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SOMMARIO n.8-9/2006
non
Attualità
Manovra bis: il mutato regime fiscale dei beni immobili
di enti non commerciali 497
di Maurizio Setti
Manovra bis: si riapre la vicenda dell’esenzione ICI
per gli immobili destinati ad attività sociali 503
di Patrizia Clementi
Approfondimenti
Enti non profit e gare d’appalto 507
di Guido Martinelli e Francesco Spadaro
La nuova figura dell’impresa sociale 511
di Luca Degani e Raffaele Mozzanica
Aspetti istituzionali
Assemblea e decisioni dei soci nelle cooperative sociali s.r.l. 518
di Sebastiano Di Diego
Normativa regionale
Settembre 2006: la rassegna della principale legislazione
regionale 525
di Luca Bagnoli e Matteo Pozzoli
Schede operative
I sistemi di amministrazione e controllo nelle società di mutuo
soccorso 530
di Adele Sarti
Materiale di studio
Esente Iva la preordinazione di un mezzo di soccorso anche
senza trasporto di feriti 534
di Luigi Corbella
Studio di un caso
Test di “impresa sociale” per una fondazione musicale 537
di Luigi Perlini
495

496
non
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n.8-9/2006 SOMMARIO
Quesiti 548
Rassegna di documentazione
Legislazione nazionale 550
Prassi 551
Agenda
Scadenze Settembre/Ottobre 2006 553

Enti non commerciali
In estrema sintesi, con
esclusivo riferimento ai
fabbricati degli enti non
commerciali (assumendo
che l’ente non li abbia
costruiti e che non li abbia
in conduzione in leasing,
fattispecie questa rarissima),
la manovra estiva di
cui all’art. 35, commi 8 e 9,
D.L. 4 luglio 2006, n. 223 (c.d. manovra bis) consiste in:
• regime di esenzione IVA per le cessioni di fabbricati
(articolo 10 n. 8 D.P.R. n. 633/1972);
• stesso regime per le locazioni di tali beni;
• indeducibilità IVA relativamente alla manutenzione
dei predetti immobili
• previsione che l’IVA,da determinarsi in base all’articolo
19-bis2, per il mutato regime di utilizzo ai fini
IVA dei beni immobili (se interviene la locazione),
non sia determinata in ragione dei residui “decimi”futuri
che mancano al compimento del decennio (e
quindi da adesso in poi per gli anni futuri residui al
compimento del decennio), bensì tutta nell’esercizio
in cui,per la prima volta,l’impiego dei beni in oggetto
muta.In pratica,se nell’esercizio di effettuazione della
locazione (esercizio corrente 2006 oppure futuro) si
verifica un “pro-rata”di IVA indetraibile (esempio 27%,
dato dal rapporto fra operazioni esenti e operazioni
totali),il 27% dell’IVA a suo tempo detratta sul cespite
fratto un decimo verrà moltiplicata per i decimi residui
mancanti al compimento del decennio.Si tratta di
una misura notevolmente onerosa per tutti i contri-
ATTUALITÀ n.8-9/2006
non
Manovra bis: il mutato regime
fiscale dei beni immobili
di enti non commerciali
di Maurizio Setti*
Nell’articolo si analizzano le implicazioni recate del D.L. n. 223 del
4 luglio 2006 (c.d. manovra bis) per la parte riguardante le modifiche al
regime impositivo degli immobili appartenenti in particolare alla sfera
commerciale dell’ente, con riguardo al profilo IVA e imposte dirette.
L’approfondimento cercherà di esplicitare gli aspetti salienti
dell’applicazione del decreto con riguardo all’ente non profit,
avendo cura di evidenziare anche le scritture contabili che l’ente
sarà tenuto a redigere in corrispondenza dei mutamenti di regime
(sfera impresa/sfera attività istituzionale) dei beni immobili impiegati
in seno alla propria attività.
buenti che svolgono attività di locazione immobiliare
(nel nostro caso i grandi enti non profit).
Nell’intervento cercheremo di adattare i regimi impositivi
novellati alle operazioni più frequenti degli enti:in particolare
il cambio di destinazione dei beni, la locazione
degli stessi,la donazione dei medesimi ed altre affini.
Ambito oggettivo dei beni
Si premette che, ai fini IVA, a differenza del comparto
impositivo della tassazione sui redditi, i beni immobili
configurano sempre e comunque “beni ammortizzabili”a
prescindere dalla loro destinazione a bilancio.
In pratica, quindi, il bene immobile contabilmente può
essere:
– “nella sfera istituzionale”(“A”)
• bene patrimonio
• bene strumentale all’attività istituzionale;
– “nella sfera commerciale”(“B”)
• bene patrimonio
• bene strumentale all’attività commerciale
• bene merce.
* Dottore commercialista in Rovereto.
497

498
non
n.8-9/2006 ATTUALITÀ
Ai fini IVA però, relativamente ai soli beni della seconda
categoria,e per i fini di rettifica della detrazione originaria
operata (all’atto dell’acquisto o della costruzione
e della entrata in funzione),i beni in questione sono
considerati comunque “beni strumentali”.
La peculiarità dell’utilizzazione dei beni immobili nel
comparto degli enti non commerciali rispetto agli enti
commerciali consiste nel fatto che, nel tempo, per enti
di certe dimensioni, si verifica il “passaggio interno”,
in termini di utilizzo (intensità) del bene fra la sfera
istituzionale e la sfera commerciale.
Ci si chiede,sempre preliminarmente,se dovranno operarsi
le fatturazioni dei passaggi dalla sfera commerciale
a quella istituzionale del bene.
A nostro modo di vedere la risposta dovrebbe essere la
seguente:
• il cambio parziale di destinazione del bene dovrebbe
essere fatturato,a partire dal 4 luglio 2006,con
IVA esente, senza applicazione di imposta di registro,in
quanto non si verifica un passaggio di beni tra
le due sfere e nemmeno una “assegnazione”degli stessi
o di parte di essi da un soggetto ad un altro (l’ente
rimane sempre se stesso,ai fini catastali e civilistici);
• tale cambio di destinazione non dovrebbe avere rilevanza
sul pro-rata di determinazione dell’imposta
in quanto, ai sensi dell’articolo 19-bis del D.P.R. n.
633/1972, si è in presenza di cambi di destinazione di
beni ammortizzabili (fra i quali sono annoverati gli immobili
ai sensi del successivo articolo 19-bis 2 dello
stesso decreto). A questo proposito si ricorda che la
percentuale di detraibilità in argomento è data dalla
frazione che vede, a numeratore, l’ammontare delle
operazioni esenti e a denominatore il totale delle operazioni
attive.Ai fini di tale calcolo,tuttavia,si ignorano
le cessioni che hanno originato operazioni esenti, se i
beni ceduti sono contabilizzati,in bilancio,come beni
strumentali (non merce e non patrimonio),solo ai fini
della rettifica della percentuale di detrazione,tali beni
si considerano strumentali sempre e comunque.
Ovviamente, ai fini delle imposte sui redditi, l’operazione
non è indolore in quanto scatta la plusvalenza in
base alla differenza fra il valore normale della quota
parte del cespite che passerà dalla sfera commerciale a
quella istituzionale.
Lineamenti IVA per gli immobili negli atti
di più diffusa prassi
I beni immobili ricevuti in sede di conferimento
(ad esempio per incrementare il fondo di dotazione di
una fondazione) subiscono il seguente trattamento impositivo:
• i proventi nascenti dalla locazione, se effettuati
fuori dall’esercizio dell’attività commerciale, non
comporteranno mutamenti di trattamento fiscale
(ai fini IVA ed imposte dirette) dei predetti immobili;
• se effettuati invece in seno ad attività commerciali
potranno comportare la rideterminazione dell’IVA
eventualmente praticata in sede di conferimento
o donazione all’ente secondo la regola disposta
dal comma 9 dell’articolo 36 del D.L. n. 223/2006: in
pratica l’ente che avesse assunto posizioni creditorie
IVA a fronte di tale conferimento/donazione dovrà
restituire all’Agenzia delle Entrate, in tre rate di pari
importo,l’IVA a suo tempo detratta (beninteso,in base
allo screening decennale previsto dall’articolo 19bis,
comma 2, del D.P.R. n. 633/1972).
Resta inteso che qualora i predetti beni non siano destinati
(sempre in seno alla sfera commerciale dell’attività,
a operazioni attive di locazione), la manovra non
avrà impatti immediati nel senso che il problema di rettifica
IVA si porrà qualora dovesse in futuro mutare la
destinazione di tali beni immobili (da strumentali per
esercizio, ad esempio, di mensa aziendale, a locazione
vera e propria).
Da ultimo si osserva che le spese di manutenzione e
recupero degli immobili diversi da quelli abitativi
consentiranno l’esercizio della detrazione IVA ex articolo
19-bis 1, comma 1, lettera i).
Esaminiamo in via intuitiva le scritture.
Ipotesi: palazzina uffici conferita alla fondazione in data
23.12.2000 per € 1.000.000.
Iva applicata 20% € 200.000.
Immobile locato nella sfera commerciale per il 50%
(percentuale di utilizzo) ad un canone di affitto annuo
corrispondente alla porzione del 50% pari a € 25.000.
Altri ricavi di natura commerciale € 45.000.
I ricavi in oggetto si riferiscono al periodo di imposta
2006.
La fondazione, nella sfera commerciale, non ha mai
conseguito operazioni rientranti nel campo dell’esenzione
IVA.
Al momento del conferimento dell’immobile ha redatto
la scrittura contabile riportata nella Tavola n. 1 alla
pagina seguente.
Successivamente (Tavola n. 2 alla pagina successiva)

ATTUALITÀ n.8-9/2006
non
Tavola n. 1 – Scritture nella sfera commerciale
Diversi a diversi
(23.12.2000)
(per conferimento dal socio fondatore “X” in natura finalizzato alla dotazione della fondazione del patrimonio)
Immobile 1.000.000,00
IVA a credito 100.000,00
IVA indeducibile da patrimonializzare 100.000,00
a Fondo di dotazione 1.000.000,00
a Debiti verso fondatore per IVA 200.000,00
Crediti commerciali a
(anno 2001)
diversi 30.000,00
(introito per locazione quota-parte immobile sfera commerciale)
a Ricavi commerciali 25.000,00
a IVA a debito 5.000,00
Tavola n. 2 – Rilevazione della compensazione dell’Iva
Iva a debito
(per compensazione imposta IVA)
a credito 5000,00
Tavola n. 3 – Rilevazione introiti da locazione
Crediti commerciali a diversi 12.500,00
(anno 2006)
(introito per locazione quota-parte immobile sfera commerciale)
a ricavi commerciali 12.500,00
a
(*)
IVA a debito –
(*) La rimanente metà dei canoni di locazione è stata assoggettata ad IVA. In fattura si indicherà il titolo di esenzione IVA
articolo 10 n. 8 D.P.R. n. 633/1972 e successive modificazioni e proroghe.
Tavola n. 4 – Prospetto di calcolo dell’indetraibilità dell’Iva per ENC
Calcolo detraibilità IVA ex articolo 19-ter per enti non commeciali
Nessuna indetraibilità in quanto l’ente, nella esemplificazione proposta, non ha detratto alcuna imposta nella
sfera commerciale.
Calcolo detraibilità IVA ex art. 19-bis per enti non commerciali
Operazioni esenti poste in essere nell’anno 12.500,00
Totale operazioni imponibili in IVA ed esenti 25.000,00
Percentuale di detraibilità 50%
Pertanto, ipotizzando acquisti in IVA per euro 15.000 con un’IVA
A credito di euro 3.000, l’imposta detraibile sarà pari a euro… 1.500, 00
Calcolo rettifica percentuale di detraibilità ex art. 19-bis 2
Anno di entrata in funzione del cespite 2000
(secondo la percentuale di imputazione alla sfera commerciale)
Anno di mutamento del regime IVA ex-decreto legge 2006
Differenza di percentuale di detraibilità dell’IVA 100%
Meno
50%
uguale 50%
calcolo del “decimo” ex comma 4 articolo 19-bis 2 0,05 (a)
numero dei “decimi” residui al compimento del decennio ex comma 9
decreto legge 4 (b)
Prodotto c = a*b 0,2
IVA sul bene immobile (ammortizzabile) detratta nel 2000 100.000,00
Quota parte di Iva da restituire all’Agenzia delle entrate 20.000,00
499

500
non
n.8-9/2006 ATTUALITÀ
Implicazioni delle scritture contabili:
1. L’ente ha decommercializzato in radice il 50% dell’acquisizione
del bene immobile
2. L’IVA a credito sul 50% (percentuale impiegata del
bene ai fini commerciali) del valore di acquisizione
dello stesso è stata portata in detrazione dall’Iva sulle
operazioni commerciali attive.
A partire dalla data di entrata in vigore del D.L.n.223/2006
si avranno le implicazioni di natura economico/contabile
riportate nella Tavola n.3 alla pagina precedente.
La scrittura più importante è quella riportata nella Tavola
n. 4 a pagina precedente che è attuativa del cambiamento
di regime IVA del trattamento fiscale dei beni
immobili.
Scrittura contabile relativa (Tavola n. 5)
Il pagamento del debito in oggetto avverrà in tre tranches
di cui la prima scadente entro il termine di pagamento
dell’acconto IVA 2006.
Si precisa che, stante il tenore letterale della norma, la
stessa riguarderà tutti i beni ammortizzabili (quindi
non solo i fabbricati che, come noto, ai fini IVA, sono
sempre considerati beni ammortizzabili anche se qualificabili
come “beni merce” o “beni patrimonio” nella
rappresentazione di bilancio ai fini della rettifica ex articolo
19-bis 2 D.P.R. n. 633/1972), seguendo lo stesso
procedimento di cui sopra, ovviamente nei termini di
utilizzo del bene nella sfera commerciale IVA.
Per le aree edificabili,che per definizione non si sono
ancora “accorpate” nel fabbricato, si dovrà attendere, ai
sensi del comma 8, dell’articolo 19-bis 2, la loro stabile
incorporazione nell’immobile e,dal momento della entrata
in funzione, bisognerà “monitorare” i movimenti
della percentuale di detraibilità con le modalità e nei
termini di cui alla citata norma del D.P.R. n. 633/1972.
L’ente non commerciale,probabilmente,se reputa che in
futuro sarà quasi scontata la modificazione della percentuale
di detrazione, potrebbe già fin d’ora, in relazione
agli appalti per la costruzione o ristrutturazione dello
stabile,limitare la quota-parte di IVA che intende portare
in detrazione a fronte dell’investimento.Questo però non
tanto alla luce della recente manovra, ma proprio in
virtù della disposizione dell’articolo 19-bis comma 2 che
è in vigore dal 1997,per effetto della riforma “Visco”.
Acquisizione a titolo oneroso
dei beni immobili e ammortamenti
Le argomentazioni appena sviluppate si intendono applicabili,
per analogia, anche alle operazioni di acquisizione
dei beni immobili a mezzo contratto di
compravendita (acquisto).
Si puntualizza inoltre che, ai fini dell’ammortamento e
della sua deducibilità in relazione alle imposte dirette,il
decreto apporta una limitazione consentendo solamente
la deduzione della quota parte del costo dell’immobile
adibito all’attività commerciale in ragione del 70%
se capannone; dell’80% se diverso da capannone.
Problematica imposte sui redditi
per atti a titolo gratuito
Il decreto sancisce che qualora,ai fini del computo della
plusvalenza (nella sfera dell’attività istituzionale) assume
valenza il valore dichiarato ai fini dell’atto di donazione
(nella versione delle norme antecedenti le modifiche),
tale facoltà è soppressa e pertanto si riconosce
in capo al donatario lo stesso valore di carico fiscale che
era in capo al donante (Tavola n.6 a pagina seguente).
Il caso delle “minusvalenze” da passaggi
di utilizzo di beni strumentali o patrimonio
tra le due sfere dell’ente
L’articolo 36, commi 18 e 19 del D.L. n. 223/2006, dispone
l’irrilevanza delle minusvalenze nascenti a fronte
dell’assegnazione di beni (patrimonio o strumento,non
merce) ai soci per finalità estranee all’impresa.
Detto in altri termini significa, facendo il parallelo alla
prassi dell’ente non commerciale, che l’eventuale minusvalenza
che si dovesse verificare in sede di mutamento
di destinazione nell’utilizzo del bene (poniamo
dal 60% nella sfera commerciale al 35% nella
stessa sfera, quindi con un incremento del 25% di utilizzo
nella sfera istituzionale), l’eventuale differenza fra
il costo contabilizzato nella predetta sfera commerciale
(pro-quota 25%) e il “valore normale”del bene all’atto
del suo parziale mutamento di destinazione non potrà
essere portata in deduzione dal reddito di impresa.
Questo perché la fattispecie in argomento assomiglia
Tavola n. 5 – Iscrizione del debito verso l’Erario per l’Iva
Oneri straordinari a
(31.12.06)
diversi verso Erario 20.000,00
(per iscrizione debito verso Erario a fronte riderminazione IVA detraibile manovra estiva 2006)

ATTUALITÀ n.8-9/2006
Tavola n. 6 – Calcolo implicazioni ai fini reddituali della Manovra bis
non
(segue)
501

502
non
segue Tavola n. 6
n.8-9/2006 ATTUALITÀ
alla destinazione parziale a finalità extra-impresa del
bene.
Tentazioni “elusive”
Dopo aver passato in rassegna le principali novità recate
dal D.L. n. 223/2006, vediamo come (presumibilmente)
molti enti cercheranno di reagire all’inasprimento
tributario appena discusso.
• Prima tentazione elusiva: fatturare con data anteriore
al 4 luglio 2006 le locazioni in misura pari ad
una percentuale tale per cui il pro-rata definitivo si
assesti in misura inferiore al 10% (esempio: si emette
fattura per i mesi luglio/dicembre 2006 anticipata
per un valore ad esempio corrispondente al 75% di
tali canoni di locazione in scadenza: i locatari chiaramente
pagheranno la fattura nei termini originari
pattuiti ad eccezione dell’IVA che il locatore deve
versare entro il 23 agosto 2006). L’operazione, benché
descritta come “tentazione”, è a nostro modesto
modo di vedere perfettamente legittima in quanto
l’articolo 6 del decreto IVA consente l’emissione anticipata
delle fatture in regime IVA.
• Seconda tentazione elusiva:si effettua il passaggio
dei beni dalla sfera commerciale a quella istituzionale
dopo il 4 luglio 2006,a valore di mercato dei beni.
Questa operazione è conveniente se il valore in
oggetto non è difforme dal valore di acquisizione
(non di donazione o di successione o di conferimento,per
le considerazioni svolte nella parte appositamente
dedicata di questo intervento). Così facendo
l’operazione ricade sì fra le operazioni esenti
ai fini IVA, ma non si rende applicabile il pro-rata in
quanto si tratta di bene strumentale che, come tale,
per quanto statuito dall’articolo 19-bis comma 2,non
comporta conseguenze in merito alla quantificazio-
ne della percentuale di indetraibilità. L’unico aggravio
fiscale potrebbe essere la plusvalenza nascente
da siffatto mutamento di regime (sfera commerciale/sfera
istituzionale). Si precisa che qualora l’ente
avesse perdite fiscali a disposizione per paralizzare
tale plusvalenza eventuale (la minusvalenza, come
detto prima, non rileva), l’operazione potrebbe entrare
nel novero delle operazioni elusive ai sensi dell’articolo
37-bis D.P.R. n. 600/1973.
Lineamenti ICI
Ai fini ICI il decreto inasprisce il trattamento ICI dei
beni immobili di proprietà di enti ecclesiastici e di
ONLUS 1.Viene previsto che è soggetta a tassazione solo
la parte di tali cespiti che viene adibita all’esercizio
di attività esclusivamente commerciali.
Anche alla luce di tale mutato trattamento di regime fiscale,
è importante che gli enti in argomento procedano
ad una riorganizzazione dei propri beni finalizzata
ad enucleare la parte degli stessi che sconterà ICI.
Conclusioni
La manovra appena approvata dal nuovo Esecutivo avrà
certamente implicazioni fiscali (IVA e redditi); sicuramente
avrà impatto sui conti di molti enti non profit,soprattutto
quelli che possiedono importanti patrimoni.
Si informano i gentili Lettori che,al momento di andare
in stampa,sono in corso modifiche al decreto legge che
verranno commentate in un prossimo intervento dopo
la conversione in legge prevista per il 4 settembre p.v.
1 Per un approfondimento su questo argomento cfr.P.Clementi, Manovra
bis: si riapre la vicenda dell’esenzione Ici per immobili destinati
ad attività sociali, in questo numero della Rivista a pag. 503.

Enti non commerciali
Si era appena spenta l’eco
delle polemiche sull’esenzione
ICI di cui godono
gli immobili che gli
enti non commerciali
utilizzano per alcune specifiche
attività socialmente
significative e – inaspettatamente
– la questione ora
si riapre con la c.d. manovra
bis, precisamente, con
la norma di interpretazio-
ne autentica di cui all’articolo 39 del D.L. n. 223 dello
scorso 4 luglio, decreto che, al momento di andare
in stampa,ha già iniziato il suo iter parlamentare per la
conversione in legge.
La disposizione in argomento modifica il comma 2-bis,
dell’articolo 7 del D.L. n. 203 del 30 settembre 2005 il
quale, introdotto dalla legge di conversione del decreto
1, stabiliva che «l’esenzione disposta dall’articolo 7,
comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 504, si intende applicabile alle attività indicate
nella medesima lettera a prescindere dalla natura
eventualmente commerciale delle stesse».
Sentenze della Cassazione
L’intervento di chiarificazione del legislatore si era reso
necessario a seguito dell’interpretazione immotivatamente
restrittiva della Corte di Cassazione 2 relativa
ad una vertenza che vedeva coinvolti un ente ecclesiastico
ed un comune.Oggetto del “contendere”era
l’esenzione che la lettera i), dell’articolo 7 del decreto
ATTUALITÀ n.8-9/2006
non
Manovra bis: si riapre la vicenda
dell’esenzione Ici per immobili
destinati ad attività sociali
di Patrizia Clementi*
La vicenda che riguarda l’esenzione per gli immobili destinati ad
attività socialmente rilevanti si arricchisce di nuovi elementi. Dopo
la sentenza immotivatamente restrittiva della Corte di Cassazione
che aggiungeva ai due stabiliti dalla legge il terzo requisito della
non commercialità dell’attività e dopo la successiva norma di
interpretazione autentica che aveva precisato che l’agevolazione si
applica “a prescindere dalla natura eventualmente commerciale”
delle attività svolte negli immobili, ora con la c.d. manovra bis (D.L.
n. 223/2006) la partita si riapre e con una nuova e contraddittoria
norma di interpretazione autentica si condiziona l’esenzione alla
circostanza che le attività “non abbiano esclusivamente natura
commerciale”.
sull’ICI prevede a favore degli «immobili utilizzati dai
soggetti di cui all’articolo 87 [ora 73], comma 1, lettera
c),del T.U.delle imposte sui redditi,approvato con D.P.R.
22 dicembre 1986,n.917 e successive modificazioni,destinati
esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali,previdenziali,sanitarie,didattiche,ricettive,culturali,
ricreative e sportive».
La norma agevolativa indica – ci sembra in modo non
dubbio – le condizioni alle quali è subordinato il diritto
all’esenzione, cioè il contemporaneo verificarsi di
due requisiti, uno di carattere soggettivo e l’altro oggettivo:
soggettivamente, l’utilizzo dell’immobile da
parte di un ente non commerciale (soggetti identificati
con riferimento all’articolo 73 del D.P.R. n.
917/1986); oggettivamente, l’esclusiva destinazione
dello stesso immobile a una o più delle otto attività tas-
* Esperta nella fiscalità degli enti ecclesiastici.
1 Legge n. 248 del 2 dicembre 2005.
2 Cfr. le sentenze, tutte della Sez. 5, del 5 marzo 2004, n. 4573 e dell’8
marzo 2004, nn. 4642, 4644 e 4645.
503

504
non
n.8-9/2006 ATTUALITÀ
sativamente elencate dalla norma di esenzione (assistenziali,previdenziali,sanitarie,didattiche,ricettive,culturali,
ricreative e sportive).
I giudici di Cassazione, invece, avevano ritenuto possibile
subordinare l’applicabilità dell’agevolazione ad
un ulteriore requisito: quello della non commercialità
fiscale dell’attività svolta.Sembra evidente che questa
interpretazione costituiva una forzatura della norma
visto che il legislatore, se avesse voluto farlo, avrebbe
dovuto limitare l’ambito di esenzione agli immobili
presso i quali le attività indicate non fossero svolte in
forma di attività commerciale.Ma non lo ha fatto – a nostro
avviso coerentemente – perché sarebbe stato paradossale
sia dal punto di vista tecnico che sotto il profilo
sostanziale. Infatti, molte delle attività menzionate
della lettera i) dell’articolo 7 del D.Lgs. n. 504, assumono,
per obbligo di legge, natura commerciale agli effetti
tributari, in quanto organizzate in forma di impresa,
spesso necessariamente essendo richiesto dalla normativa
che le disciplina, il rispetto di specifici standars
e precisi livelli di professionalità (si pensi, ad esempio,
alle attività sanitarie o didattiche).
Considerando che fino alle citate sentenze (cioè per
dodici anni, dall’entrata in vigore dell’ICI fino al 2004)
né gli enti, né i comuni avevano messo in dubbio il diritto
all’esenzione degli immobili per i quali si verificavano
solo i primi due requisiti è evidente che la novità
introdotta dall’interpretazione dei giudici di Cassazione
creava incertezza nei rapporti tra amministrazioni
comunali ed enti non commerciali.
Le prime – del tutto legittimamente dal loro punto di vista
– si preparavano a richiedere agli enti il pagamento
dell’imposta fino ad allora non riscossa (né richiesta),i
secondi, forti del senso letterale e logico della norma
che non dà alcuna indicazione circa la modalità
di svolgimento delle attività, erano decisi a resistere
alle pretese erariali dei comuni.
Le conseguenze erano facilmente immaginabili: un ampio
contenzioso costoso e incerto per entrambe le parti.
Collegato fiscale
alla manovra finanziaria 2006
Per evitare tutto ciò il legislatore ritenne di dover intervenire
con la norma di interpretazione autentica 3 introdotta
nel D.L. n. 203/2005 (c.d. Collegato fiscale alla
manovra finanziaria 2006) in modo da confermare la
situazione preesistente, quella voluta dalla norma
istitutiva dell’ICI: l’eventuale commercialità dell’atti-
vità non rileva ai fini dell’esenzione dall’ICI, essendo
necessarie e sufficienti le altre due condizioni (che sono,
lo ribadiamo, utilizzo dell’immobile da parte di un
ente non commerciale e sua destinazione esclusiva ad
una o più tra le otto attività previste).
Manovra bis
Ora con l’articolo 39 del D.L. 223/2006 (c.d. manovra
bis), però, il legislatore modifica quella interpretazione
autentica e ne fornisce una nuova e diversa.
Adesso sostiene che l’esenzione spetta agli enti non
commerciali solo all’ulteriore (e inedita…) condizione
che le attività svolte nell’immobile «non abbiano
esclusivamente natura commerciale».
A proposito di questa disposizione si possono fare due
considerazioni, una di metodo e una di merito.
Innanzitutto,ci sembra non ricorressero le condizioni
che giustificano un intervento di “interpretazione
autentica” da parte del legislatore, intervento
che, come suggerisce la logica e prescrive il diritto, richiede
l’esistenza di un dubbio interpretativo; infatti il
dubbio c’era stato, ma era stato risolto dal precedente
intervento normativo, il D.L. 203 4.
Sul merito si può osservare la difficoltà ad identificare
il contenuto normativo della disposizione e,
di conseguenza, la sua efficacia nell’ordinamento.
Infatti, posto che l’articolo così formulato non può
comportare l’abrogazione dell’esenzione (intanto
perché si tratta di una norma interpretativa che non
può innovare il diritto e poi poiché esordisce affermando
il diritto all’esenzione:“l’esenzione disposta dall’articolo
7…. si intende applicabile alle attività indicate
nella medesima lettera che non abbiano esclusivamente
natura commerciale”), diventa arduo comprendere
in cosa consiste la nuova condizione che
consente di usufruire dell’esenzione e con quali strumenti
giuridici si possano identificare le attività che
sono sì commerciali, ma non esclusivamente.
Infatti, a rendere impossibile l’attribuzione di un contenuto
positivo alla norma è la circostanza che l’ordinamento
tributario non contempla attività che ab-
3 Cosa che è stata fatta inizialmente, in modo non privo di ambiguità
(in particolare per la riserva ai soli enti ecclesiastici), con
l’art. 6 del Decreto legge 17 agosto 2005, n. 163 (non convertito) e
poi in modo più coretto e convincente con il citato articolo 7, c.
2-bis del D.L. 203/2005 (conv. L. 248/2005).
4 “È interpretativa la norma con cui il legislatore tronca il contrasto
sorto circa il significato di una norma precedente”,Torrente - Schlesinger,Manuale
di diritto privato,Milano,2004,pag.44.

