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Ignazio Silone, pseudonimo di Secondino Tranquilli, nasce a ...

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<strong>Ignazio</strong> <strong>Silone</strong>, <strong>pseudonimo</strong> <strong>di</strong> Secon<strong>di</strong>no <strong>Tranquilli</strong>, <strong>nasce</strong> a Pescina dei Marsi (L'Aquila) il 1 maggio 1900,<br />

figlio <strong>di</strong> un piccolo proprietario terriero e <strong>di</strong> una tessitrice. Frequenta il ginnasio nel seminario della <strong>di</strong>ocesi.<br />

A quin<strong>di</strong>ci anni, rimasto senza genitori e senza casa a causa del terremoto, prosegue il liceo presso un istituto<br />

religioso <strong>di</strong> Reggio Calabria. Non continua gli stu<strong>di</strong>, e tra i 17 e i 18 anni si trasferisce a Roma,ove<br />

s'immerge del tutto nella lotta politica. Tra il 1919 e il 1921 <strong>di</strong>viene membro della segreteria dell'Unione<br />

socialista romana, della redazione dell'Avanti! e <strong>di</strong>rige L'Avanguar<strong>di</strong>a, il settimanale dei giovani socialisti.<br />

Nel 1921 partecipa alla fondazione del Partito Comunista d'Italia come rappresentante della Gioventù<br />

Socialista; <strong>di</strong>viene quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>rigente dell'Organizzazione giovanile comunista e poi del Partito. Nel 1922 si<br />

trasferisce a Trieste come redattore del quoti<strong>di</strong>ano II Lavoratore. Membro della <strong>di</strong>rezione del Partito<br />

Comunista, tra il 1921 e il 1927, compie <strong>di</strong>verse missioni sia in Russia che in altri paesi europei.<br />

Nel maggio del 1927 si reca insieme con Togliatti a Mosca per partecipare alle riunioni del Komintern che<br />

portano alla condanna e all'espulsione <strong>di</strong> Trotsky e Zinov'ev. <strong>Silone</strong> si oppone all'espulsione dei due e lascia<br />

il Partito Comunista d'Italia nel 1930. Esule si stabilisce in Svizzera dove rimane fino all'autunno del 1944 e<br />

per <strong>di</strong>eci anni non si occupa più <strong>di</strong> politica attiva de<strong>di</strong>candosi all'attività letteraria.<br />

Agli inizi degli anni '40, <strong>Silone</strong> torna all'attività politica <strong>di</strong>rigendo in Svizzera il Centro Estero del Partito<br />

Socialista. Dirige il quin<strong>di</strong>cinale socialista L'avvenire dei Lavoratori.<br />

Le autorità elvetiche, per non complicare i rapporti con il governo italiano, lo fanno rinchiudere prima nel<br />

carcere <strong>di</strong> Zurigo, poi nei campi d'internamento a Baden e a Davos. Nel 1944 rientra in Italia e si stabilisce a<br />

Roma dove sposa l'irlandese Darina Elisabeth Laracy conosciuta qualche anno prima in Svizzera. Dal 1945<br />

al 1946 <strong>di</strong>rige l'Avanti!. Nello stesso anno 1946 viene eletto all'Assemblea Costituente per il PSIUP in<br />

Abruzzo.<br />

Abbandonata del tutto l'attività politica nel 1956 fonda e <strong>di</strong>rige, con Nicola Chiaromonte, la rivista Tempo<br />

Presente. Il 18 Agosto 1978, dopo una lunga serie <strong>di</strong> malattie, <strong>Silone</strong> muore in una clinica a Ginevra.<br />

Qualche appunto su <strong>Silone</strong><br />

Non è possibile separare nettamente l’opera siloniana dalla sua biografia: i testi dello scrittore abruzzese<br />

hanno le proprie ra<strong>di</strong>ci nella vita vissuta, nella vita combattuta. Non a caso egli anticipa i tempi: si può<br />

definire infatti <strong>Silone</strong> un Neorealista ante-litteram, dal momento che Fontamara, la sua prima opera, è del<br />

1930, una decina d’anni prima degli altri testi neorealisti. In un periodo in cui gli intellettuali erano chiusi<br />

nella “torre d’avorio”, <strong>Silone</strong> mette a tema la realtà <strong>di</strong> una regione italiana povera e fa dei conta<strong>di</strong>ni<br />

marsicani, i “cafoni”, i protagonisti del suo romanzo. Sulla stessa lunghezza si collocano, pur con accenti e<br />

tonalità <strong>di</strong>verse, anche le altre opere siloniane, da Pane e vino a Il segreto <strong>di</strong> Luca, da La volpe e le camelie<br />

a L’avventura <strong>di</strong> un povero cristiano. Scrive l’autore: “ogni mio interesse, come scrittore, è rivolto al<br />

presente”. È possibile dunque rintracciare alcuni motivi dominanti nella narrativa (e anche nella saggistica)<br />

dello scrittore. In primo luogo egli mette sempre a tema l’uomo e il suo riscatto nei confronti <strong>di</strong> strutture<br />

