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ll Catalogo della mosta "LUMEN et SPLENDOR" - Allegra combriccola

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con il contributo di<br />

STUdio denTiSTiCo<br />

doTT. A. CASTe<strong>ll</strong>i<br />

A cura di:<br />

Marine<strong>ll</strong>a Caputo, Ettore A. Sannipoli<br />

Con un contributo di Cesare Coppari<br />

Le foto di Lucia Angeloni sono di Alessandro Bianconi Photostudio, Paolo Pause<strong>ll</strong>i<br />

Le foto di Maurizio Tittare<strong>ll</strong>i Rubboli sono di Sandro Be<strong>ll</strong>u<br />

A<strong>ll</strong>estimento: Ne<strong>ll</strong>o Teodori<br />

<strong>Catalogo</strong>: L’ArteGrafica - Gubbio<br />

Luci: Stefano Spigare<strong>ll</strong>i<br />

Si ringrazia Giuseppe Labita, Il Teatro de<strong>ll</strong>a Fama, Giuseppe Forti, Marco Giorg<strong>et</strong>tini, Fabio Vergari<br />

patrocinio<br />

Regione Umbria<br />

Provincia di Perugia<br />

Comune di Gubbio<br />

Comune di Gualdo Tadino<br />

Associazione Culturale R ubboli<br />

Associazione Culturale R ubboli<br />

Associazione Culturale R ubboli


maioliche di Lucia Angeloni e Maurizio Tittare<strong>ll</strong>i Rubboli<br />

Gubbio 4-26 s<strong>et</strong>tembre 2010<br />

Ga<strong>ll</strong>eria de<strong>ll</strong>a Porta, Corso Garibaldi


di Cesare Coppari<br />

“Tu, Šerfo Marzio, e tu, Prestota Šerfia di Šerfo Marzio, impaurisci e<br />

fa tremare, sconfiggi e distruggi, uccidi e annienta, ferisci e trafiggi,<br />

imprigiona e m<strong>et</strong>ti in catene la Città di Tadino, que<strong>ll</strong>i del territorio di<br />

Tadino”. Nel dare un fondamento storico a<strong>ll</strong>a tensione e a<strong>ll</strong>a diffidenza<br />

che l’incontro tra eugubini e gualdesi ancora oggi spesso produce,<br />

la purificazione lustrale de<strong>ll</strong>’esercito tota iouina descritta ne<strong>ll</strong>e celebri<br />

Tavole Eugubine parrebbe rendere poco felice la scelta di Lucia Angeloni<br />

da Gubbio di far lustrare alcune sue ceramiche a Maurizio Tittare<strong>ll</strong>i<br />

Rubboli da Gualdo e, ancor più, la decisione dei due maiolicari<br />

di esporre insieme parte de<strong>ll</strong>a loro recente produzione. Senza contare<br />

che, più ancora de<strong>ll</strong>e cerimonie de<strong>ll</strong>a lustrazione, l’arte del lustrare le<br />

ceramiche ha a lungo rappresentato un terreno di sfida e di reciproco<br />

sosp<strong>et</strong>to tra le due città. Storia di misteri e di scoperte, di spie e di<br />

agenti doppi, que<strong>ll</strong>a del lustro è però anche una storia di relazioni e di<br />

co<strong>ll</strong>aborazioni, di cooperazioni e di incontri, di contatti e di ibridazioni<br />

culturali, tanto più proficui quanto più improbabili e inasp<strong>et</strong>tati. Tale<br />

appare l’esperienza fondamentale per lo sviluppo del lustro in Italia,<br />

e perciò capace di assumere carattere esemplare per generazioni di<br />

maiolicari eugubini e gualdesi, que<strong>ll</strong>a di Mastro Giorgio Andreoli.<br />

Mastro Giorgio e Gubbio, un incontro felice<br />

Carola Fiocco e Gabrie<strong>ll</strong>a Gherardi (1996; 1998) hanno portato ulteriori<br />

prove a<strong>ll</strong>’ipotesi secondo cui i ceramisti eugubini padroneggiavano<br />

la tecnica del lustro prima che i frate<strong>ll</strong>i di Intra, Giorgio e Salimbene, si<br />

stabilissero in terra umbra attraverso la probabile esperienza pavese,<br />

dove avrebbero appreso ad impreziosire le maioliche con rivestimenti<br />

dorati e argentati ottenuti a fumaggio. Una precocità ne<strong>ll</strong>a sperimentazione<br />

de<strong>ll</strong>e iridesenze alchemiche testimoniata da documenti<br />

di scavo e di archivio, oltre che da<strong>ll</strong>’emergenza del nome di Giacomo<br />

di Paoluccio, il vasaio di Gubbio già perito ne<strong>ll</strong>’arte de<strong>ll</strong>e m<strong>et</strong>a<strong>ll</strong>iche<br />

cangianze con cui i due lustratori lombardi si associarono da<strong>ll</strong>a fine<br />

degli anni ottanta del Quattrocento. Se è possibile che l’importanza<br />

iniziale di Giorgio sia stata un po’ esagerata, non bisogna tuttavia cadere<br />

ne<strong>ll</strong>’eccesso opposto, facendo del lustro un prodotto totalmente<br />

autoctono. Al pari di ogni autentica riuscita est<strong>et</strong>ica, l’arte di Mastro<br />

Giorgio non è che l’esito d’un felicissimo incontro tra una personalità<br />

straordinariamente dotata e una situazione particolarmente sensibile<br />

e favorevole a<strong>ll</strong>o sviluppo de<strong>ll</strong>a maiolica a lustro.<br />

La ripresa storicistica: dal primato eugubino a que<strong>ll</strong>o gualdese<br />

È dunque facendo aggio su una realtà ben più complessa che l’otto-<br />

2<br />

centesco interesse storico-artistico e antiquario per le misteriose iridescenze<br />

del Rinascimento ha consegnato ai nostri giorni un Mastro<br />

Giorgio solitario e geniale iniziatore de<strong>ll</strong>a celebre fabbrica di lustri eugubina.<br />

