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<strong>La</strong> signora Clara Donà, storica figura del commercio adriese, ora in pensione, è<br />
convinta della supremazia delle sue bissòle che le sono invidiate e richieste da tutti<br />
proprio perché ne ha appreso l’arte da ottimi maestri: “Mia suocera in primis, e poi la<br />
signora Wanda Bergamasco che, quand’ero bambina, mi chiamava a casa sua per<br />
preparare tante e tante bissòle che poi regalava ai vicini e alle persone che si<br />
presentavano a casa sua. Ancora adesso mia figlia, Stefania, ed io, la vigilia<br />
dell’Epifania, ci organizziamo per farne in quantità tale da accontentare figli, nipoti,<br />
parenti ed amici…” 2<br />
E’ pur vero che in area veneta dolcetti simili, vecine, beline, fantine, si<br />
consumavano un po’ ovunque, e non solo per la Befana; noti sono, ad esempio, i<br />
sanmartini, che ripetono nella forma il San Martino dell’undici novembre, diffusi nel<br />
veneziano Certo è che si tratta di piatto etnico, segnalato dal nome, indice sicuro<br />
della sua arcaica presenza sulla tavola della festa. Bissòla deriva infatti da biscia,<br />
serpe, perché in origine v’erano pani e dolci di tal forma, vale a dire simili alla lettera<br />
esse, termine che in periodi alquanto recenti ha finito per sovrapporsi a quello<br />
primitivo. Dolci a forma di serpe o foggiati in varie altre figure, "aquile, diamanti,<br />
fiordeligi, cappe di San Giacomo [conchiglie], croci, stelle” si incontrano nei ricettari<br />
aristocratici 3 . A tutti note sono inoltre le bissette, esse, di origine ebraica, i buranèi di<br />
Burano, della medesima forma, ed il vero e proprio esse che compariva sulla tavola<br />
proprio nei periodi di passaggio stagionale. Quindi bissòla stava ad indicare<br />
propriamente, almeno in origine, dolci cerimoniali a forma di biscia.<br />
2 Fonte: Clara Donà – Adria.<br />
3 B. STEFANI, L’arte di ben cucinare, Mantova, Osanna, 1662, p. 34.