14.06.2013 Views

Canino

Canino

Canino

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

intonaci e costru-<br />

intonaci e<br />

costruzioni<br />

edili<br />

Loc. Le Mosse, snc<br />

01011 CANINO (VT)<br />

<strong>Canino</strong><br />

2008<br />

A duecento anni dalla venuta a <strong>Canino</strong> di Luciano Bonaparte<br />

Trimestrale della ASSOCIAZIONE CULTURALE LUCIANO BONAPARTE PRINCIPE DI CANINO - Largo Luciano Bonaparte, 46 - 01011 CANINO (VT)<br />

Anno I n° 2 - Aprile 2006 - Spedizione in abbonamento postale n° 30453645-001 - 70% - DCB Viterbo<br />

PRESENTATO IL PERIODICO “CANINO 2008”<br />

Mauro Marroni<br />

Presso l’Aula Consiliare del Comune di <strong>Canino</strong>, con la partecipazione dell’Assessore alla Cultura Prof. Roberto<br />

Selleri, domenica 5 marzo 2006 abbiamo presentato alla cittadinanza il nostro giornale. Gli interventi dell’Assessore,<br />

del Direttore Responsabile Giuseppe Rescifina, del Vice Presidente della nostra Associazione Gianfranco Landi, dei collaboratori<br />

ed amici tra cui Amedeo Mercurio, Bruno Del Papa, Romualdo Luzi, hanno sottolineato l’interesse suscitato<br />

da questa nostra iniziativa, il favorevole suo accoglimento negli ambienti culturali a vario titolo interessati all’opera di<br />

rivalutazione della figura del Principe di <strong>Canino</strong>, le auspicate ricadute positive per la valorizzazione del territorio.<br />

Abbiamo così concluso gli adempimenti formali legati alla fase di costituzione della Associazione ed alla nascita del<br />

giornale che ne vuole essere la voce ed il pratico legame con i soci.<br />

Ora dobbiamo far si che questa nostra iniziativa vada ad integrarsi con quelle intraprese dalle amministrazioni locali,<br />

dalle altre associazioni di volontariato, dagli operatori economici al fine di contribuire a dare il necessario impulso<br />

alla economia del paese.<br />

<strong>Canino</strong> ed il territorio circostante possono essere definiti come un grande museo inserito in uno dei più incontaminati<br />

territori costieri: i siti archeologici di Vulci, Castellardo, Castro, il museo nazionale etrusco di Ponte dell’Abbadia,<br />

il Parco Naturalistico Archeologico,le vicine<br />

oasi WWF, il litorale protetto e delimitato<br />

dalla macchia mediterranea, sono un richiamo<br />

turistico di grande rilievo.<br />

<strong>Canino</strong> è la terra dell’olio extravergine di<br />

oliva tra i più conosciuti ed apprezzati e di<br />

produzioni agricole con standard qualitativi<br />

eccellenti.<br />

E’ quindi uno degli innumerevoli centri<br />

italiani di rilevante interesse storico, paesaggistico,<br />

gastronomico, terra degli etruschi,<br />

del Ducato di Castro, dei Farnese. Uno tra<br />

tanti? No, <strong>Canino</strong> è il principato di Luciano<br />

Bonaparte. Qui ha trascorso gran parte della<br />

sua vita, qui sono le case che abitò, qui è<br />

sepolto, nella cappella di famiglia, il più<br />

importante tra i fratelli di Napoleone; il fautore<br />

del colpo si stato che portò al potere il<br />

futuro imperatore, il Senatore, Ministro degli<br />

Interni della prima Repubblica consolare<br />

francese, l’Ambasciatore in Spagna, il<br />

Principe francese e romano, lo scrittore,<br />

astronomo, archeologo, capostipite di una<br />

numerosissima famiglia che annovera personaggi<br />

che vanno dal figlio primogenito Carlo<br />

Luciano, vice presidente della Repubblica<br />

Romana, alla pronipote Marie, amica di<br />

Freud e Principessa di Grecia.<br />

Non è azzardato sostenere che <strong>Canino</strong> ha<br />

i numeri per essere considerato tra i più<br />

importanti centri della epopea napoleonica.<br />

Noi riteniamo che la valorizzazione di<br />

questo patrimonio possa essere il volano per<br />

un deciso rilancio di una politica turistica che<br />

sia da traino per le collegate attività ricettive<br />

e di ristorazione, commerciali ed artigianali.<br />

Ci attiveremo quindi per promuovere incontri<br />

con Amministrazioni, Associazioni di<br />

categoria, operatori economici per concordare<br />

un insieme di azioni finalizzate allo scopo<br />

comune.<br />

Obiettivo non ambizioso che necessita<br />

però del fattivo apporto di un appropriato<br />

numero di collaboratori, del concreto aiuto<br />

dei soci e degli amici che vorranno percorrere<br />

con noi questo cammino.<br />

Continua nell’inserto di questo secondo<br />

numero la pubblicazione a puntate<br />

delle Memorie di Luciano Bonaparte,<br />

che appaiono per la prima volta in edizione<br />

italiana (traduzione di Pino<br />

Castelli e Amedeo Mercurio).<br />

Carlotta Bonaparte in abito di contadina di <strong>Canino</strong> Roma, Museo Napoleonico<br />

ANTIQUARIATO<br />

OGGETTISTICA<br />

RESTAURI<br />

Il Rigattiere<br />

CANINO<br />

Largo L. Bonaparte, 46<br />

Tel. 0761.438970<br />

Cell. 338.8829083<br />

Wicar e<br />

Luciano Bonaparte<br />

Giulia Gorgone<br />

Per approfondire la conoscenza del legame<br />

tra Luciano Bonaparte e <strong>Canino</strong> ci è parso<br />

opportuno pubblicare, almeno in parte, il testo<br />

Wicar e i Bonaparte: dagli anni giacobini agli<br />

anni dell’esilio che introduce il catalogo della<br />

mostra Jean-Baptiste Wicar. Ritratti della famiglia<br />

Bonaparte che fu realizzata dal Museo<br />

Napoleonico nel 2004 e successivamente trasferita<br />

nella sede del Museo Diego<br />

Aragona Pignatelli Cortes a<br />

Napoli.<br />

[...] Un anno dopo [1804]<br />

giungeva a Roma Luciano<br />

Bonaparte, dopo la rottura dei suoi<br />

rapporti con il fratello pronto a<br />

cingere la corona di Imperatore dei<br />

francesi. Un ritratto maschile, conservato<br />

in uno dei due album<br />

Wicar conservati al Museo<br />

Napoleonico di Roma, attesta la<br />

familiarità già raggiunta nel 1805<br />

tra l’artista e la maison di Luciano;<br />

alla base del disegno, infatti,<br />

Wicar scriveva in grafite: “M. de<br />

France, chirurgien de S.E.M. le<br />

Senateur Lucien Bonaparte f. à<br />

Rome l’an 1805”. Il ritratto (fig. 3)<br />

che raffigura l’excellent dottor<br />

Defrance con la mano destra infilata<br />

alla napoleonica nella redingote,<br />

probabilmente fu realizzato<br />

nella prima residenza romana di<br />

palazzo Lancellotti ai Coronari,<br />

dove la famiglia di Luciano poteva<br />

godere dell’ospitalità dello zio, il<br />

cardinal Fesch, giunto a Roma nel<br />

1803 per sostituire Cacault. Si può<br />

dunque pensare che fu proprio il<br />

fratellastro di Madame Mère a far<br />

conoscere Wicar e Luciano. Da<br />

questi nel 1806 arrivò un’importante<br />

commissione: il suo ritratto<br />

in veste di presidente del<br />

Consiglio dei Cinquecento. Si<br />

cominciava a delineare nella sua<br />

peculiarità, quindi, il legame dell’artista<br />

con Luciano che si differenziò<br />

da quello avuto con gli altri<br />

napoleonidi non solo per la lunga<br />

(continua a pag. 2)


