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Lola Italiana - Teatro Out Off

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Progetti speciali


166<br />

Programma<br />

7 e 8 maggio<br />

Violet<br />

di Carro del <strong>Teatro</strong> Nuovo<br />

con Marianna Troise, Elena Papulino,<br />

Enzo Iorio, Riccardo Veno,<br />

Paola De Crescenzo e Ornella Vinti<br />

Coreografia Marianna Troise<br />

11 e 12 maggio<br />

Shangai Neri<br />

di Parco Butterfly<br />

con Julia Anzilotti, Roberta Gelpi,<br />

Francesco Recami, Marinella Salerno<br />

e Virgilio Sieni<br />

Coreografia Virgilio Sieni<br />

13-15 maggio<br />

Lontani dal Paradiso<br />

di Antonio Syxty<br />

Collaborazione Drammaturgica<br />

Giuliano Corti<br />

con Paolo Cosenza, Paola Nervi,<br />

Lorenzo Loris<br />

Decorazioni auto Milo Sacchi<br />

Decorazione pavimento Mino Bertoldo<br />

Tema musicale originale Andrea Libretti<br />

Sonorizzazione Hubert Westkamper<br />

Consulenza luci Gigi Saccomandi<br />

Regia Antonio Syxty<br />

14 e 15 maggio<br />

Esercizi<br />

con Enzo Cosimi e Tere O’Connor<br />

Musiche originali Diane Martel<br />

e Pierluigi Castellano<br />

Disegno luci Stefano Pirandello<br />

Coreografia e regia<br />

Enzo Cosimi e Tere O’Connor<br />

18 e 19 maggio<br />

I brandelli della Cina<br />

che abbiamo in testa<br />

di Albe di Verhaeven<br />

con Ermanna Montanari, Luigi Dadina,<br />

Giuseppe Tolo, Marco Martinelli Gabrieli<br />

e Roberto Barbanti<br />

Testo e regia Marco Martinelli Gabrieli<br />

21 e 22 maggio<br />

Codice<br />

di Krypton<br />

con Gianni Balsamo, Alessandra Petitti<br />

e Monica Salvi<br />

Regia Giancarlo Cauteruccio<br />

Violet: «(…) La danzatrice che apre il suo<br />

Violet raccoglie gioiosamente grappoli di ciliege.<br />

E ripete questo suo gesto bucolico alla<br />

fine, quando un'immagine forte e ironica compare<br />

a siglare tutto il cammino compiuto nello<br />

spettacolo. È una figura statuaria, rigonfia di<br />

costumi indossati uno sull'altro - e potrebbe<br />

essere Isadora Duncan - che si accascia a<br />

terra stremata, esangue mentre una nevrotica<br />

insegnante di danza tedesca ripete, in<br />

tedesco, che quella sarà "la sua ultima danza".<br />

Metaforicamente, Marianna Troise vuole rappresentare<br />

la fine di un'epoca che corre sul<br />

crinale pre e postbellico. Ma c'è dell'altro nel<br />

suo spettacolo colorato, caldo. C'è un gruppo<br />

di allievi (bravissimi tutti gli interpreti) che<br />

nella scuola della schizzante maestra tedesca<br />

si diverte, soffre e teme la guerra. Ci sono<br />

mille sfumature alcune insistite altre potenzialmente<br />

intense. Violet, del resto, è un profumo<br />

misto. La sua essenza di base è la morbidezza<br />

(…)».<br />

Marinella Guatterini<br />

da "l'Unità", 10 maggio 1987<br />

Shangai neri: «(...) Shangai è un antico e celeberrimo<br />

gioco da condursi con bastoncini e<br />

assai difficile perché esige riflessi pronti e<br />

dura attenzione. L'aggettivo neri, nel caso, è<br />

Sussurri o Grida<br />

Movimenti nel nuovo teatro italiano<br />

Quarta edizione<br />

con il contributo del Comune di Milano Settore Cultura e Spettacolo,<br />

Eti Ente Teatrale Italiano<br />

dal 7 al 22 maggio 1987<br />

accoppiato perché ad attendere al gioco sono<br />

degli attori ciechi, con dei grandi occhiali<br />

neri, i quali con il loro udito straordinario e<br />

la loro acuita sensibilità percepiscono i movimenti<br />

dei bastoncini (...). Sfuggendo a una<br />

vera trama narrativa, Shangai neri è uno di<br />

quegli spettacoli che si presentano come un<br />

coacervo di invenzioni e di umori, come uno<br />

sfaccettato prisma in cui anche la danza, una<br />

danza molto libera, vi fa capolino ma come<br />

riportata ad uno stato di dilatazione. Uno<br />

spettacolo, a ben vedere, di rifiuto e contrapposizione,<br />

derisorio e pietoso, ascetico e a<br />

suo modo sognatore, "crudele" comunque per<br />

lo sconvolgimento che arreca all'ordine costi-<br />

Albe di Verhaeven in I brandelli della Cina che abbiamo in testa<br />

1986.1987


tuito e proprio per questo pronto a comunicarci<br />

dei bizzarri "frisson" anche se ancora<br />

gli manca una vera unità di stile (...)».<br />

Domenico Rigotti<br />

da "Avvenire", 14 maggio 1987<br />

Esercizi: «(...) Inghiottiti ed espulsi dall'oscurità<br />

a tempi alterni, Cosimi e O'Connor<br />

sezionano la realtà a passi di danza<br />

scomponendola in catene di movimenti, isolando<br />

la pantomima degli atti quotidiani in<br />

quadri rapidi e precisi. Tra una dissolvenza<br />

e l'altra s'insinuano gli scherzi quasi cinematografici<br />

del ralenti e dell'accelerazione:<br />

l'essere umano sdoppiato è ripreso alla<br />

moviola in posizioni che si sgranano gesto<br />

dopo gesto o si inseguono rapidissime, come<br />

dentro una vecchia comica rivista col<br />

filtro dell'ironia. Così quelli che in apparenza<br />

sono soltanto esercizi di stile si trasformano<br />

in messaggi gelidi, inquietanti, ammorbiditi<br />

appena dalla complicità del silenzio<br />

(...)».<br />

Beatrice Masini<br />

da "il Giornale", 16 maggio 1987<br />

Codice: «(...) La ragnatela di immagini e<br />

spazi intessuta dai segnali luminosi è l'esca<br />

Parco Butterfly in Shangai Neri<br />

intrigante che trascina i tre protagonisti in<br />

questo viaggio in cui cercano di sostenersi<br />

reciprocamente. Adesso si infittisce e si<br />

anima: il motore di un elicottero, gli "spari"<br />

accecanti del laser e i tre che si dimenano<br />

in una prospettiva di linee mossa dal palpito<br />

di un cuore tecnologico. L'odissea (o il<br />

naufragio?) dei tre prosegue sostenuta<br />

dalle sonorità di un sintetizzatore esuberante.<br />

Citazioni di architetture barocche e<br />

costruzioni avveniristiche appiattiscono la<br />

scena, ne allargano la cornice usuale e si<br />

sovrappongono come su un foglio. I tre combattono<br />

con la consistenza palpabile del raggio<br />

verde (sembra un ventaglio, una superficie<br />

solida capace di cambiare forma): braccia,<br />

teste, gambe e mani sbucano e risalgono<br />

in superficie come sullo specchio immobile<br />

di uno stagno. Poi le superfici dei triangoli<br />

luminosi si allargano, ricongiungendosi<br />

e formando l'imbuto che cala sulla platea. Le<br />

pareti di questa galleria si stringono: il<br />

gioco si fa un po' claustrofobico, ma, niente<br />

paura, è tutto programmato: il codice è fatto<br />

di numeri, l'unica lingua che il computer è<br />

in grado di comprendere».<br />

Giampaolo Spinato<br />

da "il Giornale", 23 maggio 1987<br />

Enzo Cosimi e Tere O’ Connor in Esercizi<br />

167


168<br />

Programma<br />

Sezione poesia<br />

a cura di Milo De Angelis<br />

15 ottobre<br />

Nadia Campana e Marco Molinari<br />

16 ottobre<br />

Ivano Fermini e Giovanna Sicari<br />

17 ottobre<br />

