La nuova Atlantide - brunocamaioni.com
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Anonimo Piceno<br />
a cura di<br />
Bruno Camaioni
Copertina di Alessandro <strong>La</strong> Rosa<br />
2
ANAGOGICA<br />
Opere di Bruno Camaioni<br />
Notizie sull'autore<br />
Bruno Camaioni è nato a Grottammare (AP) nel 1917, si è laureato in<br />
Lettere all'Università di Roma nel 1940, ha insegnato in varie città italiane,<br />
ed era preside di un liceo classico quando è andato in pensione. Ha scritto<br />
diverse opere (poesie, romanzi, studi sul Manzoni, opuscoli su argomenti<br />
religiosi ecc.) che non ha mai pubblicato, facendole circolare solo tra<br />
parenti, amici e conoscenti.<br />
Uno di costoro, ritenendo che esse siano interessanti e anche formative<br />
per i valori a cui si ispirano, ha preso l'iniziativa di metterle man mano in<br />
rete, affinché chiunque le possa leggere liberamente e senza spese.<br />
Note sul diritto d'autore<br />
Delle opere pubblicate di Bruno Camaioni ne è consentita la copia e la<br />
distribuzione, su qualsiasi supporto, preservandone l'integrità (inclusa la<br />
presente dicitura) e citandone l'autore.<br />
Altre opere attualmente disponibili in rete (anche attraverso eMule):<br />
Il Problema del Male - Riflessioni; Eremita a Orgosolo - Romanzo;<br />
L'Aiuola Contesa - Romanzo; Riassunto de "I Promessi Sposi" - con<br />
<strong>com</strong>mento estetico e morale; I Personaggi de' "I Promessi Sposi" - Saggio;<br />
I Doveri del Cristiano - Saggio; L'Antico Testamento - Tutta Parola di Dio?<br />
- Saggio; <strong>La</strong> Chiesa di Cristo e la Mondanizzazione -Saggio; Il Messaggio di<br />
Dante - Saggio; Una vita interessante - Luigi Mercantini Il Tirteo<br />
Marchigiano - Biografia; Historia Magistra - Saggio; Le meditazioni di<br />
Dante nel Purgatorio - Saggio; Idee non politicamente corrette - Saggio;<br />
Colle Vaticano A.D. 2050 - Romanzo; <strong>La</strong> verità ... in pillole - Saggio;<br />
Paralipomeni - Saggio; <strong>La</strong> Nuova <strong>Atlantide</strong> - Cronaca A.D. 2100 -<br />
Romanzo; Poesie Varie.<br />
Le opere sono depositate.<br />
3
INDICE<br />
ANAGOGICA..................................................................................................... 3<br />
Prefazione ............................................................................................................ 5<br />
1 – L’organizzazione e le opere .......................................................................... 8<br />
2 – Gli esercizi spirituali ................................................................................... 14<br />
3 – Progressi materiali ....................................................................................... 19<br />
4 – Baia Balenottera .......................................................................................... 22<br />
5 – Altre novità .................................................................................................. 24<br />
6 – Il dio Quattrino ............................................................................................ 29<br />
7 – Patria cara .................................................................................................... 37<br />
8 – Tordesillas ................................................................................................... 42<br />
9 – Bel tricolore ................................................................................................. 47<br />
10 – Il miracolo ................................................................................................. 52<br />
11 - Il grande affare ........................................................................................... 57<br />
12 – <strong>La</strong> politica .................................................................................................. 65<br />
13 – L’abbandono ............................................................................................. 66<br />
14 – <strong>La</strong> prevaricazione ...................................................................................... 69<br />
15 – Sinistre avvisaglie ..................................................................................... 71<br />
16 – Il cataclisma .............................................................................................. 74<br />
4
Prefazione<br />
Mi sento un po’ imbarazzato a pubblicare questa Cronaca del 2110,<br />
perché ai lettori sembrerà uno scritto incredibile e fantastico, e tale è<br />
sembrato anche a me, quando l’ho letto; ma qualunque sia il suo valore, e<br />
qualunque sia il giudizio degli eventuali lettori, io ho dovuto pubblicarlo, e<br />
devo dire anche <strong>com</strong>e mi è pervenuto, a una distanza di ben cento anni,<br />
non dal passato, ma dal futuro.<br />
<strong>La</strong> notte del 15 agosto, giorno nel quale io particolarmente ricordo<br />
mia moglie, che si chiamava Maria Rosa Assunta, e mi ero coricato<br />
pensando a lei, essa mi è apparsa, non so dire se in sogno o visione, cosa<br />
che non era mai avvenuta dalla sua morte (2000). Sembrava circonfusa di<br />
luce, con volto sereno e sorridente; io la contemplavo trasognato e non<br />
sapevo cosa dire. Parlò lei:<br />
«Bruno caro, finalmente ti rivedo, dopo nove anni; ma <strong>com</strong>e sei<br />
cambiato, povero marito mio.»<br />
«Dopo la tua morte sono deperito giorno dopo giorno, e da quattro<br />
anni non esco più di casa perché ho le gambe inservibili. Ma anche tu sei<br />
cambiata, così bella e radiosa. Ma perché in tutti questi anni non mi sei<br />
mai apparsa? Sapevi che ti attendevo, e bramavo soprattutto conoscere la<br />
tua sorte nell’aldilà… Ma recentemente Loredana mi ha detto che sei in<br />
Paradiso con lei e Luisa, e mi sono consolato.»<br />
«Sì, sono salva, sono beata in Cielo, ma il Signore non mi ha<br />
consentito di visitarti; non per punirmi, ma per ricordarmi che in terra<br />
sono stata più Marta, preoccupata dalle cose terrene, che Maria, che era<br />
occupata da quelle spirituali, cioè dalla sequela di Cristo.»<br />
«E’ stato per troppo amore alla famiglia. Mi ricordo che qualche<br />
domenica a Oria non sei riuscita ad andare a messa, perché l’arrivo da<br />
Roma dei figli e dei nipoti ti ha occupato tutta la giornata nella cucina e<br />
nelle esigenze dell’ospitalità. Ti ricordi? Io ti dicevo: Dio al primo posto,<br />
vai prima alla messa, poi pensa al resto. Tu rispondevi: Devo preparare per<br />
15 persone, alla messa andrò nel pomeriggio. Ma anche al pomeriggio la<br />
messa saltava, perché bisognava preparare la cena e le camere. Allora io ti<br />
ricordavo le parole di Gesù: “Chi ama il padre e la madre più di me, non è<br />
degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me, non è degno di me.” 1»<br />
«Sì, pur amando Dio, in quelle occasioni io Lo trascuravo, tutta presa<br />
dagli affetti familiari. Il Signore me l’ha voluto ricordare, facendomi<br />
attendere nove anni questa desideratissima visita a te… Ma innanzi tutto<br />
devo dirti una cosa: la Madonna, della quale tu sei tanto devoto e che dal<br />
cielo ti segue <strong>com</strong>e una madre, mi ha dato un incarico per te.»<br />
«Un incarico? Lo farò volentieri. Dimmelo.»<br />
«Non è una cosa difficile, anzi credo che ti farà piacere <strong>com</strong>pierla,<br />
perché ti permetterà di collaborare ad un’opera che piace in Cielo… Devi<br />
1 Mt 10, 37<br />
5
pubblicare sul tuo sito Internet un testo anonimo, che è certamente<br />
benefico, dato che la Madre celeste desidera farlo conoscere. E’ contenuto<br />
in due quaderni che si trovano nel primo cassetto a sinistra della scrivania,<br />
dove conservi la corrispondenza… Non devi ricopiarli, non potresti, con le<br />
dita anchilosate… Consegnali così <strong>com</strong>e li trovi alla segretaria, perché li<br />
digiti sul web.»<br />
«Senti, Rosa; <strong>com</strong>e tu sai, qualche mese fa ho <strong>com</strong>piuto lo stesso<br />
servizio per un altro testo, <strong>com</strong>e richiestomi da Loredana, che in quella<br />
occasione mi apparve per darmi l’incarico di pubblicarlo. Si tratta forse<br />
dello stesso argomento? Insomma della Nuova <strong>Atlantide</strong>?»<br />
«Hai intuito bene, Bruno… E’ la continuazione di quella Cronaca,<br />
narra l’esito di quella esperienza religiosa, realizzata in una terra <strong>nuova</strong>.»<br />
«E qual è l’esito, Rosa? Se lo sai, dimmelo.»<br />
«Leggi il testo e lo saprai, non essere curioso.»<br />
«Lo farò. Ora che torni in Cielo, Rosa, ti chiedo una sola cosa. Prega<br />
la Madonna che mi ottenga da Dio una pronta chiamata. Ormai sulla terra<br />
sono un essere inutile e un peso per la società.»<br />
«Non dire questo, Bruno; vedi che hai ricevuto un servizio da<br />
<strong>com</strong>piere… e sei stato scelto proprio tu.»<br />
«Sì, ma che servizio? A editare un testo ognuno è buono. Che merito<br />
c’è? Che fatica? Consegno i quaderni alla segretaria, e lì finisce il mio<br />
impegno.»<br />
«Senti, Bruno; io pregherò il Signore e la Madonna secondo il tuo<br />
desiderio… ma se Dio ti tiene ancora sulla trincea del mondo, di un mondo<br />
corrotto e prevaricatore, vuol dire che a qualcosa servi, se non altro a<br />
insegnare con l’esempio a figli e nipoti <strong>com</strong>e si affronta la decadenza senile<br />
e si sopporta il dolore delle malattie… <strong>com</strong>e si deve ogni giorno abbracciare<br />
la croce.»<br />
«Certamente, Rosa, sia fatta sempre la santa volontà di Dio, ma il<br />
desiderio permane… Ma più che il male mio è… il male che sembra<br />
trionfare sulla terra che mi spaventa, in questa mia travagliata vecchiaia.»<br />
«Abbi fede, marito mio, il male non trionferà nel mondo… Dio non<br />
può lasciar perdere le creature create a sua immagine e somiglianza. <strong>La</strong><br />
Provvidenza divina interverrà, <strong>com</strong>e e quando lo riterrà, secondo il suo<br />
imperscrutabile giudizio… Non ho altro da dirti… Addio. Ci<br />
riabbracceremo in Cielo.»<br />
S<strong>com</strong>parsa la visione o svanito il sogno, se sogno era, mi svegliai<br />
<strong>com</strong>e trasognato. Le parole udite me le ripetevo in mente, le immagini<br />
viste ritornavano nitide nella mia immaginazione. Non riuscii a<br />
riaddormentarmi. Dalle tapparelle filtrava già il chiarore dell’alba, e non<br />
vedevo l’ora di alzarmi per andare nello studio: se i quaderni c’erano, la<br />
visione o il sogno erano veritieri, ed era stato il Cielo che me li aveva<br />
mandati; e ciò non poteva essere senza un motivo, che io non conoscevo<br />
ma al quale dovevo inchinarmi.<br />
6
Alzatomi, per prima cosa andai nello studio: i quaderni c’erano!<br />
Allora tutto era vero! Rimasi così colpito da questa realtà, che per qualche<br />
minuto non fui capace di aprirli. Poi aprii il primo e lessi:<br />
Anonimo Piceno<br />
<strong>La</strong> Nuova <strong>Atlantide</strong> A.D. 2110<br />
Cronaca<br />
Roma, Pentecoste 2110. Riprendo oggi la stesura della relazione che<br />
avevo interrotto nel 2101 dopo la morte del nostro eremita, che ci aveva<br />
guidato alla realizzazione della missione a noi affidata. L’avevo interrotta<br />
per i motivi che appariranno chiari per chi vorrà leggermi. Quindi riprendo<br />
il racconto da quel giorno in cui si dovette ricorrere al voto per decidere la<br />
destinazione di un fabbricato! <strong>La</strong> mia narrazione è affidata tutta alla<br />
memoria, perché da quel giorno non ho voluto più prendere appunti... sarò<br />
perciò non esaustivo e analitico, ma sintetico, e ricorderò a futura memoria<br />
solo quei fatti che, a mio giudizio, rivestono qualche importanza per capire<br />
l’evoluzione della nostra <strong>com</strong>unità di vita cristiana. <strong>La</strong> storia di essa potrà<br />
forse essere di avvertimento e di monito per altre <strong>com</strong>unità o per i singoli<br />
che vogliano dedicarsi alla sequela di Cristo.<br />
7
1 – L’organizzazione e le opere<br />
L’ingegnere edile che aveva portato i prefabbricati ci aveva recato<br />
molto altro materiale, che risultò prezioso per sistemare meglio il nostro<br />
alloggiamento, <strong>com</strong>e legname vario, tondini di ferro, rotoli di lamierino di<br />
ferro, di alluminio e di plastica, secchi di collante, bidoni di vernice. Era<br />
evidente che aveva già un suo progetto per trasformare in breve tempo il<br />
nostro attendamento in un solido baraccamento, capace di resistere alle<br />
piogge violente e insistenti dei tropici.<br />
Aveva inoltre portato molti attrezzi per l’attività agricola e di<br />
carpenteria, <strong>com</strong>e zappe, vanghe, bidenti, rastrelli, roncole, mazze,<br />
scalpelli, seghe da legno e da ferro, pacchi di chiodi e viti, con martelli e<br />
cacciaviti.<br />
E col materiale anche cinque carriole, arnesi a cui noi non avevamo<br />
pensato, e che risultarono tanto utili per la nostra operatività. Non c’era<br />
che da ringraziare la Provvidenza, ma capivamo che il costo di tutto questo<br />
materiale era notevole, e sommato a quello dei viveri e dell’acqua minerale<br />
superava certamente i 300.000 euro.<br />
Chi aveva pagato? E <strong>com</strong>e avremmo potuto rimborsarlo? Noi<br />
dirigenti dell’associazione, voglio dire il presidente, io, l’economo e il<br />
farmacista, avevamo già prosciugato i nostri conti correnti per pagare<br />
all’armatore il costo totale dei viaggi effettuati dal “Fiore di maggio” e dal<br />
Condor; <strong>com</strong>e avremmo potuto pagare ora tutto il materiale portato<br />
dall’ingegnere, che riconoscevamo essere non solo utile ma necessario?<br />
Dovevamo ipotecare i nostri beni di Roma? Ma era giusto? Era prudente?<br />
E poi, <strong>com</strong>e provvedere alle spese avvenire, che non potevano mancare, e<br />
forse sarebbero state anche maggiori?<br />
Dopo aver parlato dello spinoso problema tra noi quattro,<br />
decidemmo di parlarne con fra Matteo e i nuovi arrivati, per vedere<br />
insieme cosa si potesse o si dovesse fare. Ci riunimmo un pomeriggio, e fu<br />
il presidente a introdurre l’argomento:<br />
«Cari nuovi fratelli, voi col Condor ci avete portato, di vostra<br />
iniziativa, tanto bel materiale di cui avevamo effettivamente bisogno; ma<br />
questo materiale ha un costo notevole; vorremmo conoscerlo e sapere se lo<br />
avete già pagato o preso a credito.»<br />
«L’elenco del materiale» disse il frate «è stato <strong>com</strong>pilato<br />
dall’ingegnere, uomo non solo di profonda religiosità, ma anche di grande<br />
onestà ed esperienza, che gode di stima e credito nel mondo economico<br />
romano… Io lessi a suo tempo l’elenco da lui preparato. che mi sembrò<br />
intelligente e accurato per le esigenze di Adelfia, che gli avevo esposto. Ora<br />
lui stesso vi dirà i dettagli dell’operazione <strong>com</strong>merciale da lui curata con<br />
grande senso di responsabilità, di cui intendo lodarlo e ringraziarlo qui<br />
davanti a tutti.»<br />
«Non merito lodi e ringraziamenti per quello che ho fatto» disse<br />
l’ingegnere «l’ho fatto <strong>com</strong>e membro di Adelfia, della quale io e costoro<br />
8
condividiamo le aspirazioni e gli intenti di elevazione spirituale, che<br />
avevamo già abbracciato a Roma sotto la guida di fra Matteo. Orbene,<br />
volendo venire a far parte di questa <strong>com</strong>unità, di cui Matteo ci aveva<br />
parlato, abbiamo pensato di portarvi <strong>com</strong>e nostro dono quei pannelli<br />
prefabbricati. Non ci costano molto, anche se valgono molto: la ditta nella<br />
quale lavoravamo ce li ha venduti a prezzo di favore, anche per farsi della<br />
pubblicità. E’ evidente infatti che Adelfia non può rimanere sotto le tende<br />
in questo clima tropicale, così caldo, ma anche così umido e piovoso.<br />
Questi prefabbricati sono costruiti con accuratezza: legname duro,<br />
sterilizzato e impermeabilizzato, pareti con intercapedine per l’isolamento<br />
termico, connessioni perfette. Il prezzo di listino è molto <strong>com</strong>petitivo, lo<br />
posso affermare io che sono della materia. Ora parliamo del materiale<br />
vario che abbiamo acquistato di nostra iniziativa, pensando alle necessità<br />
dell’associazione… Lo abbiamo preso a credito, all’interesse dello 0,5%<br />
annuo. Due imprenditori, miei amici, si sono fatti garanti dei contratti da<br />
me firmati. Come pagherò? Ve lo dico… Adelfia non può vivere di rendita<br />
parassitaria, deve produrre beni vendibili. Innanzi tutto nell’agricoltura.<br />
Con le piogge il terreno si è dissalato, possiamo dissodarlo e seminarlo,<br />
innanzi tutto con mais e soia, prodotti che crescono presto e sono molto<br />
richiesti dal mercato… Io ho portato soprattutto attrezzi agricoli, sapendo<br />
che le sementi sono già state portate dagli agricoltori. Se ci mettiamo<br />
subito al lavoro, tra un anno forse potremmo mandare in Italia tonnellate<br />
di mais e di soia, e così <strong>com</strong>inciare a pagare i nostri debiti. Col tempo poi<br />
allargheremo le nostre coltivazioni, per esempio al cotone, se troveremo<br />
acqua sufficiente per l’irrigazione scavando dei pozzi. Successivamente<br />
pianteremo alberi tropicali <strong>com</strong>e il banano, che ha bisogno di poche cure<br />
ed è molto produttivo. Insomma vedremo quali sono le specie più adatte al<br />
clima e al terreno. <strong>Atlantide</strong> è molto grande; secondo i miei calcoli, dai dati<br />
che mi sono stati <strong>com</strong>unicati, si dovrebbe avvicinare ai 4.000 Km quadrati,<br />
cioè due volte Tenerife, la più grande delle Canarie… E non dimentichiamo<br />
la pesca. Queste acque sono ricche di sardine, merluzzi, tonni e altri pesci<br />
pregiati… potranno servire, oltre che al consumo interno, anche<br />
all’esportazione. Insomma le possibilità produttive sono molte, e io penso<br />
che in pochi anni potremo pagare i debiti fatti e quelli che certamente<br />
dovremo fare. Penso che col tempo avremo bisogno di case vere e proprie,<br />
e dovremo importare cemento, ferro e forse anche mattoni, se le pietre che<br />
qui ci sono non saranno sufficienti. Muratori mi sembra che non ce ne<br />
siano nella <strong>com</strong>unità, ma certamente ne verranno. L’ideale di Adelfia, che<br />
ha trascinato voi e noi, attirerà molti altri. Credo di aver detto tutto… Se<br />
non sono stato chiaro ed esauriente, presentatemi le vostre domande.<br />
Grazie.»<br />
«Lei è stato molto chiaro, caro ingegnere» disse il nostro presidente<br />
«e ha indicato con molto realismo quali potrebbero essere le nostre attività<br />
economiche, al fine di essere non solo consumatori, ma anche produttori<br />
di beni nel campo dell’agricoltura e della pesca, attività per le quali<br />
abbiamo anche lavoratori addetti. Dobbiamo necessariamente<br />
9
intraprendere una attività produttiva, e lei in questo campo ha notevole<br />
esperienza e idee molto chiare e, a quanto pare, conosce anche in Roma<br />
imprenditori e <strong>com</strong>mercianti che possono assorbire o <strong>com</strong>mercializzare la<br />
nostra produzione agricola e ittica. Perciò io fin da oggi la incarico di<br />
prendere la direzione dell’attività economico-produttiva, mentre il nostro<br />
economo si occuperà dell’approvvigionamento, la conservazione e il<br />
controllo del materiale e specialmente dei viveri. Pregherei poi il<br />
ragioniere che è venuto con lei di affiancarla per registrare in attivo e in<br />
passivo tutte le spese fatte in campo economico.<br />
Però, caro ingegnere, non si adonti se io aggiungo un monito, che è<br />
piuttosto una preghiera. L’attività produttiva è necessaria, non possiamo<br />
continuare a vivere consumando i nostri risparmi e ricorrendo al credito<br />
fiduciario; dobbiamo perciò produrre anche noi dei beni per pareggiare il<br />
conto del dare e del ricevere. L’uomo è formato di anima e di corpo, e<br />
anche questo va curato, ha le sue esigenze che vanno soddisfatte, ma il<br />
primato è dell’anima, la salute e il progresso spirituale vengono prima di<br />
quelli materiali. Lei, ingegnere, mi ha capito: una sana attività economica<br />
va organizzata; ma guai se l’attivismo economico e la ricerca di un bilancio<br />
finanziario attivo ci portano a trascurare il miglioramento interiore,<br />
l’afflato mistico verso Dio, per soddisfare il quale siamo venuti a cercare la<br />
<strong>nuova</strong> terra… E’ un monito che fo a lei, ma anche a me stesso e a tutti,<br />
perché la tentazione di avere più del semplice necessario è sempre in<br />
agguato, ed è facile caderci quando ci si presenta l’occasione favorevole.»<br />
«Hai fatto bene, dottore» disse fra Matteo «a dare questo<br />
ammonimento, ma non ce n’era bisogno. Gli uomini che io ho portato qui<br />
sono tutti molto avanti nella sequela di Cristo e sono venuti per<br />
perfezionare la loro testimonianza evangelica in un ambiente favorevole e<br />
fraterno. Del resto ci sono io che li ho guidati spiritualmente a Roma e<br />
continuerò a guidarli ancora meglio, assieme a tutti gli altri, in quest’isola<br />
consacrata al servizio di Dio. Io mi propongo di essere la solerte guida<br />
spirituale di tutti voi qui di Adelfia, <strong>com</strong>e lo è stato il santo eremita.»<br />
«Certamente sarai la nostra guida» riprese il presidente «e fra Pietro<br />
ti ha fatto venire a questo scopo, perché continuassi tra noi il suo<br />
ministero.»<br />
«E questo ministero io lo espleterò anche con nuove iniziative, per<br />
esempio con esercizi spirituali innovativi e molto efficaci, di cui vi parlerò<br />
nei prossimi giorni, e sono sicuro che li apprezzerete e ne sentirete il<br />
beneficio per l’anima; è un metodo (cioè una via attraverso) di sicura<br />
efficacia e da me lungamente sperimentato.»<br />
«Per essere sincero, caro Matteo, io di queste vie, attraverso le quali<br />
si raggiungerebbe l’ascesi mistica quasi meccanicamente, mi fido poco,<br />
anzi diffido molto… Tuttavia aspettiamo di conoscerlo questo nuovo<br />
metodo, e speriamo che faccia per noi. Per oggi ci possiamo sciogliere, per<br />
riprendere le consuete attività. Vi saluto tutti. Ciao.»<br />
Il giorno dopo e poi nei giorni feriali seguenti, dopo la Messa e la<br />
colazione, andammo tutti al lavoro di dissodamento del terreno, ad<br />
10
eccezione dei due marinai che con le loro reti andarono a catturare i pesci<br />
negli stagni vicini. Ne catturarono molti, piuttosto grandi, e l’economo, che<br />
badava alla cucina, coadiuvato ora dal fabbro, rivelatosi esperto in<br />
culinaria, per arrostirli volle usare il metodo che aveva imparato dagli<br />
indigeni, del quale una volta ci aveva parlato. Perciò disse a quelli che<br />
stavano spietrando il terreno di trovargli una pietra grande, che fosse però<br />
piatta e liscia almeno da una parte.<br />
Poco dopo gliene portarono una che sembrava fatta apposta. Lui ci<br />
fece ardere sopra un bel fuoco fino a renderla rovente, poi la spolverò<br />
accuratamente e ci arrostì ben bene i pesci che, conditi con sale e olio,<br />
gustammo quel giorno a pranzo. Il metodo indigeno di cottura funzionava,<br />
ec<strong>com</strong>e! Visto il successo di quell’arrosto, che meritò un applauso,<br />
l’economo ci volle fare un’altra bella improvvisata.<br />
Nel pomeriggio, aiutato dal cuciniere, si mise a intridere farina e a<br />
lavorare la pasta <strong>com</strong>e un pizzaiolo. Fece arroventare di nuovo la pietra e<br />
dopo averla spazzolata bene ci stese le sue pizze, che ci presentò a cena,<br />
condite con sale, olio, passata di pomodoro e pezzetti di sottiletta di<br />
formaggio. Fu un successo anche maggiore dei pesci arrosto: nessuno di<br />
noi avrebbe immaginato di poter mangiare una sapida pizza a baia Adelfia<br />
dopo pochi mesi dallo sbarco. Chiedemmo in coro ai due artefici di quella<br />
sfiziosità di ripetere la bella prestazione. E loro, benevoli, lo fecero più<br />
volte, tanto che la “pizza a cena” divenne il piatto più gettonato. Ma forse<br />
pretendevamo troppo e dai volenterosi cucinieri e dalla bella selce. Fu<br />
questa a venir meno per prima, spaccandosi in più pezzi; e sic<strong>com</strong>e non fu<br />
trovata un’altra pietra cosiffatta, dovemmo dire addio al pesce arrosto e<br />
alla pizza margherita. Per consolarci, l’ingegnere disse che presto avremmo<br />
avuto un bel forno da campo, alimentato a legna.<br />
Nel dissodamento del terreno si procedette innanzi tutto al suo<br />
spietramento. Le pietre, nel terreno adiacente la baia, dove <strong>com</strong>inciammo<br />
a lavorare, erano molte e quasi tutte infossate, e per estrarle occorrevano<br />
picconi e leve. Poi con le carriole le trasportavamo in un punto di raccolta;<br />
potevano servire in seguito <strong>com</strong>e materiale da costruzione. Ma per<br />
sagomarle occorrevano scalpellini, muratori per metterle in opera. Non ne<br />
avevamo, e neppure gli arnesi occorrenti. L’ingegnere mi disse che<br />
sarebbero venuti coi prossimi arrivi del Condor: lui ci aveva già pensato.<br />
Mi meravigliai per questa sua assicurazione: avremmo dunque avuto<br />
altri ospiti, iniziato nuove attività, ma con quali garanzie morali? Ne parlai<br />
col presidente, e insieme andammo a parlarne al frate. Secondo noi<br />
l’ingegnere correva troppo: che garanzie religiose, morali, si potevano<br />
avere su questi operai che lui voleva far venire? Erano anch’essi neofiti? E<br />
chi li aveva preparati per unirsi alla nostra <strong>com</strong>unità? Ne avevamo proprio<br />
bisogno, almeno per ora? Non era un mettere il carro davanti ai buoi?<br />
Il frate ci disse:<br />
«Vedo che avete dei timori, e voglio rassicurarvi. Sì, l’ingegnere è<br />
iperattivo e anche decisionista, ma non fa niente senza essersi consigliato<br />
con me. Gli dirò che per ora non deve pensare a edificare, solo perché nelle<br />
11
pietre ha trovato un buon materiale murario… Innanzi tutto dobbiamo<br />
eliminare le tende, e dare a ogni famiglia una casa prefabbricata. Solo in<br />
un secondo tempo si potrà pensare a edificare con pietre… penso<br />
innanzitutto alla chiesa, la casa di Dio, col suo bel campanile… è il mio<br />
sogno, e l’ingegnere, bravo <strong>com</strong>’è, lo farà diventare realtà.<br />
Detto questo, aggiungo che per le persone che eventualmente faremo<br />
venire, perché lo desiderano e vogliono unirsi alla nostra esperienza, io<br />
posso darvi una garanzia per mezzo del mio confratello fra Ginepro, che ha<br />
preso il mio posto nello speco del monte Soratte, santificato dall’Eremita.<br />
Forse non lo sapete, ma quella grotta da lui abitata, e l’altra vicina dove lui<br />
celebrava, sono visitate da molti pellegrini, non solo attirati dalla sua fama<br />
taumaturgica ma anche desiderosi di conoscere la missione da lui guidata<br />
in una <strong>nuova</strong> terra promessa.<br />
I cinque uomini che io ho portato con me, li ho conosciuti perché<br />
sono venuti a trovarmi allo speco, più volte, e ho constatato la loro<br />
vocazione sincera e me ne fo garante. Lo stesso farà fra Ginepro per quelli<br />
che vorranno unirsi a noi, condividendo il nostro intento spirituale. Del<br />
resto, io non autorizzerò nessuna venuta senza essermi messo d’accordo<br />
con voi. Soddisfatti?»<br />
«Ma per quei cinque» dissi io «non ti sei messo d’accordo con noi; li<br />
hai portati e basta.»<br />
«Per loro» rispose il frate «avevo avuto una preventiva<br />
autorizzazione dal santo eremita.»<br />
<strong>La</strong> cosa mi sembrò poco credibile, in quanto Pietro non ce ne aveva<br />
mai parlato, ma non replicai.<br />
A mano a mano che procedeva il lavoro di spietramento e<br />
dissodamento, gli agricoltori interravano i loro semi. In circa un mese<br />
seminammo cinquanta are di mais, cinquanta di soia, e cinque di ceci, per<br />
il nostro consumo. Dei legumi era stata portata solo questa varietà, perché<br />
ritenuta più facile da coltivare, da sgranare e da conservare. Ma dicevano,<br />
gli agricoltori, che in seguito avrebbero coltivato anche i fagioli,<br />
specialmente alcune varietà molto apprezzate, <strong>com</strong>e i cannellini e i<br />
borlotti.<br />
Insomma promettevano di impiantare un bell’orto. Ma per questo<br />
occorreva disponibilità d’acqua. Quella della roccia era lontana, e la si<br />
andava a prendere con taniche e bottiglie, per bere e per gli usi sanitari e di<br />
cucina. Con le carriole il trasporto dell’acqua divenne meno faticoso. Esse<br />
nella mattinata servivano a trasportare pietre, nel pomeriggio venivano<br />
usate dai volenterosi e anche buoni camminatori, che con esse<br />
carreggiavano ogni volta tre taniche da venti litri.<br />
Comunque, l’acqua per l’irrigazione non era un problema urgente: le<br />
piantine dovevano ancora spuntare, poi avrebbero avuto bisogno di essere<br />
annaffiate. Per favorire la germinazione dei semi di mais, soia e ceci, i<br />
solerti agricoltori avevano irrorato ogni fossetta con un po’ d’acqua per<br />
inumidire la terra, senza dover attendere la pioggia dal cielo. Questa infatti<br />
