840-Trattamenti termici
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<strong>840</strong>-<strong>Trattamenti</strong> <strong>termici</strong><br />
TRATTAMENTI TERMICI<br />
Sono trattamenti particolarmente adatti per il risanamento di terreni contaminati<br />
da sostanze organiche, in taluni casi sono applicabili anche alle sostanze<br />
inorganiche ossidabili alle basse temperature.<br />
Queste tecniche, che come dice il nome stesso sono basate sul riscaldamento del<br />
terreno possono, essere utilizzate sia per desorbire e volatilizzare i contaminanti<br />
che per distruggerli o immobilizzarli.<br />
I principali fenomeni fisici che sono coinvolti dipendono ovviamente dalla<br />
temperatura:<br />
• 90 °C – 650 ° C: Desorbimento termico<br />
o 90 °C – 300 °C: Evaporazione acqua, evaporazione dei composti<br />
organici volatili (idrocarburi), vaporizzazione di composti inorganici<br />
con basso punto di ebollizione (NH3, H2S e Hg)<br />
o 300 °C – 650 °C: Evaporazione e pirolisi (decomposizione di un<br />
composto chimico mediante il calore) di composti organici<br />
semivolatili (idrocarburi pesanti), composti inorganici come cianuri,<br />
solfuri e piombo<br />
• > 650° C: Termodistruzione<br />
o 650° C – 900° C: si raggiunge la completa evaporazione/pirolisi, con<br />
successiva ossidazione in fase gassosa, di tutte le sostanze organiche<br />
e di buona parte di quelle inorganiche<br />
o > 900° C: Prosegue l’evaporazione/pirolisi e successiva ossidazione<br />
dei composti inorganici; la matrice solida inizia a fondere<br />
immobilizzando i contaminanti ancora presenti in una matrice<br />
vetrosa che si forma dopo il raffreddamento<br />
Un aspetto particolarmente importante è quello del riutilizzo del terreno dopo<br />
avere effettuato il trattamento termico. Anche in questo caso si può ragionare in<br />
funzione della temperatura:<br />
• < 460 °C: parziale deterioramento in seguito alla mineralizzazione della<br />
sostanza organica e alla trasformazione degli ossidi di ferro e di alluminio.<br />
Il terremo può essere riutilizzato per uso agronomico, dopo alcune stagioni<br />
riassume le caratteristiche di un normale terreno<br />
• 460 °C – 900 °C: perdita degli ossidrili delle argille e dissociazione dei<br />
carbonati (calcinazione), non può più essere utilizzato per uso agronomico<br />
ma solo come materiale di riporto<br />
• > 900 °C: fusione del terreno, una volta raffreddato si ottiene un prodotto<br />
vetrificato utilizzabile nel settore dell’edilizia (riempimenti, fondi stradali<br />
ecc.)<br />
S. Teggi - Facoltà di Ingegneria di Modena – A.A. 2006-07<br />
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<strong>840</strong>-<strong>Trattamenti</strong> <strong>termici</strong><br />
Incenerimento o termodistruzione<br />
E’ una tecnica tipicamente applicata off-site, presso un impianto di<br />
termodistruzione, sebbene in alcuni casi sia utilizzata anche on-site mediante<br />
inceneritori mobili di piccole dimensioni.<br />
L’installazione di questi impianti on-site o il trasporto dei contaminanti off-site in<br />
genere fanno alzare notevolmente i costi (vedere la tabella dei costi), tuttavia si<br />
raggiungono efficienze di bonifica molto elevate, ad esempio per i composti<br />
organici si supera il 99.9%.<br />
Questi impianti, dei quali è sopra riportato uno schema tipico, sono ben noti,<br />
pertanto ci si limita ad elencare quali sono le fasi principali del trattamento<br />
nell’ambito della bonifica dei siti contaminati:<br />
• Escavazione del terreno<br />
• Vagliatura del terreno per separare la frazione grossolana (ciottoli di grandi<br />
dimensioni)<br />
• Contrariamente ad altre tecniche in questo caso si possono trattare anche<br />
materiali estremamente vari come sostanze liquide, solidi grossolani, bidoni,<br />