iano questa caratteristica perché – com’è noto –
un’attività o è commerciale o non lo è.
È da qualificare commerciale,dal punto di vista fiscale,
in presenza di precise condizioni: cioè quando attraverso
una struttura organizzata vengono erogate prestazioni
a fronte di corrispettivi (o contributi) 5. In mancanza
di queste condizioni un’attività non è commerciale,
né esclusivamente, né parzialmente.
Quello che invece l’ordinamento prevede – ma con riferimento
ai soggetti e non all’attività – è la necessità
di esercizio non esclusivo di attività commerciali
quale presupposto perché un soggetto sia qualificabile
come ente non commerciale, ma non è questo
l’oggetto della precisazione della nuova norma interpretativa,che
fa invece riferimento all’attività che l’ente
svolge nell’immobile e non all’ente che la esercita.
Posto, quindi, che la non esclusività della natura
commerciale delle attività fiscalmente qualificate
come commerciali non è un concetto rintracciabile
nella normativa tributaria, perché l’articolo 39
possa avere un contenuto positivo sarebbe necessario
che fosse precisato – modificando però l’attuale quadro
normativo – che cosa deve intendersi per attività
che “non abbiano esclusivamente natura commerciale”.
Si noti, comunque, che da un punto di vista giuridico
la modifica del quadro normativo – destinata ad
avere conseguenze anche in riferimento ad altri tributi
dove il concetto di attività commerciale è determinante
– esige molto di più di una semplice norma di interpretazione
autentica.
E forse, ci sembra di poter ipotizzare, il punto è proprio
questo: probabilmente il legislatore rimettendo mano
alla norma interpretativa in realtà intende intervenire
non per spiegare quale è l’ambito corretto dell’esenzione,
così come stabilito nel 1992, ma per modificarne
la portata o, magari per eliminarla.Questa è naturalmente
una scelta possibile, ma può essere operata
solo intervenendo con una soppressione o modifica
della lettera i), dell’articolo 7 e non con una norma di
interpretazione autentica.
Ratio legislativa dell’esenzione
Infine,un elemento che ci sembra caratterizzare la lunga
vicenda di questa esenzione è l’accusa che gli enti
non commerciali godrebbero, attraverso questa
esenzione, di un immotivato e ingiusto privilegio.
Per valutare la correttezza di questa lettura occorre domandarsi
perché il legislatore abbia inserito questa age-
ATTUALITÀ n.8-9/2006
non
volazione e perché la natura eventualmente commerciale
di una o più delle attività agevolate non abbia oggettivamente
rilievo ai fini dell’ICI, cioè quale sia la ratio
legislativa dell’esenzione.
A tale scopo, sembra utile ricordare alcuni dati.
Innanzitutto, l’esenzione non riguarda il reddito
eventualmente prodotto nello svolgimento delle attività,
ambito nel quale l’ente non commerciale è assoggettato
a tutti gli adempimenti e le imposizioni previste
per quella specifica attività (compresi quelli contabili e
dichiarativi ai fini IVA, IRES e IRAP).
In secondo luogo, l’immobile è esente solo se l’attività
prevista dalla norma è svolta da un ente non
commerciale, la cui normativa di riferimento garantisce
assenza delle finalità di lucro soggettivo: essi
non possono distribuire utili o avanzi di gestione,neanche
in forma indiretta, ma sono tenuti a reinvestirli per
il potenziamento delle proprie attività istituzionali e, in
caso di scioglimento o estinzione,il patrimonio residuo
può essere destinato solo ad altri enti non commerciali
o a fini di pubblica utilità e con il consenso della
competente autorità.
Infine, non tutte le attività danno accesso all’esenzione,
ma solo quelle otto che la legge elenca, in quanto
il legislatore le ritiene intrinsecamente capaci di recare
utilità sociale a vantaggio della comunità in
cui esse si svolgono.A conferma che la scelta di tali attività
non è arbitraria si possono considerare le numerose
e significative agevolazioni che altre norme tributarie
riconoscono a esse. Si possono qui ricordare, ad
esempio: il regime di esenzione IVA previsto dall’art.10
del D.P.R. 633/1972, per le attività sanitarie (nn. 18-
19), scolastiche (n. 19), assistenziali (nn. 21, 23 e 27ter),
culturali (n. 22); l’esclusione dal reddito IRES e
IRPEF per gli immobili con destinazione ad usi culturali
(D.P.R. 601/1973, art. 5-bis); la deducibilità dal reddito
d’impresa, prevista dall’art. 100 del D.P.R. n.
917/1986 per le spese sostenute dai datori i lavoro in favore
dei propri dipendenti relative ad opere o servizi
con finalità, tra le altre, di istruzione, ricreazione, assistenza
sociale e sanitaria (comma 1) e per le liberalità
effettuate per i medesimi scopi (comma 2,lett.a);
la detraibilità dal reddito personale prevista dall’art.15
del D.P.R. n. 917/1986 delle liberalità effettuate per atti-
5 L’articolo 55 del TUIR nel definire i redditi d’impresa vi include
quelli “derivanti dall’esercizio di attività organizzate in forma d’impresa
dirette alla prestazione di servizi”.
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non
n.8-9/2006 ATTUALITÀ
vità culturali (lett.h),per iniziative assistenziali (lett.ibis)
e in favore di associazioni sportive dilettantistiche
(lett. i-quater); la deducibilità, prevista dall’art.
10 del D.P.R.n.917/1986,per i contributi assistenziali
e previdenziali (c. 1, lett. e) e per quelli destinati all’assistenza
sanitaria integrativa (comma 1, lett. eter);
il trattamento agevolato riservato alle associazioni
e alle società sportive dilettantistiche (si veda, in particolare
l’art. 90 della Legge n. 289/2002); l’esenzione
dalle imposte indirette (registro, ipotecarie e catastali)
per le donazioni finalizzate ad attività assistenziali e di
istruzione (D.Lgs. n. 346/1990, artt. 3 e 55 e D.Lgs. n.
347/1990, artt. 1 e 10); la riduzione dell’aliquota IRPEG
(ora IRES) per gli enti di assistenza, gli enti ospedalieri,
gli istituti di istruzione.
L’insieme di questi elementi lasciano intuire che il legislatore
nel prevedere l’esenzione abbia ritenuto che il
mancato gettito fiscale per i comuni nei cui territori sono
localizzati gli immobili in cui si svolgono queste attività
sia giustificato dall’indiretto beneficio,quanto meno
sotto forma di servizi alla cittadinanza offerti
dagli enti non commerciali.
Nessun effetto di penalizzazione per i comuni,
quindi,ma il sostegno di una minore imposizione fiscale
per alcune attività di natura sociale (“commerciali”inevitabilmente
se strutturate con specifica organizzazione
e con corrispettivo, anche se a volte solo
tramite convenzione con gli stessi comuni), che i comuni
hanno tutto l’interesse a tutelare e a potenziare a
servizio della cittadinanza.

Terzo settore
La Giurisprudenza degli
ultimi mesi è ricca
di pronunce relative alla
partecipazione a gare indette
dalla Pubblica Amministrazione
da parte
di Enti appartenenti al
mondo del non profit.
Tale problema, fino a qualche
tempo fa nemmeno
ipotizzabile, è inevitabilmente legato al continuo sviluppo
e alla crescente “professionalizzazione” del così
detto “Terzo Settore”.
Se, infatti, fino ad alcuni anni fa, gli enti non profit non
avrebbero mai potuto immaginare di svolgere un’attività
di impresa ed addirittura aggiudicarsi appalti pubblici,
oggi assistiamo ad una vera e propria concorrenza
fra tali soggetti giuridici e gli enti tipicamente “commerciali”,
dominati da sempre da logiche di economicità
ed efficienza.
Divieto di fine di lucro
Preliminarmente può essere utile ricordare,come peraltro
abbiamo avuto ripetutamente modo di sottolineare,
che il divieto di fine di lucro sancito per tutti gli Enti
Non Profit non significa “scopo di perdita”, ma solo obbligo
di reinvestimento di tutti gli utili prodotti.
Pertanto, lo svolgimento di una attività economica non
contrasta con la finalità non lucrativa.Anzi,sotto alcuni
profili,deve essere visto in termini positivi perché significa
reperimento risorse da destinare alle finalità statutarie
di carattere etico-sociale.
APPROFONDIMENTI n.8-9/2006
non
Enti non profit e gare d’appalto
di Guido Martinelli* e Francesco Spadaro**
Un tema ampiamente dibattuto dalla dottrina e dalla
giurisprudenza più recente riguarda la partecipazione delle
associazioni di volontariato alle gare d’appalto pubbliche.
Nell’articolo si analizzano le motivazioni secondo le quali si è
concordi nel sostenere l’inammissibilità di tali soggetti giuridici
alle gare ad evidenza pubblica. Le stesse argomentazioni, però,
non possono essere sostenute con eguale forza per quel che
concerne altre tipologie di enti non profit. Si fa particolare
riferimento alle associazioni di promozione sociale. Queste, infatti,
a differenza delle associazioni di volontariato possono sia
ricevere compensi per la prestazioni di servizi nei confronti di non
associati sia essere destinatarie di agevolazioni di minore entità,
tanto che, in virtù del principio della massima partecipazione
soggettiva alle gare, potrebbero, in teoria, risultare aggiudicatarie
di appalti pubblici.
Questa sintetica e preliminare avvertenza ci permette
di ricavare un primo incontrovertibile dato: in linea di
principio, non esiste alcuna preclusione assoluta
per gli enti del terzo settore di svolgere attività
potenzialmente produttive reddito.
Sulla base di tale valido ma generalissimo assunto,
però,vanno poi considerate le rilevanti differenze riguardanti
le discipline riservate alle singole forme
soggettive assunte dai sodalizi operanti nel settore
del non profit. Sono, infatti, numerose le normative dettate
con specifico riferimento a differenti tipologie di
enti che hanno ripercussioni tanto profonde quanto
inevitabili sulla disciplina delle attività da essi svolte.
Dati per assodati tali presupposti, la dottrina e la giurisprudenza
hanno dibattuto a lungo circa la possibilità
per gli attori del terzo settore di prendere parte a procedure
ad evidenza pubblica. Se, però, in alcuni casi si
è giunti ad affermare alcuni principi chiave largamente
* Avvocato in Bologna e Docente a contratto all’Università di Ferrara.
** Studio legale Martinelli-Rogolino.
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non
n.8-9/2006 APPROFONDIMENTI
condivisi, il dibattito rimane aperto con riferimento a
specifiche realtà operanti nel non profit.
Associazioni di volontariato
Gran parte della Giurisprudenza, anche la più recente,
è stata chiamata a pronunciarsi in particolare circa la
partecipazione a gare d’appalto da parte delle associazioni
di volontariato.
Le decisioni in commento si limitano a negare la possibilità
per le associazioni di volontariato di partecipare
a gare di appalto e più in generale la loro inidoneità
a concludere contratti a natura corrispettiva con gli Enti
Pubblici.
Questa affermazione appare come una logica conseguenza
di quanto stabilito dalla legge n. 266/1991
“Legge quadro sul volontariato”,nella quale all’art.5,fra
le fonti di finanziamento dell’attività svolta, sono menzionate
oltre ai “rimborsi derivanti da convenzioni”, anche
“entrate derivanti da attività commerciali e produttive
marginali”,“tra cui certamente non rientrano gli appalti
pubblici, i quali presuppongono l’espletamento di
una procedura di selezione del contraente fondata sulla
comparazione delle offerte con criteri concorrenziali di
convenienza tecnico-economica, per definizione incompatibile
con la natura dell’attività di volontariato”(TAR
Piemonte, II Sez. n. 1604/2006). Da ciò conseguirebbe
l’impossibilità per le associazioni di volontariato di partecipare
alle procedure ad evidenza pubblica e lo svolgimento
di attività economiche di qualsiasi genere.
Se si considera,poi,quanto disposto dall’art.2,Legge n.
266/1991, e cioè l’“impossibilità di retribuire in
qualsiasi modo l’attività di volontariato”, è evidente
come l’attività esercitata dalle associazioni in oggetto
non possa essere in alcun modo compatibile con
l’attività d’impresa. Come accennato, peraltro, secondo
tale orientamento, le associazioni di volontariato non
potrebbero avvalersi di proventi derivanti dalla conclusione
di contratti sinallagmatici,pena la violazione delle
norme e dei principi fondamentali sopra richiamati,
ma esclusivamente dello strumento della convenzione,
a fronte della quale potrebbero ricevere unicamente
un rimborso e non un vero e proprio compenso. Le anzidette
convenzioni,infatti,“rappresentano uno strumento
del tutto peculiare, che prescinde dalle regole della
concorrenza al fine di promuovere attività realizzabili
solo con il diretto coinvolgimento delle associazioni di
volontariato nel sistema d’interventi e servizi di solidarietà”(TAR
Piemonte, II Sez. n. 1604/2006).
Si sono espressi in tal senso anche il TAR Veneto, Sez. I
con Sentenza n.481 del 3 marzo 2004; il TAR Piemonte,
Sez. II con sentenza n. 1043/2005.
Ulteriore motivo addotto dalla dottrina e dalla giurisprudenza
per affermare l’impossibilità per le associazioni
di volontariato di prendere parte a gare d’appalto
risiede nell’alterazione della par condicio fra i partecipanti.
Appare evidente, infatti, come, in virtù delle
agevolazioni loro riconosciute, le associazioni non lucrative
risulterebbero, secondo tale orientamento, avvantaggiate
nella gare pubbliche. Si prenda in esame,
a tal proposito, la pronuncia del TAR Lombardia,
Sez. III, Sentenza n. 1869 del 9 marzo 2000. In tale decisione,
si afferma che non risulta ammissibile “l’indifferenziato
invito a parteciparvi,rivolto sia ad associazioni
di volontariato sia ad imprese operanti sul mercato,considerata
la giuridica preclusione al libero dispiegarsi fra
di esse del principio di libera concorrenza”.
Non è intenzione di chi scrive obbiettare alle riflessioni
sopra esposte. Al contrario, scopo di queste brevi note
è, come accennato in premessa, solo quello di sollecitare
il dibattito circa la partecipazione alle gare pubbliche
di enti diversi dalle associazioni di volontariato,ma
sempre appartenenti al mondo del non profit. Di particolare
interesse, anche perché quasi del tutto estraneo
alla giurisprudenza, è il caso delle associazioni di promozione
sociale, enti che tentano di affacciarsi in tempi
recenti nel mondo dei servizi pubblici.
Associazioni di promozione sociale
Tali enti sono notoriamente assoggettati ad una normativa
differente da quella esaminata.Le Associazioni di
Promozione Sociale, infatti, sono disciplinate dalla
Legge n. 383/2000, la quale nell’elencare le possibili
fonti di finanziamento delle associazioni (art. 4) menziona
alla lettera e) le entrate derivanti da prestazioni
di servizi convenzionati, alla successiva lettera
f) i proventi delle cessioni di beni e servizi agli
associati e terzi anche attraverso lo svolgimento
di attività economiche di natura commerciale e alla
lettera i) contiene una formula di chiusura, estranea
alla legge quadro sul volontariato, indicante “altre entrate
compatibili con le finalità sociali dell’associazionismo”
che volutamente lascia aperte maggiori
possibilità di azione per tali associazioni rispetto a
quelle di volontariato.
Volendo procedere nell’analisi della normativa di riferimento
ci si accorge, inoltre, che per quel che concer

ne le associazioni di promozione sociale, al contrario
di quanto affermato per il volontariato, non pare configurabile
una limitazione allo strumento della convenzione
per l’ottenimento di erogazioni da parte della
pubblica Amministrazione.Se è vero,infatti,che la legge
n.383/2000 dedica un apposito articolo (art.30) alla disciplina
delle convenzioni stipulabili con la P.A., è
altrettanto vero che detta normativa è rubricata con il
titolo “disciplina fiscale, diritti ed altre agevolazioni”.
È evidente, di conseguenza, come tale classificazione
non possa rappresentare una limitazione per le associazioni,
ma debba essere interpretata come una facoltà
ulteriore e di maggior favore attribuita agli enti in
questione.
Non si può neanche sostenere, come taluni affermano,
che dal divieto del fine di lucro discenda in modo automatico
l’impossibilità di porre in essere un’attività
d’impresa. È, infatti, opinione ormai unanimemente
condivisa, che il divieto di fine di lucro sancito per gli
Enti del terzo settore si concretizzi nell’esclusivo diniego
del “lucro soggettivo”, consistente nella concreta
distribuzione degli utili conseguiti fra gli associati, nulla
ostacolando, invece, il “lucro oggettivo”, ossia l’effettiva
realizzazione di un guadagno a fronte dell’attività
svolta a prescindere dalla sua destinazione finale.
Imprese sociali
È importante sottolineare come non si possa ravvisare
alcun nesso di consequenzialità necessaria fra tali elementi.
Ciò è confermato, peraltro, dal recente D. Lgs. n.
155/2006 che disciplina una particolare forma associativa,
ossia quella delle “imprese sociali”.
Tale nuova figura è caratterizzata dall’“esercizio in via
stabile e principale di un’attività economica organizzata
al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi
di utilità sociale”, ma, allo stesso tempo dall’assenza
dello scopo di lucro.
Tale assunto avvalla ulteriormente la tesi secondo cui
sarebbe perfettamente legittimo per un’associazione
priva dello scopo di lucro esercitare attività d’impresa.
Tanto più, se si analizza con attenzione il dettato normativo,appare
chiaro che le associazioni che legittimamente
esercitano una attività economica al fine delle
produzione o scambio di beni e servizi in forma non
continuativa o comunque con carattere di subordinazione
rispetto al proprio oggetto sociale, ben potranno
continuare a svolgere tale attività, ma non potranno assumere
tale nuova veste formale.
APPROFONDIMENTI n.8-9/2006
Cooperative sociali
non
Pur non volendo addentrarci nell’analisi della recente
disciplina menzionata, comunque, la presenza di associazioni
non lucrative legittimate a svolgere attività imprenditoriale
e a prendere parte a gare di appalto è
confermata in modo inequivocabile anche dalla
disciplina riservata alle cooperative sociali,le quali
sono considerate,ex art.10,comma 8 D.Lgs.460/1997,
Onlus di diritto.
Tale conclusione è,peraltro,avvallata da una pronuncia
del TAR di Bologna del 14 giugno 2005 nella quale è
espressamente affermato che “si ritiene non legittima la
partecipazione ad una gara ad evidenza pubblica delle
Associazioni di volontariato di cui alla legge n.266/1991
e non già delle Onlus in quanto tali,che non siano anche
associazioni di volontariato: del resto, basti pensare che
le Cooperative sociali molto spesso assumono anche,
a fini fiscali, la qualifica di ONLUS e non per questo potrebbero
essere escluse dalla partecipazione (ed
aggiudicazione) a procedure concorsuali pubbliche
concernenti l’affidamento di servizi”.
Differenze tra associazioni di promozione sociale
e di volontariato
Un ragionamento analogo, fondato sulla diversa disciplina
applicabile alle varie forme sociali assunte dagli
enti del terzo settore, può essere fatto con riferimento
all’ulteriore ostacolo posto alla partecipazione delle associazioni
di volontariato alle gare d’appalto pubbliche:
in rispetto della par condicio fra i partecipanti.
Se, da un lato, infatti, è innegabile il regime agevolativo
di cui tutti gli enti del terzo settore godono, anche in
questo ambito va effettuata una inevitabile distinzione
fra le associazioni di volontariato e le associazioni di
promozione sociale. Emergono importanti e sostanziali
differenze fra il regime riservato alle une ed alle
altre: è evidente come le prime siano destinatarie di
maggiori agevolazioni rispetto alle seconde.
Sembra pertanto legittimo affermare che le agevolazioni
riconosciute alle associazioni di promozione sociale
non sono di tale entità da pregiudicare la par condicio
fra i partecipanti alle gare pubbliche.Tale conclusione
è peraltro assolutamente in linea e conforme
con quanto affermato in precedenza circa la possibilità
per le Onlus,anch’esse destinatarie di numerosi benefici,
di prendere parte a gare ad evidenza pubblica.
Tale posizione appare ancor più logica e condivisibile
se letta tenendo bene a mente un ulteriore orienta-
509

510
non
n.8-9/2006 APPROFONDIMENTI
mento della giurisprudenza più recente, di ispirazione
comunitaria, volto alla massima partecipazione soggettiva
alle gare ad evidenza pubblica.Ci si riferisce,in particolare,
a due Sentenze, una del TAR Calabria, sede di
Catanzaro n. 637 del 15 marzo 2005, e l’altra del TAR
Piemonte, II Sez. n. 1990 del 5 maggio 2006, riguardanti
l’affidamento di servizi aventi una valenza sociale.
Ciò vuol dire che, nel caso in questione, l’oggetto
stesso della prestazione dovrebbe essere senza dubbio
prevalente, nelle valutazioni della P.A. contraente, rispetto
alla salvaguardia della concorrenzialità di tutti i
partecipanti alla gara.
È infatti fuori discussione l’esistenza di fattori,connessi
al regime agevolato riconosciuto agli enti del terzo settore,
che pongono tali soggetti in una posizione di vantaggio
rispetto alle imprese commerciali; questo però
non può legittimare una esclusione dei primi da qualsiasi
possibilità di partecipazione alle gare ad evidenza
pubblica. La prima pronuncia richiamata, infatti, sostiene
che “riguardo all’affidamento di un servizio sociale,si
ravvisa un’attenuazione della cogenza del principio
di concorrenzialità”.
L’ulteriore pronuncia giurisprudenziale richiamata
(TAR Piemonte II Sez. n. 1990 del 5 maggio 2006) si pone
nel solco della precedente, sostenendo il principio
del “favor” alla massima partecipazione soggettiva
nelle gare pubbliche. In particolare il Tribunale fa
esplicito richiamo ad un “principio generale del favor
verso la più larga partecipazione in materia di procedure
di aggiudicazione di contratti ad evidenza pubblica”.
Il Tribunale afferma, con riferimento al caso concreto,
l’inesistenza di ragioni che giustifichino la scelta di effettuare
limitazioni soggettive alla partecipazione alla
gara,dovendosi,al contrario,dare risalto decisivo al dato
oggettivo della capacità giuridica di adempiere
all’oggetto del contratto.
Ulteriore elemento di analisi, per poter prendere posizione
circa la partecipazione di determinati enti a gare
ad evidenza pubblica è, ovviamente, vale la pena ricordarlo,
la rispondenza dell’oggetto del contratto oggetto
della gara ai fini istituzionali del soggetto giuridico in
questione. Tale tipo di considerazioni, però, non presentano
particolari tratti di problematicità e,soprattutto,
difficilmente possono essere soggette a dibattiti interpretativi,
come avviene per gli ulteriori elementi sopra
esaminati.
Le riflessioni fin qui svolte evidenziano in modo lampante
la problematicità delle questioni sollevate.
Dato, infatti, per assodato che le associazioni di volontariato
non possano prendere parte alle gare ad evidenza
pubblica,è altrettanto incontestabile che gli altri
enti del terzo settore, fra cui le associazioni di promozione
sociale, alle quali abbiamo rivolto particolare
attenzione, presentino natura e caratteristiche diverse
dalle predette associazioni.
In riferimento a tali ulteriori categorie associative, al
contrario,non è emersa alcuna motivazione atta a limitare
in modo incontestabile la capacità di tali enti di stipulare
contratti per la cessione di servizi con la Pubblica
Amministrazione.
Normativa sugli interventi pubblici nei servizi
a rilevanza sociale
La materia è resa ancor più problematica se si prendono
in considerazione la più recente normativa in tema
di interventi pubblici nei servizi a rilevanza sociale.
Vanno analizzate in particolare le previsioni della legge 8
novembre 2000,n.328 (Legge quadro per la realizzazione
del sistema integrato di interventi e servizi sociali),che,all’art.5,comma
3,prevede che le regioni,sulla base di un
atto di indirizzo e coordinamento del Governo, debbano
adottare specifici indirizzi per regolamentare i rapporti
tra enti locali e terzo settore, con particolare riferimento
ai sistemi di affidamento dei servizi alla persona.
Sulla base della normativa in commento, come anticipato,le
Regioni avrebbero quindi dovuto disciplinare il
ruolo del terzo settore nei servizi sociali per dare finalmente
certezze e regole trasparenti alla complessa
realtà analizzata.
Ad oggi, però, solo poche regioni hanno regolamentato
la materia, lasciando il dibattito interpretativo
circa il ruolo degli enti non profit nell’erogazione di
servizi pubblici ancora aperto.
Speriamo di essere riusciti, con il presente lavoro, ad
evidenziare in modo inconfutabile la necessità di fare
chiarezza a livello normativo,giurisprudenziale e dottrinale
circa l’attività svolta dai soggetti appartenenti al
variegato mondo del non profit.