si fece attendere per alcune settimane, ma poi venne giù una vera<br />
12
provvidenza, perché le piantine erano già spuntate e avevano bisogno di<br />
essere irrigate.<br />
I bravi agricoltori avevano pensato anche ai pomodori, peperoni,<br />
melanzane, così richiesti dalla nostra cucina, e per questi avevano fatto dei<br />
semenzai che andavano innaffiati ogni giorno, perché il sole cocente<br />
prosciugava presto il terreno. Per fortuna, dopo quel primo acquazzone, la<br />
pioggia <strong>com</strong>inciò a cadere regolarmente quasi ogni settimana, e mais, soia<br />
e ceci crescevano che era una meraviglia. Ma, <strong>com</strong>e si dice, ciò che giova<br />
all’uno, nuoce all’altro, che è una versione edulcorata del detto più<br />
truculento “Mors tua, vita mea”. Ciò è dimostrato anche dalla favoletta di<br />
Esopo, di quel padre che aveva due figlie, sposate l’una a un ortolano,<br />
l’altra a un vasaio.<br />
Un giorno andò a trovare la prima che gli disse:<br />
«Gli ortaggi deperiscono, prega Dio che ci mandi la pioggia».<br />
Poi andò a trovare l’altra che gli disse:<br />
«Prega Dio che non piova, se no i vasi di argilla non si asciugano».<br />
Per chi doveva pregare il padre?<br />
Le piogge abbondanti, se facevano crescere a vista d’occhio le<br />
pianticelle, facevano ammuffire le tende e anche ciò che c’era dentro:<br />
occorrevano subito i prefabbricati per tutte le famiglie. Il Condor, che<br />
arrivava ogni mese, non aveva la capacità di trasportare le venti casette<br />
necessarie per dare un tetto a ogni famiglia, dovendo trasportare l’altro<br />
materiale occorrente alla <strong>com</strong>unità.<br />
Perciò l’ingegnere, col nostro consenso, incaricò il suo<br />
corrispondente romano di mandarci subito le venti casette con una piccola<br />
e veloce motonave, che doveva anche portarci 5 Km di tubo rigido di<br />
plastica da due pollici in sezioni da 50 metri. Con questi tubi si doveva<br />
portare alla baia l’acqua della roccia. Ciò che poi fu fatto con grande<br />
soddisfazione di tutti.<br />
Così in pochi mesi il bravo ingegnere ci aveva dato la casa e<br />
l’acquedotto. Era veramente l’uomo della Provvidenza, e ce l’aveva portato<br />
fra Matteo. Quando chiedemmo all’ingegnere a quanto ammontava tutta la<br />
spesa, rispose che non dovevamo preoccuparcene: si era impegnato lui<br />
personalmente, e avrebbe pagato, naturalmente con la vendita dei prodotti<br />
dell’isola, in cui proponeva di coltivare anche una varietà di tabacco da<br />
sigaretta molto richiesto dal mercato. Gli dicemmo che il tabacco, perché<br />
serviva al vizio, non lo volevamo; rispose che, se non lo coltivavamo noi, lo<br />
coltivavano gli altri, e il profitto sarebbe stato loro.<br />
Noi di Adelfia non fumavamo, ma gli altri fumavano, ec<strong>com</strong>e; col<br />
nostro rifiuto di coltivarlo, non avremmo certo tolto il vizio ai fumatori. In<br />
fondo l’ingegnere aveva ragione: col nostro divieto ci toglievamo un<br />
profitto senza moralizzare alcunché. Perciò gli dicemmo di fare <strong>com</strong>e a lui<br />
sembrava meglio, per pagare al più presto i nostri debiti.<br />
13
2 – Gli esercizi spirituali<br />
Per il pomeriggio, dalle 16 alle 19, avevamo organizzato tre corsi<br />
scolastici (elementari, medie, superiori) destinandovi insegnanti non tutti<br />
addottorati, ma volenterosi, con programmi ridotti all’essenziale, cioè<br />
sfrondati delle particolarità che ne appesantiscono lo svolgimento.<br />
Miravamo più che altro a insegnare il buon metodo di studio e di ricerca,<br />
cioè quello scientifico, basato sull’osservazione e non sugli assiomi, sulla<br />
lettura dei testi e non sulle pagine critiche, sull’esperimento e non sul<br />
pregiudizio. Insegnavamo a partire dai fenomeni per arrivare alle leggi, e<br />
non dalle leggi (stabilite da altri) per spiegare i fenomeni. Cercavamo cioè<br />
di attuare nell’insegnamento il metodo induttivo, che è certamente più<br />
laborioso ma anche più sicuro di quello deduttivo, basato soltanto sul<br />
principio di autorità (ipse dixit).<br />
Con questi corsi scolastici noi intendevamo dare ai nostri ragazzi una<br />
istruzione non fine a se stessa, ma utile per l’acquisizione di una coscienza<br />
civica e morale. Se poi questi ragazzi o i loro genitori volevano ottenere un<br />
riconoscimento ufficiale della loro preparazione scolastica, vale a dire un<br />
documento, un diploma, essi, col Condor, potevano tornare a Roma per<br />
<strong>com</strong>pletare la preparazione e sostenere gli esami relativi.<br />
Col tempo i ragazzi erano cresciuti di numero; in molte famiglie era<br />
avvenuto <strong>com</strong>e nella mia, con dei figli lasciati a Roma per gli esami e<br />
venuti in seguito a raggiungere i genitori. Poi vennero i neofiti; questi via<br />
via si accrebbero: erano amici, parenti o conoscenti che si sentivano<br />
attirati da questa esperienza spirituale e volevano se non altro provarla. In<br />
parte erano persone di spiritualità non profonda, che dopo poche<br />
settimane rinunciavano e tornavano a Roma. Insomma a Baia Adelfia gli<br />
arrivi e le partenze erano frequenti, e si desiderava un servizio più celere<br />
per queste <strong>com</strong>unicazioni con Roma.<br />
Il Condor col motore ausiliario impiegava, tra andata e ritorno, circa<br />
20 giorni, e il costo era, se ricordo bene, di 250.000 euro. Il materiale che<br />
il veliero poteva trasportare, oltre le persone, era ben poco. L’armatore<br />
Miceli <strong>com</strong>prese che quella linea marittima era promettente, e ci propose<br />
di farla servire allo stesso costo da una piccola motonave che intendeva<br />
<strong>com</strong>prare, con la quale la durata del viaggio sarebbe stata ridotta a 10<br />
giorni, e la capacità di carico merci quadruplicata. Se poi gli davamo il<br />
permesso di imbarcare eventuali viaggiatori estranei, vale a dire turisti, il<br />
canone di affitto sarebbe stato via via diminuito in base al numero di<br />
costoro.<br />
Questa richiesta dell’armatore fu contrastata dal presidente, da me e<br />
da altri, che temevamo i contatti troppo stretti e frequenti col mondo<br />
esterno, che avevamo fuggito; ma fu sostenuta dal frate e dall’ingegnere<br />
con argomenti persuasivi, fu messa ai voti e approvata. Ciò avvenne, credo,<br />
dopo due anni dall’arrivo all’isola; ma torno ad avvertire che questa<br />
cronaca, scritta ad anni di distanza, è basata solo sulla mia memoria, e non<br />
14
ha un rigoroso ordine cronologico né riporta date certe. Intende narrare i<br />
fatti più importanti e i passaggi più significativi di un percorso, che ho<br />
vissuto giorno per giorno, ma che ora guardo globalmente per rendermi<br />
conto del mutamento verificatosi, e accennarne le cause e gli effetti.<br />
Riprendendo il filo del racconto, che verteva sulla scuola che<br />
avevamo grosso modo organizzato, un giorno il frate dopo la messa riunì<br />
tutti noi che eravamo impegnati in essa e ci disse:<br />
«Nella vostra scuola avete pensato a quasi tutte le materie, ma vi<br />
siete dimenticati della Religione, che per noi dovrebbe essere la materia<br />
principale.»<br />
A queste parole rimanemmo meravigliati e un po’ sconcertati, e<br />
sic<strong>com</strong>e il presidente non replicava, lo feci io:<br />
«Fratello Matteo, per noi la Religione non è una materia scolastica, è<br />
l’essenza della nostra vita, che è vissuta alla presenza di Dio e con la mente<br />
sempre rivolta a Lui. E a Dio noi dedichiamo anche momenti significativi<br />
in sede <strong>com</strong>unitaria, a parte le preghiere e le devozioni in ambito familiare.<br />
Al mattino assistiamo alla Messa, ascoltiamo la sua omelia e riceviamo la<br />
santa Comunione; alla sera recitiamo il Rosario, durante il quale spesso<br />
interveniamo per esprimere le nostre riflessioni sui vari misteri, adoriamo<br />
il Sacramento col quale poi tu ci benedici. Tutto ciò per te non è Religione?<br />
E, per i nostri figli, non è istruzione e iniziazione religiosa, fatta con<br />
l’esempio e con gli esercizi di pietà?»<br />
«No, caro amico, questo non basta, voglio dire non basta per noi, che<br />
vogliamo giungere all’ascesi, alla conoscenza approfondita di Dio,<br />
all’elevazione a Lui. Per arrivare a questo occorre seguire un percorso,<br />
adottare un metodo, scegliere una guida. Voi parlate di Messa, Comunione,<br />
Rosario; sono riti devozionali, sufficienti per il cristiano <strong>com</strong>une,<br />
tradizionale, ma non per noi che vogliamo giungere ad una conoscenza più<br />
profonda di Dio. Per giungere a questo si è sviluppata la mistica e la<br />
teologia, cioè lo studio di Dio, al quale si sono dedicati e si dedicano tanti<br />
pensatori, profondi studiosi, esperti nella scienza di Dio. Non si ama ciò<br />
che non si conosce. Per amare veramente Dio bisogna conoscerlo, e per<br />
conoscerlo a fondo e amarlo quanto merita, la mistica ci presenta gli<br />
esercizi spirituali. Non ne avete mai sentito parlare?»<br />
Risposi: «Che stai scherzando, fra Matteo? Ce ne hai parlato tu stesso<br />
giorni fa, e il presidente ti ha subito detto, se ti ricordi, che non abbiamo<br />
grande stima per essi. <strong>La</strong> stessa idea di cammino programmato, di metodo,<br />
quasi di tecnica, di percorso obbligato, ci sembra aberrante, <strong>com</strong>e se nello<br />
spirituale dovessimo operare <strong>com</strong>e per la preparazione atletica, con<br />
esercizi continuati e progressivi. In tal modo si riduce l’ascesi a una specie<br />
di yoga. Ci si mette in una determinata posizione, si fanno certi movimenti,<br />
ci si concentra in qualche idea, si respira in un certo modo, e l’effetto<br />
benefico è bello e assicurato. Alla sequela di Cristo non ci si esercita, non ci<br />
si allena, non ci sono percorsi obbligati, vie preferenziali o scorciatoie; alla<br />
sequela di Cristo ci si mette e si cammina “rinnegando se stessi e<br />
prendendo ogni giorno la propria croce”; ma non una croce artefatta,<br />
15
imposta, ma la croce naturale che la vita <strong>com</strong>porta. L’ascesi cristiana non è<br />
nelle elucubrazioni mentali, negli allenamenti concettuali, ma nel<br />
<strong>com</strong>portamento evangelico nella vita quotidiana. E per <strong>com</strong>portarci bene<br />
in ogni occasione non servono le esercitazioni teoretiche, le meditazioni<br />
prolungate, le metodiche astratte, ma il chiedersi sempre “sic et nunc”: che<br />
cosa farebbe Cristo in questa circostanza? E per saperlo bisogna<br />
camminare sempre dietro a Lui.»<br />
«Bravo, avvocato» disse sorridendo il frate «hai fatto tante<br />
affermazioni in modo apodittico e assiomatico; non temi di peccare di<br />
presunzione dottrinaria?... Io vi avevo chiesto se conoscevate gli esercizi<br />
spirituali, non <strong>com</strong>e termine lessicale, ma <strong>com</strong>e esperienza personale, fatta<br />
seguendo un determinato metodo. Ce ne sono parecchi, studiati da mistici,<br />
da santi, <strong>com</strong>unque da persone che conoscevano molto bene l’itinerarium<br />
ad Deum e non ne parlavano a vanvera, senza cognizione di causa.»<br />
«Invece io ne parlo a vanvera, è vero, fra Matteo? Può darsi. Certo<br />
non sono addottorato in nessuna delle tante specializzazioni della teologia<br />
(sistematica, fondamentale, dogmatica, biblica, spirituale, morale,<br />
pastorale, ecc.), ma una certa cultura religiosa ce l’ho, e conosco anche<br />
qualche manuale di esercizi spirituali, per esempio quello di Ignazio di<br />
Loyola. Egli era stato un militare, e pensava che, <strong>com</strong>e per diventare un<br />
bravo soldato occorre un addestramento progressivo coi relativi esercizi e<br />
controlli da parte degli ufficiali istruttori, così per diventare un vero<br />
cristiano occorre un corso di addestramento guidato e controllato dal<br />
confessore. Il gesuita che mi regalò il testo mi assicurò che seguendo il<br />
metodo ignaziano, in quattro settimane avrei percorso tutto l’itinerarium<br />
ad Deum, e raggiunta l’ascesi mistica, cioè il congiungimento spirituale<br />
con Dio. Già leggendo il capitolo propedeutico “Principio e fondamento”<br />
all’inizio del libro, mi resi conto che quegli esercizi, che in definitiva erano<br />
meditazioni, non santificavano nessuno, perché erano parole, mentre la<br />
sequela di Cristo richiede le opere <strong>com</strong>piute nell’umiltà (rinnegare se<br />
stesso) e anche con sacrificio (portare la propria croce).»<br />
Il frate replicò:<br />
«Io non ho detto che seguirò il metodo ignaziano, che è del secolo<br />
XVI , ed è ormai obsoleto, ma uno più moderno, più adatto ai cristiani di<br />
oggi, una tecnica spirituale per arrivare all’unione mistica, direi alla<br />
fusione con l’Essere Supremo, tecnica che necessita di una direzione, con<br />
un rapporto personalizzato tra allievo e guida, tra tirocinante e maestro.<br />
Qui, in Adelfia, non posso essere che io la guida e il maestro, ossia il padre<br />
spirituale e il confessore. <strong>La</strong> confessione frequente, il colloquio giornaliero<br />
o quasi col padre spirituale è indispensabile per progredire nell’ascesi, e<br />
per controllarne e consolidarne il progresso, e anche per correggere<br />
eventuali deviazioni, sempre possibili… Voi, cari amici, avete imboccato<br />
l’iter del perfezionamento interiore, e vi debbo dare atto della vostra buona<br />
volontà. Mi fa piacere che facciate la Comunione, tutti, ogni giorno, ma mi<br />
meraviglio che nessuno di voi, in questi mesi, si sia accostato al<br />
sacramento della Confessione, sicché io, che dovrei essere la guida, ignoro<br />
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lo stato delle vostre anime… Sono <strong>com</strong>e il medico curante che non ha mai<br />
visitato i suoi malati… Mi sembra assurdo. Una volta si riteneva che la<br />
Comunione dovesse essere sempre preceduta dalla Confessione, non<br />
essendo ammissibile ricevere Cristo con l’anima non purificata dal<br />
sacramento. Era un rigorismo esagerato; ma una confessione frequente,<br />
per esempio settimanale, mi sembra utile se non necessaria… Al tempo<br />
dell’eremita non vi confessavate?»<br />
«No, frate Matteo, non ce n’era bisogno: lui viveva con noi, e ci<br />
conosceva tutti spiritualmente, ci istruiva nelle omelie e in ogni occasione,<br />
colloquiava incessantemente con noi, e soprattutto ci catechizzava con<br />
l’esempio. Non ci ha mai parlato della necessità della confessione.<br />
Sappiamo dal catechismo che la penitenza o riconciliazione, cioè la<br />
confessione, è il quarto dei sette sacramenti, dopo il battesimo, la cresima<br />
e l’eucarestia, ma l’eremita non ci ha mai invitati alla confessione. Egli<br />
praticamente ci confessava vivendo in mezzo a noi, sottoponendosi a tutte<br />
le nostre fatiche. Era il buon pastore che conosce le sue pecorelle una per<br />
una e le chiama per nome.»<br />
«Non voglio giudicare il confratello defunto, non sarebbe giusto, non<br />
potendo egli rispondermi. Ma la confessione è un sacramento istituito da<br />
Cristo, per la nostra salvezza… Come potremmo obliterarlo… cancellarlo?»<br />
«Non è stato istituito da Cristo, caro Matteo, ma dalla Chiesa, <strong>com</strong>e<br />
la cresima e l’unzione degli infermi.»<br />
«Ti sbagli, caro avvocato, è stato istituito da Cristo, quando disse a<br />
Pietro: “Tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli; e tutto ciò<br />
che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli. 2 ” Tu potresti obiettare che lo<br />
disse al solo Pietro, designato suo vicario, e potrebbe valere oggi solo per il<br />
papa, discendente di Pietro. Ma Gesù dà la stessa autorità ai Dodici 3, e,<br />
prima di salire al Cielo, a tutti i discepoli, cioè a noi sacerdoti 4.»<br />
«Le espressioni riportate dall’evangelista non vanno prese alla<br />
lettera: sono espressioni iperboliche per ribadire un concetto, dei veri e<br />
propri ossimori, per colpire e far riflettere. In questo caso il concetto è che<br />
gli apostoli e i discepoli devono continuare la sua opera non solo<br />
predicando il Vangelo, ma anche “consigliando i dubbiosi, insegnando a<br />
chi non sa, ammonendo i peccatori” 5 e testimoniando Cristo con l’esempio,<br />
cioè facendosi guida. Questo è l’insegnamento; se invece prendessimo alla<br />
lettera quelle parole, vorrebbe dire che Dio rinuncia alla sua sovranità, la<br />
delega ad altri, si sottomette al giudizio umano, si spossessa del Regno dei<br />
cieli e ne consegna le chiavi a degli uomini, che possono aprirlo e chiuderlo<br />
a loro piacimento… Invece non è l’uomo che assolve o non assolve il<br />
peccatore, ma solo Dio, il quale vede il vero pentimento o la superba<br />
presunzione di chi si ritiene giusto. E’ una verità che ci è insegnata<br />
2 Mt 16, 19<br />
3 Mt 18, 18<br />
4 Gv 20, 23<br />
5 Sono appunto le prime tre delle sette opere di misericordia spirituale.<br />
17
chiaramente dalla parabola del fariseo e del pubblicano. 6 Questi,<br />
battendosi il petto, chiese perdono a Dio dei suoi peccati, e “tornò a casa<br />
sua giustificato, a differenza dell’altro.”»<br />
«Ciò non toglie» ammise il presidente «che la confessione personale<br />
a un ministro di Dio possa giovare al miglioramento interiore, ma non è<br />
necessaria. Infatti noi all’inizio della Messa, recitando il confiteor, ci<br />
confessiamo pubblicamente dei nostri peccati davanti a Dio e alla presenza<br />
del celebrante, dal quale poi riceviamo l’assoluzione in nome di Dio. Chi di<br />
noi, in seguito, si vorrà confessare anche privatamente, lo farà sua sponte,<br />
se e quando ne sentirà il bisogno. Del resto il precetto della Chiesa è<br />
abbastanza largo: “Confessarsi almeno una volta all’anno e <strong>com</strong>unicarsi<br />
almeno a Pasqua”. Noi di Adelfia ci <strong>com</strong>unichiamo ogni giorno, perché lo<br />
desideriamo e ne abbiamo qui in <strong>Atlantide</strong> la possibilità. E’ per noi<br />
l’unione reale, e non solo mistica, con Cristo. Ottenuta col dono di Dio a<br />
noi, e non con “tecniche propedeutiche e relativi esercizi”.»<br />
«Questi esercizi» replicò il frate «voi non li conoscete, non li avete<br />
mai praticati, e dovreste farlo, per giudicarli. Perciò io torno a proporre di<br />
dedicare ad essi ogni giorno un’ora, da sottrarre a quelle scolastiche.»<br />
«Che si ridurrebbero da tre a due… io mi oppongo decisamente alla<br />
proposta» intervenne a questo punto il professore, che aveva la direzione<br />
della scuola «fra Matteo ha nella giornata tanti spazi per esercitare il suo<br />
ministero spirituale, e non ne deve togliere alla scuola.»<br />
«Dato che siamo in democrazia» replicò Matteo «perché non<br />
facciamo decidere al popolo?»<br />
«D’accordo, fratel Matteo.» disse il presidente «Domani, dopo la<br />
messa, presenterai la tua proposta all’assemblea, e potrai anche parlare in<br />
suo favore, per spiegarla e sostenerla. Poi si voterà, e obbediremo alla<br />
volontà della maggioranza.»<br />
Questa bocciò la proposta del frate, il quale questa volta non mostrò<br />
disappunto, ma ci scherzò sopra dicendo:<br />
«Ho capito: voi volete vincere la maratona senza allenarvi, perché<br />
non ne avete bisogno, siete degli atleti nati… <strong>com</strong>plimenti!»<br />
Il suo ironico sorriso ci fece capire che le nostre concezioni religiose<br />
non collimavano con le sue. Era a noi evidente che il frate, con la<br />
confessione e gli esercizi spirituali, voleva prendere possesso delle nostre<br />
anime, e realizzare un potere <strong>com</strong>pleto, con mire mondane, e non<br />
spirituali. Era il metodo dei gesuiti, che aveva loro ottenuto, nella storia, il<br />
ben noto potere. Questo non poteva non preoccuparci per gli sviluppi<br />
futuri; ma non precorriamo i tempi, e parliamo d’altro.<br />
6 Lc 18, 10-14<br />
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3 – Progressi materiali<br />
Già al secondo anno la Nuova <strong>Atlantide</strong> era produttiva.<br />
Il granoturco crebbe in fretta e rigoglioso, e in tre mesi le pannocchie<br />
erano già mature, e ne mangiammo parecchie sia lessate sia arrostite:<br />
erano un prodotto del nostro lavoro e per questo ci sembravano più<br />
saporite. Quando le piante si furono seccate, ne staccammo le pannocchie,<br />
le scartocciammo, e le lasciammo al sole per qualche giorno; poi<br />
<strong>com</strong>inciammo a sgranarle. A questo lavoro, che era sedentario, si<br />
dedicavano le donne e i ragazzi, ai quali il falegname aveva fornito dei<br />
punteruoli di legno per staccare i chicchi dal tutolo senza rovinarsi le<br />
unghie. <strong>La</strong> sgranatura a mano richiese più di un mese; ma alla fine<br />
avevamo riempito venti sacchi di belle cariossidi ambrate.<br />
Anche la produzione di soia fu abbondante, e ne riempimmo un’altra<br />
ventina di sacchi che spedimmo a Roma col mais, per la vendita. Di questa<br />
si occupava l’ingegnere, che aveva nella capitale un corrispondente, a<br />
quanto pare efficiente e onesto. Furono i primi soldi che guadagnavamo, e<br />
così <strong>com</strong>inciammo a pagare i nostri debiti.<br />
Di anno in anno la superficie coltivata divenne più estesa, perché<br />
dissodammo l’isola quasi fino alla montagna. Ai piedi di questa si<br />
estendeva un terreno rossiccio che l’ingegnere ritenne adatto alla<br />
coltivazione del tabacco Xantia, e ne fece venire i semi.<br />
Fu un successo: le piante crebbero fino ad altezza d’uomo e si<br />
<strong>com</strong>inciò a raccogliere le foglie, staccandole dal fusto a <strong>com</strong>inciare dal<br />
basso, foglia dopo foglia. Era un lavoro giornaliero, anche di pazienza, ma<br />
noi lo facevamo in allegria. Dopo la Messa e la colazione andavamo <strong>com</strong>e<br />
in processione alla piantagione cantando canzoni e inni religiosi, <strong>com</strong>e<br />
“Tu sei la mia vita”, “T’adoriamo, ostia divina” e “Andrò a vederla un dì”.<br />
Per tre-quattro anni Adelfia rimase abbastanza omogenea, anche se<br />
c’erano stati nuovi arrivi, ma limitati. Tutto era <strong>com</strong>une, e tutto si faceva in<br />
<strong>com</strong>une. Tutti lavoravano secondo un programma concordato e secondo le<br />
varie <strong>com</strong>petenze. <strong>La</strong> cucina era <strong>com</strong>unitaria, e gli acquisti a Roma<br />
venivano fatti dalla <strong>com</strong>unità per tutte le famiglie secondo le esigenze di<br />
ciascuna. Il denaro non esisteva, e regnava la concordia e la pace. Anche il<br />
dissenso con fra Matteo sembrava essersi sopito.<br />
Nel terzo anno, se ben ricordo, con un gruppo di neofiti, venne un<br />
agronomo, che si rivelò iperattivo <strong>com</strong>e l’ingegnere. Disse che in una parte<br />
dell’isola si poteva coltivare il cotone a fibra lunga, e sic<strong>com</strong>e esso va<br />
irrigato per un certo periodo, si mise a cercare l’acqua. Scavò alcuni pozzi i<br />
quali, a 3-4 metri davano abbondante acqua, ma era acqua salata. Non si<br />
perse d’animo. Fece venire dall’Italia delle motopompe con opportune<br />
tubazioni, e con esse si mise a prosciugare quei pozzi, riversando in mare<br />
l’acqua salata. Ci volevano giorni, ma ci riusciva. Allora egli faceva scavare<br />
ancora, e a 6-7 metri ri<strong>com</strong>pariva l’acqua, ed era acqua dolce!<br />
19
<strong>La</strong> coltivazione del cotone, <strong>com</strong>e quella del tabacco, incrementò<br />
notevolmente l’esportazione di Adelfia, e i debiti venivano pagati; credo<br />
che furono saldati tutti entro il quinto anno, ma non con la sola vendita dei<br />
prodotti agricoli. Erano intanto diminuite le spese dei trasporti marittimi.<br />
Il signor Miceli si dimostrò molto onesto, e dopo due anni non ci fece più<br />
pagare il nolo per i trasporti di persone e merci effettuati per conto nostro.<br />
Erano infatti numerosi i turisti che venivano a vedere la <strong>nuova</strong> terra sorta<br />
del mare; la notizia dell’isola del miracolo si era diffusa e aveva destato<br />
vivo interesse.<br />
<strong>La</strong> motonave dell’armatore, che si chiamava Freccia Azzurra, si<br />
attraccava due volte al mese alla nostra baia, vi sbarcava un grosso<br />
fuoristrada col quale i turisti venivano portati alla montagna dell’acqua<br />
miracolosa, della quale potevano riempire qualche bottiglia. <strong>La</strong><br />
permanenza della motonave nella nostra baia durava non più di mezza<br />
giornata, e il contatto tra noi e i turisti era limitato ai saluti e, talora, allo<br />
scambio di qualche dono. Il falegname faceva dei piccoli crocifissi con un<br />
legno ambrato, lavorabile con la sgorbia, anche se con molta pazienza.<br />
Quando ne aveva scolpito uno, subito lo regalava a qualche turista; se<br />
questi voleva dare un’offerta in denaro, il bravo artigiano rifiutava, dicendo<br />
che nell’isola il denaro non esisteva, e quel crocifisso era un ricordo dato<br />
con l’intento di far venerare la Passione di Cristo.<br />
Dopo la breve sosta alla baia la motonave ripartiva, effettuava il<br />
periplo dell’isola a velocità ridotta per farne ammirare la costa e poi<br />
riprendeva la via del ritorno. Col tempo questi viaggi divennero più<br />
frequenti, perché aumentava il numero delle persone desiderose di vedere<br />
la nostra isola. Ciò non ci dava nessun disturbo, perché il signor Miceli<br />
imponeva ai turisti la massima discrezione. Noi con l’armatore avevamo<br />
saldato il conto, e i nostri rapporti continuavano in modo leale e<br />
amichevole, con reciproco interesse: noi avevamo gratis il trasporto delle<br />
merci, della posta e del nostro personale; lui guadagnava con i turisti che<br />
volevano visitare l’isola. Lo scalo alla nostra baia stava diventando un<br />
affare, la Freccia Azzurra andava e veniva incessantemente, e per favorire<br />
la visita turistica l’ingegnere fece costruire una strada carrozzabile, anche<br />
se sterrata, tra l’approdo e la montagna. Quando essa fu terminata, la<br />
motonave sbarcava non più un fuoristrada ma un bel pullman da 50 posti,<br />
che erano generalmente tutti coperti.<br />
<strong>La</strong> popolazione di Adelfia era raddoppiata con arrivi di nuovi neofiti,<br />
ma lo spirito di povertà dei fondatori permaneva, e il denaro non circolava.<br />
Quello derivante dalle nostre produzioni serviva per gli acquisti, sempre<br />
<strong>com</strong>unitari, di biancheria, vestiario, libri e cartoleria.<br />
L’ingegnere e l’agronomo fecero venire macchinari anche costosi,<br />
<strong>com</strong>e una ruspa, un forno da campo, un più potente gruppo elettrogeno,<br />
una idrovora e un impianto igienico-sanitario <strong>com</strong>pleto, con annesso<br />
trattamento delle acque reflue, che venivano poi utilizzate per l’irrigazione.<br />
Fu proposto anche l’acquisto di un impianto per la dissalazione<br />
dell’acqua marina, poiché quella della roccia era ormai scarsa per<br />
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sopperire alle esigenze della popolazione aumentata. Ma il dissalatore non<br />
fu per allora acquistato perché l’acqua dei pozzi risultò potabile, e anche<br />
perché esso avrebbe consumato troppa energia elettrica.<br />
Fino a tutto il quarto anno nella baia non avvennero altri<br />
cambiamenti importanti, e non ci furono contrasti di rilievo. Il vecchio<br />
gruppo dirigente era stato allargato con l’opzione dell’ingegnere,<br />
dell’agronomo e di due artigiani, ma si dimostrava ancora abbastanza<br />
coeso: le decisioni si prendevano all’unanimità, mancando questa si<br />
ricorreva alla votazione nell’assemblea generale.<br />
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4 – Baia Balenottera<br />
Il sesto anno, se ben ricordo, il dissodamento dell’isola era<br />
terminato, e quasi tutto il terreno era a coltura (mais, soia, tabacco, cotone,<br />
oltre ai legumi e agli ortaggi per il vitto della <strong>com</strong>unità). Le piante di<br />
banano crescevano a vista d’occhio, e forse dopo 4-5 anni avremmo avuto i<br />
loro primi caschi.<br />
Lo spietramento dell’isola ci aveva fatto accumulare una gran<br />
quantità di materiale calcareo, e alla montagna avevamo aperto una cava<br />
che ci dava una bella pietra rosata simile al travertino, ma di struttura più<br />
<strong>com</strong>patta, che l’ingegnere giudicò indicatissima per architravi, colonne,<br />
pilastri e capitelli. Avendo a disposizione tutto questo materiale,<br />
l’ingegnere propose la costruzione della chiesa, che egli aveva già disegnato<br />
in stile romanico, con un grande rosone. Ne ammirammo la figura, e non<br />
potevamo opporci a questa spesa, che veniva sostenuta in onore di Dio.<br />
Ma per edificarla non bastavano le pietre, occorrevano cemento,<br />
ferro, calce e sabbia. Di quest’ultima non c’era penuria, avevamo nell’isola<br />
vasti arenili; anche la calce avremmo potuto produrla noi con la<br />
calcificazione delle pietre calcaree. Bastava cuocerle a fuoco lento e<br />
prolungato in un’apposita calcara da costruire in terreno adatto.<br />
