Quaderno delle Olimpiadi" a cura di Augusto Rosati - Lo sport italiano
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Il quaderno <strong>delle</strong> olimpia<strong>di</strong><br />
Una storia<br />
appassionante<br />
1<br />
La lunga strada da Atene 1896 ad Atene 2004<br />
<strong>di</strong> <strong>Augusto</strong> <strong>Rosati</strong>
Pur nella convinzione che<br />
ogni e<strong>di</strong>zione dei Giochi<br />
abbia una propria storia a<br />
se stante, e come tale<br />
debba essere letta e<br />
vissuta, vi proponiamo con<br />
questo opuscolo un breve<br />
“excursus” (osiamo<br />
definirlo una sorta <strong>di</strong><br />
“piccolo Bignami”) su quello<br />
che i ciclisti italiani hanno<br />
saputo offrire nel corso<br />
<strong>delle</strong> ventotto olimpia<strong>di</strong>, da<br />
Atene 1896 a Sydney 2000.<br />
Potrà servire per entrare in<br />
quel clima agonistico che<br />
fra pochissimi giorni si<br />
riproporrà, <strong>di</strong> nuovo dopo<br />
108 anni, nella capitale<br />
ellenica, con l’auspicio che i<br />
tre<strong>di</strong>ci azzurri chiamati in<br />
questa nuova occasione a<br />
rappresentare l’Italia della<br />
bicicletta, sappiano<br />
confermare ancora<br />
una volta il ruolo <strong>di</strong><br />
protagonista del nostro<br />
movimento ciclistico.
CICLISMO ONNIPRESENTE<br />
Il ciclismo è una <strong>delle</strong> pochissime <strong>di</strong>scipline che hanno fatto<br />
parte da sempre del programma <strong>delle</strong> Olimpia<strong>di</strong> moderne: la<br />
storia, che molto brevemente riporteremo nelle righe successive,<br />
mette in risalto che, almeno nelle prime e<strong>di</strong>zioni, e comunque<br />
fino al 1920, le specialità in programma, in particolare quelle<br />
della pista, non furono sempre le stesse, ma ad<strong>di</strong>rittura si<br />
svolsero gare su <strong>di</strong>stanze <strong>di</strong>verse e con regole tra le più <strong>di</strong>sparate.<br />
La stessa prova su strada (che però non si effettuò nella seconda,<br />
terza e quarta e<strong>di</strong>zione dei Giochi) si propose spesso in<br />
modo “ballerino”, qualche volta secondo la modalità classica in<br />
linea, altre volte come gara contro il tempo. Anche la cronometro<br />
a squadre non si svolse subito così come<br />
oggi la conosciamo (vale a <strong>di</strong>re quattro corridori<br />
per team impegnati in modo contemporaneo<br />
e tempo preso sul terzo concorrente):<br />
fino al 1956 compreso (parliamo quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
Melbourne) la classifica era stilata tenuto<br />
conto della sommatoria dei tempi fatti registrare<br />
da ciascun atleta <strong>di</strong> ciascuna nazione<br />
nella gara in<strong>di</strong>viduale.<br />
Altra annotazione interessante riguarda la<br />
pista, le cui gare in assoluto vantano la maggiore<br />
presenza nel programma <strong>delle</strong> Olimpia<strong>di</strong>:<br />
infatti solo nell’e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Stoccolma<br />
(1912) non si svolsero le prove del “ton<strong>di</strong>no”. E<br />
sempre su questo argomento, altra curiosità<br />
storica riguarda le prove che per tantissime<br />
e<strong>di</strong>zioni (da quella del 1924 fino a quella del 1992) sono state punti<br />
<strong>di</strong> riferimento <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>sciplina: ci riferiamo alla velocità in<strong>di</strong>viduale,<br />
alla velocità tandem, al chilometro da fermo ed all’inseguimento<br />
in<strong>di</strong>viduale, anche se <strong>di</strong> tanto in tanto non mancò<br />
qualche inserimento, come ad esempio fu l’inseguimento in<strong>di</strong>viduale,<br />
che fece la sua comparsa da Tokyo 1964, o il depennamento<br />
del tandem a partire dal 1972.<br />
E’ a partire dalle ultime due e<strong>di</strong>zioni che il programma fu ampliato<br />
e soprattutto adeguato alle rinnovate esigenze <strong>di</strong> questo<br />
sempre affascinante e spettacolare segmento del ciclismo.<br />
Discorso a parte merita poi il settore femminile, che fece il suo<br />
ingresso nel mondo olimpico <strong>delle</strong> due ruote solo a partire dai<br />
Giochi <strong>di</strong> <strong>Lo</strong>s Angeles nel 1984: fino all’e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Barcellona<br />
del 1992 in programma era solo la gara su strada. Poi, a partire<br />
dal 1996, si aggiunsero altre specialità.<br />
