A. Medica 1-13.pdf - Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri di ...

Direttore Responsabile
Dr. Biagio Scandurra
Redattore Capo
Dr. Gaetano De Grande
Comitato di Redazione
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Comitato Scientifico
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Editore
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di Invernale Antonino
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In copertina
Siracusa - Tempio di Giove
foto di Luca Scamporlino
Autorizzazione Tribunale di Siracusa n. 21 del 2/12/1989
Anno XXIV, n. 1 - Gennaio / Febbraio 2013
Diffusione gratuita a tutti gli iscritti all'Ordine di Siracusa
ed a tutti gli Ordini d'Italia.
Comunicazioni
SOMMARIO
Domande e risposte sul deposito del materiale
promozionale rivolto agli operatori sanitari................... 3
Informazioni in materia di contraffazione dei cosmetici 7
Linee guida nazionali per la prevenzione e
la gestione clinica dei traumi dentali................................ 9
Chiarimenti in materia di numerazione delle fatture.. 11
Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese ...... 12
Legge di stabilità 2013 - Proroga autocertificazione
al 30 giugno 2013 - Eventuale esenzione Irap .......... 14
Piano triennale di prevenzione della corruzione
nelle pubbliche amministrazioni - Legge 190/12 .......... 17
La scomparsa di Matteo Sgarlata.................................. 18
Scienza e Formazione
Disposizioni per garantire l’accesso
alle cure palliative e alla terapia del dolore ............. 19
L’espianto ed il trapianto di cornea a Siracusa ......... 22
Cultura e Società
Immaginare la vecchiaia di Vincenzo Bosco .............. 25
L’Ordine benedettino e la medicina monastica
di Andrea Piccolo .............................................................. 27
Il cadavere e l’aldilà nell’etnoiatrica ............................ 29

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Una cronaca documentata, lontana dalle regole del quotidiano.
Una raccolta di approfondimenti che svelano
gli aspetti più intimi di una città.
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sempre e comunque alla ricerca del volto unico degli aretusei.
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1/2013 ARETUSA MEDICA
Nota di redazione
L’AIFA ha pubblicato le risposte ad una
serie di domande riguardanti il materiale
promozionale per gli operatori sanitari. Ci
sono alcune indicazioni importanti per tutti i
medici, che è opportuno conoscere.
Domande e Risposte sul deposito del
materiale promozionale rivolto agli operatori
sanitari.
1) Se un’azienda intende promuovere
la propria immagine istituzionale, il relativo
materiale va depositato presso
l’AIFA?
No, a condizione che il materiale promuova
l’immagine o il logo di un’impresa,
senza alcuna estensione, neppure indiretta,
ai prodotti ad essa – a qualunque titolo –
ascrivibili.
2) Il mezzo promozionale costituito unicamente
dal riassunto delle caratteristiche
del prodotto va depositato presso
l’AIFA?
No, a condizione che esso sia privo di
qualunque elemento promozionale; il mezzo
promozionale (MP) costituito unicamente
dal riassunto delle caratteristiche del prodotto
(RCP) dovrà comunque essere completo
delle previste informazioni relative a
classificazione ai fini della fornitura, regime
di rimborsabilità e prezzo (così è di seguito
indicato come: “scheda tecnica”).
COMUNICAZIONI 3
DOMANDE E RISPOSTE SUL DEPOSITO
DEL MATERIALE PROMOZIONALE
RIVOLTO AGLI OPERATORI SANITARI
3) Il materiale informativo di consultazione
scientifica ceduto a titolo gratuito
ai sensi dell’art. 123 comma 2 del D.
Lgs. 219/2006 e del DM 14 aprile 2008
deve essere depositato?
No. È necessario, tuttavia, darne comunicazione
all’AIFA, almeno dieci giorni prima
della cessione del materiale, con lettera
recante le informazioni minime indicate al
punto 4. Ciò, al fine di consentire all’Agenzia
l’espletamento, a campione, delle previste
attività di verifica e controllo. Tale materiale
informativo non recherà, ovviamente,
la data di deposito, mentre è accettabile
che includa la pubblicità istituzionale dell’azienda,
così come definita al punto 1.
4) Quali informazioni devono accompagnare
il deposito del MP?
Il deposito di ogni MP deve essere accompagnato
da una lettera (su carta intestata
dell’Azienda che effettua il deposito e
debitamente datata e firmata) recante, in
forma schematica, almeno le seguenti informazioni
minime:
I) Base legale del deposito (indicata in
termini sintetici, ma facendo esatto riferimento
ai pertinenti articoli del Titolo VIII e
non, genericamente al solo art. 120, comma
1; e.g. MP di medicinali soggetti a prescrizione
medica limitativa (art. 119, comma
1 [con “la specificazione del tipo di
struttura o di specialista autorizzato alla

4 COMUNICAZIONI
prescrizione” prevista dall’art. 93]); MP di
medicinali vendibili senza prescrizione medica
rivolto ai farmacisti del territorio (art.
121, comma 2); pubblicità sui medicinali
omeopatici (artt. 120, comma 1-bis e 128).
II) Codice aziendale del deposito.
III) Denominazione del/i medicinale/i
(nel caso di materiale informativo di consultazione
scientifica ceduto a titolo gratuito ai
sensi dell’art. 123, comma 2, indicare “n.a.”).
ARETUSA MEDICA 1/2013
IV) Tipo di rapporto con il titolare AIC,
nel caso l’impresa che deposita il materiale
non sia il titolare medesimo.
V) Tipologia del MP indicando una o
più delle diciture riportate di seguito (nella
colonna di sinistra) ed una breve descrizione
del materiale promozionale (e.g. “presentazione:
slide kit dal titolo…” oppure
“cartellina porta reprint dal titolo… – reprint
Rossi et al., dal titolo…”):

1/2013 ARETUSA MEDICA
VI) Gli operatori sanitari cui è rivolto il
MP, indicando una o più delle seguenti opzioni:
VII) La modalità di divulgazione del MP, indicando
una o più delle seguenti opzioni:
VIII) Elenco allegati (e.g. bibliografia).
IX) Indirizzo di posta elettronica certificata
cui inviare eventuali comunicazioni.
5) Come si deve procedere nel caso si
intenda, successivamente al deposito,
apportare modifiche al MP o variare le
modalità di realizzazione della campagna
pubblicitaria?
Nella scheda tecnica (così come definita
al punto 2) ed anche nel MP, l’indicazione
della fornitura, della rimborsabilità e del
prezzo può essere aggiornata, senza che
ciò comporti l’obbligo di un nuovo deposito
presso l’AIFA, riportando la relativa data
di validità (e.g. “Prezzo al pubblico in vigore
dal…”).
COMUNICAZIONI 5
Non è necessario procedere ad un nuovo
deposito anche nel caso siano modificati
i destinatari del MP e/o le modalità di divulgazione
indicati al momento del deposito
(vedi punto 4), titoli VI e VII, a condizione
di non alterare in alcun modo il MP, data
di deposito compresa.
Nelle circostanze sopra descritte è sempre
necessario, comunque, trasmettere una
comunicazione all’AIFA prima della divulgazione
del MP modificato, indicando il codice
identificativo del MP (vedi punto 4), titolo
II, la sua data di deposito e le modifiche
apportate.
Resta invece ferma la necessità di depositare
presso l’AIFA una versione aggiornata
del MP qualora venga modificato il RCP o
venga apportata qualsiasi modifica al MP

6 COMUNICAZIONI
diversa da quelle sopra elencate e l’Azienda
intenda proseguirne la distribuzione.
6) È possibile inviare la bibliografia e/o
altri allegati in formato elettronico?
Sì. È raccomandabile che la bibliografia
(che deve sempre comprendere anche una
elaborazione grafica del RCP che riporti in
evidenza le parti richiamate nel MP) ed
eventuali altri allegati siano depositati solo
in versione elettronica su CD o altro supporto
informatico, avendo comunque cura
di evidenziare le citazioni riportate nel MP
e di lasciare utilizzabili nel file le funzioni
“trova” e “copia”.
7) Come si procede nel caso si intenda
ARETUSA MEDICA 1/2013
segnalare all’AIFA la presenza di presunte
irregolarità nel materiale promozionale
dei prodotti medicinali?
Chiunque ha facoltà di richiamare l’attenzione
dell’AIFA sul materiale promozionale
diffuso da un’azienda farmaceutica,
se ritenuto non conforme alla disciplina del
Titolo VIII. Allo scopo di consentire un’adeguata
valutazione da parte dell’Agenzia, si
raccomanda di allegare copia del MP in
questione e di fornire dettagli circa il suo
rinvenimento. Vanno, inoltre, esposte sinteticamente
le ragioni della presunta non conformità,
facendo puntuale ed esclusivo riferimento
ai pertinenti articoli del Titolo VIII. È
necessario, infine, che il segnalatore si identifichi
e indichi un proprio recapito.
Dott. MICHELE LO MAGRO
PSICOTERAPEUTA
SPECIALISTA IN PSICHIATRIA
Studio: Via Po, 10 - Siracusa - Tel. 0931/64817