“E se egli non fu l’inventore dei riflessi m<strong>et</strong>a<strong>ll</strong>ici, giacché li troviamo<br />

su<strong>ll</strong>e stoviglie arabe, Mastro Giorgio seppe spingere quest’arte<br />

al suo maggior splendore. Aumentò il numero de<strong>ll</strong>e tinte, perfezionò<br />

la doratura, e nei colori a iride ebbe una mirabile specialità. Le sue<br />

opere così erano ricercatissime e il fanatismo che si è svegliato in questi<br />

ultimi tempi verso le maioliche di Gubbio ha il suo perché ne<strong>ll</strong>’abilità,<br />

da tutti riconosciuta, di Mastro Giorgio”.<br />

Così Alfredo Melani nel secondo volume del suo Decorazione e industrie<br />

artistiche, uno dei tanti manuali diffusi a<strong>ll</strong>a fine del XIX secolo,<br />

quando non rimaneva che il ricordo di quei XII viri eugubini arti Geogii<br />

restituendae che erano riusciti ne<strong>ll</strong>’impresa di riaccendere per primi in<br />

Italia, insieme a Giusto Giusti de<strong>ll</strong>a Ginori di Doccia, i fuochi alchemici<br />

del loro i<strong>ll</strong>ustre concittadino. Un primato figlio anch’esso d’un felice<br />

incontro: da Giovanni Spinaci ad Antonio Passalboni, alcuni dei protagonisti<br />

de<strong>ll</strong>a ripresa storicistica locale erano, al pari di Mastro Giorgio,<br />

forestieri fattisi eugubini.<br />

E proprio dai risultati dei concittadini de<strong>ll</strong>’Andreoli trasse vantaggio il<br />

marchigiano Paolo Rubboli nel consegnare a Gualdo Tadino il grido<br />

in que<strong>ll</strong>’arte in cui Gubbio aveva a lungo tenuto il campo. Forse da<br />

Luigi Carocci, indubbiamente da<strong>ll</strong>o stesso Passalboni, anche se è ad<br />

un altro eugubino, Marino Pieri, che le recenti indagini di Marine<strong>ll</strong>a<br />

Caputo (2010) impongono di assegnare un ruolo d<strong>et</strong>erminante ne<strong>ll</strong>a<br />

formazione di Paolo, ben prima del suo definitivo trasferimento nel<br />

centro umbro con la moglie Daria, verso la m<strong>et</strong>à de<strong>ll</strong>’ottavo decennio<br />

de<strong>ll</strong>’Ottocento.<br />

Aldo Ajò e la Soci<strong>et</strong>à Ceramica Umbra “Paolo Rubboli”<br />

Ciò che l’iniziatore de<strong>ll</strong>a ceramica a lustro gualdese prese da Gubbio,<br />

i successivi membri de<strong>ll</strong>a famiglia seppero restituire con gli interessi<br />

ne<strong>ll</strong>a complessa personalità di uno dei più grandi ceramisti italiani del<br />

Novecento, Aldo Ajò. Fu Lorenzo Rubboli a volere il giovane eugubino<br />

dir<strong>et</strong>tore artistico de<strong>ll</strong>a gualdese Soci<strong>et</strong>à Ceramica Umbra “Paolo<br />

Rubboli”. Frequentatore dei Vase<strong>ll</strong>ari eugubini “Mastro Giorgio” del<br />

salernitano Ilario Ciaurro, testimone de<strong>ll</strong>e sperimentazioni di Polidoro<br />

Benveduti e al corrente de<strong>ll</strong>e vicende de<strong>ll</strong>a sede eugubina de<strong>ll</strong>a stessa<br />

SCU, chiusa ne<strong>ll</strong>a prima m<strong>et</strong>à degli anni venti del Novecento, Ajò<br />

dov<strong>et</strong>te probabilmente avere già avuto modo di apprezzare ceramiche<br />

decorate con la tecnica del lustro m<strong>et</strong>a<strong>ll</strong>ico prima del soggiorno


tadinate, co<strong>ll</strong>ocato tra il 1925 e il 1929 da Ettore A. Sannipoli (2004a;<br />

2004b; 2008). Senza contare che alcune ric<strong>et</strong>te dei restitutori ottocenteschi<br />

circolavano insieme ai celebri “accordi” di Cipriano Piccolpasso<br />

tra i cultori eugubini de<strong>ll</strong>’“arte fa<strong>ll</strong>ace”, come l’autore dei Tre<br />

Libri de<strong>ll</strong>’Arte del Vasaio chiamava la tecnica del lustro. Ma è certo<br />

che i progressi maggiori in questo campo Ajò li fece ne<strong>ll</strong>a manifattura<br />

gualdese dei Rubboli.<br />

E tuttavia, anziché inseguire il sogno di risuscitare gli altrui riflessi oro<br />

e rubino, l’eugubino diede vita ad un mondo di iridescenze violacee,<br />

madreperlacee e azzurrine, piegando a propri fini l’interazione de<strong>ll</strong>a<br />

luce con la pe<strong>ll</strong>e smaltata de<strong>ll</strong>e sue creature. Ormai la vertigine e<br />

l’ebbrezza di rinnovare la tradizione poteva lasciare il posto ad una<br />

tradizione concr<strong>et</strong>a e facilmente verificabile: la tradizione del nuovo.<br />

Lucia Angeloni, Maurizo Tittare<strong>ll</strong>i Rubboli e la perenne vitalità<br />

del lustro<br />

A<strong>ll</strong>a “Tradizione contemporanea” si richiama l’omonimo prog<strong>et</strong>to<br />

de<strong>ll</strong>a Triennale di Gualdo Tadino realizzato da Ne<strong>ll</strong>o Teodori (2009) in<br />

co<strong>ll</strong>aborazione con il Museo Rubboli, a testimonianza de<strong>ll</strong>a vitalità di<br />

una sperimentazione, que<strong>ll</strong>a sul lustro, che ha saputo insinuarsi negli<br />

spazi deputati a<strong>ll</strong>’operare artistico dei nostri tempi, come le celebri e<br />

ormai storiche Biennali di Gubbio, senza sm<strong>et</strong>tere di frequentare le<br />

