Nelle milonghe porteñe <strong>la</strong> voglia di connessione si scontra con il narcisismo La milonga «Sueño Porteño» di Buenos Aires L’ITALIANO A BUENOS AIRES di Pier Aldo Vignazia I «piropos» diBuenosAires tra trucco, tacco e profumo Dal<strong>la</strong> mia postazione di <strong>la</strong>voro, <strong>la</strong> consolle del<strong>la</strong> milonga «Sueño Porteño» del tanguerissimo barrio di Boedo, sono <strong>in</strong> posizione privilegiata per ascoltare e vedere cose molto <strong>in</strong>teressanti. I ricordi dei vecchi «milongueros», ad esempio, come quello che <strong>la</strong> settimana scorsa si avvic<strong>in</strong>ò al<strong>la</strong> cab<strong>in</strong>a per r<strong>in</strong>graziarmi di avere passato una tanda di Fresedo, orchestra che ai suoi tempi non poteva permettersi di andare ad ascoltare: Fresedo <strong>in</strong>fatti suonava <strong>in</strong> locali troppo eleganti e cari per le tasche di molti. Ma sono anche parecchio <strong>in</strong>teressanti le reazioni degli stranieri all’atmosfera del<strong>la</strong> milonga porteña, soprattutto di quelli che vengono a Buenos Aires per <strong>la</strong> prima volta. Una delle reazioni più ricorrenti, e per questo degna di chiacchierarci un po’ sopra, è quel<strong>la</strong> di non poche donne italiane ai complimenti e alle avances che i porteños dedicano loro durante le pause fra un <strong>tango</strong> e l’altro. Dico italiane, perché sono quelle che, una volta conosciuta <strong>la</strong> mia nazionalità, trovano più facile farmi le loro estemporanee confidenze, ma non escludo che anche altre non argent<strong>in</strong>e pens<strong>in</strong>o <strong>la</strong> stessa cosa. Innanzitutto, costoro si sentono a disagio per l’abitud<strong>in</strong>e tutta porteña nel non com<strong>in</strong>ciare a bal<strong>la</strong>re al<strong>la</strong> prima nota del <strong>tango</strong>, rubando ad esso qualche dec<strong>in</strong>a di secondi, per dedicarli a chiacchierare, a conoscersi, a scambiarsi notizie ed eventualmente proposte. «Ma come? Sono qua per bal<strong>la</strong>re», mi dicono, «e questi vogliono rimorchiare! Possibile che pens<strong>in</strong>o subito solo a quello?». Ecco, questa reazione mi mette molto <strong>in</strong> imbarazzo: si tratta evidentemente di due codici culturali che differiscono di quel tanto che non permette loro di essere percepiti come dissimili di primo acchito, mentre poi «en <strong>la</strong> cancha», come direbbero a Buenos Aires, ossia una volta scesi sul terreno di gioco, del contatto fisico (<strong>in</strong> senso sportivo, per carità!) evidenziano tutte le loro diversità. Le connazionali che mi fanno questo tipo di confidenze, come bene dicono, sono venute «a bal<strong>la</strong>re», non a rimor- chiare. Però si sono vestite con gli abiti più seducenti ed eleganti, si sono truccate e profumate, hanno <strong>in</strong>dossato con voluttà scarpe che manderebbero <strong>in</strong> estasi qualunque feticista, sono venute <strong>in</strong> milonga a bal<strong>la</strong>re <strong>tango</strong>, che tutti sanno essere il ballo passionale se ce n’è uno, e poi... Poi, basta: perché il gioco, per loro, sostanzialmente (e narcisisticamente) era tutto lì. Come fare capire loro che <strong>la</strong> reazione del complimento, anche esagerato, del «piropo», come si dice, da parte del maschio argent<strong>in</strong>o, è prima di tutto un omaggio a tutto questo sforzo, a quest’impegno di tempo e di quattr<strong>in</strong>i? È come se il milonguero dicesse «Voglio ricambiare questo tuo mostrarti femm<strong>in</strong>a-femm<strong>in</strong>a, mostrandomi maschio-maschio, ossia cercando prima di tutto di sedurti, altrimenti, che maschio sono?». «Lustradas», «boleos», «sacadas», «barridas» e armamentari simili non sono nati né si sono evoluti perché i maestri potessero guadagnarsi il pane quotidiano <strong>in</strong>segnandoli, ma si sono sviluppati come segnali di seduzione, che possono giustamente essere accettati o rifiutati, ma che non si possono ridurre a pura tecnica, ed hanno un loro valore nel<strong>la</strong> pur breve re<strong>la</strong>zione <strong>in</strong>terpersonale che si sviluppa durante un ballo. Ovviamente c’è modo e modo, di proporsi come di rifiutarsi, e qui sta il divertente - e anche l’imprevedibile - del gioco del<strong>la</strong> milonga, ma ridurre una serata <strong>in</strong> milonga porteña a una serie di tanghi, valses e milongas bal<strong>la</strong>ti nel<strong>la</strong> ricerca di una perfezione g<strong>in</strong>nica che magari non si era riuscita a trovare frequentando il solito «giro» <strong>in</strong> Italia, è un errore che può costare molto caro: con un viaggio nel ruspante mondo del<strong>la</strong> milonga porteña ci si può comprare ben più di una asettica e ri<strong>la</strong>ssante «vacanza <strong>tango</strong>» <strong>in</strong> qualche bellissimo «resort» mediterraneo! ■ vignazia.pieraldo@gmail.com 7 <strong>la</strong> DOBLE HOJA del TANGO | numero due