1/2013 ARETUSA MEDICA
In Italia la produzione e la vendita di prodotti
cosmetici sono disciplinate dalla Legge
11 ottobre 1986, n. 713, che ha recepito
la Direttiva comunitaria 76/768/CEE,
emanata al fine di rendere uniforme a livello
europeo la disciplina relativa alla produzione
e alla vendita dei cosmetici.
Per prodotti cosmetici si intendono “le
sostanze e le preparazioni, diverse dai medicinali,
destinate ad essere applicate sulle
superfici esterne del corpo umano (epidermide,
sistema pilifero e capelli, unghie, labbra,
organi genitali esterni) oppure sui denti
e sulle mucose della bocca allo scopo,
esclusivo o prevalente, di pulirli, profumarli,
modificarne l’aspetto, correggere gli odori
corporei, proteggerli o mantenerli in buono
stato” (art. 1, Legge 713/86).
La Legge 713/86 disciplina, in particolare,
gli aspetti relativi alla composizione
dei prodotti cosmetici, alla presentazione
(intendendosi per presentazione l’etichettatura,
il confezionamento e ogni altra forma
di rappresentazione esterna del prodotto) e
agli adempimenti necessari per avviare la
produzione e la vendita o procedere all’importazione
di prodotti cosmetici.
Il 22 dicembre 2009, nella G.U. dell’UE
è stato pubblicato il Regolamento (CE) n.
1223/2009 sui cosmetici, allo scopo di armonizzare
le disposizioni già esistenti in materia
(Direttiva Europea 76/768/CEE e successive
modifiche). Le disposizioni del nuovo
Regolamento si applicano a decorrere
dall’11 luglio 2013 ad eccezione di alcune
norme già applicabili o applicabili a breve.
COMUNICAZIONI 7
INFORMAZIONI IN MATERIA DI
CONTRAFFAZIONE DEI COSMETICI
Anche per i prodotti cosmetici il fenomeno
della contraffazione è purtroppo vivo (le
stime fornite dalle associazioni di categoria
danno il fenomeno in crescita). I prodotti risultati
maggiormente oggetto di contraffazione
sono i profumi e i dentifrici, ma il fenomeno
si sta estendendo anche a saponi e
detergenti. Per cosmetico contraffatto si può
fare riferimento alla definizione data dal Regolamento
Europeo n. 1383 del 22 luglio
2003: “Per merce contraffatta si intende il
prodotto, incluso l’imballaggio, su cui sia
stato apposto senza autorizzazione un marchio
commerciale identico ad uno validamente
registrato per lo stesso tipo di prodotto
o, comunque, un marchio che non ne possa
essere distinto nei suoi aspetti essenziali”.
Le sanzioni comminate a seguito delle
violazioni previste in tema di marchi sono
disciplinate dal codice civile, dal codice penale
e dal codice di diritto industriale.
La contraffazione di cosmetici ha conseguenze
gravi sia dal punto di vista della salute
che del mercato: è palese il danno alla
salute, trattandosi di prodotti di provenienza
sconosciuta che possono essere fabbricati
senza nessun tipo di garanzia in termini
di qualità e sicurezza, nei quali si riscontra
spesso presenza di sostanze vietate, di
impurezze di vario tipo, tra cui metalli pesanti,
e di un’elevata carica batterica. I prodotti
sono immessi sul mercato in modo illegale
e, per altro verso, la violazione dei diritti
di proprietà industriale comporta danni
economici alle imprese che intendono operare
nelle legalità, con inevitabili ripercus-

8 COMUNICAZIONI
sioni sul gettito fiscale e sull’occupazione.
Si stima che la contraffazione rappresenti
il 5-7 per cento del commercio mondiale,
vale a dire un affare da 600 miliardi
di dollari l’anno. Per questi motivi, è stata introdotta
la lotta alla contraffazione tra gli
obiettivi strategici individuati dal Ministro
della Salute nell’atto di indirizzo per il
2012. Il Ministero della Salute interviene
sia in maniera autonoma mettendo in atto
misure di contrasto alla contraffazione, sia
congiuntamente al CNAC (Consiglio Nazionale
Anticontraffazione) e alla task-force
IMPACT Italia attraverso iniziative di formazione
e informazione destinate agli attori
coinvolti nel fenomeno (istituzioni pubbliche,
organi di polizia giudiziaria, operatori
del settore e consumatori).
Anche il consumatore, nell’interesse proprio
e della comunità, può ricoprire un ruolo
importante e attivo nella lotta alla contraffazione,
evitando di alimentare il mercato
della contraffazione. È necessario però
tener conto che un cosmetico contraffatto
non è sempre facilmente riconoscibile. Occorre
pertanto prestare attenzione nell’acquisto
di cosmetici, che deve avvenire attraverso
canali regolarmente autorizzati alla
vendita, avendo cura di controllare attentamente
l’etichetta.
In generale, l’etichetta di un cosmetico
deve riportare i seguenti elementi:
• il nome o la ragione sociale e la sede legale
del produttore o del responsabile
dell’immissione sul mercato del prodotto
cosmetico;
• il contenuto nominale (obbligatoriamente
in italiano), con possibili deroghe per
i campioni gratuiti, per le monodosi e
per gli imballaggi preconfezionati solitamente
commercializzati per insieme di
pezzi;
• la data entro cui il prodotto può essere
utilizzato, se il periodo di validità è inferiore
a trenta mesi, o la validità dopo
apertura se la data di scadenza del prodotto
integro è superiore a trenta mesi
ARETUSA MEDICA 1/2013
(obbligatoriamente in italiano).
Per i prodotti con durata minima superiore a
trenta mesi, deve essere riportata un’indicazione
relativa al periodo di tempo in cui il
prodotto, una volta aperto, può essere utilizzato
senza effetti nocivi per il consumatore,
preceduta dal simbolo rappresentante
un barattolo aperto o dall’acronimo “PAO”
(Period after opening). Sono oggetto di
possibili deroghe:
– prodotti monodose (es. campioni
gratuiti);
– prodotti confezionati in modo tale da
evitare il contatto tra il cosmetico e
l’ambiente circostante (es. aerosol);
– prodotti per i quali il produttore certifichi
che la formula è tale da impedire
qualsiasi rischio di deterioramento;
• le precauzioni di impiego (necessariamente
in italiano). In caso di impossibilità
pratica a riportare sul contenitore a diretto
contatto con il cosmetico o sull’imballaggio
esterno le precauzioni particolari
per l’impiego, queste devono essere
contenute in un foglio di istruzioni, una
fascetta o un cartellino allegati. A tali indicazioni
il consumatore deve essere rinviato
mediante un’indicazione abbreviata
o mediante il simbolo di rinvio;
• il lotto di fabbricazione;
• il Paese d’origine per i prodotti fabbricati
in Paesi extra UE;
• la funzione del prodotto (obbligatoriamente
in italiano), salvo che risulti chiaramente
dalla presentazione del prodotto;
• l’elenco degli ingredienti (può essere riportato
anche solo sull’imballaggio
esterno del prodotto).
Nell’interesse di ogni singolo consumatore
e di tutta la comunità, il Ministero della
Salute invita i consumatori e gli operatori
del settore a verificare che l’etichetta contenga
tutti gli elementi sopra elencati.
Sul sito del Ministero della Salute,
www.salute.gov.it alla voce “Cosmetici”
sarà data ogni ulteriore notizia in materia
che possa essere utile per il consumatore.

1/2013 ARETUSA MEDICA
Indice
Premessa
Obiettivo
Ambiti di applicazione
Stesura del documento
Strategie di prevenzione dei traumi dentali
e di educazione alla salute
Protocollo di primo soccorso nel trauma
dentale
Certificazione del trauma
Trauma dentale e maltrattamenti/abusi su
minori
Allegati
Appendice
Premessa
Negli ultimi anni è aumentata, negli individui
in età evolutiva, la prevalenza di
eventi traumatici che vedono il coinvolgimento
del distretto oro-facciale, ivi compreso
le arcate dentarie, sì da rappresentare
un indubbio problema di salute pubblica
(Emerich et al., 2010).
Ciò è imputabile all’aumentato dinamismo
della vita quotidiana, al maggior coinvolgimento
del bambino in attività sportive
agonistiche e all’aumentato uso di veicoli
motorizzati da parte degli adolescenti.
Scuola, ambiente domestico, ambiente
sportivo e strada sono le sedi dove con
maggiore frequenza si verificano eventi
traumatici e, allo stesso tempo, luoghi dove
è possibile mettere in atto idonee misure di
prevenzione.
COMUNICAZIONI 9
LINEE GUIDA NAZIONALI PER LA PREVENZIONE
E LA GESTIONE CLINICA DEI TRAUMI DENTALI
NEGLI INDIVIDUI IN ETÀ EVOLUTIVA
L’arrivo ad un pronto soccorso di un paziente
che abbia subito un trauma dentale
è, pertanto, un’evenienza frequente e tale
da richiedere, per una corretta presa in carico
dell’individuo, competenze multisciplinari
(odontoiatriche, maxillo-facciali, pediatriche,
medico-legali, medico-sportive, di
medicina d’urgenza e di medicina preventiva);
il tutto al fine di avviare il paziente verso
un ottimale recupero funzionale ed estetico.
A seguito di un trauma che coinvolge il
distretto facciale e le arcate dentarie, le prestazioni
terapeutiche necessarie possono
essere volte al ripristino della mucosa, alla
ricostruzione immediata dell’elemento dentario
traumatizzato, al riattacco del frammento
coronale fratturato, al reimpianto
del/i dente/i avulsi, ove possibile.
Durante la prima visita, grande importanza
deve essere riservata all’approccio
psicologico del paziente traumatizzato
che, spesso, risulta particolarmente provato
anche dal punto emotivo a causa dell’ansia
e della paura che l’evento acuto ha determinato.
Il percorso diagnostico e terapeutico deve
essere affrontato secondo uno specifico
protocollo che, prevedendo inizialmente
un’accurata raccolta dei dati anamnesticocircostanziali
dell’evento traumatico, si articola
successivamente con una prima fase di
obiettività clinica e radiologica, una seconda
di specifico intervento terapeutico e una
terza che prevede la programmazione di