Giusi Busceti e Marco Tornar<br />

Letture di: Cristina Alziati, Mino Bertoldo,<br />

Giosé Bonucci, Claudia Botta, Milo De<br />

Angelis, Giovanni Turci, Luigia Sorrentino<br />

Sezione teatro danza<br />

a cura di Marinella Guatterini e Oliviero<br />

Ponte di Pino<br />

dal 21 al 25 ottobre<br />

La crociata dei bambini<br />

e<br />

Miracolo della Rosa<br />

di Danio Manfredini<br />

Collaborazione Andrea Mazza<br />

Regia e interpretazione Danio Manfredini<br />

dal 28 al 30 ottobre<br />

Svelando<br />

di Trifase<br />

Interpreti Cecilia Gallizia, Jutta Joksch-Bell,<br />

Flavia Marini e Claudia Mizrahi<br />

Coreografia Cecilia Gallizia<br />

Circa Dracula<br />

di Trifase<br />

Interpreti Barbara Bianchin,<br />

Marta Boschetti, Susanna Cerutti,<br />

Cecilia Gallizia, Flavia Marini,<br />

Claudia Mizrahi e Donata Zocca<br />

Coreografia Cecilia Gallizia<br />

31 ottobre e 1 novembre<br />

Sonja<br />

di Trifase<br />

Interpreti Susanna Cerutti, Cecilia Gallizia<br />

e Claudia Mizrahi<br />

Coreografia Cecilia Gallizia<br />

Sezione Drammaturgia<br />

a cura di Ettore Capriolo con il patrocinio<br />

della Civica Scuola d’Arte Drammatica<br />

Paolo Grassi<br />

dal 3 all’8 novembre<br />

Viaggi Interrotti<br />

di Sabrina Mancini<br />

con Paola Salvi e Mauro Malinverno<br />

Musiche originali Philippe Bodin<br />

Regia Cristina Pezzoli<br />

Contatto<br />

di Paola Galassi<br />

con Paola Bigatto, Paola Bonesi<br />

e Cristina Sanmarchi<br />

Regia Paola Galassi<br />

dal 10 al 15 novembre<br />

Chimica Alchemica<br />

di Marta Conti<br />

con Tommaso Ragno, Bruna Rossi<br />

e Michele Rovini<br />

Regia Marta Conti<br />

dal 17 al 22 novembre<br />

T’as vu Françoise<br />

di Roberto Petrolini<br />

Collaborazione alla regia<br />

Danielle Maxent e Massimo Polledri<br />

diretto e interpretato da Roberto Petrolini<br />

Omini<br />

di Pietro Farneti e Renato Gabrielli<br />

con Pietro Farneti, Renato Gabrielli,<br />

Massimiliano Speziani e Cristina Terzoli<br />

Regia Pietro Farneti<br />

Limitrofie<br />

Quinta edizione<br />

con il contributo del Comune di Milano Settore Cultura e Spettacolo,<br />

Comune di Milano Zona 20<br />

Dal 15 ottobre al 21 novembre 1987<br />

Danio Manfredini in La crociata dei bambini<br />

1987.1988


«Voglio innanzitutto ringraziare gli amici, i<br />

giovanissimi amici del teatro <strong>Out</strong> <strong>Off</strong>. So che<br />

in molti si sono chiesti come mai io, Testori,<br />

abbia accettato il loro invito. Il tempo tuttavia<br />

prova che non sono solo gli estremi ogni<br />

tanto, o quasi sempre, si toccano, ma che<br />

quelli che si pensavano essere estremi opposti,<br />

in verità, crollati certi equivoci, si rivelano<br />

cammini e bisogni paralleli. Ho conosciuto<br />

questi amici qualche mese fa, in occasione<br />

di un convegno e, improvvisamente, ci siamo<br />

sentiti toccati reciprocamente: io dalle loro<br />

parole, loro, immagino, un po’ dalle mie. Abbiamo<br />

capito che avevamo punti comuni e<br />

abbiamo continuato a vederci. Poi m’hanno<br />

chiesto se me la sentivo di tenere un ciclo di<br />

conversazioni come questa, se avevo qualche<br />

cosa da dire. Io qualche cosa da tentare di<br />

dire ce l’ho. E allora eccoci qui, in questo spazio,<br />

in questo teatro che è quello che io desidererei,<br />

per come amo il teatro. Ho bisogno<br />

di una totale nudità. Il luogo teatrale che<br />

amo non ha niente a che vedere con il teatro<br />

di oggi. È un luogo che si inventa ex novo,<br />

ma appoggiandosi su una lontanissima tradizione.<br />

E l’esito è appunto la spoliazione del<br />

teatro. (…) Il teatro - quando vive veramente<br />

e non quando viene fatto sopravvivere forzosamente<br />

- non è nato per essere un’illustrazione<br />

di ciò che è stato, o un’esercitazione<br />

che si presume debba essere, è nato ed è<br />

sempre vissuto, nei momenti in cui è stato se<br />

stesso, per essere un atto estremo. Un atto<br />

senza il quale la vita dell’uomo non manca<br />

tanto di un luogo di conservazione del teatro,<br />

o dei suoi testi, ma manca di qualcosa<br />

che riguarda proprio la vita, che riguarda la<br />

totalità terribile, che riguarda la tragedia e<br />

la gloria dell’esistere umano».<br />

Giovanni Testori<br />

«(…) Un po' per giocarsi la sua perenne battaglia<br />

contro "l'orgoglio", un po' per spiegare<br />

come un autore di teatro di parola come lui<br />

abbia scelto proprio la sede di un teatro<br />

immagine per parlare, Testori racconta del<br />

suo incontro a un convegno, dell'interesse<br />

che ne era nato, degli incontri frequenti<br />

negli ultimi mesi, di uno spettacolo del gruppo<br />

che pur essendo molto diverso dalla sua<br />

idea di teatro, almeno in apparenza, lo aveva<br />

Giovanni Testori<br />

La parola come<br />

Tre incontri sulla scrittura con Giovanni Testori<br />

in collaborazione con la Provincia di Milano Assessorato alla Cultura<br />

11, 18 e 25 gennaio 1988<br />

intrigato moltissimo; e arriva a teorizzare<br />

"non solo che gli estremi talvolta si toccano,<br />

ma che a eliminare certi ostacoli e incomprensioni<br />

si scopre che erano sempre stati<br />

paralleli". (…) La sala, un capannone elegantemente<br />

dipinto in grigio, con uno spazio<br />

nudo su cui si affaccia una gradinata di<br />

sedie di plastica, e in questa occasione solo<br />

un tavolino per il conferenziere, "somiglia<br />

molto alla mia idea di teatro spoglio", "un<br />

1987.1988<br />

169


170<br />

teatro che è essenzialmente celebrazione, in<br />

cui non ci sono spettatori ma partecipanti e<br />

gli attori sono officianti di una sorta di rito.<br />

Con questa immagine del teatro/chiesa siamo<br />

entrati nel pieno della conferenza. Per<br />

Testori, infatti, quello di Strehler o di Ronconi<br />

non è teatro vero, è piuttosto decorazione,<br />

un'attività esclusivamente estetica e<br />

quindi non sufficientemente fondata. Che<br />

cos'è il teatro vero, allora? Lo scrittore usa<br />

due immagini. Il suo primo ricordo di infanzia,<br />

in un paese dov'era in villeggiatura,<br />

quello di un uomo arrestato e ammanettato<br />

fra due carabinieri che gli disse qualche cosa<br />

che forse non sentì o non ricorda: una bocca<br />

aperta per salutare o forse per bestemmiare.<br />

E poi la Figura stampata sul cartoncino di<br />

invito, un quadro di Francis Bacon dove si<br />

vede solo una macchia di sangue su un pavimento<br />

sgombro. Ecco, quella traccia di sangue,<br />

"quel lacerto di essere umano", la testa<br />

decapitata di Giovanni Battista, insomma il<br />

corpo umano nella sua fragilità, è per Testori<br />

il senso della parola teatrale».<br />

Ugo Volli<br />

da "la Repubblica", 13 gennaio 1988<br />

«(…) L'altra sera, per il primo dei tre incontri<br />

all'<strong>Out</strong> <strong>Off</strong>, seduto dietro un piccolo tavolo,<br />