Altro momento importante della storia olimpica <strong>delle</strong> due ruo-<br />
il quaderno <strong>delle</strong> olimpia<strong>di</strong><br />
La storia siamo noi... del ciclismo<br />
te fu alle Olimpia<strong>di</strong> <strong>di</strong> Atlanta (siamo nel 1996), ove fu dato spazio<br />
alle due gare, maschile e femminile, del MTB, con l’introduzione<br />
della specialità del crosscountry. Questi due eventi<br />
hanno subito riscontrato il massimo successo, sia in termini <strong>di</strong><br />
spettatori presenti sul circuito, sia per quanto concerne l’au<strong>di</strong>ence<br />
televisiva.<br />
Facciamo ora un breve excursus su quanto accadde nelle varie<br />
e<strong>di</strong>zioni per quanto concerne il nostro <strong>sport</strong>.<br />
ATENE 1896<br />
Il primo atleta a vincere una prova <strong>di</strong> ciclismo alle Olimpia<strong>di</strong><br />
(era una gara in linea) fu il greco Aristi<strong>di</strong>s Konstantini<strong>di</strong>s. La<br />
medaglia d’argento fu del tedesco August Goedrich, mentre il<br />
bronzo fu dell’inglese Edward Battel.<br />
Interessante sapere che il percorso <strong>di</strong><br />
gara si articolò da Atene a Maratona e<br />
ritorno, per un totale <strong>di</strong> 84 km e 390<br />
metri (ndr: l’omonima storica gara <strong>di</strong><br />
corsa misura infatti 42 chilometri e<br />
195 metri). L’arrivo era fissato al velodromo<br />
Phaliron, impianto a quel tempo<br />
esistente nella capitale greca.<br />
Oltre alla gara su strada anche alcune<br />
prove su pista: innanzitutto due specialità<br />
cosiddette “canoniche” per il<br />
mondo dei velodromi, vale a <strong>di</strong>re la velocità<br />
in<strong>di</strong>viduale ed il chilometro da<br />
fermo (entrambe vinte dal francese<br />
Paul Masson). Ci furono poi anche la<br />
100 km (la vinse il francese Leon Flameng sull’atleta <strong>di</strong> casa<br />
Georgios Colettis), la 10 km (la vinse ancora Paul Masson, che<br />
fu quin<strong>di</strong> l’eroe <strong>di</strong> questa e<strong>di</strong>zione), ed ancora una “Do<strong>di</strong>ci ore”,<br />
vinta dall’austriaco Adolf Schmal. Nessuna informazione <strong>di</strong> rilievo<br />
sugli azzurri.<br />
PARIGI 1900 – ST LOUIS 1904<br />
Dall’e<strong>di</strong>zione successiva <strong>di</strong> Parigi (1900) fino a quella <strong>di</strong> <strong>Lo</strong>ndra,<br />
come abbiamo accennato nelle righe precedenti, non ci fu<br />
alcuna prova su strada, ma solo la pista ebbe concentrata la<br />
luce dei “riflettori” olimpici. Nella capitale francese si svolse<br />
infatti la velocità in<strong>di</strong>viduale e la “25 km” (specialità dominata<br />
dal francese <strong>Lo</strong>uis Bastien), mentre quattro anni dopo, a<br />
St.<strong>Lo</strong>uis, negli States, oltre alla velocità si svolsero una serie<br />
<strong>di</strong> prove su <strong>di</strong>stanza crescente (1/4 miglio pari a 402,3 mt;1/3<br />
numero 32<br />
Il Mondo del Ciclismo<br />
III
il quaderno <strong>delle</strong> olimpia<strong>di</strong><br />
miglio, 536,5 mt; 1/2 miglio,<br />
804,7 mt; 1 miglio, 1609,3 mt; 2<br />
miglia, 3.218 mt; 5 miglia,<br />
8046 mt; 25 miglia 40.232 mt).<br />
Al momento non sappiamo <strong>di</strong>re<br />
se fu un’unica gara con traguar<strong>di</strong><br />
interme<strong>di</strong> o furono tante<br />
prove specifiche. Nessuna<br />
informazione <strong>di</strong> rilievo sugli<br />
azzurri.<br />
LONDRA 1908<br />
A <strong>Lo</strong>ndra, nel 1908, ci fu nuovamente<br />
la 100 km su pista,<br />
ma anche altre nuove specialità.<br />
Ci riferiamo all’inseguimento a squadre, che si articolò<br />
sulla strana <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 1980 yards, pari a 1810 mt, e che vide<br />
primeggiare la squadra inglese (composta da Kingsbury, Payne,<br />
Mere<strong>di</strong>th e Jones) sulla Germania ed il Canada. Poi fece la<br />
sua comparsa per la<br />
prima volta nel programma<br />
olimpico la velocità<br />
tandem, e subito i<br />
francesi si <strong>di</strong>mostrarono<br />
all’avanguar<strong>di</strong>a: vinsero<br />
infatti Maurice<br />
Schilles ed Andrè Auffray.<br />
Quin<strong>di</strong> furono proposte<br />
altre due specialità,<br />
la cui <strong>di</strong>stanza certamente<br />
non può essere<br />
considerata canonica:<br />
parliamo della<br />
20km e dei 5000 mt. Si<br />
svolse anche una strana<br />
“velocità in<strong>di</strong>viduale”, sulla <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> un giro, che in quel<br />