Impresa sociale
APPROFONDIMENTI n.8-9/2006
La nuova figura dell’impresa
sociale
di Luca Degani* e Raffaele Mozzanica**
Con la legge 13 giugno
2005, n. 1181,il legislatore ha delegato il
Governo all’emanazione
di un provvedimento per
la definizione di una disciplina
organica, ad integrazione
delle norme dell’ordinamento
civile, relativa alle imprese sociali, considerando
la fattispecie di “impresa sociale” comprensiva
delle organizzazioni private senza scopo di lucro che
esercitano in via stabile e principale un’attività economica
di produzione o di scambio di beni o di servizi di
utilità sociale,diretta a realizzare finalità di interesse generale.
Rigida dicotomia del Codice civile
L’intenzione generale che ha ispirato il legislatore è da
individuarsi nel tentativo di temperamento della rigida
dicotomia, attualmente prevista dal codice civile,fra
gli enti di cui al Libro I e quelli del Libro V, a riguardo
della possibilità di esercitare attività commerciali in forma
imprenditoriale 2, mediante appunto la definizione
di una disciplina organica,integrativa dell’ordinamento
civile.
Si noti che in realtà tale dichiarata dicotomia, espressa
nella relazione governativa di accompagnamento al
provvedimento, costituisce in realtà un fattore relativo.
È già oggi assolutamente chiaro, perlomeno in termini
civilistici, molto meno in termini fiscali, come sia possibile
per qualsiasi soggetto giuridico, fosse anche del Libro
I del Codice Civile, esercitare attività di impresa, as-
non
In attuazione della legge delega 13 giugno 2005, n. 118, il D.Lgs. n.
155/2006 afferma che tutte le organizzazioni private, comprese gli
Enti di cui al Libro I del Codice Civile, possano ottenere la qualifica
di impresa sociale, purché esercitino in via stabile e principale
un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello
scambio di beni o servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità
di interesse generale, e garantiscano la presenza di specifici
requisiti soggettivi e relativi all’attività tassativamente indicati.
Nell’articolo vengono esaminate e approfondite le disposizioni più
importanti contenute nel decreto attuativo, in particolare, quelle sui
requisiti dell’impresa sociale.
sumere la qualifica di Imprenditore e tra l’altro,con ampi
esempi giurisprudenziali, essere assoggettato alle
procedure concorsuali.
Il problema fondamentale,che il provvedimento normativo
qui in esame non risolve – almeno per ora -, è
comprendere e/o trovare un percorso giustificativo in
cui attualmente un soggetto del Primo Libro del Codice
civile che oggi esercita, per ottemperare al proprio
scopo istituzionale di tipo ideale,una attività con le caratteristiche
proprie della produzione di beni e servizi,
attraverso l’organizzazione di persone e mezzi seppur
senza l’obbiettivo di distribuzione di utili, si trovi nella
situazione di perdere sempre, a norma dell’art. 6 del
D.Lgs.n.460/1997,in relazione a quella che sarà la qualifica
delle entrate proprie di tale attività, ma anche per
gran parte della dottrina e della giurisprudenza tributa-
* Avvocato in Milano e Docente incaricato di legislazione e organizzazione
dei servizi sociali – Università di Piacenza.
** Studio legale Degani e associati.
1 "Delega al Governo concernente la disciplina dell’impresa sociale",
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 153 del 4 luglio 2005.
2 Si veda la Relazione di accompagnamento dello Schema di decreto
legislativo recante: "Disciplina dell’impresa sociale,a norma
della legge 13 giugno 2005, n. 118", presentata al Consiglio dei Ministri
nella seduta del 2.12.2005.
511

512
non
n.8-9/2006 APPROFONDIMENTI
ria la qualifica di Ente non commerciale, eccezion
fatta, con i dovuti distinguo, per quei soggetti che assumendo
appropriatamente la qualifica di Onlus,godono
di una presunzione legale di non commercialità dell’attività
esercitata.
Disciplina attuativa sull’impresa sociale
Il D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 155 attuativo della legge
delega 3, recependo principi e criteri direttivi della legge
delega afferma che la qualifica di Impresa sociale
sia acquisibile da tutte le organizzazioni private,ivi
compresi gli enti di cui al Libro V del codice civile,
che esercitano in via stabile e principale un’attività
economica organizzata, al fine della produzione o dello
scambio di beni o servizi di utilità sociale, diretta a
realizzare finalità di interesse generale, ed in possesso
di particolari requisiti.
La scelta del legislatore delegato ha di fatto recepito
una corrente di pensiero 4, ormai affermata in dottrina,
che ritiene ammissibile la presenza nell’ordinamento
italiano di forme societarie non lucrative 5, sul presupposto
di una distinzione netta tra l’elemento della
produzione di utili (ricerca di profitto) e la distribuzione
degli stessi tra i soci.
Si è ritenuto che i caratteri tipici del contratto di società,
delineati dall’art. 2247 c.c. – con il contratto di società
due o più persone conferiscono beni o servizi per
l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo
di dividerne gli utili – non vengano meno qualora
l’ente societario persegua la propria attività, osservando
i presupposti di economicità,con la realizzazione di
utili e avanzi di gestione e contestualmente,non si ponga
quale fine la divisione degli utili e degli avanzi di gestione
stessi (la c.d. “lucratività soggettiva” distinta
dalla “lucratività oggettiva”, che permane nel momento
stesso in cui la creazione di utili resta un obiettivo
potenziale).La normativa qui illustrata rappresenta
dunque una conferma di diritto positivo rispetto ad una
prassi che, soprattutto negli ultimi anni, ha visto la costituzione
di alcune Società, soprattutto società a responsabilità
limitata,nella forma di società senza scopo
di lucro.
Requisiti dell’impresa sociale
La delimitazione dell’ambito di applicazione della qualifica
di Impresa sociale, vista anche l’ampiezza della
sfera di soggetti potenzialmente sussumibili sotto questa
fattispecie, investe non solo il profilo soggettivo,
bensì anche quello oggettivo concernente la tipologia
di attività che un soggetto deve svolgere affinché possa
rientrare nella qualifica di impresa sociale.
Profilo soggettivo
Per quanto concerne il profilo soggettivo, la categoria
ammessa, come visto, è decisamente lata laddove risulta
comprendere tutte le organizzazioni private,ivi
compresi gli enti di cui al libro V del codice civile; sono
ammessi quindi, attesa la loro natura privata, sia gli
enti ricompresi nel libro I del Codice Civile - i cosiddetti
enti di scopo - Associazioni, Fondazioni e Comitati -,
sia le Società di cui al libro V, senza che vi sia differenziazione
alcuna tra Società di capitali e Società di
persone. Per quanto concerne i primi, è evidente la
comprensione degli Enti aventi natura associativa o
fondativa 6, anche nelle varie tipologie delineate dalle
leggi di settore,anche di natura fiscale (basti pensare al
vasto mondo delle Onlus).
In tale ottica, è prevista l’esclusione dal novero di soggetti
potenzialmente sussumibili nella qualifica di Impresa
sociale delle Amministrazioni pubbliche e degli
Enti che statutariamente limitano l’erogazione
dei beni e dei servizi in favore dei soli soci, associati
o partecipi. Per i primi, oltre al fatto che gli stessi
siano già costituzionalmente preposti ad operare nell’interesse
generale, si può ritenere che il legislatore
prosegua in quella corrente di pensiero che, sulla scorta
della Riforma Bassanini della seconda metà degli anni
novanta, non ritiene la Pubblica Amministrazione
quale soggetto produttore di beni e servizi,bensì quale
garante del pubblico interesse (si pensi alla contemporanea
istituzione delle Onlus e l’ampia evoluzione manifestatasi
da quel periodo in poi e arrivata alla sua
summa con la Riforma del Titolo V della Costituzione in
tema di sussidiarietà orizzontale e ruolo del Terzo set-
3 Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 27 aprile 2006.
4 Di Sabato valutando l’utilizzabilità dello schema della società,anche
per le società cooperative e per le società consortili (scopo
mutualistico) ritiene non essenziale lo scopo mutualistico.
5 Fino ad oggi si potevano contemplare, società dichiaratamente
senza scopo di lucro,la cui non lucratività disposta ex lege,è connaturata
alla soggettività peculiare dell’Ente (società cooperativa
o consortile) oppure società in fatto senza scopo di lucro, nelle
quali concretamente manca il lucro soggettivo, ossia la ripartizione
degli utili. Inoltre è da evidenziare come negli ultimi anni siano
state create società statutariamente senza scopo di lucro.
6 Indubbiamente più problematica l’ammissione alla qualifica di
impresa sociale della figura del comitato, in quanto, come si vede
oltre,è richiesto l’esercizio di un’attività in via stabile; peraltro l’attività
del comitato è ex lege individuata nella raccolta fondi.

tore).Per quanto concerne i secondi invece anche questo
legislatore,eccezion fatta per le Cooperative Sociali,
tende a limitare le norme di vantaggio per gli Enti con
scopo mutualistico.
Disciplina parzialmente diversa è prevista per gli Enti
ecclesiastici e per gli Enti delle Confessioni religiose,
con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o
intese; l’applicazione della disciplina dell’impresa sociale
è subordinata all’adozione da parte di questi soggetti
di un apposito regolamento 7,recettivo delle disposizioni
in materia di impresa sociale.
In tale contesto, occorre vedere se l’acquisizione di “Impresa
Sociale”sarà poi del soggetto stesso o piuttosto,come
nel caso delle Onlus e come,seppur forse con minor
chiarezza parrebbe anche dal dato letterale del Decreto,
di un singolo ramo di attività dell’Ente. In questo contesto
certamente qualificabile come ramo d’azienda.
La peculiarità del soggetto “impresa” per l’esercizio di
attività di utilità sociale, come si vedrà oltre, porta ad
escludere dall’elenco dei soggetti potenzialmente
qualificabili “impresa sociale” le Organizzazioni di
volontariato: sul punto il decreto prevede infatti che
sia ammessa la prestazione di attività di volontariato,
nei limiti del 50% dei lavoratori a qualunque titolo impiegati
nell’impresa sociale ed è quindi così già perduto
il requisito necessario, per tale categoria di soggetti,
della prevalenza delle attività di volontariato su quella
dei lavoratori dipendenti od autonomi. Su tale decisione
di esclusione delle Odv è certo però da ricordare la
necessità di aprire un dibattito ad un’altra soluzione
normativa che, anche sulla scorta di parte della Giurisprudenza
amministrativa,tuteli o comunque determini
l’effettiva possibilità da parte degli Enti di cui alla Legge
n. 266/1991 di produrre beni e servizi di utilità sociale
in forma organizzata.
Profilo oggettivo
Il profilo oggettivo richiede invece lo svolgimento in
via stabile e principale di un’attività economica
organizzata al fine della produzione o dello scambio di
beni e servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità
di interesse generale.
L’utilità sociale dell’attività è determinata presuntivamente
dalla legge nella tipologia di attività svolta nei
settori indicati dall’art.2 del decreto legislativo,così tassativamente
individuati:
a) l’assistenza sociale, così come intesa nella legge 8
novembre 2000, n. 328 - legge quadro per la realizza-
APPROFONDIMENTI n.8-9/2006
non
zione del sistema integrato di interventi e servizi sociali;
b) l’assistenza sanitaria, per l’erogazione delle prestazioni
oggetto dei livelli essenziali di assistenza così
come definiti nel D.P.C.M. 29 novembre 2001;
c) l’assistenza socio-sanitaria, secondo le tipologie
di prestazioni sociosanitarie definite nel D.P.C.M. 14
febbraio 2001;
d) l’educazione, l’istruzione e la formazione, ai
sensi della legge 28 marzo 2003,n.53,recante delega
al Governo per la definizione delle norme generali
sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni
in materia di istruzione e formazione professionale;
e) la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, ai sensi
della legge 15 dicembre 2004, n. 308, recante delega
al Governo per il riordino,il coordinamento e l’integrazione
della legislazione in materia ambientale
e misure di diretta applicazione, con esclusione delle
attività, esercitate abitualmente, di raccolta e riciclaggio
dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi;
f) la valorizzazione del patrimonio culturale, ai
sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio,di
cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
g) il turismo sociale, di cui all’articolo 7, comma 10,
della legge 29 marzo 2001,n.135,recante riforma della
legislazione nazionale del turismo;
h) la formazione universitaria e post-universitaria;
i) la ricerca ed erogazione di servizi culturali;
j) la formazione extra-scolastica,finalizzata alla prevenzione
della dispersione scolastica ed al successo
scolastico e formativo;
k) i servizi strumentali alle imprese sociali, resi da
enti composti in misura superiore al settanta per
cento da organizzazioni che esercitano un’impresa
sociale.
È innanzitutto da evidenziare l’assoluta rilevanza,anche
a fini interpretativi delle altre diverse normative tributarie
ed amministrative che hanno spesso riportato il concetto
di “utilità sociale”; l’oggettiva chiarezza della norma
rispetto alla elencazione che viene effettuata dal legislatore
con specifici riferimenti normativi che,diversamente
da precedenti modalità di legiferare, può condurre
l’interprete a risultati di maggior certezza.
7 L’art. 1, comma 3, del D.Lgs. 155/2006 richiede che il regolamento
sia adottato in forma di scrittura privata autenticata. Tale regolamento,
come per lo statuto di tutti gli altri soggetti ce esercitano
impresa sociale, dovrà essere depositato presso l’Ufficio del registro
delle imprese.
513

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non
n.8-9/2006 APPROFONDIMENTI
Rispetto a tale elenco è di assoluta rilevanza il richiamo
all’assistenza socio-sanitaria, individuata
tout court ai sensi D.P.C.M. 14 febbraio 2001; tale disposizione
conferma l’erronea interpretazione che l’Agenzia
delle Entrate, in tema di Onlus, effettua nell’identificare
le attività sociosanitarie, richiedendo vincoli e
adempimenti,peraltro mediante proprie Risoluzioni,assolutamente
estranee al quadro ordinamentale. A tal
proposito basti pensare alla Risoluzione n. 189/E
dell’11 dicembre 2000 che - in merito alla riconducibilità
o meno delle case di riposo per anziani tra le Onlus
- ritiene essere ricomprese nell’assistenza sociale e
nell’assistenza socio-sanitaria, le prestazioni anche sanitarie
di completamento assistenziale, le attività finalizzate
ad assicurare un’esistenza dignitosa a coloro
che, inabili al lavoro, versano in condizioni di bisogno.
È infatti di estremo interesse il richiamo al D.P.C.M. 14
febbraio 2001 per qualificare le attività socio-sanitarie.
Questo in quanto lo stesso Decreto è poi stato recepito
nell’allegato 1C del D.P.C.M. 29 novembre 2001 in tema
di identificazione dei Livelli Essenziali di Assistenza Sanitaria
e Socio Sanitaria. Con l’uso di tale riferimento
normativo si riesce a garantire la ricomprensione, all’interno
del concetto di utilità sociale, di tutte le svariate
attività poste in essere per il tramite di servizi residenziali,
semiresidenziali, ambulatoriali e domiciliari, a
favore degli Anziani non autosufficienti, dei disabili,
delle persone affette da dipendenza da sostanze, etc.
Altrettanto interessante è il richiamo alla Legge n.
328/2000 per la qualificazione dei Servizi sociali.Infatti,
anche tale riferimento garantisce, pur con il mutato
assetto istituzionale in una materia quale quella di
Servizio Sociale oggi nella competenza esclusiva dell’Ordinamento
Regionale, una certezza di esame nella
qualificazione delle attività poste in essere che ben potrà
avere giovamento e chiarezza quando il legislatore
nazionale porterà a termine il principale atto di omogeneizzazione
e di garanzia sul territorio di tale tipologia
di Servizi alla persona attraverso la promulgazione
dei Liveas (Livelli essenziali di Assistenza Sociale).
Concetti di utilità sociale e di distribuzione
indiretta di utili
Certo è che,in entrambe le fattispecie è evidente il ruolo
di norma sistemica interpretativa rispetto alla identificazione
delle attività di “utilità sociale” che garantisce
così una miglior certezza per supportare una interpretazione
più oggettiva e chiara delle attività socio-as-
sistenziali e socio-sanitarie anche in altri ambiti. Arrivando
così a superare tutti quei molteplici fraintendimenti
posti in essere da parte dell’Amministrazione Finanziaria,
in contrasto con l’Agenzia delle Onlus, la
quale, in un’ottica involutiva, faceva coincidere la dimensione
dello svantaggio sociale, proprio dei destinatari
di tutti i servizi di tale tipologia,con un mero fattore
economico.
La nuova normativa precisa inoltre quando tale attività
di “utilità sociale” possa essere ritenuta principale:
esclusivamente qualora i relativi ricavi siano superiori
al 70% dei ricavi complessivi dell’organizzazione
che esercita l’impresa sociale 8.
Requisito ulteriore, di cui si è già detto più sopra, che
concorre alla definizione di utilità sociale della attività,
è rappresentato dall’assenza di scopo di lucro affermata
dall’art. 3; si tratta invero dell’obbligo di destinazione
degli utili e degli avanzi di gestione allo svolgimento
dell’attività istituzionale o ad incremento del patrimonio.A
tal proposito,si impone la previsione del divieto
di distribuzione, anche in forma indiretta, di
utili e avanzi di gestione, comunque denominati,
nonché fondi e riserve in favore di amministratori,soci,
partecipanti, lavoratori o collaboratori.
Con una presunzione di legge, mutuando parzialmente
e forse in senso deteriore lo schema adottato dal D.Lgs.
n. 460/1997 sulle Onlus, è previsto che rappresentano
distribuzione indiretta di utili,le seguenti fattispecie:
a) la corresponsione agli amministratori di compensi
superiori a quelli previsti nelle imprese che operano
nei medesimi o analoghi settori e condizioni, salvo
comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire
specifiche competenze, ed in ogni caso con
un incremento massimo del 20%;
b) la corresponsione ai lavoratori subordinati o autonomi
di retribuzioni o compensi superiori a quelli
previsti dai contratti o accordi collettivi per le medesime
qualifiche, salvo comprovate esigenze attinenti
alla necessità di acquisire specifiche professionalità;
c) la remunerazione degli strumenti finanziari diversi
dalle azioni o quote,a soggetti diversi dalle banche e
dagli intermediari finanziari autorizzati, superiori di
cinque punti percentuali al tasso ufficiale di riferimento.
8 A tal proposito è rimandata ad un decreto del Ministro delle attività
produttive e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali la
definizione dei criteri quantitativi e temporali per il computo della
percentuale del 70% dei ricavi complessivi dell’impresa.

Rispetto alla nuova figura giuridica dell’impresa sociale,
delineata dal decreto attuativo della legge delega,
l’Ente che voglia acquisirne la qualifica, deve pertanto
focalizzare la propria analisi su elementi quali la propria
natura giuridica e il proprio ambito di operatività.
Eventuali aspetti critici potrebbero porsi relativamente
al fatto che l’attività principale di un’impresa sociale sia
tale qualora i relativi ricavi sono superiori al 70% dei ricavi
complessivi dell’organizzazione che esercita l’impresa
sociale (vedi nota 8).
Adempimenti statutari
Valutata la presenza dei requisiti sopra illustrati, è richiesto
il recepimento degli stessi in sede statutaria,
al fine di esplicitare il carattere sociale dell’impresa
svolta dal soggetto,con particolare indicazione dell’oggetto
sociale (con un esplicito richiamo ai settori per i
quali si presume l’utilità sociale dell’attività esercitata)
e dell’assenza di scopo di lucro (con un richiamo
espresso al divieto di divisione degli utili). Inoltre è da
rilevare l’obbligo, sancito dall’art. 7, dell’uso della locuzione
"impresa sociale", nella denominazione.
Il decreto stabilisce inoltre, all’art. 5, comma 1, che l’organizzazione
che esercita un’impresa sociale deve essere
costituita con atto pubblico.
In ogni caso,l’art.5,comma 2,dispone che gli atti costitutivi,
le loro modificazioni e gli altri fatti relativi all’impresa
devono essere depositati entro trenta giorni a cura
del notaio o degli amministratori presso l’ufficio del
registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita
la sede legale, per l’iscrizione in apposita sezione 9.
Adempimenti ulteriori
Ulteriore onere richiesto all’impresa sociale è rappresentato
dalla previsione di forme di coinvolgimento
dei lavoratori e dei destinatari delle attività.
L’art. 12 specifica che per coinvolgimento dei lavoratori
e dei destinatari delle attività, debba intendersi
qualsiasi meccanismo,ivi comprese l’informazione,
la consultazione o la partecipazione, mediante il
quale lavoratori e destinatari delle attività possono esercitare
un’influenza sulle decisioni che devono essere
adottate nell’ambito dell’impresa, almeno in relazione
alle questioni che incidano direttamente sulle condizioni
di lavoro e sulla qualità dei beni e dei servizi prodotti
o scambiati.
Pur richiedendo che tale meccanismo di coinvolgimento
sia inserito nei regolamenti aziendali o negli at-
APPROFONDIMENTI n.8-9/2006
non
ti costitutivi, la legge non fornisce ulteriori precisazioni
in tal senso, soprattutto a fronte di una prevista influenza
dei lavoratori, non solo sulle questioni attinenti il tema
del lavoro, bensì anche relativamente alla qualità
dei beni e dei servizi prodotti o scambiati,laddove
si può ritenere che ancora maggiore interesse venga
manifestato dalla categoria, anche essa normativamente
richiamata, dei destinatari delle attività.
Inoltre,l’impresa sociale deve garantire ai lavoratori i diritti
di informazione, consultazione e partecipazione.
Peraltro, la nuova disciplina dispone che il divieto di
corrispondere un trattamento economico e normativo
inferiore a quello previsto dai contratti e accordi collettivi
applicabili ai lavoratori dell’impresa sociale.
È richiesto inoltre che l’impresa sociale rediga e depositi
presso il registro delle imprese il bilancio sociale;
a tal proposito si rimanda espressamente alle linee guida
che dovranno essere adottate con decreto del Ministro
del lavoro e delle politiche sociali, sentita l’Agenzia
per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale.
Il bilancio sociale dovrà anche rappresentare gli
esiti del coinvolgimento dei lavoratori, attuato dall’impresa
stessa.
Organi sociali e responsabilità patrimoniale
Assodato che la struttura soggettiva dei soggetti che
rientrano nell’impresa sociale è definita dall’ordinamento
civilistico,nel decreto si ravvisano peculiarità relative
alle cariche sociali,laddove è richiesto che lo Statuto
preveda specifici requisiti di onorabilità, professionalità
ed indipendenza per coloro che assumono
cariche sociali e ponga espresso divieto alla
nomina di soggetti per le cariche sociali da parte di imprese
private con finalità lucrative e di amministrazioni
pubbliche (art. 11).
Regime nuovo e, per certi versi derogatorio dell’impianto
civilistico, è rappresentato dalla responsabilità
sociale affermata dall’art. 6 che dispone che nelle organizzazioni
che esercitano un’impresa sociale il cui
patrimonio è superiore a 20.000 euro,dal momento della
iscrizione nella apposita sezione del registro delle
imprese, delle obbligazioni assunte risponde soltanto
l’organizzazione con il suo patrimonio.Considerato che
9 L’art. 5, comma 4, rimanda ad un emanando decreto del Ministro
delle attivita’produttive e del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali per la determinazione degli atti che devono essere depositati
e delle procedure di comunicazione, trasmissione e deposito
degli stessi.
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non
n.8-9/2006 APPROFONDIMENTI
ad oggi l’unico effetto che consegue all’acquisito della
personalità giuridica da parte degli Enti del Libro I del
Codice Civile, è l’autonomia patrimoniale perfetta,
la nuova normativa sembra separare tale concetto dal
riconoscimento giuridico. In tal caso, ciò scardina in
parte la ratio che attribuisce comunque all’Autorità Tutoria
ancora compiti di previa verifica di idoneità patrimoniale
rispetto al perseguimento dello scopo e alla liceità
di scopo e di successiva vigilanza e controllo
(D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361).
A titolo esemplificativo,con la nuova disciplina è ammissibile
un’associazione,che esercita impresa sociale,
non riconosciuta giuridicamente, che sulla base della
sola iscrizione al registro delle imprese e di un patrimonio
superiore ai 20.000 euro, goda di autonomia patrimoniale
perfetta. Si noti per inciso che tale aspetto
non si potrebbe manifestare nel caso di una Fondazione
in quanto nel nostro Ordinamento, per giurisprudenza
costante, non si ritiene possa esistere una Fondazione
carente di riconoscimento giuridico.
Si specifica inoltre che laddove risultasse, in conseguenza
di perdite, la diminuzione del patrimonio di oltre
un terzo rispetto all’importo di 20.000 Euro,delle obbligazioni
assunte rispondono personalmente e solidalmente
anche coloro che hanno agito in nome e per
conto dell’impresa.
Non ci siamo soffermati in tale contesto sull’analogo
problema che potrà manifestarsi in ordine ai soggetti
societari ricompresi nel Libro V del codice civile,in parte
poiché l’uso dell’omologa degli atti societari e la carenza
di un controllo specifico di congruità tra patrimonio
e scopo difficilmente fa rappresentare, se non
come un caso di scuola,l’esempio della Società non riconosciuta
giuridicamente che acquisisca la qualifica
di Impresa Sociale.
Gruppi di imprese sociali
Particolare attenzione va riservata all’art. 4 del decreto
che disciplina la delicata fattispecie del gruppo di imprese
sociali.
Decisiva è l’architettura definita dal legislatore che
ammette l’esistenza di gruppi tra soggetti che
esercitano impresa sociale, anche nella dimensione
di rapporto quale attività di direzione e detenzione del
controllo di un’impresa sociale; tale fattispecie trova un
divieto solo qualora il controllante sia un’impresa privata
con finalità lucrative piuttosto che un’amministrazione
pubblica.
Si profila quindi un contesto ordinamentale che legittima
la partecipazione e/o controllo di un’impresa sociale
rispetto ad un altro soggetto da considerarsi anch’esso
impresa sociale.
Tale nuova normativa pare superare tra l’altro la presa
di posizione dell’Agenzia delle Entrate che con propria
Risoluzione n. 83/E del 30 giugno 2005 10,interpretando
in via restrittiva il D.Lgs. n. 460/1997, ha ritenuto
che la detenzione di partecipazioni in società
di capitali sia consentita alle Onlus a condizione che il
possesso di titoli o quote di partecipazione in soggetti
societari, in considerazione dell’entità della partecipazione
e del ruolo effettivamente svolto nella società
partecipata, si sostanzi in una gestione statico-conservativa
del patrimonio (ossia realizzando un impiego
delle risorse patrimoniali finalizzato alla percezione di
utili da destinare al raggiungimento degli scopi istituzionali).Affermando
in tal senso che la partecipazione
di una Onlus in società, nella quale assuma funzioni
di coordinamento e direzione della società partecipata,
non è ammessa se sussiste un’influenza dominante
ed incisiva in modo determinante sulle scelte
operative degli organi della società stessa. Situazione
che ora parrebbe ammessa nel limite di qualificare il
soggetto detentore e quello detenuto come Impresa
Sociale.
Si pensi in tal caso, seppur su piani diversi in ordine al
trattamento fiscale che non è oggetto di questo articolo
ma che, notoriamente, nulla vede oggi disciplinato a
favore della Impresa Sociale,alle possibilità delle Onlus
che attualmente gestiscono servizi socio-assistenziali o
socio-sanitari di proseguire nella gestione indiretta, per
il tramite di Imprese Sociali dalle stesse detenute, di attività
sanitarie, di educazione, di istruzione o di formazione
come espresse nel Decreto.
Operazioni straordinarie
tra imprese sociali
Di particolare interesse la regolazione che il legislatore
delegato attua rispetto a situazioni delicate della vita
dell’impresa sociale, quali la trasformazione, fusione,
scissione e cessione d’azienda.Queste operazioni
sono tranquillamente ammesse senza vincoli di sorta
qualora siano attuate tra imprese sociali: l’art. 13,
10 Sulla questione si veda per un approfondimento,L.Castaldi,Onlus:
detenzione di partecipazioni societarie ed esercizio di attività commerciale,
in questa Rivista n. 10/2005, pag. 643.

comma 6,dispone infatti che le nuove disposizioni non
si applicano quando il beneficiario dell’atto è un’altra
organizzazione che esercita un’impresa sociale.
Sono invece previsti alcuni vincoli, qualora tali operazioni
non prevedano quale soggetto beneficiario dell’atto
un’impresa sociale: in tal senso le operazioni di
trasformazione e fusione sono legittime solo qualora
ad esse consegua il mantenimento dell’assenza di scopo
di lucro,si intende in senso soggettivo e quindi limitato
alla non distribuzione di utili direttamente o indirettamente,
in capo all’Ente nuovo derivato.
Per quanto concerne la cessione d’azienda, per la
quale si applica l’art. 2112 c.c., si ricordi già modificato
per espressa disciplina Comunitaria con la specifica di
applicabilità agli Enti non Commerciali,è previsto per il
cessionario l’obbligo di perseguimento delle finalità di
interesse generale,mediante lo svolgimento dell’attività
nei settori più sopra richiamati 11.
Ulteriore vincolo è rappresentato dalla previsione che
gli organi di amministrazione notifichino,con atto scritto
di data certa,al Ministero del lavoro e delle politiche
sociali l’intenzione di procedere ad uno degli atti relativi
a tali operazioni, allegando la documentazione necessaria
alla valutazione di conformità alle linee guida.
All’autorizzazione 12 del Ministero del lavoro e delle politiche
sociali (sentita l’Agenzia per le organizzazioni
non lucrative di utilità sociale),è subordinata l’efficacia
degli atti.
Recependo un orientameto giurisprudenziale e dottrinale
ormai assodato 13, che ha ravvisato l’applicabilità
dello statuto speciale dell’imprenditore commerciale
anche agli enti senza scopo di lucro e quindi l’assoggettamento
al fallimento e alle procedure concorsuali
degli stessi, per l’impresa sociale è appunto previsto
che in caso di insolvenza, le organizzazioni che
esercitano un’impresa sociale sono assoggettate alla liquidazione
coatta amministrativa, di cui al regio decreto
16 marzo 1942, n. 267.
Di particolare interesse è la previsione, in caso di scioglimento
dell’impresa sociale e relativa devoluzione
patrimoniale, che i beni residui, qualora non
siano destinati ad altra impresa sociale,debbano essere
comunque devoluti ad organizzazioni non lucrative di
utilità sociale, associazioni, comitati, fondazioni ed enti
ecclesiastici,secondo le norme statutarie.Con le medesime
modalità è prevista la devoluzione del patrimonio
residuo al termine della procedura concorsuale.
Anche per il caso dello scioglimento, se il beneficiario
APPROFONDIMENTI n.8-9/2006
non
non è un’Impresa sociale,è operativo il meccanismo di
autorizzazione e conseguente efficacia dell’atto come
sopra illustrato in relazione trasformazione, fusione,
scissione e cessione d’azienda da parte del Ministero
del Lavoro.
11 È previsto che gli atti relativi a tali operazioni debbano essere adottati
in conformità a linee guida di cui ad un emanando decreto del
Ministro del lavoro e delle politiche sociali,sentita l’Agenzia per le
organizzazioni non lucrative di utilità sociale.
12 Che si intende concessa decorsi novanta giorni dalla ricezione
della notificazione.
13 Tra le altre, Cass. 10 Agosto 1990, n. 8154.
517

518
non
Cooperative sociali
n.8-9/2006 ASPETTI ISTITUZIONALI
Assemblea e decisioni dei soci
nelle cooperative sociali s.r.l.
Modello 1
Decisione non collegiale dei soci mediante consultazione scritta
Richiamato l’articolo dello statuto a norma del quale le decisioni dei soci - che non si riferiscono alle modificazioni
dall’atto costitutivo e al compimento di operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto
sociale o una rilevante modificazione dei diritti dei soci – possono essere adottate mediante consultazione
scritta nella mia qualità di amministratore (oppure di socio) della … società cooperativa
propongo ai soci di
1. approvare il bilancio al .....................,unitamente alla relazione sulla gestione,e di destinare l’utile d’esercizio
di euro .................. come segue:
Utile d’esercizio al 31/12/2004
Destinazione:
Euro
a fondo mutualistico 3% art. 11 L.59/92 Euro
a rivalutazione quote sociali cooperatori Euro
a remunerazione quote sociali cooperatori Euro
a remunerazione azioni di partecipazione coop.
Attribuzione:
Euro
a riserva legale Euro
a riserva statutaria Euro
a riserva straordinaria Euro
a copertura perdite pregresse Euro
2. nominare (o riconfermare) per numero ... esercizi, e cioè fino all’approvazione del bilancio al ......................,
(oppure fino a revoca) quali componenti il consiglio di amministrazione i sigg...................................................
.................................................. designando fra essi quale presidente il sig.. .......);
3. fissare il compenso agli amministratori su base annua ovvero per il periodo dal ............ al ............ nella seguente
misura: …..;
4. nominare il nuovo collegio sindacale con le funzioni di controllo amministrativo e contabile,previsto dall’art.
.... dell’atto costitutivo, come segue:
dott. ........................................ presidente
................................................ sindaco effettivo
................................................ sindaco effettivo
................................................ sindaco supplente
................................................ sindaco supplente
dando atto che tutti i sindaci sono iscritti nel registro dei revisori contabili.
Il compenso dei sindaci effettivi è determinato nella seguente misura …..
5. nominare revisore dei conti e del bilancio della società il dott./rag..................,iscritto all’Ordine / Collegio di ...............,
con studio in .............., (oppure la ................................, società di revisione, con sede in ...........................,
................................),a cui è attribuito un compenso per esercizio sociale di euro .............più il rimborso delle spese
che il revisore stesso è fin da ora autorizzato ad anticipare per il necessario compimento del proprio mandato.

