e coriaceo. Una cultivar rara per i bonsai è
A. buergerianum “Mino Yatsubusa”, varietà<br />
nana con fogliame fitto e brillante, apice<br />
acuminato e lucide foglie lunghe e strette che<br />
in autunno appaiono come laccate di rosso.<br />
RIPRODUZIONE<br />
Per seme, talea, margotta<br />
CONSIGLI BASE PER LA COLTIVAZIONE<br />
Per le doti di resistenza al freddo e al caldo,<br />
l’ A. b. è, tra gli aceri, la specie non autoctona<br />
che si presta maggiormente alla coltivazione<br />
bonsai nelle diverse condizioni climatiche riscontrabili<br />
nelle nostre regioni.<br />
Per ovvie ragioni le indicazioni riportate sono<br />
abbastanza generalizzate.<br />
Invitiamo pertanto chi legge ad adeguare sempre<br />
le indicazioni al proprio microclima, ricordando<br />
che, per ogni approfondimento, è possibile<br />
effettuare ricerche o aprire post sul forum<br />
(http://www.napolibonsaiclub.it/forum).<br />
ESPOSIZIONE E PROTEZIONE<br />
In generale è considerata una pianta piuttosto<br />
resistente sia nei confronti del caldo che<br />
del freddo. Per precauzione, nelle località più<br />
a Sud e nei mesi più caldi, per evitare rischi<br />
all’apparato fogliare, è opportuno proteggerla<br />
dall’irraggiamento solare più intenso e dai venti<br />
caldi. Per il resto non va sottratta all’esposizione<br />
solare, sia per incrementare la colorazione del<br />
fogliame nel periodo autunnale, sia per favorire<br />
l’accorciamento degli internodi e la riduzione<br />
delle dimensioni dell’apparato fogliare.<br />
In inverno può rimanere all’esterno, dato che<br />
ha una buona tolleranza alle basse temperature.<br />
Si consiglia comunque un minimo riparo<br />
dell’apparato radicale rispetto ad eventuale<br />
gelate (es. tessuto non tessuto, foglie, strati<br />
di torba ecc...).<br />
REATTIVITA’<br />
E’ considerata una pianta che “perdona” molti<br />
errori, in quanto possiede elevata capacità cicatriziale<br />
e sopporta bene (se eseguite nei corretti<br />
periodi) potature importanti.<br />
ANNAFFIATURE<br />
Vale, anche per l’A.b., la regola dell’alternanza<br />
bagnato/asciutto. Vanno sempre considerate,<br />
L’essenza del mese<br />
ACERO TRIDENTE - A. Acampora, A. Ricchiari, P. Strada 20<br />
in presenza di esemplari con abbondante vegetazione<br />
ed estesi apparati radicali, messi<br />
a dimora in terreni particolarmente drenanti,<br />
e soprattutto in casi di vento, i problemi derivati<br />
dalla traspirazione che potrebbero, se<br />
non controllati per tempo, influire negativamente<br />
sullo stato di salute della pianta sino<br />
a conseguenze estreme (dai semplici afflosciamenti<br />
sino ai più estesi colpi di secco).<br />
Allo stesso modo vanno evitati eccessi<br />
d’acqua che potrebbero provocare<br />
marciumi e annerimenti delle punte.<br />
STILI<br />
Quasi tutti, ad eccezione dello stile literati.<br />
Meno diffusi negli stili “non convenzionali”<br />
per le latifoglie, in quanto più utilizzati<br />
per le conifere (battuto dal vento,<br />
cascata, semicascata). Molto più diffusi invece<br />
nello stile eretto informale e su roccia.<br />
Acero tridente su roccia - coll. Sergio Biagi<br />
POTATURA<br />
L’inserimento delle gemme dell’A. b. sul caule<br />
(fusto) è opposto. Su ogni ramo avremo sempre<br />
una coppia di gemme opposta e tendente,<br />
nella coppia successiva, ad effettuare una rotazione<br />
sull’asse compresa tra circa 30°- 90°.<br />
Questo non succede per esempio nell’Acer<br />
mospessolanum, nel quale ogni coppia di gemme<br />
è ruotata di 90° dopo ogni inserzione sul fusto.
L’essenza del mese<br />
21<br />
ACERO TRIDENTE - A. Acampora, A. Ricchiari, P. Strada<br />
Posizione gemme Acero tridente<br />
Posizione gemme Acer mospesolanum<br />
Nel “disegnare” la potatura del<br />
nostro albero dovremo quindi<br />
tenere sempre ben presente<br />
questa caratteristica, introducendo<br />
alcune variazioni<br />
rispetto alle naturali linee di<br />
crescita dell’acero.<br />
Si lavorerà sulla ramificazione<br />
secondaria in modo<br />
che si presenti alterna, e non<br />
più opposta. Lo sviluppo dei<br />
successivi germogli dovrà poi<br />
essere “monitorato” secondo<br />
le proprie aspettative per<br />
evitare crescite disordinate<br />
e mantenere l’armonia delle<br />
proporzioni (l’A. b. è anche<br />
una pianta a crescita veloce!).<br />
Un’eventuale crescita di parte<br />
della ramificazione secondaria<br />
potrà essere utile per irrobustire<br />
le parti che si vogliono<br />
conservare: successivamente<br />
si potrà intervenire, lasciando<br />
un solo germoglio ad ogni<br />
nodo. Tutto ciò riguarda la prima<br />
fase della cosiddetta potatura<br />
di formazione. Quando<br />
si sarà raggiunta la necessaria<br />
conicità di ogni ramo e le<br />
giuste proporzioni, ci si potrà<br />
dedicare ad ottenere una buona<br />
ramificazione terziaria.<br />
La defogliazione si puotrà effettuare<br />
indicativamente prima<br />
del periodo estivo e servirà,<br />
tra l’altro, per ottenere<br />
un fogliame più bello ai fini<br />
della colorazione autunnale.<br />
TECNICHE DI RINVASO<br />
Trapianto: alla fine dell’inverno,<br />
prima che la pianta emetta le<br />
foglie, ogni 2-3 anni, anticipando<br />
in caso di piante più<br />
giovani. Durante il rinvaso si<br />
dovrà cercare di eliminare le<br />
radici poste sotto alla base del tronco favorendo le radici perimetrali,<br />
per consentire l’allargamento della base del nebari.<br />
Ph del terreno neutro o leggermente acido. Possibili miscele<br />
con : Akadama, Sabbia di Fiume, Torba Bionda, Terriccio Universale,<br />
Torba nera, Pomice. La granulometria della miscela<br />
dovrà essere in funzione degli stadi di crescita della pianta.<br />
Per piante in formazione sarà opportuno avere una granulometria<br />
medio/grossa, in grado di garantire una maggiore ossigenazione<br />
al terreno e quindi un assorbimento più veloce della<br />
sostanza organica.<br />
CONCIMAZIONE<br />
Mediamente ogni 15 giorni dall’apparire delle foglie fino alla<br />
prima metà dell’estate con prevalenza di azoto. Si può aumentare<br />
l’intensità del fogliame con la somministrazione di fosforo<br />
e potassio da mezza estate in poi. Eliminando contemporaneamente<br />
l’azoto si riduce la comparsa di nuovi germogli tardivi e<br />
si favorisce l’accumulo di zuccheri nelle foglie vecchie.<br />
AVVOLGIMENTO<br />
L’applicazione del filo va fatta durante il riposo vegetativo estivo,<br />
facendo attenzione alla fragilità dei rami, poiché questi<br />
