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periodico n° 11 del 24 marzo 2009 - Il Rossetti

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Ritorna la nuova produzione <strong>del</strong>lo Stabile, diretta da Antonio Calenda<br />

To be or not to be, in fuga da Hitler<br />

Due recite straordinarie al Politeama <strong>Rossetti</strong> prima <strong>del</strong> debutto a Milano<br />

È stato accolto con unanime<br />

entusiasmo To be or not to be di<br />

Maria Letizia Compatangelo, lo<br />

spettacolo firmato da Antonio<br />

Calenda e prodotto dal Teatro<br />

Stabile regionale che ha inaugurato<br />

la Stagione 2008-<strong>2009</strong>.<br />

La commedia – con due protagonisti<br />

<strong>del</strong>la raffinatezza di<br />

Giuseppe Pambieri e Daniela<br />

Mazzucato e impreziosita<br />

da inedite canzoni di Nicola<br />

Piovani – è ora prossima alla<br />

tournée nazionale che la porta<br />

a Milano al Teatro Manzoni e,<br />

nella prossima stagione, in tutta<br />

Italia. <strong>Il</strong> riallestimento offre l’occasione<br />

di dare altre due repliche<br />

a Trieste. To be or not to be<br />

ha una genesi interessante: è<br />

stata elaborata infatti da Maria<br />

Letizia Compatangelo sulla base<br />

<strong>del</strong> soggetto originale <strong>del</strong>l’autore<br />

ungherese Melchior Lengyel,<br />

divenuto nel 1942 un film di successo<br />

<strong>del</strong> grande Ernst Lubitsch<br />

(Vogliamo Vivere, il titolo <strong>del</strong>la<br />

versione italiana).<br />

Antonio Calenda ha perseguito<br />

a lungo l’idea di costruire su<br />

To be or not to be un progetto<br />

teatrale, ed è dalla sua intuizione<br />

che nasce questa commedia<br />

<strong>del</strong>iziosa e interessante, che da<br />

un lato permette d’innescare<br />

il gioco teatrale <strong>del</strong>le infinite<br />

rifrazioni fra realtà e finzione,<br />

recita e verità, “essere” e “non<br />

essere” come suggerisce il titolo.<br />

Dall’altro lato accetta la sfida<br />

di ritrarre il nazismo attraverso<br />

il linguaggio <strong>del</strong>la comicità: una<br />

sfida vinta costruendo una sati-<br />

8<br />

“eventi speciali”<br />

ra validissima <strong>del</strong>l’apparato e<br />

<strong>del</strong>la logica hitleriani.<br />

«Ho amato To be or not to be<br />

– commenta Antonio Calenda<br />

– proprio perché ritengo che<br />

offra una bella e struggente elegia<br />

<strong>del</strong> mondo <strong>del</strong>lo spettacolo,<br />

un leggero e dolce apologo su<br />

quanto nella vita sia necessaria<br />

la poesia. E in tempi sempre<br />

più cupi per la cultura, come<br />

sembrano diventare irrimediabilmente<br />

i nostri, ricordare in<br />

qualche modo questa “necessità”<br />

<strong>del</strong>l’arte, <strong>del</strong>la poesia, <strong>del</strong><br />

teatro, non appare affatto scontato».<br />

Per allestirlo, lo Stabile ha chiamato<br />

a sé una compagnia d’alto<br />

livello: Giuseppe Pambieri<br />

interpreta l’esuberanza e le<br />

fragilità di Ian Tura e Daniela<br />

Mazzucato presta duttilità alla<br />

figura di Maria e la sua splendida<br />

voce sopranile alle canzoni <strong>del</strong>lo<br />

spettacolo, Fulvio Falzarano è<br />

il temibile Colonnello Ehrhard<br />

e Umberto Bortolani la spia<br />

Druginsky. Accanto a loro una<br />

rappresentanza generosa <strong>del</strong><br />

nucleo d’attori che Calenda ha<br />

coinvolto in questi anni nei maggiori<br />

lavori di produzione.<br />

Gli interpreti impersonano la<br />

Compagnia <strong>del</strong> Teatro Centrale<br />

di Varsavia, alle prese con le<br />

prove di uno spettacolo antinazista<br />

che solleva l’attenzione<br />

<strong>del</strong>la censura: dopo l’iniziale<br />

sgomento gli attori ripiegano sul<br />

repertorio. La scelta di Amleto<br />

non è casuale: Ian Tura, il primo<br />

attore, ha infatti il pallino <strong>del</strong><br />

Principe di Danimarca che, sebbene<br />

sia ormai fuori ruolo, continua<br />

a interpretare convinto.<br />

Ama soprattutto il monologo<br />

“To be or not to be”, che però<br />

diviene il suo incubo. La moglie<br />

Maria, infatti, proprio durante<br />

la scena si fa raggiungere in<br />

camerino da uno spasimante,<br />

pilota <strong>del</strong>l’aviazione polacca, che<br />

lasciando il suo posto, crea lo<br />

scompiglio in sala. Esilarante lo<br />

sconforto di Ian davanti a tale<br />

dimostrazione di spregio verso<br />

la sua arte: il problema però è<br />

presto travolto – come tutta la<br />

dimensione evanescente e un<br />

po’ ingenua dei teatranti – dal<br />

precipitare degli eventi storici.<br />

È il 1939 e Varsavia è asservita a<br />

Hitler: le misure antisemite, colpiscono,<br />

fra gli altri, Greenberg,<br />

uno degli attori. <strong>Il</strong> momento in<br />

cui trova il coraggio di recitare<br />

un’ultima volta il monologo di<br />

Shylock da <strong>Il</strong> mercante di Venezia,<br />

è uno dei più toccanti <strong>del</strong>lo<br />

spettacolo. Anche per il resto<br />

<strong>del</strong>la compagnia il periodo è<br />

cupo: il teatro è chiuso, e ospita<br />

segrete riunioni <strong>del</strong>la resistenza<br />

polacca. Quando l’operato di<br />

una spia <strong>del</strong>la Gestapo rischia<br />

d’infliggere un colpo ferale alla<br />

resistenza, Sabinsky lo spasimante<br />

di Maria, si fa paracadutare a<br />

Varsavia. Con l’aiuto degli attori<br />

gioca brutti tiri agli oppressori<br />

ed eliminati la spia e un pericoloso<br />

ufficiale, tutti riescono a<br />

fuggire a Londra addirittura con<br />

l’aereo di Hitler.<br />

di <strong>Il</strong>aria Lucari

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