12.06.2013 Views

scarica il tabloid - Oriente Occidente

scarica il tabloid - Oriente Occidente

scarica il tabloid - Oriente Occidente

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

«Nessuno conosce tutti i popoli che vivono<br />

lungo le coste, neppure essi si conoscono<br />

abbastanza. Qualche volta non sappiamo<br />

neppure bene cosa significhi in questo caso<br />

la parola popolo: una città o un paese, una<br />

nazione o uno stato, una cosa separata<br />

dall’altra o entrambe insieme».<br />

Predrag Matvejevic, ´ Breviario Mediterraneo<br />

«ed è sempre qui che la storia e la<br />

navigazione imperterrita di Ulisse, intento a<br />

cercare la conferma di una casa, perdono<br />

l’orientamento e vanno alla deriva coi<br />

venti sostenute dalla sfida polifonica di una<br />

modernità multipla e di un Mediterraneo<br />

policentrico».<br />

Iain Chambers, Le molte voci del Mediterraneo<br />

SULLE ROTTE<br />

DI ULISSE<br />

La complessità geografica del Mediterraneo, dalle coste meridionali<br />

dell’Europa a quelle nord-occidentali dell’Asia e a quelle settentrionali<br />

dell’Africa, può essere meglio compresa attraverso <strong>il</strong> fitto intreccio delle sue<br />

storie e la ripetuta sovrapposizione dei territori che la rendono, oggi più di<br />

ieri, irriducib<strong>il</strong>e al controllo ideologico di una o più frontiere, tantomeno a<br />

una unitaria ed eterodiretta narrazione della sua storia.<br />

L’attenzione che <strong>il</strong> Festival <strong>Oriente</strong> <strong>Occidente</strong> quest’anno dedica al<br />

Mediterraneo non è un invito a un tipo di riconoscimento capace di mettere<br />

ordine a tutte le memorie che oggi si stanno formando, anche grazie ai più<br />

recenti movimenti di liberazione verso la democrazia. Si tratta più di una<br />

vera e propria esperienza di spaesamento e di abbandono a tutte quelle<br />

diverse e nuove misure di mondo che potenzialmente sono racchiuse<br />

in ognuna delle performance ospitate dal Mediterraneo, quest’anno,<br />

a Rovereto. Nuove misure di mondo con cui confrontare le nostre<br />

interpretazioni, le nostre scelte, le nostre stesse certezze identitarie. Perché<br />

occorre saper superare i messaggi di panico e di paura lanciati dai movimenti<br />

di opinione e dai media più irresponsab<strong>il</strong>i – sui migranti, ad esempio – e<br />

mostrare invece, attraverso l’immaginazione delle culture, in questo caso<br />

soprattutto musicali e di danza, la grande forza vitale di un mare condiviso<br />

da sempre tra alterità profonde, ricche di valori e contenuti, stratificate,<br />

complesse.<br />

Si tratta allora davvero di un «mare di conoscenza» capace di arricchire e<br />

modificare, oggi, un ritratto che troppo spesso contiene e divide, alza soglie<br />

e barriere anziché dispiegare pensiero e potenzialità di futuro.<br />

Così, dal flamenco di Mercedes Ruiz alla taranta di Maristella Martella e<br />

alla vocalità salentina di Enza Pagliara con le note popolari del Canzoniere<br />

Grecanico Salentino diretto da Mauro Durante; dalle vertigini dei<br />

dervishi rotanti di Ziya Azazi, magari in controcanto al ba<strong>il</strong>ador flamenco<br />

Augustin Barajas nel nuovo progetto della Tangeri Café Orchestra, o al<br />

moderno teatrodanza egiziano, fortemente engagé, di Walid Aouni, e<br />

alla ormai planetaria attività del coreografo israeliano Ohad Naharin, le<br />

correnti culturali di un mare inesaurib<strong>il</strong>e si incontrano e si intrecciano, si<br />

sovrappongono e si accavallano assieme, qui a <strong>Oriente</strong> <strong>Occidente</strong>, in una<br />

possib<strong>il</strong>e corrente della memoria del presente. E secondo proprio un modello<br />

di pedagogia dal basso cara a tanta critica postcoloniale, con gli enigmi<br />

corvini di Josef Nadj, con la danza fusion del franco-algerino di base a<br />

Lione, Abou Lagraa, con le danze arabe di Djam<strong>il</strong>a Henni-Chebra, anch’essa<br />

franco-algerina, con la tradizione ridotta a puzzle dalla greca Apotosoma<br />

Dance Company di Andonis Foniadakis, con le coproduzioni del Festival<br />

per i due italiani vincitori del concorso coreografico Danz’è della passata<br />

edizione: Gabriel Beddoes e Francesca Manfrini. Tante frontiere, dunque<br />

nessuna frontiera. Perché, ancora con le parole di Iain Chambers: «La<br />

frontiera non è un oggetto, ma la materializzazione dell’autorità».<br />

Il Presidente<br />

Paolo Baldessari<br />

I Direttori Artistici<br />

Lanfranco Cis e Paolo Manfrini

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!