dove fissava attentamente l'immagine di<br />

Francis Bacon, un particolare di Blood on<br />

the Floor, che fa da cartoncino di presentazione,<br />

Testori interpretando quel grumo di<br />

sangue, ne faceva sentire non solo il dramma,<br />

ma anche lo sconcerto, perché proprio<br />

dal sangue bisogna partire per arrivare alla<br />

parola, soprattutto a quella del palcoscenico.<br />

Non si tratta di un rito iniziatico, ma<br />

purificatorio, dato che la parola teatrale ha<br />

bisogno di rinascere, di far sentire sul palcoscenico<br />

nudo, simile ad un altare, la<br />

forza della comunicazione e non la debolez-<br />

za del nulla, di restituire sacralità all'uomo<br />

che l'ha persa. Non può sottoporsi, però, a<br />

spoliazioni di comodo: la sua nudità deve<br />

possedere la forza della materia, che è poi<br />

quella del corpo, fatto di anima e di sangue.<br />

Il sangue potrebbe essere anche l'immagine<br />

del nostro tempo, un'immagine di violenza,<br />

di sopraffazione: la parola deve essere violenta,<br />

ma non violentare, deve concedersi<br />

nella sua assenza originaria per pervenire<br />

ad un'estensione cosmica, senza trucco,<br />

senza abbellimento, senza furore estetico,<br />

ma col suo suono della propria libertà (…)».<br />

Andrea Bisicchia<br />

da "Avvenire", 13 gennaio 1988<br />

«(…) Un uomo, seduto a un tavolino in una<br />

stanza spoglia, mette a nudo la propria esperienza<br />

e attraverso di essa interroga i presenti.<br />

È già un esempio di un teatro che non<br />

concede margini per imbellettamenti e<br />

distrazioni, limitandosi all'essenziale: una<br />

parola, un corpo. È forse questa anche l'idea<br />

di teatro che Testori sente in questo momento<br />

il più congeniale per illustrare le sue intuizioni<br />

su un teatro necessario, in un percorso<br />

appassionato e polemico (contro il "teatro<br />

degli arredatori", categoria in cui rientrano<br />

anche Ronconi e Strehler, e contro la mediazione<br />

delle traduzioni che mortificano la<br />

forza e la violenza poetica dell'originale),<br />

ricollegandosi spesso alla propria memoria<br />

personale, intima, a volte volutamente fuori<br />

dai canoni, a volte strabordante di autentico<br />

pathos. (…) Una drammaturgia vissuta con<br />

tutta la forza, la disperazione, la scomoda<br />

autenticità di quel grumo informe che è la<br />

vita per fare della scena il luogo in cui è possibile<br />

"riconoscere la propria catena per ritrovare<br />

la propria libertà"».<br />

Oliviero Ponte di Pino<br />

da "l’Unità", 24 gennaio 1988<br />

Giovanni Testori<br />

1987.1988


Programma<br />

Dal 9 al 13 maggio<br />

A Sangue Freddo<br />

della Compagnia Teatrale Solari-Vanzi<br />

ispirato a In a cold blood<br />

di Truman Capote<br />

con Alessandra Vanzi, Marco Solari,<br />

Thorsten Kirchhoff e Ermanno Ghisio Erba<br />

Testo Alessandra Vanzi<br />

Regia Marco Solari e Alessandra Vanzi<br />

Dal 16 al 18 maggio<br />

Martèn (L’uomo delle onde)<br />

di Piccolo Parallelo Porto Atlantide<br />

con Marco Zappalaglio, Enzo G. Cecchi<br />

e Luca Boschi<br />

Regia Enzo G. Cecchi<br />

Dal 19 al 21 maggio<br />

Fratello Maggiore<br />

di e con Virgilio Sieni<br />

Dal 25 al 27 maggio<br />

L’uomo capovolto<br />

di e con Leo De Berardinis<br />

Dal 30 maggio al 4 giugno<br />

Miracolo della Rosa<br />

Liberamente ispirato al romanzo<br />

di Jean Genet<br />

Elaborazione del soggetto,<br />

Regia e interpretazione Danio Manfredini<br />

«(...) Dal libro intitolato A sangue freddo<br />

(1965) di Truman Capote, Alessandra Vanzi<br />

e Marco Solari hanno tratto gli elementi<br />

su cui si basa l'interessante spettacolo che<br />

inaugura Sussurri o grida.<br />

Sgombrato il campo da qualsivoglia linearità<br />

e coerenza narrativa, la compagnia ha pensato<br />

bene di approfondire dialetticamente il<br />

rapporto tra l'esplorazione dei labili confini<br />

tra normalità e follia e un possibile itinerario<br />

percettivo. Il primo combacia con il dichiarato<br />

campo tematico su cui si concentrano tutti<br />

i loro sforzi; e il secondo, affrontato mutuando<br />

modi e tecniche dal linguaggio cinematografico,<br />

tende a catapultare sullo spettatore<br />

una forte dose di interrogativi ed emozioni<br />

senza necessariamente cadere negli asfittici<br />

meccanismi dell'iperrealismo. Così la storia<br />

dei due assassini, la loro violenza gratuita ci<br />

è raccontata per frammenti e flash-back che,<br />

falsando ogni prospettiva cronologica, dotano<br />

la narrazione di una convenzione temporale<br />

autonoma. Che ci permette di essere<br />

imbrigliati, nei momenti più riusciti, in una<br />

trasfigurazione per niente rassicurante, capace<br />

di elevare i dati della cronaca a quesiti<br />

sostanziali (...)».<br />

Giampaolo Spinato<br />

da "la Repubblica", 11 maggio 1988<br />

«In una manifestazione programmaticamente<br />

dedicata al "nuovo teatro", merita attenzione<br />

particolare l'ospitalità di spettacoli realizzati<br />

da gruppi giovani, impegnati nella<br />

ricerca teatrale, interessati ai confronti tra i<br />

linguaggi e a rappresentazioni non accademiche.<br />

Così, il secondo appuntamento di Sussurri<br />

o grida riserva agli spettatori uno spettacolo<br />

molto malinconico e molto interessante<br />

di tre attori anagraficamente giovani, riuniti<br />

in gruppo a Bologna da sei anni e finora<br />

mai arrivati a Milano. (Piccolo Parallelo) Un<br />

tappeto di ghiaia con il colore della sabbia,<br />

grandi catini di plastica sparsi qua e là, buio,<br />

candele, acqua: è la terra desolata dove si<br />

incontrano i tre fratelli, Martèn, come da generazioni<br />

viene chiamata nel paese questa<br />

strana famiglia di contadini. Cesco, il più<br />

grande dei fratelli, è rimasto a casa, nella fattoria<br />

del padre per svolgere il ruolo di capofamiglia<br />

in una solitudine al limite dell'emarginazione.<br />

Ciandri, il secondo, è un bellimbu-<br />

Sussurri o grida<br />

Movimenti nel nuovo teatro italiano<br />

Quinta edizione<br />

con il contributo del Comune di Milano Settore Cultura e Spettacolo,<br />

Eti Ente Teatrale Italiano<br />

Dal 9 maggio al 4 giugno 1988<br />

sto che ha preferito la città, per questioni di<br />

grandi ambizioni anche se per ora ha raccolto<br />

solo fallimenti. La famiglia si riunisce per<br />

il matrimonio di Andrea, il più piccolo dei fratelli,<br />

un disadattato, fragile e spaventato.<br />

Tutti e tre ci stanno dinnazi, quasi immobili,<br />

a raccontare un loro mondo trasognato, emozionato,<br />

sotterraneo, come sospeso in un sogno<br />

oscuramente disperato e forse già cancellato<br />

da una realtà che ha perso l'antica<br />

genuinità contadina ma non ha l'arroganza<br />

della vita urbana.(...)»<br />

Anna Bandettini<br />

da "la Repubblica", 18 maggio 1988<br />

«(...) L'uomo capovolto, assolo totale di Leo<br />

De Berardinis che è stato in scena all'<strong>Out</strong><br />

<strong>Off</strong>, è un esempio lampante del fatto che il<br />

Virgilio Sieni in Fratello Maggiore<br />

1987.1988<br />

171


172<br />

vero teatro abbia bisogno molto più di eticità<br />

che di mezzi. Solo, in una scena illuminata<br />

da candele, con il pubblico seduto in cerchio,<br />

de Berardinis ha evocato la situazione<br />

di chi è ormai separato dal fluire della vita<br />

e proprio per questo ha piena coscienza del<br />

suo amore per l'esistenza. L'arte (parolachiave<br />

che chiude il monologo) dà la possibilità<br />

all'attore non solo di mostrare l'esistenza<br />

come è ma anche come potrebbe<br />

essere.(...) Con eccezionale capacità evocativa,<br />

tecnica vocale e presenza scenica, De<br />

Berardinis ha ricordato al pubblico che fare<br />

teatro di ricerca significa in primo luogo<br />

avere qualcosa da dire. Come si dice in<br />

L'uomo capovolto "tutto un mondo è<br />

morto," non tutto il mondo».<br />

Maria Paola Cavallazzi<br />

da "l’Unità", 29 maggio 1988<br />

«(...) In Fratello maggiore, Virgilio Sieni<br />

sperimenta e inventa giocando sul senso<br />

della danza e sulla danza come segno, in<br />

una sorta di grammatica di base con qualche<br />

beffarda sottolineatura surrealista.<br />

Trentatre secche sequenze di gesti e movimenti,<br />

separati da stacchi di buio, in un<br />

rifiuto quasi ascetico di virtuosismi e atletismi,<br />

nella rinuncia a ogni tentazione<br />

descrittiva, in una sorta di calligrafia<br />

gestuale fatta di movimenti minimi, intrecciati<br />

di ripetizioni, slanci e bruschi arresti:<br />

una invitante (anche se raffinata) facilità,<br />

esemplare e coinvolgente. (...) Inno al rapace<br />

mette invece in scena il terzetto di attori-danzatori<br />

che formano Parco Butterfly:<br />

accanto a Virgilio Sieni (camicia blu con<br />

arabeschi dorati), questa volta ci sono anche<br />

Roberta Gelpi (in bianco, con pantaloni<br />

ampiamente svasati) e Julia Anzilotti (con<br />

un rosso abito vagamente neoclassico ). Sul<br />

tappeto di danza incombono minacciosa-<br />

mente sospesi dall'alto, lunghi e acuminati<br />

pali di legno. (...) Alla precisione da geometrico<br />

arabesco del duo Gelpi-Sieni si contrappongono<br />

gli interventi "caldi" ed emotivamente<br />

pregnanti di Julla Anzilotti: una<br />

sorta di contrappunto esistenziale, tra<br />

angosce solitarie e ansia di comunicazione,<br />

alla rigorosa e misteriosa geometria della<br />

"pura" danza, costruita per accumulo di<br />

indizi che sembrano rimandare a chissà<br />

quale linguaggio misterioso e perduto. Il<br />

risultato di questa contrapposizione è una<br />

sorta di rito astratto, coreografato con raffinatezza<br />

e maturità espressiva, distaccato<br />

e insieme toccante: mai ossessivo, costruito<br />

per progressivi slittamenti di atmosfere<br />

e tensioni, a volte spezzate da segni e gesti<br />

forti. (…)»<br />

Oliviero Ponte di Pino<br />

da "il Manifesto", 3 giugno 1988<br />

«È arrivato l'appuntamento con la scrittura<br />

di Jean Genet e l'atmosfera di Sussurri o<br />

grida si carica di crudezza e sentimento, di<br />

violenza ma anche di passione. Dopo il successone<br />

di Leo De Berardinis (era L'uomo<br />

capovolto in scena la scorsa settimana) la<br />

rassegna dell'<strong>Out</strong>-<strong>Off</strong> chiude infatti l'interessante<br />