catrami, ecc. Per questo motivo oltre alla vagliatura possono essere previste<br />
anche operazioni di triturazione e di omogeneizzazione della granulometria<br />
(richiesti per l’ottimizzazione del trattamento). Durante questa fase è<br />
necessario controllare le eventuali emissioni gassose.<br />
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• Il terreno omogeneizzato viene quindi convogliato verso l’unità di<br />
termodistruzione a temperature tipicamente di 700 °C – 1000 °C.<br />
• Utilizzando impianti particolari si possono raggiungere temperature<br />
superiori ai 1200 °C, e quindi la fusione e successiva raffreddamento<br />
vetrificazione. Nella matrice vetrosa finale sono inglobate, e quindi<br />
immobilizzate, le sostanze non ancora termo-distrutte. La vetrificazione è<br />
una delle tecniche preferite per il trattamento dell’amianto.<br />
Con queste tecniche si riescono ad ottenere buoni risultati (vedere tabella delle<br />
applicabilità) per tutti i contaminanti organici indipendentemente dalle<br />
caratteristiche del terreno.<br />
Si riescono inoltre ad estrarre per vaporizzazione tutti i metalli pesanti con punto<br />
di ebollizione inferiore ai 1100°C (e.g. Hg, Ar, Pb), la loro estrazione dai gas<br />
recuperati è però alquanto problematica.<br />
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<strong>Trattamenti</strong> di termodistruzione e immobilizzazione: vetrificazione in situ<br />
La vetrificazione consiste nel riscaldamento del terreno fino alla temperatura di<br />
fusione, attorno ai 1200°C – 2000°C, e al successivo rapido raffreddamento in<br />
modo da ottenere un ammasso amorfo e vetroso inerte.<br />
Le fasi principali di questa tecnica sono (figura sopra):<br />
o Si dispongono 4 elettrodi, generalmente di molibdeno, della lunghezza di 6m<br />
in modo da formare un quadrilatero di lato circa 6m<br />
o Sopra la superficie viene disposto uno strato formato da una miscela di<br />
graffite in scaglie e una fritta (miscela ottenuta per fusione di sostanze<br />
solubili e insolubili) vetrosa<br />
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o Il riscaldamento avviene a causa del passaggio di corrente elettrica generato<br />
da una differenza di potenziale di 4000V applicata agli elettrodi<br />
o Il terreno ha una scarsissima conducibilità elettrica, quindi inizialmente la<br />
corrente elettrica passa solo attraverso lo strato superficiale artificiale fino a<br />
fonderlo<br />
o Lo strato fuso trasmette calore al terreno sottostante fondendolo e<br />
generando così un nuovo strato conduttivo: in tal modo la fusione del<br />
terreno è data dall’avanzamento dall’alto verso il basso dello strato<br />
conduttivo già fuso. In condizioni ottimali la velocità di avanzamento è di<br />
circa 5 cm/h, corrispondenti a circa 3 t/h di terreno.<br />
o Man mano che la fusione progredisce si ha la volatilizzazione e la pirolisi<br />
delle sostanze volatili le quali vengono liberate verso l’alto in atmosfera: per<br />
la loro raccolta e successivo trattamento viene disposta una cappa di<br />
raccolta sopra l’area di fusione.<br />
o Alla fine del processo il monolite vetroso ha una porosità praticamente nulla<br />
e quindi occupa un volume minore con un conseguente abbassamento della<br />
superficie (subsidenza) che deve essere colmata con materiale di<br />
riempimento.<br />
Questa tecnica permette la termodistruzione quasi totale dei composti organici<br />
(>99%), mentre gli inquinanti inorganici non volatili vengono immobilizzati<br />
all’interno della matrice vetrosa e quindi si ha comunque una decontaminazione.<br />
E’ da notare che, come per tutte le tecniche in-situ, non comporta ne rimozione<br />
ne pre trattamento del terreno.<br />
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Desorbimento termico<br />
Per trattamenti di desorbimento termico si intendono generalmente processi che<br />