ASPETTI ISTITUZIONALI n.8-9/2006
non
I soci, che intendono manifestare voto favorevole alle proposte di cui sopra, sono cortesemente invitati a esprimere
il loro consenso apponendo la data e la firma, sul foglio allegato, a fianco di ciascuna delle proposte che
intendono accettare.Il foglio con proposte e accettazioni deve pervenire in originale e nella sua interezza presso
la sede sociale entro giorni .......... / otto da oggi. (A norma dell’art. …., stat. soc., la risposta deve essere accompagnata
da una fotocopia della carta d’identità o di documento equipollente).
..............., .........................
Espressione del consenso
(..................................)
Vi prego di apporre un "favorevole" oppure "contrario" oppure "astenuto" e la Vostra firma leggibile nella riga
sottostante alle proposte che intendete accettare
società ....................................................................................................................................................
nome del socio ................................................................ data .......................
1. Approvazione del bilancio e destinazione del risultato economico
..............................................................................................................
2. Nomina dell’organo amministrativo
..............................................................................................................
3. Fissazione del compenso per l’organo amministrativo
..............................................................................................................
4. Nomina del collegio sindacale
..............................................................................................................
5. Nomina del revisore
..............................................................................................................
data .................................
Allegata fotocopia della carta d’identità.
(firma) ....................................
519

520
non
n.8-9/2006 ASPETTI ISTITUZIONALI
Modello 2
Scheda riepilogativa di decisioni dei soci mediante consultazione scritta
SOCIETÀ ...............................
PROPONENTI
(soci/amministratore)
Numero di voti spettanti Numero di voti previsti
ai soci proponenti
Oggetto proposta
dallo statuto
Termine previsto per
invio risposta
Socio …
Socio …
Socio …
Socio …
Socio …
Socio …
Socio …
Socio …
Socio …
Data invio Conferma ricezione
Riepilogo consensi Favorevole Contrario astenuto Data ricezione
Socio …
Socio …
Socio …
Socio …
Socio …
Socio …
Socio …
Socio …
Socio …
non risposto consenso
Esito della consultazione
Maggioranza richiesta … % voti presenti
o rappresentati
N. voti favorevoli alla proposta
Trascrizione Data ………………………
Data di formazione della decisione
Data di trascrizione su libro decisione dei soci Il presidente del consiglio di amministrazione …. .
N. allegati da archiviare

ASPETTI ISTITUZIONALI n.8-9/2006
Modello 3
Decisione non collegiale dei soci mediante consenso espresso per iscritto
Data .......................................................
Spett. .......................................................
Consiglio di amministrazione
della …società cooperativa
non
In conformità a quanto disposto dall’art. …dello statuto sociale della società …., il sottoscritto quale socio della
medesima, presta il proprio consenso al seguente testo di decisione:
2. approvazione del bilancio al .....................,unitamente alla relazione sulla gestione,e di destinazione dell’utile
d’esercizio di euro .................. come segue:
Utile d’esercizio al 31/12/2004
Destinazione:
Euro
a fondo mutualistico 3% art. 11 L.59/92 Euro
a rivalutazione quote sociali cooperatori Euro
a remunerazione quote sociali cooperatori Euro
a remunerazione azioni di partecipazione coop.
Attribuzione:
Euro
a riserva legale Euro
a riserva statutaria Euro
a riserva straordinaria Euro
a copertura perdite pregresse Euro
2. nominare (o riconfermare) per numero ... esercizi, e cioè fino all’approvazione del bilancio al ......................,
(oppure fino a revoca) quali componenti il consiglio di amministrazione i sigg...................................................
.................................................. designando fra essi quale presidente il sig.. .......);
3. determinazione del compenso agli amministratori su base annua ovvero per il periodo dal ............ al ............
nella seguente misura:
…..;
4. nomina del nuovo collegio sindacale con le funzioni di controllo amministrativo e contabile,previsto dall’art.
.... dell’atto costitutivo, come segue:
dott. ........................................ presidente
................................................ sindaco effettivo
................................................ sindaco effettivo
................................................ sindaco supplente
................................................ sindaco supplente
dando atto che tutti i sindaci sono iscritti nel registro dei revisori contabili.
Il compenso dei sindaci effettivi è determinato nella seguente misura …..
5. nomina come revisore dei conti e del bilancio della società il dott./rag. ................., iscritto all’Ordine / Collegio
di ..............., con studio in .............., (oppure la ................................, società di revisione, con sede in
...........................,................................),a cui è attribuito un compenso per esercizio sociale di euro .............più
il rimborso delle spese che il revisore stesso è fin da ora autorizzato ad anticipare per il necessario compimento
del proprio mandato.
Viene conferito mandato al presidente del consiglio di amministrazione per l’attuazione della presente decisione,
conferendo al medesimo i più ampi poteri.
521

522
non
n.8-9/2006 ASPETTI ISTITUZIONALI
Modello 4
Richiesta di adozione del procedimento assembleare
Data .......................................................
Spett. .......................................................
Consiglio di amministrazione
della …società cooperativa
Raccomandata a.r. anticipata via fax o e-mail
I sottoscritti soci della società cooperativa in indirizzo, avendo ricevuto in data … la proposta di decisione da
adottare mediante consenso espresso per iscritto,avvalendosi del diritto concessogli dall’art.2479,co.4,cod.civ.,
e dall’art. … dello statuto sociale, chiedono che la decisione sia adottata mediante deliberazione assembleare
ex art. 2479-bis, facendo presente di essere titolari di una quota del valore nominale non inferiore al terzo del
capitale sociale (rappresentando un numero di voti non inferiore al terzo dei voti spettanti alla totalità dei soci)
e - per quanto occorra - l’importanza dell’argomento,l’opportunità di ottenere ulteriori informazioni dall’organo
amministrativo e l’utilità di un confronto di opinioni con gli altri soci.
Invito pertanto l’organo amministrativo a convocare l’assemblea dei soci.
Con i migliori saluti.
(...........................)

Funzioni e convocazioni
dell’assemblea
di una cooperativa sociale s.r.l.
di Sebastiano Di Diego*
L’articolo analizza il funzionamento
dell’assemblea di una cooperativa
sociale c.d. società a responsabilità
limitata. L’analisi viene condotta
attraverso il rinvio alle formule più
utilizzate nella pratica.
Nelle cooperative sociali che adottano le norme sulle
società a responsabilità limitata non esiste la rigida
divisione di poteri fra amministratori e soci che invece
caratterizza le cooperative s.p.a.
Un ruolo fondamentale è perciò svolto dallo statuto,
che ha una certa libertà nel disciplinare la distribuzione
delle competenze tra soci e amministratori.
In particolare, secondo quanto previsto dalle norme
sulle s.r.l.,i soci decidono sulle materie riservate alla
loro competenza dall’atto costitutivo,nonché sugli argomenti
che uno o più amministratori o tanti soci che
rappresentano almeno un terzo del capitale sociale sottopongono
alla loro approvazione (art. 2479, comma 1,
c.c.) (Tavola n. 1).
Sono, inoltre, sempre riservate alla competenza dei
soci1: • l’approvazione del bilancio e la distribuzione degli utili;
• la nomina, se prevista nell’atto costitutivo, degli amministratori;
• la nomina dei sindaci e del presidente del Collegio
sindacale o del revisore nei casi previsti dall’art.2477;
Tavola n. 1 – Le competenze dei soci
ASPETTI ISTITUZIONALI n.8-9/2006
non
• le modificazioni dell’atto costitutivo;
• la decisione di compiere operazioni che comportano
una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale
determinato nell’atto costitutivo o una rilevante
modificazione dei diritti dei soci.
A queste materie se ne devono aggiungere altre, attribuite
alla competenza dei soci da specifiche disposizioni
in materia di cooperative:
– approvazione dei regolamenti che disciplinano l’attività
mutualistica con i soci, con le maggioranze
previste per le assemblee straordinarie (art. 2521,
comma 5, c.c.);
– autorizzazione dell’esclusione o della limitazione
del diritto di opzione su proposta motivata degli
amministratori (art. 2528, comma 4, c.c.);
– deliberazione sulle domande di ammissione non
accolte (art. 2528, comma 2, c.c.);
– deliberazione sull’esclusione,se lo prevede lo statuto
(art. 2533, comma 2, c.c.);
– deliberazione dell’eventuale ripartizione dei ristorni
a ciascun socio anche mediante aumento
proporzionale delle rispettive quote o con l’emissione
di nuove azioni, ovvero mediante l’emissione
di strumenti finanziari (art. 2545-sexies, comma 3,
c.c.);
– approvazione annuale degli stati di attuazione dei
programmi pluriennali, nel caso di emissione delle
azioni di partecipazione cooperativa (art. 5, comma
3, legge n. 59/1992).
Modalità di decisione
Molto ampi sono gli spazi riservati all’autonomia statutaria
nel disciplinare le modalità attraverso le quali i so-
* Dottore commercialista in Ancona.
1 Cfr. art. 2479, comma 2.
523

524
non
n.8-9/2006 ASPETTI ISTITUZIONALI
ci possono assumere le decisioni riservate o sottoposte
alla loro competenza.
In particolare,lo statuto può prevedere che le decisioni
dei soci siano adottate con il sistema della consultazione
scritta (v.Modelli n.1 a pag.518 e Modello n.2 a pag.
520) o del consenso espresso per iscritto (v. Modello n.
3 a pag. 521) (c.d. metodi referendari), fermo restando
che dai documenti sottoscritti dai soci devono risultare
con chiarezza l’argomento oggetto della decisione
e il consenso alla stessa (art.2479,comma 3,c.c.).
La rinuncia al metodo assembleare,comunque,al fine
di evitare incertezze, richiede che l’atto costitutivo
regolamenti in maniera rigorosa le modalità e le procedure
di assunzione delle decisioni (Tavola n. 2).
In particolare, è opportuno che l’autonomia statutaria
disciplini in maniera compiuta i seguenti aspetti:
• la forma della consultazione o della raccolta delle
manifestazioni di volontà;
• i soggetti che possono sollecitare l’apertura del procedimento
decisionale extra-assembleare;
• i limiti temporali entro i quali il consenso deve essere
manifestato;
• l’eventuale revocabilità del consenso.
Non tutte le decisioni dei soci, tuttavia, possono essere
prese con le modalità semplificate di cui si è appena
detto.
In primo luogo,se l’atto costitutivo non le autorizza,tutte
le decisioni dovranno essere adottate con il procedimento
assembleare (art. 2479, comma 4, c.c.).
In secondo luogo,anche qualora tale possibilità sia prevista,
il metodo assembleare è l’unico possibile:
a) per le seguenti decisioni:
– modificazione dell’atto costitutivo (artt. 2479,
comma 4, e 2480 c.c.);
– approvazione di operazioni che comportano una
Tavola n. 2 – I metodi decisionali
sostanziale modificazione dell’oggetto sociale determinato
nell’atto costitutivo o una rilevante modificazione
dei diritti dei soci (art.2479,comma 4,c.c.);
– determinazione dei provvedimenti da assumersi
in presenza di perdite che incidono sul capitale
per oltre un terzo;
– scioglimento anticipato della società (art.2482-bis
c.c.);
– nomina e revoca dei liquidatori e determinazione
dei criteri di liquidazione (art.2484,comma 1,n.6);
– approvazione della proposta di concordato preventivo
o fallimentare (artt. 152 e 161 l. fall );
– domanda di ammissione ad amministrazione
controllata (art. 187, legge fall.);
– conferimento e revoca dell’incarico di revisione
del bilancio di esercizio e del bilancio consolidato
(artt. 159 e 165 T.U.F.);
b) quando tale metodo sia richiesto da uno o più amministratori,
o da un numero di soci che rappresentano
almeno un terzo del capitale sociale (v.
Modello n. 4 a pag. 522) (art. 2479, comma 4, c.c.).
Rappresentanza in assemblea
L’art. 2539 c.c. disciplina la rappresentanza in assemblea
esclusivamente con riferimento alle cooperative
disciplinate dalle norme sulla società per azioni.
Alle cooperative s.r.l., invece, dovrebbe applicarsi l’art.
2479-bis, secondo il quale, se l’atto costitutivo non dispone
diversamente, il socio può farsi rappresentare in assemblea
e la relativa documentazione è conservata secondo
quanto prescritto dall’art.2478,primo comma,n.2.
Il ricorso a procure di voto, a meno di ritenere inapplicabile
tale norma alle cooperative s.r.l.,sembrerebbe non
incontrare alcun limite di legge: limiti quantitativi o soggettivi
potrebbero tutt’al più essere previsti dallo statuto.

NORMATIVA REGIONALE n.8-9/2006
non
Settembre 2006: la rassegna della
principale legislazione regionale
di Luca Bagnoli* e Matteo Pozzoli**
Emilia Romagna
Norme per la promozione e lo sviluppo
della cooperazione mutualistica
in Emilia-Romagna
Legge Regionale n. 6 del 6 giugno 2006
pubblicata nel B.U.R. 6 giugno 2006, n. 76
La Regione Emilia-Romagna per mezzo della legge
n. 6/2006 ha deciso di promuovere ed incentivare
la funzione sociale della cooperazione a
scopo mutualistico e non lucrativo per favorirne
lo sviluppo nella società regionale.
A questo fine, ha deciso di istituire presso la Presidenza
della Giunta regionale la Consulta della
cooperazione, composta da: il Presidente della
Regione (o da un suo delegato che la presiede);
sei rappresentanti delle associazioni di cooperative
maggiormente rappresentative operanti sul
territorio regionale; e tre membri esperti designati
dalla Giunta regionale.
Tale Consulta esprime pareri alla Giunta regionale
in merito allo sviluppo della cooperazione,alle
politiche economiche e sociali che coinvolgono
o possono coinvolgere la cooperazione e si può
concretizzare in attività quali la proposta di legge
e regolamenti, il coinvolgimento del movimento
cooperativo nei programmi regionali, l’incentivazione
di interventi finalizzati a promuovere lo sviluppo
del sistema regionale della cooperazione.
La Regione svolge, inoltre, funzioni di Osservatorio
sulla cooperazione in Emilia-Romagna,con lo
scopo di raccogliere ed elaborare informazioni
di tipo economico,storico e sociologico sullo stato
e sullo sviluppo della cooperazione regionale.
A tal fine,può definire accordi o convenzioni con
Unioncamere, associazioni cooperative, organizzazioni
sindacali.
La legge dispone ancora che la Regione possa
partecipare, quale socio fondatore e unitamente
alle associazioni cooperative, all’istituzione della
“Fondazione per la cooperazione emiliano-romagnola”,
da costituire con apposito atto pubblico
secondo le procedure fissate dal codice civile.
La Regione sostiene iniziative rivolte allo sviluppo
e alla promozione cooperativa e promuove la
stipula di appositi “Accordi”, coinvolgendo eventualmente
anche Enti locali, Camere di commercio,
Università, Fondazioni bancarie, ed altri enti.
Possono, inoltre, essere attuati interventi per: attivare
garanzie, controgaranzie, cogaranzie, tramite
la costituzione di appositi fondi; concedere finanziamenti
agevolati e prevedere interventi a
sostegno delle attività del Consorzio fidi.
La Regione, infine, cerca di stimolare nuove iniziative
imprenditoriali, concede contributi e finanziamenti
alle cooperative di nuova costituzione
per le opere di sviluppo progettuale e di primo
impianto,in particolare per le cooperative sociali
che operano per l’inserimento lavorativo di
persone svantaggiate e per progetti e programmi
di particolare valore sociale, nonché per le cooperative
costituite per l’uscita da situazioni di crisi
aziendale.
Friuli Venezia Giulia
Istituzione degli Ecomusei del Friuli
Venezia Giulia
Legge regionale n. 10 del 20 giugno 2006
pubblicata nel B.U.R. 21 giugno 2006, n. 25
Con la legge regionale n.10/2006,la Regione Friuli
Venezia Giulia - di concerto con le comunità lo-
* Professore associato di Economia aziendale presso l’Università degli
studi di Firenze
** Componente Commissione “Aziende non profit”Consiglio Nazionale
Dottori Commercialisti
525

526
non
n.8-9/2006 NORMATIVA REGIONALE
cali,le parti sociali e gli enti locali - ha istituito nel
proprio territorio gli Ecomusei.
Questi hanno la finalità di:
• rafforzare il senso di appartenenza e delle identità
locali attraverso il recupero e la riproposizione
in chiave dinamico-evolutiva delle radici storiche
e culturali delle comunità;
• attivare e rendere partecipi direttamente le comunità,
le istituzioni culturali e scolastiche e le
associazioni locali ai processi di valorizzazione,
ricerca, fruizione attiva e promozione del patrimonio
culturale-materiale, immateriale-sociale e
ambientale della regione, compresi i saperi tramandati
e le tradizioni;
• conservare, ripristinare, restaurare e valorizzare
ambienti di vita e di lavoro tradizionali, utili per
tramandare le testimonianze della cultura materiale
e ricostruire le abitudini di vita e di lavoro
delle popolazioni locali;
• valorizzare e diffondere il patrimonio culturale
in quanto elemento del territorio, funzionale alla
costruzione e rivitalizzazione di reti di attività e
servizi volti a promuovere la sostenibilità ambientale
e sociale di un’area omogenea;
• promuovere e sostenere le attività di ricerca
scientifica e didattico-educativa relative alla storia e
alle tradizioni locali del territorio; recuperare e utilizzare
nelle diverse attività le lingue originali d’uso.
Gli Ecomusei possono essere promossi e gestiti da:
• enti locali, in forma singola o associata;
• associazioni e fondazioni culturali e ambientaliste,
senza scopo di lucro, appositamente costituite
o che abbiano come oggetto statutario le finalità
sopra esposte.
Spetta adesso alla Giunta regionale,entro 90 giorni
dall’entrata in vigore della nuova legge, una
volta acquisito il parere favorevole della competente
Commissione consiliare e il parere di un comitato
tecnico-scientifico (istituito dalla medesima
legge e finalizzato alla promozione degli Ecomusei
e alla formazione del personale), approvare
un regolamento per la definizione dei criteri e
dei requisiti minimi per il riconoscimento della
qualifica di Ecomuseo.
Tale regolamento tiene conto di una serie di priorità,
tra cui:
• caratteristiche di omogeneità culturale, geografica
e paesaggistica del territorio;
• partecipazione attiva della comunità locale nel
progetto di animazione culturale;
• presenza di enti locali singoli o associati nonché
di beni di comunità, ovvero di elementi patrimoniali,
materiali e immateriali, naturalistici e
ambientali
• presenza attiva e documentata, da almeno tre
anni, sul territorio e assenza sul medesimo territorio
di altri Ecomusei, fatti salvi quelli di natura
esclusivamente tematica.
La Giunta regionale determina annualmente il
programma di istituzione degli Ecomusei.
Ogni Ecomuseo ha diritto alla denominazione
esclusiva e originale e a un proprio marchio
esclusivo.
In prima applicazione della nuova legge sono
qualificati Ecomusei le iniziative già promosse
dai soggetti abilitati, che operano da almeno un
anno per finalità analoghe a quelle previste.
Lombardia
Cessione a titolo gratuito di 1.500 PC
per enti non profit
Accordo siglato in data 8 giugno tra Banco
Onlus e la Regione Lombardia in data 8 giugno
La Onlus Banco informatico - nata per combattere
l’enorme spreco di risorse informatiche delle
aziende moderne - ha siglato in data 8 giugno un
accordo con la Regione Lombardia con il quale
stabilisce di cedere 1.500 personal computer
(PC) per gli enti non profit della Lombardia.
Tale operazione si colloca nell’ambito del progetto
“Un PC per crescere”.
L’accordo ha durata triennale e prevede che ogni
anno circa 500 computer, in uso per mezzo di
contratti di leasing alla Regione,dovranno essere
sostituiti con altri più adeguati alle esigenze dell’ente
pubblico.
I PC che sono sostituiti saranno inviati gratuitamente
alle associazioni e agli enti non profit che
ne hanno fatto e ne faranno richiesta.
Tali PC funzionanti sono provvisti di Windows
2000 Pro e saranno inviati pronti per essere operativi.
La realizzazione del progetto in parola –
per il quale la Regione ha stanziato 222.000 euro
nei tre anni - ha una doppia valenza: sociale ed

ecologica,in quanto combatte lo spreco e riduce
l’impatto ambientale evitando lo smaltimento di
rifiuti speciali che hanno un costo sia economico
che ambientale.
Il progetto è stato reso possibile da un accordo
tra le società Serco, Microsoft e il Banco Informatico.
Per informazioni sul progetto:
– Banco Informatico Onlus Via Savona, 80 – Milano,
tel.: 02. 4231102
– e-mail:bancoinformatico@bancoinformatico.com
Lombardia
Monitoraggio del sistema dei musei
lombardi e riapertura dei termini
del riconoscimento per gli istituti museali
Deliberazione della Giunta Regionale Lombardia
del 31 maggio 2006, n. 2651 pubblicata nel B.U.R.
del 12 giugno 2006, n. 24
La Regione Lombardia - in coerenza con le precedenti
disposizioni e deliberazioni regionali tramite
cui erano stati fissati i criteri minimi per il riconoscimento
di istituto museale - ha deliberato
di riaprire i termini per il menzionato riconoscimento.
È stato inoltre previsto di attivare il monitoraggio
della situazione organizzativa e gestionale di tutti
i musei e le raccolte museali lombardi.
Il riconoscimento può essere chiesto come museo
o come raccolta museale.
La deliberazione, oltre a presentare un fac-simile
di richiesta di riconoscimento, illustra una serie
di caratteristiche di cui deve essere in possesso
l’istituto che intende far richiesta di riconoscimento
nonché un set di parametri necessari per
effettuare un questionario di autovalutazione.
È fondamentale ricordare che il questionario è
un corredo obbligatorio della domanda.
Il questionario contiene una serie di domande relative
sia all’individuazione dei requisiti minimi
(campo obbligatorio) sia alla presenza di standard
di qualità (campo facoltativo) ed evidenzia
una serie di indicazioni utili anche per gli enti
che, pur avendo già acquisito il riconoscimento,
intendono veder crescere il ruolo e la formazione
dei propri operatori, il legame con il territorio
NORMATIVA REGIONALE n.8-9/2006
non
e gli enti locali di appartenenza nonché attività
fondamentale per il monitoraggio.
I requisiti minimi per il riconoscimento dei musei
e delle raccolte museali previsto dalla Delib.G.R.
del 20 dicembre 2002, n. 7/11643 “Criteri e linee
guida per il riconoscimento dei musei e delle raccolte
museali in Lombardia, nonché linee guida
sui profili professionali degli operatori dei musei
e delle raccolte museali in Lombardia, ai sensi
della L.R.5 gennaio 2000,n.1,commi 130-131”sono
suddivisi nella seguenti aree tematiche:
Ambito I – Status giuridico
Requisito minimo 1: Ogni museo/raccolta museale
deve avere il possesso di collezioni permanenti
e/o la disponibilità di collezioni depositate dallo
Stato o da altri soggetti.
Requisito minimo 2: Ogni museo/raccolta museale
deve avere la proprietà o la disponibilità definita
della sede.
Requisito minimo 3: Ogni museo/raccolta museale
deve essere dotato di un atto istitutivo.
Requisito minimo 4: Ogni museo/raccolta museale
deve essere dotato di uno statuto e/o di un regolamento
scritto che, in aderenza alla definizione
generale di museo, individui, fra l’altro:
• la natura di organismo permanente e senza
scopo di lucro,
• la missione, l’identità e le finalità,
• l’assetto finanziario e l’ordinamento contabile,
• il personale,
• l’inalienabilità delle collezioni.
Ambito II – Assetto finanziario
Le istituzioni museali devono disporre di risorse
economiche adeguate alle loro dimensioni e caratteristiche
in modo da garantire il rispetto degli
standard minimi stabiliti per le strutture, il personale,
la sicurezza, la gestione e la cura delle collezioni,
il servizio al pubblico.
Ambito III – Strutture
Il museo è tenuto a garantire che le sue strutture
siano adeguate alle funzioni cui sono adibite, in
conformità alla politica ed agli obiettivi educativi
e con riferimento alle esigenze delle collezioni,
del personale e del pubblico.
Requisito minimo 5: Il museo/raccolta museale
527