durata, ma anche per la natura più familiare. Vi<br />

furono certo periodi di lontananza, in particolare<br />

quando Wicar fu chiamato da Giuseppe a Napoli a<br />

ricoprire l’incarico di direttore dell’Accademia di<br />

Belle Arti. Da Napoli, dove soggiornò dal luglio<br />

1807 al settembre 1809, egli non perdeva, però, di<br />

vista le commissioni del senatore: sospettoso del<br />

ruolo che stava assumendo lo scultore Marin presso<br />

Luciano, si rivolse all’allievo Giangiacomo per<br />

avere informazioni dettagliate “de tout ce qui se fait<br />

pour Lucien Bonaparte” e su “quels artistes y sont<br />

employés”.<br />

Al ritorno di Wicar da Napoli, iniziò un periodo<br />

di intense frequentazioni con Luciano e la sua famiglia.<br />

L’artista, per portare a compimento i numerosi<br />

ritratti di famiglia e soprattutto la grande tela di<br />

Carlotta in abiti di contadina di <strong>Canino</strong>, risiedette a<br />

lungo a <strong>Canino</strong>. Da lì scriveva, il 7 febbraio del<br />

1810, a Canova: “Sto qui lavorando come un cane<br />

ho già abbozzato avanzato un ritratto in piedi della<br />

figlia maggiore del Sig. Luciano” e, a marzo, insisteva:<br />

“sono qui molto occupato per S.E. ed non<br />

posso lasciare in verun modo li miei lavori per venire<br />

in Roma se no che allorquando S.E. se ne ritornerà<br />

alla Rufinella ed questa epoca credo che non<br />

accaderà prima della metà del prossimo giugno”.<br />

A questo periodo, trascorso tra la “felicità domestica”<br />

di <strong>Canino</strong>, sono ascrivibili i numerosi ritratti<br />

conservati in uno dei due album Wicar del Museo<br />

Napoleonico di Roma, in cui accanto ai figli e alla<br />

moglie Alexandrine, compaiono le figure, note e<br />

meno note, dell’entourage di Luciano. E così, tra le<br />

pagine dell’album, individuate dalla grafia di Wicar<br />

stesso, spuntano le immagini di Andrè Campi, dell’abate<br />

Charpentier, di Cachet “maitre d’hotel du M.<br />

Lucien 1810 a <strong>Canino</strong>”, di M. Servière e di sua<br />

moglie “M.dme Serviere née Lethière”, dell’”avvocato<br />

Vagniolini di <strong>Canino</strong>” o del piccolo “Giuseppe<br />

Valentini di <strong>Canino</strong>”.<br />

Un posto rilevante in questo repertorio iconografico,<br />

in cui compare da solo o accanto a Carlo<br />

Luciano del quale era precettore, è occupato da<br />

padre Maurizio da Brescia che Luciano aveva definito<br />

in un passo delle sue Memorie: “mon meilleur<br />

L’Abate Charpentier - Cachet (maître d’hotel di Luciano Bonaparte) - il sig. Serivière - l’Avvocato Vagnolini - Giuseppe<br />

Valentini - Padre Maurizio da Brescia. Roma, Museo Napoleonico<br />

Schizzo preparatorio per il gruppo di famiglia collocato sullo sfondo del grande ritratto di Carlotta.<br />

L’iscrizione ai piedi del disegno, ci aiuta a riconoscere i bimbi ritratti da Wicar in questo schizzo veloce.<br />

Sembrerebbe infatti che siano stati inseriti in questo gruppo una bambina e due bambini. Tra questi è facilmente identificabile il<br />

maggiore Carlo Luciano, l’altro è quasi sicuramente Paolo, nato il 19 febbraio 1809 a <strong>Canino</strong>; la piccola, tenuta per mano da<br />

Luciano è Giovanna nata a Roma il 22 luglio del 1807.<br />

Roma, Museo Napoleonico<br />

- 2 -<br />

ami, depuis trente ans mon fidèle compagnon<br />

d’ètudes et de voyage”. Imparentato con i<br />

Baciocchi, era entrato, grazie alla raccomandazione<br />

del senatore di Roma, Rezzonico, nella maison<br />

di Luciano dove ricopriva un ruolo fondamentale:<br />

cappellano di famiglia, educatore dei figli, confidente.<br />

Con questa galleria di portraits, legata alla<br />

famiglia e all’entourage di Luciano, la felice matita<br />

di Wicar sembra quasi sostituirsi alla penna del<br />

memorialista per restituirci l’intimità di una vita<br />

lontana dai fasti imperiali, immersa nell’atmosfera<br />

semplice, agreste, delle residenze di Frascati e di<br />

<strong>Canino</strong>. Tale tranquilla esistenza della famiglia di<br />

Luciano e del suo numeroso seguito, che era stata<br />

minacciata dall’annessione degli Stati romani<br />

all’Impero francese, fu ulteriormente alterata dall’inasprimento<br />

dei rapporti con l’imperatore tanto<br />

da spingere Luciano ad affrettare la partenza per la<br />

vagheggiata America (mai raggiunta perché<br />

Luciano e il suo seguito furono costretti all’esilio<br />

in Inghilterra). Alla notizia che il suo protettore<br />

stava preparandosi a lasciare l’Italia, Wicar accorse<br />

alla Rufinella per congedarsi da lui; proprio quel


giorno, il 3 luglio 1810, la sua matita tracciò le morbide fattezze della giovane<br />

Geneviève Bacquet, attachée al servizio di Anna Jouberthon. Beaucamp scrive<br />

che gli addii tra l’artista e Luciano avvennero a <strong>Canino</strong> ma la scritta, sotto la<br />

linea ovale che racchiude il ritratto, è chiara: “M.me Geneviève Bacquet<br />

Romaine, au Service de M.lle Anna fille de M.me Alexandrine Bonaparte, née<br />

Joubertaux (sic), Tusculum 1810, 3 juillet jour du départ de LL.EE. pour<br />

l’Amerique”. Potrebbe darsi che il 3 luglio la famiglia di Luciano lasciasse<br />

villa Rufinella per aspettare a <strong>Canino</strong> che tutto fosse pronto per l’imbarco da<br />

Civitavecchia, avvenuto nei primi giorni di agosto come attestano molte fonti<br />

anche memorialistiche.<br />

Al ritorno di Luciano e della sua famiglia nello stato pontificio, dopo un’assenza<br />

durata oltre quattro anni, Wicar tornò a godere della sua protezione, inserendosi<br />

con agio nell’ambiente dei Bonaparte che avevano trovato dimora a<br />

Roma in quegli anni: entrò così in relazione con Madame Mère, con Luigi, con<br />

Paolina della quale tracciò un ritratto, intenso e suggestivo, in cui veniva esaltata<br />

la sua bellezza ormai diafana. Luciano stesso commissionò al pittore un<br />

ritratto della madre; il 12 settembre 1817 Wicar, infatti, scriveva a Visconti:<br />

“Le faccio sapere che dipinsi, tre anni or sono, per ordine di S.E. il Sig. principe<br />

di <strong>Canino</strong>, la semplice testa di Madama Madre che mi fu pagata scudi<br />

70”19. Si può supporre che in questa occasione Wicar conobbe l’abate<br />

Colonna, “ciambellano” della madre di Napoleone, e ne seguì il ritratto.<br />

L’anno 1817 vide ancora l’artista destinatario di numerose committenze da<br />

parte dei napoleonidi; oltre a Luciano, si rivolsero a lui Luigi Bonaparte ed<br />

Eugenio de Beauharnais. L’ex re d’Olanda, che si fece ritrarre insieme al figlio<br />

Napoleone Luigi chiese a Wicar diverse repliche e riduzioni del suo ritratto<br />

della nipote Carlotta in abito di contadina di <strong>Canino</strong>. Per l’ex viceré d’Italia<br />

Wicar eseguì un ritratto del papa Pio VII (oggi al Museo Puskin di Mosca) e i<br />

ritratti del conte Antonio Ré suo intendente e della contessa Ré con il figlio (di<br />

cui non si conosce l’attuale collocazione). Sempre in quell’anno Luciano chiese<br />

a Wicar il ritratto della figlia Christine Egypta e un ritratto di Pio VII a grandezza<br />

naturale per la sua residenza di <strong>Canino</strong>; era desideroso, infatti, di possedere<br />

una immagine del papa che l’aveva investito nel 1814 del titolo di principe,<br />

elevando a principato il suo feudo di <strong>Canino</strong>, e che era intervenuto nel 1815<br />

per ottenere la sua liberazione dalla prigionia di Torino. Il dipinto fu collocato<br />

in seguito nella cosiddetta “sala del trono” del Castello di Musignano insieme<br />

ai grandi ritratti di famiglia e fu poi destinato da Alexandrine, nel suo testamento<br />

del 22 luglio 1853, alla Collegiata di <strong>Canino</strong> dove tuttora è custodito.<br />

