Gennaio 2006 - Compagnia dei Lepini
Gennaio 2006 - Compagnia dei Lepini
Gennaio 2006 - Compagnia dei Lepini
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
i<strong>Lepini</strong> <strong>Lepini</strong><br />
Balla coi lupi<br />
apagina8<br />
Lupis Lapis,<br />
ovvero<br />
il lupo lepino<br />
apagina13<br />
Sette storie oliate<br />
e... degustate<br />
apagina16<br />
L’Astral nelle<br />
mani di Titta<br />
apagina20<br />
Siti Natura 2000<br />
per una nuova<br />
politica<br />
ambientale<br />
apagina23<br />
Cibo tra<br />
economia<br />
e cultura<br />
apagina30<br />
Quella polenta<br />
di Guglielmo<br />
Caetani<br />
Rivista mensile della XIII e della XVIII Comunità Montane <strong>dei</strong> Monti <strong>Lepini</strong> a cura della <strong>Compagnia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lepini</strong> S.c.p.A. n° 12 gennaio <strong>2006</strong>
i<strong>Lepini</strong><br />
2<br />
il progetto S.T.I.Le.<br />
12<br />
ENTI PARTECIPANTI<br />
Provincia<br />
di Roma<br />
Provincia<br />
di Latina<br />
<strong>Compagnia</strong><strong>dei</strong><br />
Comune<br />
di Artena<br />
Comune<br />
di Priverno<br />
Comune<br />
di Bassiano<br />
Comune<br />
di Prossedi<br />
Comune di<br />
Carpineto Romano<br />
Comune<br />
di Roccagorga<br />
Comune di<br />
Rocca Massima<br />
Comune<br />
di Cori<br />
<strong>Lepini</strong><br />
la società è strumento operativo <strong>dei</strong> soggetti privati per:<br />
REALIZZARE servizi di consulenza, assistenza, tutoraggio per la<br />
creazione e lo sviluppo di nuove imprese nel settore turistico;<br />
PROMUOVERE e realizzare processi di sviluppo di sistemi di<br />
qualità per le imprese e per la produzione del territorio a<br />
valenza turistica;<br />
PROMUOVERE e realizzare processi di innovazione e di sviluppo<br />
tecnologico ai fini di una più efficace ed efficiente fruizione<br />
del territorio;<br />
ELABORARE e realizzare programmi formativi adatti alla<br />
qualificazione e riqualificazione degli operatori del settore<br />
turistico;<br />
PROGRAMMARE e realizzare interventi coordinati ed integrati<br />
tra Pubblico e Privato, finalizzati alla valorizzazione turistica<br />
del territorio, delle imprese e delle produzioni.<br />
la società è strumento operativo degli enti locali per:<br />
Comune di<br />
Roccasecca <strong>dei</strong> Volsci<br />
GESTIRE gli interventi del programma S.T.I.Le. (organizzazione e<br />
gestione welcome point; organizzazione e gestione <strong>dei</strong> servizi<br />
accessori quali aree parking, aree verdi attrezzate, itinerari<br />
culturali, storici, ambientali);<br />
ORGANIZZARE eventi, manifestazioni, fiere, spettacoli, mostre di<br />
interesse sull’intera area;<br />
ORGANIZZARE e gestire attività di promozione, a fini turistici,<br />
dell’area sui mercati nazionali ed internazionali;<br />
ORGANIZZARE e gestire attività di comunicazione, pubbliche<br />
relazioni ed immagine per l’area <strong>dei</strong> Monti <strong>Lepini</strong>;<br />
ELABORARE e realizzare modelli gestionali innovativi del<br />
patrimonio culturale, storico, artistico del territorio.<br />
Comune<br />
di Gorga<br />
Comune<br />
di Segni<br />
Comune<br />
di Maenza<br />
Comune<br />
di Sermoneta<br />
Comune<br />
di Montelanico<br />
Comune<br />
di Sezze<br />
XIII Comunità Montana<br />
XVIII Comunità Montana<br />
Comune<br />
di Norma<br />
Comune<br />
di Sonnino<br />
Roberto Campagna Direttore<br />
Ed ora le strade laziali<br />
parlano lepino<br />
Tutte le strade portano a…Titta Giorgi. Nel senso che<br />
dal 21 dicembre scorso, giorno in cui è stato nominato<br />
presidente dell’Astral, tutto ciò che riguarda le principali<br />
arterie del Lazio è nelle sue mani. E se le userà come<br />
quando forgia il ferro, si può star certi che il sistema<br />
viario laziale è finito davvero in buone mani. L’Astral è il<br />
secondo ente più importante della regione. La sua<br />
presidenza ha lo stesso peso di un assessorato<br />
regionale. Ma che dico: conta molto di più, forse vale<br />
quanto un posto di sottosegretario. Questo incarico Titta<br />
Giorgi se l’è guadagnato sul campo. E non perché, per la<br />
seconda volta consecutiva non era riuscito ad entrare<br />
nuovamente in via della Pisana, ma per quello che ha<br />
dato e fatto per Sezze, la sua città, per i Monti <strong>Lepini</strong>,<br />
per la provincia di Latina e per la stessa Regione. Sì,<br />
Titta Giorgi, nei cinque anni di consigliere regionale, con<br />
la giunta Badaloni, si era distinto in particolare per la<br />
concretezza con cui affronta i problemi. Il suo lavoro non<br />
è mai appariscente, lui preferisce operare in sordina ma<br />
centrare l’obiettivo. E la sua straordinaria capacità di<br />
costruire i rapporti gli permette di superare qualsiasi<br />
ostacolo e di conquistare anche gli oppositori. Lui, in<br />
quei cinque anni alla Regione, aveva seminato tanto e<br />
bene, ora ha raccolto. Aveva anche raccolto nel 2000<br />
quando per un meccanismo infernale del sistema<br />
elettorale non era riuscito a rientrare in via della Pisana,<br />
malgrado avesse ottenuto quasi diecimila voti, molti di<br />
più di quelli che aveva conquistato quando fu eletto. Ed<br />
aveva raccolto anche l’anno passato: quasi dodicimila<br />
voti che non gli sono bastati, però, per essere rieletto.<br />
Ecco, questa nomina è anche un modo per ripagare la<br />
fiducia <strong>dei</strong> suoi sostenitori, molti <strong>dei</strong> quali appartengono<br />
alla società civile e al mondo delle imprese. Ed è anche<br />
un modo per dare il giusto peso alla provincia di Latina.<br />
Ma è soprattutto un riconoscimento per i Monti <strong>Lepini</strong>.<br />
Che attraverso Titta Giorgi continuano così ad essere<br />
interlocutori ascoltati e capaci, come lo sono stati in<br />
passato con Mario Berti, con Renato Cacciotti, con<br />
Pietro Vitelli e con Renzo Carella.<br />
12<br />
editoriale<br />
3<br />
i<strong>Lepini</strong>
i<strong>Lepini</strong><br />
4<br />
intervento<br />
12<br />
Franco Solli<br />
Presidente XIII Comunità<br />
Montana <strong>dei</strong> Monti <strong>Lepini</strong> e Ausoni<br />
Lepino è ricco di risorse ma<br />
bisogna saperle sfruttare. È con piacere che<br />
vedo di anno in anno aumentare le iniziative<br />
volte a riscoprire e valorizzare le tradizioni<br />
Ilcomprensorio<br />
dell’area su cui opera l’ente montano. In questi<br />
giorni si tiene ad esempio la sagra della polenta a<br />
Sermoneta che è diventata negli anni un appuntamento<br />
fisso. Ogni paese ormai ha almeno un evento l’anno che<br />
quasi non c’è bisogno di pubblicizzarlo tanto è<br />
conosciuto. La sagra del carciofo di Sezze, la festa<br />
dell’olioOlive di Sonnino, la sagra dello gnocchitto di<br />
Giulianello, la festa della sette ministre a Pisterzo. Anche<br />
nel versante romano <strong>dei</strong> <strong>Lepini</strong> gli appuntamenti sono<br />
molto interessanti, i pali di Carpineto e Artena, le tre<br />
sagre dedicate alle castagne e ai maroni (Segni,<br />
Gli eventi<br />
che creano sviluppo<br />
Montelanico e Carpineto cui si aggiunge quella di<br />
Norma), sono solo alcuni esempi molto significativi.<br />
L’elenco è incompleto e potrebbe essere molto più lungo<br />
ma già questi pochi eventi rendono bene l’idea di quanto<br />
sia diversificata e ricca l’offerta turistica e ricreativa del<br />
comprensorio Lepino. È importante però non solo<br />
lavorare sulla quantità ma anche sulla qualità. Le sagre<br />
devono diventare degli eventi che possano far sentire<br />
effetti benefici sull’economia locale anche lontano dai<br />
pochi giorni di festa organizzati. Bisogna aiutare la<br />
nascita di imprese che facciano della tipicità la propria<br />
bandiera. Solo così si può intavolare un discorso serio e<br />
proficuo sullo sviluppo economico e turistico del<br />
comprensorio. È questa la priorità delle Comunità<br />
Montane e di tutti gli attori, pubblici e privati, che<br />
operano sul territorio. Non bisogna aver paura di fare il<br />
passo più lungo della gamba, le basi ci sono, bisogna<br />
passare dai sogni alla realizzazione. Sono i <strong>Lepini</strong> stessi<br />
che ce lo chiedono.<br />
Quirino Briganti<br />
Presidente XVIII Comunità<br />
Montana <strong>dei</strong> Monti <strong>Lepini</strong><br />
Ecco la prima pietra<br />
del Parco<br />
di discutere nuovamente del Piano<br />
di Gestione <strong>dei</strong> Siti Natura 2000, recentemente<br />
redatto dall’ARP, viene dalla presentazione del<br />
Documento di sintesi di tale Piano avvenuta<br />
L’occasione<br />
recentemente a Carpineto Romano. Questo<br />
lavoro è un utile strumento per far comprendere a tutti,<br />
attraverso una forma divulgativa, gli obiettivi che il Piano<br />
stesso si propone. La nostra area è stata più volte<br />
segnalata dalla Regione Lazio, così evidenziato nella<br />
premessa del documento di sintesi, come di rilevante<br />
interesse naturalistico e di notevole importanza per il<br />
consolidamento del Sistema delle aree protette e per<br />
lo sviluppo di una Rete ecologica regionale (DGR n.<br />
11746/1993 - DGR n. 1110/2002). Il Piano di gestione è<br />
stato redatto attraverso un’azione di concertazione che<br />
ha coinvolto le Comunità XIII, XVIII, i Comuni e la stessa<br />
ARP. Il Piano ha definito le linee guida per la gestione<br />
degli habitat e delle specie di interesse comunitario. Il<br />
lavoro nella sua versione integrale contiene una analisi<br />
del territorio, la definizione <strong>dei</strong> valori naturalistici e <strong>dei</strong><br />
fattori ecologici. Nell’azione pianificatoria vengono<br />
definiti gli obiettivi di gestione che andranno colti con il<br />
coinvolgimento degli attori che hanno responsabilità<br />
territoriale. I siti di cui oggi parliamo in questo convegno<br />
- Monti <strong>Lepini</strong> (ZPS) e Monte Semprevisa Pian della<br />
Faggeta (pSIC) - rientrano nella Rete Europea Natura<br />
2000 che ha l’obiettivo della conservazione della<br />
diversità biologica in particolare di una serie di habitat e<br />
di specie animali e vegetali indicate negli allegati delle<br />
Direttive comunitarie Uccelli ed Habitat. Dalla<br />
conoscenza <strong>dei</strong> limiti e dal corretto uso delle risorse<br />
ambientali dipende la sopravvivenza dello stesso<br />
pianeta. La ricerca di un possibile equilibrio ambientale<br />
rappresenta la precondizione per lo sviluppo di una<br />
comunità. Il crescente ed incontrollato sviluppo<br />
industriale e le profonde innovazioni produttive e<br />
tecnologiche hanno portato negli ultimi due secoli, oltre<br />
ad un miglioramento delle condizioni di vita, anche,<br />
purtroppo ad un progressivo consumo di risorse<br />
ambientali rompendo così un indispensabile equilibrio<br />
ecologico e facendoci comprendere quanto l’ambiente<br />
non sia una risorsa illimitata. La questione ambientale,<br />
dunque, è una delle sfide più significative che deve<br />
essere sempre all’ordine del giorno di istituzioni, di forze<br />
politiche e sociali. Noi in questa area stiamo facendo la<br />
nostra parte, anche attraverso una non sempre facile<br />
concertazione tra i vari soggetti del territorio, per<br />
affermare che la gestione e la tutela delle risorse<br />
naturali sono la premessa necessaria per lo sviluppo<br />
economico e sociale <strong>dei</strong> Monti <strong>Lepini</strong>. Il Parco, dunque,<br />
è il naturale compendio di un percorso tutto orientato a<br />
dare prospettiva e futuro al nostro territorio.<br />
12<br />
intervento<br />
5<br />
i<strong>Lepini</strong>
i<strong>Lepini</strong><br />
6<br />
intervento<br />
12<br />
Giancarlo Siddera<br />
Presidente <strong>Compagnia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lepini</strong><br />
Si sta diffondendo sempre più la cultura della<br />
promozione dell’enogastronomia tipica<br />
territoriale e regionale. L’editoria nazionale<br />
immette sul mercato pubblicazioni sul cibo a<br />
getto continuo, proponendo ricette sui piatti tipici.<br />
E i lettori rispondono positivamente. È in atto una tacita<br />
sfida del mangiare sano e lento secondo la tradizione,<br />
in antitesi al “ fast food” e ai menù omologati. Con il<br />
Progetto STILe e con le iniziative messe in atto dalla<br />
<strong>Compagnia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lepini</strong>, possiamo affermare di aver<br />
anticipato la tendenza ormai diffusa e condivisa, del<br />
recupero e della valorizzazione della gastronomia tipica<br />
del comprensorio. In alternativa alla cultura della<br />
globalizzazione del gusto e <strong>dei</strong> profumi e del mangiare<br />
veloce, abbiamo privilegiato l’obiettivo di diffondere la<br />
cultura del mangiare lento e del mangiare genuino. E<br />
questo ha significato riscoprire e riproporre<br />