Occorreva però molto tempo e tanta legna, per cui l’ingegnere disse<br />
che era meglio importarla già spenta, in sacchi di plastica da 50 chili. Poi<br />
occorrevano gli operai: manovali, muratori, capomastri, spaccapietre,<br />
scalpellini, marmisti, intonacisti, stuccatori, ecc.<br />
Per la direzione dei lavori avevamo il nostro bravo ingegnere, che era<br />
specializzato in edilizia, e della costruenda chiesa ci mostrò con orgoglio la<br />
pianta e la sagoma sia frontale sia laterale.<br />
Il presidente gli chiese quanti operai prevedeva di far venire, quanti<br />
mesi occorrevano, e la spesa che lui calcolava. Rispose che con una<br />
quindicina di operai esterni, oltre a quelli di Adelfia che poteva utilizzare,<br />
pensava di costruire la chiesa e il campanile in 12-15 mesi. Per la spesa<br />
(operai esterni e materiali) non poteva ancora quantificarla, ma<br />
l’associazione non doveva preoccuparsene: ci avrebbe pensato lui.<br />
Il nostro economo gli chiese con quali mezzi intendeva affrontarla.<br />
Rispose:<br />
«Questa isola beata, oltre alle risorse agricole, ha una risorsa<br />
meravigliosa, la sua bellezza, le sue coste immacolate, cioè il turismo.<br />
Quello che abbiamo concesso al signor Miceli con la sua Freccia Azzurra è<br />
un buon inizio, ma non ci rende niente in contanti. Apprezzo i servizi che il<br />
Miceli ci fornisce e anche la sua discrezione, e non intendo intaccare<br />
minimamente questa sua lodevole attività… Noi abbiamo alla parte<br />
opposta dell’isola una baia che forse non tutti voi conoscete, voglio dire<br />
nelle sue straordinarie bellezze paesaggistiche. Voi direte: la natura narra<br />
la gloria di Dio; ma a chi la narra, se non ci sono gli uomini a<br />
contemplarla? A quella baia mi ci portò la prima volta l’avvocato, che<br />
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l’aveva scoperta e l’aveva chiamata Baia Balenottera, perché ci aveva visto<br />
questo cetaceo a distanza ravvicinata… Io ci torno spesso, quasi sempre<br />
con l’amico agronomo, che può quindi confermare le mie affermazioni…<br />
Per ben tre volte anche noi abbiamo visto la balenottera, che<br />
evidentemente ama nutrirsi in quei paraggi. L’agronomo ha voluto<br />
analizzare l’acqua della baia, e ha visto che è ricca solo di fitoplancton,<br />
derivato da alcune specie di alghe. Il cetaceo viene lì a cibarsi di esso…<br />
Abbiamo concluso che è vegetariano: lo zooplancton, di cui è ricco l’oceano<br />
verso l’Antartide, lo farebbe ingrassare, e lui ci tiene alla linea… Ma<br />
lasciando lo scherzo, la balenottera è un’altra attrattiva di quella baia, che<br />
può essere opportunamente reclamizzata… Ebbene, una grande società<br />
armatrice, che ha diverse navi da crociera, la Mira, che certamente<br />
conoscete, ha messo gli occhi su questa stupenda baia, che è immacolata e<br />
molto più bella della Costa Azzurra e della Costa Smeralda. Poco tempo fa,<br />
attraverso il suo agente, mi ha fatto sapere che, per il fitto annuo di quattro<br />
chilometri di quella costa, la ditta offre 500.000 euro. Con un paio di<br />
annate di questo fitto noi ci ripaghiamo della spesa per la costruzione della<br />
chiesa con il campanile e le relative campane… Non vi sembra un’offerta<br />
da accettare?»<br />
«E’ un’offerta allettante,» rispose il presidente «ma noi temiamo la<br />
colluvie di vacanzieri, che potrebbero turbare lo svolgimento della nostra<br />
vita di raccoglimento spirituale.»<br />
«Non avere questo timore.» intervenne fra Matteo «Del<br />
raccoglimento spirituale sono io il garante. I turisti non potranno<br />
scorrazzare per l’isola, resteranno sulla costa, nelle loro tende o casotti o<br />
gazebi; non potranno turbare minimamente la nostra vita e tanto meno<br />
corromperci.»<br />
«I quattro chilometri» chiesi io «si intendono lineari o di superficie?<br />
E’ bene chiarire il termine.»<br />
«Sono chilometri lineari, cioè di costa.» disse l’ingegnere «Verso<br />
l’interno noi concederemo al massimo un mezzo chilometro, e io mi<br />
impegno, se l’affare andrà in porto, ad alzare una rete di confine, anche di<br />
plastica, ma solida e sostenuta da paletti di ferro, non valicabile né per i<br />
vacanzieri né per i nostri associati… la separazione sarà totale.»<br />
«In questi termini la proposta è accettabile» disse il presidente «ma<br />
bisogna stendere un regolare contratto, con patti chiari, soprattutto<br />
riguardo al confine non valicabile. Io delego te, caro ingegnere, a trattare la<br />
cosa e a firmare il contratto a nome della Comunità Adelfia… Vedo che gli<br />
altri dirigenti sono d’accordo, e quindi ti autorizzo a prendere contatto con<br />
la Mira per definire l’accordo. Ma ti preghiamo, ingegnere, di farcelo<br />
leggere prima di firmarlo.»<br />
Ricevemmo la sua assicurazione.<br />
23
5 – Altre novità<br />
Poco dopo questa decisione ricevemmo una visita davvero<br />
inaspettata. Un giorno con la Freccia Azzurra arrivò un legato pontificio,<br />
inviato dal Vaticano. Si presentò <strong>com</strong>e XY, arcivescovo titolare di Legia.<br />
Non avevamo mai sentito quel nome di città, ma ci guardammo bene dal<br />
chiedere dove essa si trovasse al signor legato che aveva pronunciato quel<br />
toponimo con tanta solennità. Riunimmo la direzione per ascoltare quello<br />
che il prelato avesse da dirci. Ci chiese se la <strong>com</strong>unità si professava<br />
cattolica o una setta cristiana. Rispondemmo che non eravamo una setta<br />
ma cristiani cattolici. Allora ci diede i saluti di Sua Santità Sisto IX con la<br />
sua paterna benedizione. Disse che non aveva altro da chiederci, perché<br />
era ben informato della nostra attività, ma chiese di parlare in separata<br />
sede con la nostra guida spirituale.<br />
Mentre lui si appartava con il frate, noi attendemmo tra meravigliati<br />
e perplessi. Dopo mezzora il loro colloquio era concluso, e sic<strong>com</strong>e era già<br />
mezzogiorno, invitammo il prelato a pranzare con noi alla mensa<br />
<strong>com</strong>unitaria. Ringraziò, ma avrebbe mangiato sulla motonave che stava<br />
per ripartire.<br />
A mensa cercammo di sapere dal frate i motivi di quella visita, dato<br />
che in tutti quegli anni nessun contatto avevamo tenuto col Vaticano.<br />
Venimmo a sapere che la Curia, che conosceva da tempo l’attività della<br />
nostra associazione, stava studiando <strong>com</strong>e dare ad essa un riconoscimento<br />
ufficiale. Il popolo cristiano è diviso in parrocchie, che formano le diocesi,<br />
le quali dipendono gerarchicamente dalle arcidiocesi, e queste dalla<br />
Conferenza Episcopale Nazionale e infine dalla Santa Sede. Nelle terre di<br />
missione ci sono i Vicariati e le Prefetture Apostoliche; la Curia aveva<br />
mandato quel monsignore per informarsi sull’entità di Adelfia e prendere<br />
una decisione sulla denominazione da darle. Ma, a quanto pare, nelle alte<br />
sfere la decisione era già stata presa, con la mediazione del corrispondente<br />
di fra Matteo, quel fra Ginepro del quale lui ci aveva parlato <strong>com</strong>e suo<br />
successore nello speco del Soratte.<br />
Infatti solo due settimane dopo con la Freccia Azzurra arrivò questo<br />
frate con un plico sigillato e un grosso pacco. Il plico conteneva il diploma<br />
di nomina di Adelfia a Prefettura personale del Santo Padre, e di fra<br />
Matteo a Prefetto di essa. Il pacco conteneva una mitria dorata, una tunica<br />
e un tricorno violetti, e un anello gemmato, tutti della misura esatta del<br />
frate.<br />
Questi fece subito radunare l’assemblea generale, per far ammirare<br />
gli arredi prelateschi che gli erano stati mandati, e poi disse:<br />
«Fratelli miei, credetemi, io non volevo questo onore, ma la Santa<br />
Sede ha voluto dare un riconoscimento al merito di questa associazione e<br />
di me che la guido. <strong>La</strong> nomina a Prefetto equivale a quella di Vescovo, onde<br />
gli arredi del grado che mi sono stati mandati. Manca il bastone pastorale,<br />
perché nella tradizione ecclesiastica esso generalmente viene regalato al<br />
24
vescovo dai suoi fedeli. L’onore fatto a me è <strong>com</strong>e fatto a tutti voi, e Adelfia<br />
ne deve andare orgogliosa… <strong>La</strong> Santa Sede auspica che Nuova <strong>Atlantide</strong><br />
prolifichi, si popoli di tanti bravi cristiani cattolici, in modo da poter essere<br />
elevata presto alla dignità di diocesi di Santa Romana Chiesa. Pertanto io<br />
vi esorto ad accettare con maggiore liberalità gli aspiranti ad Adelfia, anche<br />
se non hanno una formazione spirituale adeguata… la riceveranno nella<br />
<strong>com</strong>unità. Adelfia non deve essere un’associazione di élite, ma accogliente<br />
e diffusiva, non chiusa in se stessa.»<br />
Con questa rac<strong>com</strong>andazione fra Matteo concluse il suo discorsetto, e<br />
sic<strong>com</strong>e il presidente non aveva voglia di prendere la parola, la presi io e<br />
dissi:<br />
«Caro fratel Matteo ci congratuliamo con te per il grado che ti è stato<br />
attribuito. Per noi la nomina a Prefettura non dice nulla di cui inorgoglirci,<br />
e tanto meno aspiriamo a crescere di numero per diventare una diocesi,<br />
cosa del resto impossibile per un’isola di modesta grandezza, e tu lo sai<br />
meglio di noi…»<br />
«Non è affatto impossibile, si tratta di raggiungere una popolazione<br />
adeguata… Le Canarie sono una diocesi.»<br />
«Ma le Canarie sono un arcipelago che assomma a più di 7000 Kmq<br />
e più di un milione di abitanti.»<br />
«Tanti abitanti adesso, ma quando fu fondata la diocesi nel 1400 ne<br />
aveva ben pochi.»<br />
«Comunque lasciamo stare questo discorso che non ci interessa. Noi<br />
siamo un piccolo gregge… ci piacerebbe, certo, che altri si unissero a noi…<br />
ma condividendo appieno la nostra spiritualità, la nostra interpretazione<br />
del Vangelo e la nostra visione del mondo. Già adesso, che da quaranta<br />
siamo diventati un centinaio coi nuovi venuti, fatichiamo molto a<br />
mantenere l’impegno statutario di una vita povera e <strong>com</strong>unitaria.»<br />
«E perché dovreste vivere sempre poveramente e in <strong>com</strong>unità? Gesù<br />
condanna la ricchezza, l’opulenza, ma non un modesto benessere<br />
equamente distribuito. Ma di questo parleremo; oggi per voi e per me è un<br />
giorno ricordativo, dies albo signanda lapillo, <strong>com</strong>e dicevano i latini.»<br />
«Veramente memorabile» disse a questo punto il professore,<br />
sorridendo alla citazione latina «ma soprattutto per te, che sei salito di<br />
grado nella gerarchia… Ma noi ora <strong>com</strong>e ti dobbiamo chiamare? Sic<strong>com</strong>e<br />
prefetto è uguale a vescovo, ti dobbiamo chiamare monsignore?»<br />
<strong>La</strong> domanda era bonariamente provocatoria; ma il frate fece finta di<br />
non avvertire la punta ironica, e senza sorridere rispose:<br />
«Monsignore è il titolo che mi spetta, ma io non ci tengo, regolatevi<br />
voi; lo stesso dicasi per il bastone pastorale: fa parte del grado, <strong>com</strong>e la<br />
mitria e l’anello; ma io non ci tengo, sta a voi decidere se donarmelo o no.»<br />
Noi tutti capimmo che lui al pastorale ci teneva, ec<strong>com</strong>e; e il<br />
presidente incaricò il falegname di fabbricarglielo con il miglior legname<br />
che aveva. Lo fece di mogano, e glielo donammo la domenica successiva<br />
prima della messa. Evidentemente fra Matteo non aveva l’umiltà<br />
dell’eremita, ma un sacerdote umile è rara avis.<br />
25
Le novità a Baia Adelfia si susseguivano. Poiché l’edificazione della<br />
chiesa era stata approvata, l’ingegnere fece venire da Roma i 15 operai che<br />
riteneva indispensabili per tirar su la fabbrica. Facevano tutti parte di una<br />
ditta di costruzioni di un ingegnere suo amico, col quale il nostro aveva<br />
fatto un contratto omni<strong>com</strong>prensivo, di cui non ricordo la cifra, ma ricordo<br />
che a noi parve abbastanza salata. Per questi operai fu eretto un<br />
baraccamento, con dormitorio, refettorio e mensa, a circa mezzo<br />
chilometro dal nostro insediamento, accanto al luogo dove doveva sorgere<br />
la chiesa. Era un collicello molto vicino al mare, perché volevamo che i<br />
naviganti la vedessero.<br />
Si stavano scavando le fondamenta, quando un giorno arrivò il<br />
procuratore della società Mira, per stendere il contratto, dato che aveva<br />
preso con l’ingegnere solo un accordo orale. Il procuratore prima volle<br />
parlare col nostro presidente, che avrebbe dovuto firmare il contratto<br />
assieme all’ingegnere. Orbene il procuratore disse che la Mira voleva<br />
l’accesso alla montagna; la notizia dell’acqua della roccia circolava nei<br />
media, e un soggiorno a baia Balenottera senza una visita alla sorgente<br />
miracolosa perdeva ogni attrattiva, e la società in questo caso rinunciava<br />
all’accordo.<br />
<strong>La</strong> maggioranza della direzione, tra cui io, era propensa a disdire il<br />
contratto: infatti si era convenuto che il lido avesse una profondità di<br />
mezzo chilometro e fosse recintato; <strong>com</strong>e si poteva collegarlo con la<br />
montagna, distante più di cinque chilometri? E poi alla montagna era stato<br />
già concesso l’accesso ai turisti della Freccia Azzurra.<br />
L’ingegnere si oppose energicamente alla maggioranza, dicendo che<br />
lui si era impegnato in proprio nella costruzione della chiesa, col suo<br />
notevole costo, basandosi sul fitto che la Mira avrebbe pagato, il quale gli<br />
dava certezza di poter saldare in due anni il debito da lui contratto con la<br />
ditta edile e con i fornitori. Se saltava il contratto, lui sarebbe stato<br />
debitore insolvente… con tutte le conseguenze legali… Capiva che i contrari<br />
temevano un’invasione di vacanzieri nel centro dell’isola, con pericolo di<br />
contaminazione, ma questo pericolo non esisteva: era una fobia di spiriti<br />
umbratili.<br />
Innanzi tutto bisognava sfatare il pregiudizio che turista equivalesse<br />
a uomo gaudente; anzi la maggior parte fa una crociera per rilassarsi, fare<br />
utili esperienze e acquistare nuove conoscenze geografiche, storiche,<br />
artistiche, paesaggistiche e di costume. Comunque l’accesso da Lido<br />
Balenottera alla montagna poteva essere regolamentato e controllato: in<br />
determinati giorni e per determinate ore si sarebbe autorizzata la visita,<br />
sotto la guida e la vigilanza di incaricati di Adelfia. Anche l’incontro con i<br />
turisti di Freccia Azzurra sarebbe stato evitato con una oculata<br />
programmazione delle rispettive visite. Né il signor Miceli poteva<br />
lamentarsi, dato che la concessione a lui accordata era stata fatta in linea<br />
amichevole e senza alcun canone.<br />
Fra Matteo disse che, con le modalità e cautele proposte<br />
dall’ingegnere, la concessione a Mira poteva essere data senza alcun<br />
26
pericolo morale; perciò chiese la votazione pubblica di tutti i membri<br />
maggiorenni. Prevalsero di gran lunga i sì, e il contratto con la società<br />
Mira fu stipulato nello stesso giorno. Noi ci impegnavamo a permettere<br />
l’accesso alla montagna sacra i giorni pari dalle 10 alle 12, la ditta a<br />
regolare l’afflusso col massimo ordine e con la dovuta discrezione. Il<br />
procuratore lasciò un assegno di 250.000 euro.<br />
<strong>La</strong> Mira fece approdare una motonave da crociera alla baia<br />
Balenottera una settimana dopo. L’ingegnere separò il lido affittato dal<br />
resto dell’isola con una robusta rete di plastica sorretta ogni 10 metri da un<br />
paletto metallico, e interrotta a metà da due colonnine con un cancello<br />
chiuso con un lucchetto: una chiave la tenevamo noi, una la direzione del<br />
lido. Per qualche tempo la cosa funzionò senza incidenti, e senza che si<br />
tentassero sconfinamenti.<br />
Ma sistemato un problema ne sorse un altro.<br />
Un giorno sbarcò nella baia un funzionario del Comune di Roma, il<br />
quale contestò alla nostra <strong>com</strong>unità una grave infrazione alla legge<br />
<strong>com</strong>unale sulla Nettezza Urbana, in quanto avevamo cambiato residenza<br />
senza <strong>com</strong>unicare la variazione per la tassa sui rifiuti solidi urbani, che non<br />
avevamo pagato dalla partenza da Roma, cioè da sei anni.<br />
Quindi dovevamo pagare non solo l’importo del tributo per sei anni,<br />
ma anche gli interessi legali delle somme annuali evase, più una<br />
salatissima multa per l’evasione del tributo.<br />
Ci difendemmo dicendo che noi non stavamo più a Roma, e non<br />
usufruivamo più del servizio N.U., e quindi non dovevamo pagare per un<br />
servizio di cui non godevamo. Ma dovemmo riconoscere il nostro torto.<br />
Infatti noi, <strong>com</strong>e mi sembra di aver detto, per non inquinare l’isola,<br />
mandavamo a Roma, in bidoni o sacchi di plastica ben chiusi, tutto il<br />
materiale riciclabile, <strong>com</strong>e lo scatolame di metallo e di plastica, il vetro e le<br />
bottiglie di acqua minerale.<br />
Quindi dovevamo pagare, e promettemmo di pagare al più presto,<br />
mandando a Roma il nostro economo. Non ricordo la somma <strong>com</strong>plessiva,<br />
ma era tale che quasi ci spaventò, perché con il ricavato dei nostri prodotti<br />
riuscivamo appena a sopperire alle spese ordinarie.<br />
Ma ben altro colpo ricevemmo alcuni mesi dopo, quando un<br />
dirigente dell’Anagrafe di Roma venne a consegnare il verbale di una multa<br />
ancora più salata, per aver noi occultato al Municipio la nascita di sette<br />
bambini, quanti effettivamente erano nati in quegli anni nella baia di<br />
Adelfia.<br />
Ci chiese i certificati di quelle nascite, che per fortuna potemmo<br />
esibire, firmati dal medico e dall’ostetrica, ché altrimenti sarebbero<br />
scattate altre sanzioni pecuniarie per i due sanitari inadempienti. Il<br />
funzionario prese nota nominativa e con tutte le generalità, dei<br />
<strong>com</strong>ponenti dell’associazione, e ci <strong>com</strong>unicò che, per semplificazione e più<br />
facile identificazione per il futuro, saremmo stati tutti iscritti all’anagrafe<br />
del Municipio XVI, dove aveva avuto la residenza il nostro presidente.<br />
27
Pagammo, a rate, anche questa multa, e speravamo che fosse finita la<br />
persecuzione della burocrazia nazionale nei nostri confronti, ma non era<br />
così.<br />
Non passò molto tempo che sbarcò alla baia un colonnello dei<br />
carabinieri in divisa ac<strong>com</strong>pagnato da due militi dell’Arma. A prima vista<br />
ci spaventammo, pensando che fosse venuto ad arrestare qualcuno di noi.<br />
In realtà, dopo le due visite precedenti, eravamo tutti in una certa<br />
ansietà, nel timore di trasgredire o aver trasgredito senza accorgercene<br />
qualche legge o regolamento, per cui dovevamo pagare ammende o<br />
addirittura subire il carcere.<br />
Per fortuna questa volta la paura finì presto, perché il colonnello ci<br />
disse subito che non portava cattive notizie, anzi buone, e aggiunse:<br />
«Il Governo è venuto a conoscenza della vostra emigrazione in<br />
questa <strong>nuova</strong> isola, prima inesistente, e ha voluto dare a questo<br />
insediamento un riconoscimento politico-amministrativo <strong>com</strong>e territorio<br />
nazionale, e con legge ha dichiarato la Nuova <strong>Atlantide</strong> una exclave della<br />
Repubblica Italiana. Reco a voi, a nome del Governo e per incarico del<br />
Ministro dell’Interno, copia del decreto, una bandiera tricolore con asta<br />
metallica e una bella fusciacca tricolore per il sindaco.»<br />
Sic<strong>com</strong>e non avevamo un sindaco, il colonnello la diede al nostro<br />
presidente e volle allacciargliela lui stesso alla vita. Poi fece piantare la<br />
bandiera e fece eseguire ai carabinieri l’alzabandiera col relativo saluto.<br />
Noi eravamo quasi <strong>com</strong>mossi. Il colonnello fu gentilissimo, ci chiese il<br />
permesso di scattare qualche foto per suo ricordo personale, e ripartì dopo<br />
aver stretto la mano a ciascuno di noi; i militi fecero altrettanto.<br />
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6 – Il dio Quattrino<br />
I quindici operai giunti per la fabbrica vollero uno spaccio dove<br />
<strong>com</strong>prare tabacco, cibi in scatola, medicine generiche, dentifrici e oggetti<br />
di toletta di cui sentissero il bisogno. Il nostro economo si fece dare da loro<br />
un elenco delle cose richieste, le fece venire, e aprì per loro uno spaccio,<br />
affidato a uno dei nostri, ma aperto solo per i forestieri. In questo modo il<br />
denaro <strong>com</strong>inciò a circolare nella nostra isola; noi non l’avevamo mai<br />
usato e volevamo continuare a non usarlo. Tutti gli acquisti venivano fatti<br />
dalla <strong>com</strong>unità, praticamente dal nostro economo, che oculatamente poi li<br />
amministrava e li forniva gratuitamente agli aventi bisogno.<br />
Questo spaccio fece venire a più di uno dei nostri il desiderio di<br />
<strong>com</strong>prare lì qualche cosa, ma non aveva denaro. <strong>La</strong> nostra <strong>com</strong>unità nel<br />
sesto anno era di oltre cento membri, e a dire la verità l’economo faceva<br />
fatica a provvedere a tutti il cibo, il vestiario e il resto richiesto dalla vita di<br />
circa quaranta famiglie, e specialmente di quelle in cui c’erano bambini.<br />
Noi della direzione ci rendemmo conto di questa crescente difficoltà<br />
dell’economo, e gli demmo il ragioniere <strong>com</strong>e aiutante.<br />
Ma dopo pochi mesi ci accorgemmo che la mensa <strong>com</strong>une e la<br />
gestione <strong>com</strong>unitaria di tutto l’occorrente non soddisfaceva la<br />
maggioranza, specialmente i nuovi associati, e sotto accusa era soprattutto<br />
la cucina. Qualcuno arrivò a dire che erano trattati <strong>com</strong>e dei soldati a cui<br />
viene distribuito il rancio, di cui bisogna accontentarsi, anche se non è<br />
soddisfacente.<br />
Riconoscemmo che le lamentele erano giustificate, e che era<br />
inevitabile passare, almeno per la cucina, dalla gestione <strong>com</strong>unitaria a<br />
quella familiare. Ma per provvedere in proprio le famiglie dovevano<br />
possedere denaro. Il frate diceva che ciò era assolutamente necessario, e<br />
che il denaro non è il male, il male è averne troppo e spenderlo per i vizi.<br />
Sic<strong>com</strong>e la <strong>com</strong>unità aveva in banca una discreta somma per i bisogni<br />
<strong>com</strong>unitari, decidemmo di prelevarla e di distribuirla in parti uguali a ogni<br />
<strong>com</strong>ponente familiare. Se ben ricordo ciascuno ebbe 250 euro. Di<br />
conseguenza oltre allo spaccio si creò un mini-mercato, e ci furono addette<br />
due donne sotto la sorveglianza dell’economo.<br />
Ma una ciliegia tira l’altra. Anche la coltivazione del suolo <strong>com</strong>inciò a<br />
presentare dei problemi. Era <strong>com</strong>unitaria, ma ormai solo per modo di dire.<br />
Molti membri non potevano parteciparvi, perché addetti ai servizi <strong>com</strong>e<br />
cucina 7 , infermeria, spaccio, mini-mercato, falegnameria e altri laboratori<br />
artigiani. Praticamente si dedicavano alla campagna solo gli agricoltori e<br />
pochi altri volontari che furono ritenuti idonei. Fu allora deciso a<br />
maggioranza di conservare in gestione <strong>com</strong>unitaria solo le quattro<br />
coltivazioni di cui vendevamo il prodotto, vale a dire il mais, la soia, il<br />
tabacco e il cotone, e di dividere il restante terreno in lotti uguali o<br />
7 Rimaneva per gli operai forestieri e pochi altri scapoli che avevano optato per essa.<br />
29
equivalenti da assegnare per sorteggio uno per famiglia, e ogni famiglia ne<br />
avrebbe disposto a piacimento.<br />
<strong>La</strong> scelta degli appezzamenti per le piantagioni fu affidata<br />
all’agronomo, la divisione in lotti del rimanente terreno al geometra e a un<br />
suo assistente disegnatore. Costui approntò la mappa generale dell’isola,<br />
con le particelle numerate e separate con pietre di confine. A lavoro<br />
ultimato i lotti furono assegnati per sorteggio in piena proprietà ai<br />
capifamiglia, i quali quindi ne potevano disporre a piacimento, anche<br />
venderli (purché a membri di Adelfia) o affittarli o dividerli tra i figli. Ma<br />
ogni variazione doveva essere ufficializzata, cioè <strong>com</strong>unicata ai due tecnici<br />
che avevano impiantato il catasto dell’isola.<br />
Per il momento non ci ponemmo il problema della validità giuridica<br />
di questo nostro catasto, e quale fosse la nostra autonomia in regime di<br />
exclave. Il fatto sta che, con questi cambiamenti resisi necessari anche per i<br />
tanti neofiti che ci mandava fra Ginepro, era penetrato in Adelfia il denaro,<br />
fonte primaria di corruzione, e vi si era riconosciuta la proprietà privata,<br />
spesso fonte di contrasti e di liti, e anche fomite di avidità, in quanto più si<br />
possiede più si vuol possedere, perché il possesso è <strong>com</strong>e un dominio.<br />
In un anno e mezzo la chiesa e il campanile erano terminati, e anche<br />
tre campane di differente timbro erano state allogate in tre finestre bifore<br />
che facevano bella mostra di sé nello svettante campanile alto 40 metri.<br />
L’ingegnere, tutto soddisfatto, ci portò ad ammirare la chiesa a tre navate,<br />
che era solida e maestosa, ma esagerata per una piccola <strong>com</strong>unità <strong>com</strong>e la<br />
nostra, per la quale sarebbe bastata una semplice cappella. Il frate invece<br />
disse che non era affatto eccessiva, poiché Nuova <strong>Atlantide</strong> andava<br />
popolandosi e forse un giorno non lontano quella sarebbe stata la sua<br />
chiesa cattedrale.<br />
Sorridemmo a questa sua uscita, ma capimmo che una sola era la<br />
mira di Matteo: incrementare il numero del suo gregge senza badare<br />
troppo alla cura delle anime. Fra Ginepro, quasi a ogni viaggio di Freccia<br />
Azzurra, ci mandava nuovi neofiti, spesso con moglie e figli al seguito.<br />
Monsignore li riceveva in forma solenne, conversava un po’ con loro, e poi<br />
ci assicurava che erano ben preparati e degni di essere accettati. E noi<br />
dovevano aggregarli, pur avendo molti dubbi sulla loro idoneità e buona<br />
fede.<br />
Riguardo alla costruzione della chiesa devo accennare al suo seguito.<br />
L’ingegnere ci disse che era avanzato molto materiale, e ci portò a vederlo.<br />
Si trattava di sacchetti di cemento, bidoni di calce spenta, tondini di ferro e<br />
pietre già squadrate. Quel materiale, se non era impiegato, si deteriorava e<br />
diventava inservibile: il ferro si sarebbe arrugginito, la calce si sarebbe<br />
indurita, i sacchetti di cemento sarebbero diventati dei blocchi, la pila di<br />
pietre ammassate quasi sul sagrato avrebbe costituito solo uno sgradevole<br />
scenario; quindi era necessario utilizzare e non far perdere tutto quel<br />
materiale che era anche costato. Che cosa ne volevamo fare?<br />
Lui propose di costruire, a fianco della chiesa ma dal lato opposto al<br />
campanile, la casa del parroco, anche per un motivo estetico, perché<br />
30
altrimenti la chiesa da quel lato sarebbe sembrata <strong>com</strong>e monca, priva di<br />
un’ala. Il professore, che era il responsabile del settore scolastico, invece<br />
propose di costruirci una scuola, di almeno cinque aule ampie e con<br />
adeguati servizi, perché quelle prefabbricate erano ormai insufficienti e<br />
anche s<strong>com</strong>ode. Si accese una discussione tra i sostenitori dell’una e<br />
dell’altra ipotesi.<br />
Il presidente, vedendo che non si poteva giungere ad una decisione<br />
condivisa, chiuse la discussione, invitò tutti a riflettere sul quesito, e<br />
indisse per l’indomani una assemblea generale nella quale l’ingegnere e il<br />
professore avrebbero sostenuto ognuno la sua tesi, e poi si sarebbe votato<br />
o per la canonica o per la scuola.<br />
<strong>La</strong> maggioranza fu per la canonica, cioè vinsero i nuovi venuti che<br />
sostenevano la politica del frate e dell’ingegnere. I lavori <strong>com</strong>inciarono<br />
subito e dopo sei mesi anche questo edificio era <strong>com</strong>pletato. Quando il<br />
frate ci portò a visitarlo, notammo che anch’esso era eccessivo per dover<br />
ospitare una sola persona. A pian terreno aveva, oltre a un bel locale<br />
d’ingresso, una cucina, i servizi, una piccola camera e un grande salone. Al<br />
primo piano un vasto studio, altri servizi e due camere.<br />
Chiedemmo all’ingegnere se c’era bisogno di tutta questa vastità per<br />
ospitare un solo uomo. Rispose:<br />
«Come avete visto, non ho acquistato altro materiale ma ho voluto<br />
utilizzare tutto quello che era rimasto. I molti locali, se non servono oggi,<br />
forse potrebbero essere necessari domani, specialmente se la Nuova<br />
<strong>Atlantide</strong> diventerà una diocesi della Santa Sede.»<br />
Quando la canonica fu <strong>com</strong>pletamente arredata, il frate disse che per<br />
