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La bissola Adriese

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<strong>La</strong> bissòla adriese.<br />

Il tipico dolce della Befana<br />

“Oh... le bissòle... Proprio di Adria sono le bissòle, si! Perché tanti non sanno<br />

nemmeno cosa siano..., io invece le faccio ogni anno. Le bissòle, ci sono varie ricette,<br />

ma è sempre pasta frolla. Proprio la mia ricetta è: mezzo chilo di fiore, due etti di<br />

burro, due etti di zucchero e un pizzico di sale. Senza uova, né liquori, niente.<br />

Impasto e la metto in frigo e un pezzetto alla volta, come mi occorre, la tiro col<br />

mattarello e faccio le varie forme: il veción, la vecchia, la stella, la luna, l'asinello, il<br />

cuore. Le metto in forno e le cuocio come un biscotto. Quando sono fredde, vi faccio<br />

sopra una glassa, zucchero a velo e l'albume d'uovo. Albume d'uovo sbattuto e poi il<br />

suo zucchero a velo che venga una cremina e poi la metto in una siringa e con quella<br />

le ricamo. Sempre fatto così. C'erano anche degli stampi per fare queste forme:<br />

infatti mio marito me ne ha fatti... Puoi anche con gli stampi, ma io vado a mano libera.<br />

Noialtri, queste bissòle, le trovavamo il mattino sul piatto dei dolci, che una volta non<br />

c'erano molti regali... Mandarini, arance, queste bissòle... Poi le mangi anche a tavola.<br />

Il giorno della Vècia la tradizione è proprio la bissòla, che qui in Adria dicono anche:<br />

“Sei brutto come una bissòla!” 1<br />

Della bissòla, il dolce reperibile nelle pasticcerie o confezionato in casa e<br />

regalato a parenti e conoscenti, ognuno sarà pronto a giurare di possedere la vera,<br />

l’antica, unica e migliore ricetta, ma al di là della modalità della confezione o degli<br />

ingredienti impiegati, a noi interessa il fatto che la bissòla è solo e soltanto adriese, a<br />

tutti nota, da tutti riconosciuta e riconoscibile, imbandita canonicamente nel pranzo del<br />

giorno dell’Epifania.<br />

1<br />

C. CREPALDI, P. RIGONI, Il piatto, il fuoco, la parola. Cultura alimentare e tradizione orale in Polesine,<br />

Rovigo, Minelliana, 1991, p.


<strong>La</strong> signora Clara Donà, storica figura del commercio adriese, ora in pensione, è<br />

convinta della supremazia delle sue bissòle che le sono invidiate e richieste da tutti<br />

proprio perché ne ha appreso l’arte da ottimi maestri: “Mia suocera in primis, e poi la<br />

signora Wanda Bergamasco che, quand’ero bambina, mi chiamava a casa sua per<br />

preparare tante e tante bissòle che poi regalava ai vicini e alle persone che si<br />

presentavano a casa sua. Ancora adesso mia figlia, Stefania, ed io, la vigilia<br />

dell’Epifania, ci organizziamo per farne in quantità tale da accontentare figli, nipoti,<br />

parenti ed amici…” 2<br />

E’ pur vero che in area veneta dolcetti simili, vecine, beline, fantine, si<br />

consumavano un po’ ovunque, e non solo per la Befana; noti sono, ad esempio, i<br />

sanmartini, che ripetono nella forma il San Martino dell’undici novembre, diffusi nel<br />

veneziano Certo è che si tratta di piatto etnico, segnalato dal nome, indice sicuro<br />

della sua arcaica presenza sulla tavola della festa. Bissòla deriva infatti da biscia,<br />

serpe, perché in origine v’erano pani e dolci di tal forma, vale a dire simili alla lettera<br />

esse, termine che in periodi alquanto recenti ha finito per sovrapporsi a quello<br />

primitivo. Dolci a forma di serpe o foggiati in varie altre figure, "aquile, diamanti,<br />

fiordeligi, cappe di San Giacomo [conchiglie], croci, stelle” si incontrano nei ricettari<br />

aristocratici 3 . A tutti note sono inoltre le bissette, esse, di origine ebraica, i buranèi di<br />