(parzialmente tratto da: Giulia Gorgone “Wicar e i Bonaparte: dagli anni giacobini<br />

agli anni dell’esilio” in Jean-Baptiste Wicar - ritratti della famiglia<br />

Bonaparte, Electa Napoli 2004, pagg. 48-49).<br />

La Dott.ssa Giulia Gorgone ricopre attualmente l’incarico di Direttrice del Museo<br />

Napoleonico di Roma.<br />

Carlo Luciano Bonaparte con due dei suoi precettori. Roma, Museo Napoleonico.<br />

- 3 -<br />

Jean Auguste Dominique Ingres, La famiglia di Luciano Bonaparte. Roma, Museo Napoleonico.<br />

Alessandrina in età matura.Roma, Museo<br />

Napoleonico.<br />

Luciano Bonaparte a mezzo busto. Roma,<br />

Museo Napoleonico.<br />

Wicar - Ritratto di Pio VII <strong>Canino</strong> - Chiesa Collegiata


Luciano e Alessandrina: le abitazioni di Senigallia<br />

Flavio e Gabriela Solazzi<br />

Le città dello Stato Pontificio affacciate sull’Adriatico albergavano<br />

nell’Ottocento un nutrito gruppo di informatori, che convogliavano ai centri<br />

di riferimento le più svariate notizie. Senigallia, la cui famosa Fiera<br />

Franca era una antesignana della “Fiera del levante”, era sede di una fitta<br />

rete di “intelligence”.<br />

Particolarmente attivo era il Vice-console di sua Maestà il Re delle Due<br />

Sicilie. Questo Regno, il cui confine con le Marche si identificava con il<br />

Tronto, era assai interessato a Senigallia, soprattutto nel sorvegliare il flusso<br />

delle merci, che, se dirette a sud, oltrepassato il confine avrebbero dovuto<br />

pagare il dazio. Ovviamente l’andirivieni dei Napoleonidi nelle Marche,<br />

in parte dovuto anche all’«Appannaggio Beauharnais», era motivo di grande<br />

interesse. Il Vice-console (del quale ignoriamo il nome) scrive al<br />

Console Generale di Ancona Don Saverio de Martino di auspicare “un<br />

ordine per le dogane della prossima fiera, onde avere una nota esatta di<br />

tutte le merci che saranno spedite per la via di terra [...] per conoscere se<br />

realmente si presentano alla dogana del Regno per le sdoganazioni”.<br />

Nelle lettere che il Vice-console invia tra il 1827 e il 1834 (Archivio<br />

privato Cicconi Massi, Senigallia) alcune informazioni riguardano la famiglia<br />

di Luciano Bonaparte. L’8 giugno 1827 scrive: «Sono dei giorni che<br />

qui giunse il Principe (Mario) Gabrielli con la moglie (Carlotta) e tre figli,<br />

genero del Principe Luciano Bonaparte, ed ha preso a pigione un appartamento<br />

in casa Fantinelli per i cinque mesi». Non è indicato il motivo del<br />

soggiorno del Principe Gabrielli, la cui famiglia, originaria di Gubbio,<br />

aveva primeggiato tra i rappresentanti della nobiltà di Senigallia fin dal<br />

‘500. Egli potrebbe semplicemente aver portato la famiglia per i “bagni di<br />

mare all’inglese”, così chiamati perché i Reali d’oltremanica erano stati tra<br />

i primi a praticarli.<br />

Essi erano graditi anche ai vari Napoleonidi. A fine agosto 1823<br />

Luciano per i bagni scelse l’Adriatico e, come aveva fatto suo fratello<br />

Luigi, portò la sua famiglia a Rimini. Come annota nella sua cronaca il<br />

riminese Nicola Giangi, il soggiorno durò pochissimo perché al bagno tre<br />

giovani “indecentemente si avvicinarono al Casotto per osservare dalle<br />

fenditure delle tavole chi vi era dentro a bagnarsi”. Luciano si trasferì<br />

immediatamente con la famiglia a Cattolica per completare la vacanza<br />

marina.<br />

Il 30 giugno 1827 il Vice-console delle Due Sicilie, riferendosi ai<br />

Gabrielli, scrive: “Niente di nuovo abbiamo a quella famiglia Bonaparte, e<br />

non pensi che, ad ogni mossa di rimarco, Ella ne sarà fedelmente avvertito”.<br />

Le complesse giornate della Fiera Franca e la presenza dei Gabrielli<br />

avevano distratto l’informatore, che non si era accorto dell’arrivo dei<br />

Principi di <strong>Canino</strong>. E’ solo nella sua relazione del 30 novembre 1827 che<br />

precisa: “Lo provengo che questo Principe Luciano Bonaparte ha acquistato<br />

[...] una tenuta di nove possessioni posta nella villa esterna di S. Angelo<br />

di questa città distante due miglia circa, con Casino, molino ad olio ed<br />

altro; lo sborso si dice che sia di scudi ottomila.<br />

Si dice pure che acquisterà [...] un grosso podere, quale resta internato<br />

nella suddetta tenuta per il prezzo di scudi settemila, e si vede che vuole<br />

allargare i suoi acquisti in queste vicinanze”.<br />

L’acquisto di cui sopra si riferisce a quello che poi sarà sempre identificato<br />

come il “Casino alla collina” o “Casino di S. Angelo”. Anche se fatiscente,<br />

esso tuttora esiste e non ha nulla di principesco. Immerso in un paesaggio<br />

campestre di dolci colline degradanti verso il mare, l’edificio ha<br />

l’aspetto di una casa di campagna della buona borghesia, una dimora per<br />

riposare e respirare l’aria “fina” quando lo scirocco imperversa sulla costa.<br />

Luciano in verità l’amava perché lì aveva costruito il suo osservatorio<br />

astronomico e vi passava le notti “a rimirar le stelle” con il telescopio di<br />

Herschel, assistito da padre Maurizio Malvestiti da Brescia.<br />

- 4 -<br />

La relazione del<br />

Vice-console prosegue:<br />

“Tempo fa<br />

acquistò anche tre<br />

piccoli poderi pochi<br />

passi distante dalla<br />

città per la via di<br />

Fano, con un Casino<br />

e due piccole case<br />

affittate a diversi,<br />

posto in faccia al<br />

mare sulla strada<br />

corriera, per il prezzo di scudi seimila, quale va riattando con molto lusso<br />

e grandiose spese. [...] Tutti questi acquisti vengo assicurato essere intestati<br />

a nome della moglie”. Il nome dato a questa seconda casa, che in realtà<br />

era stata acquistata per prima, è “Casino del mare”. L’edificio è ancora presente<br />

ed è abitato da un gruppo di monache. Esso appartiene alle Suore di<br />

Carità Santa Giovanna Antida Touré, alle quali il Marchese Cattani (sua<br />

figlia apparteneva a questo Ordine) donò la proprietà, che lui aveva acquistata<br />

dai Torlonia, ai quali era passata alla scomparsa di Alessandrina (al<br />

giorno d’oggi la residenza è conosciuta come Villa Torlonia).<br />

Anche se l’edificio è nell’insieme ben conservato, il suo aspetto è assai<br />

diverso rispetto a quando era abitato dai Bonaparte. Il complesso, di linee<br />

sobrie ma di una certa monumentalità, era costituito da un corpo centrale<br />

e da due ali laterali, nonché da una torretta che Luciano aveva fatto costruire<br />

probabilmente come osservatorio astronomico. La torretta crollò per il<br />

terremoto del 1930; le due ali sono appesantite da due terrazze aggiunte nel<br />

passato; la vista mare è preclusa da una serie di edifici sorti tra la strada e<br />