sono assai delicati durante il periodo di sviluppo. Il momento<br />
più adatto è alla fine della stagione vegetativa, di solito a metà<br />
giugno. E’ opportuno interrompere per un paio di giorni le annaffiature<br />
prima di procedere alla “filatura” e/o proteggere i<br />
rami durante l’operazione.<br />
PATOLOGIE<br />
Parassiti e malattie: erniosi, scolitidi, bruchi, cicadelle.<br />
Per quanto riguarda l’oidio, si consiglia un trattamento in primavera<br />
e alla fine dell’estate, ai primi segni della patologia,<br />
mediante l’utilizzo di prodotti sistemici. Si ricorda inoltre che<br />
come misure di prevenzione contro l’oidio è opportuno tenere<br />
le piante sempre in posizione ben ventilata e luminosa, ed evitare<br />
annaffiature dirette sul fogliame. Altre patologie riscontrabili<br />
sono: cancro, malattia del corallo, malattia delle tacche<br />
nere dell’acero, disseccamento parassitario dei rami, verticillosi,<br />
maculatura fogliare, marciume radicale. Afidi e cocciniglie<br />
sono piuttosto frequenti e si controllano con i normali presidi.<br />
I funghi si sviluppano in varie occasioni, favoriti da eccessiva<br />
umidità; le foglie e le radici sono i punti deboli dove entra il<br />
patogeno. La prevenzione efficace consiste nel non bagnare<br />
troppo e troppo spesso e nell’evitare alle foglie bruciature<br />
causate dal sole estivo che possono essere punti d’ingresso di<br />
eventuali patogeni.<br />
APPENDICE – Esempi di Coltivazione in pieno campo<br />
L’Acer Buergerianum è un’essenza che si presta bene alla coltivazione<br />
in pieno campo, per portare a maturazione il tronco<br />
e/o irrobustire la ramificazione primaria. Di seguito alcuni<br />
esempi che descrivono i vari passaggi della coltivazione.
foto 1<br />
foto 2<br />
foto 3<br />
foto 4<br />
foto 5<br />
L’essenza del mese<br />
ACERO TRIDENTE - A. Acampora, A. Ricchiari, P. Strada<br />
Le fotografie e gli esempi riportati non sono esaustivi, ma sono<br />
da intendersi come spunti per eventuali approfondimenti.<br />
SISTEMAZIONE DEL LUGO DI POSA<br />
In generale, se la zona di coltivazione è estesa, valutare costi<br />
e benefici della copertura tramite telo antialghe della zona di<br />
piantumazione. In questo modo si eviterà la crescità delle infestanti<br />
e tutta una serie di lavori di manutenzione piuttosto<br />
noiosi, e ci si potrà concentrare sulle piante. Delineare la zona<br />
di posa ed effettuare lo scasso, con relativa asportazione del<br />
terreno originario. Stendere sul fondo sabbia o ghiaia per il<br />
drenaggio (e/o altro materiale a disposizione con caratteristiche<br />
simili per il drenaggio).<br />
Alleggerire il terreno originario prelevato dallo scasso (se di<br />
buona qualità, altrimenti sostituirlo con altro terreno idoneo<br />
alla coltivazione), miscelandolo con inerti sabbiosi se la struttura<br />
del terreno risultasse troppo compatta (foto 1).<br />
Nb – evitare l’effetto “vaso”, ovvero l’accostamento tra due<br />
terreni con caratteristiche completamente diverse tra di loro,<br />
aggiungere sempre una parte del terreno originale.<br />
TECNICA DELLA PIASTRELLA<br />
La tecnica della piastrella consiste nel posizionare la pianta<br />
sopra un supporto orizzontale (come può essere appunto una<br />
piastrella) per strutturare in orizzontale la crescita dell’apparato<br />
radicale.<br />
Si può effettuare in pieno campo, per piante che abbiano già<br />
un minimo di fusto (semenzali di due/tre anni).<br />
La pianta può essere ancorata alla piastrella oppure appoggiata.<br />
Nel primo caso la pianta è molto più stabile ma esiste il<br />
rischio che le radici entrino nei buchi e spacchino la piastrella,<br />
nel secondo non c’è il rischio della spaccatura ma è più difficoltoso<br />
ancorare la pianta alla piastrella.<br />
Vediamo il primo caso.<br />
Si recuperano delle piastrelle (sottili, da bagno o da<br />
cucina, possibilmente rettangolari), e si forano come da schema.<br />
Si prepara un cordino in rafia sintetica o naturale lungo<br />
circa 1/1,5 mt. (la rafia naturale tende a marcire nel tempo, e<br />
questo può essere un bene se non si prevedono zollature troppo<br />
frequenti, mentre la rafia sintetica può durare anni senza<br />
degradarsi – questo ptrebbe costituire un problema, se non si<br />
effettuano zollature, perchè la pressione esercitata dalla corda<br />
sulle radici in crescita potrebbe tagliarle o segnarle profondamente).<br />
In fondo si mette un fermo, costituito da un pezzetto<br />
di comune ferro zincato rivestito in gomma (foto 2).<br />
Si introduce il cordino in uno dei buchi ( a seconda della<br />
disposizione dell’apparato radicale e si fa scorrere sino ad arrivare<br />
al blocco. Si fa quindi passare il cordino attraverso i diversi<br />
fori sino ad arrivare al bloccaggio della pianta, al termine<br />
dell’operazione il cordino andrà fissato, avvolgendolo con un<br />
paio di giri, al blocco. Si sistema l’apparato radicale cercando di<br />
posizionarlo e di distenderlo il più orizzontale possibile e poi si<br />
interra. Naturalmente, operando a radici nude, si dovrà effettuare<br />
l’operazione il più velocemente possibile e mantenendo<br />
l’apparato radicale umido tramite un vaporizzatore (foto 3, 4).<br />
22
L’essenza del mese<br />
23<br />
ACERO TRIDENTE - A. Acampora, A. Ricchiari, P. Strada<br />
ESTRAZIONE<br />
L’anno successivo alla posa su piastrella, le foto della zollatura/<br />
estrazione di uno degli Acer buergerianum in coltivazione<br />
(foto 5).<br />
Tramite una vanga piatta lavoro il bordo della zona di scasso,<br />
sino ad introdurre la vanga al di sotto della piastrella. Nonostante<br />
la piastrella si sente la presenza di un esteso apparato<br />
radicale, con alcune radici scese già in profondità. Tagliate<br />
quelle, con un paio di spinte si riesce ad estrarre la pianta<br />
(senza rompere la piastrella - foto 6).<br />
Il pane radicale si presenta radiale con una sezione compatta<br />
e uniformemente distribuita, sviluppata per circa 4/5 cm di<br />
altezza. Dall’immagine si vede l’abbondanza delle radici capillari.<br />
Questa forte crescita si deve, oltre alla “generosità” della<br />
pianta, all’azione combinata dei due elementi introdotti l’anno<br />
prima. Ovvero un terreno molto più sciolto rispetto a quello di<br />
partenza, per stimolare la crescita di radici più fini, e la presenza<br />
di un elemento “ contenitivo” come la piastrella, per evitare<br />
la naturale proiezione delle radici verso il fondo del terreno e<br />
mantenere il futuro nebari compatto e radiale (foto 7,8).<br />