programma di questa edizione '88<br />

con Miracolo della rosa, secondo romanzo<br />

di Jean Genet scritto prima dei grandi successi<br />

(e scandali) delle opere teatrali. (...)<br />

Danio Manfredini ne ha fatto uno spettacolo<br />

rarefatto, come sospeso in una dimensione<br />

immaginaria, estraneo ad esagerate<br />

ambizioni e spesso molto ironico; racchiuso<br />

in uno spazio scenico povero circolare,<br />

davanti a un grande e bel fondale dipinto<br />

(da Manfredini) come se dovesse descrivere<br />

un girone dell'inferno dantesco e poi abitato<br />

da pochi oggetti, un sedile, una rosa... La<br />

vita nel carcere è un intreccio di episodi: è<br />

violenza quotidiana che si trasforma in apocalisse<br />

o in grande amore. (...) Miracolo<br />

della rosa è infatti uno spettacolo di vibrazione,<br />

di dettagli, di sensazioni e di sguardi<br />

più che di caratterizzazioni o interpretazioni<br />

esibite. E qui sta la forza del suo contagio<br />

e la bravura del suo interprete: nel mantenere<br />

sul filo sfuggente dell'ambiguità l'immoralità<br />

tanto ostentata di Genet, un'immoralità<br />

che non è mai riuscita a sottrarsi al<br />

suo carico di umanità».<br />

Anna Bandettini<br />

da "la Repubblica", 2 giugno 1988<br />

Leo De Berardinis in L’uomo capovolto<br />

1987.1988


Programma<br />

21 e 22 ottobre<br />

Ciuffi d’erba lungo i muri<br />

delle strade di campagna.<br />

Il tempo scorre calmo e monotono<br />

di Giancarlo Cardini<br />

Dal 24 al 29 ottobre<br />

Notturni<br />

di Virgilio Sieni<br />

con Virgilio Sieni, Roberta Gelpi<br />

e Francesca Della Monica<br />

Coreografia Virgilio Sieni<br />

Dal 3 al 5 novembre<br />

Portrait de l’artiste en saltimbanque<br />

Istallazione/performance di<br />

Roberto Taroni e Silvia Fiorentino<br />

Dall’8 al 13 novembre<br />

<strong>Lola</strong> <strong>Italiana</strong><br />

di Angela Scarparo<br />

con Angela Scarparo, Barbara Agosti<br />

e Franco Piperno (non ha partecipato)<br />

<strong>Lola</strong> <strong>Italiana</strong>: «Da sei anni l'<strong>Out</strong> <strong>Off</strong>, la cantina<br />

teatrale milanese che sopravvive da più di<br />

un decennio tra debiti e varie difficoltà, organizza<br />

una rassegna dichiaratamente "sperimentale",<br />

Limitrofie, generalmente snobbata<br />

dalla critica. Tra i quattro spettacoli di questa<br />

edizione c'è quello di Angela Scarparo,<br />

quasi-esordiente non priva di qualità: tra tutte,<br />

la rabbia autentica e una straripante capacità<br />

d'invenzione linguistica. Il suo spettacolo<br />

s'intitola <strong>Lola</strong> <strong>Italiana</strong>, e sarebbe destinato<br />

ad annegare nell'indifferente flusso dell'informazione<br />

di routine, come è accaduto<br />

pochi giorni prima per l'intenso ed esemplare<br />

assolo di Virgilio Sieni, o per i lavori di Giancarlo<br />

Cardini e Roberto Taroni, praticamente<br />

ignorati dalla stampa. Ma per la sua "opera<br />

seconda", Angela Scarparo ha un asso nella<br />

manica: tra gli attori in locandina figura<br />

infatti Franco Piperno. (…) Solo che, al momento<br />

opportuno, alla prima, Piperno semplicemente<br />

non c'è: in scena vediamo solo<br />

Barbara Agosti nel ruo-lo di spalla e Angela<br />

Scarparo che, in un rude e sbrigativo numero<br />

di cabaret, se la prende ironicamente con<br />

spettatori, critici e fotografi che "sono venuti<br />

solo per vedere il professore"».<br />

Oliviero Ponte di Pino<br />

da "il Manifesto", 13 novembre 1988<br />

«<strong>Lola</strong> <strong>Italiana</strong> nelle interviste a Piperno doveva<br />

essere la storia di tre donne legate tra<br />

loro da sentimenti contrastanti nei confronti<br />

di un uomo protagonista di importanti e<br />

drammatiche vicende pubbliche. Nella presentazione,<br />

invece, avrebbe dovuto essere la<br />

storia di una attricetta frustrata e mediocre,<br />

vessata dalla madre che la vorrebbe famosa<br />

e vincente. Sulla scena l'attricetta fallita si<br />

è inventata un partner di richiamo così da<br />

muovere pubblico e stampa. Qui la realtà si<br />

intreccia con la finzione e il pubblico ha<br />

realmente apostrofato l'attrice con le stesse<br />

parole scritte da lei sul copione: "Non siamo<br />

venuti a vedere lei che non è nessuno, ma il<br />

professore". (…) "Per quanto riguarda - ha<br />

aggiunto l'autrice - Piperno la scelta è caduta<br />

su di lui perché è un uomo che le ferite le<br />

porta sul corpo e sono evidenti ed è la ciccia<br />

giusta per i denti del pubblico e dei giornalisti.<br />

La Cuccarini non avrebbe avuto la stessa<br />

presa. (…) Certo è che, per quanto riguarda<br />

il lavoro presentato all'<strong>Out</strong> <strong>Off</strong>, la cronaca<br />

prevale sullo spettacolo e l'unico sapore<br />

della serata è quello di una performance provocatoria<br />

giocata espressivamente in modo<br />

ingenuo e a tratti confuso».<br />

Magda Poli<br />

dal "Corriere della Sera, 11 novembre 1988<br />

Limitrofie<br />

Sesta edizione<br />

con il contributo del Comune di Milano Settore Cultura e Spettacolo<br />

Dal 21 ottobre al 13 novembre 1988<br />

Angela Scarparo<br />

1988.1989


174<br />

«Doveva esserci Franco Piperno, leader multiprocessato<br />

del ‘68 romano e dell’Autonomia<br />

come grande attrazione dello spettacolo <strong>Lola</strong><br />

<strong>Italiana</strong> di e con Angela Scarparo all’<strong>Out</strong> <strong>Off</strong>.<br />

E invece il "comunista intercontinental"<br />

(definizione ripetuta spesso nello spettacolo)<br />

non si è fatto vedere. Al suo posto, un cane<br />

vivo e uno di cartapesta, una ragazza seminuda<br />

e immobile di schiena, e due personaggi<br />

parlanti per una mezz’ora scarsa (...). La<br />

beffa era soprattutto per noi, per i giornalisti<br />

venuti a vedere Piperno in scena (...). Chi ci<br />

rimette non è Angela Scarparo, che è "une<br />

artiste" e può farsi beffe di chi le pare. Ma<br />

l’<strong>Out</strong> <strong>Off</strong> ha una responsabilità nei confronti<br />

del suo scarsissimo pubblico, dell’informazione<br />

e degli enti pubblici che lo finanziano».<br />

Ugo Volli<br />

da "la Repubblica, 11 novembre 1988<br />

<strong>Lola</strong> <strong>Italiana</strong>: «C'è stato un evento, dall'8 al<br />