botteghe artigiane, dove le sempre maggiori difficoltà imprenditoriali<br />

non hanno impedito a nove<strong>ll</strong>i alchimisti rapiti dal demone del terzo<br />

fuoco di dare la propria esistenza per un segr<strong>et</strong>o da sempre raggiunto<br />

ed <strong>et</strong>ernamente differito.<br />

Per il modo di considerare la terra come materia viva e trasmutabile,<br />

le ricerche di Lucia Angeloni e di Maurizio Tittare<strong>ll</strong>i Rubboli parrebbero<br />

prendere la scia di tale mitologia alchemica. Ma è la loro evidente<br />

capacità di adattare le tecniche tradizionali del lustro ad una visione<br />

contemporanea a renderle più plausibilmente meritevoli de<strong>ll</strong>a m<strong>et</strong>afora<br />

generativa posta a titolo de<strong>ll</strong>a mostra di ceramica contemporanea<br />

organizzata a Gubbio nel 1998, ne<strong>ll</strong>’ambito de<strong>ll</strong>e celebrazioni<br />

per i cinquecento anni de<strong>ll</strong>a cittadinanza eugubina a Mastro Giorgio<br />

Andreoli: “Perenne vitalità del lustro”.<br />

Ne<strong>ll</strong>’aprire vie inedite e nuove ad una tecnica tanto difficile e ingannevole,<br />

Lucia Angeloni e Maurizio Tittare<strong>ll</strong>i Rubboli ne assicurano la<br />

continuità. I loro imp<strong>et</strong>i inventivi e formativi non sm<strong>et</strong>tono di nutrire<br />

e ridestare que<strong>ll</strong>a secolare vicenda di rapporti e di contaminazioni,<br />

di traduzioni e di ibridazioni udita tante volte dai nonni nel tepido<br />

chiarore di fuochi abilmente dominati e quotidianamente ritrovata<br />

nei gesti di padri e di madri intenti a verniciare e a decorare, mentre<br />

il mondo già prendeva forma con l’argi<strong>ll</strong>a tra piccole mani. Mani oggi<br />

cresciute e che si stringono nel solco di una tradizione capace di valorizzare<br />

le differenze e di fare de<strong>ll</strong>’altro una necessità a<strong>ll</strong>a sua stessa<br />

persistenza. Perché, pur ne<strong>ll</strong>a sua sommaria rozzezza, la storia del<br />

lustro eugubino e di que<strong>ll</strong>o gualdese qui delineata ha rivelato l’impossibilità,<br />

per ogni suo protagonista, di dare più di quel che riceve.<br />

3<br />

Bibliografia essenziale<br />

CAPUTO, Marie<strong>ll</strong>a<br />

2010 “Rubboli, riscoperta e sviluppo de<strong>ll</strong>a maiolica a lustro<br />

a Gualdo Tadino”, in Caputo, M. (a cura di) La co<strong>ll</strong>ezione<br />

Rubboli. Storia e arte de<strong>ll</strong>’opificio gualdese di maioliche a lustro,<br />

Perugia, Volumnia.<br />

FIOCCO, Carola – GHERARDI, Gabrie<strong>ll</strong>a<br />

1996 “Lustri precoci di Gubbio”, in Faenza, LXXXII, 1-3, pp. 5-11.<br />

1998 “Mastro Giorgio, il lustro di Gubbio e l’istoriato del Ducato<br />

di Urbino”, in Boiani, G. C. (a cura di) Mastro Giorgio da Gubbio,<br />

una carriera sfolgorante, <strong>Catalogo</strong> de<strong>ll</strong>a mostra di Gubbio, Firenze,<br />

Centro Di.<br />

SANNIPOLI, Ettore A.<br />

2004 a “Un Piatto de<strong>ll</strong>a Soci<strong>et</strong>à ceramica Umbra con Sant’Ubaldo<br />

e Federico Barbarossa”, in Santuario di Sant’Ubaldo,<br />

XXIV, 2, pp. 11-14.<br />

2004 b “Aldo Ajò”, scheda bio-bibliografica, in Ponti, A.C.- Boco, F.<br />

(a cura di) Terra di Maestri. Artisti Umbri nel Novecento. 1946-1959,<br />

<strong>Catalogo</strong> de<strong>ll</strong>a mostra di Spe<strong>ll</strong>o, Perugia, Edimond.<br />

2008 “Aldo Ajo, artista e “artiere” tra le due guerre (1920-1945)”<br />

in Bojani, G.C. - Sannipoli, E.A. (a cura di) Aldo Ajò.<br />

Ceramiche, <strong>Catalogo</strong> de<strong>ll</strong>a raccolta de<strong>ll</strong>e opere del Maestro Aldo Ajò<br />

appartenenti a<strong>ll</strong>a vedova Ines Spogli Ajò, Fano, Omnia.<br />

TEODORI, Ne<strong>ll</strong>o<br />

2009 “Attualità e generosità del lustro”, in Subrizi, C. - Teodori, N.<br />

(a cura di) Triennale de<strong>ll</strong>a ceramica d’arte<br />

contemporanea di Gualdo Tadino 2009, <strong>Catalogo</strong> de<strong>ll</strong>a mostra<br />

di Gualdo Tadino, Milano, Silvana.


di Ettore A. Sannipoli<br />

Lucia Angeloni esibisce in questa mostra alcune sue opere recenti,<br />

quasi tutte inedite, che i<strong>ll</strong>ustrano e sviluppano il repertorio de<strong>ll</strong>’autrice,<br />

co<strong>ll</strong>ocandosi a<strong>ll</strong>’interno di tipologie da considerarsi ormai tipiche de<strong>ll</strong>a<br />

ceramista eugubina: brocche, vasi, ciotole e piatti fatti di striscioline<br />

sovrapposte, ‘fazzol<strong>et</strong>ti’, ‘fogli’, panne<strong>ll</strong>i su fondo d’oro e così via.<br />