10 COMUNICAZIONI
controlli a distanza atti a seguire l’evoluzione
clinica.
La maggior parte della letteratura, oggi
disponibile, sottolinea che spesso la conoscenza
delle corrette procedure da seguire
in presenza di un trauma dentale è insoddisfacente.
Infatti, alcuni studi indicano che
solo il 4% dei medici fornisce, in una fase
iniziale, un trattamento appropriato (Emerich
et al., 2010; Holan et al., 2003).
La prognosi delle lesioni traumatiche
dentarie dipende dal tempo che intercorre
tra l’evento traumatico e l’inizio del trattamento
e, spesso, la prima figura che viene
a gestire il trauma dentale è il medico di
pronto soccorso o quello ospedaliero o il
pediatra di libera scelta.
A tal proposito, si ritiene di particolare
importanza, specie in termini di corretto ed
appropriato indirizzo terapeutico, il ruolo
del pediatra, poiché è, indubbiamente, il
professionista al quale i genitori si rivolgono
ogni qual volta insorge un bisogno di salute
per il proprio figlio.
Obiettivo
Obiettivo del presente documento è fornire
raccomandazioni e indicazioni evidence-based
sulla prevenzione e gestione immediata
del trauma dento-alveolare nei pazienti
in età evolutiva con, altresì, un’attenta
valutazione delle conseguenti implicazioni
medico-legali.
Ambiti di applicazione
Dove: Le indicazioni trovano applicazione
negli ambienti di vita quotidiana degli
individui in età evolutiva e in tutte le strutture
sanitarie, publiche e private, deputate
alla presa in carico dei giovani pazienti coinvolti
in eventi traumatici con interessamento
del distretto maxillo-facciale.
A chi: Le indicazioni sono rivolte ai medici
di medicina generale, ai medici specialisti
in pediatria, in chirurgia maxillo-facciale,
in chirurgia di urgenza e pronto soccorso,
in medicina dello sport, in medicina legale,
agli odontoiatri, agli igienisti dentali,
ARETUSA MEDICA 1/2013
al personale infermieristico, al personale
scolastico, al personale di assistenza nei
centri sportivi, ai genitori/caregivers.
Identificazione degli obiettivi
Sono stati individuati i seguenti topic:
– strategie di prevenzione dei traumi dentari
e di educazione alla salute;
– protocollo di primo soccorso nel trauma
dentale;
– certificazione del trauma;
– maltrattamenti/abuso sui minori e trauma
dentale.
Omissis
MINISTERO DELLA SALUTE
Nota di redazione
Il testo completo si può scaricare dal sito
del Ministero della Salute.
Per la pubblicità su
ARETUSA MEDICA
rivolgersi alla
EMAROM
COMMUNICATIONS
Tel. 0931.463133
Cell. 339.4258654

1/2013 ARETUSA MEDICA
In base all’articolo 21, comma 2, lettera
b), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 – come
modificato dall’articolo 1, comma 325,
lettera d), della legge 24 dicembre 2012,
n. 228 – per le operazioni effettuate a partire
dal 1° gennaio 2013, la fattura deve
contenere un “numero progressivo che la
identifichi in modo univoco”.
Posto che, nella nuova formulazione,
l’articolo 21 non prevede più la numerazione
“in ordine progressivo per anno solare”,
è stato chiesto da più parti di chiarire cosa
si debba intendere per numero progressivo
che identifichi la fattura in modo univoco.
La modifica normativa in questione si è resa
necessaria al fine di recepire nell’ordinamento
nazionale la nuova disciplina comunitaria
in materia di fatturazione recata dalla direttiva
2006/112/CE del Consiglio del 28
novembre 2006, come modificata dalla direttiva
2010/45/UE del Consiglio del 13 luglio
2010. La Commissione europea aveva,
infatti, rilevato che la normativa italiana, imponendo
ai soggetti passivi di ricominciare
ogni anno una nuova serie di numeri sequenziali,
introduceva un ulteriore adempimento a
carico dei soggetti passivi non richiesto dall’articolo
226 della citata direttiva.
Tanto premesso, si precisa che è compatibile
con l’identificazione univoca prevista
dalla formulazione attuale della norma qualsiasi
tipologia di numerazione progressiva
che garantisca l’identificazione univoca della
fattura, se del caso, anche mediante riferimento
alla data della fattura stessa.
Conseguentemente, a decorrere dal 1°
gennaio 2013, può essere adottata una numerazione
progressiva che, partendo dal
COMUNICAZIONI 11
CHIARIMENTI IN MATERIA DI
NUMERAZIONE DELLE FATTURE
numero 1, prosegua ininterrottamente per
tutti gli anni solari di attività del contribuente,
fino alla cessazione dell’attività stessa.
Questa tipologia di numerazione progressiva
è, di per sé, idonea a identificare
in modo univoco la fattura, in considerazione
della irreperibilità del numero di volta in
volta attribuito al documento fiscale.
La numerazione progressiva dal 1° gennaio
2013 può anche iniziare dal numero
successivo a quello dell’ultima fattura emessa
nel 2012. Anche in tal caso la tipologia
di numerazione progressiva adottata consente
l’identificazione in modo univoco della
fattura, ancorché la numerazione non inizi
da 1. Peraltro, qualora risulti più agevole,
il contribuente può continuare ad adottare
il sistema di numerazione progressiva per
anno solare, in quanto l’identificazione univoca
della fattura è, anche in tal caso, comunque
garantita dalla contestuale presenza
nel documento della data che, in base
alla lettera a) del citato articolo 21, costituisce
un elemento obbligatorio della fattura.
Ad esempio, fermo restando l’obbligo di
indicare in fattura la data, si ritengono ammissibili
le seguenti modalità di numerazione progressiva
all’interno di ciascun anno solare:
Fatt. n. 1
Fatt. n. 2
…
Fatt. n. 1/2013 (oppure n. 2013/1)
Fatt. n. 2/2013 (oppure n. 2013/2)
Le Direzioni regionali vigileranno affinché
le istruzioni fornite e i principi enunciati
con la presente risoluzione vengano puntualmente
osservati dalle Direzioni provinciali
e dagli Uffici dipendenti.

12 COMUNICAZIONI
Nota di redazione
Si segnala la pubblicazione sulla G.U.R.
del testo aggiornato del decreto-legge recante
ulteriori misure urgenti per la crescita
del Paese.
Il testo è molto articolato perché riguarda
molti settori della vita pubblica. Mettiamo
in evidenza la parte relativa alla sanità
digitale (ricette, cartelle cliniche, prenotazioni,
ecc.), in quanto è rivolta a tutte le categorie
dei medici.
Sezione I
Agenda e identità digitale
Avvertenza
Il testo coordinato qui pubblicato è stato
redatto dal Ministero della Giustizia ai
sensi dell’art. 11, comma 1, del testo unico
delle disposizioni sulla promulgazione delle
leggi, sull’emanazione dei decreti del
Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni
ufficiali della Repubblica Italiana,
approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985,
n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura
sia delle disposizioni del decreto-legge, integrate
conb le modifiche apportate dalla
legge di conversione. Restano invariati il valore
e l’efficacia degli atti legislativi qui riportati.
Le modifiche apportate dalla legge di
conversione sono stampate con caratteri
corsivi.
Tali modifiche sono riportate in video tra
i segni ((…)).
A norma dell’art. 15, comma 5, della
ARETUSA MEDICA 1/2013
ULTERIORI MISURE URGENTI
PER LA CRESCITA DEL PAESE
legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina
dell’attività di Governo e ordinamento della
Presidenza del Consiglio dei Ministri), le
modifiche apportate dalla legge di conversione
hanno efficacia dal giorno successivo
a quello della sua pubblicazione.
Nel Supplemento Ordinario alla Gazzetta
Ufficiale dell’11 gennaio 2013 si procederà
alla ripubblicazione del presente testo
coordinato, corredato delle relative note.
Art. 1
Attuazione dell’Agenda digitale italiana
e documento digitale unificato e finanziamento
dell’ISTAT
1. Lo Stato, nel rispetto del principio di
leale collaborazione con le autonomie regionali,
promuove lo sviluppo dell’economia
e della cultura digitali, definisce le politiche
di incentivo alla domanda dei servizi
digitali e favorisce, tramite azioni concrete,
l’alfabetizzazione e lo sviluppo delle competenze
digitali con particolare riguardo alle
categorie a rischio di esclusione, nonché
la ricerca e l’innovazione tecnologica quali
fattori essenziali di progresso e opportunità
di arricchimento economico, culturale e
civile. Entro 60 giorni dalla data di entrata
in vigore della legge di conversione del decreto
e successivamente entro il 30 giugno
di ogni anno il Governo, anche avvalendosi
dell’Agenzia per l’Italia digitale di cui al
decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito,
con modificazioni, dalla legge 7
agosto 2012, n. 134, presenta alle Com-