la spiaggia; il ripetuto innalzamento del livello della strada che corre<br />

davanti alla villa la fa risultare quasi sprofondata, alterandone di molto<br />

l’estetica. Anche l’interno della villa è stato notevolmente modificato.<br />

In quello che era un grande giardino rimane l’unico cimelio della vita<br />

qui trascorsa dai Principi: sono due cippi lignei, ciascuno munito di un<br />

gancio per attaccarvi i cavalli in attesa di essere montati o ricondotti nelle<br />

stalle. Alla base dei due ganci resiste, ferrea, una stella a otto punte, simbolo<br />

araldico dei Bonaparte di <strong>Canino</strong>.<br />

L’approdo senigalliese dovette<br />

assumere una consistenza esistenziale<br />

notevole nella vita di Luciano, se in<br />

questa città il primo ottobre 1832 depositò<br />

il suo testamento nelle mani del<br />

notaio Angelo Savelli, alla presenza di<br />

diversi canonici e di Angelo Maierini,<br />

che si autodefinisce “libraio”. Il notaio<br />

parla della consegna di una “carta cucita<br />

in seta spessa”. Come recita l’atto, la<br />

stipulazione avvenne “nella camera<br />

della galleria, posta al secondo piano<br />

del Casino di proprietà ed abitazione di Sua Eccellenza la principessa di<br />

<strong>Canino</strong>, situato in via Cereria, dietro la Maddalena [...]”. Nel Catasto urbano<br />

gregoriano il Casino di città è un immobile di 41 vani con giardino e<br />

risulta intestato a Luciano Bonaparte Principe di <strong>Canino</strong>. Esso è un palazzotto<br />

sito vicino al Duomo e conserva un’aria signorile, seppure decapitato<br />

del terzo piano a causa del terremoto del 1930 e alterato all’interno da<br />

lavori di ristrutturazione. Il possesso di una residenza in città (le altre due<br />

abitazioni sono un po’ fuori mano) sembra logico e indispensabile per dei<br />

personaggi dalla vita pubblica molto intensa. Ignoto è il motivo per cui<br />

questa residenza sembra scomparire molto presto dalle memorie relative ai<br />

Bonaparte.<br />

Mai menzionata da altri ci risulta un’altra proprietà più modesta che nei<br />

fogli catastali appare pure intestata a Luciano. E’ una “casa di proprio uso<br />

ed affitto”, sita in Via delle Mura 74; è ad un piano e si articola di otto vani.<br />

Anche di questa casa non abbiamo ulteriori notizie.<br />

Per tornare alle informazioni che il Vice-console del Regno delle Due<br />

Sicilie inviava al suo superiore, in data 23 maggio 1828 leggiamo:<br />

“Cotesto Principe Luciano Bonaparte sta trattando un forte acquisto di tutti<br />

i beni appartenenti alla Ditta Israelita di Pesaro [...] che ammonterà di circa<br />

sessantamila scudi, quali beni sono nelle vicinanze di Fano, Fossombrone,<br />

e Sinigallia: il contratto si dice quasi stabilito, meno che vi è nato un incaglio<br />

da parte del venditore, essendogli uscito fuori un pretendente, che li si<br />

fa parente, ed ha chiesto al Governo Pontificio la sospensione dell’alienamento<br />

di questi beni, cosa che non potrà andare a lungo ad esserne delucidata,<br />

e quindi si effettuerà il contratto. Si dice che voglia formarne con<br />

questo acquisto un principato per uno dei figli”.<br />

Nelle ricerche finora effettuate non abbiamo trovato prove che il contratto<br />

sia mai stato stipulato. Le residenze senigalliesi dei Bonaparte ripetutamente<br />

menzionate saranno solamente due: la grande villa al mare e la<br />

casa in collina.


Marie Bonaparte la Principessa della psicoanalisi<br />

Si definì “l’ultima Bonaparte”: “Se qualcuno, un giorno, scriverà la mia<br />

vita, la intitoli L’ultima Bonaparte, perché io lo sono. I miei cugini del ramo<br />

imperiale sono soltanto Napoleone.” Principessa di Grecia e di Danimarca,<br />

pronipote del fratello di Napoleone, Luciano, Principe di <strong>Canino</strong>, inquieta,<br />

contraddittoria, ricchissima, Marie Bonaparte (Saint Cloud 2 agosto 1882 - St<br />

Tropez 21 settembre 1962) è un personaggio che affascina come un’eroina<br />

da romanzo.<br />

Orfana angosciata, adolescente nevrotica, principessa dei salotti dell’intellighènzia<br />

parigina, ricchissima ereditiera dell’oro di Montecarlo, Altezza<br />

reale imparentata con tutte le grandi dinastie europee (sposa Giorgio, figlio di<br />

Giorgio I re di Grecia), Marie fu<br />

anche psicoanalista e vera fondatrice<br />

della psicoanalisi in<br />

Francia.<br />

Amica e confidente di Freud,<br />

(suo analista), ne traduce i libri, e<br />

riesce, quando i Nazisti annettono<br />

l’Austria, a salvare il Maestro<br />

e la sua famiglia dalle grinfie<br />

della Gestapo. Non è facile<br />

descrivere una personalità di tale<br />

importanza, tentare di comprenderne<br />

le molteplici sfaccettature.<br />

Tutto sembra congiurare fin dagli<br />

inizi della sua vita perché questa<br />

bambina dall’intelligenza precocissima<br />

lasci la sua impronta<br />

nella storia: da una parte il prestigio<br />

del nome che le deriva dai<br />

suoi antenati Bonaparte, dall’altra<br />

le enormi ricchezze che le<br />

provengono dal nonno materno,<br />

Francois Blanc, fondatore della<br />

Société des Bains de Mer e<br />

padrone del Casino di Montecarlo.<br />

Un nonno dal temperamento<br />

generoso e violento nel contempo,<br />

Pietro Bonaparte, la<br />

nonna paterna Nina Ruflin, legatissima<br />

al figlio Roland, il padre<br />

della Principessa, la madre,<br />

Marie–Felix Blanc che muore di<br />

tisi a 22 anni lasciandola orfana<br />

di un mese appena. Ci sono già<br />

dall’inizio tutti gli elementi per<br />

una vita fuori norma, ai limiti del<br />

romanzesco.<br />

Della sua autobiografia, scritta<br />

con una sincerità che può addirittura<br />

sconcertare, si conoscono<br />

i primi due volumi “Derriere les<br />

vitres closes”( Dietro le finestre<br />

chiuse) e “L’appel de sèves”,( Il<br />

richiamo delle linfe), dove la<br />

Principessa si racconta fino alla fine dell’adolescenza. Per conoscere davvero<br />

e in maniera corretta il resto delle sue Memorie, circa 5000 pagine, le 600<br />

lettere a lei inviate da Freud e i 29 quaderni dell’analisi, depositate nel Caveau<br />

della Biblioteca di Washington, bisognerà invece attendere il 2030. Ma la<br />

Principessa ha scritto molto, obbedendo a quella che lei stessa definiva con<br />

ironia la sua vocazione “ecrivassiere”, una sorta di grafomania che la metteva<br />

in grado in qualche modo di sfuggire alla tristezza di bambina troppo ricca<br />

e troppo sola, attentamente sorvegliata anche per le enormi ricchezze che rappresentava.<br />

Ha appena 7 anni e mezzo infatti quando comincia a redigere in<br />

inglese, la lingua che stava allora apprendendo, i famosi 5 Quaderni dalla<br />

copertina nera, scritti per resistere all’oblio, completamente dimenticati e<br />

ritrovati dopo la morte del padre; serviranno come materiale insostituibile per<br />

la sua analisi con Freud.<br />

Marie Bonaparte è una donna di potere e di ricchezze considerevoli, che<br />

ha profuso a piene mani per ogni causa ritenesse giusta, battendosi contro la<br />

pena di morte, per la ricerca sul cancro, per aiutare la diffusione della psicoanalisi:<br />

salva più di una volta la Verlag, la casa editrice fondata dal Maestro<br />

viennese, compra le Lettere a Fliess fondamentali per conoscere la nascita<br />

della psicoanalisi, anticipa la cauzione, una cifra enorme, per salvare Freud,<br />

aiuta a fuggire circa 200 intellettuali ebrei, fra cui Emilio Servadio. Quando<br />

nel 1922 la Grecia venne sconfitta dalla Turchia, il re degli Elleni Costantino<br />

e la famiglia reale furono costretti all’esilio: Marie in quell’occasione ospitò a<br />