528
non
n.8-9/2006 NORMATIVA REGIONALE
deve avere spazi espositivi attrezzati e adeguati a
presentare una selezione significativa delle collezioni
e spazi sufficienti per il deposito delle collezioni.
Ambito IV – Personale
Le funzioni del museo possono essere attuate solo
in presenza di professionalità qualitativamente
e quantitativamente adeguate nella singola struttura.
Requisito minimo 6: Il corretto funzionamento
dei musei/raccolte museali rende necessaria la
disponibilità di figure professionali prioritarie,
quali un direttore e/o un conservatore, il responsabile
tecnico addetto alla sicurezza,il personale
addetto ai servizi di custodia. Il responsabile dei
servizi educativi è indispensabile per i musei, ma
la sua presenza è raccomandata anche per le raccolte
museali.
Ambito V – Sicurezza
Il museo deve garantire la sicurezza ambientale,
la sicurezza strutturale, la sicurezza nell’uso, la sicurezza
anticrimine e la sicurezza in caso di incendio,
considerando i problemi della sicurezza
in modo mirato e integrato.
Requisito minimo 7: L’edificio del museo/raccolta
museale, tenuto conto delle deroghe previste
per i musei situati negli edifici storici,deve essere
a norma sotto il profilo statico, impiantistico, igienico-sanitario
e del superamento delle barriere
architettoniche. Deve, inoltre, essere dotato di sistemi
di sicurezza anti-incendio e anti-intrusione.
Gli impianti devono essere adeguatamente manutenuti
e adeguatamente collocati rispetto alle
opere.
Ambito VI – Gestione e cura delle collezioni
All’ingresso in un museo gli oggetti devono essere
registrati e documentati a fini patrimoniali e di
sicurezza, predisponendo la compilazione di un
registro inventariale con l’obiettivo qualitativo di
monitorare la consistenza del patrimonio museale
Requisito Minimo 8: Il museo/raccolta museale
deve garantire la presenza di un registro di ingresso
e la compilazione di schede di inventariazione
per il monitoraggio aggiornato della consi-
stenza e della conoscenza delle opere esposte e
in deposito.
Requisito minimo 9: Il museo deve sviluppare la
ricerca scientifica in attuazione del progetto culturale
e curarne la divulgazione.È raccomandato
che tale attività sia sviluppata anche dalle raccolte
museali, ma in questa fase non è considerata
requisito minimo.
Ambito VII – Rapporti del museo con il pubblico
e relativi servizi
Requisito minimo 10: Il numero di ore settimanali
di apertura deve essere definito in base alle dimensioni
e alla rilevanza del museo/raccolta museale.
Requisito minimo 11: I musei devono garantire
l’organizzazione di attività educative e di attività
culturali coerenti con il programma del museo
ed essere dotati dei relativi spazi, eventualmente
in condivisione con altri musei.
Requisito minimo 12: I musei devono essere dotati,
anche in una logica di sistema, di una biblioteca
e/o di un centro di documentazione.
Possono presentare domanda gli istituti che:
• non hanno mai fatto domanda di riconoscimento;
• sono stati riconosciuti provvisoriamente;
• non sono stati riconosciuti né come museo, né
come raccolta museale in base a quanto previsto
dalla menzionata deliberazione del 2004;
• sono stati riconosciuti come raccolta museale
e, avendo raggiunto i requisiti minimi, intendono
essere riconosciuti come museo.
Le domande possono essere presentate a partire
dall’approvazione della deliberazione fino alle
ore 12 del giorno 1° settembre 2006, tramite
l’utilizzo di codice utente e password, al proprio
questionario per la fase di autovalutazione ed indirizzate
a:
- Regione Lombardia - Direzione Generale Culture,
Identità e Autonomie della Lombardia -
Unità Organizzativa Musei e Servizi culturali - via
Pola 12/14 - 20124 Milano.
Le domande possono essere altresì consegnate
direttamente allo sportello unico del Protocollo
Federato della Giunta Regionale - via Taramelli,
20 - 20124 Milano (tel.02 6765.4662 - 4678 - 4660)
o presso gli uffici di Protocollo Regionale pre

Umbria
senti in tutte le Sedi Territoriali dislocate sul territorio.
Fondo integrativo per interventi sociali
e socio-assistenziali a favore dei soggetti
disabili - Art. 45, comma 1, lett. b),
L.R. 23 gennaio 1997, n. 3.
Deliberazione della Giunta Regionale Umbria 27
aprile 2006 pubblicata nel B.U.R. 7 giugno 2006,
n. 27
La Regione Umbria,per proposta del direttore regionale
alla sanità e servizi sociali e preso atto
delle disposizioni in essere,ha dato attuazione al-
NORMATIVA REGIONALE n.8-9/2006
non
la legge regionale 23 gennaio 1997 n. 3 “Riorganizzazione
della rete di protezione sociale e riordino
delle funzioni socio-assistenziali” che ha
previsto l’istituzione di un fondo integrativo per
interventi sociali e socio-assistenziali a favore dei
soggetti disabili.
Con tale proposta, la Regione ha previsto il riparto
del menzionato fondo nel seguente modo:
• 50 per cento in base all’ultimo dato ufficiale disponibile,
riferito alla popolazione residente in
ciascun comune;
• 50 per cento applicando l’ultimo tasso di disabilità
disponibile - calcolato dall’ISTAT.
Tale fondo impegna la somma di euro 206.582,00
a favore dei Comuni dell’Umbria.
529

530
non
SMS
n.8-9/2006 SCHEDE OPERATIVE
I sistemi di amministrazione
e controllo nelle società
di mutuo soccorso
di Adele Sarti*
In questo articolo, si esaminano gli
aspetti commerciali riguardanti i rapporti
fra la società di mutuo soccorso e i soci,
l’organo esecutivo e l’organo di
controllo.
In generale, gli organi sociali delle
società di mutuo soccorso, in base a
quanto previsto dallo statuto, sono:
l’assemblea dei soci, il consiglio di
amministrazione e il collegio sindacale.
Inoltre, fra i vari argomenti presi in
considerazione rientrano i libri sociali e
contabili, il bilancio o rendiconto
consuntivo.
Le società di mutuo soccorso1 attingono i loro mezzi
di finanziamento dai contributi dei soci effettivi,
dai contributi dei soci onorari e da altre eventuali
fonti.
Le spese, invece, attengono agli scopi obbligatori, all’amministrazione
sociale e agli scopi facoltativi2 e, riguardo
a questi ultimi,l’ultimo comma dell’art.2,legge
n. 3818/1886 prevede in modo esplicito che deve giustificarsi
la spese e il modo per farvi fronte nel bilancio.
In ogni caso, eccettuate le spese di amministrazione,il
denaro sociale non può essere erogato per fini diversi
da quelli indicati negli artt. 1 e 2 della legge n.
3818/1886.
Inoltre, le spese per i sussidi, per le sovvenzioni e
per le altre iniziative devono essere determinate sulla
base della disponibilità del fondo sociale e il consiglio
di amministrazione può diminuire la prestazione e au-
mentare i contributi (salvo la ratifica dell’assemblea)
se le esigenze di cassa lo richiedono.
A tal proposito, per motivi di completezza è opportuno
evidenziare che il punto 4, dell’art. 9 della legge n.
3818/1886 prevede la non sottoponibilità a sequestro
e pignoramento dei sussidi dovuti dalla società
ai soci; ciò significa la non sequestrabilità e impignorabilità
dei fondi creati dalle società di mutuo soccorso
per questi scopi.
Rapporto tra società e soci
Per quanto riguarda il recesso del socio non fa nascere
il diritto alla restituzione dei contributi versati,mentre
libera la società dall’obbligo della prestazione. In particolare,
vige l’esclusione di qualsiasi diritto dei soci ad
ottenere il rimborso dei contributi versati in caso di
scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un
socio,come pure nel caso di scioglimento della società.
Un altro aspetto che merita di essere preso in considerazione
riguarda il fatto che le quote versate dai soci
non assumono la natura di corrispettivi né tanto meno
di premi assicurativi.
Ne deriva che i contributi versati dai soci non rappresentano
il corrispettivo di un servizio offerto,ma hanno
come scopo quello di garantire a ciascuno di loro un
sussidio,che non viene però quantificato in base ai versamenti
effettuati.
* Cultrice di diritto commerciale presso la facoltà di Economia dell’Università
di Bologna.
1 Cfr. anche A. Sarti, Caratteristiche principali delle società di mutuo
soccorso, in questa Rivista n. 7/2006, pag. 467.
2 Ai sensi del comma 1 dell’art. 2, legge n. 3818/1886,“Le società di
mutuo soccorso potranno cooperare all’educazione dei soci e
delle loro famiglie; dare aiuto ai soci per l’acquisto degli attrezzi
del loro mestiere ed esercitare altri uffici propri delle istituzioni di
previdenza economica”.

Pertanto, la controprestazione da parte della società
di mutuo soccorso rimane indeterminata; infatti non
è prestabilito l’ammontare dell’indennizzo che il socio
può ricevere.
Di conseguenza, il rapporto fra società e socio si
configura come un rapporto di natura associativa e
non contrattuale dato che non risulta il trasferimento
del rischio; infatti, le società di mutuo soccorso non
possono svolgere attività assicurativa in senso tecnico
perché la legge (a differenza delle cooperative di assicurazione
e delle mutue assicuratrici) non impone loro
l’obbligo di un rigoroso ordinamento tecnico con riferimento
alla proporzione fra gli impegni assicurativi e
i mezzi per la loro copertura.
Obbligo contributivo
I soci di una società di mutuo soccorso non sono titolari
di una quota di capitale sociale, che formalmente
non esiste.
Tuttavia, per lo svolgimento dell’attività sociale i soci
devono contribuire versando quote sociali, contributi,
tasse d’ammissione,così come viene fissato dallo
statuto,dal regolamento o in mancanza dal consiglio.
La richiesta di una tassa di ammissione si potrebbe giustificare
in presenza di contribuzioni a fondo perduto
da parte dei vecchi soci,ulteriori alla quota sociale,per
mettere in grado la società di mutuo soccorso di fornire
i propri servizi.
In linea generale,la quota sociale è uguale per tutti,
anche se nulla vieta che un socio versi a titolo di liberalità
somme ulteriori.
Partecipazione dei soci e assemblea
Per costituire una società di mutuo soccorso,la legge
n. 3818/1886 non fissa un numero minimo di soci.
Comunque, anche se nulla dice espressamente, è da
escludere la legittimità di una clausola statutaria che
configuri la società di mutuo soccorso come ente a
numero chiuso.
L’art.3,legge n.3818/1886 richiede però che nello statuto
siano indicate le modalità e le condizioni di ammissione
a socio, che può essere deliberata dall’assemblea
dei soci o dagli amministratori.
In generale, l’adesione ad una società di mutuo soccorso
è condizionata innanzitutto dal possesso della
maggiore età e più in generale dalla capacità di agire.
Sul piano dei requisiti soggettivi è da escludere che
possono aderire in qualità di soci ordinari le persone
SCHEDE OPERATIVE n.8-9/2006
non
giuridiche, infatti dato che la partecipazione alla società
di mutuo soccorso è preordinata al conseguimento
delle finalità assistenziali e previdenziali, la legge
non può che riferirsi alle persone fisiche.
Tuttavia ciò non toglie che le persone giuridiche possano
far parte della compagine sociale come soci onorari,ai
quali non spetta però l’esercizio del diritto di voto
in assemblea,né il diritto alle prestazioni mutualistiche.
Per quanto riguarda l’assemblea,non viene fissata una
disciplina organica,ma si demanda al contratto sociale
la redazione di apposite norme.
L’art. 3 della legge n. 3818/1886 dispone infatti che lo
statuto deve indicare le modalità di convocazione, le
maggioranze richieste per la validità delle deliberazioni
assembleari e il modo per far rispettare le deliberazioni
prese.
Comunque, in generale, nelle società di mutuo soccorso
ogni socio ha diritto nell’assemblea ad un solo voto
a prescindere dal valore della sua partecipazione.
Amministratori
Gli amministratori costituiscono l’organo esecutivo
della società di mutuo soccorso, contraggono per conto
della società e ne hanno la rappresentanza.
La legge non fissa la durata delle cariche né il numero
degli amministratori, né le cause di rieleggibilità e di
decadenza, infatti queste determinazioni sono rimesse
allo statuto.
Gli amministratori devono però essere scelti fra i soci
effettivi, come dispone l’art. 5, legge n. 3818/1886; senza
obbligo di dare cauzione, salvo che sia richiesta da
speciale disposizione degli statuti.
Il consiglio di amministrazione nomina tra i suoi componenti
il presidente,il vice presidente ed un segretario
(che può essere scelto anche fra gli altri soci).
Il presidente del consiglio di amministrazione ha
la rappresentanza legale della società di mutuo soccorso
di fronte ai terzi e in giudizio.
Il consiglio di amministrazione ha il compito di definire
gli indirizzi operativi della società di mutuo soccorso
e di provvedere alla sua gestione in conformità
alle previsioni legislative,statutarie assumendo le relative
deliberazioni 3.
Gli amministratori sono personalmente e solidalmente
invece responsabili:
3 Le deliberazioni del consiglio di amministrazione devono risultare
da verbale trascritto nell’apposito libro e sottoscritto dal presidente
(art. 3, legge n. 3818/1886).
531

532
non
n.8-9/2006 SCHEDE OPERATIVE
• dell’adempimento dei doveri inerenti al loro mandato;
• della verità dei fatti esposti nei resoconti sociali;
• della piena osservanza degli statuti sociali.
La responsabilità per gli atti di omissione degli amministratori,non
ricade però sopra quello che ha fatto notare
senza ritardo il proprio dissenso nel registro delle
deliberazioni,dandone notizia immediata per iscritto ai
sindaci.
Non è responsabile nemmeno l’amministratore che
non ha preso parte per assenza giustificata alla deliberazione
da cui la responsabilità scaturisce.
In aggiunta alla responsabilità civile, la legge del
1886 (art. 5, comma 4) prevede una responsabilità
penale per gli amministratori che hanno volutamente
esposto notizie false sulle condizioni della società o
nascosto in tutto o in parte fatti riguardanti le stesse
condizioni nei rendiconti, nelle situazioni patrimoniali,
nelle relazioni rivolte all’assemblea generale o al tribunale.
Infine, le caratteristiche che vengono delineate per gli
amministratori dalla legge n. 3818/1886 sono le seguenti:
a) sono soci della società di mutuo soccorso;
b) sono mandatari revocabili senza obbligo di cauzione;
c) sono responsabili dell’adempimento dei doveri inerenti
il loro mandato, della verità dei fatti esposti nei
resoconti sociali,della piena osservanza degli statuti.
Sindaci
I sindaci sono l’organo di controllo degli atti di amministrazione,
la legge n. 3818/1886 nulla dispone circa
il numero dei sindaci, i requisiti di eleggibilità e la durata
della carica,limitandosi all’art.3,legge n.3818/1886
a prescrivere che lo statuto deve indicare le attribuzioni
del comitato dei sindaci.
I suoi componenti sono nominati dall’assemblea e
scelti anche tra i non soci, contrariamente a quanto
avviene per i membri del consiglio di amministrazione.
Per quanto riguarda la qualificazione professionale
richiesta ai sindaci, la legge n. 3818/1886 non dice nulla
al riguardo, inoltre non appare chiaro se quanto previsto
per le società di capitali e per le cooperative trovi
applicazione anche nei confronti delle società di mutuo
soccorso che sono obbligate dalla legge n.
3818/1886 alla nomina del collegio sindacale, ma non
viene specificato in alcuna disposizione normativa che
devono essere anche revisori contabili.
In generale,tra i compiti che lo statuto affida al collegio
dei sindaci rientra:
• la vigilanza sull’andamento della società e in
particolare sull’osservanza delle leggi e dell’atto costitutivo;
• l’accertamento della regolare tenuta della contabilità
e della corrispondenza del rendiconto annuale
alle risultanze dei libri e delle scritture contabili
(nel caso in cui la società di mutuo soccorso sia
obbligata alla loro tenuta).
Infine, parallelamente a quanto disposto dalla legge n.
3818/1886, per gli amministratori, è prevista dall’art. 5,
comma 6, legge n. 3818/1886, la responsabilità penale
anche per i sindaci che hanno volutamente esposto
notizie false sulle condizioni della società o nascosto in
tutto o in parte fatti riguardanti le stesse condizioni nei
rendiconti, nelle situazioni patrimoniali, nelle relazioni
rivolte all’assemblea generale o al tribunale.
Controlli
Il sistema di controllo sulle società di mutuo soccorso
è assai articolato; infatti, oltre ai controlli interni affidati
al collegio sindacale, l’art. 6 della legge del 1886
prevede la possibilità che un ventesimo dei soci possa
denunciare gravi irregolarità nello svolgimento degli
obblighi degli amministratori e sindaci.
Più precisamente, quando vi sia sospetto di grave irregolarità
nell’adempimento degli obblighi degli amministratori
o dei sindaci delle società di mutuo soccorso,
registrate in conformità alla legge,i soci in numero non
minore del ventesimo di quelli iscritti nella società possono
denunziare i fatti al tribunale civile,il quale se trova
fondata l’accusa provvederà ex art. 153 codice di
commercio (corrispondente ora all’art. 2409 c.c.).
Libri sociali e contabili
L’art.3 della legge n.3818/1886 prevede che nello statuto
delle società di mutuo soccorso deve essere indicato
espressamente l’obbligo di redigere processo verbale
delle assemblee generali,delle adunanze,degli
uffici esecutivi e di quelle del comitato dei sindaci.
In altre parole, in base a questa disposizione sono obbligati
alla tenuta dei libri delle adunanze 4 dell’assemblea,
del consiglio di amministrazione e del collegio
dei sindaci.
4 Nei libri relativi alle adunanze degli organi sociali devono essere
trascritti tutti i verbali concernenti le assemblee o le riunioni degli
organi collegiali della società di mutuo soccorso.

Inoltre,come si desume dall’art.6 della legge n.3818/1886
che tratta dei “soci …iscritti nella società”,oltre all’obbligo
di istituire i libri dei verbali degli organi sociali,la
società di mutuo soccorso deve tenere il libro soci contenente
la descrizione e l’elenco degli aderenti alla società
di mutuo soccorso.
I libri sociali pertanto sono: il libro soci, il libro delle
adunanze e deliberazioni dell’assemblea, il libro delle
adunanze e deliberazioni del consiglio di amministrazione,
il libro delle adunanze e deliberazioni del collegio
sindacale.
Infine,nel caso in cui la società di mutuo soccorso svolga
come attività accessoria a quella istituzionale un’attività
commerciale, si determina, in adesione alla legislazione
fiscale, l’obbligatorietà della tenuta oltre che
del libro giornale e del libro degli inventari anche degli
altri libri e registri dettagliatamente elencati nelle norme
sulle imposte dirette e indirette.
Bilancio o rendiconto consuntivo
L’art. 2 della legge n. 3818/1886 parla indifferentemente
dell’obbligo di redigere annualmente il bilancio e della
predisposizione del resoconto di ciascun anno.
In particolare, ai sensi dell’art. 10 della legge n.
3818/1886, le società registrate devono trasmettere al
Ministero delle politiche agricole, per mezzo del sindaco
del comune in cui risiedono una copia dei propri
statuti e del resoconto di ciascun anno.
Per quanto riguarda la redazione del bilancio,occorre
valutare caso per caso, comunque in linea generale
se l’attività della società di mutuo soccorso è articolata,
la sua redazione dovrebbe essere molto simile a
quella predisposta secondo le regole fissate dal codice
civile in materia di bilanci di società commerciali.
L’art.8,della legge n.3818/1886 dispone,invece,una precisa
contabilizzazione dei lasciti e delle donazioni
conseguiti per un fine determinato ed avente carattere
di perpetuità.
Più precisamente, devono essere tenuti distinti dal patrimonio
sociale, prevedendo anche particolari modalità
per le erogazioni delle rendite corrispondenti.
Infatti, le società di mutuo soccorso regolarmente costituite
hanno la capacità di ricevere donazioni ed eredità,
ma l’art. 8 della stessa legge circonda di limiti e
cautele la disciplina dei lasciti e donazioni pretendendo
un patrimonio separato da quello sociale.
In altri termini, i lasciti o le donazioni che una società
ha conseguito per un fine determinato e con carattere
SCHEDE OPERATIVE n.8-9/2006
di perpetuità, vanno tenuti distinti dal patrimonio sociale
e le rendite derivanti devono essere erogate in
conformità della destinazione fissata dal testatore o dal
donatore.
Conclusioni
non
Le società di mutuo soccorso (anche se la legge istitutiva
risale al 1886, ma con l’apporto delle opportune
modifiche) allo stato attuale possono costituire una
fonte di grande ausilio, con ampie prospettive di essere
utilizzate nel settore dell’assistenza privata e
della previdenza complementare.
Ciò trova implicitamente un riscontro anche nell’art.38,
ultimo comma della Costituzione,che pone il principio
di libertà dell’assistenza sociale.
Infine,ulteriore conferma proviene dalla proposta di regolamento
CE del Consiglio del 5 marzo 1992, recante
lo statuto della Mutua europea; infatti dal suo esame si
evince che la Comunità europea reputa questo istituto
idoneo a risolvere almeno in parte i problemi dell’assistenza
e della previdenza, anche a fronte di una possibile
e parziale diminuzione delle prestazioni erogate
dalla pubblica amministrazione in questi settori.
533

534
non
Onlus
n.8-9/2006 MATERIALE DI STUDIO
Esente Iva la preordinazione
di un mezzo di soccorso anche
senza trasporto di feriti
di Luigi Corbella*
Nell’articolo si commenta la Risoluzione
16 giugno 2006, n. 83/E, con la quale
l’Agenzia delle entrate si è pronunziata in
merito a un tema sul quale non vi erano
stati precedenti interpretazioni. Si tratta
dell’ipotesi dell’applicabilità
dell’esenzione dall’Iva, prevista dalla
legge per le prestazioni di trasporto di
malati e feriti, anche al caso in cui l’ente
che opera tali servizi si limiti a mettere a
disposizione il mezzo di soccorso in
occasione, per esempio, di una
manifestazione sportiva senza poi
effettuare alcun trasporto.
La risposta è positiva: la messa a
disposizione di un mezzo di soccorso e
dei soccorritori non può essere altro che
preordinata a trasportare coloro che
potrebbero ferirsi durante la
manifestazione sportiva.
Sollecitata da un’istanza di interpello della Croce
Rossa Italiana, con la Risoluzione 16 giugno
2006, n. 83/E, l’Agenzia delle entrate si è pronunziata
su un tema sul quale non vi erano stati precedenti interpretazioni
ufficiali.
Si tratta dell’ipotesi dell’applicabilità dell’esenzione
dall’Iva, prevista dalla legge per le prestazioni di trasporto
di malati e feriti, anche al caso in cui l’ente che
opera tali servizi si limiti soltanto a mettere a disposizione
il mezzo di soccorso in occasione, per esem-
pio, di una manifestazione sportiva senza poi, di fatto,
effettuare alcun trasporto.
La risposta dell’Agenzia è positiva: la messa a disposizione
di un mezzo di soccorso e dei soccorritori non
può essere altro che preordinata a trasportare coloro che
potrebbero ferirsi durante la manifestazione sportiva; e il
medesimo caso – aggiungiamo noi – si verifica senza
dubbio per qualsiasi altra manifestazione (un concerto,
un comizio, una festa di piazza, ecc.) dove a causa dell’assembramento
di persone o delle circostanze è possibile
che qualcuno possa star male o ferirsi.
Si tratta di una importante norma di ordine pubblico e
di una forma di civiltà:dove è possibile che qualcuno
ne abbia bisogno è cosa buona preordinare un servizio
di ambulanze.
Evidentemente l’Ente che propone il quesito voleva essere
certo che anche a tale prestazione solo preordinata
(soprattutto nei casi in cui ad essa non fa seguito il
trasporto perché nessuno ne ha avuto bisogno) potesse
applicarsi la previsione di esenzione sancita dall’articolo
10,punto 15),del D.P.R.n.633 del 1972 per le prestazioni
di trasporto di malati o feriti.
E l’Agenzia, seguendo lo stesso percorso logico che abbiamo
suggerito noi, perviene anche questa volta ad
una risposta favorevole ai contribuenti a beneficio
della certezza dei rapporti giuridici in ambito tributario.
Vediamo allora in dettaglio cosa dice sull’argomento la
Risoluzione n. 83/E dello scorso 16 giugno.
Il quesito
L’articolo 10, punto 15), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n.
633 – in conformità con quanto disposto dall’articolo
* Dottore commercialista in Monza.