la consacrazione della chiesa aveva invitato il cardinale di Curia addetto ai<br />
rapporti con gli Stati, cioè praticamente il ministro degli Esteri del<br />
Vaticano, e ci esortò ad accoglierlo con la massima solennità, perché era un<br />
principe della Chiesa e, stando in Curia e con la carica che aveva, poteva<br />
procurarci indulgenze e privilegi per la <strong>nuova</strong> chiesa, e anche l’elevazione<br />
di essa a basilica pontificia, titolo onorifico che ci avrebbe fatto conoscere<br />
in tutto l’orbe cattolico.<br />
<strong>La</strong> prospettiva di questi privilegi e di questi onori lasciava del tutto<br />
indifferenti noi della “vecchia guardia”, e fui io a rispondere:<br />
«Monsignore, noi non ci teniamo affatto a questi titoli e privilegi, che<br />
non servono per progredire nella via della perfezione; accoglieremo col<br />
dovuto rispetto il principe della Chiesa, ma sinceramente noi non lo<br />
avremmo invitato. Perché tutta questa solennità, tutta questa festa? A che<br />
serve? <strong>La</strong> chiesa viene benedetta col semplice segno della santa croce, e<br />
viene santificata non da formule e riti, ma dalla preghiera e dalla virtù di<br />
quelli che la frequentano.»<br />
Il frate avvertì il tono ironico con cui avevo calcato il titolo di<br />
monsignore per lui e di principe della Chiesa per il cardinale, e replicò:<br />
«Egregio avvocato, quei titoli sono termini ufficiali della Chiesa<br />
Cattolica ed è di cattivo gusto fare dell’ironia su di essi. Allo stesso modo,<br />
se lei fosse stato nominato cavaliere dal Presidente della Repubblica, non<br />
31
si potrebbe ironizzare a chiamarla signor cavaliere; monsignore non<br />
significa altro che “mio signore”.»<br />
«Sono perfettamente d’accordo sul significato della parola,<br />
strutturata <strong>com</strong>e tante altre simili, <strong>com</strong>e nossignore, sissignore; mentre il<br />
titolo di cavaliere a me sarebbe palesemente ironico, perché io su un<br />
cavallo non sono mai salito.»<br />
Si avvicinava il Natale, e la cerimonia inaugurale era stata fissata per<br />
la vigilia. Credo che fu l’anno 2106. Il cardinale sarebbe giunto, assieme al<br />
segretario, con la Freccia Azzurra del 20 dicembre e sarebbe ripartito con<br />
la stessa il 4 gennaio. Col cardinale sarebbe giunto anche fra Ginepro. Per<br />
accogliere i tre ospiti ci affrettammo a <strong>com</strong>pletare i preparativi per il loro<br />
soggiorno, e se ne incaricò l’ingegnere il quale, incontrandomi un giorno,<br />
mi disse:<br />
«Caro avvocato, criticavi la costruzione della canonica, poi ne hai<br />
biasimato la vastità: ora devi riconoscere che è stata una decisione ispirata<br />
dal Cielo. Senza di essa, <strong>com</strong>e avreste potuto ospitare per quindici giorni<br />
Sua Eminenza il cardinale, Sua Eccellenza il segretario che è un<br />
monsignore di Curia, e il frate ac<strong>com</strong>pagnatore?»<br />
Sorrisi, ma non risposi alla punzecchiatura; avrei voluto rispondere<br />
che, più che ispirazione celeste, tutto l’affare era stato abilmente<br />
programmato da lui assieme a fra Matteo, fra Ginepro e la Curia Romana,<br />
che si interessava all’isola per un suo scopo recondito, che io intuivo.<br />
<strong>La</strong> solenne benedizione della chiesa avvenne immediatamente prima<br />
della Messa di mezzanotte. Il cardinale aveva portato il Sacro Crisma per<br />
ungere l’altare, e una reliquia di non so quale santo, che fu collocata in<br />
apposito alloggiamento al centro di esso. Furono lette le preghiere di rito e<br />
poi il cardinale con gli accoliti girò la chiesa spruzzando di acqua santa<br />
tutti i pilastri e anche noi che eravamo lì raccolti. <strong>La</strong> Messa fu solenne e in<br />
pompa magna, seguendo scrupolosamente il fastoso cerimoniale romano;<br />
faceva da cerimoniere fra Ginepro, che per l’occasione vestiva non il saio<br />
ma un’ampia tunica color fucsia.<br />
Salirono all’altare prima il cardinale celebrante con un’alta mitria e il<br />
pastorale dorato, poi <strong>com</strong>e diacono il nostro monsignore con mitria più<br />
modesta e il pastorale di mogano, infine il segretario che fungeva da<br />
suddiacono, e non aveva né mitria né pastorale, ma una veste violetta con<br />
in testa un tricorno dello stesso colore, ornato da un vistoso pompon di<br />
seta.<br />
Mi sono sempre meravigliato <strong>com</strong>e mai la Chiesa non avverta<br />
l’incongruenza, per non dire peggio, di presentarsi davanti a Dio con questi<br />
attributi di potere; non dico di vestire tela di sacco e mettere la cenere sul<br />
capo, ma almeno vestire modestamente. E poi trovo buffo tutto il<br />
cerimoniale che si esegue durante la messa con questi attributi di potere.<br />
Prima si lascia il pastorale, poi la mitria, ma si conserva lo zucchetto<br />
(purpureo per il cardinale, violetto per i monsignori); all’omelia il<br />
celebrante riprende mitria e pastorale, perché così le sue parole<br />
risuoneranno più solenni; alla liturgia eucaristica, spariti pastorale e<br />
32
mitria, il celebrante si toglie anche lo zucchetto, ma dopo la <strong>com</strong>unione de<br />
lo rimette, e per dare la benedizione finale calca di nuovo la mitria e<br />
impugna il pastorale, <strong>com</strong>e se senza questi emblemi la benedizione di Dio<br />
non avesse alcun valore.<br />
Ho sempre pensato che tutto questo cerimoniale distrae i fedeli, più<br />
che edificarli, ma debbo purtroppo riconoscere che a molti tutta questa<br />
sceneggiata piace, specialmente alle donne. Mi ricordo che una volta,<br />
assistendo in piazza San Pietro alla messa papale, quando <strong>com</strong>parve Sisto<br />
IX con pastorale d’argento e una mitria sesquipedale tutta d’oro con<br />
gemme, una donna accanto a me, tutta estasiata esclamò:<br />
«Oh quanto è bello! Questo ci vuole per dimostrare che la Chiesa è<br />
veramente santa.»<br />
Purtroppo molti la pensano così: per loro la religione è uno<br />
spettacolo, più è pomposo e meglio è. <strong>La</strong> nostra cosiddetta civiltà (vera<br />
inciviltà) è tutta basata sull’apparenza, sull’immagine, enfatizzata dai<br />
media: chi sa imporsi e far stupire con la sua immagine è in, chi non lo sa<br />
fare è out, o meglio non esiste, è un nulla.<br />
Queste melanconiche considerazioni mi rimuginano spesso nella<br />
mente, e durante quella Messa di mezzanotte mi distrassero più volte dalla<br />
concentrazione devota. <strong>La</strong> presenza di quei tre ospiti e, già prima, i<br />
preparativi per accoglierli ci distrassero molto dalle nostre consuete<br />
attività, e ne risentirono soprattutto la scuola e la lavorazione agricola, che<br />
furono praticamente sospese.<br />
Un giorno tra Natale e capodanno il cardinale invitò a pranzo nella<br />
canonica la direzione di Adelfia, che in quel tempo era <strong>com</strong>posta di cinque<br />
persone, il presidente, il segretario (che ero io), l’economo, il farmacista e<br />
l’ingegnere. Durante il banchetto, e specialmente dopo, sorbendo il caffè il<br />
cardinale si interessò della nostra attività nel campo economico e chiese se<br />
avevamo il bilancio in attivo. L’economo rispose che, con le ultime spese<br />
per la chiesa, eravamo un po’ al passivo; ma subito l’ingegnere assicurò che<br />
col fitto dovuto da Mira, il prossimo anno saremmo passati già all’attivo.<br />
Il presule mi disse che aveva letto la Cronaca dell’anno 2100; la<br />
riteneva piuttosto drammatizzata e ideologizzata, ma di lettura<br />
letterariamente gradevole. Mi chiese se intendevo continuare quella<br />
Cronaca. Risposi che non ne avevo nessuna voglia, non ne vedevo l’utilità,<br />
per cui non stavo neppure prendendo degli appunti. Mi consigliò: se per<br />
caso la continuassi, di smettere il tono polemico e mettere in luce i<br />
progressi, i successi e gli eventi memorabili di Adelfia, <strong>com</strong>e era la<br />
edificazione e la benedizione della chiesa.<br />
A proposito di questa disse che era di bello stile e si congratulò col<br />
progettista e direttore dei lavori; ma aggiunse che, essendo a tre navate, la<br />
trovava internamente un po’ spoglia, senza una statua, senza almeno due<br />
altari laterali. Promise che ci avrebbe inviato a questo scopo le statue di<br />
due papi canonizzati di recente, con frammenti delle loro reliquie; si<br />
trattava di papa Roncalli e papa Wojtyla, due pontefici che avevano inciso<br />
profondamente nella storia della Chiesa e dell’umanità.<br />
33
Monsignore si affrettò a ringraziare, mostrando il suo gradimento,<br />
ma io non mi peritai di obiettare:<br />
«Signor cardinale, mi scusi se non sono d’accordo. Dato che la chiesa<br />
è la casa di Dio, e a Dio cioè alla Santa Trinità è dedicato l’altare maggiore,<br />
per i due costruendi altari laterali io chiederei le statue di Gesù e della<br />
Madonna, sua madre, piuttosto che quelle di due papi fatti santi per<br />
decreto pontificio. Saranno stati uomini benemeriti della Chiesa e<br />
dell’umanità, ma proporre al culto dei fedeli le loro statue, anche<br />
benedette, e le loro reliquie, mi sembra inopportuno.»<br />
Avrei voluto dire “mi sembra idolatria”, ma non osai.<br />
Il cardinale sorrise benevolo, ma indugiava a rispondere. Allora<br />
monsignore disse:<br />
«Eminenza, voglia scusare il nostro avvocato; <strong>com</strong>e tutti gli avvocati,<br />
ha lo spirito di contraddizione, la voglia di contrastare, di argomentare o in<br />
pro o in contro. Il culto di Gesù e della Madonna è tanto profondamente<br />
radicato in noi, che non ha bisogno di statue per ravvivarcelo; ma questi<br />
due santi papi meritano la nostra venerazione e si propongono alla nostra<br />
imitazione per l’esercizio eroico delle virtù cristiane. Anzi io farò venire da<br />
Roma un congruo numero delle loro biografie, affinché essi siano in<br />
Adelfia meglio conosciuti.»<br />
Il cardinale allora disse:<br />
«Sono grato al signor avvocato, perché mi ha rammentato un’idea<br />
che avevo avuto alcuni giorni fa, vedendo che nella vostra chiesetta<br />
prefabbricata mancavano le statue di Gesù e della Madonna, che si trovano<br />
in tutte le chiese anche piccole. Allora avevo subito deciso di procurarvele,<br />
perché sono essenziali per una chiesa cristiana, e la devozione al sacro<br />
Cuore di Gesù e al Cuore Immacolato di Maria sono basilari per la<br />
professione cristiana cattolica. Quindi io vi prometto il sollecito invio di<br />
tutte e quattro le statue, e vi serviranno per arredare non due, ma quattro<br />
altari, due a destra e due a sinistra, naturalmente collocando prima, cioè<br />
più vicini all’altare maggiore, Gesù e la Madonna, e dopo i due santi<br />
pontefici. Se posso darvi un consiglio, vi propongo di fornire al più presto<br />
la vostra chiesa anche di un numero adeguato di banchi con sedile e<br />
inginocchiatoio, perché è stanchevole e non dignitoso assistere alla santa<br />
Messa sempre in piedi, in quanto almeno all’elevazione bisogna<br />
inginocchiarsi e all’omelia invece sedersi. Quanto poi alle vite dei santi<br />
pontefici, provvederò a mie spese a mandarvele, cento per ogni papa, le più<br />
belle finora edite. Saranno, con le quattro statue, un mio dono personale,<br />
perché mi sento già molto legato alla vostra associazione, e mi propongo di<br />
venire ancora a trovarvi.»<br />
Fra Ginepro desiderava molto restare nella baia col suo confratello, e<br />
ne chiese il permesso al cardinale, il quale rispose che non aveva nulla in<br />
contrario, ma era la <strong>com</strong>unità che ne doveva fare la richiesta, che ne<br />
doveva sentire il bisogno. Fra Matteo disse che lui ne aveva bisogno, ma il<br />
cardinale replicò che era l’ecclesia tutta che doveva esprimersi.<br />
L’assemblea si tenne un pomeriggio del nuovo anno, e ad essa fu presente<br />
34
anche il cardinale il quale propose semplicemente il quesito senza far<br />
avvertire minimamente la sua preferenza. Si alzò a parlare il nostro<br />
monsignore e disse sinteticamente questo:<br />
«Io chiedo che fra Ginepro rimanga qui innanzi tutto perché ne sento<br />
il bisogno per il mio ministero; la <strong>com</strong>unità cresce ogni giorno, arrivano<br />
sempre nuovi neofiti, che devono essere esaminati e catechizzati. E poi io<br />
sono impegnato tutti i pomeriggi per il catechismo ai ragazzi, ma si<br />
dovrebbe fare anche il catechismo degli adulti, e io non posso sdoppiarmi.<br />
Come sapete, ci sono in vista quattro matrimoni, e questi fidanzati devono<br />
essere adeguatamente preparati a ricevere il sacramento. Per tutte queste<br />
in<strong>com</strong>benze io avrei bisogno di un aiutante per provvedervi<br />
adeguatamente.<br />
E poi voglio rivelarvi un mio progetto che può sembrarvi utopico, ma<br />
non lo è, anzi io ho già iniziato i contatti con la società Mira e specialmente<br />
col direttore del Lido Balenottera, che ospita molti turisti i quali talora si<br />
trattengono qui molti mesi. Ebbene, io vorrei organizzare un’assistenza<br />
religiosa per costoro, anche limitata, in un primo tempo, alla Messa<br />
domenicale. Non è difficile erigere una piccola cappella, magari sul nostro<br />
territorio ma immediatamente al confino col lido e vicino al cancello di<br />
<strong>com</strong>unicazione. Fra Ginepro ne sarebbe il cappellano, addetto alla cura<br />
spirituale dei turisti che ne sentono il bisogno. E poi, <strong>com</strong>e sapete, da cosa<br />
nasce cosa, potrebbe nascere anche qualche conversione, e magari<br />
qualcuno che è venuto ad <strong>Atlantide</strong> <strong>com</strong>e turista, ci rimane <strong>com</strong>e neofita.<br />
Ecco perché mi occorre fra Ginepro.»<br />
Il presidente aveva incaricato me di sostenere la tesi contraria, e la<br />
sostenni così:<br />
«Cari fratelli e amici, siamo una piccola <strong>com</strong>unità di vita cristiana,<br />
siamo cresciuti ma a tutt’oggi siamo appena 150 tra grandi e piccoli, e<br />
avremmo bisogno di due sacerdoti? Ci sono terre di missione dove un solo<br />
sacerdote deve curare molte <strong>com</strong>unità sparse anche a notevole distanza.<br />
Quando ero a Roma, sostenevo con i miei risparmi un missionario anziano<br />
che, da solo, in India, aveva la cura di diciotto villaggi, che doveva<br />
raggiungere in bicicletta. Noi, così pochi, abbiamo bisogno di due ministri<br />
di Dio? Non è un’assurdità? E non è un vero peccato? Dappertutto, nella<br />
Chiesa, la messe è molta e gli operai sono pochi, mentre qui avviene<br />
l’esatto contrario. Io invito fra Ginepro a tornare in Italia per esercitare il<br />
suo ministero in qualche parrocchia che è senza sacerdote, o meglio recarsi<br />
in terra di missione, dove convertire anime a Cristo tra gli indigeni è<br />
certamente più facile che al Lido Balenottera tra i vacanzieri, che qui<br />
cercano solo piacere e divertimento.»<br />
Fra Matteo replicò:<br />
«Io non sono eterno; <strong>com</strong>e io sono succeduto a fra Pietro, così fra<br />
Ginepro dovrà succedere prima o poi a me, ed è quindi opportuno che<br />
faccia sotto di me il suo tirocinio, per rendersi conto delle peculiari<br />
esigenze spirituali di ogni membro della <strong>com</strong>unità, che non sono quelle di<br />
semplici parrocchiani.»<br />
35
A lui replicò il nostro presidente:<br />
«Ma, fra Matteo, che sta scherzando? Ha appena trent’anni e già<br />
pensa al successore? Rimandi il confratello a Roma, magari al Sacro Speco<br />
che fu dell’eremita, dove si dice che ancora accorrono devoti pellegrini.»<br />
Ma monsignore non cedette, volle che si votasse. Fu sonoramente<br />
sconfitto, e ci rimase molto male, lui, e più di lui fra Ginepro che, a quanto<br />
pare, ci teneva molto a restare, evidentemente perché lì da noi ci trovava il<br />
suo <strong>com</strong>odo.<br />
36
7 – Patria cara<br />
Il cardinale ripartì per Roma il 4 gennaio col suo segretario e con fra<br />
Ginepro, che non mostrava più il suo disappunto e ci salutò tutti con molta<br />
cordialità. Prima di partire colloquiò per più di un’ora con fra Matteo, il<br />
quale poi ci disse che aveva voluto dargli dettagliate istruzioni sulla<br />
gestione del Sacro Speco di Pietro l’eremita, al quale affluivano pellegrini<br />
che lo consideravano un santo, avendo <strong>com</strong>piuto, proprio lì, almeno un<br />
miracolo. Aggiunse che lo aveva incaricato di continuare a mandarci<br />
aspiranti neofiti, ma di esaminarne con più rigore le doti morali.<br />
Ci rivelò poi che aveva col confratello valutato la possibilità, con<br />
l’appoggio del cardinale nostro protettore, di introdurre presso la<br />
Congregazione per le cause dei santi il processo canonico per il<br />
riconoscimento delle straordinarie virtù dell’eremita, per giungere almeno<br />
alla sua beatificazione; e a questo fine lo aveva incaricato di raccogliere<br />
documenti, lettere e testimonianze giurate riguardanti l’eremita.<br />
A conclusione disse:<br />
«Non vi avevo parlato di questo argomento, di cui ho parlato col<br />
cardinale, ma credo di avere interpretato il desiderio di tutti.»<br />
«Non certamente il nostro» rispose il presidente «e neppure quello<br />
dell’eremita il quale in varie occasioni ci aveva espresso la sua contrarietà a<br />
questi processi canonici che offendono Dio, perché vogliono imporsi al suo<br />
giudizio.»<br />
Il frate rispose che non credeva a quanto affermavamo, a meno che<br />
non producessimo qualche documento o lettera del defunto che<br />
confermasse le nostre asserzioni; <strong>com</strong>unque l’incarico a fra Ginepro<br />
l’aveva dato e non lo ritirava, e attendeva la decisione della Sacra<br />
Congregazione, che era in merito l’unica autorità che poteva giudicare.<br />
Sic<strong>com</strong>e lui rimaneva sulle sue posizioni, noi pensammo bene di mettere<br />
fine a quel discorso.<br />
Poco dopo ricevemmo la visita di una persona generalmente poco<br />
gradita. Si presentò col documento che attestava la sua qualifica di<br />
direttore di prima classe dell’Agenzia delle entrate di Roma. Ci contestò<br />
due gravi infrazioni della legge finanziaria: negli ultimi cinque anni<br />
avevamo evaso l’IVA, perché avevamo <strong>com</strong>mercializzato i nostri prodotti<br />
(mais, soia, tabacco, cotone) senza pagarci, o farci pagare dal nostro<br />
agente, la relativa imposta erariale sul valore aggiunto.<br />
Per queste nostre attività produttive e <strong>com</strong>merciali avevamo evaso<br />
anche l’IRAP dovuta alla Regione <strong>La</strong>zio. L’Agenzia aveva quantificato il<br />
dovuto per l’una e per l’altra imposta, più gli interessi per la morosità, e ci<br />
presentava la cartella esattoriale. <strong>La</strong> somma da pagare era notevole, mi<br />
pare 650.000 euro, da versare entro tre mesi. Aggiunse che potevamo<br />
entro un mese interporre ricorso presso la Commissione tributaria<br />
provinciale.<br />
37
Che potevamo opporre? <strong>La</strong> cara Italia ci si rivelava particolarmente<br />
cara, anzi salata. Prendemmo la cartella, non facemmo ricorso per carità di<br />
Patria e pagammo. Era già la terza volta che la cara Patria si faceva viva<br />
presso di noi con tasse, multe, imposte e ingiunzioni perentorie di<br />
pagamento. Quello che più ci dispiaceva era che a Roma eravamo<br />
considerati cittadini poco corretti ed evasori fiscali; questo perché<br />
avevamo abbandonato il mondo civile e ci eravamo ritirati in un’isola per<br />
servire Dio e vivere il Vangelo di Cristo.<br />
Nell’assemblea plenaria, quando <strong>com</strong>unicammo l’ultima esosa<br />
esazione, si levò un coro di protesta, e più di uno propose di separarci<br />
dall’Italia, di distaccarci da questa patria che perseguitava così i suoi figli<br />
che avevano voluto lasciarla, ma non rinnegarla.<br />
A nome dei protestatari parlò il più anziano degli agricoltori, uomo<br />
molto saggio:<br />
«Cari fratelli, e mi rivolgo specialmente a voi della direzione, è stato<br />
un errore riconoscerci exclave dell’Italia, la quale invece di proteggerci ci<br />
perseguita con le multe e con gli ordini di pagamento. Con quale diritto<br />
l’Italia ci ha dichiarato suo territorio esterno? Di scoperta no, di conquista<br />
no, di acquisto no, e allora? Non possiamo essere liberi e indipendenti? E<br />
<strong>com</strong>e tali essere riconosciuti dall’ONU, certamente non <strong>com</strong>e Stato, ma<br />
<strong>com</strong>e <strong>com</strong>unità autonoma? Lo chiedo soprattutto al segretario, che è<br />
avvocato, e deve conoscere anche il diritto internazionale.»<br />
Chiamato in causa dovetti rispondere:<br />
«Caro amico, e voi cari tutti, è vero che ora ci sembra un errore<br />
esserci riconosciuti una exclave italiana, ma quando accettammo questo<br />
status giuridico-amministrativo lo facemmo liberamente, credo<br />
all’unanimità. Ora potremmo disdirlo, contestarlo, ma il Governo Italiano<br />
quasi sicuramente non cederà, e in questo caso si dovrà dibattere la causa<br />
davanti al Tribunale Internazionale dell’Aia, causa che sarà certamente<br />
lunga, costosa e del tutto vana, perché, anche se non sono addottorato in<br />
diritto internazionale, credo che saremo perdenti. Infatti uno dei principi<br />
fondamentali di esso è “stare decisis”, cioè osservare i patti, restare fermi a<br />
quanto è stato concordemente deciso tra le parti. E’ una dura lex, sed lex.<br />
E, dichiarati perdenti, a chi ricorreremo? All’ONU? A un’organizzazione<br />
così farraginosa, politicizzata e condizionata dalle grandi potenze? Tutto<br />
considerato, io giudico inopportuno far causa al Governo Italiano;<br />
dobbiamo restare una sua exclave; è una conclusione amara, dato il<br />
trattamento che la Patria ci fa, ma dobbiamo chinare la testa, e augurarci<br />
che questa persecuzione finalmente cessi, e l’Italia in avvenire ci si mostri<br />
“madre benigna e pia” <strong>com</strong>e dice il Petrarca 8 , e non “arcigna matrigna”.»<br />
Le mie parole convinsero i protestatori, ma non potettero lenire<br />
l’amarezza che quasi tutti provavano nell’animo; e anche noi della<br />
direzione lamentammo l’improntitudine e la totale mancanza di sensibilità<br />
dell’Amministrazione italiana. In una successiva riunione della direzione si<br />
8 Canzone all’Italia, verso 85<br />
38
decise di presentare un esposto-protesta al Presidente della Repubblica, e<br />
io fui incaricato di stenderlo e presentarlo alla seguente riunione<br />
settimanale.<br />
Qualche giorno dopo, mentre io stavo scrivendo l’esposto,<br />
ricevemmo un’altra visita che ci allarmò. Era un funzionario del Catasto<br />
del Comune di Roma. Si presentò con molta gentilezza, dicendo che veniva<br />
a recepire il catasto dell’isola, il quale sapeva essere stato impiantato da<br />
noi, ma doveva essere trasferito in quello di Roma, non essendo Baia<br />
Adelfia riconosciuta <strong>com</strong>e <strong>com</strong>une. Aggiunse che non dovevamo<br />
allarmarci, perché non c’erano infrazioni né multe, c’era solo da pagare la<br />
piccola somma dei diritti d’ufficio per ogni particella, di dieci euro per i<br />
terreni, di venti per i fabbricati.<br />
Gli appezzamenti agricoli assegnati erano 100, e quindi la somma<br />
sarebbe stata di mille euro. Sic<strong>com</strong>e ritenevamo che i prefabbricati e la<br />
chiesa fossero esenti, il gravame per noi era modesto e sopportabile. Ma,<br />
<strong>com</strong>e si dice, una goccia fa travasare il vaso: tutti erano irritati per questa<br />
ennesima esazione, e l’assemblea decise questa volta di non pagare. Il<br />
catasto dell’isola lo avevamo impiantato noi, e più che pagare, dovevamo<br />
essere pagati per il lavoro eseguito per il Comune di Roma. Riguardo poi al<br />
catasto urbano, non c’era da pagare niente, perché i luoghi di culto, erano<br />
esenti da ogni gravame.<br />
Il funzionario ci ascoltò benevolmente, rifletté un poco e poi disse:<br />
«Per il catasto agricolo voi avete perfettamente ragione: lo avete<br />
impiantato voi e non dovete alcunché. I dieci euro a particella sono, <strong>com</strong>e<br />
ho detto, un diritto d’ufficio che noi siamo autorizzati a imporre. Ma<br />
sic<strong>com</strong>e <strong>com</strong>e dirigente del settore godo di una certa discrezionalità, vi<br />
dichiaro che in questo caso noi rinunciamo ai diritti d’ufficio, e quindi per<br />
il catasto agricolo voi nulla dovete, ma mi dovete consegnare le tavole in<br />
scala 1:2000 da voi <strong>com</strong>pilate. A Roma le farò fotocopiare e ve le<br />
rimanderò al più presto. Le ho già esaminate, sono ben fatte, e mi<br />
<strong>com</strong>plimento col geometra che le ha <strong>com</strong>pilate… Riguardo agli edifici di<br />
culto, non c’è più l’esenzione di una volta, e dovreste pagarci<br />
l’accatastamento ora, e in seguito l’imposta di NU. Ma dato che è l’unica<br />
chiesa dell’isola, almeno per ora, e considerando anche la sua limitata<br />
superficie (850 m²), la sua destinazione e il vostro status di exclave,<br />
proporrò al Ministero l’esenzione da ogni gravame. Infatti personalmente<br />
sono convinto che una chiesa, data la sua funzione, non dovrebbe pagare<br />
alcunché, <strong>com</strong>e anche la scuola. Dovreste però pagare per la casa del<br />
parroco, ma si tratta di una piccola superficie (208 m²) per la quale non<br />
vale la pena quantificare il costo dell’accatastamento e mandare l’avviso di<br />
pagamento. Lo so che la burocrazia italiana è cieca e spesso, per esigere<br />
una piccola somma, spende molto di più in ingiunzioni, ispezioni,<br />
consulenze e scartoffie varie. Io sono contrario a questi accanimenti fiscali:<br />
i Romani dicevano “summum ius, summa iniuria” e avevano ragione, loro,<br />
i maestri del diritto. Perciò vi posso quasi assicurare che voi nulla dovrete<br />
39
pagare sia per quanto riguarda il catasto urbano sia per il catasto agricolo,<br />
del quale porto a Roma le tavole da voi già <strong>com</strong>pilate.»<br />
Dato il <strong>com</strong>portamento amichevole del funzionario e il tono cordiale<br />
del suo ragionare, uno dell’assemblea gli chiese perché ci fossero i diritti<br />
d’ufficio per certe pratiche amministrative. Il bravo funzionario rispose<br />
con tono scherzoso:<br />
«Sic<strong>com</strong>e il Governo non vuol dare ai suoi impiegati uno stipendio<br />
adeguato, ha concesso a determinati uffici e per determinate prestazioni di<br />
imporre un pagamento. E’ un balzello illogico, in quanto gli impiegati a<br />
quelle prestazioni (registrazioni, visioni, copie di documenti) sono tenuti<br />
per dovere d’ufficio. Devo riconoscere che il balzello frutta, e a ferragosto<br />
gli impiegati se ne dividono l’introito, il quale è per loro <strong>com</strong>e la<br />
quattordicesima mensilità che altre Amministrazioni, <strong>com</strong>e Banche e<br />
Assicurazioni, elargiscono ai loro dipendenti. Ma vi assicuro che questo<br />
balzello Adelfia non lo pagherà.»<br />
Noi volemmo ricambiare la simpatia che il funzionario mostrava per<br />
la nostra <strong>com</strong>unità e lo invitammo a trattenersi per visitare l’isola, <strong>com</strong>e lui<br />
desiderava. Accettò l’invito con animo grato, e in primo luogo lo portammo<br />
a vedere la montagna sacra, da cui sgorgava l’acqua del miracolo.<br />
Dormiva nella canonica e mangiava con noi della direzione; era un<br />
buon conversatore e aveva una notevole cultura: era laureato in legge <strong>com</strong>e<br />
me. Visitò anche il Lido Balenottera, e rimase ammirato per la sua<br />
bellezza. In quel giorno che ci andammo era attraccata alla baia una<br />
magnifica nave da crociera che doveva ripartire per l’Italia il giorno<br />
successivo, e lui si prenotò per il viaggio di ritorno in Italia, senza aspettare<br />
la Freccia Azzurra che doveva arrivare quattro giorni dopo. Ci salutò tutti<br />
cordialmente, e gli donammo un bel crocifisso ligneo, opera del nostro<br />
incisore, che ormai era diventato un vero artista. Quel funzionario ci<br />
riconciliò alquanto con la madrepatria, dove c’erano ancora cittadini<br />
esemplari e funzionari corretti e umani.<br />
A proposito della visita alla Baia Balenottera che io feci col<br />
funzionario, debbo dire che rimasi sbalordito per lo spettacolo che<br />
presentava. Tutti i quattro chilometri di costa erano un seguito ininterrotto<br />
di ombrelloni, gazebi e chioschi, e un tratto della spiaggia era riservato ai<br />
nudisti. Per i pasti i vacanzieri o salivano sulla nave o si facevano portare<br />
cestini dalla sua cucina.<br />
Dal <strong>com</strong>andante fui invitato a visitare la nave, che era l’ammiraglia<br />
della Mira. Il suo nome era Lido Paradiso Express, prometteva ai turisti il<br />
paradiso in terra, in sostituzione del paradiso in cielo. Capii che costruire<br />
una chiesa per loro, <strong>com</strong>e proponeva il frate, era del tutto inutile: quel lido<br />
era dedicato al dio Piacere.<br />
Dopo quella visita spesso mi chiedevo angosciato: ma noi di Adelfia<br />
che stiamo facendo qui? Non stiamo andando alla deriva? <strong>La</strong>sciando stare<br />