1/2013 ARETUSA MEDICA
missioni parlamentari competenti una relazione
che evidenzia lo stato di attuazione
dell’articolo 47 del decreto-legge 4 aprile
2012, n. 35, nel quadro delle indicazioni
sancite a livello europeo, con particolare riferimento
agli effetti prodotti e ai risultati
conseguiti. Nella relazione è fornita, altresì,
dettagliata illustrazione dell’impiego di
ogni finanziamento, con distinta indicazio-
ne degli interventi per i quali le risorse sono
state utilizzate. In prima attuazione la relazione
ha come finalità la descrizione del
progetto complessivo di attuazione dell’Agenda
digitale italiana, delle linee strategiche
di azione e l’identificazione degli obiettivi
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COMUNICAZIONI 13
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14 COMUNICAZIONI
Facendo seguito alla Comunicazione n.
95 dell’11 dicembre 2012, si rileva che la
Commissione Bilancio del Senato della Repubblica
nella seduta di martedì 18 dicembre
2012 ha approvato un emendamento
presentato dai relatori al disegno di legge
di stabilità 2013, Sen. Giovanni Legnini e
Sen. Paolo Tancredi, che prevede la proroga
al 30 giugno 2013 del termine dell’autocertificazione
dell’effettuazione della valutazione
dei rischi.
La suddetta proroga interessa tutti i titolari
di studio medico e odontoiatrico che
occupano fino a 10 lavoratori.
Il disegno di legge di stabilità – Atto Senato
3584 – dopo l’approvazione dell’Assemblea
del Senato della Repubblica sarà
trasmesso alla Camera dei Deputati per
l’approvazione definitiva.
* * *
Facendo seguito alle Comunicazioni n.
89 del 22 novembre 2012 e n. 100 del 20
dicembre 2012 si ritiene opportuno segnalare
che sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica
Italiana n. 302 del 29 dicembre
ARETUSA MEDICA 1/2013
LEGGE DI STABILITÀ 2013
STUDI MEDICI E ODONTOIATRICI CHE OCCUPANO
FINO A 10 LAVORATORI. PROROGA AUTOCERTIFICAZIONE
DELL’EFFETTUAZIONE DELLA VALUTAZIONE DEI RISCHI
AL 30 GIUGNO 2013 - EVENTUALE ESENZIONE IRAP
2012 – Supplemento Ordinario n. 2012 –
è stata pubblicata la Legge 24 dicembre
2012, n. 228, recante “Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato (Legge di stabilità 2013)”.
Si riportano di seguito alcune disposizioni
di particolare interesse per la professione
medica e odontoiatrica.
La legge 228/12 (Legge di stabilità
2013), entrata in vigore il 1° gennaio
2013, all’art. 1, comma 388, prevede la
proroga al 30 giugno 2013 del termine
dell’autocertificazione dell’effettuazione
della valutazione dei rischi.
La norma è di particolare rilevanza
per tutti i titolari di studi medici e
odontoiatrici che occupano fino a 10
lavoratori.
Inoltre, si rileva che l’art. 1, comma 515,
della Legge 228/12 dispone che nello stato
di previsione del Ministero dell’Economia
e delle Finanze sia istituito, a decorrere
dal 2014, un fondo finalizzato ad escludere
dall’ambito di applicazione dell’imposta
regionale sulle attività produttive,
di cui al decreto legislativo 15 dicembre
1997, n. 446, le persone fisiche
esercenti le attività commerciali indicate

1/2013 ARETUSA MEDICA
all’articolo 55 del testo unico delle imposte
sui redditi, di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n.
917, e successive modificazioni, ovvero arti
e professioni, che non si avvalgono di
lavoratori dipendenti o assimilati e che
impiegano, anche mediante locazione,
beni strumentali il cui ammontare massimo
è determinato con decreto del Ministro
dell’Economia e delle Finanze. La
dotazione annua del predetto fondo è di
188 milioni di euro per l’anno 2014, di
252 milioni di euro per l’anno 2015, e di
242 milioni di euro a decorrere dall’anno
2016.
Di fatto la legge di stabilità 2013 prevede
l’esclusione dall’ambito di applicazione
dell’IRAP per le persone fisiche che svolgano
un’attività di impresa o di lavoro autonomo
a fronte di due requisiti:
– il mancato impiego di lavoratori dipendenti
o assimilati a questi;
– l’impiego anche mediante locazione di
beni strumentali il cui ammontare massimo
sia determinato con decreto del Ministero
dell’Economia e delle Finanze.
La portata di tale disposizione è di particolare
rilevanza perché l’esclusione dei
professionisti dall’IRAP viene definita di fatto
con il decreto sopraccitato che determinerà
il valore dei beni strumentali che danno
diritto all’esenzione.
Si evidenzia però che tale normativa
non entrerà in vigore nel breve termine e bisognerà
quindi verificarne successivamente
gli effetti pratici.
Infine l’art. 1, comma 134, della Legge
228/12 dispone che al fine di promuovere
iniziative a favore della sicurezza
delle cure e attuare le pratiche di monitoraggio
e controllo dei contenziosi in materia
di responsabilità professionale, le regioni
e le province autonome di Trento e Bolzano
possono prevedere, all’interno delle
strutture sanitarie e nell’ambito delle risorse
umane disponibili a legislazione vigente,
COMUNICAZIONI 15
funzioni per la gestione del risk management
che includano, laddove presenti,
competenze di medicina legale, medicina
del lavoro, ingegneria clinica e farmacia,
secondo quanto suggerito anche dalla Raccomandazione
n. 9 del 2009 del Ministero
della Salute avente per oggetto «Raccomandazione
per la prevenzione degli eventi
avversi conseguenti al malfunzionamento
dei dispositivi medici apparecchiature elettromedicali».
FNOMCeO
Il Presidente
Amedeo Bianco
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1/2013 ARETUSA MEDICA COMUNICAZIONI 17
PIANO TRIENNALE DI PREVENZIONE
DELLA CORRUZIONE NELLE
PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
LEGGE 190/12
Facendo seguito alla Comunicazione n.
98 del 17 dicembre 2012 inerente alla fattispecie
indicata in oggetto, si rileva come
peraltro già enunciato nella suddetta Comunicazione,
che il piano triennale di prevenzione
della corruzione che gli Ordini
provinciali debbono predisporre deve essere
conforme alle linee guida contenute nel
piano nazionale anticorruzione approvato
dalla Commissione nazionale per la valutazione,
l’integrità e la trasparenza della pubblica
amministrazione (Civit).
Pertanto, non appena la Civit avrà approvato
il piano nazionale anticorruzione, sarà
cura di questa Federazione adattarlo alle
esigenze degli Ordini provinciali al fine di
elaborare un proprio piano anticorruzione.
Tutti gli Ordini provinciali dovranno, infatti,
così come previsto dalla Legge
190/12, approvare il proprio piano triennale
di prevenzione della corruzione, al fine
di valorizzare lo strumento della trasparenza
tesa a dimostrare la correttezza, l’efficienza
e l’efficacia della propria azione
anche in chiave dissuasiva dei fenomeni di
cattiva gestione, identificabili come presupposti
di potenziali veri e propri episodi di
corruzione.
FNOMCeO
Il Presidente
Amedeo Bianco
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18 COMUNICAZIONI
ARETUSA MEDICA 1/2013
LA SCOMPARSA DI
MATTEO SGARLATA
Se n’è andato a giugno all’età di 84 anni,
a causa di un male, il dottor Matteo
Sgarlata, direttore del Laboratorio di Igiene
e Profilassi della Provincia di Siracusa e dell’Unità
Sanitaria Locale, Assessore al Comune
di Siracusa, Presidente della Società
Sportiva “Siracusa Calcio” e indimenticabile
medico di famiglia.
Apprezzato esponente della Democrazia
Cristiana, Matteo Sgarlata ha sviluppato
il suo impegno per l’amministrazione comunale
nell’arco di una decina d’anni, fra
gli anni Sessanta e Settanta. Per la sua professione
medica ha diretto il laboratorio micrografico
ed è stato presidente del Siracusa
Calcio dal 1959 al 1968, poi sostituito
da Angelo Genovese. Sfiorò la Serie B in
particolare quando, nel 1959-60, ebbe per
allenatore Cestmír Vycpálek (mentre nel
1969, una volta lasciata e dopo 45 anni
trascorsi fra la B e la C, il Siracusa retrocesse
per la prima volta in Serie D). Era fratello
di Marcello Sgarlata, parlamentare
per quattro legislature, sottosegretario e
leader locale della DC, deceduto nel giugno
del 2004.
Appresa la notizia della scomparsa di
Matteo Sgarlata, padre dell’ex assessore e
consigliere provinciale Tati, numerosi gli attestati
di cordoglio da parte, tra gli altri, del
presidente della Provincia regionale di Siracusa,
Nicola Bono, e dell’ormai ex sindaco,
Roberto Visentin, secondo cui Sgarlata
«sia nella politica che nella professione, è
stato un esempio di straordinaria umanità,
testimone di un impegno civico rivolto all'interesse
della collettività. Uno stile di cui si
sente sempre più bisogno».
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1/2013 ARETUSA MEDICA
Con la legge 38/2010 lo Stato italiano
ha riconosciuto il diritto di ogni persona a
non soffrire e ad accedere alla terapia del
dolore ed alle cure palliative.
Art. 1.
(Finalità)
1. La presente legge tutela il diritto del cittadino
ad accedere alle cure palliative e alla
terapia del dolore.
2. È tutelato e garantito, in particolare, l'accesso
alle cure palliative e alla terapia del
dolore da parte del malato, come definito
dall'articolo 2, comma 1, lettera c), nell'ambito
dei livelli essenziali di assistenza di cui
al decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri 29 novembre 2001, pubblicato nel
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale
n. 33 dell'8 febbraio 2002, al fine di
assicurare il rispetto della dignità e dell'autonomia
della persona umana, il bisogno di
salute, l'equità nell'accesso all'assistenza,
la qualità delle cure e la loro appropriatezza
riguardo alle specifiche esigenze, ai sensi
dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo
30 dicembre 1992, n. 502, e successive
modificazioni.
3. Per i fini di cui ai commi 1 e 2, le strutture
sanitarie che erogano cure palliative e terapia
del dolore assicurano un programma
di cura individuale per il malato e per la
sua famiglia, nel rispetto dei seguenti principi
fondamentali:
a) tutela della dignità e dell'autonomia del
SCIENZA E FORMAZIONE 19
DISPOSIZIONI PER GARANTIRE
L’ACCESSO ALLE CURE PALLIATIVE E
ALLA TERAPIA DEL DOLORE
malato, senza alcuna discriminazione;
b) tutela e promozione della qualità della
vita fino al suo termine;
c) adeguato sostegno sanitario e socio-assistenziale
della persona malata e della famiglia.
Art. 2.
(Definizioni)
1. Ai fini della presente legge si intende
per:
a) «cure palliative»: l'insieme degli interventi
terapeutici, diagnostici e assistenziali,
rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo
familiare, finalizzati alla cura attiva e
totale dei pazienti la cui malattia di base,
caratterizzata da un'inarrestabile evoluzione
e da una prognosi infausta, non risponde
più a trattamenti specifici;
b) «terapia del dolore»: l'insieme di interventi
diagnostici e terapeutici volti a individuare
e applicare alle forme morbose croniche
idonee e appropriate terapie farmacologiche,
chirurgiche, strumentali, psicologiche
e riabilitative, tra loro variamente integrate,
allo scopo di elaborare idonei percorsi
diagnostico-terapeutici per la soppressione
e il controllo del dolore;
c) «malato»: la persona affetta da una patologia
ad andamento cronico ed evolutivo,
per la quale non esistono terapie o, se esse
esistono, sono inadeguate o sono risultate
inefficaci ai fini della stabilizzazione della
malattia o di un prolungamento significativo