Su<strong>ll</strong>a base di un percorso stilistico ricco di riferimenti e assai articolato,<br />

l’Angeloni è pervenuta negli ultimi anni a una ceramica contraddistinta<br />

da una gamma variegata di colori, dorature preziose e cangianze raffinate,<br />

da fogge morbide e piene, arricchite da applicazioni, frangiature,<br />

borchie, filamenti. Questa sovrabbondanza ornamentale, assieme a<strong>ll</strong>e<br />

forme a volte vistosamente manipolate, inquadra l’operare de<strong>ll</strong>’artista<br />

in una sorta di postmodernismo ispirato a lavori di maestri umbro-marchigiani<br />

quali Alberto Burri, Edgardo Mannucci e Oscar Piatte<strong>ll</strong>a.<br />

In un contesto di tal genere assume particolare rilievo l’uso di tecniche<br />

e materiali atti ad accentuare ogni asp<strong>et</strong>to di luminosità e splendore<br />

insito ne<strong>ll</strong>a maiolica de<strong>ll</strong>’Angeloni, da sempre affascinata da<strong>ll</strong>a<br />

lucentezza di smalti e vernici e da eff<strong>et</strong>ti di cangianza m<strong>et</strong>a<strong>ll</strong>ica o<br />

madreperlacea tipici de<strong>ll</strong>a ceramica a lustro di tradizione eugubina<br />

e gualdese. Un aiuto ne<strong>ll</strong>’applicazione di questi alchemici processi è<br />

venuto prima dal padre de<strong>ll</strong>a ceramista, che da tempo si cimenta in<br />

complicate e segr<strong>et</strong>e sperimentazioni sul «modo di far la fornace»<br />

(come avrebbe d<strong>et</strong>to Cipriano Piccolpasso), e poi da<strong>ll</strong>’amico Maurizio<br />

Tittare<strong>ll</strong>i Rubboli, che continua con risultati ecce<strong>ll</strong>enti la tradizione familiare<br />

dei lustri d’ispirazione mastrogiorgesca.<br />

Così, oltre a<strong>ll</strong>a lucentezza propria di certi smalti, vernici, crista<strong>ll</strong>ine,<br />

assistiamo ne<strong>ll</strong>e opere de<strong>ll</strong>a nostra artista a<strong>ll</strong>a frequente applicazione<br />

di lustri ai resinati, in genere soprammessi a<strong>ll</strong>e campiture cromatiche,<br />

ma anche a<strong>ll</strong>’uso ricorrente di lustri in vernice di tonalità ramata<br />

oppure dorata. Onnipresenti risultano inoltre i riflessi m<strong>et</strong>a<strong>ll</strong>ici d’oro<br />

e altre m<strong>et</strong>a<strong>ll</strong>izzazioni de<strong>ll</strong>o smalto ne<strong>ll</strong>e scale del grigio e del nero.<br />

Talvolta (ad esempio in una be<strong>ll</strong>a brocca del 2008) l’Angeloni ricorre<br />

addirittura a<strong>ll</strong>’uso di ‘puntature’ con veri e propri fili di rame, così<br />

come alcuni panne<strong>ll</strong>i risultano posati con delicatezza su tavole lignee<br />

col fondo interamente ricoperto di foglie d’oro.<br />

Le iridescenze madreperlacee, i riverberi, le riflessature e le cangianze<br />

m<strong>et</strong>a<strong>ll</strong>iche si estendono a volte a<strong>ll</strong>’intera superficie de<strong>ll</strong>’opera, in altri<br />

casi occupano campiture più o meno grandi, non sempre lisce, anzi<br />

spesso caratterizzate da segni impressi oppure da fitti ornati eseguiti<br />

con la tecnica de<strong>ll</strong>o ‘scanso’. Lustri rosso rame e riflessi dorati fanno<br />

risplendere anche inserti filiformi e minuti, applicazioni, borchie, o<br />

4<br />

rendono vibrante il frastaglio dei bordi di queste ceramiche preziose.<br />

Gli eff<strong>et</strong>ti de<strong>ll</strong>a rifrazione e de<strong>ll</strong>a riflessione de<strong>ll</strong>a luce su superfici con<br />

lucentezza m<strong>et</strong>a<strong>ll</strong>ica si combinano con i colori dominanti e accessori<br />

degli smalti, di forte impatto timbrico, e più di una volta si sovrappongono<br />

ad essi, originando così sfavi<strong>ll</strong>ii improvvisi e delicati veli madreperlacei<br />

su una policromia accesa, vivace, splendente.<br />

La brocca<br />

Per intendere le qualità di questo lavoro bisogna rifarsi al suo mode<strong>ll</strong>o,<br />

vale a dire a<strong>ll</strong>e brocche elaborate da<strong>ll</strong>’autrice per l’edizione 2003<br />

di ‘Brocche d’Autore’, poi rip<strong>et</strong>ute con varianti e reinterpr<strong>et</strong>ate in successive<br />

occasioni.<br />

In tutti questi casi Lucia Angeloni ha trasformato la brocca dei Ceri in<br />

un manufatto ricchissimo e raffinato, la cui decorazione abbondante<br />

sembra riecheggiare il clamore de<strong>ll</strong>a festa. I partiti e gli elementi<br />

ornamentali si richiamano generalmente a<strong>ll</strong>a tradizione e a<strong>ll</strong>a storia<br />

eugubina; la tecnica ‘a scanso’, peculiare de<strong>ll</strong>’autrice, è utilizzata per<br />

simulare e interpr<strong>et</strong>are modernamente i decori ‘par enlevage’ de<strong>ll</strong>a<br />

maiolica cinquecentesca di Gubbio. A<strong>ll</strong>a tradizione del riverbero a<strong>ll</strong>udono<br />

i lustri ai resinati e i riflessi dorati. La brocca, pur mantenendo<br />

la sua forma usuale, è sottoposta a strappi, lacerazioni, deformazioni<br />

plastiche e, successivamente, a vere e proprie ricuciture, quasi sia<br />

stata frammentata e poi ricomposta. Si vuole, insomma, prefigurare<br />

la sorte ineluttabile di questo contenitore, destinato a essere rotto in<br />

mi<strong>ll</strong>e pezzi al momento de<strong>ll</strong>’‘alzata’.<br />

Tale sovrabbondanza ornamentale e tale frastuono perc<strong>et</strong>tivo vengono<br />

meno ne<strong>ll</strong>a brocca ora esibita da<strong>ll</strong>’Angeloni. La foggia è sempre animata<br />

da lacerazioni, sfrangiature, irregolarità che rendono singolare<br />

e avvincente il ‘contenitore rituale’. Anzi, a<strong>ll</strong>a forma de<strong>ll</strong>e brocche già<br />

prodotte si aggiungono nel nostro esemplare que<strong>ll</strong>e specie di frappature<br />

che invadono il ventre del vaso, complicandone mirabilmente la t<strong>et</strong>tonica<br />

e rendendone vibrante di chiaroscuri la tormentata superficie.<br />

L’eff<strong>et</strong>to che ne sortisce è sorprendente. La brocca sembra fatta di<br />