foto 8<br />
foto 6<br />
foto 7
La<br />
concimazione è una<br />
pratica estremamente<br />
diffusa, se la si guarda<br />
sotto il profilo agricolo, essa mira<br />
all’ottenimento di una maggiore quantità<br />
di prodotto, nel nostro caso, invece,<br />
interessa solo per migliorare la<br />
salute del nostro bonsai. Questa pratica,<br />
purtroppo non è sempre sfruttata<br />
al massimo perché non si conosce a<br />
fondo l’utilizzo da parte delle piante,<br />
perché alcuni la ritengono inutile e<br />
perché si passa da un tipo di concime<br />
ad un altro con troppa facilità .<br />
Tutti i concimi sono caratterizzati da<br />
una sigla chiamata TITOLO (N P K), i<br />
tre numeri corrispondenti ai tre macroelementi<br />
rappresentano le % di<br />
ogni singolo elemento ogni 100kg di<br />
prodotto. Se ad esempio acquistiamo<br />
un concime con titolo 3-6-5, vorrà<br />
dire che se acquistiamo 100 kg di quel<br />
concime all’interno troveremo 3 kg di<br />
Azoto, 6 kg di Fosforo e 5 kg di Potassio,<br />
la restante parte rimanente è<br />
rappresentata da minerali e sostanze<br />
ammendanti che migliorano la decomposizione<br />
stessa del concime.<br />
I concimi si distinguono in due grandi<br />
categorie: Chimici o di sintesi,<br />
rappresentati da concimi prodotti<br />
dall’industria chimica e Concimi Organici<br />
derivanti dalle deiezioni e dagli<br />
scarti di macellazione degli animali o dagli<br />
scarti delle colture agrarie destinate<br />
all’alimentazione umana e animale.<br />
La categoria di concimi che trattiamo<br />
in questa prima parte sono<br />
quelli chimici o di sintesi. Questi, anche<br />
chiamati “a pronto effetto”, rilasciano<br />
il principio attivo nutritivo<br />
poco tempo dopo la sua somministrazione.<br />
L’inconveniente di questo tipo<br />
Note di coltivazione<br />
I CONCIMI CHIMICI - Luca Bragazzi<br />
tipo di concime è che le piante necessitano<br />
di somministrazioni idriche prima<br />
dell’applicazione, questo evita accumuli<br />
di nutriente intorno ai peli radicali,<br />
che potrebbero bruciarli. Inoltre,<br />
bisogna attenersi alle dosi consigliate<br />
dai produttori, si consiglia anzi, di<br />
sotto dosare le quantità per non incorrere<br />
in pericolosi aumenti di concentrazione<br />
e di NON eccedere mai.<br />
I concimi inorganici contengono nella<br />
loro composizione una buona % di<br />
sostanze inerti e solo la restante parte<br />
rappresenta l’effettivo nutriente, per<br />
questo, si sconsiglia di utilizzarli per<br />
lunghi periodi, proprio per l’accumulo<br />
di tali inerti (Sali) che indurrebbero<br />
carenze nutrizionali. In commercio<br />
la loro presenza è preponderante e<br />
le loro titolazioni sono praticamente<br />
innumerevoli. Fanno parte di questi<br />
concimi anche quelli a base di microelementi,<br />
più considerati coadiuvanti<br />
che veri e propri concimi. Le formulazioni<br />
commerciali, sono numerosissime,<br />
infatti si possono trovare sotto<br />
forma di polvere, bastoncelli, granuli,<br />
pellets, micro-granuli ecc. la scelta è<br />
in base al loro utilizzo.<br />
Non condivido il loro utilizzo in<br />
coltivazione bonsai, questi, non<br />
hanno le stesse prestazioni che<br />
hanno invece i concimi organici,<br />
di cui si parlerà prossimamente.<br />
Solitamente sono sempre adottati<br />
dai principianti per scarsa conoscenza<br />
in materia, e molti degli<br />
insuccessi nella gestione ordinaria<br />
degli esemplari sono dovuti<br />
proprio al loro utilizzo.<br />
24
Tecniche bonsai<br />
25 APPLICAZIONE DEL FILO - Antonio Acampora<br />
è il più importante processo<br />
intermedio di modellazione, effettuato per<br />
L’avvolgimento<br />
finalità estetiche che viene effettuato su un<br />
bonsai. Deve essere ripetuto tutte le volte che è<br />
necessario, con il semplice fine di ottenere una<br />
pianta sempre più bella.<br />
Prima dell’attività di modellazione con il filo sono<br />
di solito richieste altre due attività complementari,<br />
che integrano e completano la filatura stessa.<br />
- La progettazione e la potatura -<br />
La prima è un’attività progettuale. In questa fase,<br />
osservando l’albero, bisogna cercare di proiettare<br />
la crescita nel tempo secondo lo stile scelto, individuando<br />
di conseguenza i rami sui quali si andrà<br />
ad applicare il filo e quelli che invece si elimineranno<br />
perchè ininfluenti, inutili o in più, rispetto al<br />
disegno complessivo. E’ sicuramente un momento<br />
di intensa creatività, quindi i possibili strumenti<br />
saranno la macchina fotografica, il blocco appunti,<br />
nastri per segnare i rami da eliminare, pezzetti di<br />
filo di rame per identificare i possibili fronti ecc.<br />
Nella seconda fase, definito il progetto di base si<br />
passa all’eliminazione dei rami superflui e/o posizionati<br />
non correttamente (interno delle curve,<br />
sovrapposti ecc.), con gli attrezzi corretti (tronchesi<br />
sferici o concavi) e proteggendo i tagli più grossi<br />
con mastice. Terminati questi due step, è possibile<br />
procedere con l’avvolgimento del filo. In sintesi,<br />
il filo metallico può correggere e impostare,<br />
sulla base di un preciso progetto, la direzione di<br />
crescita dei germogli e della ramificazione, modellare<br />
il tronco e conferire un aspetto completamente<br />
“diverso” all’albero, rendendolo, secondo i canoni<br />
dell’estetica bonsai, più “maturo”.<br />
- Materiali utilizzati -<br />
I fili metallici disponibili in commercio possono essere<br />
di rame cotto, di ferro o di alluminio ramato.<br />
Generalmente, per problemi legati all’ossidazione,<br />
il ferro è poco utilizzato, a differenza di rame e alluminio<br />
ramato. Il rame, per la sua rigidità, è più<br />
difficile da posare all’inizio, mentre l’alluminio, essendo<br />
più malleabile, presenta una maggior facilità<br />
d’utilizzo. A parità di sezione, il vantaggio<br />
dell’utilizzo del filo di rame rispetto all’alluminio si<br />
traduce in maggior tenuta e rigidità, qualità che<br />
ne fanno preferire l’utilizzo sulle conifere, mentre<br />
su piante che “segnano” facilmente, quindi con un<br />
cambio sottile è preferibile usare diametri maggiori,<br />
e quindi utilizzare alluminio ramato. Si consiglia<br />
comunque, se possibile, di proteggere sempre la<br />
corteccia con rafia durante la legatura. I fili, per<br />
poter esercitare la loro azione, devono avere un<br />
diametro pari ad 1/3 del ramo sul quale vengono<br />
posizionati. Per questo motivo è necessario avere<br />