queste considerazioni malinconiche, debbo narrare gli altri fatti che<br />
movimentarono la nostra vita in baia.<br />
40
Come ho già detto, io non prendevo più appunti, ritenendolo ormai<br />
inutile, e narrerò così <strong>com</strong>e ricordo, forse con poca esattezza cronologica;<br />
posso perciò confondere il prima e il dopo, ma la sostanza dei fatti non<br />
cambia. Qualche lettore potrebbe chiedermi:<br />
«Se allora, <strong>com</strong>e dicesti anche al cardinale, non vedevi l’utilità di<br />
continuare la Cronaca, e perciò non prendevi alcun appunto, perché poi<br />
l’hai continuata?»<br />
Rispondo: «Perché, una volta tornato a Roma, ho capito che era utile<br />
far conoscere l’esito di quella esperienza <strong>com</strong>unitaria. »<br />
41
8 – Tordesillas<br />
Nel catasto da noi <strong>com</strong>pilato non avevamo inserito il lido<br />
Balenottera, che aveva una superficie di due Kmq, perché non sapevamo a<br />
chi intestarlo. L’irregolarità non era stata rilevata dal funzionario del<br />
Catasto, ma noi della direzione <strong>com</strong>inciammo a pensare a <strong>com</strong>e<br />
regolarizzare la cosa.<br />
Intestare quella superficie all’associazione Adelfia era chiaramente<br />
una soluzione sbagliata, in quanto Adelfia non era un ente giuridico e<br />
neppure una società, e costituirla legalmente <strong>com</strong>e tale, o in nome<br />
collettivo (S.N.C.) o a responsabilità limitata (S.R.L.) ci sembrava una<br />
soluzione errata, proprio ora che, per i numerosi nuovi arrivi, la <strong>com</strong>unità<br />
stava perdendo la sua coesione morale.<br />
I membri arrivati negli ultimi anni, mandati da fra Ginepro d’accordo<br />
con monsignore, facevano praticamente gruppo a sé, e sic<strong>com</strong>e erano un<br />
centinaio, fecero entrare due di loro nella direzione, che divenne di sette<br />
membri, e subito dopo sostennero che doveva farne parte monsignor<br />
Matteo con la carica di presidente.<br />
Il nostro dottore, persona molto modesta, non si oppose, e anche noi<br />
della vecchia guardia non protestammo, perché non volevamo sembrare<br />
attaccati alle cariche. <strong>La</strong> direzione di otto membri quasi sempre, nelle<br />
decisioni importanti, si spaccava a metà, quattro contro quattro, e non<br />
poteva decidere.<br />
Allora i quattro della <strong>nuova</strong> guardia <strong>com</strong>inciarono a dire che valeva<br />
il loro voto perché avevano il presidente. Noi non cedemmo e per alcuni<br />
mesi la direzione fu quasi bloccata. Poi i quattro divennero cinque, perché<br />
il farmacista passò dalla parte loro. Con noi si scusò dicendo che era<br />
inevitabile, non si poteva continuare muro contro muro. Ma venimmo a<br />
sapere che la parte avversa, e specialmente il frate, gli aveva promesso<br />
imprecisati vantaggi.<br />
Ci furono subito due novità: cessarono i nuovi arrivi, e arrivò,<br />
invitato dalla <strong>nuova</strong> maggioranza, fra Ginepro per dare man forte al<br />
monsignore, che ormai decideva anche da solo, senza sottoporre le<br />
questioni all’esame della direzione. Noi tre, che ora eravamo<br />
all’opposizione, del tutto vana, talora ci parlavamo di questo nuovo corso<br />
che si era instaurato, mondanizzando Adelfia, facendogli perdere ogni<br />
afflato spirituale.<br />
Ci chiedevamo in che cosa avevamo sbagliato, e che cosa avremmo<br />
potuto o dovuto fare per opporci a quel vortice impetuoso di<br />
mondanizzazione, che ora ci appariva abilmente programmato e<br />
subdolamente attuato da fra Matteo e i suoi accoliti, con l’appoggio della<br />
Curia Romana.<br />
Infatti la causa di beatificazione di Pietro l’eremita si era conclusa, e<br />
si era iniziata quella di santificazione, per la quale occorreva un nuovo<br />
miracolo. Un giorno venne a trovarci il postulatore della causa di<br />
42
santificazione del beato Pietro del Soratte, ac<strong>com</strong>pagnato da un teologo e<br />
da un geologo. Era intenzionato a portare l’acqua della roccia <strong>com</strong>e nuovo<br />
miracolo dell’eremita. Sapeva che l’acqua era sgorgata prima della sua<br />
beatificazione, mentre si richiede un miracolo operato dopo questa<br />
proclamazione, ma lui sperava di aggiustare la cosa con l’appoggio dei due<br />
membri della <strong>com</strong>missione che aveva portato con sé.<br />
Dopo aver parlato a lungo con fra Matteo e fra Ginepro, i tre si<br />
avviarono verso la montagna sacra, ac<strong>com</strong>pagnati dai nostri due frati che<br />
non nascondevano la loro soddisfazione. Quando giunsero ai piedi della<br />
montagna, proprio mentre monsignore alzando la mano esclamava<br />
“Guardate!” l’acqua cessò istantaneamente di sgorgare dalla roccia.<br />
Rimasero tutti e cinque interdetti, tuttavia il geologo esaminò la<br />
consistenza della roccia e ne prese un campione per esaminarlo in<br />
laboratorio, ma solo per scrupolo.<br />
Era evidente che l’acqua, che prima sgorgava dalla montagna, non<br />
poteva derivare da nevai o ghiacciai, essendo l’isola sorta dal mare, ed era<br />
quindi un’acqua miracolosa; ma che significava quel cessare improvviso?<br />
Dio, autore del miracolo per l’intercessione dell’eremita, che cosa voleva<br />
<strong>com</strong>unicarci?<br />
Il geologo prese alcune fotografie del solco scavato nella montagna<br />
dall’acqua e della pozza sottostante, nella quale rimaneva un po’ d’acqua,<br />
di cui riempì una bottiglietta. Poi disse che il miracolo si poteva provare, e<br />
forse anche quell’interruzione immediata era un altro miracolo. Il teologo<br />
invece diceva che il miracolo non era dimostrabile, e lui si sarebbe opposto<br />
alla sua presentazione <strong>com</strong>e prova: la cessazione improvvisa e totale dello<br />
zampillo, se aveva un significato, per lui era negativo.<br />
E fu più che negativo per la <strong>com</strong>unità, che a un tratto vide non uscire<br />
più l’acqua dai rubinetti, sparsi qua e là tra i prefabbricati. Si doveva<br />
mettere in opera il dissalatore, ma non poteva ancora funzionare per<br />
mancanza di cherosene per il grande gruppo elettrogeno che lo alimentava.<br />
Si dovette ricorrere ai pozzi, dove non erano installate le pompe a mano già<br />
ordinate, ma che ancora dovevano arrivare.<br />
<strong>La</strong> baia ospitava allora circa trecento persone distribuite in 95<br />
famiglie, nelle quali si diffuse il panico. Eravamo del tutto impreparati per<br />
una simile emergenza, e attingere acqua dal pozzo più vicino con secchi,<br />
secchielli e pentole era debilitante, perché erano poche le funi a<br />
disposizione. Per fortuna alla baia turistica era attraccata una grande nave<br />
da crociera e l’ingegnere andò là a chiedere aiuto.<br />
Il direttore del lido si mostrò molto amico. Loro avevano scavato,<br />
nella vicinanza della costa, tre pozzi che risultarono anch’essi, <strong>com</strong>e i<br />
nostri, prima di acqua salata e poi, più in profondità, di acqua dolce e<br />
potabile. Vi avevano impiantato delle elettropompe e se ne servivano per i<br />
bagni e le docce che erano disseminati lungo il lido. Accorremmo a quei<br />
pozzi con le nostre carriole piene di taniche vuote. Il direttore fu tanto<br />
gentile che, per evitarci la fatica del trasporto a Baia Adelfia, ce le caricò e<br />
le trasportò in gran parte con un furgoncino che utilizzavano per il servizio<br />
43
interno. Quando gli chiedemmo il <strong>com</strong>penso dovuto, disse che tra vicini ci<br />
si doveva aiutare senza <strong>com</strong>penso: anche loro, disse, un giorno avrebbero<br />
potuto aver bisogno di aiuto.<br />
Ammirai questo <strong>com</strong>portamento generoso, e sic<strong>com</strong>e non lo potevo<br />
attribuire a un convincimento religioso, subodorai che il direttore aveva in<br />
mente qualche finalità. Anche il <strong>com</strong>andante della motonave si mostrò<br />
generoso: ci dette mille bottiglie di acqua minerale senza esigere neppure<br />
la ricevuta, dicendo che il loro costo sarebbe stato scalato nel successivo<br />
pagamento del fitto annuale.<br />
Questa emergenza durò una diecina di giorni e causò molta<br />
dissipazione nella nostra attività normale, sia lavorativa sia scolastica e<br />
religiosa, e procurò una notevole confusione di andare e venire, e grande<br />
<strong>com</strong>mistione di persone. Infatti io notai che la nostra popolazione era<br />
aumentata di cinque unità: due uomini e tre donne, che stavano <strong>com</strong>e<br />
turisti al lido Balenottera, erano passati <strong>com</strong>e neofiti alla <strong>com</strong>unità Adelfia,<br />
ospitati provvisoriamente da famiglie <strong>com</strong>piacenti, in attesa di avere<br />
assegnata una casa.<br />
In direzione chiesi chi avesse autorizzato questa aggregazione;<br />
monsignore rispose che era stato lui, su segnalazione di fra Ginepro che li<br />
conosceva da Roma, e assicurava che, da edonisti che erano prima, si<br />
erano convertiti, vedendo la vita raccolta e serena che si viveva nella nostra<br />
<strong>com</strong>unità. A me, che ne osservai il <strong>com</strong>portamento, non apparvero davvero<br />
dei convertiti, e quindi ci doveva essere un altro motivo, oltre a quello,<br />
ovvio, di avere altri cinque voti a sostegno della politica della <strong>nuova</strong><br />
guardia sostenuta dai due frati, che poco dopo divennero tre, e<br />
instaurarono nella baia una vera e propria ierocrazia.<br />
Ora gli incarichi, gli esoneri, gli oneri e le assegnazioni erano decisi<br />
non più dalla direzione, ma dalla triade ecclesiastica, che aveva fatto della<br />
canonica la loro sede e un alloggio molto <strong>com</strong>odo, con cucina propria.<br />
Ho parlato di politica della <strong>nuova</strong> guardia, e non soltanto in senso<br />
allegorico. Per poter dominare nella baia e amministrarla secondo i loro<br />
interessi, i capi di essa avevano costituito un partito, che chiamarono<br />
Democrazia Cristiana, sotto l’egida dell’autorità ecclesiastica<br />
rappresentata dai tre frati. Quelli che non vollero aggregarsi a loro e si<br />
sentivano emarginati, al fine di difendersi, costituirono anch’essi un<br />
partito che chiamarono popolare. Per legalizzare il potere, si volle fare la<br />
nomina di un sindaco.<br />
I candidati erano il nostro dottore per i popolari, l’ingegnere per i<br />
democristiani i quali, sostenuti dalla propaganda fratesca, stravinsero, e il<br />
dottore dovette consegnare all’ingegnere la fusciacca e anche la bandiera.<br />
Il nuovo sindaco fece subito erigere, dalla parte opposta della canonica, e<br />
quindi accanto al campanile, la sede del municipio, dove lui si installò un<br />
giorno solennemente con la fusciacca allacciata alla vita e il tricolore<br />
spiegato al balcone, dal quale pronunciò parole di circostanza ai convenuti,<br />
ai quali fu poi aperto il salone delle riunioni, dove era offerto un ricco<br />
buffet.<br />
44
Qualche giorno dopo attraccò alla nostra baia una corvetta della<br />
Marina Argentina, dalla quale scese un capitano di vascello in grande<br />
uniforme, ac<strong>com</strong>pagnato da un alfiere che portava, spiegata, la bandiera<br />
della sua Repubblica. Chiese di parlare col sindaco, che subito accorse allo<br />
sbarcadero per riceverlo. Il capitano, dopo essersi presentato, gli consegnò<br />
un decreto che dichiarava la Nuova <strong>Atlantide</strong> possedimento argentino in<br />
base al trattato di Tordesillas.<br />
Rimanemmo basiti: nessuno di noi aveva mai sentito quel nome, ad<br />
eccezione del professore che, avendo insegnato geografia, ci disse che era<br />
una città della Spagna, ma di un trattato ivi stipulato non sapeva nulla.<br />
L’ingegnere, che si era presentato con la fusciacca tricolore, rispose<br />
che l’isola era una exclave della Repubblica Italiana, e non poteva essere<br />
perciò un possedimento argentino.<br />
L’ufficiale fece un bel sorriso e poi chiese:<br />
«Con quale diritto l’Italia ha dichiarato sua quest’isola, che è in<br />
America, in una zona dell’Oceano Atlantico che appunto il trattato di<br />
Tordesillas dichiara zona di influenza spagnola, <strong>com</strong>e tutta l’America<br />
meridionale, ad eccezione delle coste del Brasile?»<br />
Il nostro sindaco rispose:<br />
«Noi di questo trattato nulla sappiamo. Ci dica, per cortesia, tra quali<br />
potenze fu stipulato, in che anno, e che cosa sancisce in concreto.»<br />
L’ufficiale aprì la sua cartella e ne trasse un documento, che<br />
consegnò al sindaco, e poi disse:<br />
«E’ la fotocopia del trattato che fu stipulato nel 1494, appunto a<br />
Tordesillas, che è vicina a Valladolid, tra Spagna e Portogallo, sotto gli<br />
auspici del papa Alessandro VI, allora regnante, il quale con la stipula di<br />
quel trattato voleva evitare ogni contrasto coloniale tra le due potenze<br />
cristianissime. Come lei vede, il testo è ac<strong>com</strong>pagnato da una carta<br />
geografica, quale allora si poteva tracciare, nella quale è indicata la linea di<br />
demarcazione tra la sfera assegnata alla Spagna e quella del Portogallo.<br />
L’isola <strong>Atlantide</strong> allora non era emersa, ma la zona in cui è <strong>com</strong>parsa è<br />
senz’altro appartenente alla Spagna.<br />
Quando nel 1816 l’Argentina è stata dichiarata indipendente dalla<br />
Spagna, ne ha ereditato anche i territori insulari dell’Atlantico<br />
meridionale, <strong>com</strong>e le isole Malvine, che gli Inglesi poi ci strapparono nel<br />
1843 dichiarandole loro colonia col nome di Falkland. Verso la metà del<br />
secolo ventesimo quasi tutte le colonie furono dichiarate libere, ma la Gran<br />
Bretagna non volle restituire le Malvine, sicché noi fummo costretti a<br />
riprendercele con la forza nel 1982. Gli Inglesi per questo ci mossero<br />
guerra con forze imponenti e le rioccuparono nello stesso anno, senza che<br />
il Consiglio di Sicurezza, nel quale essi avevano il diritto di veto, potesse<br />
muovere un dito. Ma questo ingiusto diritto di veto, <strong>com</strong>e voi sapete, fu<br />
abolito nel 2080, e nel 2082 l’Argentina, proprio nel centenario<br />
dell’occupazione inglese, fece valere i suoi diritti sulle Malvine e sulla<br />
Georgia Australe. Finalmente l’America era tutta degli Americani, <strong>com</strong>e<br />
auspicava James Monroe nel 1823.<br />
45
Il colonialismo è morto e seppellito, ma l’Italia ha voluto risuscitarlo<br />
nel ventiduesimo secolo dichiarando sua un’isola dell’Atlantico<br />
meridionale pertinente alla Repubblica Argentina. Io chiedo a voi: <strong>com</strong>e<br />
avete permesso una tale illegalità?»<br />
Il sindaco rispose:<br />
«Noi non abbiamo permesso un bel niente, siamo una <strong>com</strong>unità di<br />
vita cristiana a cui Dio ha assegnato questa terra <strong>nuova</strong>. Siamo italiani, e a<br />
un certo punto l’Italia ha dichiarato questa isola da noi abitata sua exclave.<br />
A noi è sembrata cosa naturale, dato che l’Italia è la nostra madrepatria, e<br />
abbiamo accettato il decreto e il tricolore che sventola al balcone del<br />
Municipio.»<br />
«E ora» disse l’ufficiale in tono imperioso «lo dovete ammainare,<br />
issare al suo posto la bandiera che vi ho portato, stracciare il decreto<br />
italiano che non ha alcuna validità internazionale e sostituirlo con quello<br />
della Repubblica Argentina.»<br />
Il tono perentorio e vibrato con cui queste parole furono pronunciate<br />
fece accorrere quasi tutti i membri di Adelfia, che volevano capire di che<br />
cosa si trattasse. Il sindaco si sentì sostenuto dai molti accorsi, e rispose<br />
con tono pacato, ma fermo:<br />
«Signor capitano, noi non possiamo ammainare la bandiera né<br />
stracciare il decreto. <strong>La</strong> Repubblica Argentina si deve rivolgere a quella<br />
Italiana per far valere i suoi diritti, non a noi che non possiamo certamente<br />
decidere una contesa che è di diritto internazionale; noi possiamo solo<br />
esprimere il nostro desiderio, se ci viene richiesto da un tribunale<br />
internazionale o dall’ONU.»<br />
L’ufficiale riprese la parola e disse:<br />
«Dimenticavo la cosa per voi più importante. Se <strong>Atlantide</strong> si<br />
riconoscerà isola argentina, godrà per dieci anni di esenzione fiscale.»<br />
A questo punto l’agricoltore più anziano, che aveva militato <strong>com</strong>e<br />
volontario nel Corpo degli Alpini, alzò la mano e chiese il permesso di<br />
parlare. Avutolo sia dal sindaco sia dall’ufficiale, disse con voce calma e<br />
decisa:<br />
«Signor capitano, noi rispettiamo e anche amiamo la Repubblica che<br />
lei rappresenta, dove vivono tanti oriundi italiani, ma non possiamo<br />
rinnegare la patria, e le dico a nome di tutti: il tricolore non si ammaina!»<br />
I presenti ripeterono quasi in coro: «Il tricolore non si ammaina!»<br />
L’ufficiale rimase impassibile e disse:<br />
«Io ho <strong>com</strong>piuto la mia missione, e vi ho fatto conoscere il beneficio<br />
che vi viene generosamente offerto. Ora vado a riferire al mio Governo, il<br />
quale non verrà mai meno al suo diritto e alla sua promessa. Dio non<br />
voglia che abbiate a pentirvi della vostra decisione.»<br />
Salutò e, con il guardiamarina che portava la bandiera spiegata, si<br />
reimbarcò sulla corvetta che subito partì.<br />
46
9 – Bel tricolore<br />
<strong>La</strong> previsione dell’ufficiale ebbe a verificarsi quasi due mesi dopo.<br />
Sbarcò alla baia il direttore dell’Agenzia delle entrate di Roma,<br />
ac<strong>com</strong>pagnato da un segretario. Si presentò al sindaco e chiese di essere<br />
ricevuto da tutta la giunta. Il sindaco disse che non c’era la giunta, ma la<br />
direzione dell’associazione poteva farne le veci. Davanti a questa il<br />
direttore disse:<br />
«Sono venuto a chiedervi perché non abbiate mai fatto la<br />
dichiarazione dei redditi, alla quale tutti i cittadini sono tenuti, a meno che<br />
non abbiano un reddito esente, cioè meno di 5.000 euro annui. Non è il<br />
vostro caso, perché l’isola è prospera, produce ed esporta molti prodotti e<br />
incassa anche dalla società di navigazione Mira un notevole canone annuo<br />
per il lido Balenottera.»<br />
Ci sentimmo mortificati, <strong>com</strong>e ragazzi colti in fallo mentre credevano<br />
di farla franca. Sapevamo infatti che entro giugno ogni cittadino ha il<br />
dovere di pagare l’IRPEF per il reddito personale. Il sindaco rispose, un po’<br />
impacciato, che per i nostri prodotti <strong>com</strong>mercializzati a Roma pagavamo o<br />
facevamo pagare l’IVA, che era molto salata, il 20%, e ci sembrava con essa<br />
di dare un contributo notevole all’Erario, e che non dovessimo altro, <strong>com</strong>e<br />
abitanti di una lontana exclave.<br />
Il funzionario sorrise e disse:<br />
«<strong>La</strong> vostra è una semplice scusa, e vi capisco; nessuno paga volentieri<br />
le tasse su quanto ha guadagnato col sudore della sua fronte. Gli sembra<br />
un balzello esoso, <strong>com</strong>e fu un tempo, nel sec. XIX, l’imposta sul macinato<br />
per i poveri contadini italiani, specie meridionali. Vi dico innanzi tutto che<br />
<strong>com</strong>e abitanti di exclave non avete alcun privilegio. Per i redditi superiori<br />
alla quota esente bisogna pagare una percentuale d’imposta che è<br />
progressiva, dal 21 al 41 per cento, secondo l’entità del reddito. Se volete<br />
pagare <strong>com</strong>e singoli contribuenti, fate la dichiarazione IRPEF. Ma forse vi<br />
conviene, anche per semplificazione, fare la dichiarazione <strong>com</strong>e società e<br />
pagare l’IRPEG.<br />
Comunque a noi risulta che voi avete avuto redditi almeno dal 2005,<br />
quando la Mira ha preso in affitto il lido. Ora siamo nel 2008, quindi<br />
dovete pagare per tre anni. Il Ministro, anche in considerazione del vostro<br />
status, ci ha autorizzato a concedervi una benevola sanatoria, e il mio<br />
ufficio ha quantificato il dovuto per l’IRPEG di tre anni in 250.000 euro,<br />
pagabili anche in cinque rate mensili da 50.000 euro. Vi assicuro che vi<br />
abbiamo fatto lo sconto del 50%. Se siete d’accordo, dovete firmarmi<br />
questo concordato e <strong>com</strong>inciare a pagare dal prossimo mese; se non<br />
accettate, vi manderemo l’accertamento dell’imposta, contro cui voi<br />
potrete fare ricorso presso la Commissione tributaria provinciale. Se volete<br />
rifletterci qualche ora, io intanto vi lascio il <strong>com</strong>promesso che mi<br />
riporterete firmato alla “Freccia Azzurra”, dove vi aspetto sino alla sua<br />
47
partenza, che è fissata per le 18. Se non me lo riportate, vuol dire che non<br />
accettate, e il mio ufficio provvederà in conseguenza. Arrivederci.»<br />
Egli tornò alla nave per consumarvi il pranzo, noi restammo a<br />
consultarci. Qualcuno propose di non accettare e di affrontare la<br />
<strong>com</strong>missione, se non altro per protesta e anche per guadagnare tempo; ma<br />
la maggioranza fu favorevole all’accordo, proposto dal sindaco, il quale<br />
però si lasciò sfuggire l’esclamazione: «O bel tricolore, ma quanto ci costi!»<br />
Manco a farlo apposta qualche settimana dopo attraccò alla nostra<br />
baia la nave scuola dell’Accademia Navale del Brasile, proprio il veliero che<br />
avevamo incontrato navigando col “Fior di maggio” otto anni prima. Gli<br />
allievi erano naturalmente tutti diversi, ma alcuni sottufficiali <strong>com</strong>e il<br />
cambusiere e il nostromo, erano ancora gli stessi, e anche alcuni ufficiali;<br />
un sottotenente di vascello si presentò a me <strong>com</strong>e cugino; trasecolai, ma<br />
era vero.<br />
Un fratello di mio padre era emigrato in Brasile, si era stabilito a<br />
Santos, e si era sposato là. L’ufficiale suo figlio aveva non solo lo stesso<br />
cognome, ma anche lo stesso nome mio, che poi era quello del nonno<br />
paterno di entrambi. Egli parlava molto bene l’italiano, perché il padre<br />
glielo aveva insegnato in famiglia e poi fatto studiare a scuola e<br />
all’università, dove si era laureato in Scienze Politiche. Dopo la laurea volle<br />
entrare nell’Accademia Navale per soddisfare la sua passione marinara, e<br />
ora faceva l’istruttore nella nave-scuola, un bellissimo tre alberi.<br />
Parlammo a lungo nei giorni che il veliero si trattenne da noi. Lui<br />
sapeva il motivo per cui erano venuti; me lo disse, ma non espresse<br />
nessuna valutazione, non spettava a lui. Infatti era sbarcato un ministro<br />
plenipotenziario brasiliano, che chiese di parlare con tutta la direzione, alla<br />
quale disse press’a poco così:<br />
«Vi porto i saluti del mio Governo, il quale è pienamente informato<br />
del tentativo fatto nel luglio scorso presso di voi dal Governo Argentino per<br />
rivendicare la sovranità della vostra isola in base al Trattato di Tordesillas,<br />
del quale in quei giorni i giornali di Buenos Aires pubblicarono il testo per<br />
sollecitazione del Governo… Ebbene, quel testo non è quello originario del<br />
1494, ma una copia posteriore, con alcune modifiche miranti ad ampliare<br />
la superficie della sfera di influenza spagnola. Il documento originario è<br />
stato trovato recentemente nella biblioteca dell’antico Collegio di Santa<br />
Cruz in Valladolid; io ne ho fatto fare una fotocopia del recto e del verso<br />
dei quattro fogli pergamenacei, che vi consegno perché possiate<br />
conservarli nel vostro archivio, <strong>com</strong>e documento solo storico, in quanto<br />
non ha alcun valore giuridico.<br />
Da questo documento la zona in cui è emersa la vostra isola risulta a<br />
noi assegnata, ma noi sappiamo di non poterci appellare a quel trattato<br />
stipulato nel sec. XV tra Spagna e Portogallo. Esso oggi, nel sec. XXII, non<br />
ha alcun valore probante né per il Brasile né per l’Argentina… Io sono stato<br />
mandato dal Governo brasiliano per proporvi un accordo. Premesso che il<br />
decreto della Repubblica Italiana che vi dichiara sua exclave non ha alcun<br />
fondamento ed è considerato inconsistente da tutte le diplomazie ad<br />
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eccezione dell’Unione Europea, il Brasile intende adire la Corte<br />
Internazionale dell’Aia per far dichiarare nullo il decreto italiano e<br />
assegnare la Nuova <strong>Atlantide</strong> a uno dei due Stati viciniori, Brasile e<br />
Argentina, in base al risultato di un referendum da tenere nell’isola…<br />
E’ ovvio che l’Italia dovrà rinunciare alla sua exclave, che non ha<br />
alcuna motivazione, è ugualmente ovvio che dovrà essere il referendum a<br />
decidere l’appartenenza, e che esso riguarda i due stati viciniori, ambedue<br />
repubbliche democratiche… Vi è ora evidente la finalità della mia visita che<br />
ha carattere ufficiale: sono venuto a farvi conoscere l’intento del Governo<br />
Brasiliano nei vostri riguardi, e anche sondare il vostro animo. E’ chiaro<br />
che, se esso propende per l’Argentina, è per noi inutile esperire la via<br />
giudiziaria: sarebbe una perdita di tempo e di denaro. E ora vi annuncio<br />
ufficialmente quali sono le intenzioni del mio Governo.<br />
Il Brasile è costituito da 26 stati molto vasti, ed è impensabile che<br />
questa isola con la sua poca superficie e popolazione possa essere<br />
proclamata il suo 27º stato.<br />
Non potrà essere neppure una colonia, termine ormai bandito nel<br />
diritto internazionale; ci è sembrato anche inopportuno assegnare la<br />
vostra isola a uno dei nostri stati geograficamente più vicini, <strong>com</strong>e quello<br />
di San Paolo o di Rio de Janeiro; la soluzione più logica ci sembra<br />
proclamarla exclave del Distretto Federale di Brasilia.<br />
Ho portato una bozza di accordo consegnatami dal Governo, e ve la<br />
consegno perché possiate valutarla e discuterla tra di voi: vi è assicurata<br />
ampia autonomia amministrativa nell’ambito delle leggi federali, e anche<br />
<strong>com</strong>pleta autonomia fiscale, cioè le tasse qui potranno essere imposte solo<br />
dal vostro Municipio e per i bisogni dell’isola.<br />
Nessun tributo essa dovrà mai pagare all’Erario, mentre il Governo<br />
Federale si impegna a provvedere a sue spese ai collegamenti di telefonia<br />
fissa e mobile, marittimi, e forse anche aerei. C’è infatti in progetto la<br />
costruzione di un piccolo aeroporto, per istituire un volo settimanale<br />
Adelfia-Rio… Voi direte: sono promesse; ma il Governo Brasiliano è ben<br />
conosciuto in campo internazionale per la sua affidabilità… Se lo<br />
permettete, il nostro veliero si tratterrà nella baia qualche giorno, e il suo<br />
<strong>com</strong>andante vi invita domani a bordo per un pranzo in vostro onore.»<br />
Accettammo ringraziando per il gentile invito, e a nostra volta<br />
invitammo il ministro a restare con noi a pranzo, al quale fu invitato anche<br />
mio cugino.<br />
Con lui passai tutto il pomeriggio; lo portai a casa e gli feci conoscere<br />
la mia famiglia. Anche lui era sposato con due figli, teneva la famiglia a<br />
Santos, che cercava di raggiungere ogni fine settimana, quando non era in<br />
navigazione <strong>com</strong>e adesso.<br />
Si volle informare della nostra associazione, di cui in Brasile aveva<br />
sentito parlare <strong>com</strong>e Ecclesia Adelfia.<br />
Sic<strong>com</strong>e in Brasile pullulano le sette di carattere religioso, che spesso<br />
si isolano nel vasto territorio facendo vita autonoma, il cugino pensava che<br />
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Adelfia fosse una di tali sette, che tutte più o meno si richiamano alla<br />
Bibbia.<br />
Gli feci la storia della nostra associazione, sorta per il bisogno che noi<br />
nel 2100 sentimmo, sotto la guida di un santo eremita, di realizzare<br />
integralmente il Vangelo in una <strong>com</strong>unità di vita cristiana in una <strong>nuova</strong><br />
terra sorta per accoglierci, che noi chiamammo Nuova <strong>Atlantide</strong> nel<br />
ricordo della vecchia <strong>Atlantide</strong>, di cui parla Platone.<br />
Lui si mostrò molto interessato al racconto del nostro viaggio col<br />
“Fiore di maggio”. Volle che gli descrivessi questo, per lui, strano “due<br />
alberi” dalle vele latine, che aveva impiegato quasi un mese a raggiungere<br />
l’isola.<br />
Mi chiese in che cosa praticamente consisteva questa vita<br />
integralmente evangelica, perché lui, visitando la baia, non aveva avvertito<br />
nulla di particolare che facesse pensare ad una ispirazione religiosa,<br />
all’infuori di una bella chiesa romanica, troppo grande per una <strong>com</strong>unità<br />
così piccola. Lui l’aveva visitata e l’aveva trovata del tutto vuota, abitata<br />
soltanto da quattro statue.<br />
Risposi:<br />
«Caro cugino, tu hai ragione, questa <strong>com</strong>unità è ormai <strong>com</strong>e un<br />
qualunque villaggio: c’è chi lavora e chi ozia, il denaro circola, si fanno gli<br />
affari, e alcuni cercano di arricchirsi anche in modo disonesto, e anche il<br />
nostro clero, costituito da tre frati, non è davvero esemplare. Ma all’inizio<br />