consentono di bonificare matrici solide (terreni, fanghi, sedimenti) contaminate da<br />
sostanze vaporizzabili, generalmente di natura organica.<br />
In particolare, nei processi di desorbimerito termico, si sottopone la matrice<br />
contaminata a un riscaldamento (diretto o indiretto) così da provocare la<br />
migrazione dell’inquinante verso la fase gassosa; quest’ultima deve essere<br />
successivamente sottoposta a idonei trattamenti di decontaminazione.<br />
Le temperature di trattamento impiegate sono molto variabili, ma generalmente<br />
comprese tra 90 e 650 °C; in queste condizioni è possibile avere parziale<br />
decomposizione (pirolisi/ossidazione) della sostanza organica desorbita.<br />
Dalla temperatura di trattamento dipende anche la velocità del trattamento del<br />
terreno. Nella figura sotto è riportato un diagramma che mette in luce questo<br />
aspetto.<br />
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Desorbimento termico ex-situ<br />
Questo processo consta normalmente di tre fasi:<br />
- pre-trattamento<br />
- desorbimento<br />
- post-trattamento<br />
Pre-trattamento<br />
A seconda del caso, possono risultare necessari i seguenti pre-trattamenti del<br />
materiale di partenza:<br />
- rimozione di detriti o riduzione della pezzatura mediante vagliatura e/o<br />
triturazione delle particelle più grossolane (che potrebbero subire un<br />
riscaldamento non uniforme), operate mediante vagli, frantoi e mulini;<br />
- Separazione di eventuali parti metalliche mediante separatore magnetico;<br />
- miscelazione (necessaria in caso di elevate concentrazioni dell’inquinante,<br />
per problemi di sicurezza e di maneggiamento);<br />
- neutralizzazione (solo in caso di pH eccessivamente alto o basso, per<br />
ridurre i rischi di corrosione delle apparecchiature);<br />
- disidratazione (qualora il contenuto di umidità della matrice da trattare sia<br />
> 25%) .<br />
Desorbimento<br />
Una volta completato il pre-trattamento, attraverso nastri trasportatori e<br />
tramogge di carico, si procede a introdurre la matrice contaminata nell’unità di<br />
desorbimento.<br />
Qui il materiale da trattare viene riscaldato, provocando l’evaporazione dell’acqua<br />
interstiziale e dei contaminanti. Gli inquinanti organici vaporizzati vengono<br />
allontanati per mezzo di un gas di trasporto che può essere aria, un gas di<br />
combustione, un inerte (per es. azoto) o vapore.<br />
Le unità di desorbimento possono essere classificate in diversi modi, la<br />
distinzione principale è però quella della modalità di riscaldamento. Si<br />
distinguono infatti:<br />
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Riscaldamento indiretto:<br />
Il terreno è generalmente posto a contatto con superfici metalliche riscaldate e il<br />
trasferimento di calore avviene quindi per scambio termico (conduzione e<br />
irraggiamento).<br />
In questo caso, i gas in uscita dall’unità di desorbimento sono costituiti (oltre che<br />
dal gas vettore) dal vapore acqueo e dagli inquinanti rilasciati, e sono richieste<br />
dimensioni più contenute del sistema di depurazione rispetto ai sistemi a<br />
riscaldamento diretto.<br />
La capacità di questo tipo di unità varia tra 2 e 15 t/h e non ha limitazioni<br />
relativamente al potere calorifico e al contenuto di umidità del materiale da<br />
trattare.<br />
Riscaldamento diretto:<br />
La matrice contaminata viene riscaldata per contatto diretto con un vettore di<br />
calore (per es. un combustibile ausiliario che viene bruciato all’interno del forno o<br />
un flusso di aria calda).<br />
Il volume di gas prodotto, composto dai contaminanti e dall’acqua desorbiti,<br />
nonché dai prodotti di combustione del bruciatore, è elevato.<br />
La sezione di trattamento degli effluenti gassosi risulta quindi più complessa<br />