‘stracci dorati’, e proprio per questo esibisce, come una Cenerentola,<br />

tutta la sua regalità. La superficie lustrata in oro ci appare come una<br />

preziosa landa desertica, di natura quasi siderale, ne<strong>ll</strong>a quale le ribo<strong>ll</strong>iture<br />

richiamano i crateri di una luna lontana, ed i frastagli sembrano<br />

i canyon irraggiungibili di qualche sperduto pian<strong>et</strong>a.


La pa<strong>ll</strong>a di pezza<br />

La brocca de<strong>ll</strong>’Angeloni è «morbida e sensuale: ricorda la pa<strong>ll</strong>a di pezza<br />

e carta, tutta bozze, che facevamo da ragazzi, ne<strong>ll</strong>’Italia povera<br />

di a<strong>ll</strong>ora, co<strong>ll</strong>o spago che teneva insieme le parti povere aggregate».<br />

Così Eduardo Alamaro ha descritto la prima brocca del Cero realizzata<br />

da Lucia Angeloni nel 2003. Un paragone – que<strong>ll</strong>o tra brocca e pa<strong>ll</strong>a<br />

di pezza – che ha indotto la ceramista eugubina a ‘confezionare’<br />

questo simbolico ogg<strong>et</strong>to de<strong>ll</strong>a memoria, nel quale risultano espliciti<br />

i rimandi a<strong>ll</strong>’universo e al lavoro femminile. Come è già stato notato,<br />

l’Angeloni si avvale spesso de<strong>ll</strong>a fantasia del patchwork, accostando e<br />

ricomponendo frammenti coloratissimi che recano vari tipi di ornati,<br />

a<strong>ll</strong>a stessa stregua di quanto si farebbe, in sartoria, con il riutilizzo<br />

creativo degli scampoli. Gli strappi, le lacerazioni, le ricuciture con<br />

filamenti di argi<strong>ll</strong>a dorata, rappresentano un’esplicita a<strong>ll</strong>usione a<strong>ll</strong>a<br />

mi<strong>ll</strong>enaria confidenza de<strong>ll</strong>e donne con l’ago ed il filo: pratica nobilitata<br />

dai riflessi dorati che l’autrice conferisce a questi inserti. Anche<br />

nel nostro caso, baluginii e cangianze m<strong>et</strong>a<strong>ll</strong>iche richiamano le celebri<br />

maioliche di Mastro Giorgio Andreoli, al pari degli elementi ornamentali<br />

in rilievo, tipici de<strong>ll</strong>e ‘coppe abborchiate’ cinquecentesche, le quali<br />

presentano su<strong>ll</strong>a par<strong>et</strong>e motivi rilevati, con un’alternanza di superfici<br />

concave e convesse assai favorevole a<strong>ll</strong>o sfavi<strong>ll</strong>io dei lustri.<br />

Ciotole e piatti fatti di striscioline maiolicate<br />

(“Pensieri sovrapposti”)<br />

In questo tipo di ciotole e di piatti l’Angeloni perviene a una sorta<br />

di m<strong>et</strong>onimia: le tante striscioline di argi<strong>ll</strong>a smaltata, sovrapposte e<br />

saldate assieme, assumono infatti la conformazione del cavo in cui<br />

sono state posate, recandone indissolubilmente l’impronta. È dunque<br />

il ‘contenuto’ che si fa ‘contenitore’, registrando a volte il dinamismo<br />

di movimenti traslatori e rotatori, come accade per esempio quando<br />

un cercatore d’oro s<strong>et</strong>accia la sabbia con la batea per trovare pagliuzze<br />

di m<strong>et</strong>a<strong>ll</strong>o prezioso. Il piatto e la ciotola sono pur sempre presenti:<br />

sfalsati risp<strong>et</strong>to a<strong>ll</strong>’insieme de<strong>ll</strong>e strisci<strong>et</strong>te sovrapposte oppure semplicemente<br />

suggeriti dal ‘contenuto’ che – quasi fosse una controimpronta<br />

– ne registra la forma.<br />

Il ‘contenuto’ diventa anche ornato de<strong>ll</strong>e ciotole e dei piatti. Sono singoli<br />

elementi con motivi impressi su<strong>ll</strong>a superficie che ne d<strong>et</strong>erminano<br />

la particolare texture: segni filiformi e puntini impressi nel morbido<br />

corpo de<strong>ll</strong>’argi<strong>ll</strong>a, atti ad esaltare le cangianze m<strong>et</strong>a<strong>ll</strong>iche e le riflessature<br />

spesso applicate in terza cottura.<br />

Le differenze di colore dei singoli elementi (rosso su predominanza grigio-m<strong>et</strong>a<strong>ll</strong>izzata;<br />

oro su predominanza bianca e color terracotta; oro e<br />

grigio-m<strong>et</strong>a<strong>ll</strong>izzato su rosso; grigio-m<strong>et</strong>a<strong>ll</strong>izzato su rosso ramato) assumono<br />

un valore ‘el<strong>et</strong>tivo’ e una d<strong>et</strong>erminante funzione compositiva.<br />

Panne<strong>ll</strong>i su fondo d’oro<br />

La lucentezza e lo splendore de<strong>ll</strong>a maiolica e dei lustri m<strong>et</strong>a<strong>ll</strong>ici vengono<br />

messi a confronto in queste opere con la luminosità più tenue e<br />

satinata del fondo d’oro in foglia su panne<strong>ll</strong>o di legno, che costituisce<br />