Velodromo corrispondeva a 660 yards, misura che con il sistema<br />
metrico decimale significa 603,55 metri. Nessuna informazione<br />
<strong>di</strong> rilievo sugli azzurri.<br />
STOCCOLMA 1912<br />
ANVERSA 1920<br />
A Stoccolma nel 1912 ritornarono le gare su strada, in<strong>di</strong>viduale<br />
ed a squadre, mentre, come avevamo già accennato, non ci<br />
fu alcuna prova su pista. Ambedue gli eventi furono contro il<br />
tempo: la prova single fu vinta dal sudafricano Rudolph Lewis,<br />
IV Il Mondo del Ciclismo numero 32<br />
mentre la classifica a<br />
squadre assegnò l’oro<br />
alla Svezia.<br />
Nell’e<strong>di</strong>zione successiva,<br />
ad Anversa nel<br />
1920 (ndr: per via della<br />
prima Guerra Mon<strong>di</strong>ale<br />
saltò la manifestazione<br />
del 1916) ancora<br />
le due prove su strada<br />
contro il tempo: nella<br />
in<strong>di</strong>viduale vinse lo<br />
svedese Harry Stenqvist,<br />
mentre nell’altra<br />
si registrò il primo posto<br />
dei francesi. Ma le<br />
Olimpia<strong>di</strong> <strong>di</strong> Anversa<br />
sono care all’Italia ciclistica,<br />
poiché fu in pista,<br />
più precisamente nell’inseguimento<br />
a squadre,<br />
che quattro azzurri,<br />
Ferrario, Carli,<br />
Magnani e Giorgetti,<br />
inaugurarono la prima<br />
<strong>delle</strong> trentadue medaglie<br />
d’oro vinte dagli italiani<br />
nelle gare dei “cinque<br />
cerchi” svoltesi fino<br />
alla scorsa e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Sydney 2000. Nella città belga, sempre<br />
in pista, si svolsero anche le gare <strong>di</strong> velocità in<strong>di</strong>viduale, del<br />
tandem, nonché della 50 km.<br />
Di nuovo a Parigi, siamo<br />
nel 1924, e per le due ruote<br />
vengono confermate le<br />
due gare su strada, ma<br />
per quella in<strong>di</strong>viduale si<br />
ritorna all’antico, vale a<br />
<strong>di</strong>re con la prova in linea,<br />
ove si registra la vittoria<br />
del corridore <strong>di</strong> casa Armand<br />
Blanchonnet (ma<br />
anche nella crono a squadre<br />
il gra<strong>di</strong>no più alto del<br />
po<strong>di</strong>o va ai transalpini). In<br />
pista ci sono le gare <strong>di</strong> ve-<br />
PARIGI 1924
locità in<strong>di</strong>viduale e tandem, nonchè la 50 km (tutte e tre appannaggio<br />
dei francesi) e l’inseguimento a squadre, ove con l’oro<br />
azzurro <strong>di</strong> De Martino, Dinale, Menegazzi e Zucchetti, l’Italia<br />
conferma la sua supremazia in questa specialità.<br />
AMSTERDAM 1928<br />
LOS ANGELES 1932<br />
Ad Amsterdam, nel 1928,<br />
ambedue le gare su<br />
strada sono nuovamente<br />
contro il tempo (ed ambedue<br />
sono appannaggio<br />
<strong>di</strong> atleti danesi),<br />
mentre su pista il programma<br />
prevede chilometro<br />
da fermo, velocità<br />
in<strong>di</strong>viduale e velocità<br />
tandem, ed infine inseguimento<br />
a squadre, ove<br />
si registra il terzo successo<br />
consecutivo della<br />
squadra azzurra, stavolta<br />
rappresentata da Tasselli,<br />
Cattaneo, Facciani e Lusiani.<br />
A <strong>Lo</strong>s Angeles, è il 1932, en plein azzurro nelle due gare su<br />
strada ed anche stavolta la prova in<strong>di</strong>viduale è contro il tempo,<br />
ove trionfa Attilio Pavesi, che con la sua prestazione, assieme<br />
a quella <strong>di</strong> Guglielmo Segato, medaglia d’argento e <strong>di</strong> Olmo,<br />
contribuisce anche alla conquista dell’oro nella classifica a<br />
squadre.<br />
Da questa Olimpiade la pista sembra assumere un assetto definitivo<br />
con le prove cosidette<br />
“canoniche” e<br />
non si è più, quin<strong>di</strong>, in<br />
balia della decisione<br />
estemporanea degli<br />
organizzatori: chilometro<br />
a cronometro, velocità<br />
in<strong>di</strong>viduale (ndr:<br />
segnaliamo il bronzo<br />
del nostro Bruno Pellizzari),<br />
velocità tandem<br />
ed inseguimento a<br />
squadre (e qui ancora<br />
altro magnifico oro <strong>italiano</strong>,<br />
con Cimatti, Pedretti,<br />
Ghilar<strong>di</strong> e Bor-<br />
il quaderno <strong>delle</strong> olimpia<strong>di</strong><br />
sari) le quattro prove in programma.<br />
BERLINO 1936<br />
Siamo nel 1936, a Berlino,<br />
evento che nell’intenzione degli<br />
organizzatori tedeschi doveva<br />
avere ben altro significato<br />
oltre a quello <strong>sport</strong>ivo, con<br />
la presenza del Furher, o dei<br />