un discreto assortimento di misure, in quanto la<br />
conicità dei rami richiede frequenti variazioni di diametro<br />
del filo utilizzato, più spessi per il tronco ed<br />
i rami, più sottili per la ramificazione secondaria,<br />
molto sottili per la ramificazione terziaria.<br />
I fili lavora sul principio della leva, per poter piegare<br />
il ramo correttamente necessitano di un punto<br />
di appoggio, che può essere il fissaggio al terreno,<br />
l’avvolgimento al tronco o a un altro ramo.<br />
Un filo molle, senza punto d’appoggio, non serve a<br />
niente, è materiale sprecato.<br />
Il filo va applicato procedendo a spirali regolari con<br />
angoli di 45°, e in direzione base-cima. Durante<br />
l’avvolgimento è inoltre necessario cercare di evitare<br />
di legare foglie, aghi e soprattutto gemme, che<br />
in questo caso risulterebbero danneggiate.<br />
Togliere il filo, soprattutto agli inizi, è più complicato<br />
e pericoloso che metterlo!<br />
Anche se può sembrare un paradosso, il primo passo<br />
da compiere, nell’apprendimento dell’uso del filo<br />
è quello di imparare a rimuoverlo: in questo modo<br />
si può constatare, meglio di quando si avvolge,<br />
quanti errori sì potrebbero commettere per inesperienza.<br />
Si impara, inoltre, a correggere i difetti<br />
di avvolgimento, che possono provocare strangolamento<br />
dei rami e cicatrici, e a superare le difficoltà<br />
nello svolgimento del filo che, a causa di fili incrociati<br />
possono portare alla rottura dei rami.<br />
Vanno utilizzati, per la rimozione del filo, gli attrezzi<br />
adatti. Una tronchese da filo (per bonsai) è un attrezzo<br />
veramente indispensabile, taglia il filo senza<br />
tagliare il ramo, cosa che non fanno le tronchesi<br />
qualunque. Siate virtuosi - Non buttate via il<br />
rame rimosso dalle piante e cercate dei fornitori<br />
che lo possano riciclare. Se non si dispone<br />
di materiale da cui togliere il filo. è consigliabile<br />
allenarsi avvolgendo rami secchi o residui di potature,<br />
evitando così di rompere rami, magari di<br />
importanza fondamentale, su alberi della propria<br />
collezione quando non si sia ancora raggiunta una<br />
certa abilità. Per lo stesso motivo è meglio iniziare<br />
ad avvolgere i rami più sottili sui quali si utilizza<br />
filo di minor spessore poiché, essendo più duttili. si<br />
corrono minori rischi di rottura. Nel caso in cui si<br />
cominci a lavorare con alberi già avvolti si avrà la<br />
possibilità di avere un primo contatto con il filo e di<br />
poter valutare, in modo immediato e diretto l’effetto<br />
che produce sui rami. Se si ha l’opportunità, è certamente<br />
di grande aiuto imparare l’avvolgimento da<br />
una persona che possiede già una certa esperienza<br />
focalizzandosi sull’angolo utilizzato per avvolgere il<br />
filo, sulla distanza che è stata lasciata tra un giro<br />
e l’altro, sulla pressione con la quale è stato collocato,<br />
sul diametro del filo impiegato in relazione<br />
allo spessore del ramo, sulla salute dell’albero e la<br />
sua età e sull’impressione che si è riusciti a dare.<br />
- Quando togliere il filo ? -<br />
Non vi è un periodo specifico per procedere allo<br />
svolgimento del filo: tutto dipende dalla rapidità di<br />
crescita dell’albero che è stato avvolto, come anche<br />
dalla parte trattata. Per esempio in un albero giovane,<br />
ma con accrescimento rapido e strato cambiale<br />
sottile, come l’Acero, il filo inizierà a incidere<br />
la corteccia dopo pochi mesi e, di conseguenza,<br />
il tempo di avvolgimento dovrà essere breve. Per<br />
lo stesso motivo, la cima e la parte apicale degli
la cui crescita è di solito molto più rapida di quella<br />
della parte inferiore, dovrà essere svolta qualche<br />
tempo prima. Come norma generale, si terranno gli<br />
alberi avvolti sotto osservazione costante e quando<br />
si noterà che l’avvolgimento comincia a incidere la<br />
corteccia, si provvederà allo svolgimento.<br />
Se il ramo svolto non rimane nella posizione desiderata,<br />
lo si avvolge di nuovo, eventualmente con<br />
del filo di spessore maggiore oppure raddoppiando<br />
il filo. Nel caso in cui il filo abbia inciso la corteccia<br />
profondamente, si eviterà di collocare di nuovo il<br />
filo sopra alle ferite precedenti e si applicherà pasta<br />
cicatrizzante. Per svolgere il filo dall’albero, si inizierà<br />
col tagliare il filo sottile prima e quello grosso<br />
poi, al contrario di quando si avvolge; di conseguenza,<br />
dovremo iniziare il procedimento, togliendo<br />
inizialmente il filo dai rametti secondari, successivamente<br />
da quelli principali e infine dal tronco.<br />
- Avvolgimento dei rami -<br />
Il primo punto da considerare, quando si comincia<br />
ad avvolgere, è il grado di pressione che deve<br />
raggiungere il filo sulla corteccia dell’albero. Se il<br />
filo è troppo pressato, l’albero non avrà spazio per<br />
crescere liberamente e si dovrà svolgere in un periodo<br />
di pochi mesi o anche di settimane. Se rimarrà<br />
allentato, non lavorerà sul ramo adeguatamente. I<br />
canoni classici giapponesi stabiliscono che tra il filo<br />
e la corteccia dell’albero deve esserci esattamente<br />
lo spessore di un foglio di carta. Ciò significa che<br />
il filo deve restare fissato al ramo, senza tuttavia<br />
strozzare la corteccia. Il secondo punto che si deve<br />
tenere in considerazione è che, quando si avvolge,<br />
il filo deve seguire la forma del tronco e del ramo.<br />
Se durante il lavoro di avvolgimento si tentasse<br />
contemporaneamente di dare la forma desiderata,<br />
probabilmente il ramo si spezzerebbe. Per effettuare<br />
un buon lavoro, è necessario che l’avvolgimento<br />
divenga un procedimento meccanico, eseguito automaticamente,<br />
una volta che si è decisa la posizione<br />
nella quale devono rimanere tronco e rami.<br />
L’applicazione inizierà sempre dal primo ramo partendo<br />
dal basso che andrà completato in tutte le<br />
sue parti prima di passare al successivo: si procederà<br />
dal ramo di maggiore dimensione verso i più<br />
piccoli, riducendo via via il diametro del filo.<br />
Il primo obiettivo è quello di stabilire l’angolo di inclinazione<br />
del filo tra le curve. Questo angolo, che<br />
per buona regola va mantenuto costantemente,<br />
deve essere di 45°. Il passo successivo sarà quello<br />
di controllare la diminuzione della distanza tra le<br />
curve, in conformità allo spessore variabile dei<br />
