articola - Diocesi di Como
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P A 6G I N A<br />
La questione dei PACS<br />
nasconde la volontà <strong>di</strong><br />
“sdoganare” le unioni<br />
gay: una scelta<br />
che va rifiutata e che<br />
chiede posizioni chiare<br />
nei confronti delle<br />
persone omosessuali<br />
<strong>di</strong> mons. ANGELO RIVA<br />
Convivere. Una scelta<br />
sempre più praticata:<br />
nel 2003 in Italia<br />
524.000 casi, secondo i<br />
dati ISTAT. Convivere<br />
per poi sposarsi, dopo un tempo<br />
<strong>di</strong> “prova”. Convivere senza<br />
mai sposarsi. Perché il matrimonio<br />
- si <strong>di</strong>ce - è una cosa pubblica,<br />
mentre l’amore è un fatto<br />
privato: nessuno ci deve mettere<br />
il becco. Dopo l’approfon<strong>di</strong>mento<br />
teologico pubblicato sull’ultimo<br />
numero del 2006 del<br />
Settimanale, proce<strong>di</strong>amo nella<br />
nostra riflessione con un ulteriore<br />
approfon<strong>di</strong>mento su Pacs<br />
e unioni omosessuali.<br />
NO AI PACS,<br />
NO AL MATRIMONIO<br />
OMOSESSUALE<br />
Da quanto detto (ve<strong>di</strong> Settimanale<br />
numero 48/49 del 23 <strong>di</strong>cembre<br />
2006) risulta ben chiaro<br />
perché il <strong>di</strong>ritto deve <strong>di</strong>re no<br />
ai PACS. Questo “piccolo matrimonio”,<br />
trattando allo stesso<br />
modo la coppia sposata (che si<br />
impegna in un vincolo pubblico<br />
<strong>di</strong> stabilità) e la coppia convivente<br />
(che tale vincolo rifiuta),<br />
realizza un’ingiustizia verso la<br />
coppia sposata. O, se vogliamo,<br />
realizza un privilegio verso la<br />
coppia convivente: attribuisce<br />
alla coppia convivente gli stessi<br />
<strong>di</strong>ritti della coppia sposata<br />
senza che la coppia convivente<br />
si impegni a corrispondere i<br />
medesimi doveri. In più lancia<br />
un messaggio <strong>di</strong>seducativo, specie<br />
per i giovani: è come se si<br />
<strong>di</strong>cesse che sposarsi con impegno<br />
(ufficiale) <strong>di</strong> stabilità e sposarsi<br />
senza impegno (ufficiale)<br />
sono due scelte equivalenti, in<strong>di</strong>fferenti<br />
rispetto al bene comune.<br />
Giusto, quin<strong>di</strong>, regolamentare<br />
le convivenze, nella misura<br />
in cui queste hanno ormai<br />
implementato dei <strong>di</strong>ritti e delle<br />
legittime spettanze fra le persone<br />
coinvolte, ma il PACS è<br />
uno strumento sbagliato: eccessivo,<br />
ingiusto, dannoso. Lo Stato<br />
adotti altri mezzi, per es. ricorrendo<br />
a provve<strong>di</strong>menti <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>ritto civile “mirati” a <strong>di</strong>sciplinare<br />
aspetti p<strong>articola</strong>ri della<br />
convivenza. Ma, per favore, si<br />
lasci stare il matrimonio. Nella<br />
sua unicità e integralità il<br />
matrimonio non deve essere<br />
confuso con un istituto debole<br />
e caricaturale quale il PACS.<br />
Ancor più netto è il giu<strong>di</strong>zio<br />
nel caso della convivenza omosessuale.<br />
Qui non è solo la mancata<br />
promessa <strong>di</strong> stabilità a<br />
fare problema. Più ra<strong>di</strong>calmente,<br />
è il bene comune dei figli a<br />
non essere tutelato. Ciò mette<br />
automaticamente in fuori gioco<br />
anche il matrimonio omosessuale,<br />
il quale se, a <strong>di</strong>fferenza<br />
del PACS omosessuale, garantirebbe<br />
una promessa <strong>di</strong> stabilità<br />
del rapporto, non è però in<br />
grado <strong>di</strong> assicurare in misura<br />
SOCIETÀ<br />
FAMIGLIA AMIGLIA<br />
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 6 GENNAIO 2007<br />
IN MERITO AL DIBATTITO SU MATRIMONIO E PACS/2<br />
IL PROBLEMA È IL RISPETTO<br />