suoi più “qualificati” rappresentanti<br />
nelle tribune <strong>di</strong> molti<br />
campi <strong>di</strong> gara. Nel ciclismo,<br />
nelle sei medaglie in palio, si<br />
registrò il personale successo<br />
del transalpino Rober Charpentier, che vinse ben tre titoli, vale<br />
a <strong>di</strong>re i due della strada più quello dell’inseguimento a<br />
squadre. Olimpiade magra per gli azzurri, che riuscirono a<br />
conquistare l’argento proprio in quest’ultima specialità con<br />
Bianco Bianchi, Mario Latini, Mario Gentili e Armando Latini.<br />
LONDRA 1948<br />
La seconda, terribile Guerra Mon<strong>di</strong>ale, bloccò ben due e<strong>di</strong>zioni<br />
dei Giochi Olimpici: il festival dei cinque cerchi riprese nel 1948,<br />
a <strong>Lo</strong>ndra, in un clima <strong>di</strong> rinnovata speranza e fiducia tra i popoli.<br />
Quella Olimpiade, e così anche quelle successive fino al<br />
1960 nella Città Eterna, furono davvero testimonianza eloquente<br />
<strong>di</strong> quello che doveva (e dovrebbe essere) lo spirito olimpico,<br />
fondato sulla lealtà, l’amicizia ed il rispetto tra le persone.<br />
A <strong>Lo</strong>ndra nella prova in linea il successo arrise al francese Jose<br />
Beyaert, mentre ai belgi andò l’oro della classifica a squadre.<br />
Tre gli allori vinti<br />
dall’Italia: due medaglie<br />
d’oro nella velocità<br />
in<strong>di</strong>viduale (con<br />
Mario Ghella) e nella<br />
velocità tandem (Fer<strong>di</strong>nando<br />
Terruzzi, che<br />
poi si rivelò il più<br />
grande seigiornista<br />
<strong>italiano</strong> <strong>di</strong> tutti i tempi,<br />
e Renato Perona),<br />
ed una d’argento nell’inseguimento<br />
a<br />
squadre, con Benfenati,<br />
Bernar<strong>di</strong>, Citterio<br />
e Pucci.<br />
numero 32<br />
Il Mondo del Ciclismo<br />
V
il quaderno <strong>delle</strong> olimpia<strong>di</strong><br />
HELSINKI 1952<br />
MELBOURNE 1956<br />
Nel 1952 fu ancora l’Europa,<br />
con la città <strong>di</strong> Helsinky, ad<br />
ospitare i Giochi Estivi, ed ancora<br />
una volta i nostri connazionali<br />
si mettono in buona<br />
evidenza. Il bottino è <strong>di</strong> cinque<br />
medaglie: due d’oro, una nella<br />
velocità in<strong>di</strong>viduale, con<br />
Enzo Sacchi, l’altra nell’inseguimento<br />
a squadre, con Morettini,<br />
Messina, De Rossi e<br />
Campana; due d’argento, una<br />
nel chilometro da fermo, ancora<br />
con Morettini, l’altra nella<br />
gara a squadre della strada,<br />
con Bruni, Zucconelli e<br />
Ghi<strong>di</strong>ni; infine una <strong>di</strong> bronzo<br />
con il tandem, composto dal grande Antonio Maspes in compagnia<br />
<strong>di</strong> Cesare Pinarello.<br />
Quattro anni dopo l’evento dei “cinque cerchi” sbarca nell’altro<br />
emisfero, l’Australia, a Melbourne. Siamo nel 1956, ed in questa<br />
e<strong>di</strong>zione l’Italia si aggiu<strong>di</strong>cò<br />
tre medaglie del<br />
metallo più prestigioso,<br />
una d’argento ed una <strong>di</strong><br />
bronzo. An<strong>di</strong>amo nell’or<strong>di</strong>ne:<br />
nella gara in linea<br />
su strada uno strepitoso<br />
Ercole Bal<strong>di</strong>ni stravinse<br />
la sua prova, anticipando<br />
quello che avrebbe fatto<br />
nei due anni successivi,<br />
vale a <strong>di</strong>re la conquista<br />
del Giro d’Italia, del titolo<br />
<strong>italiano</strong>, del record dell’ora<br />
e del campionato<br />
del mondo professionisti.<br />
Nel chilometro da fermo<br />
vinse un altro grande del ciclismo tricolore: il padovano Leandro<br />
Faggin. Infine il quartetto dell’inseguimento, composto ancora da<br />
Faggin, e poi da Gasparella, Domenicali e Gan<strong>di</strong>ni. L’argento fu<br />
appannaggio <strong>di</strong> Guglielmo Pesenti, nella velocità in<strong>di</strong>viduale (<strong>di</strong>etro<br />
ad uno dei re dello sprint, il francese Michel Rousseau), mentre<br />
Cesare Pinarello e Giuseppe Ogna conquistarono un sempre<br />
“onesto” ed allettante bronzo nella gara tandem.<br />
VI Il Mondo del Ciclismo numero 32<br />
ROMA 1960<br />
Arriviamo al 1960, all’Olimpiade<br />
romana, vera e<br />
propria apoteosi della<br />
storia del ciclismo <strong>italiano</strong>.<br />
Pensate che in questi<br />
Giochi della Città Eterna,<br />
gli azzurri <strong>delle</strong> due ruote<br />
conquistarono ben<br />
cinque medaglie d’oro su<br />
sei specialità in programma.<br />
E per il classico<br />