<strong>di</strong>sumanizzanti, strutture cioè che privano l’in<strong>di</strong>viduo <strong>di</strong> quanto lo definisce tale: la libertà, la lealtà, il<br />

rigore morale. Da ciò deriva la forte opposizione al fascismo, presentato in tutta la sua ipocrisia e la sua<br />

aberrazione. Non a caso i protagonisti dei romanzi siloniani sono “eroi” <strong>di</strong> forte tempra morale, i quali si<br />

trovano a combattere contro le ingiustizie, i soprusi, il male. Da qui la <strong>di</strong>ffidenza <strong>di</strong> <strong>Silone</strong> verso ogni tipo <strong>di</strong><br />

organizzazione, non solo contro il fascismo, tanto che si definisce:“socialista senza partito, cristiano senza<br />

chiesa”. Per lui dunque scrivere non è un atto estetico: il go<strong>di</strong>mento del bello non è il primo fine dei suoi<br />

testi, poiché al centro vi è sempre l’uomo e la denuncia, ora più <strong>di</strong>retta, ora meno <strong>di</strong>retta, <strong>di</strong> ciò che<br />

contrasta con i valori della verità, della libertà. Scrive:“Lo scrivere non è stato, e non poteva essere, per me,<br />

salvo in qualche raro momento <strong>di</strong> grazia, un sereno go<strong>di</strong>mento estetico, ma la penosa e solitaria<br />

continuazione <strong>di</strong> una lotta”. In questo contesto si collocano anche i temi dell’amore, dell’affetto,<br />

dell’amicizia: vi è cioè una sorta <strong>di</strong> “alleanza dei buoni”, <strong>di</strong> chi con<strong>di</strong>vide la passione e la lotta per il bene<br />

dell’uomo, che non può che <strong>di</strong>pingersi con i toni dell’amore, del rispetto, della stima e della collaborazione.<br />

Da qui deriva anche la scelta della lingua e dello stile: essi si collocano ad un livello me<strong>di</strong>o, senza troppo<br />

indulgere al basso, senza troppo elevarsi: lo scopo è la comunicatività.<br />

Un altro nucleo tematico dell’opera siloniana, legato a queste prime considerazioni, è l’utopia, che si<br />

potrebbe definire “utopia realizzabile”: in <strong>Silone</strong> la tensione alla giustizia implica il suo essere per certi<br />

versi “utopica”, cioè impossibile; tuttavia i personaggi sono animati da una forza morale così pura (che non<br />

significa perfetta o immacolata, ma che alla ra<strong>di</strong>ce essa è buona e <strong>di</strong>sinteressata) che l’ideale a cui tendono<br />

<strong>di</strong>viene per essi realizzabile, possibile: non manca mai la virtù della speranza; senza essa gli eroi siloniani<br />

sarebbero degli sconfitti o degli idealisti senza aggancio vero con la realtà. Invece tale aggancio esiste ed è


fecondo: da qui l’”utopia realizzabile”. Scrive lo scrittore: “Se l’utopia non è spenta, né in religione, né in<br />

politica, è perché essa risponde a un bisogno profondamente ra<strong>di</strong>cato nell’uomo. Vi è nella coscienza<br />

dell’uomo un’inquietu<strong>di</strong>ne che nessuna riforma e nessun benessere materiale potranno mai placare. La<br />

storia dell’utopia è perciò la storia <strong>di</strong> una sempre delusa speranza, ma <strong>di</strong> una speranza tenace. Nessuna<br />

critica razionale può sra<strong>di</strong>carla, ed è importante saperla riconoscere anche sotto connotati <strong>di</strong>versi”.<br />

Una considerazione merita infine la religiosità <strong>di</strong> <strong>Silone</strong>, secondo quanto emerge dalla sua opera. Manca<br />

nello scrittore abruzzese un evidente slancio trascendentale: il cristianesimo è una religione per l’uomo e i<br />

pover;, gli umili incarnano ai suoi occhi un modo reale e potente <strong>di</strong> intendere e vivere il messaggio<br />

cristiano: il Vangelo siloniano è per la vita, non per l’al<strong>di</strong>là. Ovviamente tale aspetto del suo pensiero è<br />

legato al tema dell’“utopia realizzabile”. Il Vangelo è dunque per lo scrittore una grande <strong>di</strong>chiarazione<br />

d’amore per l’uomo, soprattutto il debole: il mondo gli si oppone, ma vale sempre la pena per <strong>Silone</strong><br />

impegnarsi, giocarsi la vita per l’uomo. Emblematica a riguardo un’espressione tratta dall’Avventura <strong>di</strong> un<br />

povero cristiano:“Vi sarà sempre qualche cristiano che prenderà Cristo sul serio, qualche cristiano<br />

assurdo”.

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