non era così. Eravamo solo una quarantina, e sotto la guida di fra Pietro,<br />
un santo eremita, facevamo vita <strong>com</strong>unitaria in tutto e per tutto: volevamo<br />
vivere alla presenza di Dio, lavorare era per noi uguale a pregare. Non c’era<br />
denaro, non c’era proprietà privata. Ora, <strong>com</strong>e hai visto, tutto è cambiato.<br />
Come è potuto avvenire? Ce lo chiediamo perplessi noi padri fondatori, ma<br />
non sappiamo rispondere: è stato un processo subdolo e quasi inavvertito,<br />
che ha avuto inizio dopo la morte del nostro eremita, sostituito <strong>com</strong>e<br />
direttore spirituale da un frate che si è rivelato piuttosto mondanizzato.<br />
Ora noi della “vecchia guardia” ci sentiamo delusi e demoralizzati, e talora<br />
pensiamo che è per noi forse meglio tornare a Roma, perché qui non c’è<br />
più l’afflato spirituale che avevamo cercato di instaurare. Tornando a<br />
Roma, almeno potremmo godere della <strong>com</strong>pagnia di amici, parenti e<br />
colleghi, e non dipendere più dalla ierocrazia che qui si è instaurata.»<br />
Mio cugino voleva sapere un po’ di più sull’eremita del Soratte e sui<br />
miracoli che si diceva avesse fatto.<br />
«Sì» gli dissi «un miracolo lo fece quando era in una grotta di quella<br />
montagna; un ragazzo epilettico che aveva una violenta crisi quasi ogni<br />
giorno ed era molto debilitato, dopo essere stato toccato e benedetto sulla<br />
fronte dalla sua mano guarì <strong>com</strong>pletamente e rifiorì fisicamente; io lo vidi<br />
e parlai con i genitori e con altri che avevano assistito al miracolo. All’altro<br />
miracolo ho assistito io stesso e un altro con cui puoi parlare. Era finita la<br />
nostra scorta di acqua ed eravamo quasi disperati; lui mi chiese di<br />
ac<strong>com</strong>pagnarlo alla montagna. <strong>La</strong> chiamiamo così perché è in gran parte<br />
rocciosa ma è alta poco più di 800 metri. Sotto la sua parete rocciosa si<br />
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inginocchiò sui detriti, pregò quasi con la testa sulle pietre, poi a un tratto<br />
si raddrizzò, guardò in alto e fece un segno di croce. Immediatamente<br />
quasi dalla cima della montagna sgorgò una sorgente di acqua purissima<br />
che ci salvò allora dalla morte per sete. Ha continuato a sgorgare per circa<br />
quattro anni. Era l’acqua miracolosa, che ci poteva dare solo la potenza di<br />
Dio, supplicato dal frate.<br />
Ora la sorgente è disseccata da più di un anno, e ti voglio raccontare<br />
il fatto. Frate Matteo, sottentrato a fra Pietro, si era messo in testa di far<br />
dichiarare santo l’eremita, contro il nostro parere, che sapevamo quanto<br />
egli fosse contrario a questi processi della Chiesa, che lui diceva offensivi<br />
per la Divina Maestà. Con i suoi appoggi di Roma, tra cui un cardinale di<br />
Curia, fra Matteo era riuscito a far proclamare beato il suo predecessore,<br />
basandosi sul miracolo del Soratte. Sic<strong>com</strong>e voleva arrivare alla<br />
santificazione, propose al postulatore della causa di presentare <strong>com</strong>e<br />
ulteriore miracolo quello dell’acqua che aveva fatto sgorgare dalla roccia.<br />
Venne il postulatore a verificare il fatto, assieme a un teologo e un geologo,<br />
e andarono alla montagna dove, mentre il frate diceva loro alzando il<br />
braccio “Guardate!” non ci fu più niente da guardare perché la sorgente si<br />
disseccò all’istante. Quindi il postulatore non poté presentare l’acqua della<br />
roccia <strong>com</strong>e miracolo, e penso che ne stia attendendo un altro, ottenuto<br />
per intercessione del beato.<br />
Ma, a quanto pare, i frati di qui, più che attenderlo, lo pretendono<br />
questo miracolo da fra Pietro, per farlo canonizzare; perché a questo<br />
mirano, chissà perché.»<br />
51
10 – Il miracolo<br />
Proprio il giorno in cui io tenni questo discorso con mio cugino, il<br />
quale mi espresse il desiderio di visitare la tomba del beato, sbarcò dalla<br />
Freccia Azzurra un malato su una sedia a rotelle spinta da un’infermiera<br />
molto giovane, ac<strong>com</strong>pagnato da un frate amico di fra Matteo, da un<br />
teologo e dal medico curante. Noi della direzione non sapevamo niente di<br />
questo arrivo, ma lo sapeva benissimo e lo aveva anzi organizzato<br />
monsignore, che infatti si fece trovare allo sbarcadero assieme ai suoi<br />
accoliti, tutti e tre con cotta e stola.<br />
Alla novità di questo arrivo accorsero quasi tutti i membri di Adelfia.<br />
Io chiesi a monsignore di che si trattava. Rispose:<br />
«Come vedi, è un malato di SLA, sclerosi laterale amiotrofica,<br />
considerata inguaribile; ma lui ha molta devozione per il beato Pietro, e ha<br />
fatto capire che vuole chiedere la grazia della guarigione sulla sua tomba, e<br />
perciò lo portano là. Cerca il nostro medico; è bene che venga anche lui.»<br />
Cercai subito mio cugino, e gli dissi:<br />
«Ecco una buona occasione per te; unisciti al gruppo che si reca alla<br />
tomba che vuoi visitare; io vado ad avvertire il medico.»<br />
Lo trovai nell’infermeria e gli <strong>com</strong>unicai il desiderio del frate. Rispose<br />
che ci avrebbe raggiunto non appena terminata la medicazione che stava<br />
eseguendo.<br />
Io poi mi affiancai a mio cugino nel gruppo che si era già avviato <strong>com</strong>e<br />
in processione: precedeva monsignore, che si era messo la mitria e<br />
impugnava il pastorale; aveva ai fianchi i due frati suoi accoliti con in<br />
mano un cero acceso, seguiva il malato sulla carrozzina spinta<br />
dall’infermiera. Dietro camminavano i tre che erano sbarcati con lui, e poi i<br />
membri di Adelfia presenti in baia.<br />
Quando il nostro medico ci raggiunse, monsignore si fermò per<br />
informarlo del malato e del suo desiderio di supplicare il Beato sulla sua<br />
tomba. Il medico chiese di visitare un momento l’infermo per rendersi<br />
conto delle sue condizioni.<br />
Monsignore rispose che lì non era possibile, perché erano avviati in<br />
processione, ma il medico curante, che portava copia della cartella clinica,<br />
lo avrebbe informato con esattezza sul malato; in più gli avrebbe mostrato<br />
le radiografie e anche le diagnosi rilasciate da due specialisti di Roma, un<br />
neurologo e un ortopedico.<br />
<strong>La</strong> processione riprese il cammino, e io la seguivo a fianco di mio<br />
cugino. Mi si avvicinò il nostro medico e mi disse sottovoce:<br />
«Non ho potuto né visitarlo né guardarlo da vicino; io non voglio<br />
alimentare sospetti, ma tu potresti andargli più vicino, <strong>com</strong>e per mostrarlo<br />
a tuo cugino, senza destare alcun sospetto. Cercate di osservarlo bene e<br />
rimanetegli vicini anche alla tomba.»<br />
Capii la sua intenzione, e a poco a poco col cugino mi avvicinai alla<br />
carrozzina. Il malato di tanto in tanto ciondolava la testa, teneva<br />
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semiaperta la bocca, dalla quale fuoriusciva un po’ di saliva che<br />
l’infermiera gli asciugava col fazzoletto, gli occhi erano aperti e fissi.<br />
L’aspetto era di un uomo robusto di circa 40-50 anni, il viso non era<br />
pallido e scavato, ma di un bell’incarnato in parte coperto dalla barba; dal<br />
colore della pelle lo si sarebbe detto pieno di salute.<br />
<strong>La</strong> tomba dell’eremita era stata abbellita dopo la sua proclamazione a<br />
beato. Aveva sopra non più il semplice tumulo con la croce, ma una stele di<br />
marmo, affiancata da due lucerne di alabastro alimentate a olio. <strong>La</strong> stele,<br />
alta circa due metri, portava in alto il busto del frate, in bassorilievo<br />
bronzeo, e sotto, a lettere cubitali, in oro, la seguente scritta:<br />
Beato Pietro del Monte Soratte<br />
Frate Eremita<br />
N. 2050 M. 2101<br />
Arrivati alla tomba, la carrozzina fu accostata alla stele, quasi a<br />
toccarla, l’infermiera si allontanò e dietro la spalliera si collocarono i tre<br />
officianti, e tutt’intorno gli altri tre venuti col malato, precludendone la<br />
vista agli altri.<br />
Ma io e mio cugino riuscimmo a trovare un posto da cui poter vedere<br />
bene, ed ecco cosa vedemmo.<br />
Monsignore depose il pastorale e si tolse la mitria; poi si tolse anche lo<br />
zucchetto e si inginocchiò su un cuscino. Aprì il suo breviario e recitò i<br />
salmi penitenziali, poi ad alta voce invitò i presenti a unirsi alla sua<br />
preghiera al Beato, affinché ottenesse da Dio la guarigione di<br />
quell’ammalato che credeva in Lui, confidava in Lui e amava Lui con tutto<br />
il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente. Poi con le mani giunte e gli<br />
occhi al cielo disse:<br />
«O Padre, ti preghiamo, ascoltaci. In grazia delle virtù preclare del<br />
beato Pietro, che qui dorme il sonno dei giusti, concedi la guarigione a<br />
questo tuo figlio che ti supplica assieme a tutti noi. Te la chiediamo in<br />
nome di Gesù Cristo, tuo Figlio che è Dio, e vive e regna con Te e lo Spirito<br />
Santo per tutti i secoli. Amen.»<br />
Poi prese l’aspersorio e benedisse il malato, il quale <strong>com</strong>inciò<br />
immediatamente a scuotere la testa e il tronco, dicendo parole che noi non<br />
capimmo. Poi puntò le mani sui braccioli della carrozzina, tentando di<br />
sollevarsi, ma era impedito dalla cintura che lo legava alla spalliera.<br />
Monsignore fu pronto a sganciarla, e il malato si alzò in piedi sulla<br />
predella, sembrò sbandare, ma poi si equilibrò, sollevò le braccia al Cielo e<br />
gridò: «Fatemi scendere!»<br />
Accorse l’infermiera che gli liberò i piedi dalle cinghie che li<br />
assicuravano alla predella. Quando, da lei aiutato, poté posare i piedi a<br />
terra gridò:<br />
«Miracolo! Posso camminare! Sono guarito!»<br />
Subito dopo, accarezzando la figura del beato, disse:<br />
«Santo Pietro, ti ringrazio!»<br />
53
Poi voltandosi ai presenti, esclamò:<br />
«Sia lode a Dio!»<br />
A queste parole monsignore intonò il “Te Deum laudamus”, seguito<br />
nel canto dagli ecclesiastici. Noi laici ac<strong>com</strong>pagnavamo l’inno di<br />
ringraziamento con la mente perché, nel testo latino, non lo sapeva<br />
nessuno di noi. Sempre cantando, monsignore si calcò in testa la mitria<br />
sopra lo zucchetto, riprese il suo pastorale e si mise alla testa della<br />
processione, che prese la via del ritorno. Al suo fianco aveva i suoi soliti<br />
accoliti. Subito dietro camminava il miracolato che spingeva la sua<br />
carrozzina, ed era seguito dai suoi ac<strong>com</strong>pagnatori e da tutti gli altri, tra<br />
cui io e mio cugino.<br />
Camminavamo silenziosi, attoniti, col pensiero a quanto avevamo<br />
visto. Quasi a metà strada mio cugino rallentò il passo, non per stanchezza,<br />
ma perché evidentemente voleva staccarsi dalla processione. Io feci lo<br />
stesso e lo guardavo, avendo capito che voleva dirmi qualcosa. Ma<br />
camminò ancora un poco silenzioso, con la testa bassa, poi a un tratto si<br />
fermò e mi chiese a bruciapelo:<br />
«Tu che ne pensi?»<br />
Rimasi <strong>com</strong>e basito, indugiai un poco e poi, guardandolo negli occhi,<br />
gli chiesi io:<br />
«E tu che ne pensi?»<br />
Non rispose, ma tentennò la testa, poi mi prese sottobraccio e<br />
s’incamminò a passo svelto, <strong>com</strong>e volesse fuggire da un pericolo. Ma poco<br />
dopo si fermò di nuovo e mi disse:<br />
«Senti, cugino, abbiamo assistito a un remake, non sullo schermo, ma<br />
sul set.»<br />
Rimasi colpito da quella uscita, ma feci finta di non capire e chiesi:<br />
«Cos’hai detto? Spiegati! Io non ti seguo.»<br />
«Non hai capito? Adesso mi spiego… Non più di cinque anni fa, in uno<br />
scalo del mio veliero a Rio, andai al cinema per passare la serata e vidi un<br />
film, di cui non ricordo né il titolo né la trama, ma in cui c’era una scena<br />
uguale a quella che abbiamo visto…ed era la rappresentazione di un falso<br />
miracolo.»<br />
«E con questo che cosa vuoi concludere? Che anche questo è un falso<br />
miracolo, una messinscena?»<br />
«No, cugino, non dico questo, ma questa somiglianza mi ha colpito.<br />
Riandando alle sequenze e del film e del remake, rimango molto perplesso.<br />
Ma tu, cugino, non hai alcun dubbio?... Il miracolo ti convince?»<br />
«Senti, cugino, il miracolo è sempre qualcosa di sconvolgente…<br />
anch’io mi sono posto il quesito, ma l’ho subito rimosso… Indagare su<br />
questi fatti non serve per l’ascesi spirituale che noi di Adelfia cerchiamo…<br />
Sappiamo bene che Dio può operare miracoli, direttamente – motu<br />
proprio – o per intercessione di qualche suo fedele servo, <strong>com</strong>e è stato<br />
certamente l’eremita… Due miracoli egli li ha ottenuti certamente dal<br />
Padre Eterno; che abbia ottenuto anche questa guarigione da una malattia<br />
considerata incurabile, è certamente possibile… Io non mi pronuncio, non<br />
54
voglio pronunciarmi, non voglio indagare, giudicare…Certo, <strong>com</strong>e tu dici, a<br />
te sembra un remake, a me l’esecuzione accurata di un copione, ma ci<br />
possiamo sbagliare, le apparenze spesso ingannano. Insomma, cugino, è<br />
meglio non parlarne.»<br />
Quando arrivammo alla baia, il miracolato si era già reimbarcato sulla<br />
Freccia Azzurra che stava per salpare. Con lui partivano il medico curante<br />
e il prete teologo, mentre il frate e l’infermiera restavano con noi, su invito<br />
di monsignore.<br />
Così i frati addetti ad Adelfia divennero quattro, e l’infermiera fu<br />
accolta nella canonica col ruolo di cuoca e di domestica, <strong>com</strong>e la Perpetua<br />
di manzoniana memoria. Ma quella “aveva passata l’età sinodale dei<br />
quaranta” 9 , l’infermiera non arrivava ai trenta; ma la giovane età non<br />
guastava, anzi.<br />
Il giorno dopo la partenza della motonave salpò anche il veliero<br />
brasiliano col diplomatico e anche mio cugino. Il <strong>com</strong>andante, che era un<br />
capitano di vascello, venne a salutarci e ci lasciò un grosso pacco-omaggio<br />
da parte del suo Governo.<br />
Quando lo aprimmo, vedemmo con meraviglia che era identico a<br />
quello già offertoci otto anni prima da un altro <strong>com</strong>andante dello stesso<br />
veliero. Come allora gradimmo il caffè e lo zucchero e donammo le<br />
bottiglie di gin ai marinai del “Fiore di maggio”, così questa volta proposi<br />
di donare il liquore agli operai esterni che ancora lavoravano nella baia;<br />
ma monsignore disse che non era il caso di incrementare le loro sbornie<br />
serali, e fece portare il tutto alla canonica.<br />
Dopo la costruzione della chiesa e degli annessi, l’opera edilizia<br />
dell’ingegnere non si era arrestata, era piuttosto cresciuta. Aveva già<br />
costruito una palazzina a tre piani, con sei appartamenti già assegnati ad<br />
altrettante famiglie che avevano lasciato le loro casette prefabbricate agli<br />
ultimi arrivati. Da sei mesi però non c’erano più arrivi, per ordine di<br />
monsignore, il quale disse in direzione che crescere di numero era<br />
rischioso per la finalità spirituale di Adelfia.<br />
Io mi meravigliai non poco di questa decisione, perché in precedenza<br />
il frate faceva arrivare neofiti a gruppi, senza nessun serio controllo; ora<br />
aveva cambiato idea: perché? A noi della vecchia guardia lo stop imposto<br />
dal frate non dispiacque, perché coi tanti arrivi si era creata in Adelfia<br />
notevole confusione, che ora avremmo voluto eliminare.<br />
Noi padri fondatori ogni tanto ci riunivamo, <strong>com</strong>e una volta, in casa o<br />
dell’uno o dell’altro, discutevamo degli eventi e ci scambiavamo i nostri<br />
giudizi e le nostre riflessioni. In una di queste riunioni, un collega chiese al<br />
nostro medico che ne pensava del miracolo; rispose:<br />
«Non ne penso niente e non ci voglio pensare. Quello che vi posso dire<br />
è che monsignore in quella occasione voleva farmi firmare un certificato<br />
già <strong>com</strong>pilato in cui affermavo di aver visitato il malato di SLA prima e<br />
dopo l’evento e di aver constatato, prima, lo stadio grave del morbo, poi, la<br />
9 I promessi sposi cap. I rigo 503<br />
55
sua perfetta s<strong>com</strong>parsa. Non lo volli firmare perché sarebbe stata un falsa<br />
attestazione.<br />
Da quel giorno monsignore non mi ha rivolto più la parola, e voi forse<br />
vi sarete accorti <strong>com</strong>e in direzione mi abbia emarginato. Comunque, anche<br />
senza la mia attestazione, la causa canonica è andata avanti, e un amico di<br />
Roma, che ha qualche entratura in Vaticano, mi ha fatto sapere che è<br />
imminente il decreto di santificazione…<br />
C’è in Curia un cardinale che è molto interessato a questa proclamazione, e<br />
il postulatore della causa va dicendo che si farà promotore della<br />
costruzione di un santuario a San Pietro Eremita proprio sulla sua tomba.<br />
Di questa intenzione è a conoscenza anche l’ingegnere, che sta già<br />
lavorando sul progetto di questo santuario, che dovrebbe richiamare molti<br />
pellegrini e incrementare il turismo nell’isola.»<br />
56
11 - Il grande affare<br />
Come mi sembra di aver detto, nella nostra mappa catastale non<br />
avevamo incluso i due chilometri quadrati del lido Balenottera. Quando<br />
l’Ufficio Catasto di Roma si accorse di questa omissione, ci scrisse che<br />
dovevamo provvedere. Il direttore dell’Ufficio, che era quel brav’uomo<br />
venuto a visitarci un anno prima, scrisse a parte e amichevolmente al<br />
nostro presidente che, essendo impensabile dividere quella superficie in<br />
trecento lotti <strong>com</strong>e si era fatto per il resto dell’isola, in quanto sarebbero<br />
stati lotti troppo piccoli, le soluzioni potevano essere due: o intestare il lido<br />
in blocco al presidente di Adelfia, o ad Adelfia costituita in società in nome<br />
collettivo (s.n.c.).<br />
Lui consigliava questa seconda soluzione, perché così la proprietà<br />
rimaneva a tutta l’associazione e non veniva assegnata a uno solo, che ne<br />
avrebbe potuto disporre a piacimento, anche contro la volontà e l’interesse<br />
dei soci. Per costituirsi in s.n.c. bisognava fare un atto notarile e poi<br />
registrarsi all’apposito ufficio.<br />
<strong>La</strong> questione fu portata all’ordine del giorno della direzione per ben<br />
tre sedute. Il nostro Tommaso, che era entrato in direzione <strong>com</strong>e<br />
rappresentante della democrazia cristiana, sostenne a spada tratta la<br />
soluzione scartata dal direttore di Roma, cioè dividere il lido in trecento<br />
lotti nominativi, <strong>com</strong>e si era fatto per il resto dell’isola. Gli facemmo<br />
presente che sarebbero stati lotti piccolissimi, inservibili.<br />
Lui, per nulla convinto, disse:<br />
«Anche su un piccolo lotto io posso costruire una villetta, capite?»<br />
L’ingegnere gli fece osservare che il piccolo lotto formerebbe una<br />
strettissima fetta di terreno, lunga 500 metri, ma con un minimo affaccio<br />
sulla spiaggia, e quindi con nessuna possibilità di costruirvi.<br />
Replicò:<br />
«E’ naturale che chi ci vuole costruire deve <strong>com</strong>prare i lotti confinanti;<br />
e quindi ci sarà chi vende e chi <strong>com</strong>pra, insomma si metterà in moto una<br />
vivace attività di <strong>com</strong>pra-vendita edilizia: perché rinunciarci?»<br />
L’ingegnere obiettò:<br />
«E alle strade e ai servizi chi provvederà in quel <strong>com</strong>prensorio?»<br />
Tommaso sorrise ironico e rispose:<br />
«Provvederà lei, ingegnere, ci sarà molto lavoro anche per lei. E’<br />
naturale che coloro che ci vorranno costruire si riuniranno in consorzio e<br />
appalteranno a lei i relativi lavori. Ma per le strade io non sprecherei della<br />
superficie, che lì è preziosa. Le ville è bene che siano raggiungibili solo dal<br />
mare. Non capite che esse saranno ricercate dai turisti, i quali adorano<br />
quelle meravigliose spiagge, e a cui potremo affittare le villette ad alto<br />
prezzo? Non capite l’affare che si prospetta per quelli che vorranno<br />
investire alla Baia Balenottera?»<br />
Noi non capimmo, l’estrosa proposta di Tommaso fu bocciata,<br />
rimanevano le altre due soluzioni.<br />
57
Nella seconda seduta della direzione si esaminò la possibilità di<br />
intestare il lido Balenottera, nominativamente, al presidente di Adelfia,<br />
che allora era fra Matteo. Quasi tutti riconobbero che l’ipotesi non era<br />
praticabile, perché il presidente poteva anche cambiare, e allora bisognava<br />
cambiare anche l’intestazione, e <strong>com</strong>e? Con un atto notarile di <strong>com</strong>pravendita?<br />
E se il vecchio intestatario non cedeva?<br />
Tutti si convinsero che la soluzione ipotizzata era da scartare, e<br />
Monsignore disse:<br />
«Sono anch’io d’accordo che l’intestazione nominativa al presidente,<br />
<strong>com</strong>e se fosse un lotto a lui assegnato in proprietà, darebbe luogo a tante<br />
<strong>com</strong>plicazioni, anche per la ripartizione del reddito e il pagamento delle<br />
tasse; ma c’è una soluzione che elimina ogni difficoltà: assegnare quei due<br />
chilometri quadrati in proprietà perpetua alla erigenda Parrocchia di San<br />
Pietro Eremita, la quale in tal modo ne amministrerà i proventi,<br />
destinandoli ai bisogni della chiesa, all’assistenza degli indigenti, e anche<br />
all’obolo di San Pietro, perché non ci dobbiamo dimenticare della Santa<br />
Sede da cui dipendiamo e che ha bisogno del nostro sostegno per sopperire<br />
alle sue molte esigenze di carattere internazionale.»<br />
Era una soluzione opinabile. A Tommaso sembrò la migliore dopo la<br />
sua, che non era stata <strong>com</strong>presa in tutti i suoi benefici. Egli disse:<br />
«E’ bene che la parrocchia abbia dei beni per poter agire e intervenire<br />
nel suo ambito con una certa libertà. Fin dai primi tempi del Cristianesimo<br />
la Chiesa ha posseduto dei beni, case, terreni, rendite, donati ad essa da<br />
principi e da fedeli devoti, sapendo che li avrebbe usati a beneficio di tutti.<br />
Così si formò anche il Patrimonio di San Pietro, ritenuto necessario per la<br />
libertà del Papato, e anche i monasteri, i conventi e le abbazie potettero<br />
contare su sicuri proventi per il loro mantenimento e per l’attività religiosa<br />
e sociale.<br />
Sappiamo tutti quanto questi enti religiosi, e specialmente le abbazie<br />
benedettine, abbiano contribuito nel Medioevo e anche dopo alla<br />
civilizzazione, alla diffusione della cultura e del Cristianesimo. Questi beni<br />
ecclesiastici che dotavano anche diocesi e parrocchie, e ottemperavano<br />
bene o male alle loro finalità benefiche, nel sec. XIX, <strong>com</strong>e voi ben sapete,<br />
furono incamerati dallo Stato col pretesto che essi rimanevano inservibili<br />
per il progresso economico della Nazione.<br />
E che ne fece l’Erario? Li vendette o meglio svendette subito ai<br />
latifondisti e agli speculatori finanziari, e così servirono solo<br />
all’arricchimento dei pochi e all’impoverimento dei molti.»<br />
A Tommaso replicò il nostro ex-presidente:<br />
«Caro amico, tutti gli economisti concordano che il patrimonio<br />
ecclesiastico era un impedimento al progresso economico e agricolo, ed era<br />
infatti chiamato “manomorta”; tu invece hai prospettato la proprietà<br />
chiesastica <strong>com</strong>e necessaria per la libertà della Chiesa e del Papato. In<br />
realtà la libertà gliel’ha tolta. Infatti col potere temporale la Chiesa si è<br />
trovata immischiata nelle lotte tra i principi e le potenze, per le quali i papi<br />
talora sono stati costretti a scappare <strong>com</strong>e Pio IX, o sono stati imprigionati<br />
58
e deportati <strong>com</strong>e Pio VI e Pio VII. Ma la peggiore conseguenza del potere<br />
terreno e del possesso di tanti beni è stata la corruzione col nepotismo, e<br />
l’aver fatto considerare il sacerdozio una carriera promettente e il clero una<br />
classe riverita, forte e ricca.<br />
I beni terreni, il dio denaro, sono fonte di mondanizzazione e di<br />
prevaricazione. Gesù ha messo in guardia i suoi discepoli dalla tentazione<br />
del dio quattrino, quando ha loro ordinato “Non procuratevi oro, né<br />
argento, né moneta di rame” 10 .»<br />
Monsignore lo interruppe dicendo:<br />
«E secondo te, egregio dottore, il clero dovrebbe vivere di aria?»<br />
«Se il sacerdote si dedicherà al suo gregge, questo non gli farà<br />
mancare il necessario. Come le pecore ricambiano il pastore dandogli il<br />
latte e la lana, così i fedeli, se curati dal loro parroco, non gli faranno<br />
mancare il vitto e l’alloggio “perché l’operaio ha diritto al suo nutrimento”<br />
<strong>com</strong>e afferma lo stesso Gesù 11 . Infine fo presente che la Parrocchia San<br />
Pietro Eremita non esiste, e la proposta del presidente è per lo meno<br />
inattuale, e va respinta.»<br />
Monsignore replicò vivacemente:<br />
«Se non esiste, esisterà tra poco sia il santo sia la sua parrocchia. Mi<br />
meraviglio molto dello scetticismo del dottore, o per meglio dire della sua<br />
ostilità al clero, assertore e custode del Cristianesimo, il che fa sospettare<br />
opposizione allo stesso Cristianesimo, il quale è rappresentato dalla Chiesa<br />
da Cristo istituita.»<br />
Era chiaro che monsignore aveva voluto provocare il dottore per far<br />
degenerare la discussione in rissa; ma il dottore non rispose a quella<br />
maligna insinuazione.<br />
Io però considerai mio dovere rintuzzare l’accusa e dissi:<br />
«Il nostro ex-presidente nella sua saggezza non risponde all’evidente<br />
provocazione di monsignore, ma io, per amore della verità, devo dire <strong>com</strong>e<br />
stanno le cose. Non siamo noi che abbiamo travisato il Cristianesimo, ma<br />
abbiamo cercato di attuarlo <strong>com</strong>e voleva Gesù, nell’umiltà e nella povertà,<br />
guidati dall’eremita, uomo veramente ispirato. Perché noi potessimo<br />
attuare il precetto evangelico, Dio ha fatto sorgere una <strong>nuova</strong> terra, e in<br />
essa ha fatto sgorgare una sorgente di acqua viva.<br />
Questi due fatti miracolosi attestano che il nostro proposito era<br />
benedetto da Dio, che lo aveva ispirato al suo profeta. Finché questi è stato<br />
la nostra guida noi abbiamo camminato sicuri sulla via del<br />
perfezionamento spirituale, coltivando le virtù evangeliche della povertà,<br />
dell’umiltà e dell’amore fraterno.<br />
Poi sotto la sua guida, monsignore, la vita in questa baia è mutata, e<br />
noi primi venuti non ci riconosciamo più in essa, perché ci sembra uguale<br />
o peggiore di quella di Roma, dalla quale siamo voluti fuggire. Ora nella<br />
baia Adelfia circola il denaro, si afferma la proprietà personale, si <strong>com</strong>pra e<br />
10 Mt 10,9<br />
11 Mt 10,10<br />
59
si vende, e si cerca l’arricchimento e il godimento. Ed è evidente che<br />
l’arricchimento di alcuni porta l’impoverimento di altri. Una volta qui c’era<br />
perfetta uguaglianza e solidarietà, e soprattutto nessuna <strong>com</strong>petizione, ma<br />
assoluta concordia.»<br />
Monsignore appariva molto irritato per le mie parole e stava<br />
preparando la sua risposta, quando per calmare le acque intervenne<br />
l’ingegnere:<br />
«Cari amici, quello che è avvenuto in questa baia non è colpa di<br />
nessuno, o meglio non c’è stata colpa alcuna, non è avvenuto un<br />
deterioramento, ma piuttosto una evoluzione naturale. Quella vita umile e<br />
povera, in un <strong>com</strong>unismo totale, non marxista ma evangelico, era possibile<br />
per una piccola <strong>com</strong>unità di privilegiati dalla Grazia, diciamo di cenobiti.<br />
Ma Dio non vuole certamente essere venerato e amato da una élite, ma da<br />
molti, possibilmente da tutti.<br />
Ecco <strong>com</strong>e si spiega il cambiamento avvenuto in quest’isola: è<br />
un’evoluzione naturale di una società che non vuole il <strong>com</strong>unismo<br />
marxista, ammette la proprietà privata, ma controllata dalla legge, e si fa<br />
guidare da sacerdoti saggi e culturalmente preparati, che la terranno<br />
sempre lontana dalla plutocrazia, dal capitalismo sfrenato, in un’economia<br />
di mercato equilibrata e solidale.»<br />
L’ingegnere evidentemente voleva sedare le polemiche e smorzare i<br />
toni con un’interpretazione ottimistica della realtà, ma monsignore volle<br />
sfogare la sua indignazione contro di me e il dottore, e disse:<br />
«Voi due siete davvero irritanti: con la vostra supponenza, con i vostri<br />
giudizi, vi credete in grado di interpretare la parola di Dio, mentre la sola<br />
interprete genuina di essa è la Chiesa e tutta la Gerarchia, di cui facciamo<br />
parte noi sacerdoti, ministri di Dio, unti e consacrati. Se il Cristianesimo<br />
che noi pratichiamo nell’isola non è di vostro gradimento, perché non ve<br />
ne andate in qualche altro posto ad attuare il Cristianesimo da voi<br />
ideologizzato, mitizzato, un Cristianesimo antistorico e antiumano?»<br />
Non replicai all’accusa per non alimentare la polemica e lo scontro<br />