…pelo non fu vinta la<br />
sesta medaglia d’oro, come<br />
vedremo più avanti. Il<br />
bottino fu inoltre arricchito<br />
da altre due medaglie,<br />
una d’argento, l’altra <strong>di</strong> bronzo. La parte del leone la recitò<br />
il settore della pista, allora guidato da un tecnico che ci era invi<strong>di</strong>ato<br />
da tutto il mondo, Guido Costa, da tutti soprannominato “il<br />
mago” per l’alto numero <strong>di</strong> vittorie che i suoi atleti, non solo italiani,<br />
conquistarono nel corso della sua lunghissima ed itinerante<br />
carriera <strong>di</strong> allenatore. I pistards azzurri vinsero in tutte le specialità:<br />
Sante Gaiardoni si aggiu<strong>di</strong>cò sia la velocità in<strong>di</strong>viduale<br />
(con una volata al car<strong>di</strong>opalmo sul belga Leo Sterk) che il chilometro<br />
da fermo. Il tempo segnato in quella occasione,<br />
1’07”23/100, fu record del mondo per <strong>di</strong>versi anni. Nel tandem<br />
vinsero Sergio Bianchetto e Giuseppe Beghetto, una coppia entrata<br />
nella storia dello <strong>sport</strong> <strong>italiano</strong>, e non solo per l’assonanza<br />
dei due cognomi. Poi ci fu la vittoria nell’inseguimento a squadre:<br />
il team era composto da Arienti, Testa, Vallotto e Vigna. Ad arricchire<br />
il formidabile en plein il bronzo <strong>di</strong> Valentino Gasparella, ancora<br />
nella velocità in<strong>di</strong>viduale.<br />
Ed arriviamo alle due gare su strada: per la prima volta erano in<br />
programma due <strong>di</strong>scipline: oltre alla canonica prova in linea fu<br />
inserita una new entry, la “cronometro a squadre”. Finalmente il<br />
CIO, su proposta della Federazione Internazionale, decise che<br />
non era più il caso <strong>di</strong> assegnare una medaglia stilando una classifica<br />
a squadre sulla base dei singoli piazzamenti <strong>di</strong> ciascun<br />
team nella prova in<strong>di</strong>viduale, ma volle inventarsi una vera e propria<br />
cronometro per equipes <strong>di</strong> quattro corridori, sulla pesantissima<br />
ed impegnativa <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 100 chilometri. Il percorso pre<strong>di</strong>sposto<br />
dagli organizzatori romani si articolava su un circuito da<br />
ripetersi due volte, un tragitto <strong>di</strong>segnato interamente su una panoramicissima<br />
arteria a quattro corsie, la Cristoforo Colombo,<br />
che dal Palazzo dello Sport dell’EUR porta ad Ostia, il quartiere<br />
marino <strong>di</strong> Roma, e ritorno. Questa prova mise in luce la forza e la
preparazione <strong>di</strong> quattro ragazzi italiani, Bailetti, Cogliati, Fornoni<br />
e Trapè, che stravinsero sulla Germania (una squadra che in<br />
quella occasione la <strong>di</strong>plomazia <strong>sport</strong>iva internazionale riuscì a<br />
proporre come equipe “mista”, composta da tedeschi ovest e tedeschi<br />
est, sotto ban<strong>di</strong>era olimpica e senza inno nazionale), e<br />
sull’Unione Sovietica. Questo successo fu un autentico capolavoro<br />
del CT dell’epoca, Elio Rime<strong>di</strong>o, un personaggio che per primo<br />
<strong>di</strong>ede un’impronta scientifica alla teoria dell’allenamento nel ciclismo,<br />
che si trasformò come sintesi <strong>di</strong> più materie amalgamate<br />
tra loro: me<strong>di</strong>cina, psicologia, biomeccanica, tecnica, alimentazione,<br />
e via <strong>di</strong>cendo.<br />
Passiamo ora alla gara “beffa”, la prova in linea, ove la frenesia<br />
<strong>di</strong> vincere fece sì che un azzurro, Livio Trapè, sprecò ogni sua<br />
energia in una inutile volata al penultimo passaggio sul traguardo,<br />
nella convinzione che fosse invece l’arrivo conclusivo, e mandando<br />
all’aria l’opportunità dell’en plein, con una una sesta medaglia<br />
d’oro per i nostri colori. Ne approfittò invece un atleta possente<br />
e freddo, Viktor Kapitanov, dell’allora Unione Sovietica.<br />
Questo ragazzone, che, come molti altri suoi compatrioti <strong>di</strong> altri<br />
<strong>sport</strong>, era soldato dell’Armata Rossa, colse al volo l’assurda gaffe<br />
del giovane azzurro, e nella volata decisiva, questa volta davvero<br />
quella vera, stracciò l’avvilitissimo Trapè, che dovette accontentarsi,<br />
è proprio il caso <strong>di</strong> <strong>di</strong>rlo, della medaglia d’argento!<br />
TOKYO 1964<br />
Con Tokyo inizia una nuova era per le Olimpia<strong>di</strong>: a partire da<br />