l’alimentazione genuina, seppur povera, così come si è<br />
consolidata nel corso degli anni tra le popolazioni lepine.<br />
E alimentarsi secondo gli ingredienti e i prodotti specifici<br />
del territorio è stata una operazione di grande spessore<br />
perché abbiamo ridato voce ad un segmento importante<br />
della nostra peculiare identità lepina. Ed era una<br />
alimentazione sana e consumata lentamente quella <strong>dei</strong><br />
pastori e degli agricoltori. Si mangiava senza l’assillo<br />
dello scorre del tempo. Il pranzo o la cena, era il<br />
momento del riposo, della socializzazione e del dialogo<br />
in famiglia. La <strong>Compagnia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lepini</strong>, nel ritornare, nel<br />
campo della gastronomia, alle origini, ha sposato i<br />
binomi: alimentazione e tradizione , degustazione e<br />
cultura. E numerose sono state le iniziative promosse.<br />
Prodotti tipici:<br />
una risorsa<br />
per la crescita<br />
Le degustazioni <strong>dei</strong> vini e <strong>dei</strong> piatti tipici, sono state<br />
contestualizzate entro locali ed ambienti caratteristici ed<br />
abbinate a momenti di dibattiti, di approfondimenti,<br />
nonché di formazione e di didattica. Una esperienza<br />
innovativa, quest’anno, è stata inaugurata durante le<br />
sagre autunnali <strong>dei</strong> marroni, delle castagne e delle<br />
caldarroste. A Segni abbiamo abbinato gastronomia,<br />
oralità e letteratura. L’arte del raccontare che si tramuta<br />
da semplice “flatus vocis” in segno grafico, in parola<br />
scritta, che permane e che si tramanda visivamente,<br />
senza disperdersi nello spazio e nel tempo. Interessanti<br />
sono stati gli incontri con amministratori, operatori<br />
economici e stampasi è discusso delle possibili<br />
prospettive turistiche, mentre si presentavano agli<br />
intervenuti vini novelli locali abbinati ai piatti tipici del<br />
territorio. (Eramo di S.Erasmo di Roccagorga, Sagra del<br />
Prosciutto di Bassiano, Sagra del Marrone a Segni). Il<br />
7/8 dicembre, a Sonnino, nella festa dell’oliOlive, la<br />
<strong>Compagnia</strong> ha curato l’allestimento del “Laboratorio<br />
lepini di immagine e fotografia”, l’esposizione delle<br />
etichette sull’olio e percorsi tematici che hanno<br />
unificato prodotti tipici e tradizione. Ben riuscito è stato<br />
l’abbinamento delle immagini del Laboratorio Lepino di<br />
Immagine e Fotografia con alcuni ristoratori del<br />
comprensorio: “Il Torrione” di Bassiano e “Panorama” di<br />
Segni. È in fase di realizzazione la ricerca-concorso che<br />
vede protagoniste alcune scuole elementari e medie <strong>dei</strong><br />
Monti <strong>Lepini</strong> sulle ricette degli antichi mestieri. E si è<br />
appena conclusa, con risultati qualitativi elevati, la<br />
Sagra della Polenta di Sermoneta, che è stata una felice<br />
sintesi tra il piatto caratteristico e tradizionale <strong>dei</strong><br />
pastori e degli agricoltori, qual è la polenta, gli aspetti<br />
religiosi e momenti di dibattito e di confronto sulle<br />
tematiche dello sviluppo complessivo <strong>dei</strong> Monti <strong>Lepini</strong>.<br />
i<strong>Lepini</strong><br />
Nuova serie<br />
Edito dal 1989<br />
Numero 12<br />
GENNAIO <strong>2006</strong><br />
Direttore<br />
Roberto Campagna<br />
Condirettore<br />
Giacomo Benedetti<br />
Caporedattore<br />
Paolo Mastrantoni<br />
Fotografia<br />
Foto copertina e pag. 8-12<br />
Carmine Esposito<br />
Pietro Mastrantoni<br />
Progetto Grafico<br />
Fabio D’Achille Studio24<br />
Impaginazione<br />
Fabio D’Achille<br />
Gianna Pellecchia<br />
Stampa<br />
Grafica’87 Srl<br />
Editori<br />
XIII Comunità Montana<br />
<strong>dei</strong> Monti <strong>Lepini</strong> • Priverno (LT)<br />
04015 Piazza Tacconi, 2<br />
info.montilepini@libero.it<br />
XVIII Comunità Montana<br />
di Monti <strong>Lepini</strong> • Segni (RM)<br />
00037 Via Petrarca, 4<br />
www.cmmontilepini.it<br />
Redazione<br />
<strong>Compagnia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lepini</strong><br />
Sezze Via Umberto I, 46/48<br />
Segni (RM) Via Petrarca, 4<br />
www.compagnia<strong>dei</strong>lepini.it<br />
editoriale pag. 3 Ed ora le strade laziali parlano lepino<br />
interventi Presidenti CM pag. 4 Gli eventi che creano sviluppo<br />
pag. 5 Ecco la prima pietra del Parco<br />
pag. 6 Prodotti tipici: una risorsa per la crescita<br />
primo piano pag. 8 Lupis Lapis, ovvero il lupo lepino<br />
attualità pag. 13 Sette storie oliate e... degustate<br />
pag. 16 L’Astral nelle mani di Titta<br />
pag. 18 A cavallo dal Tirreno all’Adriatico<br />
ambiente pag. 20 Siti Natura 2000<br />
per una nuova politica ambientale<br />
sviluppo locale pag. 23 Cibo tra economia e cultura<br />
focus pag. 26 Alla scoperta di... Sezze<br />
economia pag. 30 Quella polenta di Guglielmo Caetani<br />
dal territorio pag. 33 I santi del territorio tra tradizione e devozione<br />
sommario<br />
12<br />
7<br />
i<strong>Lepini</strong>
i<strong>Lepini</strong><br />
8<br />
primo piano<br />
12<br />
Lupis Lapis, ovvero<br />
il lupo lepino<br />
Carmine Esposito<br />
Naturalista<br />
Abitano da sempre i boschi della<br />
Sempreviva. Vivono in gruppo e vagano<br />
alla ricerca di qualche capo di bestiame<br />
da assalire. E ciò ha generato un conflitto<br />
con i pastori che è possibile superare<br />
solo ritornando al vecchio ecosistema<br />
poco scesa la notte, siamo sul finire<br />
dell'autunno. Mi trovo su di un colle, nel<br />
versante occidentale <strong>dei</strong> Monti <strong>Lepini</strong>. In<br />
un anfiteatro di stelle brillanti, un quarto di<br />
“Èda<br />
luna piena, è già sorto nel cielo ormai buio.<br />
Il prato è tutto un concerto di grilli, l’aria è calda e il<br />
vento è calato. Questa notte sono quì perchè voglio<br />
capire se in zona ci sono <strong>dei</strong> lupi, quale è il loro<br />
territorio, e soprattutto se nel branco ci sono <strong>dei</strong><br />
cuccioli. L'obiettivo è quello di riuscire ad ascoltare, e<br />
registrare con un microfono, gli ululati di un intero<br />
branco. Cosa per nulla rara di notte, ma ancora più<br />
probabile se fossi io a incitare i lupi. La tecnica è<br />
semplice: imitando il famoso richiamo, si stimolano<br />
eventuali lupi nella zona a rispondere. Sollevata la testa<br />
e portate le mani ai lati della bocca, simulo, allora, un<br />
ululato con due note lunghe e cupe. Dopo tre minuti in<br />
assoluto silenzio, riprovo con un altro richiamo. Ma di<br />
nuovo nessuna risposta. È nel bel mezzo del quinto<br />
tentativo che un gruppo di lupi, due adulti e quattro,<br />
forse cinque, cuccioloni, risponde al richiamo, dal<br />
bosco, situato poco oltre il colle su cui mi trovo. Un<br />
miracolo si è ripetuto, anche questa volta, io e i lupi<br />
stiamo comunicando con lo stesso linguaggio, lo stesso<br />
che da millenni ha fatto da colonna sonora in questi<br />
boschi. Il dialogo dura per alcuni minuti, poi, finito di<br />
registrare i richiami, ancora emozionato per l'esperienza<br />
vissuta, annoto i miei dati sul taccuino, saluto in cuor<br />
mio i lupi e in breve tempo ritorno sul sentiero da cui ero<br />
venuto. Come se nulla fosse successo, il silenzio ritorna<br />
sul colle, i grilli, sul prato continuano a frinire, a valle le<br />
luci di strade e paesi, risplendono nel buio della notte.”<br />
È da tanti anni che mi occupo di ricerche naturalistiche,<br />
sulla fauna del preappennino laziale meridionale.<br />
I <strong>Lepini</strong>, in particolare, sono il gruppo montuoso che<br />
meglio conosco e che amo di più, e c'è un animale, fra<br />
tutti, raro e protetto in Italia, che più mi appassiona e<br />
che è diventato un pò il simbolo di queste montagne, il<br />
lupo. Da circa venti anni, nella quasi indifferenza<br />
generale e con l'aiuto di pochi amici, cerco di<br />
monitorare la situazione di questa popolazione di lupi.<br />
Quello che avete appena letto è un brano tratto dal mio<br />
taccuino da campo, ed è significativo, perchè mi<br />
permette di parlare di uno <strong>dei</strong> tanti aspetti che<br />
coinvolgono questo straordinario animale, e cioè la<br />
ricerca. Ululare di notte in montagna, non è una<br />
stramberia di alcuni ricercatori, che come me si<br />
occupano di questo animale, ma è una delle tecniche<br />
per capire se, in una determinata area, ci sono <strong>dei</strong> lupi,<br />
essa in gergo, viene definita “wolf-howling”, termine<br />
inglese che letteralmente significa “lupo ululante”.<br />
Perché i lupi ululano? Sebbene i motivi che causano<br />
l’ululato non siano stati ancora pienamente compresi,<br />
gli studi, condotti in Italia ad iniziare dagli anni '80,<br />
hanno comunque dimostrato che i lupi ululano in<br />
circostanze diverse come: alla partenza per una battuta<br />
di caccia, alla fine del gioco, al risveglio, ma soprattutto,<br />
per mantenere i contatti tra i membri del branco, o per<br />
ribadire la proprietà del territorio a eventuali intrusi.<br />
Quando si applica questa tecnica, si sfrutta proprio<br />
quest’ultima circostanza, non si fa altro che far finta di<br />
essere un lupo intruso e, imitando o a voce o tramite<br />
registrazioni amplificate un ululato, si spera che i veri<br />
lupi rispondano al richiamo. Questa metodologia di<br />
studio, comunque, anche se la più emozionante, non è<br />
l'unica. Anzi, sui <strong>Lepini</strong>, la maggior parte del tempo e<br />
degli sforzi, sono stati impiegati, nella ricerca e<br />
nell'analisi <strong>dei</strong> segni lasciati dagli spostamenti <strong>dei</strong> lupi<br />
sulla neve. Trovare le loro impronte e pensare di essere<br />
in quel momento in un posto dove loro erano appena<br />
passati, ha sempre dato un’emozione grandissima!<br />
Seguire le loro tracce sulla neve, ha permesso, a volte,<br />
di svelare: comportamenti, interazioni sociali e piccoli<br />
segreti di questi elusivi animali che, quasi impossibili da<br />
vedere in natura, sono così difficili da studiare.<br />
Il lupo inoltre è un animale che generalmente vive in<br />
gruppo, con un proprio territorio, il quale viene<br />
controllato e difeso dall'intrusione <strong>dei</strong> propri<br />
conspecifici, per far questo, esso marca olfattivamente i<br />
confini di quest' area, deponendo su: sassi, cespugli, o<br />
ciuffi d'erba, la propria urina o gli escrementi. Da un pò<br />
di anni, controllando di tanto in tanto, questi punti di<br />
marcatura territoriale, ho potuto raccogliere un certo<br />
numero di “cacche di lupo”, che preventivamente<br />
trattate e conservate, sono state inviate all'Istituto<br />
Nazionale della Fauna Selvatica. Questo Centro è uno<br />
<strong>dei</strong> più importanti in Italia, che da tanti anni, svolge<br />
ricerca sul lupo, con una tecnica, ormai all'avanguardia,<br />
e che rappresenta il futuro per tutti i metodi di studio, e<br />
cioè la ricerca genetica. I primi importanti risultati sulle<br />
analisi, sono già arrivati, anche dai campioni raccolti sui<br />
Monti <strong>Lepini</strong>, la speranza per il futuro, sarà quella di<br />
poter “riconoscere geneticamente”, ogni singolo lupo, e<br />
poter quindi effettuare una conta più precisa, di tutti gli<br />
individui presenti nell'area. Per far questo, però, c'è<br />
bisogno di soldi e di fondi, e purtroppo, nel<br />
comprensorio lepino, mai nessun ente o<br />
amministrazione si è dimostrata sensibile a qualsiasi<br />
tipo di ricerca. Gli escrementi raccolti, hanno inoltre<br />
fornito, importanti indicazioni, anche sulla dieta di<br />
questo predatore. Cosa mangiano i lupi <strong>dei</strong> <strong>Lepini</strong>?<br />
Da buon opportunista il lupo, sui Monti <strong>Lepini</strong>, ha<br />
concentrato la sua predazione, proprio sulla risorsa<br />
alimentare più abbondante e facilmente cacciabile, il<br />
bestiame brado. Questo discorso mi permette<br />
d'introdurre un altro aspetto del lupo, e cioè il suo<br />
rapporto con l'uomo. Per far questo, però, dobbiamo<br />
fare un piccolo passo in dietro. Per millenni, lupo e uomo<br />
preistorico, hanno avuto un cammino evolutivo spesso<br />
sovrapposto, ricoprendo, in natura, ruoli molto simili,<br />
rispettandosi e temendosi a vicenda. Ad un certo punto<br />
12<br />
primo piano<br />
9<br />
i<strong>Lepini</strong>
i<strong>Lepini</strong><br />
10<br />
primo piano<br />
12<br />
però, c'è stato un cambiamento, l'uomo da cacciatore,<br />
si è trasformato in allevatore, e questo ha determinato<br />
ben presto una furiosa rivalità, perchè il lupo, ha<br />
incominciato ad attaccare il bestiame di proprietà<br />
dell'uomo, in quelle aree dove egli aveva sterminato le<br />
prede naturali del lupo. Questo rapporto conflittuale,<br />
resiste ancora oggi in tanti allevatori e pastori in diverse<br />