20 SCIENZA E FORMAZIONE
della vita, nonché la persona affetta da una
patologia dolorosa cronica da moderata a
severa;
d) «reti»: la rete nazionale per le cure palliative
e la rete nazionale per la terapia del
dolore, volte a garantire la continuità assistenziale
del malato dalla struttura ospedaliera
al suo domicilio e costituite dall'insieme
delle strutture sanitarie, ospedaliere e
territoriali, e assistenziali, delle figure professionali
e degli interventi diagnostici e terapeutici
disponibili nelle regioni e nelle
province autonome, dedicati all'erogazione
delle cure palliative, al controllo del dolore
in tutte le fasi della malattia, con particolare
riferimento alle fasi avanzate e terminali
della stessa, e al supporto dei malati e dei
loro familiari;
e) «assistenza residenziale»: l'insieme
degli interventi sanitari, socio-sanitari e assistenziali
nelle cure palliative erogati ininterrottamente
da équipe multidisciplinari presso
una struttura, denominata «hospice»;
f) «assistenza domiciliare»: l'insieme degli
interventi sanitari, socio-sanitari e assistenziali
che garantiscono l'erogazione di
cure palliative e di terapia del dolore al domicilio
della persona malata, per ciò che riguarda
sia gli interventi di base, coordinati
dal medico di medicina generale, sia quelli
delle équipe specialistiche di cure palliative,
di cui il medico di medicina generale è
in ogni caso parte integrante, garantendo
una continuità assistenziale ininterrotta;
g) «day hospice»: l'articolazione organizzativa
degli hospice che eroga prestazioni
diagnostico-terapeutiche e assistenziali a ciclo
diurno non eseguibili a domicilio;
h) «assistenza specialistica di terapia
del dolore»: l'insieme degli interventi sanitari
e assistenziali di terapia del dolore erogati
in regime ambulatoriale, di day hospital
e di ricovero ordinario e sul territorio da
équipe specialistiche. Dalla bibliografia
raccolta nell'ambito della ricerca e dalle
considerazioni tratte dai dati osservazionali
raccolti nell'ambito delle esperienze riferite
dai singoli membri del comitato di ricer-
ARETUSA MEDICA 1/2013
ca è possibile affermare che in Italia, per
quanto riguarda l'incidenza dei decessi di
malati in fase avanzata o terminale per patologie
oncologiche, essi sono circa
159.000 per anno. Le stime attuali, riferite
ai bisogni assistenziali rilevati anche dai dati
sperimentali forniti dalla presente ricerca
(scheda pazienti), considerano che circa il
90% dei pazienti oncologici in fase avanzata
di malattia, necessitano di un livello di
cure ambulatoriali (Ambulatorio di Terapia
del dolore) e di una assistenza domiciliare
di cure palliative nella ultima fase della malattia
(con media di circa 50 giorni di assistenza).
Di tali pazienti assistiti al domicilio,
circa il 20-25% necessita, nella fase finale
della malattia, di almeno un ricovero presso
una struttura di ricovero con letti dedicati a
programma hospice (con media di circa 15
giorni di ricovero).
Inoltre, come riporta il documento del
Comitato Ministero Salute Cure Palliative in
merito al modello organizzativo per la realizzazione
della rete di cure palliative –
cap.1: I bisogni e lo sviluppo della rete - “La
fase terminale non è esclusiva della malattia
oncologica, ma rappresenta una costante
della fase finale della vita di persone affette
da malattie ad andamento evolutivo,
spesso cronico, a carico di numerosi apparati
e sistemi, quali quello respiratorio (ad
es.insufficienza respiratoria refrattaria in
persone affette da malattie polmonari croniche),
cardio-circolatorio (ad es. persone
affette da miocardiopatie dilatative), neurologico
(ad es. malattie degenerative quali
la sclerosi multipla, SLA), epatiche (ad es.
cirrosi), se si citano gli apparati epidemiologicamente
più rappresentativi. Anche alcune
malattie infettive, in primo luogo
l'A.I.D.S., possono rendere necessario un
intervento rivolto alla cura dei sintomi ed al
supporto globale dell'insieme persona malata/famiglia
nelle fasi che precedono la
morte, pur se le ultime innovazioni terapeutiche
hanno notevolmente modificato il percorso
clinico delle persone affette da sindrome
da immunodeficienza acquisita.”

1/2013 ARETUSA MEDICA
L'obiettivo delle cure palliative è l'accompagnamento
del paziente verso la morte,
in un periodo di tempo molto variabile,
con un'attenzione particolare agli aspetti
della malattia fisica, del sostegno psicologico
e spirituale e, non ultimo, del supporto
alla famiglia. Questa particolare assistenza
deve iniziare precocemente, cioè dalla diagnosi
di inguaribilità, e seguire il paziente
fino all'ultimo. Assume il paradigma della
complessità assistenziale maggiore nella fase
delle cure di fine vita, che riguardano gli
ultimi mesi dell'esistenza (di solito gli ultimi
tre). Non solo. Si prolunga, dopo il decesso,
con il sostegno al lutto patologico nei
confronti dei parenti.
Sono 300 mila gli italiani che necessitano
di cure palliative.
Ma solo un malato su 5 (il 20 per cento)
viene trattato a domicilio; il restante 80
per cento muore in hospice o in ospedale,
oppure tra le mura domestiche, ma senza
un'assistenza adeguata. Invertire la tendenza
attuale è possibile. Si può e conviene,
perché curare un malato terminale a domicilio
costerebbe al SSN 60-80 euro al giorno,
contro 200-250 euro in hospice e ben
350 euro in ospedale.
Le cure palliative domiciliari sono cure
che vengono effettuate a casa della persona
malata da parte di medici, infermieri, ed
eventuali altre figure sanitarie (psicologo, fisioterapista,
OSS) o non sanitarie; l'obiettivo
primario è quello di controllare i sintomi
sia fisici che psichici man mano che questi
si presentano.
Quando le terapie attive (chirurgiche,
chemioterapiche e radioterapiche) non sono
più efficaci, cioè quando si dice "non c'è
più niente da fare", invece è in quel momento
che per la persona malata c'è ancora
tanto da fare.
Che cosa vuol dire "c'è ancora tanto da
fare" se si sa che non c'è possibilità non solo
di guarigione, ma neanche di miglioramento?
Vuol dire che bisogna "prendersi cura di
quella persona in modo totale controllando
i sintomi, aiutandolo nelle pratiche burocra-
SCIENZA E FORMAZIONE 21
tiche, valutando attentamente i suoi bisogni
siano essi fisici o psicologici o etici o spirituali
o sociali, standogli vicino nei momenti
di sofferenza”.
Se morire nel proprio domicilio è l'aspirazione
di ciascuno di noi, è anche vero
che non sempre ciò è possibile, vuoi perché
i familiari non se la sentono di farsi carico
di un fardello così gravoso quale può essere
l'assistenza a un malato terminale, vuoi
perché logisticamente la casa del paziente
non è adatta.
In tal caso il luogo di cura più adatto
per il paziente in fase terminale è l'hospice.
Obiettivo primario dell'hospice è garantire
ai pazienti la possibilità di una morte in assenza
di sintomi quali il dolore e la dispnea
o il delirium.
Altro obiettivo è offrire un luogo, alternativo
al domicilio, che abbia un livello di
comfort adeguato, sia dal punto di vista architettonico,
strutturale e organizzativo che
relazionale tale da restituire una “dignità al
morire”.
Altro elemento caratteristico degli hospice
è la presenza dei familiari, una presenza
non “sopportata”, ma considerata un'importante
risorsa per la qualità di vita del paziente.
Negli hospice, il coinvolgimento dei familiari
nei processi assistenziali sino alla
presa in carico degli stessi familiari, se troppo
in difficoltà, è di fondamentale importanza.
Ultimo, importante obiettivo è permettere
alle persone di morire serenamente.
Perché il paziente in fase terminale e i
suoi familiari possano essere accompagnati
dignitosamente è necessaria un integrazione
tra le varie figure professionali, l'approccio
multi-dimensionale nelle cure, la
realizzazione di una equipe di cure multiprofessionale
e interdisciplinare, una logica
“umanizzante” nelle cure, una visione più
globale del paziente e della sua famiglia,
una importante responsabilità ed autonomia
professionale per il personale, la completa
autonomia nelle scelte da parte del
paziente.