5<br />

quasi un’atmosferica e astratta aura dorata entro la quale il panne<strong>ll</strong>o<br />

maiolicato assume tutta la sua concr<strong>et</strong>ezza, la sua evidenza t<strong>et</strong>tonica<br />

e tattile. Le m<strong>et</strong>a<strong>ll</strong>izzazioni e i colori degli smalti spiccano così su ovattate<br />

campiture auree risp<strong>et</strong>to a<strong>ll</strong>e quali assumono il dovuto rilievo sia i<br />

ritmi compositivi, scanditi da lacerazioni e tagli de<strong>ll</strong>a materia plastica,<br />

sia le intense cangianze m<strong>et</strong>a<strong>ll</strong>iche in rosso e oro, a cui sono affidate<br />

le note più alte di lucentezza.<br />

Diario<br />

Di forte impatto e di notevole eff<strong>et</strong>to risulta il grande panne<strong>ll</strong>o intitolato<br />

Diario, composto da 47 fogli maiolicati disposti su quattro<br />

file, tutti su fondo nero. I colori su fondo nero acquistano in genere<br />

un’altissima luminosità, e questo è il caso dei rossi, dei bianchi, dei<br />

grigi, dei blu madreperlacei e degli ori che si succedono e si alternano<br />

lungo le file de<strong>ll</strong>’opera in discorso.<br />

Ogni foglio ha una sua storia da narrare, ed è esemplificativo di un<br />

anno di vita de<strong>ll</strong>’autrice. La successione dei fogli è d<strong>et</strong>tata, dunque,<br />

da motivi str<strong>et</strong>tamente autobiografici: sono gli eventi narrati, o soltanto<br />

simboleggiati, a d<strong>et</strong>erminare la posizione del foglio ne<strong>ll</strong>a serie.<br />

Pertanto l’equilibrio tra i singoli elementi del grande panne<strong>ll</strong>o risulta<br />

subordinato a motivi esterni da que<strong>ll</strong>i di mera natura est<strong>et</strong>ica, pur<br />

ricadendo inevitabilmente in questo contesto.<br />

I fogli possono essere raggruppati in diverse ‘famiglie’ su<strong>ll</strong>a base del<br />

colore predominante degli stessi, ma ognuno ha una propria individualità,<br />

sia formale che cromatica. La loro forma r<strong>et</strong>tangolare appare<br />

variata, caso per caso, a seconda de<strong>ll</strong>o stato de<strong>ll</strong>’elemento preso in<br />

considerazione: disteso, piegato, sgualcito, ondulato, legato, tagliato,<br />

accartocciato … A ciò si aggiungano la varianza policromatica,<br />

l’alternanza di superfici lucide e opache, e soprattutto l’uso di calchi e<br />

impressioni che segnano in modo sempre diverso i campi maiolicati.<br />

Le increspature de<strong>ll</strong>e superfici ceramiche catturano la luce e la fanno<br />

vibrare, risplendere, creando zone d’ombra e picchi di luminosità. A<br />

questi spegnimenti e accensioni si associano e si sommano le contrazioni<br />

e i distendimenti dei singoli fogli, che fanno pulsare l’opera<br />

come se fosse un organismo vivente.


6<br />

Lucia Angeloni<br />

Pensieri Sovrapposti, maioliche smaltate e riflessate a<br />

terzo fuoco, 2010.<br />

Lucia Angeloni<br />

Diario, elementi in maiolica smaltata e riflessata a<br />

terzo fuoco, 2010.


8<br />

Lucia Angeloni fece Rubboli iridiò, 2010.


di Marine<strong>ll</strong>a Caputo<br />

La ricerca creativa de<strong>ll</strong>’artista si concentra interamente sul potenziale<br />

espressivo del lustro, adattando la tecnica tradizionale ad una visione<br />

contemporanea, con soluzioni inedite e gusto sperimentale.<br />

La sua vocazione è inevitabilmente d<strong>et</strong>erminata da<strong>ll</strong>’appartenere ad una<br />

famiglia storica nel campo de<strong>ll</strong>a ceramica, que<strong>ll</strong>a dei Rubboli, con cui<br />

ebbe inizio, nel XIX secolo, la maiolica a lustro a Gualdo Tadino, città<br />

che, proprio grazie a loro, divenne rinomata per tale produzione.<br />

I riflessi m<strong>et</strong>a<strong>ll</strong>ici sono senz’altro impressi ne<strong>ll</strong>a sua cultura e nel suo<br />

vissuto, ma la pratica artistica e la po<strong>et</strong>ica che ne ispira gli esiti, rappresentano<br />

una scelta consapevole e del tutto autonoma. Il passato è al<br />

contempo forza e limite e, per raggiungere la libertà creativa che ogni<br />

artista richiede, va superato e non rimosso.<br />

Maurizio Tittare<strong>ll</strong>i Rubboli è divenuto esperto ne<strong>ll</strong>’arte del terzo fuoco<br />

in <strong>et</strong>à adulta, provenendo da una formazione universitaria linguistico-l<strong>et</strong>teraria.<br />

Non ha appreso quindi le tecniche automaticamente,<br />

ma ha dovuto scoprirle e verificarle, con una comprensione profonda<br />

dei processi di realizzazione. Passare attraverso questa fase gli ha permesso<br />

di ripercorrere la storia, individuando le radici de<strong>ll</strong>a sua motivazione<br />

artistica.<br />

Lumen <strong>et</strong> Splendor -<br />

La mostra accosta le opere di due artisti che impiegano la ceramica<br />

come mezzo espressivo, indagando le possibilità e gli eff<strong>et</strong>ti de<strong>ll</strong>e<br />

superfici riverberate. Su cinque dei lavori di Lucia Angeloni, Maurizio<br />

Tittare<strong>ll</strong>i Rubboli ha applicato il lustro in vernice, in modo da intrecciare<br />

gli interventi, con un rimando reciproco di sicuro interesse.<br />

Il denominatore comune che guida la ricerca dei due artisti è la luce,<br />

come energia intrinseca del visibile, nel carattere costruttivo de<strong>ll</strong>a forma<br />

plastica (lumen) e ne<strong>ll</strong>a natura rifl<strong>et</strong>tente de<strong>ll</strong>a superficie (splendor).<br />