aree italiane, le cronache di giornali e reti televisive,<br />
sono spesso ricche di notizie allarmanti su stragi di<br />
bestiame e uccisioni illegali di lupi. Da questa difficile<br />
situazione non è immune il comprensorio <strong>dei</strong> Monti<br />
<strong>Lepini</strong>, anche i lupi presenti in quest'area, per mancanza<br />
di prede naturali, sono costretti a cacciare il bestiame<br />
domestico; il risultato, è una “lotta” quotidiana tra<br />
allevatori e lupi. Da tanti anni ormai l'allevamento <strong>dei</strong><br />
<strong>Lepini</strong> è in una profonda crisi, non solo i lupi, ma anche<br />
i “veri” pastori stanno rischiando di scomparire per<br />
sempre. Sembrerà strano, ma queste due importanti<br />
realtà, così in contrasto, e così indirettamente legate,<br />
sono accomunate dalla stessa sorte: quella di avere un<br />
futuro incerto. In tutto il comprensorio, sono pochi i<br />
pastori che ancora svolgono attivamente e soltanto<br />
questa professione, che continuano a controllare e a<br />
portare al pascolo i propri animali, tutti i giorni e in ogni<br />
condizione meteorologica, ancora lavorano, in modo<br />
tradizionale, i prodotti ricavati dai propri animali e sanno<br />
ben utilizzare, senza sfruttare troppo, le risorse del<br />
proprio territorio. È differente anche il loro rapporto con<br />
il lupo, lo conoscono da sempre e ne hanno ormai<br />
imparato abitudini e comportamenti, di conseguenza,<br />
sanno attuare quelle strategie per ridurre al minimo il<br />
conflitto e la competizione con questo predatore.Ogni<br />
anno che passa, diventano, però, sempre di meno.<br />
Parlare di questa categoria lavorativa, è un po’ come<br />
raccontare di una specie a rischio di estinzione. Il loro<br />
numero, non supera quello <strong>dei</strong> lupi, poco più di 10-15<br />
pastori; di solito, sono persone non più tanto giovani,<br />
con un’età compresa tra i 60 e i 70 anni, e che<br />
difficilmente vengono rimpiazzate, una volta cessata la<br />
loro attività. Ormai da tanto tempo, un nuovo metodo di<br />
allevamento brado sta sostituendo quello tradizionale,<br />
esso è molto più dannoso perché, è praticato da<br />
persone che hanno ben poco del pastore “vero”, sfrutta<br />
senza regole e comportamenti le risorse del territorio, e<br />
alimenta ancor di più il conflitto con il lupo.Questa<br />
particolare conduzione di allevamento, se da un lato ha<br />
ridotto i costi e i tempi, ha comportato, però, anche una<br />
forte restrizione del controllo e l’assenza delle più<br />
elementari norme di difesa del bestiame. Il risultato è<br />
stato un incremento <strong>dei</strong> danni e delle perdite. Sono così<br />
aumentati i casi di furto e di dispersione degli animali,<br />
di quelli morti per parto, per malattie e quelli uccisi da<br />
cani randagi o da predatori selvatici come il lupo.<br />
Infine, un altro problema, riguarda i risarcimenti <strong>dei</strong><br />
danni al bestiame che gli allevatori subiscono.<br />
L'obiettivo principale <strong>dei</strong> programmi d’indennizzo, è<br />
quello di conservare e proteggere legalmente specie<br />
selvatiche minacciate, come il lupo, e salvaguardare,<br />
allo stesso tempo, gli interessi economici degli allevatori<br />
colpiti. Tutto questo, nella teoria, deve servire a ridurre il<br />
conflitto tra uomo e lupo e, conseguentemente, ad<br />
annullare anche le uccisioni illegali. Purtroppo, però, il<br />
sistema, spesso non funziona; intanto, non sempre il<br />
veterinario riesce a stabilire le reali cause di morte del<br />
bestiame (cane, lupo, malattia, frode ecc.), a volte il<br />
pastore deve pagare di tasca propria l'intervento del<br />
veterinario. Un altro problema riguarda i risarcimenti. I<br />
rimborsi, quando vengono elargiti, seguono iter<br />
burocratici lunghissimi, mentre la legge prevede che la<br />
liquidazione <strong>dei</strong> danni debba avvenire entro 30 giorni<br />
dall’accertamento veterinario. Le somme previste, sono<br />
inoltre insufficienti, e non corrispondono mai all’effettivo<br />
valore della perdita. Una tale situazione, con il passare<br />
degli anni, ha creato in molti allevatori, non solo <strong>dei</strong><br />
<strong>Lepini</strong>, ma di tutto il Lazio, una crescente sfiducia e una<br />
esasperazione generale. E i lupi? I lupi possono fare ben<br />
poco in questa situazione così difficile, essi chiedono<br />
soltanto, un pò più di rispetto etico, e il diritto di esistere<br />
nonostante gli interessi della nostra specie. Essi sono<br />
stati “programmati” dalla natura per essere <strong>dei</strong><br />
predatori, posti al vertice della catena alimentare, sono<br />
<strong>dei</strong> formidabili selettori perchè predando, soprattutto,<br />
animali deboli e malati, contribuendo quindi al<br />
benessere indiretto delle stesse prede. Purtroppo, come<br />
si è visto, sui <strong>Lepini</strong> queste prede naturali non ci sono<br />
più, perchè sostituite dal bestiame, lo scontro con<br />
l'uomo diventa, quindi, inevitabile. Il risultato è che la<br />
quasi totalità delle cause di morte per il lupo nei <strong>Lepini</strong>,<br />
è dovuta all'uomo, per mezzo d'arma da fuoco.<br />
12<br />
primo piano i<strong>Lepini</strong><br />
11
i<strong>Lepini</strong><br />
12<br />
primo piano<br />
12<br />
In circa un trentennio, ho potuto documentare, con foto,<br />
recupero di resti e documenti scritti, ben venti uccisioni<br />
di lupi, l'ultima è avvenuta proprio alla fine di questo<br />
mese di novembre. Sui <strong>Lepini</strong>, la gestione <strong>dei</strong> conflitti<br />
lupo-zootecnia, dipenderà, soprattutto, dai cambiamenti<br />
che saremo in grado di attuare; solo attraverso una<br />
riqualificazione ambientale, un riordino del pascolo e del<br />
sistema di allevamento, un piano di reintroduzione di<br />
prede selvatiche per il lupo, come il capriolo, una seria<br />
campagna di bonifica <strong>dei</strong> cani randagi, un concreto<br />
aiuto ai pastori professionisti, che preveda anche<br />
rimborsi più rapidi e giusti, e un controllo serio delle<br />
denuncie <strong>dei</strong> danni, potranno ridurre gli atti di<br />
bracconaggio al lupo e ridare fiducia agli allevatori nella<br />
tutela <strong>dei</strong> loro interessi. La sfida del futuro sarà, non<br />
tanto stabilire se l’uomo è più importante del lupo, ma<br />
fare in modo che entrambi possano convivere. Chiunque<br />
ha a cuore tutto questo, non può far finta di nulla. Lupo,<br />
pecora e pastore, devono continuare ad essere uniti da<br />
quel filo sottile che li lega ai <strong>Lepini</strong> in una cultura<br />
millenaria. Se verrà a mancare, anche una sola di<br />
queste presenze, tutti noi saremo destinati a<br />
sopravvivere di ricordi, e a sentirci inevitabilmente più<br />
vuoti e poveri. Un antico proverbio indiano recita: “Se tu<br />
parli agli animali anche loro ti parleranno, così vi<br />
conoscerete. Se non parli agli animali, non li conoscerai<br />
mai. E ciò che si teme, si distrugge”.<br />
Il mio augurio è che, l’uomo, come agli albori della sua<br />
vita sulla Terra, ritorni a “dialogare”, non solo con il lupo,<br />
ma con tutti gli animali, solo in questo modo, credo,<br />
riusciremo a rispettare il mondo naturale che ci<br />
circonda, e anche noi stessi.<br />
PER SAPERNE DI PIÙ:<br />
1. ESPOSITO C., 1994. Il lupo (Canis lupus) sui Monti<br />
<strong>Lepini</strong> (Lazio). Notizie e considerazioni sulla sua<br />
presenza, 151-182 pp. Ricerche sulla Fauna <strong>dei</strong> Monti<br />
<strong>Lepini</strong>, Quaderni del Museo di Storia Naturale di Patrica,<br />
4 (1993), 184 pp.<br />
2. ESPOSITO C., PROIETTI M., 2003. Ricerche sul lupo<br />
(Canis Lupus) nel comprensorio <strong>dei</strong> Monti <strong>Lepini</strong> (Lazio<br />
Meridionale): 193-199 pp.. In: Boscagli G., Vielmi L. & De<br />
Curtis O. (eds.), Atti del Parco Nazionale delle Foreste<br />
Casentinesi “Il lupo e i Parchi il valore scientifico e<br />
culturale di un simbolo della natura selvaggia”. Santa<br />
Sofia 12-13 Aprile 2002, 335 pp.<br />
Sette storie<br />
oliate e... degustate<br />
Minutolo Stefano Agronomo<br />
Presidente dell’Agrifutura Soc. Coop. a r.l.<br />
Nell’ambito della Quarta festa dell’Oliolive<br />
di Sonnino, la cooperativa Agrifutura e la<br />
<strong>Compagnia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lepini</strong> hanno organizzato<br />
due appuntamenti dedicati alle esperienze<br />
<strong>dei</strong> coltivatori, <strong>dei</strong> frantoiani,<br />
<strong>dei</strong> produttori e ai loro oli<br />
le sue storie e il suo sapore. Quest’anno la<br />
Festa dell’Oliolive di Sonnino è stata<br />
caratterizzata dai racconti <strong>dei</strong> produttori e<br />
dalle degustazioni guidate degli oli. Il tutto<br />
L’olio,<br />
coordinato dalla cooperativa Agrifutura e dalla<br />
<strong>Compagnia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lepini</strong>. L’Agrifutura è entrata nelle<br />
aziende ed ha raccolto e rielaborato sette storie con<br />
l’indicazione del nome dell’olivicoltore, della sua data di<br />
nascita e di un titolo che riassume l’essenza della storia:<br />
Anna Rita Bersani classe 1949 “Tra passato e<br />
memoria...”; Leoni Bernardino classe 1931 “La<br />
passione per l’olivo”; Bono Bernardino classe 1936 “Le<br />
nuove generazioni”; Leoni Antonio classe 1941 “Il<br />
ferroviere”; Leoni Enzo classe 1959 “L’innovazione”;<br />
Tocci Luigi classe 1931 “Le macere”; Sacchetti Antonia<br />
(pseudonimo) classe 1962 “Tra sogno e realtà”.<br />
L’otto dicembre, presso l’Auditorium Comunale di<br />
Sonnino, l’attore locale Orazio Mercuri, attraverso la sua<br />
narrazione, ha ridato vita alle “Storie dell’olio”<br />
emozionando con i suoi racconti sia i protagonisti delle<br />
storie che il pubblico. La prima narrazione si è svolta<br />
dopo l’esibizione del gruppo musicale “Il Mantice” che<br />
durante il racconto ha accompagnato con un suggestivo<br />
sottofondo sonoro l’interpretazione dell’attore Mercuri.<br />
Tra una nota e l’altra la voce di Mercuri ha raccontato la<br />
storia di Anna Rita Bersani “Tra passato e memoria”.<br />
Mercuri rivolto al pubblico racconta: “Anna Rita ricorda<br />
che la storia della sua famiglia e <strong>dei</strong> suoi olivi è iniziata<br />
con i suoi nonni Loreta e Luigi. Loreta e Luigi appena<br />
sposi ereditarono un appezzamento di terreno con<br />
duecento piante di olivo in una delle tante impervie<br />
località di Sonnino...” “... la giornata lavorativa iniziava<br />
prima del sorgere del sole perché non c’erano mezzi di<br />
trasporto e si andava a piedi agli oliveti, qualche<br />
fortunato andava a d’orso d’asino o di mulo...”<br />
“... la seconda guerra mondiale è stato un evento<br />
terribile per tutti, da quella guerra molte persone non<br />
hanno fatto più ritorno, come molti olivicoltori Sonninesi,<br />
tra cui anche il nonno di Anna Rita...” Mercuri continua<br />
i racconti con la storia di Leoni Bernardino classe 1932.<br />
“La passione per l’olivo”.<br />
“... Bernardino ha iniziato la sua attività di olivicoltore a<br />
dieci anni. Il sabato e la domenica andava a raccogliere<br />
le olive per trasportarle al paese dove c’erano i<br />
frantoi...” “... quando era periodo di raccolta i bambini<br />
seguivano i muli, durante il trasporto delle olive, e lungo<br />
il tragitto per gioco prendevano le scorciatoie per<br />
arrivare prima <strong>dei</strong> muli che seguivano la strada<br />
principale...”“... Nel 1943, quando Bernardino aveva 12<br />
anni, la sua famiglia comprò un carretto che permetteva<br />
di trasportare in un solo viaggio fino a cinque quintali di<br />
olive. Per la famiglia di Bernardino quell’acquisto<br />
rappresentò un grande sforzo economico e per<br />
recuperare bisognava viaggiare tutto il giorno e anche la<br />
notte...” “... una volta, di notte, Bernardino preso dalla<br />
stanchezza, durante il tragitto si addormentò, ma il suo<br />
mulo lo portò ugualmente a destinazione senza incidenti<br />
perché ormai conosceva benissimo il percorso fino al<br />
12<br />
attualità<br />
13<br />
i<strong>Lepini</strong>
i<strong>Lepini</strong><br />
14<br />
attualità<br />
12 12<br />
frantoio...” “... nella sua vita di olivicoltore Bernardino ne<br />
ha passate molte, durante la raccolta delle olive, in<br />
seguito alla rottura improvvisa del ramo che lo<br />
sosteneva, è caduto ben tre volte: una nel 1960, una nel<br />
1970 e l’ultima nel 1990. In seguito alla caduta del 1990<br />
Bernardino ha riportato lo schiacciamento di due<br />
vertebre e non ha più potuto lavorare come prima...”<br />
“Bernardino dal 1960 al 1991 è stato consigliere della<br />
Coldiretti e dell’ASPOL...” Riprendono le note del gruppo<br />
musicale il Mantice, riportando la mente <strong>dei</strong> partecipanti<br />