22 SCIENZA E FORMAZIONE
Il trapianto di cornea consiste nella sostituzione
della parte trasparente anteriore dell'occhio
che si è opacizzata per una patologia.
Poiché la cornea è un “tessuto” appartenente
all'occhio e non un “organo” sarebbe
corretto parlare di innesto di tessuto
corneale e non di trapianto di cornea, ma
per “abitudine” spesso anche gli addetti ai
lavori lo chiamano Trapianto.
Tra le cause di opacità corneale le più
frequenti sono le ulcere infettive, i traumi, le
ustioni ed il cheratocono. La cornea per
mantenere la sua trasparenza è priva di
vasi sanguigni e quindi soggetta ad opacizzarsi
nel caso di uno degli eventi sopra
descritti.
L'innesto di cornea è possibile grazie al
gesto della “donazione”, un atto di spontanea
sensibilità e generosità nei confronti
della sofferenza altrui.
La sicurezza della “qualità” del tessuto,
necessaria per l'idoneità dell'innesto, viene
garantita, ormai da parecchi anni, dalle
“Banche delle Cornee”, dove esperti biologi
ed oftalmologi studiano tutte le caratteristiche
del tessuto e si occupano della preparazione
del lembo ai fini di utilizzo da
parte dei centri specializzati ad eseguire
questo delicato intervento; a tal riguardo è
bene precisare che le cornee non idonee
non vengono “sciupate” ma impiegate per
la ricerca.
Quasi ogni regione ha una Banca delle
Cornee e l'Italia rappresenta un pietra mi-
ARETUSA MEDICA 1/2013
L’ESPIANTO ED IL TRAPIANTO
DI CORNEA A SIRACUSA
DI ANDREA CENTARO
liare per il modello organizzativo e scientifico
di queste strutture che sono un riferimento
a livello internazionale, ricordiamo
la Banca delle Cornee di Mestre che, prima
in Italia, ha maggiormente contribuito alla
divulgazione del nobile gesto della donazione
e che ha notevolmente ridotto i tempi
di attesa per questo intervento “che ridona
la vista”.
Il reparto oculistico dell'Ospedale Umberto
I di Siracusa è stato fra i primi in Sicilia
ad occuparsi dei trapianti di cornea. Già
nel lontano 1995, l'attività di prelievo e di
innesto è diventata routine sotto l'esperta
guida del Dott. Rapisarda. Negli anni successivi,
con il fondamentale contributo del
Servizio di Anestesia e Rianimazione e dei
Centri Regionali di coordinamenti dei trapianti
di organo, l'attività si è ulteriormente
incrementata.
Negli ultimi anni, grazie alla cresciuta
sensibilità alla donazione da parte della
nostra cittadinanza, il numero degli espianti
di cornea operato dai medici del reparto
oculistico di Siracusa è in continuo incremento
ed ha permesso un ulteriore consolidamento
della già proficua collaborazione
tra l'Unità Operativa Complessa di Oftlamologia
di Siracusa e la Banca delle Cornee
di Palermo.
Dott. Andrea Centaro
Responsabile UOC di Oftalmologia
Ospedale Umberto I° Siracusa

1/2013 ARETUSA MEDICA
Nota di redazione
L'unico ospedale dell'ASP autorizzato
ad effettuare espianti di organi, quindi anche
di cornee, è l'Umberto I° di Siracusa.
Si è voluto mettere in risalto un'attività
prestigiosa che da tanti anni vede impegnato
il nostro reparto di oculistica. Inoltre,
da quando l'ospedale è stato autorizzato
all'espianto di organi, tale attività si è completata
ed incrementata, avendo a disposi-
IN VENDITA I
“QUADERNI D’ANATOMIA”
DI LEONARDO DA VINCI
SCIENZA E FORMAZIONE 23
zione più cornee da trapiantare, mentre nei
primi anni si richiedevano alle banche delle
cornee di altre regioni.
Tutto questo dà grande speranza ed aiuto
a chi ha problemi agli occhi, più o meno
gravi, evitando la migrazione di malati, che
ha sempre un suo prezzo, non solo economico,
ma anche in termini sociali e familiari,
perché non si è costretti a lasciare la famiglia
ed il lavoro, potendo fare un trapianto
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1/2013 ARETUSA MEDICA
Ci è mai venuto in mente che i nostri genitori,
ormai anziani, avrebbero potuto ammalarsi?
Da giovani abbiamo avuto una fiducia
cieca nei nostri genitori, quello che abbiamo
visto in casa è stato il giusto ed equilibrato
andare delle cose, il protocollo di ciò
che abbiamo considerato inattaccabile.
Abbiamo adorato i nostri genitori per
questo motivo; ci hanno mantenuto al riparo
da ogni anomalia. Così non esisteva l’ipotesi
che loro, per primi, potessero avere
un’anomalia, una malattia. Non esistevano
madri anziane o malate, ma solo stanche. I
padri, poi, non hanno mai fallito, sono stati,
a volte, solo nervosi.
Una certa infelicità, che abbiamo preferito
non registrare, ha assunto, qualche volta,
la forma di patologie che avrebbero nomi,
ma che in famiglia non abbiamo mai
pronunciato.
La presenza di medici, poi, è stata sempre
sgradita e, se necessaria, ridimensionata
alla scelta di medici amici, alla cui presenza
in casa potevamo essere abituati, poco
più che confidenti.
Poi, bene o male, i nostri genitori sono
invecchiati. Qualcuno ha avuto questa fortuna
e li ha goduti fino a tarda età, qualche
altro, come noi, no.
Ora è il nostro turno. Non è difficile immaginare
come ci considerino i nostri figli.
Non siamo ancora vecchi, per carità, ma
l’immagine del genitore, roccia instancabile,
tende a sgretolarsi di anno in anno. Arriverà
quindi il nostro turno. Con un po’ di
fortuna.
CULTURA E SOCIETÀ 25
IMMAGINARE LA VECCHIAIA
DI VINCENZO BOSCO
Terenzio Varrone scriveva ai tempi dell’antica
Roma “Senectus ipsa morbus“, ossia
la vecchiaia è, di per sé, già una malattia.
Platone, invece, diceva che l’età senile
è un nobile antefatto alla liberazione dell’anima
dalla prigione del corpo.
Ma com’è avvertita, oggi, la terza età?
È già stato sfatato il mito che la terza età
possa essere più appagata e felice perché
liberata dal lavoro muscolare in quanto il
progresso l’ha resa meno usurante, più lunga,
e indubbiamente più semplice. È vero
invece il contrario con i vecchi relegati ai
margini di una società che ha cancellato la
figura autorevole-utile dell’anziano, le cui
necessità assistenziali sono pesanti e onerose.
Potremmo finire con l’assistere, impotenti,
giorno dopo giorno, alla lenta, ma irreversibile
decomposizione del nostro corpo
e della nostra mente.
Il passo si appesantisce, il fiato si accorcia.
Il desiderio d’amore si fa più grande
della capacità d’amare, poi si assottiglia
anch’esso. Le piccole o grandi aspirazioni
si trasformano una alla volta in illusioni e
non vogliamo più muoverci. La vita intorno
a noi si trasforma a ritmi incalzanti. Le novità
che prima ci attraevano ora ci spaventano
o ci lasciano indifferenti. Le nostre ossa
si accorciano e la schiena si incurva. I neuroni
che, ad uno ad uno si spengono, ci costringono
ad una umiliante prova quotidiana
delle nostre incapacità. Le frasi si atrofizzano,
i ricordi si sgretolano, prima i nomi,
poi le immagini, poi ancora interi periodi.
Quando saremo vecchi, o quando avremo
(?) anni, tutte quelle parti del nostro cor-