13, lettera p) della Direttiva Comunitaria 17 maggio
1977, n. 77/388, prevede l’esenzione dall’Iva per le
“prestazioni di trasporto di malati e feriti con veicoli all’uopo
equipaggiati, effettuati da imprese autorizzate o
da Onlus”.
Osserviamo incidentalmente che l’attuale, appena richiamata,
formulazione della norma – in vigore sin dal
marzo del 1995 1 – attribuisce l’esenzione alle prestazioni
di trasporto di malati o feriti effettuate con qualsiasi
mezzo e si adatta dunque anche alle più moderne
forme di soccorso sanitario d’emergenza (pensiamo
alle prestazioni di soccorso effettuate con elicotteri attrezzati
– le c.d.“eliambulanze”– per esempio).
In termini sostanziali – anche per effetto dei progressi
della tecnica sanitaria – potremmo anzi dire che la prestazione
di trasporto dei feriti è talmente intrinsecamente
connessa all’attività di soccorso di emergenza
da rendere indifferente – sotto il profilo fiscale
ovviamente – il mezzo con cui viene effettuata.
La disposizione richiamata abbraccia dunque oggi due
attività che presentano profili sostanziali differenti:
• il trasporto ordinario dei malati, che – per esempio
– vengono trasferiti da una struttura di cura ad
un’altra;
• il trasporto dei malati in condizioni di urgenza
sanitaria e dei feriti che configura invece propriamente
una prestazione di soccorso sanitario.
Si tratta ora di capire – come chiede l’Associazione che
formula il quesito – se a fronte dell’incarico mediante
convenzione a gestire, con la propria organizzazione,
un servizio di pronto soccorso d’emergenza (nelle autostrade,nei
porti o negli aeroporti,per esempio) il corrispettivo
pattuito possa godere dell’esenzione anche
se – in concreto – si configura prioritariamente la
preordinazione di un servizio di emergenza e di pronto
soccorso e non necessariamente una prestazione di
trasporto di malati o feriti.
In poche parole,come abbiamo anticipato in premessa,
l’Associazione che formula il quesito chiede se l’esenzione
dall’Iva prevista dalla norma poc’anzi richiamata
possa applicarsi anche nel caso in cui siano stati
solo messi a disposizione il mezzo e le persone
di soccorso,ma il trasporto del ferito non sia stato
effettuato in quanto non ne è sorta la necessità.
Evidentemente, il quesito è teso a risolvere ogni questione
interpretativa sull’argomento in modo che per
tutte le analoghe prestazioni di messa a disposizione a
fini di sicurezza di un autoveicolo per il soccorso e del
MATERIALE DI STUDIO n.8-9/2006
non
personale ad esso addetto si possa senza remore applicare
l’esenzione dall’Iva e non si debba invece, come
sarebbe paradossale, attendere a posteriori di conoscere
se siano stati o meno effettuati dei trasporti.
Il parere dell’Agenzia delle Entrate
Ribadito che la previsione agevolativa in questione
esenta dall’Iva i servizi di trasporto di malati o feriti effettuati
con autoambulanze, o altri mezzi analogamente
attrezzati,da Onlus o da soggetti autorizzati,l’Agenzia
ricorda preliminarmente che sull’argomento sono già
stati forniti in passato chiarimenti con la Risoluzione
n. 114 del 14 luglio 2000.
Tale risoluzione aveva precisato, come dice la norma,
che il soggetto che effettua il trasporto deve essere a ciò
autorizzato e che l’autorizzazione “… deve, in via generale,
essere oggetto di esplicito provvedimento da parte
dell’ente pubblico competente ad appurare l’effettiva
idoneità allo svolgimento del servizio di trasporto di persone
malate o ferite”.
Peraltro, proseguiva la Risoluzione citata,“…. qualora il
soggetto che affida il servizio è un ente locale, un’azienda
sanitaria locale ovvero un’azienda ospedaliera, la
predetta autorizzazione deve intendersi implicitamente
rilasciata all’atto della sottoscrizione del relativo contratto,
dato che l’affidamento presuppone logicamente il
riconoscimento dell’idoneità del soggetto prescelto allo
svolgimento del servizio di trasporto di malati e feriti”.
Chiarito così l’ambito soggettivo dell’agevolazione, la
Risoluzione n. 114 aveva già individuato le tipologie
di intervento che possono beneficiare del trattamento
di esenzione.
Sotto il profilo oggettivo, afferma anche in questa occasione
l’Agenzia, godono dunque senza dubbio dell’agevolazione
anche i servizi di elisoccorso, il soccorso
medico extra ospedaliero a seguito di incidenti
del traffico, di infortuni sul lavoro, sportivi e del tempo
libero o comunque a seguito di qualunque evento o patologia
che comporti rischio per la sopravvivenza del
singolo e della collettività; ipotesi,quelle appena citate,
che si aggiungono al trasporto c.d. primario,cioè il
trasferimento del paziente dal luogo dell’evento al presidio
ospedaliero più idoneo, il trasporto c.d. secon-
1 Il numero 15, dell’art. 10 della legge Iva è stato così sostituito dal
comma 2, dell’art. 4 del D.L. n. 415/1995 conv. con Legge n.
507/1995 ed è stato successivamente modificato dalla lettera b)
dell’art.14 del D.Lgs.n.460/1997 per accogliere nella previsione di
esenzione anche le prestazioni effettuate dalle Onlus.
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non
n.8-9/2006 MATERIALE DI STUDIO
dario, cioè il trasferimento di pazienti critici da un
ospedale all’altro e il trasporto di neonati a rischio.
Sono invece certamente escluse dall’ambito applicativo
dell’esenzione gli interventi concernenti il trasporto
di:
• sangue
• plasma e loro derivati
• antidoti e farmaci vari
• organi.
Ad esito del breve riepilogo che precede,l’Agenzia passa
ad affrontare lo specifico quesito oggetto dell’interpello
e, come abbiamo anticipato in premessa, perviene
alla conclusione più logica per la nostra stessa via.
La messa a disposizione del mezzo di soccorso e del relativo
personale, dice testualmente l’Agenzia, potrà beneficiare
dell’esenzione dall’Iva di cui all’articolo 10,
punto 15) del D.P.R. n. 633 del 1972 solo nel caso in cui
la stessa è finalizzata esclusivamente al trasporto
di malati o feriti da parte di imprese autorizzate e lo
stazionamento è essenziale e logisticamente preordinato
al trasporto di malati e feriti. E considerato che ci
viene difficile immaginare un caso in cui, dove ovviamente
ce ne possa essere in astratto bisogno,la presenza
di un mezzo di soccorso non sia finalizzata, essenziale
e logisticamente preordinata al trasporto di malati
e feriti la risposta dell’Agenzia non poteva essere più favorevole.
I corrispettivi per la preordinazione di un servizio di
soccorso da parte di enti a ciò autorizzati o da Onlus
godono dunque dell’esenzione da Iva alla stessa stregua
delle prestazioni di trasporto di malati e feriti
espressamente citate dalle norma.
Conclusioni
Anche se probabilmente l’Agenzia delle Entrate non
poteva prendere una posizione diversa, quella assunta
nella Risoluzione ha un respiro che va oltre l’ambito rigorosamente
fiscale.
L’effetto sostanziale che ad esito di tale interpretazione
si produce, infatti, supera il rigoroso dettato letterale
della norma per beneficiare dell’esenzione anche i
servizi di soccorso, doverosamente preordinati in
tutte le occasioni in cui ce ne può essere bisogno.
L’esenzione premia dunque in termini di minor costo
(quello dell’Iva…) un prezioso ed irrinunciabile servizio
per la sicurezza delle persone anche prima che esse,auguriamoci
che succeda il più raramente possibile..,
si trasformino in malati o feriti da soccorrere.
Con lo stesso spirito si muovono da tempo anche le
direttive comunitarie in materia di applicazione dell’imposta
sul valore aggiunto: il “premio”dell’esenzione
va attribuito prioritariamente alle prestazioni più meritevoli.
Resta peraltro, nel nostro ordinamento, lo scoglio del
pro rata che assimila di fatto i soggetti che effettuano
solo prestazioni esenti ai consumatori finali, rendendo
indetraibile tutta l’Iva pagata ai fornitori sugli acquisti.
In termini economici, l’agevolazione dell’esenzione
“premia” cioè più l’utente, il beneficiario, delle prestazioni
(queste come tante altre elencate agli altri numeri
dell’articolo 10 della legge Iva) che non il soggetto
che tali prestazioni e attività eroga.
Nel caso oggetto del quesito, beneficeranno dunque
effettivamente dell’esenzione gli enti (che in qualche
modo a loro volta rappresentano la collettività e
dunque anche i singoli cittadini) che stipuleranno
convenzioni per l’organizzazione dei servizi di soccorso
perché risparmieranno l’Iva; e non certo i soggetti
che tali attività renderanno in regime di esenzione.
Insomma, sullo scoglio del pro rata si infrangeranno
dunque anche questa volta i sogni di gloria (fiscale,
s’intende…) degli enti che pur operando in regime Iva
(ed essendo dunque tenuti a tutti gli adempimenti formali
e sostanziali previsti) e pur svolgendo attività meritevoli
(proprio quelle che attribuiscono il diritto all’esenzione
ai destinatari) pagano lo scotto – ahimè – di
perdere a loro volta il diritto a detrarre l’Iva pagata ai
fornitori sugli acquisti.
È possibile consultare
il testo del documento
su:
www.ipsoa.it/entinonprofit

STUDIO DI UN CASO n.8-9/2006
Test di “impresa sociale”
per una fondazione musicale
di Luigi Perlini*
Il caso in esame riguarda una Fondazione Musicale
(FM), ossia in generale un “ente morale”privato ove
prevale la destinazione del fondo patrimoniale sull’impegno
e la volontà personalistica della compagine
sociale con il suo potere di indirizzo gestionale (come,
invece,nelle Associazioni),e per la cui particolare operatività
di settore (quello lirico/musicale) il legislatore
ha prescelto tale specifico assetto giuridico soggettivo.
Così, all’indomani del D.Lgs 29 giugno 1996, n. 367
ogni ente musicale di prioritario interesse nazionale
(in particolare, gli Enti autonomi lirici e le Istituzioni
concertistiche assimilate,nonché altri Enti operanti nel
settore della musica, recitazione e danza) è stato trasformato
in fondazione; ciò, con il precipuo intento
di far avvicinare mecenati, benefattori e cittadini responsabili
alle grandi istituzioni musicali,spesso ingabbiate
in strutture e procedure pubbliche poco funzionali…
Natura giuridica
Oggi, nonostante siano propriamente regolate agli
artt.14-35 del Cod.Civ., le FM costituiscono un “ibrido”,in
quanto non trovano il proprio fondamento né in
un atto di totale autonomia privata (che impegnerebbe
comunque i consociati all’obbligo morale del perse-
non
Quella fondativa è la veste soggettiva che il legislatore italiano ha prescelto per
gli enti pubblici speciali che, fino al D.Lgs n. 367/1996, presidiavano il settore
della produzione di servizi culturali musicali: tale foggia civilistica voleva essere
un modo per conferire maggior managerialità alla gestione economica ed attrarre
fondi (liberali) privati di tipo promo-responsabilizzativo, invece dei precedenti
finanziamenti pubblici a carattere assistenzialistico. Le risposte registrate nei fatti
hanno deluso le attese, almeno in questa prima fase, ma l’ordinamento giuridico
vigente, specialmente quello fiscale, offre vari strumenti di risparmio finanziario
per riuscire nell’intento; al riguardo, per tali soggetti diviene essenziale riuscire a
qualificarsi quale Enc-Onlus o, magari, quale “Inlus” come di recente introdotto
dal D.Lgs. n. 155/2006: l’esito del secondo test poggia in gran parte – bilancio
sociale a parte… – sulle risultanze (positive) del primo.
guimento del fine sociale), né in un vero e proprio negozio
di fondazione (talché non vi è dotazione patrimoniale
disposta ad asservire il fine fondativo).
Inoltre, le stesse prescrizioni civilistiche “generali” sono
a vincolare l’autonomia gestionale, mantenendo l’esercizio
del controllo amministrativo ad opera dell’autorità
governativa (ex art. 25 c.c.), mentre la suddetta “lex
specialis”, da un lato, sottrae all’autonomia privata il
contenuto statutario,come pure all’iter ordinario la procedura
di riconoscimento della personalità giuridica
(che si attribuisce, oggi, col semplice silenzio-assenso),
e,dall’altro,pone in capo al particolare soggetto più gravosi
obblighi strumentali, ad es. in tema di contabilità
economico-patrimoniale (prescrivendo ad es. la rendicontazione
specifica dei singoli eventi finanziati con
fondi pubblici) e di relativo controllo legale esterno
(della Corte dei Conti).
Più nel dettaglio, l’assetto operativo prescelto differisce
molto dai due modelli puri distinti, delle fondazioni
“di Comunità”– c.d.grant making – 1 ovvero delle
fondazioni “di Assistenza”– c.d.operating – 2,tipici
* Docente di fiscalità, economia pubblica e politica economica.
1 Specializzate nella raccolta/assegnazione di finanziamenti destinati
alla comunità degli operatori di settore.
2 Deputate a realizzare specificamente attività operativa (culturale).
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non
n.8-9/2006 STUDIO DI UN CASO
della tradizione anglosassone, presentando viceversa
un unico profilo misto – e, indi, maggiormente complesso
–,in cui il core-(social) business è,in uno,di raccogliere
fondi e di erogare prestazioni culturali.
Aspetti economico-gestionali
Dal punto di vista economico, come ente morale la
Fondazione è priva di scopo di lucro essendo suo oggetto
istituzionale la diffusione dell’arte musicale,
attività che il legislatore novellante vorrebbe organizzata
e svolta secondo criteri d’imprenditorialità e efficienza
–; inoltre, essa ha la possibilità di effettuare,
conformemente agli scopi statutari, attività commerciali
accessorie.
Proprio su questo punto, sul versante gestionale, si
ravvisano le principali difficoltà (specie di ordine finanziario)
conseguenti alla riforma giuridica del comparto:
con il passaggio dalla veste pubblica a quella
privata ha, difatti, coinciso l’aggravarsi delle condizioni
di liquidità e, nel tempo, anche la solidità patrimoniale
di tali enti, fino a metterne a rischio la
stessa sopravvivenza: ciò perché,una volta venuto meno
il meccanismo di rifinanziamento pubblico
continuo, gli amministratori delle FM non hanno saputo
riqualificarsi in “managers culturali”,in relazione alla
duplice sfida di valorizzare a valle il servizio collettivo
reso remunerando i costi sostenuti per produrlo, non
sufficientemente coperti dai pochi sussidi pubblici ad
hoc oggi ricevuti, a prezzi di mercato, ossia con la vendita
dei biglietti o con transazioni alternative 3,e,a monte,
di percorrere le opportunità di fund-raising privato,
dischiuse dal pacchetto di norme (fiscali) succedutesi
dal ’97 ad oggi – i.e. le detassazioni Onlus ed altre agevolazioni
(sic la recente “+dai/–versi”o la detrazione Irpef
del 5‰) –.
Aspetti fiscali
Circa gli aspetti fiscali – che a noi più interessano –, tale
soggetto viene a qualificarsi in via di principio nella
più ampia categoria degli Enti non commerciali perdendo
così lo schermo totale previsto dall’art. 74 Tuir
(per gli Enti pubblici) e assumendo invece la posizione
di soggetto passivo IRES,che entro certi limiti soggiace
alla potestà tributaria ablativa (quando cioè non
può ricorrere alle esclusioni/esenzioni ex art.143 Tuir 4)
oltre ad essere analogamente assoggettato, sulle singole
operazioni commerciali effettuate, ad Iva – o in
alternativa ad Imposta sui Pubblici Trattenimenti
– allorché non valgano specifici casi esonerativi (ex
artt. 3 3 e 4 4,D.P.R. n. 633/1972 - restando invece inaccessibili
le esclusioni ex commi 5 e 6 dell’art.4,riservate alle
sole Associazioni culturali).
Obiettivo di questo studio sarà dunque stabilire a quali
condizioni tali soggetti ottimizzino la variabile fiscale
agevolativa, generica (EnC) e/o speciale (Onlus), verificando
in particolare anche se e come realtà organizzative/gestionali
che, ancora, stentano ad entrare in
una cultura e soprattutto in una prassi economico
aziendalistica di settore possano beneficiare di fatto
della nuova qualifica civilistica di “Inlus” oggi profferta
dal D.Lgs n. 155/2006.
Agevolazioni fiscali
Giusto per memoria, rammentiamo di seguito le agevolazioni
fruibili, corrispondentemente ai 3 livelli qualificativi
(ciascuno da verificarsi!):
a) come EnC in genere, la decommercializzazione
dei servizi istituzionali (se resi senza specifica organizzazione
e verso corrispettivi non eccedenti i
costi di diretta imputazione),oltre alla detassazione
delle raccolte occasionali di fondi privati nonché
dei contributi pubblici ottenuti per lo svolgimento
delle attività istituzionali proprie;
b) come Onlus, la nota serie di vantaggi tributari, sia
diretti (come l’esclusione/esenzione da Ires, Iva, altre
imposte indirette e persino da tributi locali), sia
indiretti (cioè fruibili da terzi soggetti con essa relazionatisi,es.la
deducibilità/detraibilità di erogazioni
liberali in denaro, prestiti di lavoratori dipendenti,
cessioni gratuite di particolari beni etc.);
c) come Inlus, nessuna previsione (finanziaria) di favore
in particolare – almeno, non fino ad oggi…– a
fronte degli stringenti requisiti e dei tanti obblighi
strumentali prescritti,eccetto la possibilità di fregiarsi
appunto di tale “veste”e indi, venendo ad assumere
una valenza di utilità sociale conclamata ex lege,
di attrarre maggiori elargizioni private.
3 E.g. da prestazioni di mercato accessorie (cessioni di opuscoli, libretti
e gadgets “a tema” in occasione di spettacoli; promo-sponsorizzazioni
concomitanti; divulgazione commerciale di studi e
pubblicazioni etc.) consentite dalla legge.
4 Non sono accessibili le speciali disposizioni, limitate ad Enc Associativi,
ex art. 148 Tuir (decommercializzazione dell’introito di
quote associative) oltre a quelle, per talune Associazioni – Culturali
–,ex co.3 dell’art.148 cit.(idem,per i corrispettivi di prestazioni
interne agli associati strettamente complementari all’attività
istituzionale).

Verifica di ente non commerciale
Anzitutto, si procede a verificare ai fini fiscali il carattere
di non commercialità, che per una Fondazione ripone
nella qualifica soggettiva in generale, sia ai fini
Ires,ex lett.c,comma 1,art.73,Tuir,sia ai fini Iva,ex art.
4, comma 4, D.P.R. n. 633/1972 (“enti privati… che non
hanno per oggetto…principale 5 l’esercizio di attività
commerciali”), e non anche nelle singole prestazioni
effettuate (es. quote associative e transazioni interne)
rilevanti,viceversa,nel caso di più particolari esenzioni
per le Associazioni: ebbene, al di là di quanto dichiarato
in statuto (il cui oggetto sappiamo essere vincolato
dalla lex specialis, e che reca comunque – come di rito,
per gli enti morali – l’esplicita previsione dell’assenza
dello scopo di lucro), l’attività effettivamente
esercitata ai sensi del comma 5, art. 73 cit. dalla FM
consiste nella sostanza nella:
x] conservazione, studio e valorizzazione del patrimonio
storico-culturale musicale,non tanto immobiliare
(come l’impianto scenico di esibizione per gli
enti teatrali) quanto piuttosto di produzione intellettuale
– le composizioni d’autore (recensite, trascritte,
catalogate,studiate) –,anche in via promozionale (sic
i bandi a premio per nuove composizioni originali) e
formativa (sic la scuola per direttori di coro),e
y] programmazione e gestione di occasionali
eventi concertistici ad hoc (ossia esibizioni musicali
dal vivo su repertori passati in studio) aperti al
pubblico ad offerta libera, talvolta a carattere competitivo
(e.g.concorsi fra cori polifonici,tenuti semel
in anno), volti a valorizzare e diffondere la cultura
musicale polifonica,
Tavola n. 1 – Stato Patrimoniale (consuntivo) 2005
STUDIO DI UN CASO n.8-9/2006
non
ambedue riconducibili ad un unico ambito operativo,
reputabile senz’altro nel complesso come non commerciale,
nonostante la presenza di operazioni prettamente
commerciali, effettuate soprattutto in occasione
degli eventi spettacolistici (ad es. la vendita dei programmi
e dei libretti o il ricorso a promo-sponsorizzazioni
private) oltre alla messa in commercio di pubblicazioni
(opuscoli di studio su particolari repertori o
compositori) a seguito di sporadiche celebrazioni musicologiche.
Diverso sarebbe stato il caso (come ipotizzato in un nostro
precedente esercizio, per una sedicente Associazione
culturale che realizzava spettacoli ludico-teatrali
6) di una attività di organizzazione e gestione di eventi
d’intrattenimento di vario genere a pagamento, per
quanto preceduta da una preliminare attività di sensibilizzazione,
promozione e diffusione culturale svolta
d’intesa con le istituzioni pubbliche locali; come pure
diverso risulterebbe il caso di una parallela attività editoriale,
svolta in modo sistematico e diuturno, a prescindere
dalle mere risultanze delle ricerche e gli studi
internamente compiuti o affidati a esperti collaboratori
esterni… .
A scanso di dubbi, procediamo comunque alla verifica
della prevalenza dell’ambito istituzionale, secondo i
test fattuali proposti all’art.149 Tuir,ai cui fini è d’uopo la
previa illustrazione in forma sintetica (Tavole n.1 sotto e
n.2 alla pagina seguente) della situazione economico-
5 Ossia l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari
declarati [ex comma 4, art. 73 cit.].
6 Si veda L. Perlini, Test di commercialità per associazioni culturali e
di promozione sociale, in questa Rivista n. 10/2005, pag. 650.
ATTIVITÀ (€) PASSIVITÀ (€)
Cassa 3 000 Debiti 135 000
(contanti, valori bollati) (verso fornitori)
Tesoreria 100 000 Debiti diversi 35 000
(saldo attivo c/c Banca XYZ) (fatt. da ricev.) (dip.ti c/retrib.) (E.P.&A.)
Crediti 105 000 Risconti passivi 35 000
(A.C.S., EE.PP.TT.) (ricavi anticipati)
Risconti attivi 10 000 Fondo T.F.R. 25 000
(costi anticipati) (per lavoro subordinato)
Immobilizzazioni immateriali 2 000 Fondo Imposte 1 000
(software) (debiti per imposte)
Immobilizzazioni materiali 55 000 Fondi Ammortamento 44 000
(mobil., macchin., costruz., oneri plurienn. ) (immobilizz. mat. e immat.)
Disavanzi finanziari pregressi 50 000
(es. 1997, 1999, 2000) Fondo Dotazione 50 000
Crediti diversi
(anticipi, acconti, Imposte c/erario)
5 000 Avanzo esercizio corrente + 5 000
TOT Attività 330 000 TOT Passività 330 000
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non
n.8-9/2006 STUDIO DI UN CASO
Tavola n. 2 – Conto Economico (consuntivo) 2005
SPESE (€) ENTRATE (€)
Spese correnti: Proventi patrimoniali: 60 000
Oneri patrimoniali
(fitti passivi)(premi assicuraz.)(imposte)
8 000 (interessi attivi)(fitti attivi)
Oneri amministrativi Proventi istituzionali:
(emolumenti al CdA*) 37 000 Erogazioni liberali da privati 60 000
(remuneraz. a lav.subord.**) 32 000 Comitati, celebrazioni, raccolte 36 500
(compensi a collaboratori***) 6 000
(ammortamenti) 1 000 Contributi pubblici c/gestione 5 000
(acquisti e servizi) 6 000 Fondi (A.C.T.) finalizzati ° 145 000
(spese generali)
“Gestioni speciali”
12 000 Sovvenzioni EE.PP.TT. 110 000
(Concorso polifonico) 230 000 Proventi di mercato:
(Bando di composizione) 15 500 Promo-sponsorizzazioni private 12 000
(Scuola Superiore per direttori) 80 000 Offerte d’ingresso °° 3 000
(Centro Studi musicali) 15 500 Programmi, dischi, partiture 1 000
Quote iscrizione Scuola Sup. 13 500
Altre Attività
(editorie) (celebrazioni) (concerti)
Spese straordinarie:
5 000 Pubblicazioni, consulenze 5 000
Oneri per rifinanziamenti 1 500 Entrate varie:
Insussistenze attive 500 Sopravvenienze attive 4 000
+ Avanzo di gestione 5 000
TOT a pareggio 455 000 TOT Entrate 455 000
* 10 membri componenti ° destinati al Concorso polifonico
** inclusi contributi P&A e accantonam. a Fdo TFR (2 unità) °° collocazione “prudenziale” (sebbene liberalità private)
*** inclusi contributi P&A
patrimoniale della FM (NB: le “Gestioni speciali”che beneficiano
di finanziamenti pubblici destinati devono rendicontarsi,
in maniera articolata, a parte): in generale,
emerge un quadro abbastanza sintomatico delle difficoltà
finanziarie gestionali cui si accennava, come testimoniato
dalla serie di disavanzi susseguenti all’intervento
legislativo del ’96, mentre solo più di recente la situazione
mostra un recupero grazie alle occasioni di fund
raising privato dischiuse appunto dalle pressoché concomitanti
opportunità fiscali (si noti come tali entrate incidano
ormai per il 27% sul totale introiti istituzionali), anche
se le prevalenti entrate pubbliche comportano notevoli
problematicità legate oltre che alla loro incertezza 7
soprattutto ai ritardi nell’erogazione (tant’è che la FM si è
ritrovata a dover ricorrere ad anticipazioni bancarie per
tamponare un temporaneo deficit di liquidità).
Orbene, effettuando sul consuntivo i “tests” contabiliquantitativi
prescritti all’art. 149, comma 2, lett.a-b-c-d,
l’esito è positivo giacché:
non vi sono immobilizzazioni relative in particolare
all’“attività commerciale”,realizzandosi le gestioni
speciali (Concorso, Scuola e Centro studi)
presso immobili propri o avuti in comodato gratuito;
i “ricavi” derivanti da attività commerciali, inclu-
dendovi anche le offerte d’ingresso e le quote di
iscrizione (che in realtà hanno natura di prezzi politici),
non prevalgono sui proventi istituzionali
(pubblici e privati),con un rapporto di oltre 1:10 (Tavola
n. 3 alla pagina seguente).
Facciamo inoltre notare che ammontando il volume
di fatturato commerciale annuo a meno di 185 925 €
– il più basso dei due limiti dimensionali ex art. 18,
D.P.R. n. 600/1973 8 – la FM sarebbe facoltizzata a tenere
per tale particolare ambito una contabilità
semplificata (comunque separata,ai sensi dell’art.
144, comma 2,Tuir 9)
i componenti negativi inerenti oneri di diretta
imputazione (desumibili da relativi sottoconti) e
7 Non è un mistero che l’attuale austerità di bilancio pubblico imponga
all’Amministrazione centrale dello Stato competente (il Ministero
per i beni culturali) dei tagli continui sui fondi erogati per
le manifestazioni pubbliche di tali enti, i quali anche per tale ragione
si ritrovano costretti a diversificare così il fronte delle attività
(finanziabili).
8 Qui difatti vi è confusione di prestazioni di servizi (concerti etc.)
e cessione di beni (programmi, pubblicazioni etc.).
9 A meno che si tratti di enti soggetti a contabilità pubblica (come
nella specie, per gli eventi particolari dai quali derivano appunto
proventi commerciali), per i quali il co.6 dello stesso art. 144 concede
l’esonero dal suddetto obbligo.

quelli indiretti imputabili (mediante idonei indici di
ripartizione) ad attività commerciale, pari complessivamente
a 33 200 €,all’incirca si equivalgono
a quelli inerenti l’ambito istituzionale (24 000 €) (Tavola
n. 4).
il reddito dell’attività commerciale, calcolabile
per differenza tra entrate e uscite suddette, non solo
non prevale sull’avanzo della gestione istituzionale
pura (332 500 €) ma è pure pressocché inconsistente
(1 300 €); ad ogni modo, erano già ampiamente
sufficienti i primi tre tests.
Una volta asseverato lo status di non-commercialità
del soggetto passivo, va verificato a ruota il corretto assolvimento
dei relativi obblighi fiscali contabili.Rammentiamo
a tal proposito che, oltre agli adempimenti
documentali (certificativi, registrativi e dichiarativi) richiesti
ai fini Iva per le singole operazioni (commerciali)
che si rendano assoggettabili al tributo,ai fini Ires,
gli ENC soggiaciono ai dettami di cui all’art. 20 del
D.P.R. n. 600/1973 che, in particolare, dispone:
per le sole attività commerciali, tutte quelle scritture
contabili previste per Imprese ed EC,quivi separatamente
tenute [comma 1], a meno di ulteriori
difformi disposizioni (come – già visto – per il caso
de quo, ex co.6, art. 144,Tuir); viceversa, non sarebbe
invocabile la super-semplificazione ex art.166,co.3,L.
n. 662/96, concessa [comma 3] agli Enc ammessi alla
determinazione forfetaria del reddito (commerciale)
ai sensi dell’art.145 Tuir 10 a fronte di ricavi annui
non superiori a 30 o 50 milioni £ (= 15 494 o 25
823 €) per attività di prestazione di servizi o di altro
genere 11;
in ipotesi di raccolte pubbliche di fondi (privati),
l’apposito rendiconto finanziario, a entrate e spese,
articolato per singola campagna/iniziativa [comma
2], secondo il prospetto-tipo schematizzato nella
Tavola n. 5 alla pagina successiva.
Tavola n. 3 – Proventi
STUDIO DI UN CASO n.8-9/2006
non
Verifica di Onlus
Oltre alla qualifica di Enc (genus),la FM potrebbe integrare
anche quella più particolare (species) di Onlus,ai
sensi dell’art. 10 e ss., D.Lgs. 460/1997.
La prima verifica è sul requisito soggettivo ex comma
1,rispettato nel caso di specie (Fondazione),ma che richiede
anche un controllo formale sul contenuto
dello statuto, in ordine a:
• l’esclusivo perseguimento di fini di solidarietà sociale
[lett. b], in uno degli specifici settori di attività
di cui si dirà oltre;
• la disciplina uniforme del rapporto associativo e le
regole democratiche di organizzazione e funzionamento
sociale interno [lett. h];
• la esplicita declaratoria dell’assenza dello scopo
di lucro, circostanziato nel divieto di distribuire
avanzi di gestione [lett.c] – anche in modo indiretto
[ex co.6, art. 10 cit.] –, l’obbligo di impiegare eventuali
avanzi nella gestione sociosolidaristica [lett.d],
l’obbligo di devolvere il fondo dotazione ad altre Onlus
in caso di scioglimento [lett. e].
Su tale ultimo punto, valga la ulteriore puntualizzazione
seguente: per le cc.dd. Gestioni speciali (ad es. il
Concorso polifonico), lo squilibrio economico fra spese
ed entrate specifiche – specie laddove i contributi
pubblici alla FM non siano sufficienti – dovrà ben essere
coperto da una qualche iniziativa, purché conforme,
pertinente e non esorbitante rispetto alla gestione
in oggetto,volta a reperire finanziariamente la differenza
necessaria; così,nel caso delle attività “commerciali”
correlate, il fatto che alla fine risulti un saldo algebrico
positivo è solo incidentale e non rappresenta un
10 Qui resa possibile dal volume di fatturato rientrante nei limiti dimensionali
fissati per la contabilità semplificata.
11 Il che, qui, evidentemente non potrebbe ricorrere (si rammenti
che il fatturato commerciale annuo è di 34 500 €).
ambito istituzionale proventi istituzionali (privati e pubblici) 356 500 €
ambito “commerciale” proventi di mercato 34 500 €
Tavola n. 4 – Componenti negativi
AMBITO ISTITUZIONALE costi specifici (patrim.li + altre attiv.tà) 8 000 + 5 000 €
[spese generali non incluse] quota spese per personale addetto 7 000 €
quota altre spese (acquisti e servizi) 4 000 €
AMBITO “COMMERCIALE” spese x gest. speciali (Concorsi, Scuola) 310 000 € 30 000 €
[ridotto dell’incidenza dei ricavi quota spese per pers. addetto (int. + est.) 31 000 € 3 000 €
sul totale introiti correnti= 9,7%] quota altre spese (acquisti e servizi) 2 000 € 200 €
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n.8-9/2006 STUDIO DI UN CASO
extra-profitto. Nella gestione in esame, tale dinamica è
quella riportata nella Tavola n. 6.
Circa poi il requisito oggettivo ex lett.a,comma 1,art.
10 cit, il settore istituzionale (l’unico a poter essere
svolto,oltre ad attività ad esso “direttamente connesse”)
è senza dubbio quello indicato al num.9, ossia la “promozione
della cultura”,il quale a mente del D.lgs 460
può
– o connotarsi come attività a contenuto socio-solidaristico
“debole” – ex comma 2, art. cit. –, per la quale
non essendovi un’utilità sociale immediata si rende
necessaria la prova di “mercato” (sociale, ovviamente),
ossia la particolare qualificazione di soggetti
svantaggiati per il bacino di utenza (quale potrebbe
essere teoricamente un pubblico di spettatori disabili,
o economicamente indigenti, o degenti di terapie
sanitarie ospedaliere/domiciliarizzate) a cui la
prestazione sociale arrechi benefici (sociopsicofisici,
economici, morali),
– o, viceversa, assumere contenuto “forte”, con l’utilità
sociale promanante ex se dalla particolare natura
dell’ambito di azione, sotto particolari condizioni –
ex comma 4, ult. per., art. cit. – cioè qualora vi siano
“riconosciuti apporti economici” (senza indicarne
la natura tipologica né l’ordine di misura, assolu-
Tavola n. 5 – Rendiconto di fund raising
Banco in piazza del …/…/05:
Comitato di sensibilizz. del …/…/05:
Celebrazione “………” del …/…/05:
Tavola n. 6 – Rendiconto di gestioni speciali con finanziamenti pubblici
to e relativo…) “da parte dell’amministrazione
centrale dello Stato”, circostanza che in effetti ricorre
nel caso di specie,con la sovvenzione del Min.
BB.AA.CC.per 145 000 €; il che fa cadere la necessità
della prova precedente.
Quanto alle ADC, può senz’altro ritenersi che le pubblicazioni
degli esiti di studi musicologici o la commercializzazione
di programmi e partiture musicali come
pure le promosponsorizzazioni in occasione di
concerti rappresentino “attività accessorie per natura a
quella statutaria istituzionale, in quanto integrative
della stessa”; esse inoltre, non risultano dimensionalmente
prevalenti ex comma 5, art. 10 cit.: difatti, abbiamo
visto come i proventi commerciali (34 500 €)
rappresentino meno di un decimo delle entrate istituzionali
(356 500 €),ed inoltre è superato pure il test dell’incidenza
massima degli stessi proventi (34 500 €) sul
66% delle spese complessive della FM (450 000 € x 0.66
= 297 000 €).
Per terminare, occorrerà anche che la Onlus osservi gli
obblighi strumentali,a carattere contabile/documentale,
prescritti all’art. 20-bis del D.P.R. n. 600/1973, e cioè:
ex comma 1, un impianto di scritture cronologiche
e sistematiche per la rappresentazione contabile
dell’attività complessiva con redazione di un bi-
P r o v e n t i O n e r i
proventi raccolti beni simbolici ceduti
kkkkk € zzzz €
adesioni su C/C ad hoc organizzazione
……… € ……… €
sovvenzioni liberali comunicaz. istituz.le
……… € ……… €
TOT KKKK € TOT ZZZZ €