ai nostri giorni. Al termine del brano, quando le note<br />
sfumano, l’attore Mercuri riprende la narrazione<br />
passando alla storia di Bono Bernardino classe 1936:<br />
“Le nuove generazioni”.<br />
Anche Bono Bernardino ha iniziato a lavorare<br />
prestissimo negli oliveti, intorno a dieci anni. La voce di<br />
Mercuri narra i ricordi di Bernardino e riporta la sala<br />
indietro nel tempo... “... la raccolta delle olive avveniva<br />
da terra e si raccoglievano le olive cadute dalle piante.<br />
Queste olive venivano ammucchiate anche per venti<br />
giorni all’interno di stanze in attesa della lavorazione.<br />
Al momento del trasporto al frantoio, le olive venivano<br />
raccolte con le pale e messe nei sacchi. I sacchi poi<br />
arrivavano al frantoio, in un ondulante tragitto, disposti<br />
sulla testa delle donne alle quali veniva affidato questo<br />
faticoso lavoro... “... Anche per Bernardino, come per<br />
tutti i giovani di quell’età, arrivò il momento di partire<br />
per il servizio militare. Bernardino al ritorno dal suo<br />
impegno con lo Stato andò a lavorare nel settore<br />
industriale. Bernardino, pur lavorando nell’industria, non<br />
ha mai perso la sua giovanile passione per la<br />
coltivazione degli oliveti ed ha continuato sempre a<br />
lavorarli riuscendo ad acquistare altri oliveti e ad<br />
ingrandire la proprietà ereditata dal padre...”<br />
“... Attualmente gli oliveti di Bernardino sono gestiti da<br />
suo figlio Alberto che coltiva 880 piante di olivo con la<br />
stessa passione del padre. Alberto è un Agronomo.”<br />
Dopo un altro brano musicale Mercuri passa alla storia<br />
di Leoni Antonio classe 1941: “Il ferroviere”<br />
“... Dopo la scuola e dopo il servizio militare, a circa<br />
vent’anni, Antonio si è dedicato all’attività agricola. Ha<br />
iniziato questo lavoro dedicandosi al trasporto delle olive<br />
al frantoio del paese con il mulo.<br />
Arrivato il momento, Antonio, non ha saputo rinunciare<br />
al fascino del posto sicuro ed è entrato a lavorare in<br />
ferrovia. Da allora è diventato uno <strong>dei</strong> tanti lavoratori<br />
par-time ed ha coltivato l’oliveto ereditato dal padre di<br />
sabato e domenica e durante tutti i giorni festivi<br />
dell’anno, comprese le ferie. Antonio, anche se<br />
ferroviere, ha sempre alimentato la sua passione per<br />
l’oliveto ed ogni momento libero lo ha dedicato alla<br />
conduzione e al miglioramento del suo oliveto...”.<br />
Mercuri, tra una narrazione e l’altra, ha portato sul palco<br />
anche i protagonisti delle storie facendoli conoscere alle<br />
persone presenti alla manifestazione. “Ogni storia e il<br />
suo protagonista suscita molti ricordi e richiama alla<br />
mente emozioni forti. La storia dell’olivo è la storia della<br />
gente sonninese”. È con queste parole che l’attore<br />
Mercuri prova a spiegare al termine della<br />
manifestazione il suo coinvolgimento a questa iniziativa<br />
voluta dalla <strong>Compagnia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lepini</strong> e realizzata<br />
dall’Agrifutura. Prosegue Mercuri: “questa narrazione,<br />
nata un po’ per gioco, si è dimostrata ricca di spunti,<br />
coinvolgente e a tratti commovente”. “Il pubblico ha<br />
partecipato all’iniziativa con vero interesse<br />
apprezzandone l’originalità”. Per quanto riguarda il mio<br />
lavoro di attore sono abituato a vedere il pubblico<br />
coinvolto nelle varie rappresentazioni teatrali ma in<br />
questo caso c’è stato qualcosa di più. Le persone<br />
presenti, attraverso i racconti, hanno rivisto la loro vita e<br />
si sono posti domande sulle loro scelte, sia per chi si è<br />
allontanato da Sonnino, sia per chi è rimasto in questo<br />
paese e grazie al suo lavoro ha saputo mantenere<br />
questo difficile territorio nelle condizioni in cui tutti<br />
possiamo ammirarlo. Personalmente sono rimasto<br />
colpito dal lavoro dell’Agrifutura si tratta di persone che<br />
nutrono una passione fortissima per questa coltura,<br />
legati profondamente agli olivicoltori, al loro modo di<br />
vivere e di lavorare, alle loro tradizioni e al loro territorio.<br />
Parlando con loro non te ne accorgi e ti trovi immerso<br />
nel mondo dell’olio sotto tutti i punti di vista.<br />
Improvvisamente cominci ad interessarti della<br />
coltivazione di questa pianta, dell’olio, delle tecniche di<br />
estrazione, della commercializzazione, delle implicazioni<br />
culturali storiche, paesaggistiche. Ti trovi a fare cose<br />
mai fatte, come è capitato a me, che mi sentivo lontano<br />
da questa coltura e invece lavorando con loro ho<br />
riscoperto che anche le mie radici, il mio paese di<br />
origine Bassiano è molto legato a questa generosa<br />
pianta. Mi sono tornati alla mente ricordi che avevo<br />
accantonato, sono riemersi i ricordi <strong>dei</strong> miei amici che<br />
da bambini andavano al frantoio del mio paese con una<br />
fetta di pane e la immergevano nell’olio appena fatto,<br />
per mangiarla poi in una sorta di soddisfazione a tratti<br />
venata di tristezza perché oltre quella fettina di pane<br />
speso, per loro, non c’era altro. Con l’Agrifutura, non so<br />
come, mi sono trovato ad assaggiare l’olio extra vergine<br />
di oliva e ad apprezzarne i pregi e i difetti, ma anche gli<br />
sforzi degli olivicoltori per far arrivare sulle nostre tavole<br />
questo alimento salutare. Mi sono trovato a raccontare<br />
le storie della nostra gente, <strong>dei</strong> nostri produttori ed ho<br />
potuto rivedere anche la mia storia, le persone a me<br />
care e pensare che tutto questo è stato un lavoro.<br />
attualità<br />
15<br />
i<strong>Lepini</strong>
i<strong>Lepini</strong><br />
16<br />
attualità<br />
12<br />
L’Astral<br />
nelle mani<br />
di Titta<br />
Paolo Mastrantoni<br />
Giovanbattista Giorgi è dal 22<br />
dicembre il nuovo presidente<br />
dell’azienda regionale che si<br />
occupa della rete viaria<br />
del Lazio. E’ questo un incarico<br />
di prestigio che premia<br />
l’impegno con cui il setino<br />
ha sempre operato nel territorio<br />
Ne ha fatta di strada Titta Giorgi da quando<br />
trentuno anni fa sedette per la prima volta in<br />
consiglio comunale a Sezze. Ne ha fatta così<br />
tanta che oggi è arrivato a ricoprire un incarico<br />
a dir poco prestigioso: dal 22 dicembre è il<br />
nuovo presidente dell’Astral, l’Azienda Strade Lazio.<br />
Sarà forse per un singolare scherzo del destino? È sulle<br />
strade infatti che Giorgi ha sempre fatto politica. Le<br />
sezioni e le segrete stanze non hanno mai fatto per lui,<br />
Titta è un politico per la gente e tra la gente. L’Astral è<br />
una delle aziende più grandi e importati della Regione. È<br />
nata tre anni fa e gestisce una rete viaria di quasi<br />
20.000 chilometri. Si occupa in particolare della<br />
manutenzione stradale e della progettazione e<br />
realizzazione di nuove arterie. Nel comprensorio Lepino,<br />
le due strade più importanti di sua competenza sono la<br />
156 e la Carpinetana. “È un incarico prestigioso e di<br />
responsabilità”, ci ha spiegato Titta con gli occhi pieni di<br />
gioia. “C’è molto da fare e non bisogna perdere tempo.<br />
È necessario instaurare un serio rapporto di<br />
collaborazione con gli enti territoriali al fine di lavorare<br />
uniti per un unico fine”. Pur ricoprendo l’incarico da<br />
circa un mese (prima della nomina era “solo” membro<br />
del consiglio di amministrazione), Giorgi ha già mosso<br />
più di qualche passo: vuole aprire due sedi distaccate in<br />
via sperimentale a Frosinone e Latina, ha incontrato i<br />
responsabili della Provincia di Latina per individuare le<br />
priorità su cui agire e sta predisponendo la messa in<br />
sicurezza della Pontina. Anche per l’area <strong>Lepini</strong> Titta ha<br />
le idee chiare. Il ponte pericolante che si incontra sulla<br />
Carpinetana poco dopo Maenza verrà ristrutturato e<br />
quanto prima si terrà un incontro con i rappresentati <strong>dei</strong><br />
comuni per discutere della 156. Giovanbattista affronta<br />
il nuovo incarico con l’entusiasmo di un ragazzo.<br />
D'altronde è sempre stato così, a sessant’anni sente<br />
ancora l’esigenza di riprogettare il suo avvenire e di<br />
accettare le sfide più difficili. Le sue origini sono umili.<br />
In tenera età è attratto dal lavoro di papa Ottavio che<br />
nella sua piccola bottega lavora il ferro. Diventa fabbro<br />
Il ponte sulla carpinetana<br />
sarà presto messo in sicurezza<br />
e realizza lavori molto importanti. Suo ad esempio il<br />
restauro della cancellata monumentale dell’ingresso<br />
dell’Abbazia di Montecassino. Scopre la politica, si<br />
iscrive al Pci, nel settantuno ne diviene segretario a<br />
Sezze e nel settantacinque entra per la prima volta in<br />
consiglio. È subito assessore anziano, lo sarà quasi<br />
ininterrottamente fino al 1994, poi presiede per circa<br />
dieci anni le sedute del consiglio comunale. Tutto questo<br />
fino al grande salto: dal 1995 al 2000 è consigliere<br />
regionale con Badaloni. Alla Pisana è stato<br />
vicepresidente della commissione “Industria,<br />
artigianato, lavori pubblici e trasporti” e membro di altre<br />
due commissioni. È bene qui aprire una piccola<br />
parentesi. I comunisti, si sa, sono sempre stati allergici<br />
alle croci e ai talari. Chi non ricorda il compagno Don<br />
Camillo di Guareschi? Bene, Titta, pur essendo<br />
comunista convinto, non ha mai giudicato le persone in<br />
base all’abito, ha sempre cercato di andare al di là delle<br />
apparenze, delle casacche, della cultura e della<br />
posizione sociale. Ed è proprio per questo motivo che<br />
con molti prelati, dal parroco di campagna, al vescovo,<br />
al priore, ha istaurato rapporti sinceri di stima e<br />
amicizia. Ben prima che D’Alema incontrasse il Papa,<br />
Giorgi fu nominato consigliere anziano del conservatorio<br />
a sinistra Titta Giorgi con Marrazzo<br />
a destra Titta Giorgi con Badaloni e D’Alema<br />
Corradini. È stato poi Presidente del Comitato per il<br />
Giubileo del 2000 e membro del consiglio di<br />
amministrazione dell’Agenzia Romana per la<br />
preparazione del Giubileo. Non male per un uomo che è<br />
sempre stato a sinistra. L’approccio riservato ai prelati,<br />
Titta lo ha sempre utilizzato anche con i politici. Dopo<br />
una vita al governo setino, il suo partito abita da qualche<br />
anno i banchi dell’opposizione. Giorgi ha fatto sempre il<br />
suo lavoro, non ha fatto concessioni gratuite alla<br />
maggioranza ma ha comunque conquistato la stima<br />
degli avversari che mai ha considerato nemici. Si<br />
capisce allora perchè nella seduta consiliare del 5<br />
gennaio scorso è stato nominato all’unanimità<br />
presidente onorario dell’auditorium Mario Costa. In<br />
quell’occasione Titta ha portato a casa anche un altro<br />
grande risultato a cui teneva particolarmente: ha fatto<br />
approvare la richiesta di cittadinanza onoraria per Piero<br />
Badaloni, ex presidente della Regione Lazio e giornalista<br />
Rai e Giuseppe Procaccini, già Prefetto e Vicecapo della<br />
Prefettura di Latina. Sono questi segni delle<br />
straordinarie doti umane di Titta. Questo bagaglio di<br />
inestimabile valore il setino l’ha portato con se all’Astral.<br />
Da presidente può fare molto per il territorio.<br />
Sicuramente, come sempre, non si tirerà indietro.<br />
12<br />
attualità<br />
17<br />
i<strong>Lepini</strong>
i<strong>Lepini</strong><br />
18<br />
attualità<br />
A cavallo dal Tirreno<br />
all’Adriatico<br />
12 12<br />
L’associazione equestre “La <strong>Compagnia</strong><br />
delle Vie Orientali”, ha tracciato una<br />
nuova ippovia. I cavalieri escursionistici<br />
sono partiti dal Parco Nazionale del Circeo<br />
per giungere a Sermoneta, Bassiano,<br />
Sezze e Carpineto. Gli altri centri <strong>dei</strong> Monti<br />
<strong>Lepini</strong> attraversati sono stati Montelanico,<br />
Segni, Gorga. Dopo 390 chilometri<br />
e 14 giorni di viaggio, l’avventura si è<br />
conclusa alla foce del fiume Sangro<br />
Una nuova ippovia è stata tracciata nell’Italia<br />
centrale. È un vero e proprio primato, nel suo<br />
genere. Aver percorso un affascinante<br />
itinerario, costa a costa, interamente a cavallo,<br />
è una novità assoluta. I protagonisti di questo<br />
percorso sono partiti, dalle coste del mar Tirreno del<br />
Parco nazionale di S. Felice Circeo fino a giungere sulle<br />
coste del mar Adriatico, alle foci del fiume Sangro, a 6<br />
km. dalla città di Vasto. Protagonisti sono stati alcuni<br />
operatori del turismo equestre del nostro comprensorio<br />
lepino e <strong>dei</strong> Castelli Romani. Sono soci che hanno dato<br />
vita ad una Associazione equestre “La <strong>Compagnia</strong> delle<br />
Vie Orientali”, affiliata alla FITETREC-ANTE, costituita da<br />