15 novembre, che ha raggiunto le pagine di<br />

spettacolo di tutti i giornali, ma su cui pochi<br />

hanno riflettuto abbastanza. La vicenda si<br />

compone di quattro tempi. Nel primo, un'attrice-autrice<br />

di teatro, Angela Scarparo, prepara<br />

un testo da mettere in scena al milanese<br />

<strong>Out</strong> <strong>Off</strong>, uno dei più seri luoghi di sperimentazione<br />

degli ultimi anni in Italia. Nel<br />

secondo, Angela e compagni decidono di<br />

annunciare alla stampa che una comparsa<br />

dell'opera sarà Franco Piperno, ex leader di<br />

Autonomia negli anni cupi dell'Italia recente.<br />

I giornali non si lasciano sfuggire l'occasione:<br />

alle eventuali due righe con cui avrebbero<br />

presentato la prima preferiscono un vero e<br />

proprio lancio. (…) Terzo atto. Piperno non<br />

c'è, la pièce ha un argomento diverso da quello<br />

raccontato, e Angela Scarparo dice che la<br />

commedia consiste proprio nel fatto che spettatori<br />

e critici parlano di un lavoro solo se<br />

questo aderisce al linguaggio dello scoop.<br />

(…) I critici presenti sono furiosi. E danno<br />

luogo al quarto atto. Nei due giorni successivi,<br />

si scagliano contro l'<strong>Out</strong> <strong>Off</strong>, ma soprattutto<br />

qualcuno stroncando la performance di<br />

Piperno, evidentemente non avendo visto lo<br />

spettacolo e ignorando quel che era capitato<br />

(...). Ora, noi pure non abbiamo assistito<br />

all'opera e può darsi benissimo che <strong>Lola</strong> italiana<br />

fosse una schifezza. Così come dobbiamo<br />

concedere a ciascuno il diritto di considerare<br />

Piperno un mascalzone. Il diritto che si<br />

vorrebbe conservato è però quello all'informazione,<br />

che vien prima del giudizio sul bello<br />

e sul brutto, e sul bene e sul male. Questo<br />

diritto, invece, non c'è più. Ma non (...) perché<br />

i giornali o i giornalisti siano in malafede.<br />

È soprattutto la struttura stessa dell'informazione<br />

che spinge a fatti come quello che<br />

abbiamo raccontato (...)».<br />

Omar Calabrese, Paolo Fabbri<br />

da "Panorama" , 23 dicembre 1988<br />

<strong>Lola</strong> <strong>Italiana</strong>: «In nome della Beffa, io sottoscritta<br />

Angela Scarparo dichiaro che quando<br />

con Barbara Agosti ho consapevolmente<br />

deciso di allestire il primo atto di <strong>Lola</strong> italiana<br />

su un palcoscenico diverso da quello dove<br />

la farsa è stata poi effettivamente consumata,<br />

ho preso pure in seria considerazione<br />

l'eventualità che gli inconsapevoli attori necessari<br />

al coronamento dell'opera non si<br />

sarebbero prestati al ruolo nel modo dovuto.<br />

C’era, come dire, il rischio che per cinismo,<br />

insolenza o avvedutezza le casuali quanto<br />

necessarie comparse si affidassero un po'<br />

troppo a loro stesse, a scapito di quel che io,<br />

cialtronescamente, mi aspettavo di vedere.<br />

(...) A proposito invece dell'articolo comparso<br />

su la Repubblica (...) laddove dice ‘si può<br />

scommettere dunque che l'<strong>Out</strong> <strong>Off</strong> non perseverà<br />

sulla strada delle falsificazioni', e in questo<br />

caso parlo per me da sola: se prevedessi<br />

soltanto la possibilità di non poter più operare<br />

dei gesti di maleducazione o se sentissi in<br />

me esaurita anche solo in parte la volontà<br />

che ho di continuare a 'beffare' mi dedicherei<br />

più volentieri ad un ufficio impiegatizio o alla<br />

carriera forense (...)».<br />

Angela Scarparo<br />

Giancarlo Cardini<br />

1988.1989


Programma<br />

Dal 10 al 14 maggio<br />

Transteatro<br />

Notti Bianche<br />

Testo e regia di Fabrizio Bartolucci<br />

Dal 17 al 21 maggio<br />

Stalker<br />

La Naturale Finzione<br />

di Tommaso Landolfi<br />

Regia Gabriele Boccacini<br />

Dal 23 al 25 maggio<br />

<strong>Out</strong> <strong>Off</strong><br />

La Luna<br />

di e con Loriano Della Rocca<br />

Regia Paolo Asso<br />

Dal 26 al 28 maggio<br />

Drama <strong>Teatro</strong><br />

Nestra<br />

di Danilo Montaldi<br />

Regia Alessandro Tognon<br />

Dal 31 maggio al 4 giugno<br />

Akroama<br />

L’ultimo ballo di Balloi Caria<br />

Testo e regia Lelio Lecis<br />

Dal 7 all’11 giugno<br />

Pietre del fulmine - suono della pietra<br />

di e con Roberta Gelpi<br />

e Francesca Della Monica<br />

«Nello spazio scenico completamente spoglio,<br />

agisce un solo attore, Loriano Della<br />

Rocca, sostenuto dalla regia di Paolo Asso.<br />

Insieme i due artisti hanno rielaborato una<br />

favola dei fratelli Grimm in cui si narra<br />

come gli abitanti di un paese rubino la luna<br />

per poter avere, invece dell'oscurità, luce<br />

anche di notte.<br />

(...) Una tale trama si ricollega direttamente<br />

al mito di Proserpina e alle origini del tea-<br />

tro e della tragedia. Una sottile tragicità<br />

aleggia, infatti, nello spettacolo, attraverso<br />

la tensione espressa dai movimenti dell'attore,<br />

la ripetizione ossessiva di frasi e situazioni,<br />

il reiterato confronto tra la luce che<br />

porta conoscenza e benessere e l'ombra.<br />

Rivolgendosi al pubblico, entrando e uscendo<br />

dalla narrazione, Della Rocca sa mantenere<br />

alta la tensione per circa un'ora, coadiuvato<br />

solo da un assai parco uso delle luci<br />

e da una musica come d'organetto, che si<br />

avverte in lontananza».<br />

Maria Paola Cavallazzi<br />

da "l’Unità", 25 maggio 1989<br />

«Si sta svolgendo al <strong>Teatro</strong> <strong>Out</strong> <strong>Off</strong> la sesta<br />

edizione della rassegna Sussurri o grida -<br />

Movimenti nel nuovo teatro. (...) Il primo<br />

appuntamento in cartellone è stato con il<br />

gruppo Transteatro di Fano che ha presentato<br />

Notti bianche, ispirato e tratto dal<br />

celebre romanzo di Fiodor Dostoevskij. (...)<br />

La recitazione vive di sussurri, di toni lievi<br />

che unitamente a una gestualità sospesa tra<br />

sonno e veglia contribuiscono ad offrire una<br />

lettura intimistica del romanzo di Dostoevskij.<br />

Lo Stalker <strong>Teatro</strong> di Torino ha proposto,<br />

come secondo appuntamento della rassegna,<br />

La naturale finzione, uno spettacolo<br />

ispirato all'opera di Tommaso Landolfi.<br />

Lo spettacolo attraverso una recitazione<br />

forzata, un uso del trucco quasi espressionista,<br />

cerca di restituire quell'atmosfera in<br />

bilico tra Kafka, Gogol e Poe, ammantata da<br />

una vena surrealista e fantastica che si<br />

respira nei racconti di Landolfi. (...) Il terzo<br />

incontro è stato con Loriano Della Rocca,<br />

attore kantoriano che ha partecipato a<br />

importanti spettacoli del grande regista<br />

polacco.<br />

(...) Solo sulla scena Loriano Della Rocca dà<br />

voce, volto e gesti ai numerosi personaggi<br />

Sussurri o grida<br />

Movimenti nel nuovo teatro italiano<br />

Sesta edizione<br />

con il contributo del Comune di Milano Settore Cultura e Spettacolo,<br />

Eti Ente Teatrale Italiano<br />

Dal 10 maggio all’11 giugno 1989<br />

della favola, offrendo qua e là momenti recitativamente<br />

felici».<br />

Magda Poli<br />

dal "Corriere della Sera", 27 maggio 1989<br />

«(…)L'ultimo sogno di Balloi Caria, che<br />

debuttò nel 1983 al Festival di Spoleto tratta<br />

della storia di un pastore (Balloi Caria)<br />

violento e ribelle che viene accecato dalla<br />

sua donna (Paska), la quale a sua volta<br />

sogna di abbandonare l'isola che la tiene<br />

prigioniera, aiutata in questa impresa da<br />

un'amica a cui è legata da un sentimento<br />

che supera l'amicizia. Un dramma sardo,<br />

quindi - ma anche il dramma di un'intera<br />

società, quella contadina - costruito su elementi<br />

folklorici (balli, canti, processioni) e<br />

su reinvenzioni di segni vocali e musicali<br />

che danno un quadro di una Sardegna di<br />

cinquanta anni fa».<br />

Franco Manzoni<br />

dal "Corriere della Sera", 30 maggio 1989<br />

«(...) L'<strong>Out</strong> <strong>Off</strong> (...) nella sua rassegna (...) ha<br />

