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Matteo Magri - Comune di Arcene

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Avevi capito che qualcosa non funzionava quando, dopo tre mesi, aveva cominciato a tornare il venerdì<br />

sera. “Motivi <strong>di</strong> lavoro, sto lavorando come una pazza”. Gli stessi motivi <strong>di</strong> lavoro che causavano stress e le<br />

impe<strong>di</strong>vano <strong>di</strong> fare l’amore come pazzi. Dopo cinque mesi l’aveva chiamato il venerdì alle 19 per avvisarlo<br />

che quella settimana non sarebbe tornata a casa. “Devo accompagnare a Palermo il mio capo”, la<br />

spiegazione. Le antenne si erano drizzate ma non avevi dato grande importanza. Per cercare <strong>di</strong> riavvicinarti<br />

le avevi fatto una sorpresa prima dello scorso natale, avevi preso qualche giorno <strong>di</strong> ferie extra per<br />

raggiungerla, per poi salire insieme e festeggiare il Natale con il resto della famiglia. Volevi farle una<br />

sorpresa.<br />

CAPITOLO TREDICESIMO, BUENOS AIRES 21 FEBBRAIO, ORE 18.12<br />

L’obiettivo ha mansioni che vanno oltre a quello per cui è stipen<strong>di</strong>ato dal suo Paese. Quel 45enne seduto e<br />

che si sta accendendo il Cohiba ha affari loschi, loschissimi in Argentina; dalla sua piccola posizione <strong>di</strong><br />

potere ha scalato la vetta ed è <strong>di</strong>ventato il principale controllore del traffico <strong>di</strong> droga dal continente latino<br />

verso quello europeo. Tra una cerimonia ufficiale, un incontro con il primo ministro e l’assistere ad<br />

un’amichevole della Celeste alla Bombonera, controlla i suoi traffici. Con il beneplacito dello stesso governo<br />

argentino. Incre<strong>di</strong>bile ma geniale allo stesso tempo. Lo Stato non avendo armi per combattere la legalità, ha<br />

deciso <strong>di</strong> scendere nello stesso campo <strong>di</strong> gioco della criminalità organizzata affidando il compito <strong>di</strong> gestire la<br />

“remuntada” nei confronti della malavita al funzionario europeo che si è <strong>di</strong>mostrato particolarmente<br />

adatto al compito e sta mettendo in ginocchio tutti i trafficanti <strong>di</strong> droga sudamericani. E dall’Europa? Sanno<br />

tutto ma stanno zitti perché il lavoro frutta denaro anche per il Vecchio Continente. Si è deciso <strong>di</strong> prendere<br />

quello che non è stato possibile combattere. Geniale, ma non hanno fatto i conti con chi si ritrova, grazie a<br />

questo stratagemma, a non avere più un soldo in tasca e a trovarsi <strong>di</strong>soccupato quasi dall’oggi al domani. E<br />

quando uno si trova ad annegare e con l’acqua alla gola, il primo appiglio che trova se lo tiene stretto.<br />

Quell’appiglio per tutto il mondo malavitoso che ha fatto sol<strong>di</strong> con la droga negli ultimi decenni sei tu, il<br />

migliore in circolazione per fare certi lavoretti.<br />

CAPITOLO QUATTORDICESIMO, ROMA 22 DICEMBRE 2002, ORE 18.14<br />

Hai preso l’aereo il lunedì mattina presto e sei partito per Roma. “Le farà piacere – avevi pensato – Ci<br />

riavvicineremo un po’ dopo un periodo così così”. Non sapevi che il piacere si sarebbe trasformato in dolore<br />

in un attimo. Da Fiumicino avevi preso un taxi verso il centro: l’in<strong>di</strong>rizzo l’avevi appuntato la sera prima su<br />

un foglietto, con il sorriso sulle labbra. Arrivato davanti al palazzo dell’appartamento avevi atteso che<br />

qualcuno uscisse dal portone per entrare senza citofonarle. Alla signora le avevi chiesto il piano facendo<br />

finta <strong>di</strong> essere lì per una commissione. Eri stato fortunato perché ti aveva in<strong>di</strong>cato il piano esatto, il settimo.<br />

Salite le scale, ora sei arrivato davanti alla porta dell’appartamento. Guar<strong>di</strong> l’orologio, le 8 in punto.<br />

“Dovrebbe essere in pie<strong>di</strong> da poco, le preparerò la colazione come faccio <strong>di</strong> solito quando è a casa”, ti <strong>di</strong>ci.<br />

Bussi. Nulla. Ribussi. La porta si apre. Gelo. Davanti a c’è un uomo in boxer che ti fissa. Lo riconosci subito.<br />

“Amore, chi è?”, senti alle spalle dell’uomo e coperta solo da un lenzuolo compare lei. Ti ha visto ed è<br />

immobile, muta, incapace <strong>di</strong> <strong>di</strong>re qualsiasi cosa. “Lei chi è?”, ti chiede l’uomo. La tua risposta è una sola, un<br />

<strong>di</strong>retto destro che si schianta contro il suo naso. Senti le ossa frantumarsi, ve<strong>di</strong> il getto <strong>di</strong> sangue uscire dal<br />

suo viso e finire ovunque, compreso sul tuo cappotto. Lo osservi cadere come una pera cotta. Senti, mentre<br />

scen<strong>di</strong> le scale, urlare tua moglie: “Lo hai ucciso!”. Le urla terminano quando le porte dell’ascensore si<br />

chiudono. E’ ancora presto per uccidere.

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