26 CULTURA E SOCIETÀ
po che fino a poco prima erano rimaste invisibili,
cominceranno a rendersi angosciosamente
manifeste. Mai, come in questi momenti,
sentiremo l’aumentare della distanza
che ci separa dalla giovinezza. Nella sua
energia, nel suo entusiasmo, nella sua ignoranza,
una distanza drammatizzata in ogni
momento.
Può succedere così di sentire lo strazio
di essere vecchio: ma in un modo nuovo. Riusciamo
a immaginarla la vecchiaia? Naturalmente
no. Io, almeno, non ci riesco. Non
ho idea di cosa sia. Non ne ho neanche
un’immagine falsata. Non voglio fare previsioni,
né affrontarla prima che venga il momento.
Non voglio guardare gli altri, preferisco
rinchiudermi nella mia ottusità.
Ogni fase della vita più avanzata della
propria è comprensibilmente inimmaginabile.
Tante volte siamo arrivati a un buon punto
di una fase successiva prima di renderci
conto di esserci entrati. E la fine? La fine potrebbe
essere quel pezzo di vita da cui ti
senti escluso pur essendoci dentro. Se si è
fortunati, grazie alla propria vitalità, si può
osservare con distacco la propria decadenza.
Ma questa è inevitabile come pure
lo è un moltiplicarsi dei segni che portano a
questa spiacevole conclusione. Eppure è facile
sentirsene fuori non guardando gli altri.
La ferocia dell’obiettività potrebbe essere
brutale. Rischieremmo di specchiarci, disarmati,
nello stesso disfacimento di chi ci sta
vicino. Ci proviamo a fare una netta distinzione
fra il morire e la morte. Non è tutto un
morire ininterrotto. Se si è sani è un morire
invisibile e la fine non può essere annunciata
con spavalderia.
Dei vecchi, quando non lo siamo, capiamo
che sono segnati dal tempo. Per noi,
ancora non vecchi, essere vecchio significa
essere stato. Ma essere vecchio significa
anche essere ancora. In bilico, quindi, fra
l’essere ancora e l’essere stato. Riusciamo a
pensare allora alla vecchiaia se non come
un mettere in gioco la propria vita come
una realta quotidiana? Certo, ci piacerebbe
sapere cosa ci aspetta a breve scaden-
ARETUSA MEDICA 1/2013
za. Per il resto non è cambiato nulla, restiamo
immortali per tutto il tempo che viviamo.
Fino a qualche anno addietro c’era un
modo classico, un’icona dell’essere vecchi
e dell’essere giovani. Oggi non è più così.
La condizione di una volta era simboleggiata
dal vecchio con la pipa, sulla sedia a
dondolo, mentre oggi ci rifiutiamo di obbedire
al vecchio orologio della vita. E allora
mi piace immaginare che, per vecchi che
diventeremo, se mai avremo la fortuna di
arrivare alla cosiddetta vecchiaia, mai dovremo
metterci l’animo in pace.
Dott. Vincenzo Bosco
Medico di Base
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1/2013 ARETUSA MEDICA
Scrive il Pazzini che Cassiodoro, console
e ministro degli affari interni sotto Teodorico,
e San Benedetto vissero contemporanei
(nati entrambi nel 480, o nel 490 per il primo
di loro) onde è difficile definire se quel
che di comune
si rileva
nella Regola
scritta, benedettina,
e nellaconsuetudine
di vita impostadall’altro
ai suoi monaci
del Vivariense,
sia frutto
dell’uno o
dell’altro. Più
probabilmente
si può arguire
che lo
stesso spirito
abbia ispirato
entrambi in taluni
punti che
per il nostro
interesse, in
quanto medici,
risultano
salienti: l’incremento agli studi e l’assistenza
agli infermi che portò a quella importantis-
CULTURA E SOCIETÀ 27
BUSTINE DI STORIA DELLA MEDICINA
L’ORDINE BENEDETTINO E
LA MEDICINA MONASTICA
DI ANDREA PICCOLO
I Santi medici Cosma e Damiano
sima forma di medicina chiamata, appunto,
“medicina monastica”.
San Benedetto è una delle migliori figure
che vanti la storia della nostra Gente. Benedetto
nacque a Norcia nell’anno 480 da
Euprobo Anicio
ed Abb
o n d a n z a
della famiglia
Claudia, detta
anche de’
Reguardati;
insieme a Benedettonacque,
in parto
g e m e l l a r e ,
S c o l a s t i c a ,
santa anch’essa.
A parte
scarsi riferimenti
medici
concernenti la
persona di
San Benedetto
e che possono
ritrovarsi
anche presso
altri Santi, ci
dovette essere qualche cosa troppo indefinibile,
per poter passare alla storia, e che

28 CULTURA E SOCIETÀ
spinse quell’Ordine verso una chiara via di
medicina, sia teorica che pratica, a cominciare
dalla dedica che fece il Fondatore ai
santi medici Cosma e Damiano, erigendo,
in Subiaco, prima ancora della sua partenza
per Montecassino, il primo dei dodici
monasteri. E tanta importanza questo assume,
da essere ancora oggi definito, nella
storia dell’Ordine, il “protocenobio” col titolo,
in seguito mutato, di Santa Scolastica.
I pilastri di questo modo di sentire la medicina,
come ho appena accennato, si chiamano
Cosma e Damiano; ma chi erano Cosma
e Damiano? Cosma e Damiano (i santi
Cosma e Damiano) erano due fratelli nati
a Ciro, in Siria, dove, pare, patirono il
martirio sotto Diocleziano. Secondo la tradizione
furono medici prodigiosi; il giorno
della loro festività è il 26 settembre.
“La cura degli infermi (scrive il Fondatore
di quest’Ordine) sia avanti tutto e sopra
tutto affinché, come veramente a Cristo, così
ad essi si serva. Sia dunque massima cura
dell’abate affinché con essi non sia usata
negligenza. Ai fratelli infermi sia assegnata
una cella particolare nonché un servitore
timorato di Dio, diligente e sollecito”
(da notare la forza dell’ingiunzione…
“avanti tutto e sopra tutto”).
Ma curare un malato non significava
soltanto dargli un buon giaciglio, dargli da
mangiare e riempire la sua misura di acqua,
come aveva lasciato detto S. Antonio;
significava saper lenire i dolori, medicare le
piaghe, curare le sue malattie interne, le più
difficili ad essere capite. Si rende necessaria,
in questo modo, la presenza di quel che
verrà detto “armarium pigmentariorum”, l’inizio
di una farmacia monastica.
Ma per fare questo, si rendeva necessaria
la presenza di un esperto; nasce così la
figura del “monacus infirmarius”, il medico
monastico, colui che ebbe affidata la sanità
del cenobio. Ma l’“infirmarius” non poteva
avere una vita eterna; doveva trovare
allora uno che lo sostituisse?
La necessità di una scuola si rendeva, in
questo modo, evidente. Scuola “sui gene-
ARETUSA MEDICA 1/2013
ris”, umile quanto si voglia, ma sempre
scuola, che fosse capace di formare il nuovo
medico quando la necessità lo avesse richiesto.
A questo complesso di circostanze mediche
ben venne in soccorso un’altra consuetudine,
nata indipendentemente dalla
medicina: quella di raccogliere codici e papiri
e custodirli come reliquie.
Ma con l’avvento dei vescovi conti, del
feudalesimo monastico, degli abati ricchi
e potenti, iniziò la decadenza della medicina
monastica che divenne un incentivo
alla sregolatezza, un motivo troppo palese
per peccare contro il triplice voto: i monaci
infirmari, con il pretesto della cura si
assentavano troppo spesso e troppo a lungo
dal monastero, divenendo più secolari
che monaci.
Il desiderio dei lauti guadagni non era
più rivolto al bene della comunità, ma intaccava
troppo da vicino la persona del
monaco-medico, perché egli annettesse alla
cura solo quello spirito evangelico che
era necessario a tale bisogna. Ed allora incominciarono
quei divieti emanati dai pontefici,
dai sinodi e dai concilii, che ebbero
di mira l’abolizione di questa medicina.
L’incongruenza tra l’esercizio medico e
l’esercizio monastico sacerdotale era apparsa
già da un pezzo, prima che se ne occupassero
le autorità ecclesiastiche. P. Albasini
nel suo dotto articolo Medici frati e
frati medici riassume una quantità di queste
ragioni ed esamina il fenomeno storico del
divieto, con acuto discernimento.
E chiuderei questo mio articolo ritornando
fra i banchi universitari, quando il professore
Clementi, direttore della cattedra di
Biochimica e Fisiologia, strabuzzando gli
occhi dalle orbite, soleva ripetere spesso:
“Sacra est medicina vetusque deorum inventum”.