tre Circoli: il C.T.E. “Il Ceppetto “ di Carpineto Romano<br />
(RM); il C.I. “Circolo Ippico Sempreviva” di Sezze (LT); il<br />
C.I. “Circolo Ippico Quarto della Mendola” di Genzano<br />
Romano (RM). L’itinerario seguito dai cavalieri è tra i più<br />
affascinanti per la bellezza dell’ambiente naturalistico,<br />
per l’integrità urbanistica <strong>dei</strong> centri abitati attraversati e<br />
per la varietà <strong>dei</strong> resti archeologici che le varie epoche<br />
storiche hanno lasciato. I km percorsi sono stati 390,<br />
compiuti in 14 giorni di marcia, più due di riposo<br />
effettuati a Carpineto ed a Pesasseroli. L’organizzazione<br />
logistica è stata impeccabile. Il materiale di supporto è<br />
stato trasportato da due muli. Il tracciato da seguire è<br />
stato studiato preventivamente sulle carte tipografiche,<br />
non essendoci alcun punto di riferimento in esperienze<br />
antecedenti, dal punto di vista dell’ippovia. I riposi<br />
notturni sono stati effettuati o nelle strutture di<br />
agriturismo o in tenda. Il senso dell’ospitalità e<br />
dell’accoglienza <strong>dei</strong> residenti hanno contribuito a<br />
superare qualsiasi imprevisto. Questa esperienza ha<br />
ulteriormente confermato come lo sport equestre, così<br />
praticato, è quello tra i più compatibili con il rispetto e la<br />
conservazione dell’ambiente. Questo sport è un modo<br />
salubre ed ecocompatibile moderno che inaugura e<br />
sviluppa una nuova forma di turismo. La stessa<br />
ricettività rurale si organizza secondo nuovi criteri di<br />
sviluppo adeguate alla tipologia di turismo legata alla<br />
presenza del cavallo. Il ripercorrere o riscoprire ex novo<br />
il variegato reticolo viario creato dagli spostamenti degli<br />
antichi mercanti o commercianti o dai pastori negli<br />
ancestrali tratturi della transumanza, è ridisegnare il<br />
reticolo delle moderne ippovie. I cavalieri escursionistici<br />
sono partiti dal Parco Nazionale del Circeo percorrendo<br />
il lungomare fino a Borgo Sabotino, per giungere a<br />
Sermoneta, Bassiano, Sezze e Carpineto. Gli altri centri<br />
<strong>dei</strong> Monti <strong>Lepini</strong> attraversati sono stati Montelanico,<br />
Segni, Gorga. La valle del Sacco ha aperto la strada per<br />
raggiungere i centri <strong>dei</strong> M. Ernici e le colline del<br />
Cesanese. La nuova ippovia si può definire anche<br />
“L’ippovia <strong>dei</strong> Parchi”. Dopo quello del Circeo e quello<br />
ancora in pectore <strong>dei</strong> M. <strong>Lepini</strong>, l’itinerario si è snodato<br />
attraverso il Parco Nazionale d ‘Abruzzo e quello <strong>dei</strong><br />
Simbruini. La discesa verso il mare Adriatico è stato<br />
percorso costeggiando la valle formata dalle acque,<br />
ancora pure, del fiume Sangro, incontrando borghi e<br />
città già abitate da pastori. Prima di giungere alle foci<br />
del fiume, sono stati attraversati boschi di cerri e faggi,<br />
inconytrando terreni coltivati a vigneti: Montepulciano<br />
e Trebbiano d’Abruzzo. I vini ben si abbinano con i piatti<br />
tipici, come gli spaghetti alla chitarra, l’ottimo<br />
formaggio pecorino, le carni d’agnello. Anche questi<br />
aspetti enogastronomici si scoprono con il moderno<br />
sport equestre. “Non è stata una impresa facile,<br />
sostiene Valeriano Cacciotti, presidente del circolo “Il<br />
Ceppetto di Carpineto.Sono state brillantemente<br />
superate difficoltà di ogni genere. Ci auguriamo che il<br />
nuovo itinerario venga catalogato negli stradari delle<br />
Ippovie nazionali”.Sarebbe un giusto riconoscimento<br />
agli animatori del turismo equestre, che sono uniti dal<br />
senso dell’amicizia e dell’amore sia per il cavallo che<br />
per la natura. Gli obiettivi dell’Associazione sono ancora<br />
più ambiziosi: creare un sistema reticolare<br />
comprensoriali delle attività equestri per elaborare<br />
progetti correlati al mondo equestre, promuovere le<br />
potenzialità del territorio, coordinare le iniziative. Nella<br />
fiera annuale sul cavallo che si tiene a novembre a<br />
Verona, è stata presentata una guida sugli itinerari a<br />
cavallo: “L’Ippovia Italia”. Contiene gli itinerari da<br />
seguire con tracciati cartografici elaborati con l’ausilio<br />
del Club Alpino Italiano. Vengono suggeriti gli itinerari da<br />
percorrere, le offerte enogastronomiche, la ricettività e<br />
le possibilità ambientali, architettoniche ed artistiche<br />
che ogni paese attraversato può offrire. In questa guida<br />
può trovare giusto spazio il nuovo tracciato. Conoscere<br />
le bellezze dell’Italia centrale, viste ed ammirate da una<br />
visuale del tutto nuova, come quella della postazione in<br />
sella, concorre ad incrementare ulteriormente la cultura<br />
del cavallo. Vi è una sempre crescente attenzione verso<br />
il mondo affascinante del cavallo. Fino a qualche<br />
decennio fa, lo sport ippico era vissuto passivamente e<br />
si identificava, per lo più, con le gre al galoppo, al trotto<br />
che la televisione trasmetteva. Ora, milioni di persone<br />
sono diventati soggetti attivi e protagonisti di una<br />
pratica sportiva sempre più di diffusa. Basti far<br />
riferimento alla tante e qualificate rievocazioni storiche<br />
che si organizzano anche nel nostro comprensorio<br />
lepino. Il cavallo, d’atra parte, è stato sempre presente,<br />
nella evoluzione storica, sui Monti <strong>Lepini</strong>. Prima che<br />
venissero introdotti gli esemplari della razza<br />
maremmana, era allevata un tipologia di cavallo dalle<br />
ridotte dimensioni somatiche: il cavallino lepino o Pony<br />
d’Esperia, che in tempi recentissimi, si è tentato di<br />
rilanciare e valorizzare anche con fondi europei. È una<br />
razza autoctona,capace di adattarsi, sopravvivendo<br />
perfettamente, in contesti ambientali disagiati. E, detto<br />
per inciso, il cavallo si trova ad essere il collaboratore<br />
insostituibile per la cura di alcune forme di patologie<br />
relazionali di giovani che, grazie all’ippoterapia possono<br />
sperare in recuperi esistenziali prima insperati. (G.B.)<br />
attualità<br />
19<br />
i<strong>Lepini</strong>
i<strong>Lepini</strong><br />
i<strong>Lepini</strong><br />
politica ambientale<br />
20 21<br />
12<br />
12<br />
Giacomo Benedetti<br />
argomentazione è emerso chiaramente il fine strategico<br />
e vegetali indicate nelle Direttive “Uccelli” e “Habitat”. obiettivi previsti dal Piano di gestione sono previsti<br />
dell’ approvazione del Parco Regionale <strong>dei</strong> Monti <strong>Lepini</strong>.<br />
Raggiungere questo obiettivo primario significa finanziamenti erogati dai fondi strutturali europei, così<br />
La XVIII Comunità Montana Il convegno, così, e non poteva essere altrimenti, ha<br />
conciliare armonicamente la tutela e la salvaguardia del come è contenuto nel Docup Obiettivo 2000-<strong>2006</strong>,<br />
ha presentato la sintesi riaperto e reintrodotto, con forti argomentazioni<br />
patrimonio naturalistico ed ambientale con la presenza misura I.1, sottomisura I.1.2. Il Piano di Gestione è uno<br />
del Piano di Gestione degli scientifiche, economiche ed antropologiche, il dibattito<br />
delle attività umane. Anzi, l’uomo va collocato sempre al strumento che si propone di definire le linee guida , le<br />
interventi individuati nel sulla approvazione del Parco Regionale, come già aveva<br />
centro delle attività del territorio da garantire e tutelare. strategie e le azioni per la gestione degli habitat e delle<br />
territorio lepino. All’incontro proposto, nella passata legislatura, Renzo Carella.<br />
Quattro sono i luoghi della rete Natura 2000 che specie di interesse comunitario e di altre specie ed<br />
era presente tra gli altri Quirino Briganti ha aperto i lavori con una relazione<br />
ricadono in questo territorio montuoso: tre sono proposti habitat considerati a livello nazionale di interesse<br />
l’Assessore all’Ambiente articolata, documenta in cui ha tratteggiato nuove<br />
come SIC (Siti di Interesse Comunitaria) Alta Valle del naturalistico. È stato il Direttore dell’ARP ad illustrare il<br />
e Cooperazione tra i popoli prospettive e nuovi scenari per la valorizzazione<br />
Torrente Rio, Monte Sempreviva e Pian della Faggeta e Piano. Esso consta di una proposta tecnica che individua<br />
della Regione Lazio Angelo Bonelli. dell’ecosistema,delle risorse umane e del ricco<br />
Ninfa, ed una Zona a Protezione Speciale (ZPS) <strong>dei</strong> gli interventi da effettuare sul territorio in modo<br />
L’onorevole ha colto l’occasione patrimonio urbanistico, museale ed artistico dell’intero<br />
Monti <strong>Lepini</strong> Centrali. Il Piano prende,ora, in ecocompatibile. È gestito dalla Regione e dagli Enti<br />
per parlare dell’area protetta comprensorio montano. l Piano di Gestione è stato<br />
considerazione i due Siti più estesi, situati oltre i 700 Locali. Il Parco, invece prevede una programmazione di<br />
che verrà istituita nel comprensorio redatto in una logica di concertazione tra la XVIII e XIII<br />
metri. La sintesi pubblicata compie una interessante sviluppo socio-economico ed è gestito da più Enti ed<br />
Comunità Montana, i Comuni e la stessa ARP. La Giunta<br />
descrizione dell’Ambiente Naturale ove vivono alcune Istituzioni. Stefano Sarrocco, tecnico dell’ARP ha<br />
Una ulteriore opportunità per approfondire le Regionale, con deliberazione del 2002 ha individuato<br />
specie di animali di notevole interesse come il lupo, il presentato il gruppo di lavoro che ha elaborato gli<br />
complesse tematiche ambientali <strong>dei</strong> monti l’ARP (Agenzia Regionale Parchi), quale soggetto per la<br />
moscardino, l’istrice, il gatto selvatico, la martora, la aspetti climatici, lo stato geologico e lo stato di<br />
<strong>Lepini</strong> è data nel convegno organizzato dal realizzazione, appunto, del Piano di Gestione della Zona<br />
lepre.. Variegata è la popolazione degli uccelli stanziali o conservazione dell’ambiente, gli aspetti antropici<br />
Presidente della XVIII Comunità Montana - Area di protezione Speciale (ZPS) “Monti <strong>Lepini</strong> centrali”,<br />
migratori. Alcuni sono di interesse comunitario: il falco (agricoltura zootecnia, demografia). Sono stati<br />
Romana Quirino Briganti il 12 dicembre scorso. comprendente il Sito di Importanza Comunitaria (SIC):<br />
pellegrino, l’averla piccola il succiacapre. Altri sono individuato alcuni obiettivi specifici prioritari, quali: la<br />
L’occasione è stata offerta dalla presentazione del “Monte Semprevisa e Pian della Faggeta”. I Siti<br />
estinti: la coturnice, il capovaccaio. A parere di alcuni conservazione del sistema delle raccolte delle acque<br />
osservatori è ricomparsa l’aquila reale. Lo studio artificiali, delle sorgenti e <strong>dei</strong> corsi d’acqua;la<br />
documento di sintesi del Piano di Gestione <strong>dei</strong> Siti rientrano nella Rete Europea Natura 2000,<br />
dell’habitat rileva una interessante presenza di conservazione degli ambienti ipogei;la gestione e<br />
Natura 2000: “Monti <strong>Lepini</strong> Centrali” e “Monte denominazione adottata dal consiglio <strong>dei</strong> Ministri<br />
orchidee, già studiate in precedenti interveti comunitari. conservazione <strong>dei</strong> boschi di leccio e di faggio con Taxus<br />
Sempreviva e Pian della Faggeta”. Gli intervenuti al dell’Unione Europea per indicare una rete di aree<br />
Il convegno, svolto nel Convento di S. Agostino, ha visto e Ilex e delle faune associate; conservazione delle<br />
dibattito hanno certamente discusso del Piano di destinate alla conservazione delle diversità biologiche e<br />
la partecipazione di amministratori comunali del praterie e dell’avifauna. <strong>dei</strong> Monti <strong>Lepini</strong> sono ritenuti un<br />
Gestione Natura 2000, ma sullo sfondo delle alla tutela di una serie di habitat e di specie di animali<br />
territorio <strong>dei</strong> due versanti <strong>dei</strong> monti <strong>Lepini</strong>, degli comprensorio di primario interesse naturalistico e sono<br />
assessori di giunta della XVIII e XIII Comunità Montane, individuati come area importate per il consolidamento<br />
di tecnici, associazioni culturali e di volontariato. Molto del Sistema delle aree protette del Lazio e per lo<br />
atteso, e non sono state deluse le attese, l’intervento sviluppo di una rete ecologica regionale, tanto da<br />
dell’Assessore all’Ambiente e Cooperazione tra i popoli essere inseriti nello Schema di Piano regionale Parchi<br />
della Regione Lazio Angelo Bonelli. La manifestazione redatto dall’Agenzia Regionale Parchi (ARP). L’atteso<br />
ha avuto il patrocinio della Regione Lazio e dell’Agenzia intervento dell’Assessore Regionale all’Ambiente ed alla<br />
Regionale Parchi. Ha portato il saluto della cittadinanza Cooperazione tra i Popoli Angelo Bonelli ha riscosso<br />