St Cloud il principe Andrea e la principessa Alice, suoi cognati e i 5 figli, fra<br />

Francesca Graziano<br />

- 5 -<br />

cui Filippo di Edimburgo allora piccolino di un anno, che sposerà la futura<br />

regina d’Inghilterra Elisabetta II. E’ grazie alla generosità di Marie che per i<br />

sei anni che rimarranno in Francia potranno continuare il tenore di vita a cui<br />

erano abituati prima dell’esilio.<br />

La storia della psicoanalisi solleva ancora, a cento anni di distanza dalla<br />

sua nascita, questioni di grande interesse per l’evolversi stesso del nostro<br />

mondo. Importa un po’ a tutti e non solamente agli specialisti del settore, interrogarsi<br />

sul passato e sul futuro della psicoanalisi, soprattutto per capire in che<br />

modo la nostra comprensione dei fatti umani riesce o riuscirà a rinnovarsi in<br />

un dialogo con gli altri, con le altre culture. La domanda che ci si pone oggi<br />

più frequentemente è cosa resiste<br />

ed è ancora attuale del sapere<br />

freudiano. In questo contesto va<br />

letto o almeno rintracciato il senso<br />

della storicizzazione di una figura<br />

come Marie Bonaparte, personaggio<br />

di grande rilievo nello sviluppo<br />

della psicoanalisi delle origini,<br />

che fu in intimo rapporto con il<br />

Maestro viennese sia sul piano<br />

scientifico che su quello delle<br />

relazioni personali (Freud volle<br />

che le sue ceneri fossero raccolte e<br />

conservate nell’urna greca che la<br />

Principessa gli regalò). Con la sua<br />

energia, il suo entusiasmo fa sentire<br />

Freud, che allora era un uomo<br />

vecchio e malato, ancora un<br />

Conquistador, capace di partire<br />

alla conquista di nuovi domini nel<br />

campo della psicoanalisi. Marie<br />

Bonaparte fu tra le prime psicoanaliste<br />

a portare il suo contributo<br />

sulle questioni specificamente<br />

femminili e questo con grande<br />

libertà di spirito ed una modernità<br />

di vedute fin troppo avanti rispetto<br />

ai tempi, con aperture, intuizioni,<br />

suggestioni e fughe in avanti<br />

degne di grande attenzione.<br />

Avrebbe voluto diventare medico,<br />

ma la sua condizione di privilegio<br />

sociale fu allora il principale<br />

impedimento alla realizzazione<br />

del suo desiderio; lavorò comunque<br />

e con grande entusiasmo sulle<br />

conoscenze biologiche ed anatomiche<br />

dell’epoca.<br />

La Principessa fu donna<br />

d’azione, dotata di un carattere<br />

generoso ed impetuoso nel contempo,<br />

che non si fermava dinanzi<br />

a nessun ostacolo. In questo il<br />

suo temperamento ricorda molto<br />

alcuni tratti del suo bisnonno, Luciano Bonaparte. Donna libera e potente,<br />

è in grado di farsi ascoltare in un mondo e in un tempo in cui le donne del suo<br />

rango avevano si la parola, come quasi sempre le aristocratiche hanno avuto,<br />

ma era piuttosto la parola convenzionale dei cerimoniali e delle etichette e<br />

molto meno quella del sapere e della scienza. Marie Bonaparte è una protagonista<br />

a tutto campo, ha scritto innumerevoli articoli e monografie scientifiche,<br />

che toccano i più diversi argomenti, mito, romanzo metaforico, senza<br />

dimenticare il monumentale saggio su Edgar A. Poe, circa 1000 pagine con<br />

cui ha portato avanti in senso psicobiografico l’applicazione della psicoanalisi<br />

alle opere letterarie.<br />

Abitando consapevolmente il proprio tempo, Marie Bonaparte si è interessata<br />

di antropologia, di sociologia ed etnografia, delle culture altre, con un<br />

occhio sempre attento ed un atteggiamento accogliente, che ne fa una vera<br />

antesignana di quella psicologia culturale dove l’oggetto di indagine è soprattutto<br />

l’uomo, gli uomini provenienti dalle diverse culture e che per poter interagire<br />

fra loro devono in qualche modo conoscersi e perfino contaminarsi, a<br />

partire dai rispettivi simboli in cui le culture si radicano e questo confina<br />

comunque con l’inconscio.<br />

Francesca Graziano<br />

Francesca Graziano è giornalista culturale. Laureata in Lettere classiche<br />

e in Psicologia ad indirizzo clinico, è accreditata presso la Sala Stampa vaticana.<br />

Si interessa di storia della psicoanalisi francese.


Il nostro socio PROF. ANTONIO CASANOVA ha in preparazione una sua nuova opera<br />

“PLON PLON” - il principe Gerolamo Napoleone<br />

Nella nostra Associazione si avverte un particolare interesse per il<br />

nuovo lavoro storiografico dell’”associato” Prof. Antonio Glauco<br />

Casanova, ben conosciuto anche a <strong>Canino</strong> dove, nel settembre dello<br />

scorso anno, gli è stato assegnato il “Premio Città di <strong>Canino</strong>”.<br />

Casanova sta ultimando uno studio biografico su di un “napoleonide”<br />

di cui si fa cenno in tutti i testi di storia delle scuole medie superiori,<br />

ma che non ha ricevuto il rilievo che merita<br />

nella nostra cultura contemporanea. Si tratta<br />

del Principe Gerolamo Napoleone - o più semplicemente<br />

Principe Napoleone, noto anche con il<br />

nome famigliarmente usato di Plon Plon – figlio<br />

dell’ex re di Vestfalia Gerolamo, il minore dei<br />

fratelli di Napoleone I e imposto quale sposo a<br />

Clotilde di Savoia, primogenita di Vittorio<br />

Emanuele II per facilitare l’applicazione sul<br />

piano militare dell’alleanza franco-piemontese<br />

stabilita con gli accordi sottoscritti a Plombières<br />

tra Napoleone III ed il Conte di Cavour nel luglio<br />

del 1858.<br />

Abbiamo pertanto chiesto al Prof.Casanova<br />

(approfittando della cortesia che ha sempre usato<br />

nei confronti della nostra Associazione) di comunicarci<br />

alcune anticipazioni sul suo nuovo libro<br />

in via di completamento.<br />

m.m.<br />

«Ringrazio anzitutto gli amici della<br />

“Associazione Culturale Luciano Bonaparte” per<br />

l’attenzione che dedicano ai miei scritti, a quelli già<br />

andati alle stampe come a questa biografia in corso<br />

d’opera e quasi terminata. Anche per il Principe<br />

Napoleone (Plon Plon) vale ciò che ho avuto occasione di dire e di scrivere<br />

in altre sedi e cioè che quasi tutti i napoleonici – il mio biografato per<br />

primo – appartengono più alla storia d’Italia che non a quella di Francia.<br />

Il Principe Napoleone era un nipote di Luciano, primo Principe di<br />

<strong>Canino</strong>, in quanto figlio di suo fratello Gerolamo; era quindi cugino di<br />

