Booklet (PDF 386 Kb) - Concerto Classics
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dal religioso di Vergine bella, al popolaresco di Pan de miglio caldo caldo, sino al palesemente licenzioso di<br />
Cingari simo e de La Zotta. La struttura metrica e strofica dei testi frottolistici non seguiva un modello unitario:<br />
ogni stanza poteva contenere un numero variabile di settenari, ottonari e endecasillabi -a rima baciata, incrociata<br />
o alternata -variamente combinati. Di conseguenza, più che a un genere letterario precisamente codificato, il<br />
termine frottola si applicava ad un'articolata famiglia di forme poetiche comprendente, oltre alla frottola propriamente<br />
detta, lo strambotto, l'ode, il capitolo e la canzone. Lo stretto legame tra poesia e musica, fondamento<br />
estetico del genere frottolistico, si realizzava nella perfetta e totale aderenza tra la struttura prosodica del testo e<br />
l'andamento ritmico della musica. Da un punto di vista strettamente musicale la frottola è una composizione polifonica,<br />
normalmente a quattro voci: la linea melodica, affidata al cantus (la voce superiore), è accompagnata da<br />
un tessuto armonico-contrappuntistico più o meno elaborato svolto dalle voci inferiori; prevalente è la conduzione<br />
omofonica delle parti, essendo l'elaborazione contrappuntistica per lo più riservata ad opere di elevato<br />
contenuto poetico. Sebbene la predominante omofonia delle composizioni frottolistiche possa suggerire l'esecuzione<br />
vocale delle quattro parti, tuttavia secondo la prassi dell'epoca solo il cantus era eseguito vocalmente<br />
(nelle edizioni a stampa era l'unica voce provvista di testo); la realizzazione strumentale delle voci inferiori si<br />
attuava secondo due differenti modalità esecutive: nella prima, che prevedeva la concomitanza di più strumenti<br />
(flauti, cornamuti,cornetti, bombarde, tromboni, viole, ecc.), ogni parte era eseguita da un singolo strumento;<br />
nella seconda l'esecuzione delle voci inferiori era realizzala da uno strumento polivoco (liuto, spinetta, chitarrone,<br />
organo, ecc.).<br />
La frottola di Ludovico Fogliano La Zotta appartiene al genere del quodlibet, libera rielaborazione musicale e testuale<br />
di un brano generalmente di origine popolare; in questo caso si tratta della canzone Fortuna d'un gran<br />
tempo della quale esistono varie versioni ad opera di autori coevi. Come molte altre composizioni frottolistiche<br />
anche questa presenta un testo ricco di quegli allusivi e salaci double-entendre non di rado rintracciabili nelle<br />
chansons franco-fiamminghe. Più che al repertorio frottolistico in senso stretto Era di Maggio può ascriversi nell'ambito<br />
delle maggiolate e dei canti carnascialeschi fiorentini. Il testo consta di un'unica quartina di endecasillabi<br />
non rimati; la melodia, presumibilmente di antica origine popolaresca, venne in seguito utilizzala per il travestimento<br />
spirituale -rimaneggiamento analogo al quodlibet della lauda Grande allegrezza ne porta la gente. La<br />
fortuna goduta da questa composizione è attestata dalle numerose trascrizioni ed elaborazioni per liuto e cembalo<br />
che di essa furono realizzate nei secoli XVI e XVII. Lo stesso dicasi per la villanella a tre voci La pastorella si<br />
leva per tempo, su versi del Poliziano - edita a cura del Razzi - dalla quale fu ricavata la lauda spirituale Lo fraticello<br />
si leva per tempo. Esempio di frottola nella sua più nobile espressione è la celeberrima canzone Vergine<br />
bella del Tromboncino su testo del Petrarca. Il cantus si muove con lievi inflessioni melodiche, quasi gregorianeggianti,<br />
sulla delicata trama polifonica, sottesa dalle voci inferiori, discretamente ornamentata da fugaci interventi<br />
contrappuntistici. Soltanto sull’ “Amen” conclusivo il cantus dispiega ampi melismi ripresi in imitazione<br />
dalle altre voci. La prassi della trascrizione per strumento a tastiera di composizioni vocali, già ampiamente diffusa<br />
durante l’Ars Nova italiana (si pensi alle elaborazioni di madrigali e di ballate del codice di Faenza) si continua<br />
anche nel XVI secolo con le cosiddette intavolature. Un significativo esempio di questa pratica ci è offerto<br />
dalla silloge "Frottole Intabulate Da Sonare Organi", pubblicata nel 1517 da Andrea Antico, dalla quale è tratta la<br />
versione strumentale della canzone Vergine Bella del Tromboncino. Come si potrà facilmente rilevare, l'intavolatura,<br />
pur generalmente rispettosa della linea melodica originale, non si limita alla pedissequa trasposizione<br />
strumentale delle quattro parti ma, grazie alle possibilità tecniche ed espressive offerte dallo strumento musicale,<br />
ne arricchisce il tessuto polifonico con un'ornamentazione vivace ed articolata.<br />
Accanto alle "intavolature" una parte cospicua del repertorio strumentale cinquecentesco è costituita da forme di<br />
danza: oltre al saltarello di medievale ascendenza e alla quattrocentesca bassa danza, conseguentemente ad un<br />
rinnovato interesse per la danza, intesa non solo come mero diletto ma come nobile espressione artistica,