Lo scinti<strong>ll</strong>io che si sviluppa da<strong>ll</strong>’epidermide de<strong>ll</strong>’ogg<strong>et</strong>to, contribuisce<br />

a creare la dimensione evanescente de<strong>ll</strong>’immaginario, con la sua mobilità<br />

i<strong>ll</strong>usoria e fugace.<br />

Le Porte -<br />

Il percorso espositivo de<strong>ll</strong>e opere di Maurizio Tittare<strong>ll</strong>i Rubboli prevede<br />

una serie di insta<strong>ll</strong>azioni su porte, impiegate come sostegno<br />

orizzontale.<br />

Le porte, fotografate per il catalogo da Sandro Be<strong>ll</strong>u sul pavimento<br />

de<strong>ll</strong>e muffole ottocentesche, scandiscono degli episodi instaurando<br />

unità ne<strong>ll</strong>a cornice. Provengono dal vecchio opificio di famiglia e na-<br />

9<br />

turalmente sono in condizioni precarie con i segni tangibili - incrostazioni,<br />

macchie, rotture - del quotidiano ne<strong>ll</strong>a vita di bottega. Sono<br />

memorie, obj<strong>et</strong>s trouvés intrisi di vissuto che riconducono a<strong>ll</strong>e origini<br />

materiali de<strong>ll</strong>’attività artistica. Inoltre contribuiscono a instaurare un<br />

contrasto di pronunciato impatto visivo per il carattere sontuoso degli<br />

ogg<strong>et</strong>ti che sostengono.<br />

Prima Porta: Specchi Ustori -<br />

L’insta<strong>ll</strong>azione unisce tre elementi in maiolica a lustro in vernice, realizzati<br />

seguendo il mode<strong>ll</strong>o degli specchi ustori inventati da Archimede<br />

che nel corso dei secoli hanno ispirato ricostruzioni grafiche e prototipi<br />

tridimensionali.<br />

Le forme sono risp<strong>et</strong>tivamente rivestite in argento caldo, oro e rosso<br />

rame e vengono inclinate per mostrare a pieno la propria concavità.<br />

L’eff<strong>et</strong>to rifl<strong>et</strong>tente de<strong>ll</strong>a superficie a lustro evoca il carattere magicamente<br />

funzionale de<strong>ll</strong>’ingegnosa trovata attribuita a<strong>ll</strong>o scienziato siracusano.<br />

Archimede riuscì con tale sistema, nel III secolo a.C, a incendiare<br />

la flotta romana, escogitando un ordigno be<strong>ll</strong>ico basato su<strong>ll</strong>’uso<br />

sottile de<strong>ll</strong>’inte<strong>ll</strong><strong>et</strong>to che studia la natura per impiegarne la potenza.<br />

L’apparato non ha mai smesso di trasm<strong>et</strong>tere un richiamo accattivante<br />

per chi indaga i processi de<strong>ll</strong>a fisica e de<strong>ll</strong>’ingegneria, ma è comprensibile<br />

come anche le arti visive possano subirne il fascino.<br />

Maurizio Tittare<strong>ll</strong>i Rubboli ha tradotto l’idea de<strong>ll</strong>o specchio parabolico<br />

in forme ceramiche da<strong>ll</strong>a superficie lucida che interpr<strong>et</strong>ano, piuttosto<br />

che imitare, l’asp<strong>et</strong>to de<strong>ll</strong>e creazioni di Archimede.<br />

Lo specchio che convoglia i raggi solari per produrre energia incandescente<br />

è una immagine decisamente evocativa che lascia trapelare<br />

una dimensione simbolica, senz’altro adatta a<strong>ll</strong>’arte visiva. La luce,<br />

sostanza imprescindibile di ogni operazione artistica, innesca e sviluppa<br />

la scinti<strong>ll</strong>a mentale da cui ha origine l’azione creativa. La citazione<br />

degli specchi ustori si dimostra quindi un espediente per rifl<strong>et</strong>tere<br />

su<strong>ll</strong>e implicazioni perc<strong>et</strong>tive e conc<strong>et</strong>tuali del fare arte. In fondo l’atto<br />

creativo non è così diverso da un processo fisico, ne<strong>ll</strong>a condivisione<br />

reciproca de<strong>ll</strong>e leggi basilari.<br />

Seconda Porta: Candelieri -<br />

Gli otto candelieri che sv<strong>et</strong>tano con eleganza su<strong>ll</strong>a base ruvida e consunta<br />

de<strong>ll</strong>a porta, derivano da un disegno degli anni venti di Aldo<br />

Ajò. L’artista eugubino, infatti, fu dir<strong>et</strong>tore artistico de<strong>ll</strong>a manifattura<br />

Rubboli a Gualdo Tadino, dove realizzò molti disegni e stampi di de


cisa ascendenza moderna. La forma fluidamente geom<strong>et</strong>rica de<strong>ll</strong>’ogg<strong>et</strong>to<br />

accoglie i guizzi cangianti del lustro in vernice, con un eff<strong>et</strong>to<br />

striato di indubbia efficacia.<br />

La struttura, composta da otto fasce convesse degradanti proporzionalmente<br />

verso l’alto, è già di per sé decisamente dinamica, ma la soluzione<br />

de<strong>ll</strong>o smalto riesce a renderla ancora più energica e vibrante. I<br />

tocchi espansi e ondulati che invadono e accendono la sagoma vagamente<br />

antropomorfa del candeliere si impongono su<strong>ll</strong>a forma plastica<br />

che sembra smarrire la propria coesione strutturale. Tutto avviene in<br />

superficie, nel cromatismo mobile e nei bagliori m<strong>et</strong>a<strong>ll</strong>ici.<br />