rami. Finché non ne avrete terminata l’applicazione<br />
vi conviene tenere sempre le forbici a portata di<br />
mano. Sebbene il filo sia piuttosto scomodo da<br />
lavorare, è meglio tagliarlo quando avrete finito<br />
di avvolgerlo, perché se lo tagliate troppo corto<br />
dovrete riapplicarlo e se lo tagliate troppo lungo si<br />
spreca. Sarà infine bene ricordarsi sempre che la<br />
presenza del filo non giova all’estetica dell’albero,<br />
pertanto esso andrà applicato con cura ed in minor<br />
Tecniche bonsai<br />
APPLICAZIONE DEL FILO - Antonio Acampora<br />
quantità possibile, cercando di non ostentarlo.<br />
Si posizioneranno i rami dopo aver applicato il filo.<br />
Si procede iniziando dal ramo che si diparte dal<br />
tronco dandogli l’inclinazione e la direzione voluta<br />
e quindi si passa alla ramificazione secondaria<br />
e terziaria. I rametti che andranno a formare un<br />
palco, andranno posti a guisa di mano con le dita<br />
aperte rivolte leggermente verso l’alto. Questo asseconderà<br />
il normale tropismo verso l’alto della<br />
vegetazione e consentirà inoltre di ricevere i raggi<br />
ultravioletti. Man mano che si sistemano i rami, è<br />
consigliabile interrompersi, allontanarsi un poco<br />
dalla pianta ed osservarla: ciò ci fornirà una più<br />
chiara visione del disegno che stiamo creando. La<br />
crescita dell’albero renderà necessario riapplicare<br />
il filo con una cadenza semestrale od annuale. Ritardando<br />
eccessivamente tale operazione, si consentirà<br />
al filo d’incidere i rami. In altre parole, la<br />
pianta crescerà nelle parti prive di filo, tra una spirale<br />
e l’altra, mentre sotto di esso no: il risultato<br />
consisterà nella formazione di solchi nella corteccia<br />
in cui si affosserà il filo. Tale evenienza è da evitarsi<br />
assolutamente, per svariati motivi. La pianta sarà<br />
penalizzata dal punto di vista estetico, in quanto<br />
i rami presenteranno solcature spiraliformi. Il filo<br />
affossato sarà molto più difficile da togliere, con<br />
rischio di compromissione del ramo durante il taglio.<br />
Infine un eccessivo sprofondamento del filo<br />
determinerà l’interruzione delle linee linfatiche con<br />
conseguente perdita del ramo o della pianta stessa.<br />
Pertanto non rinviate mai l’operazione di asportazione<br />
del filo. Piuttosto, trascurate la sua immediata riapplicazione,<br />
rimandandola ad un momento di maggior<br />
disponibilità di tempo (senza far passare mesi!).<br />
- Come tagliare il filo -<br />
Se lo tagliate obliquo è pericoloso perché<br />
può pungere il dito mentre lo staccate dalla<br />
pianta; meglio tagliare perpendicolarmente<br />
Si deve incominciare sempre dalla base, come<br />
quando si costruisce una casa, ma la rifinitura<br />
invece inizierà dall’apice procedendo verso il<br />
basso, perché i rametti e le foglie tagliate si depositano<br />
sui rami inferiori che, mentre vengono<br />
rifiniti vengono anche puliti. Questo fa sì che i<br />
rami, una volta lavorati, non siano più da ripulire.<br />
Quando lavorate una ceppaia è importante iniziare<br />
dagli alberi posti al centro, passando mano a mano<br />
a quelli esterni per non rovinare quelli già lavorati.<br />
È opportuno imparare sin dall’inizio, in modo corretto,<br />
l’applicazione del filo perché è molto difficile<br />
correggere una cattiva abitudine acquisita.<br />
La direzione dell’avvolgimento dipende dal lato verso<br />
il quale si vuole piegare il ramo o il tronco: quando<br />
dovete piegarlo a destra avvolgete il filo in senso<br />
orario e a sinistra in senso antiorario, ma quando arrivate<br />
nel tratto in cui il tronco deve essere piegato<br />
nella direzione opposta rispetto a quella precedente,<br />
agganciatelo sul ramo, oppure all’estremità del filo<br />
precedentemente applicato per poter invertire il giro.<br />
Il filo grosso da applicare sul tronco deve essere<br />
26
Tecniche bonsai<br />
27<br />
APPLICAZIONE DEL FILO - Antonio Acampora<br />
ancorato saldamente nella terra<br />
perché faccia presa, ma al momento<br />
di infilarlo, occorre fare<br />
attenzione a non rovinare il nebari.<br />
- Avvolgimento dei rami<br />
primari -<br />
Per l’ avvolgimento dei rami primari<br />
si segue lo stesso procedimento<br />
utilizzato per quelli secondari;<br />
però in questo caso è<br />
necessario avvolgere i rami due a<br />
due, senza dimenticare che, per<br />
avvolgere ogni coppia di rami, ci<br />
deve essere una distanza sufficiente,<br />
tra ciascuno di essi, che<br />
consenta almeno due giri di filo in<br />
qualche punto di tenuta.<br />
Il punto di tenuta generalmente<br />
può essere un ramo un po’ più<br />
grosso o il tronco. L’avvolgimento<br />
dei rami principali, due a due,<br />
ha diversi vantaggi: se si esegue<br />
adeguatamente, permette<br />
una buona aderenza del filo al<br />
tronco, inoltre evita, in molti<br />
casi, di dover incrociare i fili.<br />
Vediamo ora alcuni accorgimenti<br />
per eseguire le legature con qualsiasi<br />
tipo di filo. Il filo andrà avvolto<br />
su rami e tronchi, con spire<br />
il più regolare possibile e a 45°<br />
circa; ci aiuteremo con il pollice<br />
che tiene il filo fermo mentre facciamo<br />
la spira successiva (fig. 1)<br />
Il diametro da applicare non deve<br />
essere troppo grosso rispetto al<br />
ramo e non deve essere stretto<br />
troppo, pur essendo bene accostato<br />
non deve deformare il<br />
ramo creando delle strozzature<br />
(fig. 2).<br />
in questa scelta ci aiuterà molto<br />
la nostra esperienza. Non lasciare<br />
foglie e rametti sotto il filo (fig. 3).<br />
Usare due fili piuttosto che uno<br />
solo grosso, senza farli accavallare<br />
e il secondo filo si potrà utilizzare<br />
poi per un ramo secondario.<br />
Legando un ramo dalla base alla<br />
cima, verranno usati diametri<br />
sempre più piccoli (fig.5).<br />
Le spire troppo ravvicinate produ-<br />
cono un effetto a molla e tornano<br />
in dietro senza trattenere il ramo<br />
(fig. 6). Per ancorare il filo si può<br />
doppiarlo sullo stesso ramo (fig.<br />
7). Per legare il tronco ancoriamo<br />
il filo nel terreno e<br />
posteriormente al fronte (fig. 8).<br />
Per abbassare un ramo, il filo<br />
passerà sopra, tra il ramo ed il<br />
tronco sulla ascella superiore<br />
(fig. 9), per alzarlo si farà passare<br />
sull’ascella inferiore (fig. 10).<br />
Dovendo legare più rametti, fare<br />
attenzione a non accavallare i fili<br />
(fig. 11),<br />
ma fare in modo che questo non<br />
succeda (fig. 12).