saputo assemblare con organica intelligenza<br />

spettacoli di diversa provenienza, ma con<br />

una matrice comune: la pagina letteraria,<br />

trasposta in credibilissima versione drammaturgica.<br />

È il caso delle Notti bianche dostoievskiane,<br />

dove dai sogni del protagonista<br />

(...) scaturisce, fatta tutta interiore, la vicenda<br />

di un amore impossibile che qualcuno forse<br />

ricorderà nella versione cinematografica<br />

di Visconti (...)».<br />

Roberto Carusi<br />

da "Rocca", 1 agosto 1989<br />

1988.1989<br />

175


176<br />

Programma<br />

Sezione <strong>Teatro</strong>/Musica<br />

6-8 Ottobre<br />

Tautovox<br />

per soprano, contralto, trombone, nastro<br />

magnetico, live electronics e immagini<br />

Musiche Giancarlo Schiaffini<br />

Testo Pasquale Santoli<br />

Immagini Alfredo Profeta<br />

Soprano Sabina Macculi<br />

Contralto Lucilla Galeazzi<br />

Trombone Giancarlo Schiaffini<br />

20-22 ottobre<br />

Tam <strong>Teatro</strong> Musica<br />

Tre giorni e mezzo Assolo per voce<br />

di Laurent Dupont<br />

Messa in scena e musiche Michele Sambin<br />

Sezione Attore/Laboratorio<br />

10 ottobre<br />

<strong>Out</strong> <strong>Off</strong><br />

Non io<br />

di Samuel Beckett<br />

con Isabella Fiore<br />

12 ottobre<br />

L’uomo dal fiore in bocca<br />

di Luigi Pirandello<br />

con Antonio Basilisco<br />

Laboratorio Teatrale Gente di <strong>Teatro</strong><br />

diretto da Raul Manso<br />

14 ottobre<br />

Opening<br />

di e con le allieve del Laboratorio Teatrale<br />

della Civica Scuola Media A. Manzoni<br />

di Milano<br />

Coordinamento testi e regia Paolo Asso<br />

Sezione <strong>Teatro</strong>/Danza<br />

2-5 novembre<br />

Spotz Danza Video Computer<br />

Performance mixed media in 16 spotz<br />

di Avventure in Elicottero Productions<br />

Video Scenografia Claudio Prati<br />

Coreografia e costumi Ariella Vidach<br />

Sezione <strong>Teatro</strong>/Ricerca<br />

24-29 ottobre<br />

Piccolo Parallelo/Porto Atlantide<br />

Squarci (In cenere)<br />

Progetto "Folk ti trai"<br />

con Marco Zappalaglio e Enzo G. Cecchi<br />

Testo e regia Enzo G. Cecchi<br />

7-19 novembre<br />

La lampada verde<br />

da August Strindberg<br />

di e con Luigi Pistillo<br />

Tautovox: «(...) Questa esperienza di teatro<br />

musicale coinvolge un soprano, un contralto<br />

(le brave Sabina Macculi e Antonella Costanzo)<br />

un trombone (lo strumento di Schiaffini);<br />

live electronics e le immagini che si succedono<br />

su un piccolo schermo e che formano<br />

una sorta di contrappunto al testo. E il testo<br />

racconta di una segreteria telefonica, chiamata<br />

appunto Tautovox, così sofisticata da<br />

potersi sostituire alla persona stessa che<br />

dovrebbe servirsene (...).<br />

L’alienazione alla macchina "intelligente"<br />

crea situazioni di divertita ironia approdando<br />

però ad un finale amaro, carico di inquietanti<br />

interrogativi. La musica, coerentemente<br />

con l'ampiezza delle esperienze di<br />

Schiaffini, non vuole essere "a una dimensione":<br />

c'è una scrittura vocale condizionata<br />

dalla volontà di far comprendere il testo e<br />

quindi piuttosto semplice, con molto parlato<br />

e aperture cantabili di sapore ironico; c'è<br />

una elaborazione elettronica che, pur servendosi<br />

di macchine non eccessivamente<br />

sofisticate, contribuisce a creare situazioni<br />

musicali di notevole densità, e c'è la parte<br />

Limitrofie<br />

Settima edizione<br />

Con il contributo del Comune di Milano Settore Cultura e Spettacolo<br />

Dal 6 ottobre al 19 novembre 1989<br />

del trombone, magistralmente interpretata<br />

dall'autore (...)».<br />

Paolo Petazzi<br />

da "l'Unità", 8 ottobre 1989<br />

Tre giorni e mezzo: "(...) Sospeso tra movimento,<br />

danza, espressione corporea ed evocazione<br />

di atmosfere, il lavoro di Sambin - in<br />

scena da solo - intesse un raffinato gioco di<br />

immagini, realizzato anche sul registro sonoro<br />

e musicale attraverso un sofisticato uso<br />

dell'amplificazione. Spettacolo da "sentire"<br />

più che da capire. Tre giorni e mezzo approfondisce<br />

anche gli sperimentali itinerari del<br />

performer, e in particolare l'utilizzo della voce<br />

come tessuto musicale (...).<br />

Più ermetico il riferimento all'Apocalisse secondo<br />

Giovanni, di cui gli autori rivendicano<br />

comunque la contiguità compositiva».<br />

Giampaolo Spinato<br />

da "la Repubblica", 20 ottobre 1989<br />

Squarci (In cenere) «Enzo G. Cecchi e<br />

Marco Zappalaglio possono diventare un<br />

altro binomio campione della nostra emarginazione<br />

teatrale, come Remondi & Caporossi<br />

e Santagata & Morganti. Col loro gruppo<br />

(Piccolo Parallelo-Porto Atlantide) hanno dato<br />

indicazioni di una linea proletaria, da contemperare<br />

con le tentazioni bifronti della<br />

concretezza contadina di Marten, la loro<br />

prova più felice, e del teatro omosessuale di<br />

Jeannot, ispirato a Genet.<br />

Ora, presentando Squarci (In cenere) nell'annuale<br />

rassegna Limitrofie dell'<strong>Out</strong>-<strong>Off</strong><br />

sembrano decisi a saltare il fosso verso ambizioni<br />

più metafisiche».<br />

Franco Quadri<br />

da "la Repubblica", 29-30 ottobre 1989<br />

1989.1990


Programma<br />

9-12 maggio<br />

Piccolo Parallelo Porto Atlantide<br />

La notte del temporale<br />

con Enzo G. Cecchi, Giovanni Battista<br />

Storti e Marco Zappalaglio<br />

Testo e regia Enzo G. Cecchi<br />

16-19 maggio<br />

Tee <strong>Teatro</strong>europaesperimenti<br />

Blendung<br />

liberamente ispirato<br />

ad Auto da fè di Elias Canetti<br />

Realizzato e interpretato da<br />

Maurizio Cardillo, Massimo Cattaruzza<br />

e Nadia Malverti<br />

Drammaturgia Mario Giorgi<br />

23-26 maggio<br />

Cada Die <strong>Teatro</strong><br />

Bella da Morire<br />

di Giancarlo Biffi<br />

con Alessandro Mascia<br />

e Pierpaolo Piludu<br />

Scena, regia, scelte musicali<br />

Giancarlo Biffi<br />

30 maggio-2 giugno<br />

<strong>Teatro</strong> Studio 3<br />

Finale di Partita<br />

di Samuel Beckett<br />

con Carlo Bruni, Achille Roselletti,<br />

Silvia Bevilacqua e Giorgio Pangaro<br />

Regia Francesco Torchia<br />

La notte del temporale: «(...) Lo spettacolo -<br />

e il lavoro del gruppo - continuano a muoversi<br />

su due piani paralleli. Da un lato, personaggi<br />

contemporanei immersi nel presente,<br />

piccole schegge di sociologia e antropologia:<br />

in questo caso un attore più o meno disoccupato,<br />

più o meno in crisi (Marco Zappalaglio):<br />

è un ufficiale di polizia che riesce a<br />

conciliare la sua vita "normale" - il lavoro di<br />

tutore dell'ordine, la famiglia - agli slanci<br />

omosessuali (Giovanni Battista Storti).<br />

Dall'altro, il contrappunto di una dimensione<br />

rituale, arcaica, che si condensa in una figura<br />

mitica, quella del "portatore d'acqua". (Enzo<br />

Cecchi). È lui a contrassegnare il tempo e<br />

lo spazio con gesti antichi e oggetti in qualche<br />

modo legati al passato di una civiltà contadina<br />

(...). Questa materialità si contrappone<br />

al mondo fatto solo di parole in cui affondano<br />

i due protagonisti (...): uno stillicidio di<br />

paradossi e battute, di attacchi e fughe, di<br />

finti cinismi e reale indifferenza, di sesso e<br />

emotività, di tenerezza e orgoglio.<br />

Anche se siamo di fronte a un amore - o a<br />

un'infatuazione - omosessuale, ci troviamo<br />

più vicini al sentimentalismo che non ai<br />

piaceri forti e un po’ maudit della trasgressione<br />

(...)».<br />

Oliviero Ponte di Pino<br />

da "il Manifesto", 26 maggio 1990<br />

Finale di Partita: «Francesco Torchia, regista<br />

del <strong>Teatro</strong> Studio 3 di Perugia ha scelto<br />