lancio annuale sintetizzante la situazione patrimoniale/finanziaria
ed economica (obbligo assolto
qualora si segua il dettato civilistico ex artt.2216-
2217),badando di tenere ben distinte le ADC dalle AI
(…); è qui escluso il ricorso alternativo, ex co.3, al
rendiconto di fund-raising – già descritto per gli
Enc – dato che i proventi complessivi annui di
AI+ADC superano € 51 646;
per le sole attività commerciali (direttamente
connesse), che il comma 2 vuole che seguano le
regole contabili previste per le Imprese e gli EC
(anche nelle forme semplificate), non vale qui –
per le Onlus – l’assorbenza della previsione speciale
in favore di quegli enti sottoposti a norme di contabilità
pubblica (come nel caso di specie) che, invece,
prevaleva per gli ENC in forza del dettame del
co.6 dell’art. 144 Tuir: dunque, dovremmo poter reperire
la rappresentazione contabile di tale ambito
operativo operando le annotazioni (semplificative)
almeno sui registri ai fini IVA,tanto per le operazioni
negative che positive, soggette a registrazione
Iva o meno…
Verifica di INLUS
Da ultimo la FM, pur mantenendo la sua finalità morale
e anzi asseverandone una sociale, potrebbe optare
per un modulo organizzativo-gestionale formale proprio
delle aziende mercantili,i.e.la forma civilistica –
e la sostanza – di impresa (addirittura, assumerne la
stessa natura giuridica – es.di società di capitali – 12 più
evoluta e complessa) qualora andasse ad integrare ciascun
requisito stabilito nel recente D.lgs n.155/2006: di
essi risulta senz’altro soddisfatto quello soggettivo ex
art. 1, comma 1, dato che la FM si annovera a pieno titolo
fra le “organizzazioni private” (in quanto ente
di cui al Libro I del codice civile).A tal uopo, facciamo
rammentare che,giusta il disposto dell’art.17,comma 1,
cit.D.lgs,la nuova qualifica civilistica di Inlus non è
incompatibile con quella fiscale di Onlus.
Realizzazione di attività sociale
economicamente organizzata
Sul precedente punto,esperiti i dovuti accertamenti del
caso e cioè, oltre alla conclamazione statutaria della
particolare forma giuridica attuale (Fondazione) anche
la verifica di regolarità dell’atto pubblico di fondazione
(rectius, nel caso di specie, di trasformazione in
fondazione) nulla quaestio.
STUDIO DI UN CASO n.8-9/2006
non
Resta viceversa da verificare,per primo,il requisito oggettivo
(statuito sempre ex art. 1, co.1, ma esplicitamente
disciplinato all’art. 2), cioè se sia di fatto esercitata
un’attività economica organizzata
a. in via stabile e principale,
b. avente ad oggetto la produzione e/o lo scambio di
beni o servizi,
c. svolta in specifici settori ad utilità sociale e
d. diretta a realizzare fini di interesse generale,
fermo restando,ovviamente,il requisito cardine dell’assenza
dello scopo di lucro.
Giusto un cenno preliminare su un aspetto saliente, qui,
e cioè che non basta operare in determinati ambiti di
operatività, a contenuto sociosolidaristico conclamato,
bensì occorre farlo – sic indirettamente enunciato (o,
meglio, ribadito) al comma 2, art. 2 – con la forma imprenditoriale,
presentando cioè un complesso di beni
(= risorse economiche impiegate) organizzati, cioè acquisiti
ed utilizzati nel processo produttivo secondo un
indirizzo unitario di gestione,preordinato a realizzare un
sistema economico di trasferimento di beni ultronei (=
utilità economiche prodotte) verso l’esterno – nel caso
di specie escludendosi l’ipotesi della mutualità lavorativa
interna –: tale verifica è attuabile utilizzando la prova
economicistica del valore aggiunto nei beni trasformati
(= plusvalore di mercato input/output) oppure la
prova, più di stampo aziendalistico,per l’esistenza ai fini
fiscali di una stabile organizzazione (= insediamento
tecnico-produttivo + autonomia economico-gestionale).
Di tale particolare aspetto, come pure del carattere sociale
d’impresa, dovrà esser data menzione nell’atto costitutivo
(eventualmente, adeguandolo), indicando in
particolare lo specifico oggetto sociale perseguito.
Dal punto di vista economico-aziendale, abbiamo già
indicato – in occasione del test di Enc – come la gestione
in esame delinei non una,ma due aree sociali di
attività (ASA).
Professionalità e principalità
La nostra FM svolge le attività de quibus in modo non
occasionale o saltuario ma continuativo,nonostante l’esito
finale di alcune produzioni non sia temporalmente
continuo e costante ma circonstanziato (sic per le “sta-
12 Escludiamo qui l’ipotesi di trasformazioni eterogenee,ex art.1500octies
c.c.(sul punto vgs.l’esaustivo lavoro di G.M.Colombo,M.Piscetta,
Dalla riforma societaria operazioni straordinarie anche per
il non profit,allegato a questa Rivista n.7/2006 e venduto presso gli
agenti IPSOA e nelle librerie specializzate).
543

544
non
n.8-9/2006 STUDIO DI UN CASO
gioni”concertistiche),peraltro impiegando fattori produttivi
in pianta stabile,come personale dipendente e
collaboratori esterni, attrezzature e fabbricati per archiviazione,
etc., sì da farvi assumere il crisma di professionalità.
E, come può evincersi da statuto (oltre che
da verifica fattuale), trattasi di attività principali,che,
se anche non prettamente esclusive, ad ogni modo attraggono
nella gestione economica di un unico “nucleo”
indubitamente socioperativo anche eventuali
negotia marginalmente svolti a latere (sempre in
conformità, comunque, dei fini istituzionali), come ad
es. la registrazione delle esecuzioni concertistiche su
supporti di riproduzione audio per la commercializzazione,
la pubblicazione degli studi e delle ricerche testuali
musicali effettuate in veste editoriale, etc..
Produzione e/o scambio di utilità
Per l’Asa-x sembra prevalere il contenuto produttivo,
laddove è di tutta evidenza l’apporto in termini di tempo
dedicato e applicazione delle personali competenze
musicologiche dei ricercatori (i quali non si limitano a
studiare, integrare e trascrivere una composizione già
nota, ma si prodigano pure nell’esplorazione di “repertori”
ignoti), fattore che concorre all’elaborazione ex
novo di un output finale: oltre al censimento e la catalogazione
materiale in Archivio (aperto alla consultazione)
del singolo brano,la stessa pubblicazione del relativo
studio ai fini conoscitivi/ divulgativi. Per l’Asa-y, invece,
il contenuto transattivo è attestato dal sinallagma
fra prestazione culturale (lo spettacolo offerto) e
controprestazione (il biglietto d’ingresso teoricamente
praticabile 13),in occasione dei concerti o delle competizioni
(eventi, questi ultimi, gestionalmente assai complessi,
posta la preliminare ricerca, selezione e ammissione
di complessi musicali adeguati – e in numero sufficiente…–
e l’esigenza successiva di concentrare in un
lasso di tempo ristretto le varie attività organizzative –
l’accoglienza e l’ospitalità dei concorrenti e,soprattutto,
l’impiego di un impianto scenico per le esibizioni –).
Ambito operativo “sociale”
Dell’elenco definitorio ex art.2,comma 1,circa le aree
di intervento privato ad “utilità sociale”, quelle che
qui vengono ad integrarsi sono sia la lett. f che la lett. i
(ambedue accomunate sotto la categoria più generale
della produzione culturale), ossia:
f) la valorizzazione del patrimonio culturale,
i) la ricerca e l’erogazione di servizi culturali,
cui possono associarsi,corrispondentemente,le Asa x e
y: in effetti, nella prima, l’opera di reperimento (talvolta
di vera e propria scoperta di opere prime) e successiva
catalogazione e studio delle composizioni
musicali costituisce un “valore-aggiunto produttivo”
che,oltre a preservare e valorizzare un “patrimonio”musicale,rende
fruibile lo stesso al pubblico; mentre,nella
seconda,l’offerta di esecuzioni musicali dal vivo postula
l’erogazione diretta di vere e proprie “prestazioni
di servizi”culturali, che nel particolare caso delle competizioni
si connotano anche per l’azione della ricerca,
su repertori d’obbligo (ad es. prescegliendo un particolare
autore o periodo storico di produzione musicale
ai fini dell’esibizione) e sugli stessi complessi esecutori
selezionati.Si noti,in punto giuridico,che queste
aree di intervento di privato-sociale coincidono con
l’analogo settore già indicato dalla disciplina fiscale
Onlus (ex num. 9, lett. a, comma 1, art. 10, D.Lgs. n.
460/1997) ossia della “promozione della cultura”, ma
senza particolari condizioni qualificative aggiuntive.
Quanto poi alle attività ulteriori (consentite),i cc.dd.
“servizi strumentali alle Inlus” indicati alla lett. m)
dell’art. 2, D.lgs. n. 155/2006, ad es. la progettazione ai fini
di partecipazione a bandi di finanziamento pubblici,
la comunicazione ed il marketing sociale etc. a fini di
fund raising privato (che tanto ricordano le “attività direttamente
connesse” delle Onlus!), occorre procedere
ad un primo test quali-quantitativo: la norma infatti richiede
espressamente,alla stessa lett.m,che nella configurazione
soggettiva dell’ente erogatore vi sia una
presenza minimale – il 70% – di Inlus:ebbene,posto
che la nostra FM esaudisca tutti quanti i requisiti qualificativi
Inlus, essa senz’altro appare come soggetto unico
e unitario, non controllato o collegato da schemi di
compartecipazione da/a altri soggetti giuridici (tantomeno,
quindi, che abbiano natura non strettamente sociale),
per cui la cautela legislativa è pienamente rispettata.
Analogamente, per eventuali attività ultronee,non
strumentali,andrà superato un altro test,stavolta
tutto quantitativo, affinché l’ambito collaterale
risulti non esuberante rispetto a quello istituzionale
(talché quest’ultimo rimanga l’attività “principale”):
difatti, ai sensi del comma 3, art. 2 cit., il 70% dei ricavi
complessivi dell’ente dovrà provenire dalle tre tipolo-
13 Se l’a FM non rinunciasse ad imporre tale meccanismo di consumo
escludente, lo scambio di utilità sul mercato serebbe inequivocabilmente
valorizzato dal metro pecuniario condiviso tra domanda
e offerta.

gie di attività suddette, ex lett. f, i ed m, circostanza anche
questa quivi compiuta (come desumibile dai prospetti
economici generali già illustrati, e posto comunque
che non riesce troppo difficile ricondurre qualsivoglia
attività differente alla tipologia dei “servizi strumentali”…).
Interesse generale prevalente
Dal punto di vista economico, dei relativi sistemi tecnici
di produzione e scambio, trattasi di beni “quasipubblici”,in
quanto le relative prestazioni sono volte a
mantenere o migliorare il livello qualitativo del benessere
sociale in genere (diversamente da opere assistenziali
dirette al benessere individuale di una particolare
persona – beni privati). E proprio per tale ragione essi
comportano complessità e difficoltà produttive/erogative
maggiori: basti pensare al problema della selezione
a priori dei territori musicali da studiare e approfondire
o dei programmi di repertorio da far eseguire
in sede concertistica, tali che soddisfino una parte
di mercato più larga possibile quanto a gusti ed esigenze
musicali dell’audience (eleggibili non solo nella
popolazione residente, ma anche nell’afflusso turistico
locale tipico del periodo), quanto a specifici autori,
scuole e movimenti o epoche storiche (es. musica monodica
sacra e liturgica, medievale, rinascimentale, barocca,
romantica, contemporanea); allo stesso modo, si
pensi ai problemi di eventuale tariffazione, ossia del
prezzo “collettivamente equo” applicabile, legato al carattere
di non divisibilità dei costi di produzione da un
lato e dall’altro all’esigenza economica di recuperare i
costi – quelli vivi almeno – pro capite (ossia ripartiti per
il numero di spettatori potenziali) che i finanziamenti
pubblici ad hoc – e quelli generali (pro quota) – non
arrivano a coprire.
Al riguardo, si tenga in considerazione che, sebbene
non si tratti di beni pubblici “puri” – per i quali oltre all’assenza
dell’esclusione dal consumo (ove l’accesso
degli utenti al bene,previo pagamento di un prezzo,non
è impedibile) è assente anche la rivalità nel consumo
(ove il bene è godibile da un numero non limitato di
utenti) –, si imporrebbe tuttavia una scelta di impedimento/limitazione
numerica degli utenti sul primo ed
automaticamente sul secondo elemento, laddove l’accesso
ad es.alle esibizioni canore polifoniche andrebbe
limitato ad un numero di spettatori in funzione della capienza
massima dell’impianto scenico al chiuso (in evidente
trade-off con la qualità dell’emissione e la rice-
STUDIO DI UN CASO n.8-9/2006
zione sonora che, viceversa, una esecuzione sempre al
chiuso ma riprodotta all’esterno in telediffusione ovvero
all’aperto in amplificazione distorcerebbe,divenendo
non più apprezzabile da nessuno): pertanto, la costruzione
della funzione di domanda del mercato seguirebbe
in parte il procedimento di somma in orizzontale,
in uno schema quantità/prezzo,delle rispettive quantità
domandate dai singoli acquirenti effettivi (tipico dei beni
privati) e in parte quello di somma in verticale dei rispettivi
prezzi esborsabili dai potenziali acquirenti teorici
(tipico invece dei beni pubblici).
Assenza, formale e sostanziale,
dello scopo di lucro
non
Su tale aspetto, del quale – lo ripetiamo – viene data
espressa indicazione nell’atto costitutivo, il legislatore
civilistico (mutuando l’espediente ideato dalla disciplina
fiscale delle Onlus) impone all’art. 3 14 una prova
quantitativa fattuale: che dal circuito corrente non
fuoriescano eventuali plusvalori economici, i quali
vanno altresì accantonati a fondo corrente o reimpiegati
direttamente in acquisiti per le gestioni future; oltre
a ciò, per le ipotesi eventuali di scioglimento o liquidazione
(nel nostro caso, rilevante unicamente come
previsione statutaria teorica), prescrive di devolvere ad
altre Inlus la dote patrimoniale accumulata.Ebbene,nel
caso di specie,la condizione quantitativa per l’esercizio
analizzato pare rispettata, come raffigurato nella Tavola
n. 7 nella pagina seguente (ove riportiamo il dato di
avanzo gestionale a SP e CE).
Più nel dettaglio, ai sensi del comma 2, art. 3 la verifica
sull’importo delle remunerazioni di fattori esterni esclude
che tali valori economici siano stati opportunamente
modulati verso l’alto (come surrettizie distribuzioni
indirette di utili): il che si concretizza se i rispettivi importi
di costo contabilizzati transazione per transazione
15 non siano superiori al valore normale (determinazione
parametrica, questa, non certo agevole… 16):
14 Pena la sanzione “indiretta”, richiamata all’art. 16, co.4, della devoluzione
del patrimonio netto ad Onlus,enti morali civilistici ed enti
ecclesiastici disposta d’autorità (a causa della cessazione imposta
della Inlus ex co.3, art. 13 conseguente alla perdita della relativa
qualifica).
15 In particolare, per l’apporto amministrativo, il fattore lavoro (interno
ed esterno), e il capitale finanziario.
16 A tal fine, può mutuarsi l’impianto tecnico adottato per la determinazione
del transfer price nelle operazioni transnazionali infragruppo
(depurata della variabile ultraterritoriale): ad es. i metodi
diretti (dal semplice price-peer, ai cost-plus e il mark up-minus) e
quelli indiretti (i vari splitting profit).
545

546
non
n.8-9/2006 STUDIO DI UN CASO
• compensi ad amministratori (salvo comprovate esigenze
di competenze specifiche, max +20%) OK
l’importo annuo di 3 700 € cadauno;
• retribuzioni a lavoratori dipendenti e compensi a
collaboratori autonomi (salvo necessarie comprovate
professionalità specifiche attinenti) OK l’importo
annuo lordo di 16 000 € a testa per i primi e di 6
000 € complessivi per i secondi;
• remunerazione di strumenti finanziari di debito a finanziatori
diversi da banche e intermediari autorizzati
(es. prestiti obbligazionari sul mercato) OK
(inesistenti).
Se ciò non bastasse, potremmo ripetere – autonomamente
– la verifica anche sul valore di acquisto di beni/servizi,
e pure verificare che non siano stati modulati
verso il basso i ricavi,ad es.erogando prestazioni culturali
sociali a particolari utenti finali, i partecipanti a
vario titolo all’indirizzo gestionale della FM, i quali potrebbero
ricevere un vantaggio da un prezzo inferiore al
normale (il che può nel nostro caso escludersi, dato
che l’offerta dei servizi della FM è aperta e gratuita).
Rispetto delle garanzie collettivistiche
Da ultimo,occorre procedere in ordine alla verifica del
pacchetto di tutele civilistiche, verso l’interno e l’esterno,
che rilevano ai fini qualificativi Inlus non meno
dei requisiti definitori (ex artt.1-2-3, testé passati in rassegna):
in taluni casi, si tratta di semplici riscontri formali,
in altri di veri e propri accertamenti sostanziali.
Procedure formali e regole democratiche
interne
Oltre alla espressa indicazione in atto costitutivo dell’oggetto
“sociale”(specificando il/i settore/i di attività)
Tavola n. 7 – Divieto di distribuzione di utili, nella Inlus
e dell’assenza dello scopo di lucro, già in precedenza
assicurate, va qui sincerato che:
• la costituzione della Fondazione è avvenuta secondo
la procedura pubblica di rito [art.5] e,allorché
verrà istituito, la FM provvederà prontamente a depositare
il proprio atto costitutivo ed iscriversi nel
Registro anagrafico delle Inlus (tenuto presso il
MinWelfare);
• l’ammissione/esclusione di soci e la disciplina
del rapporto sociale si informano ai comuni principi
democratici di non discriminazione e di primazìa
assembleare [art. 9], come del resto già verificato
in sede di test Onlus;
• le cariche sociali non possono essere decise – per
la maggioranza – da soggetti esterni alla Inlus,e il loro
accesso – subordinato ai consueti requisiti di
onorabilità, professionalità ed indipendenza – è inibito
a soggetti lucrativi ed amministrazioni pubbliche
[art. 8].
• Più tecnico-quantitativa è la verifica sulle condizioni
lavorative, in particolare le retribuzioni, che rispettano
i minimi contrattuali stabiliti da accordi
collettivi applicabili al particolare settore [ex art.
14,comma 1], e la componente lavorativa più debole
e indifesa, il volontariato, che non supera il limite
numerico massimo del 50% rispetto al totale dei
lavoratori a qualunque titolo impiegati [comma 2];
quanto ai cc.dd.“diritti di coinvolgimento” [comma
3], vgs sotto.
• Ben più difficile è poi la verifica dell’obbligo di
coinvolgimento dei lavoratori (agevolmente individuabili)
come pure degli utenti (i lettori degli studi/pubblicazioni
e gli spettatori delle esecuzioni
concertistiche, …potenziali o effettivi?), secondo

idonee modalità di informazione, consultazione
e partecipazione [art. 12]: qui, una volta stabilita la
platea dei soggetti “coinvolti” (specie per i referenti
esterni), bisogna asseverare se i corrispondenti diritti
siano stati ossequiati: ad es. nel caso del pubblico
abituale della stagione concertistica (gli abbonati) o
alla competizione annua (gli addetti ai lavori che,solitamente,
vi si ritrovano), somministrando a costoro
dei questionari ove al contempo si richiedono indicazioni
utili ai fini delle programmazioni successive
e di esprimere, assieme al giudizio qualitativo sugli
eventi, anche il grado di coinvolgimento personale
percepito (a seguito delle segnalazioni periodiche,
inviti ad eventi, opuscoli vari ricevuti). Ciò che resta
arduo valutare – soprattutto…realizzare – sarà invece
la conseguente possibile “influenza” sulle decisioni,
ovviamente in relazione alle materie di pertinenza
(ossia le condizioni di lavoro e la qualità degli
output): la soluzione più semplice è, qui, l’ammissione
al Consiglio direttivo della FM di uno o
più rappresentanti – a seconda della sua composizione
numerica – tratti proprio dal novero dei lavoratori
e degli spettatori,mediante idonei meccanismi
di rappresentanza e criteri di praticità (ad es. la fattiva
possibilità/disponibilità di costoro a partecipare
alle assemblee, etc.), allorquando si affrontino decisioni
di interesse come ad es.la programmazione degli
eventi spettacolistici; nel caso delle manifestazioni
a concorso,è anche percorribile la via del ricorso
a giurie popolari (per le rassegne ad es. di canto popolare)
ovvero l’inserimento di rappresentanti dell’utenza
fra i membri delle giurie tecniche (per
competizioni più qualificate).Una ultima notazione:
non si dimentichi che fra gli utenti vi sono, proprio,
gli stessi musicisti che vengono ad esibirsi…
Garanzie patrimoniali e di trasparenza esterne
Infine,la verifica di tali garanzie,che assistono non solo
la legittima insignazione della qualifica di Inlus ma anche
la sua corretta spendita nei confronti dei terzi in
buona fede (creditori e portatori di interesse sociale)
in ordine alla tutela dei relativi interessi obbligazionari,
patrimoniali e sociali, passa per delle condizioni che
sono,più che dei requisiti qualificativi,delle circostanze
giuridiche obbliganti di fatto:
• circa il regime di responsabilità patrimoniale
esterna [art. 6], il volume dimensionale del fondo
dotazione pari a 50mila euro (vgs prospetto di SP)
STUDIO DI UN CASO n.8-9/2006
supera la soglia dei 20mila €, senza neanche tenere
conto del risultato finanziario di gestione; ciò implica
una responsabilità limitata (cc.dd.Inlus “aR.L.”),
il che significa che per le obbligazioni verso terzi risponde
soltanto la Fondazione col suo fondo;
• circa il regime di controllo gestionale interno,la
FM si mantiene ben al di sotto del limite ordinario
quivi disposto [art.11],pari alla metà di quelle ex art.
2435-bis c.c. (per la possibile redazione del bilancio
in forma abbreviata 17), constando il totale Attività di
330mila €, i proventi ordinari di 250mila € e i lavoratori
dipendenti a 2 unità; pertanto, i sindaci preposti
non devono necessariamente trarsi da soggetti abilitati
ovvero essere revisori dei conti.
Quanto invece alla comunicazione sociale a garanzia
dei membri interni e della stessa collettività esterna il
legislatore prevede [art. 10] degli obblighi, che valgono
anche come condizioni qualificative,di rendicontazione
e sintesi contabile sia della situazione economico/
patrimoniale che delle attività sociali svolte:
nel primo caso, la contabilità della FM (di cui è riportata
la sintesi annua,ai Prospetti di SP e CE) pare
integrare l’ordinario impianto determinativo concepito
ex artt. 2216-2217 c.c.;
mentre, nel secondo caso, essa dovrà munirsi di apposito
sistema di misurazione, il c.d. “bilancio sociale”,
il che è cosa meno facile…
Conclusioni
non
Dall’esame eseguito,emerge come il soddisfacimento
dei requisiti Onlus (le cui procedure di verifica sono
tecnicamente più complesse da espletare) funga da base
per esaudire de plano i requisiti Inlus, eccetto lo
“sforzo” aggiuntivo, del bilancio sociale; viceversa, non
pare così immediata la consistenza dei relativi benefici
in termini di maggior capacità di attrazione di fondi
privati (allo stato dell’arte, gli unici possibili!).
Vantaggi significativi discenderanno in futuro dalla
qualifica legittima di Inlus,quando e se il legislatore assumerà
una qualche decisione di privilegiare sul piano
finanziario proprio tali soggetti, non necessariamente
trasferendovi o indirizzandovi fondi pubblici specifici
ma anche, semplicemente, concedendo ad essi una
qualche priorità nell’approvvigionamento di fondi
pubblici destinati, rispetto al altre FM.
17 Cioè 1 214milioni € di attivo patrimoniale,2 453milioni € di ricavi
da prestazioni tipiche, 25 dipendenti occupati.
547