Un caso frequente durante la<br />
legatura è quello di direzionare<br />
una forcella, vediamo come evitare<br />
alcuni errori. Guardando il<br />
disegno 13, questa legatura è<br />
corretta se dobbiamo stringere<br />
la forcella, ma diventa comple-<br />
tamente sbagliato se cerchiamo<br />
di allargarla perché il filo si allenterà<br />
molto alla base (fig. 14).<br />
Il sistema corretto lo vediamo<br />
nel disegno 15, dove abbiamo<br />
un primo filo che arriva dal ramo<br />
primario e il secondo che verrà<br />
posizionato facendolo passare<br />
all’interno della forcella in modo<br />
che non si allenti quando allarghiamo<br />
i rami. Ora ci appare<br />
più chiaro anche il disegno 12, e<br />
osservandolo sappiamo anche in<br />
che direzione andranno spostati<br />
i rami. Vediamo ora una serie<br />
di disegni dello stesso ramo<br />
con i fili posizionati in sequenza.<br />
Mettiamo il primo filo grande sul<br />
ramo primario senza arrivare in<br />
punta e rimanendo sul ramo più<br />
esterno (fig. 16), passiamo ora<br />
a legare il ramo A e finiamo di<br />
legare l’apice del ramo B (fig. 17).<br />
Finiamo la nostra legatura con il<br />
ramo C e D (fig. 18), ora abbiamo<br />
fatto un buon lavoro.<br />
In questo esempio (fig. 19)<br />
Tecniche bonsai<br />
APPLICAZIONE DEL FILO - Antonio Acampora<br />
vediamo dei rami opposti alla fine<br />
di un grosso ramo. Ora il problema<br />
è che non possiamo applicare<br />
la tecnica del disegno 15, perché<br />
il filo che serve a legare il grosso<br />
ramo primario è decisamente<br />
grande per uno dei rametti, allora<br />
dobbiamo utilizzare un filo<br />
più sottile facendolo arrivare da<br />
un rametto sottostante. Adesso<br />
i nostri rametti sono a posto.<br />
Se nel posizionare un ramo dobbiamo<br />
anche ruotarlo su se stesso,<br />
ricordiamo di avvolgere il filo<br />
con le spire nel senso di rotazio-<br />
ne che daremo poi al ramo (fig.<br />
20). Un’altra tecnica per piegare<br />
i rami è quella dei pesi, ma essa<br />
presenta solo svantaggi rispetto<br />
al filo. Di solito (anzi sempre)<br />
il peso da rami ad arco, il ramo<br />
si può solo abbassare e non si<br />
può sollevare, e non si possono<br />
dare curve orizzontali. Un altro<br />
inconveniente è che se il nostro<br />
bonsai è educato con i pesi<br />
non si potrà più spostare senza<br />
rischiare di creargli gravi danni.<br />
-Avvolgimento del tronco-<br />
L’avvolgimento del tronco implica<br />
alcune circostanze particolari che<br />
obbligano ad uno studio dettagliato<br />
e preventivo dello stesso.<br />
Davanti ad un tronco senza inte-<br />
28
Tecniche bonsai<br />
29<br />
APPLICAZIONE DEL FILO - Antonio Acampora<br />
resse, o che non si adatta bene allo stile<br />
scelto per le fronde, la prima considerazione<br />
da fare è se si potrà o meno modificarne<br />
la forma. Se è grosso, si avranno<br />
difficoltà al momento di scegliere il diametro<br />
di filo adatto; infatti un tronco<br />
grosso presuppone, in generale, un albero<br />
più o meno vecchio caratterizzato da<br />
una maggiore rigidità e di conseguenza<br />
potrebbe rompersi durante la piegatura.<br />
Per questo è meglio cominciare a modellare<br />
il tronco del proprio bonsai quando<br />
è ancora giovane e pertanto flessibile.<br />
Questo ci obbliga ad “immaginare” in anticipo<br />
quella che sarà la forma dell’albero<br />
tra quattro o cinque anni. Forse sarà difficile<br />
per un principiante, ma l’arte bonsai<br />
si occupa appunto di questo: imparare a<br />
modellare, creare ed in definitiva immaginare.<br />
Per quanto riguarda la tecnica ed<br />
il procedimento sono gli stessi descritti<br />
per l’avvolgimento dei rami primari e<br />
secondari e per cui i principi generali<br />
rimangono invariati.<br />
- L’Avvolgimento - Epoca di<br />
avvolgimento -<br />
Nel caso di un albero con foglie caduche,<br />
sembrerebbe ovvio effettuare 1’ avvolgimento<br />
durante l’inverno, quando 1’<br />
albero ha perso le foglie e la silhouette<br />
è ben visibile. Tuttavia questo periodo<br />
ha i suoi inconvenienti: la ramificazione<br />
degli alberi in inverno non è flessibile<br />
come in primavera o in estate; in questa<br />
stagione, i rami sui quali collocheremo<br />
il filo sono già lignificati, e ciò significa<br />
che non saranno attivi fino a che la linfa<br />
non comincerà di nuovo a circolare.<br />
Questo può non sembrare importante,<br />
ma se si dovesse spezzare qualche ramo,<br />
non si cicatrizzerebbe fino alla primavera<br />
successiva e pertanto si rischierebbe<br />
di perderlo. Al contrario, in primavera<br />
l’albero è più flessibile e, se si osservano<br />
attentamente le prime germogliazioni,<br />
il nostro lavoro non verrà reso difficile<br />
dal fogliame troppo sviluppato. Inoltre,<br />
in questo periodo si potrà notare meglio<br />
la posizione delle gemme da cui nasceranno<br />
le nuove foglie, e perciò sarà molto<br />
più facile non schiacciarle con il filo.<br />
C’è comunque un’eccezione: le conifere.<br />
L’epoca più opportuna per l’avvolgimento<br />
delle conifere, che mantengono sempre i<br />
loro aghi, è quella in cui le gemme non<br />
sono attive, cioè il periodo compreso tra<br />
l’autunno, in cui si sono già formate le<br />
nuove gemme, e la primavera, quando<br />
esse germogliano. Inoltre, in tali epoche<br />
cominciano a cambiare il fogliame, per<br />
cui si potranno vedere i rami più facilmente.<br />
SUGGERIMENTI<br />
Avvolgere nel periodo più idoneo per la specie che si sta<br />
trattando.<br />
Utilizzare un diametro di filo adeguato alla parte che si desidera<br />
modellare: rami secondari, primari, e tronco.<br />
Procedere all’avvolgimento seguendo un andamento a spirale<br />
e un’inclinazione di 45°.<br />
Applicare il filo per gradi: per primo il filo di diametro superiore<br />
e poi via ,via i fili con diametro inferiore.<br />
Evitare l’avvolgimento troppo stretto.<br />
L’importanza di due spire di fissaggio quando si avvolgono<br />
i rami a due a due.<br />
Non sbagliare la direzione dell’avvolgimento. Se si vuole<br />
spostare il ramo verso destra le spire del filo andranno<br />
verso destra.<br />
Per abbassare un ramo le spire del filo partono da sotto,<br />
per alzarlo partono da sopra.<br />
Quando il filo è corto, è sempre possibile aggiungerne<br />
un’altro nella parte finale, a condizione che accompagni per<br />
almeno due tre spire il primo e lo segua senza accavallarsi.<br />
Quando il filo non permette di avvicinare due rami, la soluzione<br />
è facile:si toglie il filo e lo si rimette nella direzione<br />
contraria.<br />
Attenzione al periodo dell’avvolgimento.<br />
Non mettere il filo troppo vicino ai germogli, potrebbero<br />
anche seccare.<br />
Se il filo ha inciso la corteccia , non è necessario rinunciare<br />
a mettere di nuovo il filo su quel ramo. La soluzione è proteggere<br />
il ramo con della rafia, e avvolgere sopra il filo.<br />
Nel mettere il filo si eviti di schiacciare foglie aghi, gemme,<br />
germogli e altri rametti.<br />
Piegando, attenzione alla corteccia. In primavera le conifere<br />
sono delicate: la corteccia “scivola” sopra il legno<br />
causando la morte del ramo.<br />
Se occorre avvolgere il tronco il filo deve partire dal<br />
terriccio.