Carlo Luciano, di cui ho scritto la biografia (Gangemi editore, Roma<br />

1999), e di Napoleone III, figlio dell’altro fratello di Luciano, Luigi, ex re<br />

d’Olanda.<br />

Luciano zio e il Principe Napoleone non si incontrarono mai, per la dif-<br />

Lavori in corso nella chiesa Collegiata di <strong>Canino</strong><br />

Alla fine di dicembre 2005 sono iniziati i lavori<br />

di restauro e risanamento della chiesa dei Ss.<br />

Giovanni e Andrea Ap. a <strong>Canino</strong>.<br />

I lavori, finanziati dalla Regione Lazio e dalla<br />

Conferenza Episcopale Italiana hanno ricevuto un<br />

contributo anche dal Comune di <strong>Canino</strong>.<br />

Le opere riguardano il consolidamento delle<br />

parti strutturali del tetto ed il risanamento del<br />

manto di copertura delle falde, oltre il risarcimento<br />

di alcune fessurazioni che interessano le volte dell’abside<br />

e del transetto.<br />

Quando nel 2003 fu redatto il progetto, la chiesa<br />

rivelava molteplici fenomeni di avanzato degrado.<br />

Il fenomeno più evidente era il generale ammaloramento<br />

del manto di copertura, l’ostruzione dei<br />

canali di gronda e dei pluviali aveva appesantito i<br />

canali stessi fino a determinarne il crollo; le infiltrazioni<br />

di acque meteoriche avevano prodotto la<br />

fatiscenza di molti tratti della fascia di gronda interessando<br />

le murature perimetrali.<br />

Le continue infiltrazioni di acqua piovana, protrattesi<br />

per oltre due anni e visibili in maniera diffusa<br />

su tutte le volte e sulle pareti laterali, insieme<br />

all’imminente inizio dei lavori, hanno indotto la<br />

Soprintendenza ai Beni Artistici del Lazio a sollecitare<br />

il distacco di tutti i dipinti presenti nell’edificio.<br />

Neppure la Cappella Bonaparte, eretta nel 1854<br />

all’estremità della navata laterale destra, è stata<br />

Arch. Isabella Mariotti<br />

risparmiata dalle infiltrazioni di umidità.<br />

Purtroppo, per motivi di sicurezza, durante<br />

tutto il periodo dei lavori di risanamento, la<br />

Cappella resterà chiusa al pubblico.<br />

La fine dei lavori è prevista per dicembre 2006.<br />

- 6 -<br />

ferenza di età e la diversità delle sorti toccate all’uno e all’altro. Eppure la<br />

lezione “ribellistica” dello zio Luciano fu assunta come regola di vita da<br />

questo suo nipote, il quale ebbe forti contrasti politici con il cugino<br />

Napoleone III come Luciano li ebbe – più radicali e per molteplici motivi<br />

– con il fratello Napoleone I.<br />

Il Principe Napoleone fu il più “italiano” fra tutti i napoleonici per il<br />

suo coerente, disinteressato e continuo appoggio<br />

alla causa della indipendenza e unità dell’Italia dal<br />

1859 al 1870. Fu lui a spingere alla guerra contro<br />

l’Austria il cugino Napoleone III, diventato, alcuni<br />

mesi dopo Plombières, dubbioso e timoroso di fronte<br />

all’opposizione del Papa Pio IX, della Gran<br />

Bretagna, della Russia e della Prussia, ossia di quasi<br />

tutta l’Europa. Fu ancora lui a favorire, contro la<br />

volontà di Napoleone III, le annessioni dell’Emilia<br />

– Romagna e della Toscana e nel ’60 di Marche,<br />

Umbria e Regno borbonico delle Due Sicilie (e mi<br />

fermo qui per non anticipare troppo…).<br />

Era un cugino scomodo per Napoleone III anche<br />

per la diversità dei connotati caratteriali: l’imperatore<br />

introverso, chiuso e taciturno (una “sfinge”, si<br />

diceva); l’altro estroverso, polemico, spavaldo,<br />

libertino, ma coltissimo e grande oratore.<br />

Interessato a conservare l’appoggio dei cattolici<br />

francesi e a non urtarsi troppo con Pio IX il fautore<br />

del “Secondo Impero”, e miscredente e anticlericale<br />

il cugino.<br />

Un tale personaggio meritava una sistematica<br />

ricerca, come ho cercato di fare io per riempire una<br />

lacuna nella nostra storiografia risorgimentale. Gli<br />

studi che lo riguardano hanno preso in esame aspetti<br />

o momenti particolari della sua vita politica e privata, mentre i profili<br />

biografici, specialmente di autori italiani, hanno o impianti descrittivi,<br />

come quello di Andrea Comandino o propositi encomiastici, come il saggio<br />

di Ruggero Borghi. Personaggio complesso e talvolta contraddittorio,<br />

ma fedele sempre ai suoi sentimenti italiani, fondati sul principio delle<br />

identità nazionali, che il cugino imperatore non osò praticare fino alle ultime<br />

