ANTOLOGIA CRITICA - Selective Art Gallery - Paris

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ski ha avuto anche la fortuna di vivere una delle più belle stagioni dell’arte a Roma, in quel turbinio di speranze e innovazioni che quella generazione ha saputo donare alla nostra storia recente, contraddizioni politiche incluse. In realtà, dopo lo sconquasso delle lotte ideologiche degli anni Settanta, Kokocinski ha però sentito il bisogno di ridimensionare la sua esistenza dentro un alveo più intimo, uno spazio in cui la storia potesse essere recuperata non solo come valore dell’oggi, ma anche come sentimento dell’eternità su cui poggiare la ricerca dell’arte. «Per me la pittura è anche impegno» – confessa in una intervista rilasciata a Simongini sul “Tempo” del 3 marzo 1983 – «non ci sono alternative, rispecchia le vicissitudini della mia vita, risolvendo attraverso la maschera la propria identità. La maschera è una tradizione sudamericana, un elemento vitale per questa gente e per me stesso». Diviso così come in uno specchio, tra la metà di sé e l’oltre della propria figura morale, Kokocinski ha deciso infine di rivivere la storia nel sentimento della pro- fondità e dell’immediatezza che l’oscurità del tempo restituisce nella prospettiva dei secoli. E da questo punto, non optando per la citazione semplice, ma per la ecletticità, egli si è trasformato come uno schermo riflettente, un concavo complesso, lucido e aggettante come uno specchio. Specchio di verità dure e aspre come quelle contrapposte a Perseo da Medusa, pietrificanti e oscene come quelle scandalose della strega di Biancaneve, complesse e riflettenti come quelle di Borges e orribili come quelle diaboliche e micidiali di Pitagora. La pittura è un incubo, un mostro infelice, un dramma incompleto; discussa e discutibile essa canterà al mondo sempre la sua tristezza, continuando a mettere in scena il balbettio della propria storia. Alessandro Kokocinski continuerà ancora a narrare per anni questa filastrocca. Noi non ci annoieremo, anzi ci lasceremo cullare da questa nenia e vedendo una sua opera sapremo ancora sentirci – come dentro uno specchio – riflessi vivi della nostra anima. [30] Vorrei volgere la vista al cielo OLIO SU TELA CM. 130X150
Domenico Guzzi LA LEALTÀ ESPRESSIONISTA E COME VALORE CRITICO 2000 Yo quiero a la Argentina y ustéd? (Io amo l’Argentina, e lei?) OLIO SU TELA CM. 150X150 […] Può, con qualche sicurezza, affermarsi che l’archetipo di Kokocinski si scopra nel codice dell’Espresionismo. Così com’è altrettanto possibile riconoscere ch’egli giunge alla formazione dell’immagine non certamente d’una conoscenza chiara di quelle che sono state, e sono, le fondamentali fenomenologie dell’arte del passato e del presente. Intendiamo che, in lui può rinvenirsi la compresenza, ad esempio, di un Rembrandt e di un Bacon. Con quest’ultimo giungendo all’esemplazione di certo intimismo, nonché a una certa sovrapposizione di piani che si determina non solo nella finzione di uno spazio-ambiente, ma in quella volontà dinamica che giunge allo sdoppiamento di un brano dell’immagine. Tutto il dipinto, allora, si snoderà attraverso meri suggerimenti cui neppure, e certo, difetterà una matura dimensione realista. Ed emblematica, diremmo, di un rapporto fondamentalmente critico e ideologico. [31]
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