rispetto a un’unità a riscaldamento indiretto della stessa capacità.<br />
Questo tipo di sistema è, però, tipicamente più efficiente dal punto di vista<br />
energetico ed economico, poiché è in grado di trattare portate maggiori di terreno<br />
(10-50 t/h) e ha costi operativi inferiori.<br />
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Queste unità sono ideali per il trattamento di matrici con un potere calorifico di<br />
900-2400 KJ/kg e con contenuto di umidità relativamente basso (< 25%).<br />
Post-trattamento<br />
In tutti i sistemi di desorbimento termico sono necessarie le fasi di posttrattamento<br />
dei solidi trattati e dei gas effluenti.<br />
- Solidi: abbattimento delle polveri e stoccaggio.<br />
- Gas e particolato: Rimozione dei gas acidi (HCl e SO2) e abbattimento del<br />
particolato (le tecniche utilizzate sono ben note).<br />
Alcuni fattori che influenzano l’appilicabilità della tecnica:<br />
o Proprietà dei contaminanti:<br />
- E’ applicabile a tutti gli inquinanti organici VOC e SVOC<br />
- E’ applicabile nel caso del Hg<br />
o Proprietà del terreno:<br />
- Matrici fortemente argillose tendono a formare aggregati che ostacolano il<br />
trasferimento di calore<br />
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Desorbimento termico in situ: estrazione con vapore<br />
E’ una tecnica in situ conosciuta anche come “strippaggio con vapore”, “hot<br />
air/steam stripping” (letteralmente estrazione con vapore ad alta temperatura).<br />
Il processo consegue la rimozione di contaminanti volatili e semivolatili, presenti<br />
sia al di sopra che al di sotto del livello di falda, tramite iniezione di vapore nel<br />
terreno a temperature variabili tra 150°C e 230°C attraverso dei pozzetti<br />
d’immissione posti lungo il perimetro dell’area contaminata.<br />
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Il vapore iniettato, venuto a contatto col terreno, si condensa, mentre il terreno<br />
medesimo viene progressivamente riscaldato fino a raggiungere la temperatura<br />
del vapore; si forma allora il cosiddetto “fronte di vapore”, che, avanzando<br />
orizzontalmente nel sottosuolo, volatilizza i contaminanti incontrati lungo il<br />
percorso e li veicola verso un pozzo di estrazione installato all’interno della zona<br />
inquinata.<br />
La pressione d’iniezione non deve essere troppo elevata da causare la<br />
fessurazione del terreno, con la conseguente creazione di corto-circuiti.<br />
Il fronte di vapore viene captato da un pozzo di estrazione di acqua e vapore che<br />
può quindi essere usato contemporaneamente anche per il trattamento “pump<br />
and treat”.<br />
La miscela di vapori ed inquinanti gassosi estratta, viene preliminarmente<br />
raffreddata in un condensatore.<br />
I vapori non condensabili vengono quindi trattati in filtri a carbone attivo, prima<br />
di essere scaricati in atmosfera.<br />
Il condensato liquido, assieme alle acque direttamente emunte, è invece inviato<br />
ad una unità di separazione per estrarre i composti oleosi.<br />
La soluzione acquosa rimanente è infine sottoposta a trattamenti ed<br />
eventualmente riciclata in testa all’impianto.<br />
Applicabilità<br />
Lo strippaggio con vapore si applica a tutti i tipi di contaminanti vaporizzabili,<br />
come idrocarburi aromatici e policiclici aromatici, oli minerali vari, ed idrocarburi<br />
alogenati con punto di ebollizione compreso tra 100 e 250°C.<br />
Per le sostanze citate sono fattibili efficienze di rimozione superiori al 99%.<br />
I migliori risultati sono ottenibili con terreni uniformi e permeabili, quali quelli<br />
sabbiosi.<br />
In presenza di suoli argillosi, cioè a bassa permeabilità intrinseca all’aria,<br />
l’efficienza di rimozione può essere notevolmente abbassata.<br />
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