conseguenze. Morì nel 1891 nella Roma sempre amata e da lui voluta<br />

capitale d’Italia».<br />

Antonio Casanova<br />

MOSTRE ALL’ISOLA D’ELBA<br />

Il Ministero per i Beni e le Attività<br />

Culturali Soprintendenza per i Beni<br />

Architettonici e per il Paesaggio, per il<br />

Patrimonio Storico, Artistico e<br />

Etnoantropologico per le Province di<br />

Pisa e Livorno ha organizzato dal 29/4 al<br />

31/10/2006 le seguenti mostre:<br />

Museo Nazionale delle Residenze di<br />

Napoleone (feriali 9,00-19,00; domenica<br />

e altri festivi 9,00-13,00)<br />

Villa S. Martino<br />

“NAPOLEONE ALL’ELBA: LA<br />

TAVOLA, GLI ARREDI, LA CORTE”<br />

Palazzina dei Mulini<br />

“IL TEMPO DELL’IMPERATORE”<br />

Per informazioni: Museo Nazionale<br />

delle Residenze di Napoleone -<br />

Palazzina dei Mulini, Piazzale<br />

Napoleone, 1 - 57030 Portoferraio (LI) -<br />

tel: fax: 0565.914688


Livorno 1796: un funzionario granducale contro il generale Bonaparte<br />

Ricorre quest’anno il quattrocentesimo anniversario<br />

dell’elevazione a città di Livorno (una<br />

sorta di promozione dall’originario status di villaggio),<br />

ricorrenza che, in se stessa, segnala la<br />

singolarità labronica all’interno del contesto storico<br />

della Toscana. Livorno rientra infatti nella<br />

tipologia urbana – in Toscana, ma anche nei ter-<br />

G. Beys, Arrivo e accampamento dei francesi nella piazza d’Arme di<br />

Livorno il 27 giugno 1796 - (Stampa, Milano, Civica Raccolta di Stampe<br />

“A. Bertarelli”)<br />

ritori confinanti di Lazio, Umbria e Marche –<br />

numericamente più esigua, delle città “di fondazione”,<br />

quelle nate in seguito ad una deliberata<br />

intenzione dell’autorità di governo. La singolarità<br />

si accresce se si pensa alle modalità concrete<br />

della sua edificazione: per assecondare la tumultuosa<br />

espansione dei traffici marittimi il granduca<br />

Ferdinando I° de’ Medici commissionò, nel<br />

1576, all’architetto Bernardo Buontalenti, un<br />

piano urbano che esaltasse la doppia funzionalità<br />

di porto e di difesa (risultato conseguito col<br />

razionale andamento delle linee pentagonali),<br />

corredandolo con adeguate scelte di politica<br />

demografica. Nacquero così le cosiddette<br />

“Livornine” (1593), lettere patenti che, con varie<br />

misure (prescrizione dei reati commessi, esenzioni<br />

fiscali, libertà di residenza e di culto per<br />

tutte le confessioni religiose, libertà di avviare<br />

commerci per comunità, come l’ebraica e l’armena,<br />

altrove sottoposte a particolari statuti<br />

restrittivi) tendevano a rendere allettante la prospettiva<br />

di un trasferimento in zone tanto insalubri.<br />

Nasceva insomma in quel momento un esperimento<br />

di “melting pot” nostrano, destinato a<br />

riverberarsi, ancora a distanza di quattro secoli e<br />

in un panorama paurosamente segnato dai conflitti<br />

interculturali, nel tratto particolare, sanguignamente<br />

benevolo e tollerante, della gente<br />

labronica.<br />

La nutrita serie di celebrazioni che, com’è<br />

consuetudine in questi casi, si organizzano nel<br />

corso dell’anno, sono state inaugurate, lo scorso<br />

20 gennaio, da una giornata di studi promossa<br />

dagli Archivi di Stato di Livorno e Siena e<br />

dall’Associazione livornese di Storia Lettere e<br />

Arti, col patrocinio del Comune, dedicata, come<br />

recita il titolo, a “Francesco Spannocchi governatore<br />

a Livorno tra Sette e Ottocento”. Ospitati<br />

in un edificio-simbolo della città – la Fortezza<br />

Vecchia del Sangallo, cuneo centrale del sistema<br />

difensivo del porto mediceo – gli studiosi hanno<br />

tentato di gettare un fascio di luce quanto più<br />

intenso possibile su una figura di amministratore<br />

pubblico, poco nota ma interessante soprattutto<br />

per la sua capacità di incarnare metaforicamente<br />

un tempo di laceranti contraddizioni, non<br />

solo politiche. Spannocchi, insediatosi come<br />

governatore granducale nel marzo 1796, visse in<br />

prima persona sia l’inizio dell’occupazione fran-<br />

Amedeo Mercurio<br />

cese della città, sia il ritorno restauratore destinato<br />

a riportarlo in carica per un secondo e più<br />

lungo mandato, dal 1814 al 1822, anno della<br />

morte. Il suo percorso biografico, ampiamente<br />

indagato da vari relatori, fu quello tipico di un<br />

rampollo della nobiltà terriera di ancien régime,<br />

essendo gli Spannocchi-Piccolomini un’antica<br />

famiglia patrizia che aveva strettamente<br />

legato le sue vicende a quelle<br />

di Siena e del suo territorio.<br />

Educato alla rigorosa scuola dei<br />

gesuiti aveva optato giovanissimo<br />

per la carriera militare nella<br />

Marina, servendo per trent’anni<br />

sotto le bandiere del Regno di<br />

Napoli prima e del Granducato poi;<br />

un’esperienza questa, ricostruita<br />

attraverso i tanti giornali di bordo e<br />

i diari personali, che gli aveva consentito<br />

di assecondare la passione<br />

per i viaggi e il naturale spirito di<br />

avventura e conoscenza. La vita di<br />

mare lo aveva visto, tra l’altro,<br />

sbarcare prestissimo a Livorno,<br />

allievo nel 1766 della Scuola granducale<br />

di Marina (antenata<br />

dell’Accademia Navale) e di<br />

incrociare una prima volta<br />

Napoleone Bonaparte a Tolone, nel corso del<br />

“mitico” assedio (1793), quando si trovò a<br />

comandare l’ultima nave di profughi a lasciare il<br />

porto.<br />

Ma l’incontro (o meglio lo scontro) col<br />

Bonaparte che avrebbe segnato la sua esistenza<br />

si sarebbe svolto il 27 giugno 1796, nel corso di<br />

un episodio non ancora abbastanza noto, illustrato<br />

al convegno, con concisa precisione,<br />

dallo storico dell’Università<br />

di Pisa Carlo Mangio.<br />

Arrivato in città sulle ali dei folgoranti<br />

successi della campagna<br />

d’Italia, il ventisettenne generale<br />

della Francia rivoluzionaria<br />

dà vita, in presenza del patrizio<br />

rappresentante di un governo<br />

tradizionalista, ad un gustoso<br />

siparietto tutto giocato sul contrappunto,<br />

di tipo teatrale, tra<br />

l’arroganza del potere nuovo e<br />

la fermezza quasi inerziale del<br />

potere vecchio. Lo scontro fu di<br />

quelli furibondi, con adeguato<br />

contorno “giallo” relativo al<br />

mistero insoluto di un ceffone<br />

- 7 -<br />

volato realmente, oppure solo “desiderato”, sia<br />

dal marziale presunto autore, sia dalla vittima.<br />

Risultato del teatrino: Bonaparte getta alle ortiche<br />

il tatto diplomatico con cui era entrato nei<br />

territori granducali senza formale dichiarazione<br />

di guerra, mentre lo Spannocchi si ritrova imprigionato<br />

a Livorno e poi a Firenze, al Forte di<br />

Belvedere, prima di essere avviato dal granduca<br />

a un mite e dorato esilio nella sua Siena. Sullo<br />

sfondo una città che stava vivendo un vero e proprio<br />

“boom” economico, con vertiginosa crescita<br />

del benessere materiale per tutti gli strati<br />

sociali e conseguenti, fondati timori che l’arrivo<br />

dei francesi turbasse una contingenza così favorevole.<br />

L’atto secondo del governatorato dello<br />

Spannocchi, più utile per durata ad apprezzarne<br />

le qualità di amministratore, è stato oggetto di<br />

diverse relazioni. Tutte sottolineavano il forte<br />

pragmatismo, la capacità di affrontare con realismo<br />

i problemi, anche a costo di staccarsi dal<br />

quadro di riferimento ideale e politico rappresentato<br />

dall’Europa “restaurata” dal Congresso<br />

di Vienna. È il caso, ad esempio, dell’autonomia<br />

di pensiero con cui affrontò la ripresa dei commerci,<br />

dopo la crisi legata alle turbolenze belliche<br />

del periodo napoleonico, oppure la questione<br />

delle guerre di corsa, piaga da sanare a tutti i<br />

costi se a quei commerci si voleva assicurare un<br />

quadro di stabilità.<br />

E a proposito di autonomia, ci piace pensare<br />

che Spannocchi, nel suo esilio senese, alle notizie<br />

dei trionfi napoleonici ripensasse spesso, con<br />

auto-ironico compiacimento, alla fermezza con<br />

cui aveva tenuto testa a quel “giovanotto arrogante”<br />

destinato a dominare l’Europa.<br />

L’incontro di Napoleone col governatore Spannocchi-Piccolomini<br />

(Stampa popolare, Livorno, Biblioteca Labronica “F. D. Guerrazzi”,<br />

collezione Michel)<br />

«... Poco dopo, Napoleone, a cavallo, accompagnato e seguito da molti ufficiali, giunse nel luogo dove<br />

era atteso. Il Governatore gli si fece incontro, con il cappello alla mano, chiedendogli se fosse il generale<br />

Bonaparte. Questi, con aria la più fiera, e senza fare il minimo atto di saluto, gli rispose di sì e domandò alla<br />

sua volta se si trovasse dinanzi al governatore della città. Ricevutane conferma, dichiarò subito che, se non<br />

lo conosceva di persona, non ignorava però la sua parzialità per gli Inglesi, le molte ingiustizie commesse a<br />

danno dei Francesi e la disapprovazione che aveva meritato, per questo suo contegno, dallo stesso granduca.<br />

Lo Spannocchi che evidentemente non si aspettava un simile rabbuffo, replicò di non aver commesso ingiustizia<br />

di sorta e di non aver alcun rimprovero a farsi e protestò anche di godere la piena fiducia del principe<br />

che proprio il giorno precedente gli aveva trasmesso pieni poteri per trattare con lui.<br />

Pieno di sdegno, subito dopo Napoleone si rivolse al popolo che si era raccolto attorno per dichiarare, con<br />

voce tonante, che il granduca era un buon principe, ma che tali non erano i suoi ministri, che egli era venuto<br />

a proteggere il popolo, a liberare la città dalla schiavitù degli Inglesi e dalla tirannia di un governatore<br />

imbecille e di una piccola nobiltà... Rivoltosi, di nuovo, al governatore gli chiese in malo modo perché avesse<br />

indugiato tanto a venirgli incontro e perché non si erano ancora presentati i magistrati del municipio.<br />

L’altro rispose di aver ignorato il suo arrivo e aggiunse che credeva di aver fatto assai, recandosi dinanzi a<br />

lui, dopo esser stato chiamato. Ma il Bonaparte osservò ch’egli non poteva ignorare la sua venuta fatta precedere<br />

da quella dei suoi generali e che anche doveva averne ricevuto avviso dal granduca.<br />

Allora lo Spannocchi, non potendo più a lungo tollerare di essere così pubblicamente svillaneggiato, si<br />

pose il cappello in testa e fieramente dichiarò che i suoi ordini recavano che il generale Bonaparte veniva a<br />

Livorno come amico, non come padrone: invece, appena arrivato, egli insultava il governatore della città che<br />

non era fatto per essere insultato. Seguirono, da una parte e dall’altra, altre parole vivaci. Napoleone trattò il<br />

suo interlocutore da impertinente (coquin), lo minacciò della testa, dichiarò che gli veniva tolta ogni autorità<br />

e diede ordine che fosse subito chiamato alla sua presenza l’ufficiale toscano che era secondo in comando.<br />

Ersilio Michel, Napoleone a Livorno, in “Liburni Civitas”, anno IX (1936), pp. 19-20.»