Il <strong>Napoli</strong> <strong>Bonsai</strong> <strong>Club</strong> è nato ad ottobre<br />
1996 su proposta di tredici amici<br />
amatori del <strong>Bonsai</strong>,che si incontravano<br />
nel vivaio “Iodice”. Si è così costituito<br />
nel napoletano un punto di riferimento<br />
per tutti gli appassionati, e per<br />
fornire ai neofiti un bagaglio iniziale di<br />
informazioni corrette sul bonsai, e a<br />
chi era più avanti, la possibilità di affinare<br />
le proprie conoscenze e tecniche.<br />
Dal 1996 il <strong>Napoli</strong> <strong>Bonsai</strong> <strong>Club</strong> ha dato<br />
inizio sia ad un corso di base, che di<br />
perfezionamento di tecnica bonsai,<br />
riservati agli associati e tenuti dagli<br />
istruttori UBI, Loris Tango e Massimo<br />
Schioppa, soci del <strong>Napoli</strong> <strong>Bonsai</strong> <strong>Club</strong>,<br />
e da Sandro Segneri. Tali corsi biennali<br />
hanno trattato tutti gli<br />
argomenti di teoria e<br />
tecnica bonsai. Questi<br />
corsi sono stati integrati<br />
in questi anni con<br />
incontri-laboratori di<br />
Hideo Suzuki (1996),<br />
di Armando Lisetto<br />
(1997), di Cesare Brusa<br />
(1997), ecc. Ricordiamo<br />
brevemente anche<br />
che già dal 1995,<br />
anno di fondazione, il<br />
<strong>Club</strong> ha partecipato<br />
a manifestazioni come “Flora ‘95” e<br />
“Flora ‘96” ad Ercolano.<br />
Nel 1997 ha organizzato nel Chiostro<br />
piccolo di Santa Chiara, la mostra annuale,<br />
dove oltre ad esporre gli esemplari<br />
più belli sono state effettuate, a<br />
cura di S. Segneri e S. Liporace, dimostrazioni<br />
che hanno richiamato<br />
l’attenzione di molti visitatori.<br />
Per il 1998 il <strong>Napoli</strong> <strong>Bonsai</strong> <strong>Club</strong> ha<br />
adottato un progetto didattico in cui<br />
gli istruttori L. Tango, D. Mondelli,<br />
S. Segneri, ognuno con le proprie<br />
peculiarità e competenze, ma uniti<br />
Vita da club<br />
<strong>Napoli</strong> <strong>Bonsai</strong> <strong>Club</strong> ONLUS - Antonio Acampora 30<br />
nell’operare nel rispetto dello spirito<br />
del <strong>Bonsai</strong>, daranno ai soci le corrette<br />
nozioni sul significato del bonsai e dei<br />
suoi aspetti filosofici, estetici e di fisiologia<br />
vegetale.<br />
Per il 1999, il nostro sogno rimasto<br />
fino ad ora nel cassetto, si è realizzato,<br />
il <strong>Napoli</strong> <strong>Bonsai</strong> <strong>Club</strong> ha ospitato<br />
e seguito nella propria città, i corsi<br />
della Scuola d’Arte <strong>Bonsai</strong>. Questa<br />
scelta fatta dal N.B.C. di portare a <strong>Napoli</strong><br />
la Scuola d’Arte <strong>Bonsai</strong>, è maturata<br />
sin dall’inizio; convinti che in un<br />
mondo bonsai confuso, dove ogni istruttore<br />
ha una sua idea, e interpretazione<br />
particolare del <strong>Bonsai</strong>. Dove<br />
si sfrutta al massimo<br />
la tecnica per dargli<br />
solo una forma esteriore,<br />
ma poi col passare<br />
del tempo anziché<br />
perfezionarsi, i difetti<br />
crescono tanto da non<br />
poter più essere corretti.<br />
In tutto questo,<br />
invece noi crediamo, e<br />
la Scuola d’Arte <strong>Bonsai</strong>,<br />
ci dà l’opportunità<br />
di attuarlo, che il <strong>Bonsai</strong><br />
deve essere ispirato<br />
dall’immensa bellezza della natura<br />
che suscita emozioni meravigliose.<br />
Che il compito del bonsaista è di evidenziare<br />
la bellezza degli alberi facendoli<br />
crescere con amore e con cura,<br />
e nel frattempo anche la tecnica del<br />
bonsaista si raffina e migliora.<br />
Nel 2006 anniversari della fondazione<br />
del <strong>Club</strong> si è svolta la manifestazione<br />
KOKORO-NO BONSAI TEN – 2006<br />
‘Esposizione <strong>Bonsai</strong> dell’anima, della<br />
mente, e del cuore’, manifestazione<br />
che ha unito le due scuole che si sono<br />
avvicendate a <strong>Napoli</strong>: <strong>Bonsai</strong> Creativo<br />
School-Accademia e Scuola d’Arte
31<br />
Vita da club<br />
<strong>Napoli</strong> <strong>Bonsai</strong> <strong>Club</strong> ONLUS - Antonio Acampora<br />
<strong>Bonsai</strong>, riscontrando un successo nazionale<br />
con più di cinquantadue bonsai<br />
esposti e giudicati dal Maestro Hideo<br />
Suzuki.<br />
Il <strong>Napoli</strong> <strong>Bonsai</strong> <strong>Club</strong> tiene le sue riunioni<br />
settimanali il sabato mattina e<br />
pomeriggio nella propria sede. Questo<br />
per consentire la massima partecipazine<br />
di tutti i soci, privilegiando<br />
l’attività pratica con piante portate dagli<br />
stessi soci. Inoltre sono state programmate<br />
escursioni e gite nei boschi<br />
all’osservazione di piante e suiseki.<br />
Prima di chiudere questa breve scheda<br />
di presentazione, non si può non<br />
fare riferimento ai sogni ed alle prospettive<br />
che accompagnano<br />
l’attività del<br />
<strong>Napoli</strong> <strong>Bonsai</strong> <strong>Club</strong>. Il<br />
nostro sogno è quello<br />
di riuscire a fondere<br />
la nostra tipica creatività<br />
mediterranea con<br />
la grande e profonda<br />
esperienza di un maestro<br />
giapponese. Il<br />
cammino non è facile<br />
anche per la crescita<br />
notevole del numero<br />
degli iscritti, che da<br />
una dozzina sono passati ad oltre una<br />
quarantina. Lungo è ancora il cammino<br />
per giungere ai risultati prefissati,<br />
ma quest’arte c’insegna che pazienza<br />
e umiltà, qualità spesso dimenticate<br />
dai bonsaisti occidentali, ripagano di<br />
ogni fatica e sacrificio. Le prospettive<br />
sono legate all’evoluzione del rapporto<br />