questa e<strong>di</strong>zione verrà sempre meno il clima festoso ed amicale<br />
che aveva caratterizzato gli appuntamenti precedenti e si<br />
esalta <strong>di</strong> contro la tecnologia: <strong>delle</strong> comunicazioni, degli impianti<br />
<strong>di</strong> gara, della stessa organizzazione. Ed anche nella prima<br />
Olimpiade “avveniristica”, il ciclismo <strong>italiano</strong> esce ancora<br />
una volta a testa alta. Anche se non al livello dei risultati romani,<br />
Tokyo ci propose<br />
una equipe<br />
ben solida e decisa<br />
a vincere. E così<br />
fu anche questa<br />
volta: 3 medaglie<br />
d’oro e 5 d’argento<br />
il bottino azzurro<br />
<strong>delle</strong> due ruote. Il<br />
metallo più pregiato<br />
fu conquistato<br />
da Mario Zanin<br />
nella gara su strada,<br />
da Angelo Damiano<br />
e Sergio<br />
Bianchetto nel<br />
il quaderno <strong>delle</strong> olimpia<strong>di</strong><br />
tandem, da Giovanni Pettenella nella velocità. Le medaglie<br />
d’argento furono conquistate da Giorgio Ursi nell’inseguimento<br />
in<strong>di</strong>viduale (altra prova “new entry”), da Andreoli, Dalla Bona,<br />
Guerra e Manza nella 100 km a squadre, ancora da Pettenella<br />
nel chilometro da fermo, da Sergio Bianchetto nella velocità<br />
in<strong>di</strong>viduale, ed infine da Roncaglia, Mantovani, Rancati e Testa<br />
nell’inseguimento a squadre.<br />
MEXICO CITY 1968<br />
L’altura fu l’elemento caratterizzante<br />
<strong>di</strong> questa e<strong>di</strong>zione,<br />
per tutti gli <strong>sport</strong>, ma in<br />
specie quelli definiti “<strong>di</strong> resistenza”.<br />
L’altitu<strong>di</strong>ne me<strong>di</strong>a<br />
ove si svolsero le gare fu attorno<br />
a quota 2000 e le conseguenze<br />
che avrebbe potuto<br />
avere la rarefazione dell’aria<br />
sulle prestazioni (ma<br />
anche sul fisico) dei concorrenti<br />
era la preoccupazione<br />
maggiore. La partecipazione<br />
a questi Giochi impose<br />
quin<strong>di</strong>, soprattutto alle nazioni<br />
più avanzate sul piano<br />
economico, una lunga e propedeutica<br />
serie <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> e <strong>di</strong><br />
ricerche in campo me<strong>di</strong>co e scientifico per fare in modo che si<br />
riducesse ogni rischio per gli atleti. Fu così dunque anche per<br />
l’Italia, ove si posero in particolare evidenza i me<strong>di</strong>ci e gli scienziati<br />
dell’allora Centro <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina dello Sport del CONI (oggi<br />
Istituto <strong>di</strong> Scienza dello Sport). Sul piano dei risultati il ciclismo<br />
azzurro ne uscì ri<strong>di</strong>mensionato rispetto al passato: quattro le<br />
medaglie conquistate, <strong>di</strong> cui una d’oro nella prova in linea, grazie<br />
ad una performance davvero eccezionale <strong>di</strong> Pierfranco Vianelli,<br />
una d’argento, nella velocità in<strong>di</strong>viduale, con Giordano<br />
Turrini, e due <strong>di</strong> bronzo: la prima nella davvero massacrante, in<br />
questo caso, 100 km cronometro a squadre, con Marcelli, Simonetti,<br />
Vianelli e Bramucci (la prova fu dominata dagli olandesi e<br />
dai quattro fratelli svedesi Pettersson), l’altra nell’inseguimento<br />
a squadre, con Bosisio, Roncaglia, Chemello e Morbiato.<br />
DA MONACO 1972 A SEUL 1988<br />
I se<strong>di</strong>ci anni intercorsi tra l’Olimpiade “maledetta” del capoluogo<br />
bavarese (ndr: il pesante aggettivo è in relazione alla trage<strong>di</strong>a<br />
subita dalla squadra israeliana ad opera <strong>di</strong> un commando <strong>di</strong> terroristi<br />
arabi), fino ai Giochi <strong>di</strong> Seul in terra <strong>di</strong> Korea, ci proposero<br />
numero 32<br />
Il Mondo del Ciclismo<br />
VII
il quaderno <strong>delle</strong> olimpia<strong>di</strong><br />
VIII Il Mondo del Ciclismo numero 32<br />
un Italia del ciclismo quasi totalmente<br />
opaca. Solo due “perle”, una<br />
d’argento <strong>di</strong> Giuseppe Martinelli<br />
(ndr: oggi tra i più apprezzati DS<br />
professionistici) a Montreal, nella<br />
gara in linea, ed una d’oro, a <strong>Lo</strong>s Angeles,<br />
nella 100 km a cronometro<br />
(con Bartalini, Giovannetti, Poli e<br />
Vandelli) <strong>di</strong>edero un minimo <strong>di</strong> luce<br />
ai nostri colori.<br />
Fu un periodo indubbiamente pesante,<br />
caratterizzato dalla contemporanea<br />
crescita <strong>di</strong> due autentici<br />