1/2013 ARETUSA MEDICA CULTURA E SOCIETÀ 29
IL CADAVERE E L’ALDILÀ
NELL’ETNOIATRICA
Per moltissime popolazioni primitive ed incolte
l’aldilà non è altro che la continuazione
della vita terrena. Nulla cambia ed
ognuno continua ad esercitare il proprio
mestiere, ad essere potente o umile, povero
o ricco, con i propri pregi e i propri difetti,
con le stesse passioni.
Poiché la vita terrena di questi popoli si
svolge per buona parte in una atmosfera
magico-animistica, il particolare stato d’animo
che ne deriva, aggiungendovisi il mistero
della morte, appare ancora più pronunciato
quando si tratta di rapporti con i defunti.
Tra i due mondi le relazioni non corrono
sempre lisce e cordiali, o perché è
l’ucciso che vuole vendicarsi o perché lo
stregone morto non può rinunciare ai suoi
malefizi o perché gli antenati, sentendosi
trascurati, manifestano il loro disappunto
con l’invio di malattie ai viventi.
Da qui l’importanza che riveste nello studio
dell’etnoiatrica la morte e tutto ciò che
la riguarda. Molto spesso nell’etiologia dei
morbi si vede l’intervento diretto di una persona
non più in vita.
Presso i Boscimani e i Bantu, per esempio,
le malattie esantematiche insorgono
nei bambini per istigazione degli spiriti degli
avi adirati. Questi arrivano in un turbine
di vento e assaltano i bambini. Interviene allora
lo stregone che dice ai genitori: «Voi
non avete accontentato vostro padre e vostra
madre che sono morti. Andate! e prima
del levar del sole ammazzate un caprone
nero; poi, al primo canto del gallo, mettete
una parte del caprone sulla tomba delle
DI ANTONIO SCARPA
persone che avete offeso, gridando: “Restate
lontano da noi, poiché siete già andate”».
Dopo questa cerimonia, tutti ritornano
a casa del paziente e qui viene ucciso
un altro caprone che viene mangiato da
tutti gli astanti adulti mentre i bambini, compreso
l’ammalato, devono restare a digiuno.
Poi tutte le ossa dell’animale vengono
raccolte e portate allo stregone che le seppellirà
e nessuno dovrà calpestarle.
Le altre malattie sono provocate da
Gauab, signore degli spiriti dei defunti. In
tutta l’Africa del sud si crede, inoltre, che se
il bambino è piagnucoloso, siano gli spiriti
degli antenati a pizzicarlo.
Se nella etiologia delle malattie i trapassati
hanno tanta importanza, e perciò
ognuno cerca di propiziarseli in tutte le
maniere, non minore ne rivestono nell’aiutare
a fare la diagnosi, la terapia e nella
profilassi.
Presso i Bviri dell’Africa, per scoprire chi
ha provocato una malattia, si decapita un
gallo in mezzo a un circolo costituito da
tanti mucchietti di terra, ognuno dei quali
rappresenta un defunto sospettato come
causa del morbo. Il vero colpevole sarà indicato
dal mucchietto presso il quale andrà
a morire il gallo.
Secondo la logica tutta propria delle
popolazioni primitive e incolte, le credenze
e le pratiche che derivano dal presunto potere
degli antenati si ripercuotono poi sui
cimiteri, sulle tombe e infine sul cadavere
stesso.
Nei paesi musulmani le tombe dei san-

30 CULTURA E SOCIETÀ
toni, chiamate marabutti come i santoni stessi,
giocano un ruolo molto importante nella
medicina perché questi uomini pii, di solito,
sono venerati e godono fama anche per le
loro virtù di guarire le malattie. L’ammalato
che vuole essere illuminato e non sa come
curarsi, si mette a dormire con la testa appoggiata
alla parete della tomba e in sogno
ha la rivelazione della natura del male
e delle prescrizioni da seguire.
Questa pratica, conosciuta con il nome
di «incubazione», è di antichissimo uso e
viene praticata anche in certi santuari copti
e cristiani. Il muro dei marabutti grattato
o la polvere dei loro pavimenti o la terra
d’intorno possono avere virtù terapeutiche.
Se in prossimità di queste tombe vi è qualche
sorgente, le sue acque acquistano virtù
salutari.
Nella medicina e nella magia musulmana
grande importanza hanno anche i comuni
cimiteri e le vecchie tombe abbandonate.
In alcune località, analogamente alla
terra che si trova attorno ai marabutti, anche
quella dei cimiteri viene mangiata come
medicina.
Passando alla magia, in Libia, per fare
morire una rivale in amore, la donna va di
notte in un cimitero con una vecchia, scava
una tomba in cui vi sia stato sotterrato da
poco un bambino di pochi mesi e gli strappa
le unghie. Queste, cotte e polverizzate,
mescolate a farina, vengono somministrate
alla rivale nel caffè o nelle vivande. La donna
che ha inghiottito il filtro magico, a poco
a poco, intristisce, non piace più all’amante
e infine muore.
In Algeria, invece, si fa mangiare all’uomo
infedele il mardudzurga, cioè il kuskus
(piatto nazionale arabo) manipolato dalla
mano di un morto. Si va di notte in un cimitero,
portandosi con sé del kuskus in un recipiente,
si dissotterra la mano di un morto
recente e le si fa rimescolare la vivanda.
Presso i «Chaouias» dell’Aurès, sempre
in Algeria, per prevenire la forte mortalità
infantile, si praticano particolari tatuaggi al
tallone dei bambini. Perché questi tatuaggi
ARETUSA MEDICA 1/2013
siano efficaci bisogna, però, che l’ago con
cui vengono fatti sia servito a cucire il lenzuolo
di un morto o sia stato infisso, per un
certo tempo, nel vestito di un defunto.
Entriamo, poi, nell’impiego vero e proprio
del cadavere in medicina, sia come
profilassi che come terapia. Nella profilassi
domina il concetto che conservando le spoglie
o parti di esse, si possa richiamarvi lo
spirito protettore del morto.
Nelle isole Andamane, per esempio, gli
Onghi portano al collo, per proteggersi
contro le malattie, le mandibole dei più
prossimi parenti defunti, chiamate ibidanghe,
che significa semplicemente mandibola.
Qualche volta anziché la mandibola, o
con questa, portano addirittura il cranio del
paziente defunto.
I Kurnai ed altre popolazioni dell’Australia
sud-orientale, oltre alla mandibola,
portano al collo una mano del morto, tagliata
e fatta essiccare subito dopo il decesso.
Altre volte ancora il cranio viene
adattato a recipiente per bere.
Nella terapia, invece, il principio fondamentale,
essenzialmente magico, è quello
di far entrare nella persona che si ciba del
cadavere, le virtù – forza, robustezza, coraggio,
ecc. – della persona defunta.
Con queste pratiche entriamo, quindi,
nel cannibalismo. Il cannibalismo, di cui
moltissimo si è parlato, era ed è molto meno
diffuso di quanto si credeva e si crede.
Presso gli Aussa e i Nupe dell’Africa,
quando il paese veniva colpito da un’epidemia,
si macellavano nella casa del re un
cane maschio nero, un caprone nero, un toro
nero, un uomo ammalato di lebbra e un
albino. Le varie carni, tagliate in pezzettini
irriconoscibili e mescolate, venivano distribuite
alla popolazione. L’ultimo episodio
accertato di questa pratica risale al 1909.
Nel Cassai, le società Tupoyo e Bakasandji
sono società di nanga, cioè di medici.
Poiché le malattie sono provocate dagli
spiriti dei morti, mangiando il cadavere si
scacciano gli spiriti e si impedisce loro di
provocare nuove malattie. Questo come

1/2013 ARETUSA MEDICA CULTURA E SOCIETÀ 31
profilassi. Nella terapia hanno una grande
importanza i frammenti di ossa umane e il
bere in un cranio come coppa. Anche i
Manjema e i Kalebue, pure dell’Africa,
mangiavano i morti di malattia, con esclusione
delle dita delle mani e dei piedi. Queste,
condite con sale e avvolte in foglie, venivano
gettate nel fiume, perché si riteneva
che la malattia si ritirasse nelle estremità
delle membra e così facendo si eliminava
l’infezione.
Nell’Indonesia, le donne anziane delle
isole Timorlaut mangiavano le salme dei nemici,
tagliate a strisce ed essiccate, come
medicina contro l’impotenza sessuale.
Presso i Wotjo e i Tatathi dell’Australia,
se un bambino è malaticcio e debole, lo si
alimenta con la carne di un fratello o di una
sorella, che funge da ricostituente.
Infine i Tangara, sempre dell’Australia,
portano con loro in un sacco i resti dei loro
defunti e quando li assale il pensiero per il
morto, ne mangiano qualche pezzetto.
Oggi, numerosi assassinii vengono compiuti
ancora da stregoni che vogliono impossessarsi
di determinate parti del corpo
umano per fabbricare medicine a scopo
medico-magico. Le orecchie sono ritenute
sede dell’intelligenza, il fegato e il grasso
renale del valore, lo scroto della forza, ecc.
Anche in Europa si trovano ancora tracce
di cannibalismo. Polvere di ossa umane
vengono usate per riacquistare la perduta
verginità e fino a non molto tempo fa, nel
Gargano, era impiegato l’olio di cranio
umano per guarire dall’epilessia.
(da Rassegna Medica, n. 1 - 1960)

32 VITA DELL’ ORDINE
CONSIGLIO DIRETTIVO
Dott. SCANDURRA BIAGIO Presidente
Dott. MADEDDU ANSELMO Vice Presidente
Dott. BOSCO VINCENZO Tesoriere
Dott. BARONE GIOVANNI Segretario
Dott. BONARRIO PAOLO Consigliere
Dott.ssa CAMPISI MARIA Consigliere
Dott.ssa CARPINTERI MARINA Consigliere
Dott. DENARO SALVATORE Consigliere
Dott. FIORE GAETANO Consigliere
Dott. LOPES FRANCESCO Consigliere
Dott. LUTRI WALTER Consigliere
Dott. ROMANO SEBASTIANO Consigliere
Dott.ssa SESTA VITTORIA Consigliere
Dott.ssa SPADAFORA MARIA ALBA Consigliere
Dott. TROVATELLO ANTONINO Consigliere
Dott. DI PAOLA DARIO Consigliere Odontoiatra
Dott. VASILE PAOLO Consigliere Odontoiatra
REVISORI DEI CONTI
Dott. LAZZARO MARIO Presidente
Dott. BOSCO ANDREA Effettivo
Dott. IACHELLI FRANCESCO Effettivo
Dott. AGATI SALVO Supplente
COMMISSIONE ODONTOIATRI
Dott. DI PAOLA DARIO Presidente
Dott. VASILE PAOLO Componente
Dott.ssa CIRASA RITA Componente
Dott. LIPANI ANTONIO Componente
Dott. MACCA UGO Componente
ARETUSA MEDICA 1/2013
ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI
ED ODONTOIATRI
DELLA PROVINCIA DI SIRACUSA