ideologico e anche politico. Ho già detto che in Adelfia si erano formati due<br />
partiti, di cui la Democrazia Cristiana era dominante e sosteneva in tutto e<br />
per tutto le iniziative di monsignore. Era evidente che egli ci vedeva <strong>com</strong>e<br />
il fumo negli occhi e cercava di indurci ad abbandonare l’isola.<br />
Tuttavia quel giorno la direzione non prese alcuna decisione, in attesa<br />
– spiegò monsignore – che l’eremita fosse canonizzato e fosse istituita la<br />
parrocchia di San Pietro Eremita. Ma in realtà questa sospensione era<br />
voluta, perché monsignore pensava ad un’altra soluzione del problema,<br />
che a lui non dispiaceva, e piaceva sommamente a quelli che lo<br />
sostenevano.<br />
Una sera che ero in casa col dottore e stavamo parlando della nostra<br />
situazione ormai critica, venne a trovarci Tommaso. Ci meravigliammo<br />
perché lo sapevamo passato al campo avverso, ma egli si presentò molto<br />
amichevolmente, ci strinse calorosamente la mano e disse:<br />
60
«Cari vecchi amici, non crediate che vi abbia abbandonato. Sì, in<br />
direzione, sono passato alla maggioranza, perché ho capito che stare<br />
all’opposizione ormai non serviva, mentre nella maggioranza avrei potuto<br />
recare qualche utile apporto. Ho sempre voluto essere un uomo libero e<br />
giudicare col mio cervello. Più di una volta vi sarò sembrato un incredulo<br />
per i miei dubbi; ma il mio dubbio non era scettico, ma metodico, <strong>com</strong>e via<br />
per arrivare alla verità, alla certezza.<br />
E ora una verità l’ho scoperta e ve la <strong>com</strong>unico, per dimostrarvi la mia<br />
amicizia e onestà… Ebbene, la gran discussione che si è fatta in direzione è<br />
stata tutta una manfrina, una messinscena per nascondere il loro proposito<br />
nel mentre lo stanno attuando. Monsignore e l’ingegnere stanno<br />
perfezionando la vendita del lido Balenottera alla società Mira, la quale<br />
avrebbe offerto la somma notevole di venti annualità di fitto. Somma<br />
notevole, ma essi pensano di ottenere di più interessando altre società<br />
armatoriali e turistiche, e probabilmente la Mira aumenterà l’offerta,<br />
perché essa è ben addentro in questo affare e ne conosce l’importanza.<br />
Anch’io conoscevo l’importanza di questo affare e proponevo la<br />
divisione di quella superficie in trecento particelle da <strong>com</strong>mercializzare.<br />
Ma per farle fruttare ci voleva tempo e abilità. Ora con la vendita l’affare è<br />
subito fatto, perché la somma ricavata sarà divisa in parti uguali a tutti i<br />
cittadini di Adelfia. E’ evidente che meno sono gli aventi diritto, più sarà la<br />
quota parte di ognuno. Ecco perché monsignore da molti mesi non fa più<br />
giungere neofiti, e fa di tutto per indurvi a lasciare l’isola.<br />
Infatti se tutti quelli del vostro partito abbandonassero l’isola, la<br />
somma che i rimanenti riceveranno sarebbe notevolmente maggiore. Si<br />
tratta di cifre da capogiro: ho sentito parlare di centinaia di migliaia di<br />
euro per ciascuno dei fortunati abitanti, che diventeranno tutti ricchi,<br />
molto ricchi, così, dalla sera alla mattina, <strong>com</strong>e vincendo una lotteria di cui<br />
non hanno neppure pagato il biglietto… Che ve ne pare, amici?»<br />
Io dissi:<br />
«Ci sembra che le cose vadano proprio in questo senso; infatti essi<br />
fanno di tutto per renderci qui la vita impossibile. Al nostro dottore hanno<br />
prima tolto la presidenza, poi anche la direzione del servizio sanitario.<br />
L’hanno subito data al giovane medico che hanno fatto venire. Per trecento<br />
abitanti c’era forse bisogno di due medici? E per trecento anime c’era<br />
bisogno di quattro frati? Noi, Tommaso, avevamo già intuito il disegno di<br />
costoro, ora tu ce ne dai la certezza. Ti ringraziamo per la tua correttezza e<br />
sincerità, anche se ci rammarichiamo per la tua scelta di campo… Ma,<br />
secondo te, noi che dovremmo o potremmo fare?»<br />
«Resistere, amici, non raccogliere le provocazioni, pazientare, così da<br />
una parte farete fallire il loro disegno, dall’altra, se questa manna ci sarà,<br />
ne avrete parte anche voi, che siete stati i fondatori di Adelfia.»<br />
Il dottore disse sorridendo:<br />
«Dobbiamo restare per diventare ricchi anche noi? Era questa la<br />
nostra finalità, Tommaso, quando siamo sbarcati in questa terra <strong>nuova</strong>?»<br />
61
«Non per arricchirvi, ma per <strong>com</strong>pensarvi delle grandi spese che avete<br />
sostenuto nei primi tempi, per le quali avete venduto, tutti o quasi, i vostri<br />
beni a Roma.»<br />
«Lo abbiamo fatto per obbedire alle parole che Gesù disse al giovane<br />
ricco: “Và, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro in<br />
cielo, poi vieni e seguimi.” 12 E’ difficile obbedire a questo invito, “perché la<br />
preoccupazione del mondo e l’inganno della ricchezza soffocano la<br />
parola“ 13 , e lo stesso Gesù amaramente conclude: “E’ più facile che un<br />
canapo passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei<br />
Cieli.” 14<br />
Quindi, caro Tommaso, se ce ne andremo, lo faremo proprio per non<br />
diventare ricchi. E se questa associazione si è corrotta, è avvenuto proprio<br />
per la sete di ricchezza che a poco a poco si è insinuata in essa <strong>com</strong>e un<br />
veleno.»<br />
«E allora voi cederete e lascerete l’isola?» chiese Tommaso.<br />
«Dobbiamo decidere» rispose il nostro presidente.<br />
«Se io rimango» disse Tommaso «non è tanto per l’attesa dei soldi,<br />
quanto per una certa curiosità… e un certo scetticismo… insomma voglio<br />
vedere <strong>com</strong>e andrà a finire.»<br />
«Andrà a finire certamente male.» conclusi io «<strong>La</strong> vecchia <strong>Atlantide</strong>,<br />
ricordati, Tommaso, quando i suoi abitanti si corruppero, sprofondò<br />
nell’oceano. Che la <strong>nuova</strong> <strong>Atlantide</strong> faccia la stessa fine?»<br />
«Dio ne scampi e liberi! Comunque io starò all’erta, e non mi farò<br />
sorprendere… <strong>com</strong>e voi sapete, sono diffidente per natura.»<br />
«Non sappiamo» concluse in nostro presidente «quale sarà il giudizio<br />
di Dio. Ma questa <strong>nuova</strong> terra è stata a noi affidata per instaurarvi il regno<br />
di Dio, e non il regno di Mammona… Noi, è quasi certo che ce ne andremo;<br />
tu, Tommaso, fa <strong>com</strong>e il cuore ti detta… Comunque ti ringraziamo per le<br />
utili informazioni che ci hai dato.»<br />
«E continuerò a darvene, se potrò… Il mio cuore è sempre con voi.<br />
Arrivederci.»<br />
<strong>La</strong> vita nella baia continuò a svolgersi secondo le direttive di<br />
monsignore, che anche a Roma portava avanti il suo piano. Infatti dopo<br />
pochi mesi lo stesso postulatore della causa venne con due confratelli ad<br />
annunciarci che la causa era stata vinta, e che la <strong>com</strong>unità era stata<br />
dichiarata parrocchia col titolo di San Pietro Eremita.<br />
Monsignore indisse una grande festa per la domenica successiva, con<br />
una messa solenne, celebrata da lui, assistito da tutti i frati. All’omelia<br />
annunciò che al nuovo santo sarebbe stato eretto un santuario sulla sua<br />
tomba, e la prima pietra sarebbe stata posta quello stesso pomeriggio.<br />
Invitava tutti alle 17 per andare in processione al sepolcro per la solenne<br />
fondazione.<br />
12 Mt 19,21<br />
13 Mt 13,22<br />
14 Mt 19,24<br />
62
L’ingegnere aveva già pronto il progetto, e per realizzarlo aveva<br />
accumulato il materiale, e quindi i lavori per l’erezione del tempio<br />
<strong>com</strong>inciarono il lunedì successivo. Per questi lavori furono fatti venire altri<br />
operai, <strong>com</strong>uni e specializzati, e la vita nella baia divenne più confusa,<br />
quasi frenetica.<br />
Da tempo nell’isola era stata attivata la telefonia mobile, e ora ognuno<br />
aveva il suo cellulare e ogni casa era stata fornita di un televisore Sony<br />
piatto, ultima generazione. Molti avevano il PC e qualcuno anche il<br />
collegamento Internet, e con questo molta spazzatura inondò la baia, con<br />
la pornografia e anche la pedofilia e con le offerte di sesso estremo.<br />
Tommaso ci fece sapere che la trattativa per la vendita di Baia<br />
Balenottera alla Mira stava per concludersi favorevolmente, e che<br />
monsignore stava <strong>com</strong>plottando per espellerci da Adelfia per<br />
deviazionismo, per cui eravamo diventati indesiderabili. Cominciammo a<br />
pensare seriamente alla partenza; ma innanzi tutto dovevamo contarci, e<br />
volevamo adesioni libere, senza condizionamenti neppure affettivi.<br />
Dalla radio e dalla televisione venimmo a sapere che il Brasile aveva<br />
contestato dinanzi alla Corte dell’Aia la dichiarazione italiana di exclave, e<br />
che prima o poi i cittadini di Adelfia sarebbero stati chiamati al<br />
referendum per scegliere tra Italia e Brasile, scelta che spaccava n0n solo<br />
la direzione, ma anche ambedue i partiti.<br />
Per l’Italia giocava la tradizione nazionale e la lingua, ma giocava<br />
contro il fiscalismo e la burocrazia cieca e sorda; per il Brasile giocavano le<br />
molte allettanti promesse, e precipua quella di esenzione perpetua dalle<br />
tasse federali, per cui nell’isola ci sarebbero state solo tasse <strong>com</strong>unali da<br />
spendere per i servizi municipali (sanità, sicurezza, pulizia, scuola,<br />
assistenza). C’era però l’ostacolo della lingua la quale, anche se deriva dal<br />
latino <strong>com</strong>e l’italiana, non è facilmente <strong>com</strong>prensibile se non è<br />
appositamente studiata.<br />
Non mancavano poi quelli che temevano il consiglio fraudolento che<br />
Guido da Montefeltro diede a Bonifacio VIII: “lunga promessa con<br />
l’attender corto” 15.<br />
Monsignore e i suoi frati facevano la propaganda per l’Italia, dato il<br />
loro legame col cardinale che in Vaticano fungeva da loro patrono, ma pare<br />
che anche loro furono tentati. Tommaso ci disse che la Conferenza<br />
Episcopale Brasiliana aveva mandato un suo emissario, il quale avrebbe<br />
fatto a monsignore e ai suoi accoliti allettanti promesse, pare di carattere<br />
finanziario, sotto forma di contributo per l’erigendo santuario. E’<br />
<strong>com</strong>unque certo che molto denaro circolava nell’isola per alimentare la<br />
propaganda sia brasiliana sia italiana.<br />
Dopo la canonizzazione di fra Pietro e l’elevazione della chiesa di<br />
Adelfia a Parrocchia, monsignore poté attuare il suo proposito di dotare il<br />
nuovo ente di notevoli beni. Quando fu fatta la lottizzazione dell’isola,<br />
erano rimasti non assegnati i molti ettari delle piantagioni, che venivano<br />
15 Inferno XXVII, 110<br />
63
ancora lavorati collettivamente. Ora si decise di assegnare quei quindici<br />
ettari in proprietà perpetua alla parrocchia di San Pietro Eremita.<br />
Sicché la parrocchia e quindi il parroco, cioè monsignore, avrebbe<br />
potuto affittare quei terreni a chi volesse coltivarli, a un canone annuo da<br />
concordare. Avrebbe potuto anche venderne dei lotti a chi avesse voluto<br />
costruirsi una villa in campagna; insomma quei quindici ettari erano una<br />
invidiabile proprietà, fonte di lauti proventi a favore della chiesa, che non<br />
doveva risponderne a nessuno. E una chiesa ricca diventa inevitabilmente<br />
una chiesa corrotta.<br />
<strong>La</strong> canonica non sembrò più sufficiente per le <strong>com</strong>odità dei frati, e<br />
assieme al santuario, e proprio dirimpetto ad esso, fu iniziata la<br />
costruzione di una sede parrocchiale, ampia il doppio e fornita di<br />
un’attrezzata cucina, una grande sala da pranzo e anche una sala da<br />
proiezione. E al loro servizio la direzione sacerdotale chiamò altre due<br />
donne, una <strong>com</strong>e cameriera e una <strong>com</strong>e segretaria.<br />
Molti mugugnavano per tutte queste novità, ma nessuno osava<br />
protestare, e quel mezzo convento spendeva e spandeva il suo molto<br />
denaro, col quale ammorbidiva talora l’opposizione dei protestatari.<br />
Il referendum per decidere l’appartenenza era stato fissato per il<br />
primo novembre del 2109, e a mano a mano che ci si avvicinava a quella<br />
data la propaganda elettorale divenne più accesa. <strong>La</strong> direzione si premurò<br />
di evitare infiltrazioni surrettizie di votanti, e istituì il servizio anagrafico.<br />
Anzi organizzò una sede municipale, con le direzioni di tutti i servizi di cui<br />
si sentiva bisogno, <strong>com</strong>e quello sanitario e quello scolastico.<br />
Il tricolore, che prima sventolava al balcone del municipio, fu tolto<br />
una volta fissato il referendum, ma alle finestre di molte case si vedevano<br />
esposte piccole bandiere o italiane o brasiliane.<br />
64
12 – <strong>La</strong> politica<br />
Ho già detto che alla baia si erano formati due partiti, uno<br />
maggioritario, la DC, che sosteneva il governo di monsignore, uno<br />
minoritario, il PP, che si opponeva ad esso, difendendo la vecchia<br />
dirigenza. Noi padri fondatori, pur biasimando la divisione in partiti,<br />
eravamo per il partito popolare, soprattutto per la sua opposizione alla<br />
svolta autoritaria e ierocratica. Ma una volta indetto il referendum, i partiti<br />
si spaccarono e si riorganizzarono in Fronte pro-Italia e Fronte pro-<br />
Brasile. A quanto sembrava questo era in minoranza, ma si dava<br />
maggiormente da fare e spendeva di più nella propaganda, fatta con tutti i<br />
mezzi: stampa, radio, televisione, spot, manifesti, volantini, opuscoli. I<br />
dirigenti di questo Fronte, nell’estate di quell’anno, avevano programmato,<br />
in scala ridotta, una riedizione del Carnevale di Rio nella baia. <strong>La</strong><br />
direzione, nonostante fosse anch’essa spaccata tra filo-italiani e filobrasiliani,<br />
bocciò il programma, e così quello spettacolo indecente fu<br />
risparmiato ai cittadini di Adelfia, anche se qualcuno lo avrebbe visto<br />
volentieri.<br />
In quell’estate ricevemmo un’altra visita della nave-scuola della<br />
Marina Brasiliana, sulla quale navigava mio cugino. Non portava<br />
diplomatici, ma molto materiale propagandistico e centinaia di pacchidono<br />
avvolti nella bandiera brasiliana. Ogni pacco, di circa 5 Kg, conteneva<br />
caffè, zucchero, stecche di sigarette e bottiglie di Curaçao. In ognuno c’era<br />
un poster con vedute diverse delle tante bellezze naturali del Brasile, con<br />
didascalia in italiano, ac<strong>com</strong>pagnata da un bel pistolotto propagandistico. I<br />
pacchi, uno per famiglia, furono ricevuti volentieri, e forse qualche effetto<br />
lo produssero sugli indecisi.<br />
Io parlai a lungo con mio cugino, perché il veliero si trattenne una<br />
settimana. Scherzai con lui dicendo che, da ufficiale di Marina, si era<br />
trasformato in propagandista elettorale, con tutti quei pacchi da<br />
distribuire e quei discorsetti da tenere nelle varie case, di cui fu incaricato<br />
lui e un’altro ufficiale di origine italiana. Sorrise anche lui e rispose:<br />
«Non ne potevamo fare a meno, per la nostra lealtà e fedeltà al<br />
Governo che ci ha dato questo incarico. Del resto i doni sono dati a tutti<br />
senza distinzione, per dimostrare loro l’amicizia e la vicinanza del popolo<br />
brasiliano. Riguardo alle promesse contenute negli opuscoli e depliant<br />
distribuiti, io sono convinto che saranno mantenute: il nostro è un<br />
Governo serio e anche fornito di mezzi per mantenere le sue promesse.»<br />
65
13 – L’abbandono<br />
Gli risposi che avevo ironizzato sulla sua missione propagandistica<br />
solo per chiacchierare, perché a noi della vecchia guardia non interessava il<br />
risultato del referendum, al quale non avremmo partecipato.<br />
«Allora vi asterrete? E perché? Per farlo fallire? A quale scopo?»<br />
«Non per questo; del resto non sarebbe possibile. E’ un referendum<br />
alla svizzera, che è valido qualunque sia la percentuale dei votanti. Noi non<br />
voteremo perché non ci saremo più; abbiamo deciso di andarcene, di<br />
tornare a Roma, la nostra missione qui è fallita. Quella <strong>com</strong>unità di vita<br />
cristiana che noi avevamo istituito in questa <strong>nuova</strong> terra non esiste più, c’è<br />
un villaggio mondanizzato non meno del resto del mondo, anzi per molti<br />
aspetti anche di più.»<br />
«Non lo sapevo, cugino, e mi dispiace, ma vi capisco. Voi volevate<br />
vivere al riparo dalla corruzione generale, in un’isola sperduta nell’oceano,<br />
ma che per la sua bellezza è stata appetita e fagocitata dal Leviatan<br />
mondano. Non è così, cugino? E <strong>com</strong>e potevate difendervi dal mostro?<br />
Dovevate andare in un deserto. A parte lo scherzo, io ti posso dire una<br />
cosa, cugino.<br />
Se, non demoralizzati dall’insuccesso, volete ritentare la prova, in<br />
Brasile ne avete ampia possibilità. E’ un paese vasto, il quinto del mondo<br />
per superficie, diviso in 26 Stati dei quali alcuni sono scarsamente abitati,<br />
e desiderosi di accogliere <strong>com</strong>unità di colonizzatori, alle quali offrono in<br />
uso perpetuo delle zone franche, dove operare liberamente, sfruttandone le<br />
possibilità.<br />
Molte <strong>com</strong>unità ne hanno approfittato, ma si tratta di sette pseudocristiane,<br />
con riti paganeggianti o vudù e <strong>com</strong>portamenti aberranti, che più<br />
di una volta hanno dato filo da torcere alle autorità dello Stato per le loro<br />
manifestazioni illegali o immorali o barbariche. Una <strong>com</strong>unità <strong>com</strong>e la<br />
vostra, di vera vita cristiana, sarebbe la benvenuta in quegli Stati, che vi<br />
affiderebbero zone riservate da sfruttare.<br />
Uno di questi Stati è sicuramente il Mato Grosso, che ha una<br />
superficie tre volte dell’Italia e una popolazione di appena tre milioni di<br />
abitanti. Se la cosa vi interessa, io ho a Culabà, la capitale, un amico che si<br />
è laureato con me a San Paolo e, che è impiegato statale; con lui sono in<br />
corrispondenza, e una volta sono stato anche a trovarlo. Nel Mato Grosso,<br />
che significa Grande Bosco, potreste trovare la sede ideale.»<br />
«Non so quello che faremo. Innanzi tutto devo pensare alla mia<br />
famiglia, ai miei figli. Sono cresciuti qui con noi e hanno portato avanti i<br />
loro studi con grandi sacrifici, andando e venendo da Roma e studiando da<br />
privatisti.<br />
Domenico si è maturato e ha preso Legge, aiutato da me; ora è al terzo<br />
anno, e desidera fare un po’ di frequenza. Lo stesso dicasi di Angelo che si<br />
è maturato e ha preso Medicina, aiutato dal nostro bravo dottore; ma è<br />
ancora all’anatomia, che è difficile digerire senza laboratori. Luisa ha preso<br />
66
la licenza media e vorrebbe iscriversi al classico. Sono in dovere di sentirli<br />
e di seguirli. Poi c’è Rosa, devo sentire anche lei; mi ha sempre seguito e si<br />
è sacrificata, molto.<br />
E poi ci sono gli altri della vecchia guardia e le loro famiglie…<br />
Comunque finora ci stiamo contando, noi intenzionati a lasciare la baia.<br />
L’elenco è quasi definitivo, siamo quaranta, stiamo preparando le valigie,<br />
ma non abbiamo ancora fissato la partenza.»<br />
<strong>La</strong> nave-scuola brasiliana era ancora nella baia, quando fu diffusa la<br />
notizia che il Governo Argentino aveva fatto ricorso alla Corte<br />
Internazionale dell’Aia chiedendo la sospensione del plebiscito, asserendo<br />
che l’Argentina per il trattato di Tordesillas aveva diritto sull’isola, e che il<br />
referendum non doveva essere tra Italia e Brasile, ma tra Italia, Argentina<br />
e Brasile. Per questo il Governo di Buenos Aires chiedeva lo spostamento<br />
del referendum di almeno sei mesi.<br />
<strong>La</strong> notizia, per noi intenzionati a partire, era del tutto indifferente, ma<br />
in seno ai due partiti, filo-italiano e filo-brasiliano, suscitò irritazione,<br />
perché quella argentina era evidentemente una manovra dilatoria, per far<br />
perdere tempo, per creare difficoltà, perché non era pensabile che al<br />
referendum vincesse il partito argentino, che neppure esisteva nell’isola.<br />
Parlai del fatto con mio cugino, il quale era più informato di me e<br />
aveva molto acume nel campo politico. Egli mi disse:<br />
«L’Argentina sa che non può attendersi niente da un referendum<br />
dilazionato. Vuole in realtà bloccarlo perché, io penso, ha in animo di<br />
prendersi con la forza l’isola, che è <strong>com</strong>pletamente disarmata, e così porre<br />
la <strong>com</strong>unità internazionale davanti al fatto <strong>com</strong>piuto. <strong>La</strong> Giunta Militare<br />
che ha preso il potere l’anno scorso vuole mostrare i suoi muscoli.»<br />
<strong>La</strong> spiegazione di mio cugino mi parve subito molto probabile, e mi<br />
ricordai che quando i colonnelli sono andati al potere con i loro golpes,<br />
nelle varie traballanti repubbliche del vecchio o del nuovo mondo, sempre<br />
hanno tentato di affermarsi all’interno con qualche impresa esterna.<br />
Questo fecero i colonnelli greci quando tentarono di occupare Cipro,<br />
suscitando la violenta reazione turca; questo fecero i colonnelli argentini<br />
quando occuparono le Falkland, suscitando la violenta reazione inglese.<br />
Ma i colonnelli hanno poca memoria storica, ed era sommamente<br />
probabile che quelli argentini ci avrebbero riprovato. Loro riconoscono<br />
solo la forza delle proprie truppe e disprezzano quella degli altri e<br />
dell’opinione pubblica.<br />
Mi ricordai che quando venne quella corvetta argentina, il capitano ci<br />
voleva imporre la bandiera del suo paese, e davanti al nostro rifiuto, se ne<br />
andò protestando e minacciando, anche se non lo disse esplicitamente,<br />
un’azione di forza.<br />
Il veliero brasiliano partì, e noi pensammo solo a preparare i bagagli<br />
per lasciare l’isola. Quando monsignore lo seppe, pensò che per lui era più<br />
conveniente espellerci <strong>com</strong>e deviazionisti, prima che noi lasciassimo l’isola<br />
magari accusando lui di deviazionismo.<br />
67
Venne a dircelo Tommaso, affermando che il decreto di espulsione era<br />
già stilato, con tutti i nostri nominativi e le accuse a noi rivolte, tra cui il<br />
relativismo, il modernismo e l’interpretazione personale delle Sacre<br />
Scritture. Monsignore stava aspettando l’arrivo del cardinale-patrono,<br />
perché voleva radunare la direzione in sua presenza, onde dare al decreto<br />
maggiore solennità e unzione sacra.<br />
Noi non aspettammo il cardinale e partimmo con la Freccia Azzurra il<br />
primo maggio 21o9. Non emettemmo <strong>com</strong>unicati, non accusammo, non<br />
recriminammo, non ci volemmo sfogare, e l’amarezza dell’abbandono ce la<br />
portammo tutta nel cuore, rimettendo la nostra causa nelle mani di Dio.<br />
Monsignore non si ritenne soddisfatto e, alla venuta del cardinale e<br />
alla sua presenza, fece approvare in direzione il decreto con le accuse a noi<br />
mosse, che ci facevano passare <strong>com</strong>e eretici e degni di s<strong>com</strong>unica.<br />
Noi a Roma cercammo di far rivivere la vecchia nostra Adelfia, ma<br />
seguivamo anche le vicende della Adelfia che avevamo lasciata. Essa ormai<br />
era seguita con interesse anche dalla stampa e dalla televisione, tanti erano<br />
i fatti che la rendevano appetita ai media: il santo eremita, il suo santuario,<br />
i suoi miracoli, la sua ricchezza e la <strong>com</strong>petizione per possederla.<br />
<strong>La</strong> televisione italiana vi aveva installato un giornalista, e anche il<br />
Brasile vi aveva un suo corrispondente. Venimmo così a sapere che la<br />
salma dell’eremita era stata esumata e posta in una ricca bara lignea, da<br />
collocare nell’altare maggiore del santuario che stava per essere<br />
terminato. L’esumazione della salma era stata eseguita dai frati alla<br />
presenza del cardinale, e si diceva che era stata trovata intatta, ma altri<br />
avanzavano sospetti, perché all’esumazione non era stato presente alcun<br />
medico; <strong>com</strong>unque la notizia circolava e accresceva la fama di San Pietro<br />
eremita.<br />
Infatti la voce del suo corpo intatto, alimentata ad arte, attirava<br />
pellegrini alla baia per venerare la salma, provvisoriamente esposta su un<br />
catafalco nella chiesa parrocchiale. Accanto al feretro c’era una cassetta<br />
delle elemosine che portava la scritta “Per terminare il santuario”. Le<br />
offerte fioccarono. Infatti questo fu terminato a tempo di record, i<br />
pellegrini e le offerte continuarono a crescere.<br />
Tommaso, che scriveva spesso, ci fece sapere che i frati, per custodire<br />
il loro denaro, avevano fatto venire, non da Roma ma da Filadelfia (USA),<br />
una robusta cassaforte antiscasso, in cui chiusero il loro denaro, e anche<br />
qualche lingotto, e in tutto segreto l’avevano murata al pianoterra del<br />
campanile, e stavano pensando a <strong>com</strong>e investire, per farlo fruttare, il loro<br />
tesoro.<br />
Intanto l’ingegnere con un collega aveva pensato ad aprire una banca,<br />
per rastrellare il risparmio, offrendo l’interesse del 2,5%. Molto era il<br />
denaro che circolava, e molti erano gli speculatori che promettevano anche<br />
il 15-20% con i loro prodotti finanziari, o falsi o emessi da banche<br />
inesistenti, e molti ingenui ci cascavano, e si ritrovarono scippati del loro<br />
capitale e, da ricchi che erano, divennero poveri dall’oggi al domani.<br />
68
14 – <strong>La</strong> prevaricazione<br />
<strong>La</strong> banca che avevano aperto l’ingegnere col suo socio era onesta, e su<br />
solide basi, con tutto il liquido che i due fondatori vi avevano immesso,<br />
perché essi erano, dopo monsignore, i più ricchi dell’isola.<br />
Per sede della banca essi <strong>com</strong>prarono dalla parrocchia la vecchia<br />
canonica e la ristrutturarono per servire alla <strong>nuova</strong> funzione. Scavarono<br />
sotto il pianterreno un locale per il caveau, dove collocarono una cassaforte<br />
tedesca fatta venire da Amburgo.<br />
L’immigrazione nell’isola non era più sottoposta ad alcun controllo,<br />
ma il Municipio stabilì che non si poteva ottenere la cittadinanza se non<br />
dopo cinque anni di residenza. Dato che non c’era una vera guida<br />
spirituale e neppure un’autorità che salvaguardasse almeno la <strong>com</strong>une<br />
morale e il pudore, l’isola fu invasa da vacanzieri licenziosi e anche da<br />
prostitute.<br />
Dalla baia Balenottera, ora in possesso della Mira, al resto dell’isola<br />
non c’era più alcun confine, si andava e veniva a piacimento, e la direzione<br />
di Adelfia non si preoccupava di arginare il degrado morale. I suoi membri<br />
ormai pensavano solo al loro “particulare”, cioè a <strong>com</strong>e far fruttare la loro<br />
carica. Dalla baia Balenottera si infiltrarono anche prostitute e viados in<br />
cerca di clienti.<br />
I doni che il Creatore ha dato all’uomo per essere da lui liberamente<br />
obbedito e amato, cioè l’intelligenza e il libero arbitrio, ormai servivano<br />
solo per studiare i mezzi disonesti di guadagnare e avere sempre più potere<br />
e piacere, imponendosi sugli altri, meno furbi e meno abili o<br />
semplicemente meno disonesti.<br />
<strong>La</strong> direzione ierocratica, invece di contrastare il degrado morale, ne<br />
dava essa stessa un esempio. Al suo servizio fece venire da Roma, <strong>com</strong>e<br />
PR, una molto giovane laureata; ora sentiva il bisogno di curare la propria<br />
immagine, perché capiva di perdere consensi. Infatti molti cittadini, pur<br />
mondanizzati, non gradivano la spregiudicatezza e partigianeria di alcuni<br />
frati della direzione.<br />
Il cardinale romano, che era il loro protettore, espresse in quei mesi il<br />
desiderio di andare ad abitare nell’isola, non appena fosse stato posto in<br />
quiescenza dal Vaticano. <strong>La</strong> parrocchia subito gli donò un ettaro della sua<br />
terra, e l’ingegnere <strong>com</strong>inciò a costruirvi una villa in stile palladiano.<br />
Insomma ormai la ricchezza faceva sfoggio di sé, si pavoneggiava e<br />
costituiva il valore sociale supremo.<br />
E alla ricchezza sfondata di alcuni corrispondeva, <strong>com</strong>e di regola<br />
avviene, la nera povertà di altri, e il Municipio dovette istituire per essi un<br />
servizio assistenza. Com’era potuto avvenire che, da un giorno all’altro,<br />
perdessero tutti i loro soldi? Erano stati truffati dai venditori di fumo.<br />
Nell’isola regnava ormai l’illegalità. L’Italia, pur considerandola una<br />
propria exclave, non aveva istituito nell’isola una polizia e una<br />
magistratura, confidando nell’autorità della direzione. <strong>La</strong> legge e i codici<br />
69
(civile, penale e <strong>com</strong>merciale) erano quelli italiani, ma chi li faceva<br />
rispettare nell’isola?<br />
Quell’arricchimento improvviso, dovuto alla lottizzazione e alla<br />
vendita della baia Balenottera, aveva per così dire ubriacato e stordito i<br />