DELLA DIGNITÀ UMANA<br />
sufficiente il bene comune dei<br />
figli (la loro procreazione e la<br />
loro educazione). Legittimando<br />
il matrimonio omosessuale (com’è<br />
accaduto in Olanda nel<br />
2001, in Belgio nel 2003, in<br />
Spagna e nel Regno Unito nel<br />
2005…) il <strong>di</strong>ritto, anziché tutelare,<br />
infligge una ferita mortale<br />
all’identità e alla <strong>di</strong>gnità del<br />
matrimonio. L’apparente eliminazione<br />
<strong>di</strong> una <strong>di</strong>scriminazione<br />
fra coppie “etero” e coppie “omo”<br />
si traduce, in realtà, in una flagrante<br />
<strong>di</strong>scriminazione delle<br />
prime, non più riconosciute e<br />
promosse nella loro capacità<br />
unica e integrale <strong>di</strong> realizzare<br />
il bene comune dei figli. Quattro<br />
sono le richieste avanzate<br />
dalla cultura omosessuale:<br />
eliminazione delle <strong>di</strong>scriminazioni<br />
o<strong>di</strong>ose (come la persecuzione<br />
razzista o il licenziamento<br />
dal posto <strong>di</strong> lavoro); riconoscimento<br />
della libertà omosessuale;<br />
tutela delle convivenze<br />
omosessuali; introduzione<br />
del matrimonio omosessuale,<br />
con possibilità <strong>di</strong> procreazione<br />
artificiale e/o adozione dei figli.<br />
Le prime due richieste vanno<br />
senz’altro accolte e tutelate dal<br />
<strong>di</strong>ritto (la prima - e solo quella<br />
- anche dalla morale cristiana),<br />
la terza pure (ma con lo strumento<br />
del <strong>di</strong>ritto civile, non con<br />
il PACS), la quarta assolutamente<br />
no.<br />
LA STRADA<br />
DEL DIRITTO CIVILE<br />
Posto che giustizia è anzitutto<br />
dare a ciascuno il suo, senza<br />
confondere matrimonio e PACS,<br />
resta vero che giustizia è anche<br />
sanare eventuali situazioni <strong>di</strong><br />
ingiustizia venutisi a creare per<br />
la coppia convivente. Per es. il<br />
fatto che il convivente da lunga<br />
data si trovi escluso dalla<br />
successione testamentaria, o<br />
dal subentro nel contratto <strong>di</strong> locazione<br />
in caso <strong>di</strong> morte del coniuge;<br />
o ancora si trovi escluso<br />
dalla pensione <strong>di</strong> reversibilità,<br />
o dall’essere coinvolto dal personale<br />
sanitario in merito alla<br />
decisione da prendere circa uno<br />
stato <strong>di</strong> malattia grave o terminale<br />
del convivente. A voler essere<br />
precisi, sarebbe meglio<br />
parlare <strong>di</strong> “<strong>di</strong>sagi” più che <strong>di</strong><br />
vere e proprie “ingiustizie”, dal<br />
momento che i conviventi, se<br />
proprio volevano fruire <strong>di</strong> quelle<br />
opportunità <strong>di</strong> cui ora lamentano<br />
la mancanza, avrebbero<br />
potuto sposarsi! Al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> questo<br />
è però giusto che il <strong>di</strong>ritto si<br />
preoccupi <strong>di</strong> lenire questi <strong>di</strong>sagi<br />
della coppia convivente. Lo<br />
faccia, però, non scimmiottando<br />
una confusiva e caricaturale<br />
figura pseudo-matrimoniale<br />
(il PACS), bensì attraverso singoli<br />
e mirati <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> legge<br />
civile. Molti <strong>di</strong> essi, <strong>di</strong> fatto,<br />
sono già attivi nel <strong>di</strong>ritto vigente:<br />
per es. una coppia convivente<br />
può riconoscere figli naturali<br />
e adottare, può a<strong>di</strong>re ai consultori<br />
pubblici e alle tecniche<br />
<strong>di</strong> fecondazione artificiale omologa<br />
(legge 40); può fare testamento<br />
a favore del partner (fatta<br />
salva la riserva per i familiari,<br />
com’è giusto), può stipulare<br />
congiuntamente il contratto<br />