“giganti” del blocco comunista dell’Est<br />
Europeo, l’Unione Sovietica e la<br />
DDR, veri e propri “assi pigliatutto”<br />
(ed in tutti gli <strong>sport</strong>), sui quali però<br />
ancora grava l’ombra ed il sospetto<br />
<strong>di</strong> pratiche al limite (…o oltre il limite?)<br />
del lecito adottate nelle loro segrete<br />
e misteriose meto<strong>di</strong>che d’allenamento.<br />
In questo periodo, ma in<br />
particolare tra l’e<strong>di</strong>zione del 1980 e<br />
quella del 1984, i Giochi furono anche<br />
“vittima” del cruento scontro<br />
politico tra i due blocchi mon<strong>di</strong>ali<br />
dell’occidente e dell’Est, aspetto<br />
che, nelle sue modalità più evidenti,<br />
con<strong>di</strong>zionò molto la partecipazione<br />
<strong>delle</strong> squadre dell’uno e dell’altro<br />
segmento e si registrarono quin<strong>di</strong><br />
pesanti defezioni. Secondo questa<br />
logica, in nome dell’Alleanza Atlantica,<br />
l’Italia non avrebbe dovuto essere<br />
presente a Mosca, ma il nostro<br />
Paese, con una fantasia ed una<br />
creatività tutta me<strong>di</strong>terranea, “in<br />
nome dello <strong>sport</strong>” riusci a garantire<br />
la sua partecipazione nella capitale<br />
sovietica.<br />
Tornando al ciclismo, per l’ambiente <strong>di</strong>lettantistico azzurro <strong>delle</strong><br />
due ruote furono anni <strong>di</strong> transizione, durante i quali si registrò in<br />
modo sempre più evidente una crisi strutturale del settore della<br />
pista. Ultima annotazione: come accennammo in apertura, i Giochi<br />
<strong>di</strong> <strong>Lo</strong>s Angeles del 1984 sancirono l’ingresso <strong>delle</strong> donne nel<br />
programma olimpico del ciclismo, con la prova su strada.<br />
BARCELLONA 1992<br />
Nel capoluogo catalano<br />
assistemmo alla riscossa<br />
del mondo <strong>italiano</strong><br />
della bicicletta, in particolare<br />
nelle due specialità<br />
della strada, le cui<br />
equipes erano gestite in<br />
modo esemplare dal<br />
maestro <strong>di</strong> <strong>sport</strong> Giosuè<br />
Zenoni, oggi componente<br />
del Consiglio Federale<br />
della FCI, eletto in rappresentanza<br />
della componente<br />
dei tecnici. Tre<br />
le medaglie azzurre, due d’oro ed una d’argento.<br />
La gara in linea ci <strong>di</strong>ede l’alloro più prezioso, grazie al compianto<br />
Fabio Casartelli, che vinse davanti all’olandese Dekker ed al<br />
lettone Ozols: purtroppo il giovane campione, ultimo vincitore <strong>di</strong><br />
una gara olimpica esclusivamente riservata ai <strong>di</strong>lettanti, il 18 luglio<br />
del 1995, a soli 24 anni, perse la vita in una drammatica caduta<br />
sulle strade del Tour de France.<br />
Nella crono a squadre, ultima volta inserita nel programma dei<br />
cinque cerchi, il nostro team, composto da Anastasia, Colombo,<br />
Contri e Peron, conquistò la medaglia d’argento, alle spalle della<br />
squadra tedesca, che con la caduta del Muro si proponeva finalmente<br />
“unificata”, ma pur sempre “infarcita” <strong>di</strong> elementi cresciuti<br />
nella vecchia DDR. Terza l’equipe dei francesi.<br />
Il secondo oro venne dalla pista, in una gara “new entry”, la corsa<br />
a punti (voluta dall’UCI per “stimolare” gli stra<strong>di</strong>rsi ad affacciarsi<br />
nel mondo dei velodromi). A dare all’Italia questa sod<strong>di</strong>sfazione<br />
fu Giovanni <strong>Lo</strong>mbar<strong>di</strong>, fino ad oggi sprinter <strong>di</strong> gran<strong>di</strong>ssimo<br />
valore, preziosissimo “capo treno” <strong>delle</strong> squadre professionistiche<br />
più accre<strong>di</strong>tate.<br />
ATLANTA 1996<br />
L’e<strong>di</strong>zione del centenario, che per un colpo magistrale e<br />
strategico (in termini soprattutto economici) del gigante<br />
Coca Cola si svolse nel capoluogo georgiano degli States<br />
anziché ad Atene, come la logica e la storia avrebbe voluto,
fu per il ciclismo azzurro occasione<br />
davvero <strong>di</strong> rinascita: si tornò a<br />
vincere ben quattro medaglie d’oro<br />
ed una d’argento, impensabile bottino<br />
dopo tanti anni <strong>di</strong> magra!<br />
Questi Giochi furono importanti,<br />
perché per la prima volta il CIO,<br />
sulla spinta dei rinnovati equilibri<br />
internazionali e del peso sempre<br />
più invadente dell’evoluzione me<strong>di</strong>atica,<br />
abbandonò totalmente l’ipocrita<br />