Burano, della medesima forma, ed il vero e proprio esse che compariva sulla tavola<br />

proprio nei periodi di passaggio stagionale. Quindi bissòla stava ad indicare<br />

propriamente, almeno in origine, dolci cerimoniali a forma di biscia.<br />

2 Fonte: Clara Donà – Adria.<br />

3 B. STEFANI, L’arte di ben cucinare, Mantova, Osanna, 1662, p. 34.


Ma perché proprio la biscia? Animale mitico e magico per eccellenza, simbolo<br />

di rigenerazione del tempo come l’araba fenice e il più indigeno cuculo, nel serpente,<br />

essere ambiguo che rappresenta il carattere ciclico di morte e rinascita, si incarna uno<br />

dei simboli più significativi dell’immaginario universale. Il serpente s’insinua nelle<br />

fenditure della terra, discende nel mondo infero e rinasce da se stesso con la<br />

mutazione della pelle. Genius loci, custode e protettore di fonti, altari, oracoli, città.<br />

Atene, secondo i Greci era custodita dal serpente di Atena, divinità ctonia, legata al<br />

mondo degli inferi e perciò, in quanto rappresentazione dei defunti e degli antenati,<br />

custode delle tombe, del focolare domestico, della casa.<br />

Presso i Romani, la serpe si manifestava quale immagine del genius familiaris,<br />

lo spirito personale del pater familias, principio di fecondità genetica, spesso un<br />

tutt’uno con i <strong>La</strong>ri. Il poeta Ovidio riferisce, nelle Metamorsi, della diffusa convinzione<br />

che le serpi nascessero nelle tombe, originate dalla spina dorsale del defunto 4 .<br />

Svetonio, a sua volta, racconta che Azia, la madre di Augusto, concepì nel momento<br />

in cui un serpente le si era strusciato addosso mentre dormiva e che, subito dopo, le<br />

era apparsa sul corpo una voglia a forma di serpe, rimastale impressa per tutta la vita.<br />

5<br />

Bracialetti, armillae e<br />

bracchialia, pendenti ed anelli<br />

serpentiformi ornavano, braccia<br />

e caviglie e dita delle donne.<br />

Serpi erano dipinte sulle pareti<br />

del focolare, serpi crestate erano<br />

sacre e simbolo stesso di<br />

Cerere, dea del grano, tanto che<br />

la figura della serpe si trovava<br />

sempre scolpita o stilizzata sugli<br />

assi dei carri agricoli delle nostra campagna ed era motivo ornamentale per balconi,<br />

inferriate, alari del focolare. Cristianizzata, la si rintraccia frequentemente anche nelle<br />

chiese, soprattutto nelle lampade laterali degli altari. Era costume diffuso raccogliere la<br />

pelle mutata, trovata nei campi, perché si riteneva avesse molteplici virtù, non ultima<br />

quella di far trovare tesori nascosti al suo possessore. Ognuno di noi, era credenza,<br />

aveva una serpe protettrice che, senza farsi vedere lo proteggeva.<br />

Secondo Levi-Strauss il cibo è un modo per sconfiggere il tempo. Se così è,<br />

l’esse, la bissòla, raffigurazione della vècia che viene dall’Aldilà, attraverso camino a<br />

portare doni, si prepara proprio nei giorni in cui dall’anno morente si passa quello<br />

nuovo, nel periodo del solstizio invernale in cui si deve rifondare il tempo perché la vita<br />

possa riprendere il suo ciclo con rinnovato vigore. Per iniziare un nuovo anno, in<br />

definitiva, e poter sperare nel futuro ancora per tanti anni.<br />

Paolo Rigoni<br />

(Grafica: Giorgia Stocco)<br />

4 OVIDIO, Metamorfosi, XV, vv. 389 – 390.<br />

5 SVETONIO, Vite dei Cesari, I, 94.

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