LUCIANO BONAPARTE NELLA MEDAGLISTICA NAPOLEONICA<br />

L’arte di coniare medaglie è sempre stata una delle più significative espressioni<br />

di civiltà che hanno caratterizzato una nazione; durante tutta l’epopea<br />

napoleonica essa trovò nuova vita sotto l’impulso<br />

dello stesso Bonaparte che impegnò i<br />

migliori artisti e notevoli risorse finanziarie nella<br />

realizzazione di una “storia metallica” che raccontasse<br />

le sue gesta e la loro incidenza sugli<br />

avvenimenti di quel periodo in Francia ed in tutta<br />

l’Europa.<br />

La raffigurazione iconografica del suo profilo e la<br />

sua rappresentazione spesso in vesti allegoriche<br />

hanno accompagnato la sua ascesa e fissato<br />

l’ideale di una immagine classica ed inalterata nel<br />

Luciano Bonaparte in divisa<br />

di Ministro degli Interni<br />

(1800)<br />

tempo.<br />

La medaglistica napoleonica che enumera oltre<br />

tremila diverse coniazioni non si riferisce come<br />

unica figura a quella dell’Imperatore ma considera<br />

anche molti altri personaggi che ruotarono<br />

intorno a lui, fra questi anche il fratello Luciano il quale, dopo gli avvenimenti<br />

del 18 Brumaio, fu Ministro dell’Interno.<br />

Diverse sono le medaglie in cui risulta iscritto il suo nome ed una di queste<br />

riporta l’avvenimento della posa della prima pietra della Colonna<br />

Vendome il 14 luglio 1800 (25 messidoro – anno VIII).<br />

Il Gruppo Archeologico Romano<br />

SEZIONE DI CANINO<br />

Il Centro Romano di Studi Napoleonici comunica le prossime iniziative<br />

organizzate unitamente a “Le Souvenir Napoléonien”:<br />

- giovedì 18 maggio 2006, ore 17,30: AUSTERLITZ, duecento anni<br />

fa. Biblioteca Rinascita, Via delle Botteghe Oscure, 1/3, Roma - presentazione<br />

del libro<br />

AUSTERLITZ.<br />

LA PIU’ BELLA VITTORIA DI NAPOLEONE<br />

di Sergio Valzania. Editore: Mondadori Le Scie, Milano - 2005.<br />

Interverranno Massimo Carducci, delegato per Roma-Centro Italia de:<br />

“Le Souvenir Napoléonien” Societé Française d’Histoire Napoleonienne,<br />

Giampaolo Buontempo del Centro Romano di Studi Napoleonici e la<br />

“Associazione Luciano Bonaparte Principe di <strong>Canino</strong>”.<br />

- giovedì 25 maggio 2006, ore 16,30: Omaggio a PAOLINA.<br />

Galleria Borghese, Piazzale Scipione Borghese, 5, Roma (Villa Borghese).<br />

VISITA GUIDATA A VILLA PAOLINA<br />

Il museo espone, tra i suoi innumerevoli capolavori, la statua di<br />

Paolina Bonaparte principessa Borghese.<br />

Con l’occasione potremo visitare anche la nuova mostra: “Raffaello,<br />

da Firenze a Roma” che verrà inaugurata il 18 maggio.<br />

La partecipazione è riservata ai soli soci.<br />

(In occasione delle manifestazioni sarà possibile, per tutti coloro che<br />

lo desiderano, associarsi al Centro Romano di Studi Napoleonici).<br />

CONSORZIO STEDI<br />

Paolo Casali<br />

- 8 -<br />

Piazza Vendome fu disegnata al tempo di Luigi XIV dall’architetto Jules<br />

Hardouin-Mansart con al centro una statua equestre del Re Sole che fu<br />

distrutta nel 1792 dai rivoluzionari in quanto simbolo del potere realista.<br />

Napoleone, in qualità di Primo Console, nel 1800 firma un decreto che<br />

prevede la costruzione di una “Colonna” in ricordo degli eroi combattenti<br />

da innalzare in ogni dipartimento francese: a Parigi viene scelta piazza<br />

Vendome.<br />

Dritto:<br />

Bonaparte Premier Consul<br />

Cambacérès Second Consul<br />

Lebrun Troisie me Consul<br />

de la République Française<br />

Croce Rossa Italiana<br />

COMITATO LOCALE CANINO - CELLERE - ISCHIA<br />

N° 207 VOLONTARI DEL SOCCORSO<br />

SEZIONE FEMMINILE N° 148 - PIONIERI N°20<br />

In attesa della definizione del programma estivo, comunica che sono ancora<br />

disponibili i volumi<br />

Per l’ACQUISTO DELLA NUOVAAMBULANZA al 12 aprile 2006<br />

UNA GITA NELL’AGRO VULCENTE<br />

sono stati raccolti 34.650,00. Non sono ancora sufficienti. E’ necessario un<br />

ristampa anastatica dell’opera del 1909 di Andrea Donati. Il libro descrive nuovo sforzo di tutti i cittadini.<br />

<strong>Canino</strong> e il suo territorio all’inizio del secolo scorso e<br />

“CASTELLARDO”<br />

uno studio monografico su questo antico castello nelle vicinanze di <strong>Canino</strong>, Ass.ne Culturale Andrea Donati<br />

distrutto nel 1459, particolarmente interessante per le bellezze del paesaggio<br />

circostante e degli insediamenti rupestri che circondano le sue rovine.<br />

<strong>Canino</strong> - Via Legnano (ex lavatoio) Scuola di Musica<br />

Per informazioni: 339.8013283<br />

Dopo il successo degli appuntamenti del mese di febbraio, l’Associazione propone<br />

altri incontri culturali gastronomici per il mese di aprile, in occasione della<br />

“SAGRA DELL’ASPARAGO” .<br />

Centro Romano<br />

Crediamo infatti che cultura significhi anche riscoperta di antiche ricette con prodotti<br />

tipici e musica della nostra terra.<br />

di Studi Napoleonici - Per il mese di maggio si propone una SERATA DEDICATA A PUCCINI<br />

ed una GITA DI UN GIORNO alla scoperta dei luoghi, della vita e delle opere<br />

del grande musicista.<br />

Vi aspettiamo per ... “CRESCERE INSIEME”.<br />

Per informazioni e prenotazioni: tel. 0761.437625 - 338.7509847<br />

<strong>Canino</strong> 2008<br />

Rovescio:<br />

Le peuple français a ses défenseurs<br />

Premiere pierre de la colonne nation. le<br />

posée par Lucien Bonaparte<br />

Ministre de l’Intérieur<br />

25 Messidor an 8 14 Juillet 1800<br />

Periodico della Associazione Culturale Luciano Bonaparte Principe di <strong>Canino</strong><br />

Autorizzazione del Tribunale di Viterbo n° 555 del 21.12.2005<br />

Direttore: Mauro Marroni<br />

Direttore Responsabile: Giuseppe Rescifina<br />

Direzione e Redazione: Largo Bonaparte, 46 - 01011 <strong>Canino</strong> (VT)<br />

Fotocomposizione e stampa: Tipografia “Silvio Pellico” s.n.c. - Via Paternocchio, 35 -<br />

01027 Montefiascone (VT) - Tel. 0761.826297 - e-mail: info@pellico.it<br />

Associazione Culturale Luciano Bonaparte Principe di <strong>Canino</strong><br />

Presidente Mauro Marroni<br />

Vice Presidente Gianfranco Landi<br />

Consigliere Luigi Buda<br />

Per iscrizioni, abbonamenti, inserzioni pubblicitarie: Associazione Culturale Luciano<br />

Bonaparte Principe di <strong>Canino</strong> - Largo Bonaparte, 46 - 01011 <strong>Canino</strong> (VT). Socio ordinario<br />

20,00 - Socio sostenitore 50,00 - CARIVIT <strong>Canino</strong> c/c 06065 72940 10063213<br />

RICERCA - ORIENTAMENTO - FORMAZIONE PROFESSIONALE<br />

VIA L. ROSSI DANIELLI, 11 - VITERBO - TEL. 0761 303285 FAX 332135 e-mail stedi@consted.net www.consted.net

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!