548
non
Quesiti
n.8-9/2006 QUESITI
Associazione sportiva e organizzazione
di giochi di sorte
Siamo un’associazione sportiva dilettantistica con
personalità giuridica privata riconosciuta, regolarmente
iscritta al registro nazionale delle associazioni
sportive tenuto dal CONI. Relativamente ai
proventi commerciali, a suo tempo, abbiamo optato
per la contabilità in regime forfettario di cui alla
legge n. 398/1991.
Vorremmo organizzare ogni fine settimana una
tombola tra gli associati, al fine di reperire ulteriori
risorse per finanziare le nostre attività istituzionali.
Si chiede quali vincoli fiscali si pongono esattamente
per tali proventi, trattandosi di attività svolte
con carattere di abitualità alla luce delle disposizioni
di cui all’art. 148, comma 8, punto c, del Testo
unico delle imposte sui redditi (D.P.R. n. 917/1986).
(Lettera firmata)
La normativa di riferimento, in materia di tombole
e lotterie, è contenuta nel D.P.R. 26 ottobre
2001, n. 430.
Grazie a questa normativa, in deroga alla riserva
di legge che attribuisce esclusivamente allo Stato
la possibilità di organizzare giochi di sorte, le associazioni
sportive dilettantistiche possono porre
in essere manifestazioni di questo tipo a favore
dei propri soci. Analoga possibilità non è, però,
concessa a chi si è costituito in forma di società
di capitali, anche se di natura sportiva dilettantistica.
L’Amministrazione finanziaria ha espressamente
chiarito che le tombole e, più in generale, tutti i
giochi di sorte, svolti all’interno dei circoli privati
e riservati ai soli soci, in quanto effettuati nell’ambito
privato e non soggetti ad autorizzazione,
non sono soggetti a ritenuta alla fonte (si veda la
risoluzione n. 42/E del 30 marzo 2000).
È possibile consultare
tutte le risposte ai quesiti
ordinate per argomento e
compilare la scheda per l’invio on-line
dei quesiti alla Redazione:
www.ipsoa.it/entinonprofit
Per beneficiare di tale agevolazione è necessario
che la manifestazione sia aperta ai soli soci dell’associazione
(o ai soci di altra associazione di
carattere nazionale di cui il circolo sia affiliato).
In altre parole,la qualifica di "associato" deve essere
conforme a quella descritta dall’articolo 148
del TUIR richiamato nel quesito.
Se queste condizioni sono verificate,dall’organizzazione
della tombola da parte dell’associazione
discenderà che:
• i premi corrisposti non costituiranno reddito
imponibile per chi li riceve, ai sensi dell’articolo
67, comma 1, lettera d) del TUIR;
• sugli stessi non si applicherà la ritenuta alla
fonte di cui all’articolo 30 del D.P.R.n.600/1973.
Gli eventuali avanzi che derivino all’associazione
a seguito dell’organizzazione della tombola non
costituiranno reddito imponibile. Si tratta, infatti,
di somme versate dai soci, destinate al finanziamento
dell’attività del sodalizio.
Ernesto Russo
Associazione culturale e rimborsi forfettari
per spese sostenute dagli associati
per l’associazione
Si chiede se l´associazione culturale può dare ai
propri associati un rimborso forfetario per le spese
da questi sostenute a favore dell´associazione.
Se la riposta dovesse essere positiva, si domanda
se tale rimborso potrà essere assoggettato a ritenuta
d´acconto al 20%, oppure esentato fino a 7500
euro, ai sensi dell´art. 37, lett. c), Legge n. 342/2000.
(L.G.)
Le somme corrisposte da una associazione ai
propri associati dal punto di vista fiscale possono
essere qualificate come rimborsi spese solamente
se l’associato aveva sostenuto in via an-

ticipata spese in nome e per conto dell’associazione.Pertanto,è
necessaria la presenza di un documento
di spesa intestato all’associazione. Diversamente,somme
corrisposte in via forfetaria fiscalmente
possono rappresentare compensi per
prestazioni occasionali da assoggettare a ritenuta
d’acconto del 20% e relative conseguenze (mod.
770 per l’associazione ed eventuale dichiarazione
dei redditi per l’associato) oppure compensi
derivanti dall’assunzione di obblighi di fare (cfr.
circ. min. 15 maggio 1997, n. 137/E, par. 8.2).
In merito,infine,alla normativa sui rimborsi spese
esenti fino all’ammontare di € 7.500,00 annui, si
precisa che essa si applica esclusivamente alle
somme corrisposte per l’esercizio diretto di attività
sportive dilettantistiche da parte di Coni, Federazioni
sportive nazionali, Unire, enti di promozione
sportiva ed organismi che perseguono finalità
sportive dilettantistiche riconosciuti dai precedenti,
oltre che per i rapporti di collaborazione
coordinata e continuativa di carattere amministrativo-professionale
di natura non professionale
resi a favore dei soggetti ricordati in precedenza,
nonché a favore di cori,bande e filodrammatiche.
Paolo Ferri e Rosanna D’Amore
OdV e opere di urbanizzazione secondaria
La nostra associazione, organizzazione di volontariato,
Onlus di diritto, opera nel settore dei trasporti
sanitari con ambulanza.
Siamo iscritti nel registro regionale del volontariato
ed abbiamo la personalità giuridica.
Siamo parte integrante del sistema di emergenza
nazionale "118" in quanto POTES (postazione territoriale
di emergenza sanitaria). Abbiamo acquistato
un immobile da adibire a sede istituzionale, beneficiando
di tutte le agevolazioni previste dal
D.Lgs. n. 460/1997.
Per meglio rispondere alle nostre esigenze organizzative
(sale corsi, officina-garage per 10 ambulanze,
zona volontari...), lo stesso dovrà essere demolito e
ricostruito con sagoma e volumetria diversa dall’originale.
Costo dell’operazione circa 900.000,00 euro
(compreso l’onere per l’acquisto).
Si chiede se è possibile effettuare la demolizione e
successiva ricostruzione applicando il regime IVA
QUESITI n.8-9/2006
non
agevolato del 10%, intendendo tali lavori come
"opere di urbanizzazione secondaria" art. 44 Legge
n. 865/1971 (come attrezzature sanitarie), oppure
considerare la sede istituzionale che si andrà a realizzare,
tra gli edifici assimilati alle case di abitazione
non di lusso di cui alla Legge 19 luglio 1961, n. 659,
a motivo della sua funzione di perseguire finalità e
soddisfare bisogni sociali di interesse collettivo.
(Lettera firmata)
Ai sensi e per gli effetti dell’art.4 della legge 29
settembre 1964, n. 847, integrato dall’art. 44
della legge 22 ottobre 1971, n. 865, sono da intendersi
opere di urbanizzazione secondaria:
– gli asili nido;
– le scuole materne;
– le scuole dell’obbligo;
– i mercati di quartiere;
– le delegazioni comunali;
– le chiese e gli altri edifici religiosi;
– gli impianti sportivi e di quartiere;
– i centri sociali e le attrezzature culturali e sanitarie;
– le aree verdi di quartiere.
Ai fini della qualificazione di tali immobili quali
opere di urbanizzazione secondaria occorre, come
precisato nella circolare ministeriale n.14 del
17 aprile 1981,che gli stessi siano realizzati in funzione,
ossia al servizio, di zone urbanizzate o da
urbanizzare e destinate a produrre servizi di interesse
collettivo in materia di economia, istruzione,
cultura e tempo libero.
La norma tuttavia lascia ampio spazio alla regolamentazione
comunale,pertanto sarà cura del richiedente
verificare la corretta eventuale identificazione
tra le opere di urbanizzazione secondaria, qualificando
la ricostruzione quale attrezzatura sanitaria.
Per quanto attiene ai fabbricati assimilati alle abitazioni
non di lusso,l’aliquota Iva al 10% risulta applicabile
non solo agli edifici idonei ad ospitare collettività
– quali scuole,caserme,ospedali,case di cura,
ricoveri,colonie climatiche,collegi,educandati,asili
infantili, orfanotrofi e simili – ma anche ad edifici
che,pur se non precipuamente destinati ad ospitare
collettività, sono utilizzati per il perseguimento di finalità
di istruzione, assistenza e beneficenza (cfr.
circ.min.2 marzo 1994,n.1/E,cap.II,par.4).
Rosanna D’Amore e Paolo Ferri
549

550
non
n.8-9/2006 RASSEGNA DI DOCUMENTAZIONE
Rassegna di documentazione
Legislazione nazionale
Manovra bis: riaperta la vicenda dell’esenzione Ici per immobili destinati
ad attività sociali
D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 39, G.U. 4 luglio 2006, n. 153
Con l’articolo 39 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223 (c.d. manovra bis) si riapre la vicenda che riguarda
l’esenzione per gli immobili che gli enti non commerciali destinano ad alcune attività
di rilevanza sociale prevista dall’articolo 7,comma 1,lett.i) del D.Lgs.n.504/1992.Tale vicenda
infatti sembrava potersi considerare conclusa con la norma di interpretazione autentica
(art.7,comma 2-bis,D.L.n.203/2005) che,in risposta ad una restrittiva sentenza della Cassazione,
aveva precisato che l’agevolazione si applica “a prescindere dalla natura eventualmente
commerciale”delle attività svolte negli immobili,purché queste rientrino tra quelle indicate
dalla norma di esenzione e purché siano esercitate da un ente non commerciale.
Con l’articolo 39 del D.L. n. 223/2006, la partita si riapre perché la norma di interpretazione
autentica viene sostituita con una che,contraddittoriamente,prescrive che l’esenzione è condizionata
alla circostanza che le attività “non abbiano esclusivamente natura commerciale”.
Per un approfondimento, cfr. P. Clementi, a pag. 503
Manovra bis: il mutato regime fiscale dei beni immobili di enti non commerciali
D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 35, commi 8 e 9, G.U. 4 luglio 2006, n. 153
L’art. 35, comma 8, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223 apporta profonde modifiche alla normativa
Iva in materia immobiliare. In particolare sono sostituiti i numeri 8 e 8-bis dell’art. 10, comma
1, del D.P.R. n. 633/1972 ed è così disposto che sono esenti da Iva:
• le locazioni e gli affitti, relative cessioni, risoluzioni e proroghe, di terreni e aziende agricole,
di aree diverse da quelle destinate a parcheggio di veicoli, per le quali gli strumenti
urbanistici non prevedono la destinazione edificatoria,e di fabbricati,comprese le pertinenze,
le scorte e in genere i beni mobili destinati durevolmente al servizio degli immobili
locati e affittati;
• le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato,escluse quelle effettuate,entro cinque
anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento, dalle imprese costruttrici
degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito,anche tramite imprese appaltatrici,
gli interventi di cui all’art. 31, primo comma, lettere c), d) ed e) della legge 5 agosto
1978, n. 457.
L’art. 35, comma 8, lettere b) e c), e il comma 9, del D.L. n. 223/2006, dispongono conseguentemente
in merito ad alcune variazioni concernenti la possibilità di detrarre l’Iva connessa
ad operazioni immobiliari,introducendo inoltre una particolare normativa,valida solo
in sede di prima applicazione delle disposizioni del decreto,in materia di rettifica della
detrazione operata.
Per un approfondimento, cfr. M. Setti, a pag. 497

RASSEGNA DI DOCUMENTAZIONE n.8-9/2006
Prassi
non
Enti non residenti: sì alla qualifica di Onlus in presenza di tutti i requisiti di legge
Agenzia delle Entrate, Circolare 26 giugno 2006, n. 24/E
L’affermazione - contenuta nella circolare n. 168/E/1998 - secondo la quale i requisiti necessari
per la qualificazione di un soggetto nell’ambito delle Onlus (previsti dal D.Lgs. n.
460/1997) non consentono di ricomprendere in tale tipologia soggettiva gli enti non residenti,
non deve intendersi come una preclusione assoluta al riconoscimento della qualifica
di Onlus per gli enti di diritto straniero.
Ricorrendo tutti i requisiti previsti dalla legge, nulla osta al riconoscimento della qualifica
di Onlus in favore degli enti residenti all’estero e,quindi,alla possibilità che gli stessi siano
ammessi a beneficiare del relativo regime agevolativo.
Ambulanze esenti IVA solo per il trasporto di malati o feriti
Agenzia delle Entrate, Risoluzione 16 giugno 2006, n. 83/E
L’Agenzia delle Entrate risponde ad un’istanza di interpello volta a conoscere se l’esenzione
dall’IVA di cui all’art.10,n.15),D.P.R.n.633/1972,possa applicarsi per il servizio di trasporto malati
anche nel caso in cui siano stati messi a disposizione il mezzo e le persone,ma il trasporto
del malato non sia stato effettuato in quanto non ne è sorta la necessità (come, ad esempio,
un’ambulanza messa a disposizione per manifestazioni sportive durante le quali non si verifichino
di fatto eventi che comportano la necessità di soccorrere e trasportare malati o feriti).
La messa a disposizione del mezzo di soccorso e del relativo personale potrà beneficiare
dell’esenzione dall’IVA, di cui al citato art. 10, n. punto 15), D.P.R. n. 633/1972, solo nel caso
in cui la stessa è finalizzata esclusivamente al trasporto malati o feriti da parte di imprese
autorizzate e lo stazionamento è essenziale e logisticamente preordinato al trasporto di
malati e feriti.
Per un approfondimento, cfr. L. Corbella, a pag. 534
Attività socio-assistenziali: utilizzabilità del contratto di lavoro intermittente
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, Nota 13 luglio 2006, n. prot. 25/I/0001566
Il contratto di lavoro intermittente non è applicabile ai lavoratori da occupare nell’ambito
delle strutture residenziali-assistenziali per anziani.
Questo è il parere del Ministero del Lavoro e della previdenza sociale, in risposta ad un’istanza
di interpello in ordine all’utilizzabilità di tale tipologia contrattuale nell’ambito delle
strutture socio-assistenziali per anziani.L’attività di natura socio-assistenziale svolta in favore
di persone anziane nell’ambito di strutture casa/albergo non è espressamente contemplata
nella tabella del R.D. n. 2657/1923 (cui ci si deve riferire per l’individuazione dei
casi in cui è ammissibile il ricorso a tale tipologia contrattuale), né può essere ricondotta
in via interpretativa nei tipi di attività di cui al n.13 (riferite esclusivamente a prestazioni rese
nell’ambito di strutture di tipo ospedaliero) e al n.21 (che individua attività riferite a prestazioni
rese per singoli servizi - servizi igienici o sanitari, dispensari, ambulatori, guardie
mediche e posti di pubblica assistenza - tra i quali non rientrano le prestazioni rese nell’ambito
di strutture ricettive per anziani ) del decreto in esame.
Cooperative sociali: trattamento Iva delle prestazioni rese a enti locali
Agenzia delle Entrate, Risoluzione 12 luglio 2006, n. 89/E
L’Agenzia delle Entrate chiarisce il trattamento applicabile, ai fini Iva, ai corrispettivi relati-
551

552
non
n.8-9/2006 RASSEGNA DI DOCUMENTAZIONE
vi alle prestazioni di assistenza sociale ad anziani e minori, rese da una cooperativa sociale
Onlus a enti locali,effettuate entro il 31 dicembre 2005,ma fatturate nel mese di gennaio
2006. In particolare, con l’istanza di interpello si chiede di sapere se tali prestazioni debbano
ricondursi nel regime di esenzione dall’Iva di cui all’art. 10, comma 1, D.P.R. n.
633/1972, ovvero se le stesse possano essere ancora assoggettate all’aliquota agevolata del
4% prevista dall’art. 1, comma 467, della Finanziaria 2005, atteso che il momento di effettuazione
della prestazione è il 2005.A parere dell’Agenzia delle Entrate, non essendo stati
adottati, fino all’abrogazione dell’art. 1, comma 467, legge n. 311/2004 – ad opera della Finanziaria
2006 – i previsti decreti ministeriali di attuazione, le agevolazioni recate dalla
stessa legge non potevano trovare concreta applicazione.
Pertanto,la cooperativa sociale Onlus – in relazione alle prestazioni rese e riconducibili ai
n. 18), 19), 20) e 21) dell’art. 10, comma 1, D.P.R. n. 633/1972 – non avrebbe potuto avvalersi
della possibilità di optare per l’applicazione dell’aliquota Iva agevolata pari al 4%,essendo
concretamente applicabile alle stesse solo il regime di esenzione dall’Iva previsto dallo
stesso art. 10. In qualità di cooperativa sociale, avrebbe potuto applicare l’aliquota agevolata
del 4% di cui al n.41-bis) della Tabella A,parte II,allegata al D.P.R.n.633/1972,solamente
con riferimento alle prestazioni socio-sanitarie, educative, comprese quelle di assistenza
domiciliare o ambulatoriale o in comunità e simili o ovunque rese in favore dei soggetti
svantaggiati individuati dalla disposizione.
In conclusione,la questione prospettata dall’istante – derivante dall’abrogazione dell’art.1,
comma 467, legge n. 311/2004, deve considerarsi assorbita dalla circostanza che la disposizione
non ha mai trovato, di fatto, attuazione.
Sodalizi sportivi: precisazioni ENPALS per regolarizzare gli adempimenti contributivi
ENPALS, Comunicato 13 luglio 2006
L’ENPALS fornisce precisazioni in ordine alla regolarizzazione degli adempimenti di cui alle
circolari n. 7 e n. 8 del 30 marzo 2006, relativi ai direttori tecnici, massaggiatori ed istruttori
presso organismi sportivi dilettantistici.
Con riferimento alla scadenza del 17 luglio 2006, prevista per la regolarizzazione degli
adempimenti di cui alle citate circolari e in relazione alle richieste di chiarimenti relativi
alla disciplina contributiva da applicarsi nei confronti degli organismi sportivi dilettantistici
(ex art. 67, comma 1, lettera m, D.P.R. n. 917/1986), l’Ente previdenziale comunica che ha
predisposto un messaggio di chiarimenti, all’esame del Ministero del Lavoro e delle politiche
sociali.
In attesa dei chiarimenti ministeriali,per gli eventuali ritardi nell’assolvimento degli adempimenti
contributivi entro la data indicata si terrà conto delle oggettive difficoltà interpretative
riscontrate dagli organismi sportivi dilettantistici.

Agenda 2006
A cura di Marta Saccaro
Settembre
15 Venerdì Associazioni sportive dilettantistiche
AGENDA n.8-9/2006
Annotazione delle operazioni effettuate nel mese precedente.
Enti non commerciali in regime contabile supersemplificato
Tutti i contribuenti
18 Lunedì Sostituti d’imposta
Annotazione delle operazioni effettuate nel mese precedente.
Ultimo giorno utile per la regolarizzazione dei versamenti di imposte e ritenute
non effettuati (o effettuati in misura insufficiente) entro il 16 agosto
2006 ("ravvedimento breve") 1.
Versamento ritenute alla fonte e rate di addizionali da conguaglio.
Committenti di collaboratori coordinati e continuativi
Versamento dei contributi previdenziali relativi ai compensi pagati nel
mese precedente.
Committenti di prestatori occasionali
Datori di lavoro
Versamento dei contributi previdenziali relativi ai compensi pagati nel
mese precedente ai prestatori che hanno superato la soglia di 5.000 euro
annui di compenso.
Versamento dei contributi previdenziali sulle retribuzioni di competenza
del mese precedente.
Aziende del settore dello spettacolo e dello sport
non
È possibile consultare
le scadenze nella loro
completezza (soggetti
obbligati, modalità operative, codici tributo,
sanzioni, riferimenti normativi) anche
on-line: www.ipsoa.it/entinonprofit
Scade oggi il termine per il versamento dei contributi ENPALS relativi al
mese precedente.
(1) Al momento di andare in stampa non è ancora prevista la consueta proroga delle cosiddette “scadenze di ferragosto”.
553

554
non
n.8-9/2006 AGENDA
Contribuenti IVA mensili
Versamento dell’IVA dovuta per il mese precedente.
Contribuenti IVA che versano il saldo 2005 a rate a decorrere
dal 16 marzo 2006
Versamento della rata del saldo IVA 2005 maggiorata dello 0,50% per ogni
mese di differimento.
Contribuenti titolari di partita IVA che versano il saldo e l’acconto
delle imposte ratealmente a decorrere dal 20 giugno 2006
Versamento della quarta rata di imposte con la maggiorazione dell’1,43%.
Contribuenti titolari di partita IVA che versano il saldo e l’acconto
delle imposte ratealmente a decorrere dal 20 luglio 2006
Versamento della terza rata di imposte con la maggiorazione dello 0,93%.
Soggetti che esercitano attività di intrattenimento
Versamento dell’imposta sugli intrattenimenti relativi alle attività svolte
con carattere di continuità nel mese precedente.
Imprese che hanno ricevuto dichiarazioni d’intento
Termine per la presentazione telematica della comunicazione contenente
i dati delle dichiarazioni d’intento ricevute nel mese precedente.
25 Lunedì Aziende del settore dello spettacolo e dello sport
30 Sabato Sostituti d’imposta
Scade oggi il termine per la presentazione all’ENPALS della denuncia
mensile delle somme dovute e versate riguardanti il mese precedente.
Scade oggi il termine per ricevere dai dipendenti o collaboratori che si sono
avvalsi dell’assistenza fiscale, la comunicazione di voler effettuare il
versamento del secondo acconto di imposte 2006 in misura inferiore da
quella risultante dal modello 730/2006.
Ottobre
2 Lunedì Enti non commerciali che, nel mese di agosto 2006, hanno effettuato
acquisti intracomunitari nell’esercizio di attività istituzionali
per i quali è dovuta l’IVA
Presentazione della apposita dichiarazione sul modello INTRA-12, versamento
dell’imposta relativa al mese precedente e annotazione delle fatture
ricevute nel mese precedente sull’apposito registro.

Sostituti d’imposta
Sostituti d’imposta
AGENDA n.8-9/2006
Termine di presentazione in via telematica del modello 770/2006 Semplificato.
Scade oggi il termine per ravvedere l’omesso o insufficiente versamento
di ritenute per l’anno 2005 con sanzione ridotta al 6% più gli interessi moratori
al tasso legale con maturazione giorno per giorno (ravvedimento
“lungo”).
Titolari di contratti di locazione
Datori di lavoro
Versamento dell’imposta di registro sui contratti di locazione nuovi o rinnovati
tacitamente con decorrenza 1° settembre 2006.
Presentazione del mod. DM10/2 in via telematica.
Datori di lavoro e committenti di rapporti di collaborazione
coordinata e continuativa
Termine per la trasmissione telematica all’INPS del modello EMens contenente
i dati retributivi per il calcolo dei contributi del mese di agosto
2006.
Contribuenti non titolari di partita IVA che versano il saldo e l’acconto
delle imposte ratealmente a decorrere dal 20 giugno 2006
Versamento della quinta rata di imposte con la maggiorazione dell’1,67%.
Contribuenti non titolari di partita IVA che versano il saldo e l’acconto
delle imposte ratealmente a decorrere dal 20 luglio 2006
15 Domenica Associazioni sportive dilettantistiche
16 Lunedì Sostituti d’imposta
non
Versamento della quarta rata di imposte con la maggiorazione dello
1,17%, considerando la preventiva maggiorazione dello 0,40% sull’intero
importo da rateizzare.
Annotazione delle operazioni effettuate nel mese precedente.
Enti non commerciali in regime contabile supersemplificato
Annotazione delle operazioni effettuate nel mese precedente.
Versamento ritenute alla fonte e rate di addizionali da conguaglio.
555

556
non
n.8-9/2006 AGENDA
Committenti di collaboratori coordinati e continuativi
Versamento dei contributi previdenziali relativi ai compensi pagati nel
mese precedente.
Committenti di prestatori occasionali
Datori di lavoro
Versamento dei contributi previdenziali relativi ai compensi pagati nel
mese precedente ai prestatori che hanno superato la soglia di 5.000 euro
annui di compenso.
Versamento dei contributi previdenziali sulle retribuzioni di competenza
del mese precedente.
Aziende del settore dello spettacolo e dello sport
Scade oggi il termine per il versamento dei contributi ENPALS relativi al
mese precedente.
Contribuenti IVA mensili
18 Mercoledì Tutti i contribuenti
Versamento dell’IVA dovuta per il mese precedente.
Contribuenti IVA che versano il saldo 2005 a rate a decorrere
dal 16 marzo 2006
Versamento della rata del saldo IVA 2005 maggiorata dello 0,50% per ogni
mese di differimento.
Contribuenti titolari di partita IVA che versano il saldo e l’acconto
delle imposte ratealmente a decorrere dal 20 giugno 2006
Versamento della quinta rata di imposte con la maggiorazione dell’1,93%.
Contribuenti titolari di partita IVA che versano il saldo e l’acconto
delle imposte ratealmente a decorrere dal 20 luglio 2006
Versamento della quarta rata di imposte con la maggiorazione dell’1,43%.
Soggetti che esercitano attività di intrattenimento
Versamento dell’imposta sugli intrattenimenti relativi alle attività svolte
con carattere di continuità nel mese precedente.
Imprese che hanno ricevuto dichiarazioni d’intento
Termine per la presentazione telematica della comunicazione contenente
i dati delle dichiarazioni d’intento ricevute nel mese precedente.
Ultimo giorno utile per la regolarizzazione dei versamenti di imposte e ri

AGENDA n.8-9/2006
tenute non effettuati (o effettuati in misura insufficiente) entro il 18 settembre
2006 ("ravvedimento breve").
20 Venerdì Sostituti d’imposta che hanno prestato assistenza fiscale direttamente
Scade oggi il termine per la trasmissione telematica dei modelli 730/2006
predisposti.
25 Mercoledì Aziende del settore dello spettacolo e dello sport
Scade oggi il termine per la presentazione all’ENPALS della denuncia
mensile delle somme dovute e versate riguardanti il mese precedente.
Aziende del settore dello spettacolo e dello sport
30 Lunedì Titolari di contratti di locazione
Scade oggi il termine per la presentazione all’ENPALS della denuncia trimestrale
delle retribuzioni soggette a contribuzione e delle trattenute a
carico dei lavoratori pensionati concernente il trimestre precedente.
Versamento dell’imposta di registro sui contratti di locazione nuovi o rinnovati
tacitamente con decorrenza 1° ottobre 2006.
31 Martedì Enti non commerciali che, nel mese di settembre 2006, hanno effettuato
acquisti intracomunitari nell’esercizio di attività istituzionali per i quali
è dovuta l’IVA
Presentazione della apposita dichiarazione sul modello INTRA-12, versamento
dell’imposta relativa al mese precedente e annotazione delle fatture
ricevute nel mese precedente sull’apposito registro.
Contribuenti IVA che presentano la dichiarazione in via autonoma
Scade oggi il termine di presentazione in via telematica della dichiarazione
IVA.
Contribuenti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare
tenuti alla presentazione di UNICO 2006
Scade oggi il termine di presentazione della dichiarazione in via telematica
(per i soggetti con esercizio non coincidente con l’anno solare la scadenza
per l’invio telematico è entro dieci mesi dalla chiusura dell’esercizio
o della gestione).
Sostituti d’imposta interessati
non
Scade oggi il termine di presentazione del modello 770/2006 Ordinario,dichiarazione
che può essere inserita anche nel modello UNICO 2006.
557

558
non
n.8-9/2006 AGENDA
Contribuenti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare
tenuti alla presentazione di UNICO 2006 in via telematica
Scade oggi il temine per ravvedere l’omesso o insufficiente versamento di
imposte effettuato nell’esercizio 2005 con sanzione ridotta al 6% più gli interessi
moratori al tasso legale con maturazione giorno per giorno (ravvedimento
“lungo”).
Proprietari di immobili
Scade oggi il termine di presentazione della dichiarazione ICI relativa alle
variazioni intervenute nell’anno 2005 per i contribuenti che presentano
la dichiarazione UNICO 2006 in via telematica.
Proprietari di immobili di cui al punto precedente
Scade oggi il termine per ravvedere l’omesso o insufficiente versamento
ICI per l’anno 2005 con sanzione ridotta al 6% più gli interessi moratori al
tasso legale con maturazione giorno per giorno (ravvedimento “lungo”).
Contribuenti IVA legittimati a chiedere il rimborso infrannuale
Scade oggi il termine di presentazione della domanda di rimborso (o
compensazione) del credito IVA relativo al terzo trimestre 2006.
Contribuenti per i quali scade oggi il termine di presentazione
di UNICO 2006
Datori di lavoro
Ultimo giorno utile per stampare i libri contabili relativi all’esercizio 2005.
Presentazione del mod. DM10/2 in via telematica.
Datori di lavoro e committenti di rapporti di collaborazione
coordinata e continuativa
Termine per la trasmissione telematica all’INPS del modello EMens contenente
i dati retributivi per il calcolo dei contributi del mese di settembre 2006.
Contribuenti non titolari di partita IVA che versano il saldo e l’acconto
delle imposte ratealmente a decorrere dal 20 giugno 2006
Versamento della sesta rata di imposte con la maggiorazione dell’2,17%.
Contribuenti non titolari di partita IVA che versano il saldo e l’acconto
delle imposte ratealmente a decorrere dal 20 luglio 2006
Versamento della quinta rata di imposte con la maggiorazione dello
1,67%, considerando la preventiva maggiorazione dello 0,40% sull’intero
importo da rateizzare.
Aggiornato al 21 luglio 2006