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Relazione introduttiva di Savino Pezzotta - segretario generale ... - Cisl

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Le evoluzioni dell’economia si sono intrecciate con i mutamenti della <strong>di</strong>mensione politica:<br />

il mondo è fortemente cambiato con il venire meno del “blocco” sovietico;<br />

il Patto <strong>di</strong> Varsavia non esiste più;<br />

si è scatenata in molti paesi, fuori della camicia <strong>di</strong> forza della guerra fredda, la rincorsa ad<br />

un in<strong>di</strong>pendentismo che esaspera le <strong>di</strong>fferenze;<br />

la Nato ha assunto una nuova natura e nuovi Paesi sono entrati a farne parte;<br />

Le nuove tecnologie hanno trasformato il quadro globale della produzione, del lavoro, del<br />

commercio e della vita civile innervando il “mondo” con una rete <strong>di</strong> telecomunicazioni <strong>di</strong><br />

nuovo tipo che consentono scambi istantanei <strong>di</strong> ogni genere tra centinaia <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui,<br />

imprese, servizi e paesi.<br />

Siamo dunque entrati in una nuova fase della storia, dove alte sono le potenzialità <strong>di</strong> sviluppo e <strong>di</strong><br />

crescita umana.<br />

Ma dove non tutto quello che luccica è oro.<br />

Servono un’etica e una politica della globalizzazione<br />

Andate, infatti, a parlare <strong>di</strong> libero commercio a chi cerca <strong>di</strong> produrre ai prezzi più bassi possibili le<br />

me<strong>di</strong>cine contro l’Aids e vi scontrerete subito con le barriere dei brevetti. Al Sudafrica, per vincere<br />

su questo punto, è stato necessario mettere paura alle multinazionali del settore, non certo con la<br />

Corte d’appello <strong>di</strong> Città del Capo, ma col tribunale dell’opinione pubblica e dei me<strong>di</strong>a che rischiava<br />

<strong>di</strong> influire troppo negativamente su immagine e ven<strong>di</strong>te; altrimenti, giuri<strong>di</strong>camente e politicamente,<br />

i sudafricani mai ce l’avrebbero fatta.<br />

Eppure, la globalizzazione, sembra essere oggi più un destino che una scelta. Un destino perché non<br />

possiamo semplicemente or<strong>di</strong>nare che si fermino i processi in corso. In sé, la globalizzazione non è<br />

un fenomeno né buono né cattivo. A volte ne potranno derivare minacce alla <strong>di</strong>gnità umana, altre<br />

volte una valorizzazione: ecco perché è un destino e non un fato. Serve dunque che venga costruita<br />

un’etica della globalizzazione in grado <strong>di</strong> fornire i criteri <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio e <strong>di</strong> valutazione per <strong>di</strong>scernere<br />

i rischi e le opportunità.<br />

In questo contesto, il compito del sindacalismo dovrebbe essere quello <strong>di</strong> prevenire e <strong>di</strong> ridurre<br />

l’ingiustizia.<br />

La caratteristica che oggi sembra prevalere nell’economia globalizzata è quella che tende ad<br />

imporsi come una specie <strong>di</strong> legge comune universale, portatrice <strong>di</strong> una scala <strong>di</strong> valori<br />

in<strong>di</strong>vidualistici, a cui si pretende <strong>di</strong> uniformare stili <strong>di</strong> lavoro, <strong>di</strong> vita e <strong>di</strong> organizzazione sociale,<br />

<strong>di</strong>struggendo sistemi <strong>di</strong> tutela e orientamenti <strong>di</strong> valore. E’ la concorrenza accentuata, dovunque e<br />

comunque, in ogni <strong>di</strong>rezione e a ogni <strong>di</strong>mensione.<br />

Non ritengo che sia necessario qui documentare gli effetti perversi <strong>di</strong> una globalizzazione senza<br />

regole:<br />

dalla enorme concentrazione <strong>di</strong> ricchezza e <strong>di</strong> potere economico nelle mani <strong>di</strong> pochi<br />

gruppi finanziari e impren<strong>di</strong>toriali, alla deriva <strong>di</strong> interi popoli e continenti per lo<br />

sfruttamento, attraverso il debito estero, dei paesi poveri;<br />

dalla crescita mon<strong>di</strong>ale della <strong>di</strong>soccupazione e della sottoccupazione, alla <strong>di</strong>ffusione<br />

delle nuove povertà e all’accentuazione <strong>di</strong> quelle vecchie, anche tra persone con un<br />

lavoro e nei paesi più avanzati; nella ricca Europa dell’Euro, quasi 61 milioni <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ni<br />

vivono “alla soglia della povertà” e 25 milioni in “stato <strong>di</strong> povertà permanente”;<br />

dal ritorno alla schiavitù e allo sfruttamento inumano del lavoro <strong>di</strong> centinaia <strong>di</strong> milioni <strong>di</strong><br />

uomini, donne, bambini (250 milioni tra i 5 e i 14 anni) nei paesi poveri, alle gran<strong>di</strong><br />

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