con la collaborazione di Silvia Bevilacqua<br />

Finale di Partita inserito in un progetto<br />

Beckett che successivamente toccherà Non<br />

io e Testi per nulla. E il testo in un atto di<br />

Beckett - sicuramente fra i migliori in assoluto<br />

dell'autore e di tutto il teatro del Novecento<br />

- letto nella sua cruda essenzialità,<br />

sottolineandone la circolarità del finale, si<br />

è confermato lo spettacolo di maggior successo<br />

e affluenza di pubblico.<br />

(...) Immerso nel buio, lo spazio qua e là<br />

rischiarato a volte dalla pila di Clov, lo speltatore<br />

- Hamm viene affidato ad una percezione<br />

più dilatata del testo giocato su di<br />

un'emozione più sottile ma più radicale.<br />

Uno spettacolo intenso e vibrante dove Carlo<br />

Bruni ha dato anima e corpo a Clov in<br />

Sussurri o Grida<br />

Movimenti nel nuovo teatro italiano<br />

Settima edizione<br />

Con il contributo del Comune di Milano Settore Cultura e Spettacolo<br />

Dal 9 maggio al 2 giugno 1990<br />

risposta alla voce registrata di Hamm<br />

(Achille Roselletti) del quale compare ad un<br />

certo punto la famosa poltrona a rotelle».<br />

Fabio Battistini<br />

da "HYSTRIO", aprile 1990<br />

Enzo G. Cecchi in La notte del temporale<br />

Cada Die <strong>Teatro</strong> in Bella da morire<br />

1989.1990<br />

177


178<br />

Programma<br />

9-14 ottobre<br />

Il <strong>Teatro</strong> Dell’arca<br />

Il re muore<br />

di Eugene Ionesco<br />

Regia Tadeusz Bradecki<br />

18-21 ottobre<br />

<strong>Out</strong> <strong>Off</strong>, Vecchio Mulino,<br />

Yellow Springs Institute<br />

For Elettra<br />

Adattamento e regia Loriano della Rocca<br />

23-25 ottobre<br />

<strong>Teatro</strong> Scientifico di Verona<br />

Apostrofe-Antigone, oratorio profano<br />

di E. Maria Caserta<br />

27-29 ottobre<br />

Avventure in Elicottero<br />

X Pray o la giornata di miss x<br />

di Ariella Vidach<br />

con Ariella Vidach e Claudio Prati<br />

31 ottobre-4 novembre<br />

Melodramma<br />

Elektra<br />

di e con Cinzia Bauci<br />

Musiche Mauro Sabbione eseguite dall’autore<br />

6-11 novembre<br />

Il Politecnico<br />

Polaroid<br />

Testo e regia Amedeo Fago<br />

13-18 novembre<br />

<strong>Out</strong> <strong>Off</strong><br />

La vergogna<br />

di Danio Manfredini<br />

con Luisella del Mar, Paola Manfredi<br />

e Danio Manfredini<br />

Regia Danio Manfredini<br />

Il re muore «(…) Questo lavoro la regia del<br />

polacco Tadeusz Bradecki ha voluto stigmatizzare<br />

l'astrattezza del quadro lasciando<br />

l'ambiente nudo, senza quinte e fondali.<br />

Unico arredo di scena un seggiolone, una<br />

poltrona da paraplegico, una porta senza<br />

infissi spostata qua e là a simulare entrate<br />

e uscite. I bravi attori sono liberi di dare<br />

forma alla parola di lonesco, ricorrendo sia<br />

al registro comico che a quello tragico,<br />

come i diversi ruoli richiedono. Il grottesco,<br />

presente fin dall'inizio quando viene<br />

annunziato al re che morirà entro la fine<br />

dello spettacolo, si trova sorretto oltre che<br />

da un testo magistrale, anche da una scrittura<br />

di scena che giustamente sottolinea la<br />

commistione fra tragedia e commedia. La<br />

lettura esistenzialista che la regia fa dell'opera<br />

cerca di isolare, con l'aiuto della<br />

musica di Malher, le parole e i gesti per dar<br />

loro il massimo rilievo, ed è ben servita dall'eccellenza<br />

interpretativa degli attori mai<br />

presi da guizzi istrionici (...)».<br />

Luca Marchesi<br />

da "Letture", gennaio 1991<br />

«Il mito di Elettra, acme solenne e tragico<br />

dell'Orestiade di Eschilo, torna ad interrogare<br />

ed allettare i giovani teatranti in due dei<br />

sette allestimenti di Limitrofie: For Electra,<br />

in scena fino a domenica e Elektra, l'"operetta"<br />

che il Melodramma presenterà a fine<br />

ottobre. Il prototipo custodisce le lontane<br />

radici dell'ineluttabilità del destino e dell'ereditarietà<br />

della colpa, leitmotiv ricorrenti della<br />

storia della drammaturgia e non solo di<br />

quella (...). Loriano Della Rocca ha cercato<br />

per il suo For Electra quella dimensione<br />

visionaria e rituale appresa alla scuola di<br />

Kantor. Una narrazione che squaderna fisicamente<br />

i testi del mito (Hofmannstal, Euripide,<br />

Sofocle e Sartre), ricelebrandolo in<br />

Limitrofie<br />

Ottava edizione<br />

Con il contributo del Comune di Milano Settore Cultura e Spettacolo<br />

Dal 9 ottobre al 18 novembre 1990<br />

un'azione teatrale in cui Roberta Fossati e<br />

Massimo Tarducci recitano il "teatro di<br />

Oreste ed Elettra". Qui lo stesso autore e regista<br />

impersona il coro che introduce e guida<br />

lo svolgimento dei 15 quadri, sedendosi fra il<br />

pubblico e riguadagnando la scena per dare<br />

l'imbeccata ai suoi attori (...). E il momento<br />

più interessante, quando la Fossati recita<br />

"Se fossi Elettra...", meriterebbe un approfondimento<br />

per l'autenticità e il vuoto che<br />

esprime».<br />

Giampaolo Spinato<br />

da "la Repubblica", 20 ottobre 1990<br />

«(...) Il miracolo della rosa mi aveva fatto<br />

innamorare di questo poeta milanese, con<br />

La Vergogna confermo il mio tributo a chi<br />

sa ferire se stesso per condividere con gli<br />

altri la bellezza. Lo spettacolo ha avuto una<br />

gestazione di quasi due anni, due anni passati<br />

da Manfredini, Luisella Del Mar e Paola<br />

Manfredi a lavorare leggendo e rileggendo<br />

tutto Pasolini e tutto Genet: quello di Danio<br />

è in realtà un canto d'amore dedicato a loro<br />

(...). In un immaginario rapporto con Genet,<br />

Mandredini gli spiega che ha avuto il bisogno<br />

di innestare sulla sua opera quella di<br />

Pierpaolo Pasolini, un altro che ha vissuto<br />

e consumato con passione quello che comunemente<br />

viene chiamato "male", la fratellanza<br />

tra le due "vite violente" ne ha consentito<br />

la simbiosi. La Vergogna ha il sapore<br />

della grande opera lirica, del grande<br />

melodramma».<br />

Lay<br />

da "Harta", aprile 1991<br />

1990.1991


Programma<br />

7-16 maggio<br />

Produzione Farneto in collaborazione con<br />

Gsa Teatrale Fontemaggiore<br />

Memorandum<br />

Regia Maurizio Schmidt<br />

17-19 maggio<br />

Ariele laboratorio<br />

Hongos<br />

di Alberto Capitta<br />

21-26 maggio<br />

<strong>Out</strong> <strong>Off</strong><br />

Qudrato bianco su fondo bianco<br />

di Roberto Traverso<br />

con Raffaella Boscolo, Johnny Gable<br />

e Andrea Novicov<br />

Spazio scenico e regia Roberto Traverso<br />

28 maggio-2 giugno<br />

Marcido Marcjdoris e Famosa Mimosa<br />

Canzonetta<br />

Studio da "I Persiani" di Eschilo<br />

4-9 giugno<br />

Sosta Palmizi<br />

Qual dolor… qual?<br />

di Giuditta Cambieri<br />

Memorandum: «(...). Maurizio Schmidt suggerisce<br />

una lettura oggettiva dove anche le<br />

didascalie sono battute del coro da cui, di<br />

volta in volta, fuoriescono i personaggi (il<br />

direttore di un grigio ministero, il suo vice,<br />

gli impiegati...) coinvolti nell'arrogante imposizione<br />

del nuovo linguaggio, in un crescendo<br />

di controlli e conflitti. L'ombra orwelliana<br />

del Grande Fratello e più prosaici<br />

rimandi ad atmosfere kafkiane speziano di<br />

inquietudine le semplici geometrie della<br />

storia (...)».<br />

Giampaolo Spinato<br />

da "la Repubblica", 15 maggio 1991<br />

Sussurri o grida<br />

Movimenti nel nuovo<br />

teatro italiano<br />

Ottava edizione<br />

Con il contributo del Comune di<br />

Milano Settore Cultura e Spettacolo<br />

Dal 7 maggio al 9 giugno 1991<br />

1990.1991<br />

Programma<br />

2-6 ottobre<br />

Duchamp - Basaglia<br />

«La Mariée mise à nu par ses<br />

Célibataires, meme» (Le Grand Verre)<br />