di Carpineto Romano il sindaco Emilio Cacciotti ponendo l’approvazione di tutti i preseti. Ha registrato la mutata<br />
al centro delle politiche ambientali l’uomo e le sue attenzione degli Amministratori nei confronti degli<br />
potenzialità. L’assessore all’Ambiente Luigi Cacciotti ha strumenti legislativi che regolamentano la tutela<br />
dato il suo competente contributo. Il Consigliere ambientale Prime le aree protette erano viste come un<br />
provinciale di Latina, Domenico Guidi ha portato ostacolo. Ora sono considerate con maggiore<br />
l’adesione degli amministratori e delle forze sociali del sensibilità. Di fronte allo spopolamento irreversibile <strong>dei</strong><br />
versante pontino <strong>dei</strong> Mnti <strong>Lepini</strong>, ponendo con fermezza territori montani vanno individuati gli strumenti che<br />
la necessità di rilanciare la politica dell’istituzione del rimettano in moto l’economia. Il metodo più corretto si<br />
Parco Regionale <strong>dei</strong> M. <strong>Lepini</strong>. Per l’attuazione degli fondo sul confronto sistematico. Ed oggi qui a Carpineto<br />
ambiente<br />
Siti Natura 2000<br />
per una nuova<br />
ambiente
i<strong>Lepini</strong><br />
22 12<br />
ambiente<br />
Quirino Briganti: “Bisogna salvaguardare gli ecosistemi lepini”<br />
COSA SONO I SIC E LE ZPS?<br />
Con la direttiva Habitat 92/43/Cee, emanata il 21 maggio 1992 la Comunità Europea ha voluto salvaguardare e<br />
proteggere la biodiversità, tenendo conto delle esigenze economiche, sociali, culturali e regionali <strong>dei</strong> singoli stati<br />
membri. In tale direttiva è stata prevista l’istituzione di una serie di siti di importanza comunitaria (SIC) e zone<br />
di protezione speciale (Zps) destinate a far parte della rete ecologica comunitaria Natura 2000.<br />
PUÒ DESCRIVERCI LE AREE PROTETTE LEPINE E IL DOCUMENTO PRESENTATO?<br />
La Zps Monti <strong>Lepini</strong> centrali ha una estensione di 7482,6 ha ed include integralmente il Sic Monte Semprevisa e Pian<br />
della Faggeta che si estende su 1335,4 ha. Tutti i territori individuati sono al di sopra <strong>dei</strong> 700 metri di quota. L’area in<br />
questione ha un notevole valore botanico e zoologico. L’analisi compiuta nello studio redatto dall’ARP approfondisce<br />
argomenti, inerenti l’ambiente naturale lepino, come il clima, l’inquadramento geologico, l’idrogeologia, la<br />
geomorfologia e il carsismo. L’elemento che emerge con forza è l’intensità e la rapidità del processo di riforestazione<br />
in atto (faggete a tasso e agrifoglio, bosco misto di leccio) dovuto anche al progressivo abbandono delle attività silvopastorali.<br />
Lo studio fa un excursus sulle varie specie vegetali tra le quali si segnalano popolazioni di orchidee rare.<br />
COSA È EMERSO DALL’ANALISI DELLA FAUNA?<br />
Per ciò che concerne gli animali l’indagine spazia tra gli invertebrati, gli anfibi ed i rettili di cui si conta la<br />
presenza di 1720 specie tra cui ben 87 sono selezionate come “specie obiettivo”. Un capitolo a parte è stato<br />
riservato agli uccelli, nel periodo invernale sono state osservate 54 specie. Sono dieci le specie di interesse<br />
comunitario che nidificano nel comprensorio <strong>dei</strong> lepini tra cui il Falco pellegrino, mentre tra le specie estinte,<br />
come nidificanti sui Monti <strong>Lepini</strong>, si annovera l’Aquila reale. Tra i mammiferi, invece, l’attenzione si è riservata<br />
ai chirotteri e ad altre specie come il lupo, il moscardino, l’istrice, la martora il gatto selvatico e la lepre italica.<br />
QUALI SONO GLI OBIETTIVI PRINCIPALI DEL PIANO?<br />
Gli obiettivi individuati sono la conservazione e tutela delle faggete e delle leccete, del sistema delle piccole<br />
raccolta di acqua, delle specie cavernicole, delle praterie e della fauna e avifauna associata al territorio <strong>dei</strong> siti<br />
natura 2000 <strong>dei</strong> Monti <strong>Lepini</strong>. Il Piano prevede una regolamentazione nella gestione selvicolturale, nelle attività<br />
pastorali, nella controllo delle risorse idriche, nella gestione faunistica e nella attività antropica più in generale.<br />
Lo studio infine termina con una proposta di adeguamento <strong>dei</strong> siti anche al versante orientale <strong>dei</strong> lepini.<br />
si è aperto il metodo della concertazione e della<br />
conoscenza delle problematiche. La Giunta Regionale di<br />
centrosinistra sta adottando un criterio opposto a quello<br />
della Giunta Storace. La Corte Europea ha penalizzato<br />
l’Italia per non aver fatto decollare le Zone di Protezione<br />
Speciale( ZPS). Il fine è far decollare il turismo sulle zone<br />
montane, aprendo la “borsa del turismo sostenibile”,<br />
diffondendo <strong>dei</strong> Pacchetti integrati. L’Assessore ha<br />
lanciato una sfida al governo: con la riappropriazione<br />
delle deleghe alle politiche ambientali, di fatto sta<br />
espropriando le Regioni delle proprie competenze in<br />
materia ambientale. La strategia di fondo è coniugare<br />
economia ed ecologia. Fare il Parco è occupazione<br />
diretta ed indiretta. Occorre predisporre una legge che<br />
nasce dal basso, in cui i protagonisti sono le<br />
associazione le istituzioni, gli enti locali. Costruiamo una<br />
sorta di rete ecologica che mette in interrelazione il<br />
variegato settore naturalistico, ambientale e produttivo<br />
della Regione. L’iter privilegiato, riafferma Angelo Bonelli,<br />
la concertazione con le Comunità Montane, quelle locali<br />
e con i sindaci. Entro alcuni mesi, la proposta di legge<br />
verrà presentata in Giunta e qui discussa. (G.B.)<br />
Cibo tra economia<br />
e cultura<br />
Damiano L’Aede<br />
Agente di sviluppo locale<br />
Le tipicità gastronomiche hanno la stessa<br />
valenza delle opere d’arte e, come quelle,<br />
possono trasformare in meta turistica<br />
luoghi altrimenti privi di attrattive<br />
tartufo, aceto balsamico, pecorino,<br />
parmigiano: che l’Italia possieda un<br />
patrimonio di sapori è cosa nota. Meno<br />
risaputo è che questi giacimenti<br />
“Culatello,<br />
gastronomici siano, sempre più spesso,<br />
l’ingrediente base della crescita economica di molte<br />
aree depresse della penisola. Non più solamente cibi da<br />
assaggiare, insomma, ma autentico motivo di richiamo<br />
per novelli viaggiatori del gusto capaci di spingersi in<br />
zone dove mai nessuno si sarebbe spinto prima d’ora.<br />
Da questo punto di vista, i cibi speciali italiani hanno la<br />
stessa valenza delle opere d’arte e, come quelle,<br />
possono trasformare in meta turistica luoghi altrimenti<br />
privi di attrattive.” Con queste semplici, ma efficaci<br />
parole veniva presentato qualche anno fa uno <strong>dei</strong> libri (I<br />
Luoghi del Gusto. Roma, 2000) dell’ormai arcinoto<br />
Davide Paolini, giornalista e inventore, possiamo dire, di<br />
termini evocativi e modaioli quali gastronauta e<br />
foodtrotter, ed autentico, efficace divulgatore del<br />
concetto di cibo - non più solo soddisfacimento della<br />
gola e del gusto - come medium capace di<br />
comunicare e promuovere, insieme ai sapori e ai<br />
profumi, anche la cultura materiale, la tradizione, le<br />
abilità e le anime di un territorio. Il cibo così inteso, nella<br />
sua accezione, appunto, di giacimento gastronomico -<br />
come una volta si parlava di giacimenti minerari,<br />
archeologici, culturali - è ovviamente un eccezionale<br />
attrattore per le nuove forme del turismo (iniziato con le<br />
Vie del Vino) ed anche qualcosa di più: un elemento che<br />
sempre più spesso innesca addirittura inattesi germi di<br />
imprenditorialità, soprattutto giovanile. Basta navigare<br />
in Internet: è davvero sorprendente la ricca,<br />
straordinaria rete di micro-imprenditorialità sviluppatasi<br />
(e in progressiva crescita) grazie ai giacimenti<br />
12<br />
sviluppo locale<br />
23<br />
i<strong>Lepini</strong>
i<strong>Lepini</strong><br />
24<br />
sviluppo locale<br />
12 12<br />
gastronomici storici e consolidati, ma anche intorno a<br />
solitari prodotti di nicchia altrimenti destinati a<br />
scomparire nell’era della globalizzazione e della<br />
omologazione del gusto. Così, se una volta la letteratura<br />
internazionale dello sviluppo locale si nutriva<br />
(riferendosi alle nostrane esperienze) quasi<br />
esclusivamente di Terza Italia e Distretti industriali<br />
manifatturieri, oggi essa si occupa anche di imprese -<br />
rete (grandi e medie), di alta tecnologia, di terziario, ma<br />
anche di attività agro-industriali e di cibo e di cibi.<br />
Qualche anno fa l’ideale viaggio nei distretti produttivi<br />
italiani ci portava verso i coltelli e i ferri taglienti di<br />
Frosolone (Molise) o di Scarperia (Toscana), verso i<br />
rubinetti di Lumezzane (Lombardia), le pelli di Solofra<br />
(Campania) e di Arzignano (Veneto), le piastrelle di<br />
Sassuolo e i sanitari di Civita Castellana, le scarpe di<br />
Barletta, i salotti di Matera o anche nel cuore del tessile<br />
di Prato e del biomedicale di Mirandola (Modena), e<br />
verso tante altre realtà della laboriosa provincia<br />
soprattutto centro-settentrionale. Oggi - come<br />
suggerisce, tra gli altri, lo stesso Paolini - si può<br />
attraversare in lungo e largo la bella Penisola alla<br />
ricerca, appunto, di culatello, tartufo, aceto balsamico,<br />
pecorino, parmigiano. E centri come Montalcino (vino),<br />
Alba (vino e tartufi), Zibello (culatello), Acqualagna<br />
(tartufi) costituiscono veri e propri casi studio per quanti<br />
si occupano di sviluppo locale: grandi tradizioni (Alba),<br />
ma anche recenti scoperte (Acqualagna) hanno<br />
determinato condizioni per un circolo economico<br />
virtuoso che è andato ben oltre le premesse iniziali della<br />
valorizzazione <strong>dei</strong> tesori gastronomici locali. Basta dare<br />
un’occhiata all’offerta turistica del distretto del culatello<br />
di Zibello: un’eccezionale olistica sfida ai sensi: un<br />
territorio che non ha mai avuto vocazione turistica oggi<br />
offre, insieme, l’ottimo coscio di maiale (conciato,<br />
legato, asciugato e stagionato nelle cantine), ma anche<br />
i natali di Giuseppe Verdi, la reggia ducale di Colorno, i<br />
luoghi d’origine di Giovannino Guereschi (Peppino e Don<br />
Camillo), i paesaggi nebbiosi del Polesine Parmense e i<br />
ricordi su Peppino Cantarelli, semplice oste e affinatore<br />
di salumi e formaggi senza il quale, però, oggi,<br />
probabilmente, il culatello nemmeno esisterebbe più.<br />
Ma è ancor più importante rivolgere lo sguardo e<br />
l’attenzione alle altre decine e decine di esperienze (in<br />
itinere) di valorizzazione <strong>dei</strong> “giacimenti”. Da nord a sud<br />
affollano la scena casi di successo, ma anche semplici<br />
embrionali esperimenti e comunque tanti alimenti<br />
realizzati a volte in quantità limitate e in territori assai<br />
ristretti: composte di cipolla (famosa quella di Tropea, ad<br />
esempio) o marmellate di fagiolo dop (a Sarconi, in<br />
Basilicata), torroni, bottarghe, lavorazioni particolari di<br />
maiale o pesce, dolci. E poi ovviamente il lardo di Arnad<br />
(Valle d’Aosta), le mozzarelle di Battipaglia, la coppa del<br />
piacentino, i marroni di Segni, i carciofi di Sezze, l’aceto<br />
balsamico di Modena, la burrata di Andria, il<br />
caciocavallo silano; e ancora la robiola di Roccaverano,<br />
il prosciutto di Bassiano, il capocollo di Martina Franca e<br />
via all’infinito. Ovviamente - per tornare al filo<br />
conduttore di questa nostra embrionale rubrica che I<br />
<strong>Lepini</strong> dedicano da qualche numero ai diversi temi dello<br />
sviluppo locale - c’è da dire che non si tratta di processi<br />
meccanici e scontati: non sempre ad un giacimento<br />
gastronomico o ad un prodotto di qualità corrisponde un<br />
felice processo (per quanto dimensionalmente<br />
contenuto) di sviluppo economico e sociale. La qualità e<br />
l’effettiva offerta <strong>dei</strong> prodotti sono elementi<br />
indispensabili, ma non sufficienti. Ad essi deve<br />
corrispondere anche una capacità di azione <strong>dei</strong> soggetti<br />
pubblici e privati coinvolti e coinvolgibili. In una parola,<br />
dunque, serve (anche in questo caso) una vera politica<br />
di sviluppo locale. Assai efficacemente, proprio in uno di<br />
suoi ultimi lavori (Bari-Roma, 2004), Carlo Trigilia<br />
insiste, con parole chiare, su un concetto basilare: “lo<br />
sviluppo locale, pur nelle sue nelle sue diverse<br />
manifestazioni, è accomunato dalla capacità di strategia<br />
<strong>dei</strong> soggetti pubblici e privati: dal loro impegno a<br />
coordinarsi con strumenti formali ed informali per<br />
sostenere un disegno condiviso”. Lo sviluppo locale -<br />
sostiene, tra gli altri, il docente fiorentino - non si<br />
identifica solo con specifiche specializzazioni produttive<br />