cittadini, e aveva contemporaneamente fatto piombare nell’isola tanti<br />
speculatori e imbroglioni, che vendevano bond e altri prodotti finanziari di<br />
banche e ditte straniere, incassavano il denaro e poi sparivano. Ci<br />
cascarono i più ingenui e anche i più avidi, attirati dagli alti intereressi<br />
offerti, 20-25% e ancora più alti.<br />
Come il cacio attira i topi, così il denaro attira i ladri, e nell’isola<br />
<strong>com</strong>inciarono a verificarsi dei furti. Il sindaco corse ai ripari istituendo un<br />
corpo di otto guardie <strong>com</strong>unali, ma queste, arruolate senza adeguata<br />
selezione e preparazione, risultarono inefficienti per imporre l’ordine e la<br />
sicurezza, anche perché non era stato ancora emanato un regolamento di<br />
polizia urbana, e non si sapeva con precisione ciò che non si poteva fare e<br />
quali fossero le sanzioni per le illegalità.<br />
E naturalmente i malintenzionati approfittavano di questa situazione<br />
caotica, che si aggravò, e dai furti si passò alle rapine, e nell’isola<br />
<strong>com</strong>parvero le armi.<br />
70
15 – Sinistre avvisaglie<br />
I gravi fatti che mi accingo a narrare sono stati pubblicati dai giornali<br />
di Roma, e non mi indugio in essi più di tanto; mi basta accennarvi per<br />
dimostrare che il denaro, così appetito, è anche causa di infiniti mali.<br />
Nella notte di San Silvestro 2109, mentre nell’isola si faceva baldoria<br />
con i fuochi artificiali e i botti, con la gente che ballava e brindava in<br />
piazza, una banda di malandrini sbarcò non vista e, con armi personali e<br />
una grossa carica di tritolo, andò direttamente al campanile:<br />
evidentemente una talpa li aveva informati che lì era custodito il tesoro<br />
della parrocchia, ossia della frateria.<br />
Non tentarono neppure di forzare il portone blindato, piazzarono lì la<br />
carica e fecero saltare tutto il locale. <strong>La</strong> cassaforte, scardinata dal muro,<br />
giaceva a terra intatta. Se la caricarono su una specie di barella che<br />
avevano portato, raggiunsero in tutta fretta il grosso gommone che li<br />
attendeva in una caletta appartata e si allontanarono a gran velocità verso<br />
la nave piratesca che aveva organizzato il colpo.<br />
<strong>La</strong> deflagrazione dell’esplosivo era avvenuta proprio allo scoccare<br />
della mezzanotte, e quasi tutti credettero che qualche buontempone avesse<br />
fatto esplodere un petardo eccezionale, onde il botto spaventoso. Il<br />
mattino successivo videro l’enorme squarcio alla base del campanile, che<br />
ne pregiudicava la stabilità. L’ingegnere disse che poteva crollare da un<br />
momento all’altro, e ammonì tutti di tenersi a debita distanza.<br />
Molti rimasero a guardare, attendendo l’evento, e si volevano godere<br />
lo spettacolo. Verso mezzogiorno, essendosi levato un forte maestrale, il<br />
campanile crollò d’un tratto con tutte le campane, che risuonarono a terra<br />
sinistramente, in mezzo a un gran polverone che quasi accecò gli<br />
spettatori, i quali ebbero poco di cui godere.<br />
Il campanile era alto 40 metri, le campane erano quattro: quando il<br />
polverone fu spazzato via dal vento, lo spettacolo era desolante. Fu ripreso<br />
con la telecamera dal corrispondente TV, e potemmo vedere sul piccolo<br />
schermo quelle immagini che stringevano il cuore.<br />
Fu una vera fortuna che il forte vento avesse fatto cadere il fusto del<br />
campanile verso il lato libero della piazza, arrivando col lanternino a una<br />
ventina di metri dalla base; se fosse caduto verso la chiesa, la avrebbe<br />
certamente lesionata, e forse gravemente. Perciò monsignore indisse per la<br />
sera una celebrazione liturgica per lo scampato pericolo.<br />
Ma le parole che egli disse ai convenuti sapevano poco di rendimento<br />
di grazie. Iniziò stigmatizzando la malvagità di uomini che, a sangue<br />
freddo, programmavano e attuavano azioni così efferate, che erano anche<br />
gravissimi e imperdonabili sacrilegi. Poi lamentò che ora la parrocchia era<br />
rimasta senza mezzi, e non poteva più aiutare i bisognosi, ma aveva essa<br />
stessa bisogno di essere aiutata. Chiuse dicendo che si doveva restituire<br />
alla chiesa la pia voce delle campane, ricostruendo il campanile tal quale, e<br />
rimettendo al loro posto i sacri bronzi.<br />
71
Quando monsignore si sedette, si alzò a parlare il sindaco, cioè<br />
l’ingegnere-banchiere. Disse che per i bisogni della parrocchia avrebbe<br />
aperto un credito fiduciario presso la sua banca, e che per la ricostruzione<br />
del campanile, del quale conservava i disegni e le misure, avrebbe<br />
l’indomani aperto una colletta alla quale lui contribuiva con 50.000 euro.<br />
Esortò tutti a essere generosi affinché al più presto nella baia si potesse<br />
riascoltare il dolce suono dell’Ave Maria della sera.<br />
Debbo precisare che tutti questi particolari li ho saputi da una lettera<br />
di Tommaso, giuntami dieci giorni dopo il fatto. Anche lui era rimasto<br />
scioccato dall’attentato dinamitardo, che aveva mandato in fumo i denari<br />
della parrocchia: i suoi, diceva, erano al sicuro nel caveau della banca.<br />
Per renderli più sicuri l’ingegnere, da quando erano <strong>com</strong>inciati i furti<br />
nell’isola, aveva ingaggiato sei vigilantes che facevano la guardia alla sua<br />
banca giorno e notte, alternandosi ogni tre ore, di giorno uno solo, la notte<br />
in due. Non erano armati: in caso di pericolo dovevano suonare l’allarme;<br />
era una sirena così forte e di suono così stridente che faceva proprio saltare<br />
le gambe, i nervi e anche i timpani. Io l’ho sentita una sola volta, alla sua<br />
installazione, e non volli sentirla una seconda volta.<br />
Ma la dovettero sentire un’altra volta, gli isolani, verso le ore 3 del 6<br />
gennaio 2110, giorno dell’Epifania, quando gli stessi malandrini<br />
sbarcarono con i candelotti di dinamite per far saltare il tesoro della banca.<br />
Vedendo i due vigilantes, gli spararono addosso, ma ne colpirono solo uno;<br />
l’altro, illeso, fece scattare l’allarme. <strong>La</strong> sirena rompi-timpani li fece<br />
desistere dall’impresa dinamitarda; ma erano uomini duri e ne attuarono<br />
subito un’altra che, se non fruttava sul momento, avrebbe fruttato in<br />
seguito: sequestrarono e portarono via con loro il vigilante, rimasto illeso<br />
ma mezzo morto di paura.<br />
<strong>La</strong> sirena suonò per tutto il minuto programmato, perché non c’era<br />
nessuno che la disattivasse. Tutta Adelfia fu destata. Quelli che<br />
possedevano una pistola (non erano pochi), la impugnarono e uscirono,<br />
ma vedendo tutto buio si fermarono incerti, non sapendo che fare in<br />
quell’oscurità. Era avvenuto che la sirena aveva fatto spegnere l’impianto<br />
di illuminazione pubblica al quale era collegata.<br />
Quando finalmente cessò l’urlo della sirena, tornò nelle strade la luce,<br />
e i quattro vigilantes a riposo, le guardie <strong>com</strong>unali e molti coraggiosi<br />
accorsero alla banca, dove trovarono il povero ucciso steso davanti al<br />
portone, in una pozza di sangue. Accorse anche il medico, e fece portare il<br />
corpo in infermeria, dove ne constatò la morte: i due colpi di pistola che lo<br />
avevano raggiunto avevano reciso l’arteria femorale e quella iliaca,<br />
dissanguandolo in pochissimo tempo.<br />
Furono guai per i due banchieri, che dovettero indennizzare la moglie<br />
dell’ucciso con una forte somma, e ne dovettero pagare una più grande per<br />
riscattare il sequestrato.<br />
Nell’isola si in<strong>com</strong>inciò a vivere nella paura, a <strong>com</strong>prare pistole e<br />
carabine, a chiudersi in casa, a mettere porte blindate; non c’era più<br />
sicurezza, anche perché non c’era un vero corpo di polizia. Il sindaco<br />
72
adunò il consiglio <strong>com</strong>unale (cioè la vecchia direzione) per decidere il da<br />
farsi. Si decise di inviare una petizione al Governo perché istituisse al più<br />
presto nell’isola una stazione dei carabinieri. Il Governo non aderì subito;<br />
volle approfittare di quella richiesta, dettata dalla paura, per legare l’isola<br />
indissolubilmente all’Italia. Volle cioè una richiesta plebiscitaria e<br />
l’ottenne; così finì la contesa col Brasile, ma non con l’Argentina che non<br />
volle riconoscere validità al pronunciamento, essendo pendente la sua<br />
causa davanti al tribunale internazionale.<br />
<strong>La</strong> paura degli abitanti aumentò quando un brutto giorno, attingendo<br />
l’acqua ai pozzi, si accorsero che era salata e non più utilizzabile. C’era il<br />
dissalatore, ma la sua produzione era insufficiente per soddisfare l’utenza,<br />
e l’acqua fu erogata solo due ore al giorno. Poi anche questo<br />
provvedimento apparve inadeguato, perché in quelle due ore le famiglie<br />
tenevano i rubinetti sempre aperti per costituirsi delle scorte e avvenivano<br />
anche degli sprechi. Quindi l’acquedotto fu chiuso e l’acqua distribuita con<br />
le autobotti, dieci litri a famiglia.<br />
<strong>La</strong> vita nella baia Adelfia <strong>com</strong>inciò a essere difficile, e tutti erano<br />
preoccupati. Molti <strong>com</strong>inciarono ad accozzare le loro cose per lasciare<br />
l’isola. Ci furono svendite di lotti e di case, tanti erano quelli che volevano<br />
realizzare e andarsene. L’ingegnere chiuse la sua banca e ne trasferì i conti<br />
correnti e i depositi al Banco di Roma.<br />
Monsignore e i suoi accoliti erano sconcertati: le messe continuavano<br />
a essere celebrate, ma quelli che vi assistevano erano sempre di meno, le<br />
omelie erano sempre più brevi e generiche: esortavano ad avere pazienza,<br />
perché Dio li sottoponeva a una prova, che potevano superare con<br />
l’intercessione di San Pietro, il cui feretro era ancora esposto nella chiesa<br />
parrocchiale. I lavori per le rifiniture del suo santuario, <strong>com</strong>e anche quelle<br />
per la villa del cardinale, erano stati sospesi per la carenza d’acqua, e tutti<br />
gli operai esterni rimpatriati, con gravi spese e indennizzi per i contratti<br />
disattesi.<br />
Un brutto giorno ci fu un’altra amara sorpresa; sul portone della<br />
chiesa, del municipio e della banca si lesse una terribile frase: “ Scappate,<br />
topi, prima che la nave affondi!”. Chi l’aveva scritta?<br />
Si fece un’indagine, ma non se ne scoprì l’autore. Era uno scriteriato<br />
che si voleva divertire seminando panico? Era un furbastro che voleva<br />
pescare nel torbido e <strong>com</strong>prare a bassissimo prezzo i lotti e le case? Era un<br />
profeta di sventure, un Natan redivivo? Mah!<br />
Il fatto sta che i più <strong>com</strong>inciarono a pensare seriamente alla partenza.<br />
Tommaso non ci pensò due volte, vendette i beni immobili al primo<br />
offerente e fece i suoi bagagli. Per non aspettare il prossimo ritorno della<br />
Freccia Azzurra, che sarebbe avvenuto dopo dieci giorni, andò a<br />
imbarcarsi con la famiglia sulla nave-crociera che partiva in quei giorni da<br />
lido Balenottera.<br />
73
16 – Il cataclisma<br />
<strong>La</strong> nave della Mira sulla quale viaggiava Tommaso arrivò a Livorno il<br />
31 marzo 2110, e il primo aprile, di prima mattina, sentii squillare il<br />
cellulare:<br />
«Pronto… chi è a quest’ora?»<br />
«Sono Tommaso… ché ti ho svegliato?»<br />
«Svegliato no, ma quasi. Che avevi di tanto urgente da dirmi?»<br />
«Che in mattinata ti vengo a trovare.»<br />
Io non sapendo che fosse partito dall’isola, pensai subito al pesce<br />
d’aprile, e dissi:<br />
«Bene, Tommaso; se tu vieni a trovarmi in mattinata, io ti restituirò la<br />
visita in serata, così siamo pari.»<br />
«No, avvocato, non è lo scherzo del primo aprile, è la verità. Tu non ci<br />
credi perché non ti ho avvertito della mia partenza da Adelfia, che è<br />
avvenuta in fretta e furia e non ho pensato a scriverti; ma sono a Roma.»<br />
«Bene, Tommaso, questa volta l’incredulo sono io, ci scambiamo le<br />
parti… Ma dimmi, che avviene nell’isola? Il telegiornale di ieri sera ci ha<br />
fatto sapere del terremoto… è stato forte?»<br />
«Vedo che continui a non credermi… Ebbene, se tu hai ancora il<br />
numero del mio fisso di Roma, chiamami lì, e ti accerterai.»<br />
Lo chiamai sul fisso, e rispose sempre lui; disse:<br />
«Non conosco le ultime notizie, sono sbarcato appena ieri; però ho<br />
tante cose da dirti, sarò da te alle 11. Ciao.»<br />
Pensai bene di avvertire il nostro vecchio presidente e anche il vecchio<br />
economo di questa venuta di Tommaso. Anche loro non ne sapevano<br />
niente, e vennero da me per incontrarlo.<br />
Dopo i saluti e gli abbracci, Tommaso disse:<br />
«Temo proprio che la Nuova <strong>Atlantide</strong> farà una brutta fine, e sono<br />
venuto via per questo… Sì, io mi ero accodato alla <strong>nuova</strong> politica… per<br />
debolezza morale… sono stato un opportunista; ma poi ho capito che<br />
quella politica era antitetica al nostro ideale, e l’ho abbandonata… anche<br />
per paura, lo riconosco, ma non solo… Dio stesso ci voleva avvertire che<br />
quella non era la via insegnata dal suo Figlio.<br />
Il primo segno fu la s<strong>com</strong>parsa dell’acqua dolce della roccia, l’ultimo è<br />
stato la ri<strong>com</strong>parsa dell’acqua salata nei pozzi… questi sono segni celesti. E<br />
la conferma che eravamo sulla cattiva strada ci veniva dal degrado della<br />
vita nell’isola: consumismo, edonismo, arrivismo, lotta per prevalere, e<br />
infine delinquenza e anche sfacciata immoralità… Io ho avvertito i<br />
prodromi del collasso… Per fortuna sono partito in tempo, e ho potuto<br />
salvare il mio gruzzolo… Sì, ho portato via dalla baia un bel po’ di soldi, ma<br />
mi sento con la coscienza a posto, perché essi sono press’a poco quanto<br />
possedevo prima… Voi, invece, avete perduto tutto quello che<br />
possedevate… mi dispiace.»<br />
74
«Ma non abbiamo perduto la fede;» disse il dottore «quanto abbiamo<br />
speso per Adelfia vada in gloria di Dio, che non ci farà mancare quello di<br />
cui abbiamo bisogno… Ma, Tommaso, dacci qualche notizia di Adelfia, sul<br />
<strong>com</strong>portamento dei frati, per esempio, e su quello del sindaco… e se ci<br />
sono state altre… diciamo disgrazie, dopo quella dei pozzi.»<br />
«Sì, ci fu il guasto al dissalatore: un filtro si bloccò e l’impianto<br />
<strong>com</strong>inciò a funzionare a scartamento ridotto. Il sindaco andò subito a<br />
chiedere aiuto al direttore del Lido Balenottera, che però non fu generoso<br />
<strong>com</strong>e l’altra volta, e ci fece pagare salata l’acqua che ci fornì. Il capitano<br />
della nave “Lido Paradiso” che era attraccata, fu ancora più esoso, e ci<br />
cedette 1000 bottiglie di acqua minerale a quattro volte il prezzo di costo e<br />
a pronta cassa…<br />
Quelli della Mira dimostravano così la loro scontentezza per l’alto<br />
prezzo che erano stati costretti a pagare per <strong>com</strong>prare il lido. Comunque<br />
anche lì le cose non andavano tanto bene. Anche lì i pozzi erano diventati<br />
salati, per cui l’acqua era erogata solo dall’impianto di dissalazione, e<br />
costava parecchio, per cui la direzione dovette aumentare il prezzo del<br />
soggiorno giornaliero, e i soggiorni da allora <strong>com</strong>inciarono a ridursi. <strong>La</strong><br />
Mira avvertiva aria di crisi, si rammaricava dell’incauto acquisto, e la<br />
direzione del lido ci dimostrava il suo malanimo a ogni occasione…<br />
I frati si erano chiusi in se stessi, parlavano poco e soprattutto<br />
evitavano di <strong>com</strong>mentare gli avvenimenti. Monsignore, che in genere<br />
diceva la Messa alle nove, una domenica non fu visto in chiesa, e la Messa<br />
fu celebrata da fra Ginepro, il quale saltò l’omelia. A chi gliene chiese il<br />
motivo disse che non si era potuto preparare, perché lui diceva messa il<br />
pomeriggio; riguardo a monsignore disse che era indisposto. Però non è<br />
stato più visto né in chiesa né fuori. Qualcuno sostenne che si era<br />
imbarcato travestito, ac<strong>com</strong>pagnato da una donna, sull’ammiraglia della<br />
Mira…<br />
Riguardo al sindaco, non ho nulla da rimproverargli; si è adoperato<br />
<strong>com</strong>e ha potuto per affrontare l’emergenza, e quando io sono partito, 15<br />
giorni fa, era ancora al suo posto… Ma ripensando ora, amici, a tutti gli<br />
eventi di questi quasi dieci anni di Adelfia, non riesco a capacitarmi <strong>com</strong>e<br />
tutto questo cambiamento possa essere avvenuto.»<br />
«E’ accaduto» dissi io «per il peccato di origine, per il cedimento alla<br />
grande tentazione che giornalmente ci tendono i doni preclari che il<br />
Creatore ci ha dato, l’intelligenza e la libertà di agire. Invece di usarli per il<br />
bene, amare Dio con tutto il cuore e il prossimo <strong>com</strong>e noi stessi, ce ne<br />
serviamo per fini mondani, per arricchirci, <strong>com</strong>andare e godercela,<br />
specialmente quando ci si offre l’occasione. E le occasioni nell’isola ci sono<br />
state, purtroppo, e molte. <strong>La</strong> prevaricazione è prevalsa, e non sappiamo<br />
sino a quando Dio la tollererà.<br />
Egli ci aveva offerto una <strong>nuova</strong> terra per attuare il regno di Cristo, ma<br />
noi non ne siamo stati capaci, e vi abbiamo fatto entrare il Maligno,<br />
l’astuto tentatore. Ma Dio non potrà abbandonare quelli che in Lui<br />
75
confidano; Egli interverrà, <strong>com</strong>e e quando non sappiamo, ma provvederà<br />
ai suoi figli devoti.»<br />
«Io proporrei» disse l’ex-economo «di ricostituire l’associazione e di<br />
trovare un’altra terra dove tentare ancora di attuare il nostro ideale,<br />
cercando di non ricadere negli errori <strong>com</strong>messi a baia Adelfia: errando<br />
discitur.»<br />
«Anch’io ci avevo pensato» dissi «appena tornato a Roma. E avevo<br />
anche in mente il luogo dove andare. Un mio cugino, ufficiale in quella<br />
nave brasiliana che ha attraccato due volte alla baia, mi disse che nel Mato<br />
Grosso avremmo trovato il territorio ideale, e lui mi prometteva ogni<br />
assistenza per mezzo di un amico che nella capitale di quello Stato ha un<br />
incarico governativo. Ci ho pensato qualche giorno, ma poi mi sono reso<br />
conto che è impossibile, soprattutto perché ora non abbiamo una guida<br />
spirituale. Ma anche perché sono ormai convinto che una <strong>com</strong>unità, anche<br />
molto benintenzionata, non resiste molto alle tentazioni dell’avere, del<br />
potere e del piacere, con le quali il Maligno incessantemente la assale<br />
servendosi anche dei suoi accoliti, che talora sono gli stessi uomini di<br />
Chiesa. Penso però che una fraternità di vita evangelica, qui a Roma, la<br />
possiamo ricostituire, <strong>com</strong>e ai vecchi tempi.»<br />
«Certamente la ricostituiremo» disse il dottore «se noi tre ci<br />
<strong>com</strong>inciamo a lavorare da oggi.»<br />
«Forse ci sarò anch’io» disse Tommaso «ma ci voglio pensare.»<br />
Conversando conversando si era fatta l’una, e decidemmo di ascoltare<br />
il telegiornale RAI, per vedere se davano notizie della Nuova <strong>Atlantide</strong>. Nel<br />
sommario sentimmo “Baia Adelfia: sfiorata la catastrofe”. Nella<br />
corrispondenza il giornalista disse:<br />
«Qui alla Baia è diffusa la paura. Dopo la scossa di ieri notte -<br />
magnitudo 4,8 – che aveva provocato dei danni, ma nessuna vittima,<br />
stamattina si è sfiorata la catastrofe. Era stata indetta per le nove una<br />
supplica in chiesa attorno alla bara di fra Pietro, per ottenere la salvezza<br />
dal terremoto. Erano lì dentro riunite un centinaio di persone, ma prima<br />
che iniziassero le preghiere si è sentito un terribile boato. Tutta la gente si<br />
è precipitata fuori in preda allo spavento, allontanandosi dall’edificio, ma<br />
fermandosi nell’ampio sagrato, non sapendo dove rifugiarsi. Subito si è<br />
verificata la tremenda scossa, che poi è risultata di magnitudo 5,9, la quale<br />
ha fatto abbattere sulla chiesa quel mezzo campanile che era stato<br />
ricostruito, assieme alla campana più grande che vi era stata sistemata<br />
provvisoriamente alla sommità. Tutto quel materiale è caduto sul frontone<br />
della chiesa che è immediatamente crollato e ha fatto crollare parte della<br />
volta, quasi una metà. Il catafalco con la bara è stato solo sfiorato da<br />
qualche pietra, e non ha riportato danni. Ma se quel boato non avesse fatto<br />
scappare i fedeli dalla chiesa, sarebbe stata veramente una strage.»<br />
Le parole erano ac<strong>com</strong>pagnate dalle immagini riprese da una<br />
telecamere portatile. Il giornalista continuò:<br />
«Il sindaco è subito accorso per rendersi conto dell’accaduto e<br />
confortare i cittadini spaventati. Tra questi, alcuni coraggiosi volevano<br />
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attraversare le macerie per andare a recuperare la bara dell’eremita, ma il<br />
sindaco lo ha vietato, e per fortuna, perché poco dopo si è verificata<br />
un’altra scossa che, anche se inferiore, ha fatto venir giù qualche altro<br />
pezzo della volta. Questa seconda scossa fa temere uno sciame sismico, e<br />
molti cittadini hanno già deciso di partire con la Freccia Azzurra che sta<br />
per arrivare in baia, con la quale forse partirò anch’io, dato che la direzione<br />
mi ha autorizzato a farlo.»<br />
Evidentemente egli lasciò l’isola, perché la RAI non diede più le sue<br />
corrispondenze da Baia Adelfia. Noi rimanemmo scioccati; eravamo<br />
affettivamente ancora legati a quell’isola e volevamo rivederla.<br />
Chiamammo la Mira per sapere quando era fissata la prossima partenza<br />
per il lido Balenottera. Ci risposero che per i noti eventi quel lido era stato<br />
chiuso, e non c’erano partenze.<br />
Telefonammo allora al signor Miceli per sapere quando ci sarebbe<br />
stata la partenza della sua motonave. Ci <strong>com</strong>unicò che essa stava per<br />
ripartire dall’isola carica di fuggiaschi, e non vi sarebbe più tornata. Nel<br />
prossimo viaggio, tra 15 giorni, essa sarebbe arrivata fino a Sant’Elena,<br />
dato che molti turisti si erano prenotati per la visita alla tomba di<br />
Napoleone. Ci fece gentilmente sapere che per Sant’Elena c’era un volo<br />
inglese l’indomani, e che da quest’isola c’erano elicotteri turistici per<br />
l’<strong>Atlantide</strong>. Se eravamo interessati, potevamo usare quei vettori.<br />
<strong>La</strong> <strong>com</strong>pagnia inglese ci informò che il volo per Sant’Elena sarebbe<br />
partito l’indomani alle 23 e che il costo di andata e ritorno era di 400 euro:<br />
volevamo prenotare? Io, che ero al telefono, risposi di no. Tommaso, che<br />
aveva sentito, mi chiese:<br />
«Perché hai detto di no?»<br />
«Perché né io né questi amici abbiamo da spendere quei soldi;<br />
abbiamo perduto tutto, e ci stiamo appena riprendendo.»<br />
«E non hai pensato che ci sono io, che ho salvato quasi tutti i soldi<br />
derivati dalla vendita del lido alla Mira? Quelli sono un po’ anche soldi<br />
vostri. Voglio risarcirvi. Se ci state, <strong>com</strong>pro subito quattro biglietti e<br />
andiamo tutti a rivedere la nostra baia.»<br />
Noi accettammo l’offerta senza fare cerimonie, tanta era l’ansia di<br />
vedere <strong>com</strong>’era ridotta Adelfia dopo i terremoti. Tommaso sorrise<br />
soddisfatto, ci strinse le mani e disse:<br />
«Corro a fare i biglietti, voi preparatevi; domani verrò a prendervi con<br />
la mia macchina verso le 21. Ciao.»<br />
L’amico fu puntuale, l’aereo partì puntualmente. Fece scalo a Valencia<br />
e a <strong>La</strong>s Palmas, e dopo 16 ore eravamo a Sant’Elena. Ci informammo<br />
subito del servizio elicotteri per baia Adelfia. L’incaricato disse che era<br />
sospeso, perché altri terremoti c’erano stati nell’isola, uno sciame sismico<br />
per nulla lieve, e l’eliporto era stato reso inservibile. Rimanemmo molto<br />
delusi.<br />
Il dirigente si accorse della nostra delusione e disse:<br />
«Sentite, voi siete solo quattro, ma se si arrivasse almeno a dieci, la<br />
Compagnia effettuerebbe il volo sull’isola, a bassa quota, in modo da<br />
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osservarla bene, diciamo a 30-40 metri di altezza, girandola tutta e poi<br />
ritornando indietro, perché l’atterraggio non è possibile… Comunque le<br />
ultime notizie che abbiamo sono piuttosto preoccupati: sembra che tutto il<br />
mare all’intorno ribollisca e si gonfi… credo che tutti gli abitanti siano<br />
fuggiti, ad eccezione, dicono, di pochi scriteriati che fino all’ultimo hanno<br />
<strong>com</strong>prato i lotti a prezzi vilissimi, e rimangono lì a guardare i loro<br />
possedimenti, nell’attesa che la buriana finisca.»<br />
Ci furono altri turisti desiderosi <strong>com</strong>e noi di vedere l’isola, e la<br />
Compagnia due giorni dopo fece partire l’elicottero con due piloti e dieci<br />
viaggiatori a bordo. Il mezzo, attrezzato per il turismo, aveva ampi<br />
finestrini tutt’intorno, e anche due oblò al pavimento per permettere la<br />
vista verso il basso.<br />
Partimmo di prima mattina con cielo terso e senza vento. Eravamo<br />
incollati ai finestrini, perlustrando il mare, per vedere se si vedevano<br />
imbarcazioni e se effettivamente ribollisse, <strong>com</strong>e avevamo sentito; ma era<br />
calmo e <strong>com</strong>pletamente deserto: non una zattera, non un canotto, non un<br />
relitto, niente.<br />
Dopo tre ore di volo, sempre a bassa quota, arrivammo sulla zona<br />
dove era stata l’isola e ci accertammo che essa era del tutto s<strong>com</strong>parsa. Ci<br />
si strinse il cuore pensando che con la chiesa era sprofondata anche la bara<br />
di fra Pietro. Sulla via del ritorno vedemmo in lontananza galleggiare<br />
qualche cosa sull’acqua, per cui il pilota ridusse la velocità e si abbassò<br />
ancor di più.<br />
Sembrava una barchetta, una specie di piroga. Quando le fummo<br />
sopra, l’elicottero si fermò e scese a quota dieci: non era una piroga ma una<br />
bara di legno. Ci si allargò il cuore quando riconoscemmo il feretro del<br />
santo eremita che galleggiava sulle acque: ma che potevamo fare?<br />
Parlammo col pilota, chiedendo se si poteva tentare il recupero della<br />
bara. Lui ne parlò col secondo, poi disse:<br />
«Possiamo tentare. Siamo attrezzati per il recupero di persone e di<br />
cose, ma qui si tratta di una pesante bara, difficile da imbracare. Ma il mio<br />
bravo collega tenterà.»<br />
Infatti costui si imbracò e si calò col verricello di bordo sulla bara, che<br />
imbracò <strong>com</strong>e meglio poté. Fatto un cenno al collega, il verricello <strong>com</strong>inciò<br />
a sollevare lentamente uomo e bara. Noi seguivamo col cuore sospeso la<br />
difficile manovra.<br />
Il carico era già a pochi metri dall’elicottero, e noi stavamo già<br />
gioiendo per il miracoloso recupero, quando l’imbracatura della bara<br />
cedette, ed essa piombò in mare dove subito si inabissò. Anche il<br />
coraggioso elicotterista rischiò di cadere in mare per l’urto che aveva<br />
ricevuto dallo sganciamento della bara. Rientrò nel velivolo tutto<br />
mortificato.<br />
Noi ci levammo in piedi per confortarlo stringendogli la mano. Ma<br />
nessuno disse una parola: eravamo tutti troppo sconsolati.<br />
Il pilota riprese quota e velocità, e volle tornare, non so perché, al<br />
Tropico del Capricorno, sul sito della Nuova <strong>Atlantide</strong>, forse alla ricerca di<br />
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qualche relitto. No, non restava niente: il mare era tutto liscio e sgombro.<br />
Anche i piloti erano scioccati, e ripresero silenziosi il volo di ritorno verso<br />
Sant’Elena.<br />
Ripassammo sul luogo dove era affondata la bara, e guardavamo il<br />
mare con la folle speranza di vederla riemergere dalle acque. Vana<br />
speranza: nulla di puro poteva emergere nella corruttela umana.<br />
Ci ricordammo di quel passo della Genesi (6, 5-7) che dice:<br />
«Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra, e<br />
che ogni disegno concepito dal loro cuore non era altro che male. E il<br />
Signore si pentì di aver creato l’uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor<br />
suo. Il Signore disse: “Sterminerò dalla terra l’uomo che ho creato; con<br />
l’uomo anche il bestiame, i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito<br />
di averli fatti”.»<br />
Sbarcati a Sant’Elena con l’animo sottosopra, ci sedemmo nella sala<br />
d’aspetto dell’eliporto per riprenderci un po’, riflettendo su quelle terribili<br />
parole della Bibbia. Poi il presidente si alzò e disse:<br />
«Andiamo; tutto consummatum est! 16 Chiediamo perdono a Dio per<br />
l’umanità peccatrice, e preghiamo affinché la catastrofe dell’isola serva a<br />
tutti di monito per ravvedersi al fine di stornare l’ira di Dio e il minacciato<br />
cataclisma universale.»<br />
Ognissanti 2110<br />
16 Tutto è <strong>com</strong>piuto! (Gv 19,30)<br />
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