con Susanna Costaglione, Paola Tonello<br />

e Patrizia Zanco<br />

Ideazione, scena<br />

e regia Giorgio Fabbris<br />

11-13 ottobre<br />

L’Associazione Arcà<br />

Arianna e il labirinto<br />

Testo e coreografie Karin Elmore<br />

15-20 ottobre<br />

C.P.T. Politecnico<br />

in collaborazione con<br />

la Compagnia <strong>Teatro</strong> d’Arte<br />

Produzione De Cerasis<br />

di e con Mario Prosperi<br />

22-27 ottobre<br />

<strong>Out</strong> <strong>Off</strong> in collaborazione con la Scuola<br />

D’Arte Drammatica Paolo Grassi<br />

di Milano<br />

Il calapranzi<br />

di Harold Pinter<br />

Traduzione di Laura del Bono<br />

con Nicola Rignanese e Antonio Albanese<br />

Progetto scenografico Michele Sigurani<br />

Realizzazione Fabrizio Palla<br />

e Gianpiero Grecchi<br />

Costumi Enza Bianchini<br />

Luci Gigi Saccomandi<br />

Regia Giampiero Solari<br />

29-31 ottobre e 5-10 novembre<br />

L’Associazione Culturale Gente di <strong>Teatro</strong><br />

Delirio<br />

Liberamente ispirato all’opera pirandelliana<br />

di Raul Manso<br />

con Antonio Basilisco e Mirko Napoletano<br />

2-3 novembre<br />

Sposalizio Oriente Occidente, Fatià<br />

di Francesca Limoli e Maria Rita Bonfiglio<br />

Musiche Ruggero Tajè<br />

Regia Angela Marchionni<br />

Conversazione musicale Oriente Occidente<br />

Musiche Ruggero Tajé<br />

e Ahmed Ben Dhiad<br />

«Il calapranzi (The Dumb Waiter, letteralmente<br />

"Il Cameriere Muto" scritto nel 1956<br />

da Harold Pinter) è la metafora di un rapporto<br />

di amicizia vissuto in una cornice di solitudine<br />

di due individui chiusi claustrofobicamente<br />

ognuno nella propria esistenza. Ben e<br />

Gus sono due killer che, chiusi in un sotterraneo,<br />

attendono l'ordine per commettere<br />

l'ennesimo assassinio. Nella versione originale<br />

Pinter li fa parlare in Cochney, slang della<br />

periferia di Londra (...). Nel nostro allestimento<br />

siamo partiti cercando di costruire<br />

due personaggi che avessero la stessa valenza<br />

di isolamento e emarginazione di quelli<br />

inglesi, reinventandoli però sulla base delle<br />

singolari caratterizzazioni fatte dai due attori:<br />

entrambi gli interpreti sono di origine<br />

meridionale e hanno così potuto utilizzare<br />

come materiale di lavoro il loro dialetto nativo.<br />

I personaggi così scaturiti sono due italiani,<br />

Benito e Gustavo, da tempo emigrati in<br />

Inghilterra ma che in più sono... spietati killer.<br />

Il nuovo slang che ne è nato non ha ovviamente<br />

nulla a che fare con il Cockney di<br />

Pinter ma è un misto di inglese e dialetto del<br />

sud. Infine così come sono evidenti i riferimenti<br />

dell’autore ai film di gangster degli<br />

anni ’50, anche la nostra versione "strizza<br />

l’occhio" ai "polizieschi" dei giorni nostri».<br />

Luca Marchesi<br />

da "l’Unità", 17 ottobre 1991<br />

Limitrofie<br />

Nona edizione<br />

Con il contributo del Comune di Milano Settore Cultura e Spettacolo<br />

Dal 2 ottobre al 10 novembre 1991<br />

1991.1992<br />

179


180<br />

Programma<br />

28 aprile-3 maggio<br />

<strong>Teatro</strong>inaria<br />

Nero di luna (Autunno)<br />

di Nico Garrone<br />

da Tommaso Landolfi<br />

Regia Alessandro Berdini<br />

5-10 maggio<br />

<strong>Teatro</strong> Scientifico di Verona<br />

Sogni pirandelliani<br />

Il presidente Schreber<br />

A cura di Ezio Maria Caserta<br />

12-17 maggio<br />

Marcido Marcidoris e Famosa Mimosa<br />

Musica per una Fedra moderna<br />

Studio della Fedra<br />

di Lucio Anneo Seneca<br />

di Marco Isidori<br />

19-24 maggio<br />

Florian Centro Art<br />

Kazak<br />

di Gian Marco Montesano<br />

26-31 maggio<br />

<strong>Out</strong> <strong>Off</strong><br />

La "mirabil vita"<br />

Liberamente tratto dai drammi<br />

di Rosvita Gandersheim<br />

Regia Paola Manfredi<br />

«(…) La mirabil vita è ispirata alle opere<br />

teatrali di Rosvita. Chi era costei? Era una<br />

monaca benedettina vissuta nel X secolo<br />

lungamente ospite del monastero di Gandersheim,<br />

che concorse a rendere famoso come<br />

storica della casa di Ottone I e, soprattutto<br />

come autrice di otto Leggende agiografiche<br />

e di sei drammi che vengono definiti edificanti,<br />

perché la monaca letterata e scrittrice<br />

trattò anche di temi scabrosi con meravigliosa<br />

semplicità e con luminoso candore.<br />

(…) Di esse, Paola Manfredi non ha tratto<br />

molto, ma quanto bastava come segnale di<br />

una inventività e di una scrittura; dico la<br />

scena centrale, arditissima e toccante: quella<br />

di Abraham, un monaco, zio di Maria, una<br />

giovane che, abbandonata la Tebaide, si è<br />

trasferita in un lupanare.<br />

Abraham la va a trovare e la converte,<br />

riportandola a casa. Lungo, casto e tenerissimo<br />

episodio, qui esposto in una scena di<br />

iconografia medievale».<br />

Odoardo Bertani<br />

da "Avvenire", 4 giugno 1992<br />

«(…) Kazak è uno spettacolo dell'espressionismo<br />

socialista; un lavoro da Agitprop<br />

creato da un ex-militante della lotta armata<br />

contro lo stato borghese.<br />

Lo spettacolo porta come titolo il nome del<br />

protagonista, Kazak, un cane guardiano a<br />

un campo di rieducazione sovietico. Il gulag<br />

è stato smantellato, gli altri cani addestrati<br />

alla sorveglianza dei prigionieri e al loro<br />

recupero in caso di fuga, se non si sono<br />

defilati sono stati abbattuti, ormai inutili.<br />

Kazak è rimasto, incapace di comprendere<br />

la fine della sua missione, la fine del servizio<br />

della causa per la quale ha vissuto con<br />

assoluta dedizione.<br />

(…) Kazak e i suoi amici cani sono interpretati<br />

ovviamente da uomini. (...) Con movimenti<br />

lenti, passi di marcia e ondeggiamenti<br />

della testa, gli attori si differenziano<br />

dagli attori uomini. (...) Il clima è visionario,<br />

mirante all’esclusione di tutto ciò che<br />

potrebbe contaminare il contenuto. Lo spettacolo<br />

è chiuso in quello che vuole comunicare<br />

direttamente (...): il suo messaggio è<br />

netto e ben definito (...).<br />

(…) Il trionfo finale di stendardi rossi, dopo<br />

un periodo di buio chiude degnamente uno<br />

spettacolo che vuole solo essere veicolo di<br />

Sussurri o grida<br />

Movimenti nel nuovo teatro italiano<br />

Nona edizione<br />

Dal 28 aprile al 31 maggio 1992<br />

un significato politico (...)».<br />

Luca Marchesi<br />

da "Letture", giugno 1992<br />

«(…) Quasi provocatoriamente, Marcido<br />

Marcidoris sceglie di tradurre la propria<br />

recitazione in "colonna sonora" e di concentrare<br />

tutto il lavoro sul cesello di questa,<br />

spiazzando magari chi si attendeva dal gruppo<br />

l’ennesima invenzione scenografica<br />

attorno a cui far germinare il "canto" strascicato<br />

della recitazione. Così Lauretta Dal<br />

Cin (Fedra), Maria Luisa Abate (la nutrice),<br />

Ferdinando D’Agata (Ippolito) e Corrado<br />

Parodi (Teseo) appaiono ingabbiati sotto<br />

archi di metallo e prestano tutta la gamma<br />

di sonorità disponibili alla partitura diretta<br />

da Marco Isidori (che "dice" anche la parte<br />

del Nunzio), accucciato davanti agli interpreti.<br />

(…) C’è in questa ricerca l’intenzione<br />

di giungere a un modello di rappresentazione<br />

moderna in cui l’individualità dell’attore<br />

sia superata e la fisicità si accompagni alla<br />

sonorità allo stato puro. Le premesse sono<br />

audaci, i procedimenti ed i risultati stimolanti.<br />

Nell’austero decòr scenico studiato<br />

da Daniela Dal Cin, i brani senechiani<br />

risuonano alternando in chi ascolta interesse,<br />

fastidio, curiosità».<br />

Giampaolo Spinato<br />

da "la Repubblica", 15 maggio 1992<br />

1991.1992

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