o con particolari modelli istituzionali di regolazione<br />
dell’economia. È fuorviante associarlo esclusivamente<br />
ai distretti industriali di piccola impresa, per esempio.<br />
Esso riguarda sistemi produttivi locali che possono<br />
assumere caratteri diversi (come innanzi detto) ed il suo<br />
vero elemento distintivo è costituito dalla capacità degli<br />
attori locali di cooperare per avviare e dirigere progetti<br />
di sviluppo condivisi che mobilitino risorse e<br />
competenze del territorio. Restando anche solo al cibo e<br />
ai cibi, occorre essere consapevoli del fatto che la<br />
mobilitazione delle risorse del territorio non implica una<br />
chiusura autarchica e difensiva verso i processi di<br />
globalizzazione; al contrario il protagonismo <strong>dei</strong> soggetti<br />
locali favorisce il territorio quando attrae in modo<br />
intelligente risorse esterne, sia di tipo politicoistituzionale<br />
che economico e culturale, e quando riesce<br />
a cogliere le opportunità del mercato esterno (e<br />
globalizzato) senza restare vittima. Una buona politica di<br />
sviluppo locale non è solo occasione per la crescita della<br />
produzione, del reddito e dell’occupazione. Essa -<br />
perché il gioco valga la candela, come suol dirsi - deve<br />
necessariamente attrarre investimenti, imprese, risorse<br />
scientifiche o culturali come fattori che arricchiscono le<br />
competenze e le specializzazioni locali. Ed anche sul<br />
nostro territorio, allora, i Monti <strong>Lepini</strong>, che si parli di<br />
ristorazione o di produzioni alimentari tipici, non può che<br />
aupicarsi un processo di apertura all’esterno, di<br />
contaminazione senza riserva dal quale non nasca solo<br />
dinamismo locale, né solo passeggera esposizione ai<br />
flussi commerciali della globalizzazione, ma duraturo e<br />
profondo processo di apprendimento. Sulla qualità,<br />
prima di tutto. Ricerca storica, consapevole<br />
valorizzazione della tradizione, recupero <strong>dei</strong> saperi taciti<br />
locali e celebrazione di quelli codificati, animazione<br />
locale, dunque, ma anche marketing territoriale,<br />
formazione professionale, benchmarking, acquisizione<br />
di competenze e tecnologie innovative: sono questi,<br />
tutti, nessuno escluso, gli indispensabili componenti del<br />
processo di sviluppo locale su cui misurarsi<br />
concretamente. Da cui umilmente partire. Se si vuole<br />
arrivare al distretto del Carciofo di Sezze o della<br />
Mozzarella pontina, alla Via lepina del tartufo, alla Dop<br />
del Marrone, alla Strada (culturalgastronomica) <strong>dei</strong><br />
nevaroli o delle ricottare, e così via.<br />
sviluppo locale<br />
25<br />
i<strong>Lepini</strong>
i<strong>Lepini</strong><br />
26 12<br />
focus<br />
Alla scoperta<br />
di... Sezze<br />
Stella Teodonio<br />
Lo sguardo si perde sulla pianura,<br />
su distese di campi coltivati dove<br />
il sole riflette sulle serre e si<br />
infrange sui palazzi: a sinistra il<br />
promontorio sinuoso del Circeo,<br />
che degrada a strapiombo sull’acqua; di<br />
fronte le spiagge della riviera d’Ulisse,<br />
dove il cielo e il mare si incontrano in un rapporto<br />
ancestrale; sulla destra le luci e le minuscole case di<br />
Latina; alle spalle gli oltre milletrecento metri di altezza<br />
della Semprevisa. Un paesaggio che toglie il fiato, che<br />
spezza i legami con la realtà, proiettando l’anima e lo<br />
sguardo in una dimensione superiore. Adagiato a 319<br />
metri di altezza sul livello del mare, sorge Sezze il più<br />
grande centro del versante pontino <strong>dei</strong> Monti <strong>Lepini</strong><br />
(secondo l’ultimo censimento dell’Istat la popolazione<br />
supera i 22 mila abitanti), in una posizione strategica,<br />
che domina l’intera pianura Pontina.<br />
La storia<br />
plena bonis gerit albi signa leonis”<br />
(Sezze piena di beni porta l'insegna del<br />
bianco leone): così recita la frase impressa<br />
sullo stemma della città, al di sotto<br />
“Setia<br />
dell’immagine del leone Nemeo, simbolo di<br />
Ercole. Secondo la leggenda la fondazione di Sezze, il<br />
cui nome etimologicamente deriverebbe da Setis - le<br />
setole del mitico leone - sarà stata fondata da Ercole,<br />
dopo aver sconfitto i Lestrigoni, una popolazione del<br />
basso Lazio. Una nascita che si perde nella leggenda,<br />
anche se certa è la presenza umana durante il periodo<br />
Paleolitico, come testimoniano alcuni ritrovamenti. Per<br />
avere le prime notizie di un certo valore storico bisogna<br />
attendere il 382 a.C., quando Velleio Potercolo narra che<br />
a Sezze fu dedotta una colonia romana. La città, infatti,<br />
aveva per Roma una un’importanza strategica, poiché si<br />
trattava di un centro latino nel territorio degli ostici<br />
Volsci. Sappiamo che nel 340 a.C. Sezze guidò, con un<br />
suo generale, una rivolta <strong>dei</strong> latini per ottenre uguali<br />
diritti politici contro Roma, che fu soffocata nel sangue<br />
con la cosiddetta battaglia di Trifano. Nella Seconda<br />
Guerra Punica e nella battaglia che vide contrapposti<br />
Mario e Silla, Sezze assunse per la sua posizione isolata<br />
e fortificata un ruolo di rilevanza, ma avendo in<br />
quest’ultimo caso appoggiato il perente dovette subire<br />
la dura vendetta di Silla. Nel Medioevo, precisamente<br />
dal 956, Sezze passò sotto il controllo papale e si<br />
organizzò come libero comune, fino a quando non subì<br />
l’invasione e la conquista delle truppe della famiglia<br />
Caetani, che per dodici anni sottoposero la popolazione<br />
a continue vessazioni e saccheggi. Posto sulla via<br />
pedemontana, l’unica strada che dopo la caduta in<br />
disuso dell’Appia collegava il nord con il sud del Lazio, il<br />
paese fu al centro di una vita travagliata, ma fu anche<br />
scelto come dimora da alcuni papi: Gregorio VII nel<br />
1073, Pasquale II nel 1116, Lucio III che vi restò per<br />
circa un anno nel 1182. Nel 1656 la popolazione setina<br />
venne dimezzata sia a causa della peste che colpì<br />
l'Italia, sia per le continue scorrerie delle truppe<br />
spagnole e austriache. Nel 1690 a Sezze fu fondata<br />
l'Accademia Scientifica letteraria degli Argonauti una<br />
delle prime in Italia. Nel 1798 Sezze come anche<br />
Roma fu occupata dai francesi, i setini però si<br />
ribellarono scacciarono gli occupanti ed abbatterono<br />
l'albero della libertà. Riuscirono ad evitare la vendetta<br />
<strong>dei</strong> francesi pagando una forte somma.<br />
Successivamente la città fece parte del regno d'Italia.<br />
Non si può dimenticare la distruzione di chiese e palazzi<br />
del centro storico provocate dai bombardamenti<br />
americani durante la Seconda Guerra Mondiale. Bisogna<br />
inoltre ricordare i setini come protagonisti delle grandi<br />
lotte per l’emancipazione del mondo cittadino e per la<br />
libertà dall’inizio del secolo al periodo fascista e dal<br />
dopoguerra ai nostri giorni.<br />
Cosa c’è da vedere<br />
Le mura poligonali, costruite in epoca romana; le<br />
porte di accesso alla città, resti di un medioevo<br />
profondamente radicato nell’architettura; i<br />
palazzi delle famiglie nobiliari; le chiese simbolo<br />
della devozione e della fede della popolazione:<br />
una stratificazione di stili e di testimonianze che ricalca<br />
la storia millenaria di Sezze, dove costruzioni di epoche<br />
distinte di mescolano in un incontro spirituale e sociale.<br />
Fuori dalla cinta urbana, lungo un sentiero sterrato, si<br />
possono ammirare le mura poligonali che fortificavano<br />
l’antica Setia, realizzate in opera poligonale di terza e<br />
quarta maniera, tra le quali emerge un maestoso<br />
bastione, sormontato da un’opera idraulica del periodo<br />
sillano, ancora perfettamente conservata. Risalendo<br />
verso Porta Romana si incontra il Monumento al<br />
Cardinal Corradini, la barocca chiesa del Bambino Gesù,<br />
risalente al Seicento, e la Cattedrale di Santa Maria.<br />
Costruita nel XIII secolo sulle rovine di una chiesa<br />
romanica con la particolarità di presentarsi in posizione<br />
rovesciata, la cattedrale merita un’attenta visita, poiché<br />
ricca di opere e particolari artistici di notevole pregio<br />
risalenti al XII - XVI secolo. Continuando ad esplorare i<br />
caratteristici vicoli e scalinate (di particolare bellezza<br />
quella che porta a Piazza Margherita) del centro storico,<br />
si incontreranno, lungo via Roma e via Umberto I,<br />
l'ingresso dell'Antiquarium, primo museo del<br />
comprensorio lepino che custodisce reperti archeologici<br />
12<br />
focus i<strong>Lepini</strong><br />
27
i<strong>Lepini</strong><br />
28 12<br />
focus<br />
provenienti dal territorio setino, preziose testimonianze<br />
della presenza umana nel territorio di Seze già 3.500 anni<br />
fa; l'ex-pretura ora sede della Ludoteca (una delle prime<br />
sorte in Italia); il Museo del Giocattolo, rarità culturale<br />
inaugurata nel 1993 per raccontare il valore culturale e<br />
sociale del gioco. Salendo ancora si arriva in piazza De<br />
Magistris con il Palazzo Comunale (un tempo dimora della<br />
famiglia De Magistris). Arrivati nel punto più alto di Sezze,<br />
nei pressi di Piazza Santa Margherita, si potevano<br />
ammirare prima della Seconda Guerra Mondiale: la<br />
barocca chiesa di San Rocco, bellissima distrutta dai<br />
bombardamenti alleati che cercavano di colpire il<br />
comando delle truppe tedesche posizionato in un palazzo<br />
attiguo; la chiesa di San Pietro, realizzata tra il 1589 e il<br />
1622 dai Gesuiti (ha impressa sulla facciata lo stemma in<br />
pietra della <strong>Compagnia</strong> di Gesù), con l’attiguo seminario<br />
che in passato era uno <strong>dei</strong> più importanti del Lazio,<br />
arrivando ad avere circa 30 docenti già nel 1641; ed<br />
infine la chiesa di Sant’Angelo, a lungo trascurata dalle<br />
gerarchie ecclesiastiche ed oggi ristrutturata dal comune<br />
e trasformata in Auditorium comunale. La vostra<br />
passeggiata nel centro storico potrebbe concludersi con<br />
una puntatina al “Monumento”, il parco posto tra Porta<br />
Pascibella e Porta Sant’Andrea, dedicato al milite ignoto.<br />
Significativi anche i monumenti situati al di fuori delle<br />
mura, come sulla strada per Latina scalo i resti di un<br />
ponte romano del III-II secolo a.C. (archi di San Lidano),<br />
una tomba romana a poca distanza da tutti chiamata “La<br />
Torre”e, sempre nelle vicinanze, i ruderi di un tempio<br />
dedicato a Giunone. Sull’ex-statale 156 si possono,<br />
invece, ammirare i resti di una villa romana e nelle grotte,<br />
difficilmente raggiungibili nella piana della Longara, si<br />
possono ammirare graffiti di scene di caccia risalenti al<br />
paleolitico. Da non dimenticare i resti del complesso<br />
feudale, un castello e le case che lo circondavano, che<br />
sorse nel XIII secolo sulle alture di Monte Trevi.<br />
Le Manifestazioni<br />
PASSIONE DI CRISTO<br />
Studenti, operai, professionisti, giovani ed adulti,<br />
ogni anno si preparano per partecipare al rito<br />
della Passione. Una tradizione di origine<br />
medievale, realizzata dalle Confraternite<br />
dell'Organizzazione e della Morte per mettere in<br />
risalto il lato spirituale e mistico della morte di Gesù<br />
Cristo. La Passione, come ora sfila per le vie del centro<br />
storico di Sezze, è opera dell' avv. Filiberto Gigli, che nel<br />
1933, colpito dal profondo sentimento spirituale del<br />
popolo setino, decise di ridare nuova vita all'antico rito<br />
medioevale, arricchendolo di un nuovo contenuto<br />
artistico. Dal 1969 ininterrottamente, ogni venerdì santo,<br />
va in scena in costumi d’epoca, la Passione da sempre<br />
accompagnata dalla viva partecipazione del popolo<br />
setino, che ha sempre inteso questo impeqno come uno<br />
<strong>dei</strong> fondamentali e importanti aspetti della vita cittadina.<br />
La sagra del carciofo<br />
Il clima eccezionale dell'area setina, riparata a nordest<br />
dai Monti <strong>Lepini</strong> e riscaldata a sud-ovest dalla<br />
brezza tirrenica, unito alle caratteristiche esclusive<br />
<strong>dei</strong> terreni costituiscono gli elementi indispensabili<br />
per la coltivazione del principe delle tavole setine: il<br />
carciofo. A questo prodotto, che è per eccellenza il<br />
prodotto tipico di Sezze (senza trascurare il buon pane<br />
cotto nei forni a legna), i setini dedicano da oltre<br />
trent’anni una sagra, che si svolge nel mese di aprile.<br />
Un’occasione per gustare il migliore carciofo della<br />
penisola cucinato secondo le tradizionali ricette lepine:<br />
alla giudia e al forno.<br />
Prodotti tipici<br />
Tra i cibi rinomati di Sezze, tramandati sino ad<br />
oggi, vi sono due zuppe: la Bazzoffia, zuppa<br />
con verdure di stagione e la Zuppa di Fagioli,<br />