<strong>di</strong>cotomia “<strong>di</strong>lettantismo –<br />
professionismo” (e le conseguenti<br />
farisaiche e false remore su ogni<br />
aspetto economico nello <strong>sport</strong>) <strong>di</strong>chiarando<br />
le Olimpia<strong>di</strong> manifestazione “aperta” a tutti gli effetti.<br />
In questo modo fu consentito all’aspetto spettacolo, specie nelle<br />
<strong>di</strong>scipline a grande influenza professionistica come il basket ed il<br />
ciclismo, <strong>di</strong> esplodere in misura impensabile.<br />
E così, da questa e<strong>di</strong>zione, la manifestazione dei cinque cerchi<br />
rappresenterà davvero il top degli eventi <strong>sport</strong>ivi.<br />
Parlavamo <strong>di</strong> “rinascita azzurra”: ed infatti ad Atlanta (ove il programma<br />
<strong>di</strong> gare riguardanti il gentil sesso si ampliava in modo<br />
esponenziale, e dove fece il suo ingresso il mountainbike) si registrarono<br />
le performances d’oro <strong>di</strong> Antonella Bellutti, nell’inseguimento<br />
in<strong>di</strong>viduale femminile, <strong>di</strong> Paola Pezzo nel crosscountry,<br />
<strong>di</strong> Silvio Martinello nella corsa a punti, e <strong>di</strong> Andrea Collinelli nell’inseguimento<br />
in<strong>di</strong>viduale maschile. Anche Imelda Chiappa, nella<br />
prova su strada donne, contribuì ad impinguire il bottino <strong>italiano</strong><br />
con uno splen<strong>di</strong>do argento, alle spalle della intramontabile<br />
asso francese, Jeannie <strong>Lo</strong>ngo.<br />
Parlavamo <strong>di</strong> coinvolgimento del settore professionistico: ebbene<br />
l’ambiente (anche quello <strong>italiano</strong>, che propose in campo i suoi<br />
gioielli più preziosi, come ad esempio Mario<br />
Cipollini) rispose con entusiasmo, ed anche<br />
se una strana prova in linea designò sul po<strong>di</strong>o<br />
bravi atleti (non campioni assoluti conclamati)<br />
come lo svizzero Richard Pascal (oro), il<br />
danese Rolf Soresen (argento) e l’italo-britannico<br />
(ma che optò per la maglia dell’Inghilterra)<br />
Max Sciandri (bronzo), nella cronometro<br />
in<strong>di</strong>viduale (anche questa importante<br />
new entry, o quanto meno “gra<strong>di</strong>to ritorno”<br />
vista la storia <strong>delle</strong> prime e<strong>di</strong>zioni) l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />
arrivo fu dei più prestigiosi, visto che medaglia<br />
d’oro fu il gran<strong>di</strong>ssimo Miguel Indurain,<br />
davanti al suo connazionale Abraham Olano<br />
ed al recormen dell’ora, l’inglese Chris<br />
Boardman.<br />
il quaderno <strong>delle</strong> olimpia<strong>di</strong><br />
SYDNEY 2000<br />
L’ultima e<strong>di</strong>zione, che ha inaugurato il ciclo olimpico del “terzo<br />
millennio”, rientra certamente tra quelle più calorose e vivaci<br />
degli ultimi tempi: il modello <strong>di</strong> vita e l’entusiasmo australiano,<br />
l’efficienza organizzativa, e la stessa altissima tecnologia sono<br />
riusciti, in un mixer favoloso, a proporre spettacoli davvero affascinanti,<br />
che hanno stimolato gli atleti <strong>di</strong> ogni <strong>di</strong>sciplina a dare<br />
il meglio <strong>di</strong> se stessi. Basta scorrere la classifica <strong>delle</strong> due gare<br />
<strong>di</strong> ciclismo su strada per avere l’idea <strong>di</strong> cosa possono essere<br />
state le Olimpia<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
Sydney: la crono fu appannaggio<br />
del russo Ekimov,<br />
davanti a Jan Ullrich ed a<br />
Lance Armstrong: la corsa<br />
in linea ha visto invece<br />
trionfare il “kaiser” Ullrich,<br />
grande favorito anche<br />
per le prossime gare<br />
ateniesi.<br />
I nostri azzurri ci proposero<br />
solo tre medaglie,<br />
ma in questo contesto<br />
brillano i due ori conquistati dalle due gran<strong>di</strong>ssime Paola Pezzo<br />
(ancora nel crosscountry) e Antonella Bellutti, che grazie al<br />
suo ecletticismo, <strong>di</strong>ede stavolta il meglio <strong>di</strong> se stessa nella<br />
corsa a punti, superando con intelligenza e potenza tutte le avversarie.<br />
La terza medaglia, <strong>di</strong> bronzo, arrivava dalla coppia<br />
Silvio Martinello – Marco Villa nell’americana su pista, un’altra<br />
specialità che proprio da questa e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong>venta parte integrante<br />
del programma olimpico.<br />
ED ATENE 2004?<br />
numero 32<br />
Il Mondo del Ciclismo<br />
IX