con altri <strong>Club</strong> e Associazioni: vogliamo<br />
collaborare, scambiare esperienze,<br />
vogliamo far crescere la cultura del<br />
<strong>Bonsai</strong> e Suiseki, allargando il consueto<br />
campo d’azione alla conoscenza ed<br />
al rispetto della natura, alla filosofia<br />
e all’arte del <strong>Bonsai</strong>. Il <strong>Napoli</strong> <strong>Bonsai</strong><br />
<strong>Club</strong> ha già instaurato un reciproco e<br />
proficuo rapporto di collaborazione sia<br />
con i <strong>Club</strong> e Associazioni della Campania<br />
che con quelli di altre regioni. Ed<br />
è in quest’ottica che nel Giugno 2008<br />
è nato il <strong>Napoli</strong> <strong>Bonsai</strong> <strong>Club</strong> Forum,<br />
spazio aperto a coloro che desiderano<br />
condividere la propria conoscenza e le<br />
proprie esperienze con tutti gli altri,<br />
ma anche uno spazio dedicato a tutti<br />
i suisekisti che finora non avevano in<br />
internet una piattaforma per promuovere,<br />
dialogare e discutere su tutto ciò<br />
che ruota attorno al magico pianeta<br />
Suiseki. L’idea sulla quale il forum è<br />
nato, e speriamo possa prosperare, è<br />
essenzialmente quella per cui questo<br />
spazio è aperto a quanti vogliano scrivere,<br />
l’importante è<br />
che essi facciano trasparire<br />
il loro modo di<br />
vivere il bonsai ed il<br />
suiseki, e a non giudicare<br />
solo se il forum<br />
c’insegna qualcosa, ma<br />
di pensare che dietro<br />
ad ogni scritto c’è una<br />
persona che sta percorrendo<br />
un cammino.<br />
Cammino illuminato da<br />
fari del panorama bonsaista/suisekistaitaliano<br />
ed internazionale, grandi maestri<br />
a cui vanno i nostri più sinceri ringraziamenti,<br />
che con pazienza e voglia di<br />
promuovere la bellezza e la passione<br />
per queste arti hanno accettato di far<br />
parte di questa nuova nonchè unica<br />
comunità che ha nel web i sui incontri<br />
quotidiani.
La patologia vegetale, è<br />
una delle Scienze Agrarie<br />
che studia le alterazioni<br />
strutturali e/o fisiologiche di singoli<br />
individui o di intere popolazioni vegetali.<br />
Per malattia s’intende un’anomalia<br />
strutturale o fisiologica derivante<br />
dall’attacco di patogeni che possono allontanare<br />
il vegetale dallo stato di normalità.<br />
Le malattie si dividono in:<br />
Malattie di origine entomofila<br />
Malattie di origine crittogamiche<br />
Malattie di origine batterica<br />
Virosi<br />
Malattie di origine entomofila<br />
Sono tutte patologie imputabili ad insetti.<br />
Questi, in base al danno che provocano<br />
sulla pianta si differenziano in<br />
base al loro apparato boccale che può<br />
essere pungente-succhiatore o masticatore.<br />
Ne fanno parte afidi, tignole,<br />
cocciniglie di diverse specie, coleotteri,<br />
tarli, mosche bianche ed acari tipo ragno<br />
rosso e giallo.<br />
Si combattono con Insetticidi (per insetti)<br />
e con Acaricidi (per acari-ragni rossi<br />
e gialli) di tipo di copertura e sistemici.<br />
Soffermiamoci sugli AFIDI. Questi insetti<br />
non agiscono in pochi individui, ma<br />
in popolazioni di centinaia ed il danno<br />
che ognuno provoca è molto amplificato.<br />
Sono dotati di un apparato boccale<br />
succhiatore, costituito da una sorta di<br />
“cannuccia” chiamato Stiletto, questo è<br />
in grado di penetrare i tessuti esterni<br />
degli organi verdi teneri primaverili e di<br />
arrivare fino ai fasci Floematici, da cui<br />
può trarre nutrimento grazie alla linfa<br />
elaborata ricca di sostanze zuccherine.<br />
Che insetto è?<br />
PATOLOGIA VEGETALE I parte - Luca Bragazzi 32<br />
Il danno meccanico è trascurabile se la<br />
popolazione non è molto numerosa, comunque<br />
è sempre in atto un processo<br />
di disidratazione dovuta, alla perdita<br />
di liquidi importantissimi per la fisiologia<br />
della pianta. Ma il danno collaterale<br />
dovuto a ciò che gli afidi trasportano<br />
è di notevole importanza oltre che di<br />
preoccupante entità sotto il profilo fitosanitario.<br />
Nel momento in cui gli afidi<br />
inseriscono lo stiletto nei tessuti floematici,<br />
iniettano delle sostanze anticoagulanti<br />
che limitano i processi di<br />
chiusura della ferita che la pianta<br />
mette in atto per arginare l’attacco,<br />
ma insieme a queste sostanze gli afidi<br />
potrebbero trasmettere anche Virus.<br />
Proprio nel loro apparato boccale, possono<br />
stazionare virus fitopatogeni, a<br />
loro volta prelevati dalla linfa infetta<br />
di altre piante precedentemente visitate<br />
dall’afide. Questo fenomeno rende<br />
l’afide un perfetto vettore di malattie<br />
molto più gravi e di difficile se non impossibile<br />
cura. Purtroppo la cura contro<br />
molti virus ad oggi è ancora in fase di<br />
studio, per cui i metodi di lotta sono di<br />
tipo preventivo contro il vettore, ovvero<br />
contro l’afide e non contro il virus. Il<br />
principio di lotta è quello di evitare che<br />
l’afide arrivi sull’ospite e quindi possa<br />
eventualmente trasmettere malattie<br />
virotiche che vedremo su questo magazine<br />
prossimamente. I fitofarmaci attivi<br />
contro gli afidi (e non solo) sono gli insetticidi,<br />
di copertura e sistemici studiati<br />
ed applicati a scopo preventivo ed<br />
a volte curativo per scongiurare l’arrivo<br />
di tali insetti. Il maggior pericolo si presenta<br />
in primavera e primo autunno in<br />
cui tutti gli insetti sono maggiormente<br />
attivi per la grande disponibilità di cibo<br />
presente in natura.
<strong>Bonsai</strong>&Suiseki Magazine Mensile Anno I - n. 1 <strong>Gennaio</strong> <strong>2009</strong>