entrambe da assaggiare in occasione delle<br />
rispettive Sagre. Il vanto di Sezze è il tipico<br />
Carciofo dall'aspetto tondeggiante e senza spine.Da<br />
apprezzare i noti dolci sezzesi a base di semplici<br />
ingredienti quali: le Ciambelle d’acqua e di vino; le<br />
Paste di Visciole, tipica marmellata asprigna di piccole<br />
ciliegie; il Tortolo, pagnottella di uova; la Crostata; il<br />
Ciambellone e la Caciata, tipico dolce pasquale<br />
realizzato con la ricotta.<br />
Ristoranti<br />
Il Tempio<br />
Via Boccioni snc Tel. 0773.802046 - 3356181897<br />
Panici<br />
SS 156 Monti <strong>Lepini</strong> Km.35 Tel. 0773.899193<br />
Da Bastiano “La locanda dell’oca nera”<br />
Via Foresta 1 Tratto<br />
Santuccio<br />
Via SS.Sebastiano e Rocco, 95<br />
Località Colli di Suso Tel. 0773.888573<br />
Il Melograno<br />
Via Piagge Marine snc Tel. 0773.804504<br />
Il Seminario<br />
Via Foresta II tratto Tel.0773.803243 - 347.8181784<br />
Il Faraone<br />
Via Casali 61/a Tel. 0773.88280<br />
Federici<br />
Via Bassiano 315 Tel. 0773.886038<br />
Angeluccio<br />
Via Ponte Ferraioli 48, Sezze Scalo Tel. 0773.899146<br />
Barbitto<br />
Via Colli I tratto 47 Tel. 0773.888523<br />
Battocchio<br />
Via Piagge Marine 50 Tel. 0773.887515<br />
Le Terrazze<br />
Via Sicilia snc, Sezze Scalo Tel. 0773.876614<br />
Il Capanno<br />
Via del Murillo 5, Sezze Scalo Tel. 0773.877289<br />
Parco Vesuvio<br />
Via Napoli, 2 Sezze Scalo Tel. 0773.877234<br />
La Storta<br />
Via Campania 41, Sezze Scalo Tel. 0773.876193<br />
Il Leone D’Oro<br />
Via Villa Petrara 110 Tel. 0773.804525<br />
Gatto Bianco Gatto Nero<br />
Via Corradini, 92 Tel. 347.7140259 - 338.98112095<br />
Roanissimo<br />
Via migliara 46 Tel. 0773.899486<br />
Alberghi<br />
Barbitto<br />
Via Colli 1 tratto 47 Tel. 0773.888523<br />
Santuccio<br />
Via SS.Sebastiano e Rocco 95<br />
Località Colli di Suso Tel. 0773.888573<br />
12<br />
focus i<strong>Lepini</strong><br />
29
i<strong>Lepini</strong><br />
30 12<br />
economia<br />
Quella polenta<br />
di Guglielmo<br />
Caetani<br />
Francesco Scacchetti<br />
Si terrà il 21 e il 22 gennaio<br />
a Sermoneta la sagra dedicata<br />
a uno <strong>dei</strong> piatti tipici della<br />
cucina locale. Due giorni di<br />
festeggiamenti in cui non<br />
mancherà l’occasione per<br />
discutere di gastronomia<br />
e sviluppo turistico<br />
Tutti in piazza per mangiare la polenta. Anche<br />
quest’anno si terrà a Sermoneta la Sagra della<br />
polenta. L’appuntamento è per sabato 21 e<br />
domenica 22, l’incontro con il piatto e la<br />
forchetta è per domenica alle 12.30 in piazza<br />
San Lorenzo. Il rapporto tra Sermoneta e la farina gialla<br />
e stretto e risale a diversi secoli fa. La storia vuole che<br />
Guglielmo Caetani, dopo cinque anni di esilio, tornò al<br />
suo paese non appena ebbe notizia della morte di<br />
Alessandro VI Borgia. Guglielmo non tornò da solo ma<br />
portò con se il seme del granoturco venuto dall'America<br />
che seminò nei suoi campi ottenendo un abbondante<br />
raccolto. La farina del granoturco fu inizialmente usata<br />
per preparare i pasti <strong>dei</strong> prigionieri del castello e in<br />
seguito fu utilizzata dai poveri e dai pastori per farci la<br />
polenta o la pizza. Dopo qualche anno, in occasione<br />
della festa di Sant’Antonio Abate, il protettore degli<br />
animali domestici, ai pastori che scendevano in paese<br />
per far benedire i loro animali veniva offerto un piatto di<br />
polenta condita con carne di maiale. Con il tempo<br />
l’incotro divenne un’usanza che resiste ancora oggi.<br />
Dopo un periodo di sospensione, dal 1977<br />
l'Associazione Festeggiamenti Centro Storico cura la<br />
domenica successiva al 17 gennaio la Sagra della<br />
Polenta. Quello che viene gustata il giorno della sagra, è<br />
un piatto squisito in quanto viene cotto in un paiolo di<br />
rame su fuoco a legna. I polentari girano senza stancarsi<br />
la polenta fino a farla diventare fina e senza grumi. Il<br />
tutto viene poi condito con salsicce, pomodori, olio di<br />
oliva locale ed altri ingredienti. La festa ha un profondo<br />
senso religioso tanto che i momenti sacri e quelli profani<br />
si incastonano alla perfezione. Dopo un triduo di<br />
preparazione nella chiesa di Santa Maria, la vera e<br />
propria festa avrà inizio il pomeriggio del 21 gennaio<br />
con l’inaugurazione di tre mostre. Alle 16 presso chiesa<br />
di San Giuseppe sarà aperto l’allestimento “Frammenti<br />
di Medioevo” curata da Mirco Jeric. Alle 16.30 sarà la<br />
volta della “Rievocazione di un frammento di storia<br />
Sermoneta A.D. 1571 nel corso degli anni” a cura<br />
dell’Associazione festeggiamenti centro storico<br />
Sermoneta e Fotolandia. Presso la Loggia <strong>dei</strong> Briganti<br />
saranno infine esposte dalle 17.30 le foto del<br />
Laboratorio Lepino di immagine e fotografia organizzata<br />
dalla <strong>Compagnia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lepini</strong>. Alle 18.30, presso il castello<br />
Caetani si terrà un convegno sui prodotti tipici nell’ottica<br />
dello sviluppo turistico. “<strong>Lepini</strong>, i giacimenti golosi del<br />
gusto” è il titolo scelto dalla <strong>Compagnia</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lepini</strong> -<br />
l’ente organizzatore dell’incontro - per questa<br />
discussione che coinvolgerà esperti e amministratori.<br />
Alla fine della discussione, sarà la volta della polenta.<br />
“Dalle stelle alle stelle” è il titolo scelto per la serata. La<br />
polenta era un tempo un piatto povero, oggi, non è più<br />
così. Quando si stava peggio, la farina gialla era l’unica<br />
cosa che in casa non mancava mai. Quando le<br />
condizioni economiche lo permisero, nelle dispense si<br />
incominciò a trovare di tutto e la polenta salì in soffitta.<br />
Da qualche tempo questo piatto è tornato<br />
prepotentemente di moda tanto che viene regolarmente<br />
servito in molti ristoranti. I condimenti “moderni” sono<br />
ben diversi da quelli miseri di un tempo: tartufo nero,<br />
funghi, sughi di carne, cacciagione e molto altro. I<br />
condimenti di un tempo però, i soffritti di aglio o<br />
rosmarino, sono stati rivalutati. Anche loro saranno<br />
quindi proposti nel corso della serata. Domenica 22<br />
gennaio dalle 6 del mattino inizieranno i preparativi per<br />
la polentata delle 12.30 in piazza S. Lorenzo (la<br />
distribuzione continuerà per tutto il pomeriggio). Alle 11<br />
si celebrerà una messa al termine della quale si terrà<br />
una processione con l’immagine di S. Antonio Abate. Al<br />
rientro ci sarà la benedizione della polenta e la<br />
distribuzione <strong>dei</strong> pani in chiesa. Alle 15.30 si esibiranno<br />
gli sbandieratori del ducato di Sermoneta. Il maestro<br />
Massimo Carboni e i suoi organetti allieteranno l’intero<br />
pomeriggio. Si chiuderà così uno degli appuntamenti più<br />
importanti dell’inverno lepino.<br />
12<br />
economia i<strong>Lepini</strong><br />
31
i<strong>Lepini</strong><br />
32 12<br />
economia<br />
“Una festa dalle radici profonde”<br />
Giuseppina Giovannoli<br />
Sindaco di Sermoneta<br />
“La Sagra della Polenta non è<br />
una semplice sagra paesana.<br />
Essa si pone da sempre<br />
l’obiettivo di consolidare una<br />
tradizione e una cultura che<br />
affonda le proprie radici in una<br />
storia lunga di secoli. È da circa<br />
cinquecento anni infatti che il mais è stato<br />
introdotto da Guglielmo Caetani a Sermoneta. Da<br />
allora è diventato un piatto che ha accompagnato<br />
le popolazioni locali nel difficile cammino verso il<br />
progresso. Oggi la polenta non è più un piatto<br />
povero, occupa ormai un posto d’onore nella<br />
gastronomia locale. Nell’ambito della riscoperta<br />
degli sapori di un tempo, questo piatto, insieme alle<br />
altre tipicità lepine, può contribuire al rilancio<br />
turistico del comprensorio. L’enogastronomia, la<br />
storia, le tradizioni, le risorse artistiche,<br />
architettonine e ambientali, sono infatti i punti<br />
cardine su cui deve poggiare un serio piano di<br />
sviluppo economico per il territorio. Per tornare alla<br />
Sagra, il calendario dell’evento rappresenta un<br />
valore aggiunto per l’intero territorio, non soltanto<br />
per Sermoneta, e si inserisce nelle iniziative che<br />
esaltano l’antico dominio <strong>dei</strong> Caetani, oggi<br />
proiettato verso un futuro turistico di indubbio<br />
interesse. L’evento poi sarà un momento per<br />
portare la festa in diverse realtà territoriali di<br />
Sermoneta. Dopo la polentata di domenica 22<br />
infatti, ci saranno altri appuntamenti: il 5 febbraio a<br />
Sermoneta Scalo, il 12 a Monticchio, il 19 a<br />
Pontenuovo, infine il 26 ci sarà la ‘Polenta con gli<br />
anziani’ che chiude la Festa. La Sagra è quindi<br />
un’occasione per stare insieme e riscoprire<br />
un’antica usanza che contribuisce a delineare<br />
l’identità della comunità di Sermoneta”.<br />
I santi del territorio<br />
tra tradizione e devozione 12<br />
Italo Campagna<br />
Presentato il nuovo libro di Luigi Zaccheo<br />
e Pietro Mastrantoni.Dopo il successo<br />
della prima pubblicazione dedicata<br />
ai venerati dell’area pontina del<br />
comprensorio, i due autori si cimentano<br />
di nuovo con il tema del sacro<br />
nella XVIII Comunità Montana<br />
Il binomio di tutto prestigio, il prof. Luigi Zaccheo<br />
cultore di storia patria, e Pietro Mastrantoni,<br />
ricercatore accanito di materiale antiquario e<br />
soprattutto di immagini sacre, ha terminato la<br />
duplice fatica sui santi protettori della XIII e XVIII<br />
Comunità Montana, che ebbero un culto secolare sui<br />
monti <strong>Lepini</strong>. Si è così raccolta una serie notevolissima<br />
di rarissime immagini sacre (di cui alcune datate fine<br />
XIX secolo)e si è sviluppata una importante ricerca<br />
agiografica, ponendo in evidenza le scelte religiose della<br />
nostra civiltà rurale,i valori taumaturgici, devozionali di<br />
santi locali che hanno protetto per secoli gli uomini<br />
lepini, ed hanno difeso i loro animali e i loro raccolti<br />
agricoli. Una riscoperta della sacralità e del culto<br />
religioso delle nostre popolazioni, in questa fase<br />
primordiale, che farà da battistrada a più specifici<br />
approfondimenti scientifici, onde meglio capitalizzare<br />
alcuni aspetti non secondari della nostra cultura,<br />
espressione dello spirito,ma anche dell’arte,<br />
dell’architettura e dello sviluppo urbanistico delle nostre<br />
comunità. Il prezioso volumetto edito dalla XVIII<br />
Comunità Montana,area romana,presenta le singole<br />
cittadine lepine, che ne fanno parte, ponendo in forte<br />
recupero identificazione e orgoglio campanilistico, ma<br />
anche maggiore consapevolezza ed approfondimento<br />
culturale su santi già titolari di comunità, di<br />
dalterritorio<br />
33<br />
i<strong>Lepini</strong>
i<strong>Lepini</strong><br />
34<br />
dalterritorio 12<br />
Pietro Mastrantoni Luigi Zaccheo<br />
confraternite, di cappelle e chiesette rurali e montane.<br />
È un modo nuovo di riscoprire ed apprezzare un<br />
patrimonio seriamente posto a rischio.<br />
Il testo, volutamente sintetico, appare di facile<br />
consultazione: si specificano oltre i protettori delle<br />
singole comunità prese in esame, anche e soprattutto<br />
una serie impressionante di santi, alcuni attualmente<br />
misconosciuti dalle nostre popolazioni, invocati per i<br />
raccolti agricoli, contro tutte le più svariate e ricorrenti<br />
forme epidemiologiche o contro i pericoli degli uomini e<br />
degli agenti atmosferici. Un lavoro artigianale bello nella<br />
sua veste tipografica, fortemente impreziosito dalla<br />
iconografia agiografica di “santini” trovati sui mercati<br />
Il testo appare di facile<br />
consultazione: si specificano<br />
oltre i protettori delle singole<br />
comunità prese in esame,<br />
anche molti altri santi<br />
venerati nei <strong>Lepini</strong><br />
specialistici di mezza Europa, e vivificato da una<br />
appropriata documentazione testuale, che tiene vivo<br />
l’interesse del lettore. Sembra che gli autori abbiano<br />
voluto raccogliere quel diffuso senso del mistico e della<br />
religiosità popolare di santi, a volte appena conosciuti<br />
da chi ne porta il nome(è molto interessante notare<br />
come questi nostri santi protettori e taumaturghi<br />
abbiano profondamente vivificata la nostra cultura e la<br />
stessa nostra vita privata)come sottolinea il presidente<br />
della XVIII Comunità Montana,Quirino Briganti, che ha<br />
fortemente voluta l’opera. Un modo intelligente per<br />
continuare una progettualità territoriale e recuperare<br />
tutte quelle forme culturali che identificarono il nostro<br />
campanile e la stessa nostra vita associativa.