<strong>di</strong> locazione, può avvalersi<br />
della facoltà <strong>di</strong> non deporre in<br />
giu<strong>di</strong>zio nel proce<strong>di</strong>mento penale<br />
contro il partner… Altre norme<br />
ancora potrebbero essere<br />
previste (come quella sulla reversibilità<br />
della pensione), ma<br />
in ogni caso si tratterebbe sempre<br />
e solo <strong>di</strong> rapporti giuri<strong>di</strong>copatrimoniali,<br />
tali cioè da non<br />
intaccare il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> famiglia.<br />
Notiamo che questa tutela giuri<strong>di</strong>co-civile<br />
riguarderebbe parimenti<br />
anche le convivenze omosessuali,<br />
a parte - è ovvio - la<br />
normativa relativa ai figli (possibilità<br />
<strong>di</strong> adozione, accesso alle<br />
tecniche <strong>di</strong> fecondazione artificiale),<br />
per i motivi detti prima.<br />
NON SOLO DANNOSO,<br />
MA ANCHE INUTILE<br />
In definitiva, il gran chiasso<br />
sui PACS sembra essere solo<br />
fumo negli occhi. La verità è che<br />
il PACS non serve: ciò che si<br />
vorrebbe raggiungere me<strong>di</strong>ante<br />
esso (danneggiando il matrimonio)<br />
lo si può tranquillamente<br />
raggiungere (e in modo indolore<br />
per il matrimonio) attraverso<br />
la via del <strong>di</strong>ritto civile.<br />
Come mai allora tanta insistenza?La<br />
risposta è evidente. Il<br />
PACS, in realtà, non interessa<br />
a nessuno, se non come<br />
primo passo verso una legittimazione<br />
psicologica, sociale<br />
e culturale del matrimonio<br />
omosessuale. Inutile<br />
(anzi, dannoso) per le convivenze<br />
eterosessuali, l’effetto vero<br />
del PACS sarebbe <strong>di</strong> far uscire<br />
dalla penombra le convivenze<br />
omosessuali, dando loro una<br />
prima, incipiente configurazione<br />
giuri<strong>di</strong>ca, primo passo verso<br />
il completo “sdoganamento” delle<br />
nozze gay.<br />
CHIESA<br />
E OMOSESSUALITÀ<br />
La vera questione, allora, su<br />
cui bisognerebbe confrontarsi,<br />
è quella omosessuale. Questione<br />
certamente complessa e spinosa,<br />
con la quale saremo sempre<br />
più alle prese nei prossimi<br />
anni. L’emersione della questione<br />
omosessuale impegna la<br />
Chiesa a chiarire e verificare<br />
sempre più la sua posizione in<br />
merito: sotto il profilo biblico,<br />
teologico, psicologico e dell’antropologia<br />
culturale. Ancor più<br />
impegna la Chiesa ad essere<br />
mater, oltre che magistra. Carità<br />
e verità: sono i due versanti<br />
non contrapponibili della medesima<br />
sollecitu<strong>di</strong>ne per l’uomo.<br />
Se il giu<strong>di</strong>zio etico sull’omosessualità<br />
(e la conseguente ricaduta<br />
sul piano del <strong>di</strong>ritto) non<br />
può che essere negativo - e non<br />
ve<strong>di</strong>amo come possa essere altrimenti<br />
-, non deve però venire<br />
a mancare la cura materna<br />
della Chiesa verso questi suoi<br />
figli. Se l’errore va giu<strong>di</strong>cato,<br />
l’errante va amato, e fino al punto<br />
che lui abbia ad accorgersene.<br />
Non accadesse questo, la<br />
Chiesa verrebbe meno al suo<br />
compito. La persona omosessuale<br />
deve sentirsi accolta, capita<br />
e accompagnata dalla Chiesa,<br />
pur nella chiarezza <strong>di</strong> un<br />
giu<strong>di</strong>zio etico e pur senza arrivare<br />
a giuri<strong>di</strong>ficare pretese (come<br />
quella del matrimonio omosessuale)<br />
contrarie alla verità<br />
dell’uomo, alla <strong>di</strong>gnità della famiglia,<br />
al bene comune e all’or<strong>di</strong>ne<br />
sociale. Percorsi percorribili<br />
<strong>di</strong> una castità cristiana della<br />
persona omosessuale sono però<br />
in larga parte ancora tutti da<br />
<strong>di</strong>segnare.<br />
-fine