Terza Porta: Ciotole -<br />

Le otto ciotole rappresentano un tratto saliente nel lavoro de<strong>ll</strong>’artista,<br />

co<strong>ll</strong>egandosi ad una ricerca in atto già da diversi anni.<br />

La forma emisferica de<strong>ll</strong>a ciotola, così semplice ed equilibrata, esattamente<br />

a m<strong>et</strong>à tra un ogg<strong>et</strong>to chiuso e uno aperto, ribaltabile, tra<br />

l’altro, in termini di esterno ed interno, coincide con la visione ideale<br />

de<strong>ll</strong>a costruzione plastica, come pura geom<strong>et</strong>ria. Inoltre la sottigliezza<br />

de<strong>ll</strong>e par<strong>et</strong>i ne accentua il carattere di superficie che si avvolge su<br />

se stessa, per proi<strong>et</strong>tare la propria convessità ne<strong>ll</strong>o spazio. L’assenza<br />

di spessore intensifica il valore luminoso del cromatismo m<strong>et</strong>a<strong>ll</strong>ico,<br />

di solito lucido, a volte satinato. La concavità de<strong>ll</strong>a ciotola assume<br />

un andamento vorticoso per la presenza di segni spiraliformi screziati<br />

e sfrangiati che assecondano la circolarità del campo e ne rivelano<br />

la profondità. Gli smalti blu notte o neri, i<strong>ll</strong>uminati da iridescenze<br />

preziose, si sfaldano a<strong>ll</strong>o sguardo, assumendo asp<strong>et</strong>ti diversi ad ogni<br />

cambiamento di angolazione.<br />

In fondo l’eff<strong>et</strong>to visivo de<strong>ll</strong>e ciotole induce a<strong>ll</strong>a libertà visionaria, per il<br />

potere ipnotico che lo splendore esercita.<br />

Quarta Porta: Coppie di Vasi -<br />

Le quattro coppie di vasi che costituiscono l’insieme de<strong>ll</strong>’insta<strong>ll</strong>azione,<br />

sono inscindibilmente abbinate per una ragione precisa. Si tratta di<br />

due forme identiche, vasi troncoconici realizzati secondo il sistema a<br />

fasce concentriche dei candelieri prog<strong>et</strong>tati da<strong>ll</strong>’Ajò. Varia soltanto<br />

l’andamento, perché la struttura consente stabilità, sia che poggino<br />

su<strong>ll</strong>a base maggiore che su que<strong>ll</strong>a minore. Lo stesso vaso capovolto<br />

e accostato al proprio opposto crea un eff<strong>et</strong>to di compen<strong>et</strong>razione e<br />

interscambiabilità, con suggestioni optical.<br />

La tessitura filamentosa di smalti colorati e lustri produce risultati visivi<br />

sorprendenti, rintracciando la scinti<strong>ll</strong>a vitale di questi ogg<strong>et</strong>ti che non<br />

rinnegano la propria connotazione funzionale.<br />

Come nel caso dei candelieri e de<strong>ll</strong>e ciotole, anche qui la geom<strong>et</strong>ria<br />

ridotta, ma sapientemente calcolata de<strong>ll</strong>’elemento plastico, è accostata<br />

a<strong>ll</strong>a forza espressiva del colore e de<strong>ll</strong>a luce che agiscono in superficie.<br />

Quinta Porta: Le Rane Eteronime di Fernando Pessoa -<br />

L’ultima insta<strong>ll</strong>azione del tracciato espositivo di Maurizio Tittare<strong>ll</strong>i<br />

Rubboli è forse que<strong>ll</strong>a più apertamente conc<strong>et</strong>tuale, con una vena<br />

10<br />

provocatoria arguta e pen<strong>et</strong>rante.<br />

Il titolo a<strong>ll</strong>ude a<strong>ll</strong>e multiformi personalità l<strong>et</strong>terarie di Fernando Pessoa<br />

che assumeva nomi diversi, <strong>et</strong>eronimi, appunto, corrispondenti a stili<br />

differenziati ne<strong>ll</strong>a scrittura.<br />

Le rane sono inserite al centro di una ciotola, tutte esattamente a<strong>ll</strong>o<br />

stesso modo, ma ogni versione è unica, ogni variante trasforma l’elemento<br />

plastico radicalmente. Il sistema sembra evocare la serialità dei<br />

ritratti e de<strong>ll</strong>e scene di Warhol, nei quali la rip<strong>et</strong>izione è continuamente<br />

variata dai filtri cromatici.<br />

Le figure degli animali sono rivestite in lustro oro, ad indicare la natura<br />

preziosa e incorruttibile de<strong>ll</strong>’essenza vitale che trascende le situazioni<br />

contingenti con le quali gli individui si identificano. Otto diverse condizioni<br />

de<strong>ll</strong>o spirito e de<strong>ll</strong>’umore vengono indicate dai colori e da<strong>ll</strong>’eff<strong>et</strong>to<br />

tattile de<strong>ll</strong>e ciotole. The Twisted Frog è in un campo nero, mentre The<br />

Stoned Frog ga<strong>ll</strong>eggia su un fondo blu, The Sunny Frog si circonda di<br />

un alone gia<strong>ll</strong>o e The Gay Frog è assediata dal rosa.<br />

The Happy Frog appare incastonata nei toni <strong>et</strong>erei del celeste e con<br />

stupore attonito The Midas Frog si scopre perseguitata da<strong>ll</strong>’oro. The<br />

Bloody Frog - giocando con l’agg<strong>et</strong>tivo inglese che in alcuni contesti<br />

significa maled<strong>et</strong>to e in altri sanguinante - annega nel fluido ramato<br />

del lustro. Infine, The Sombre Frog trova la propria dimensione t<strong>et</strong>ra<br />

nel nero chiazzato di rosso rubino.<br />

Al centro de<strong>ll</strong>a composizione, appoggiata su un vecchio treppiedi in<br />

terracotta, è posta una rana senza ciotola, The Frog watching them<br />

a<strong>ll</strong>, con un ucce<strong>ll</strong>o su<strong>ll</strong>a testa. L’anfibio è in lustro oro, mentre il volatile<br />

è dipinto in blu, a richiamare il potere edificante de<strong>ll</strong>’inte<strong>ll</strong><strong>et</strong>to e<br />

de<strong>ll</strong>a fantasia per l’individuo che in virtù de<strong>ll</strong>e proprie risorse spirituali<br />

può fare a meno de<strong>ll</strong>a ciotola.<br />

Il Numero Otto<br />

Il numero de<strong>ll</strong>e opere in ogni unità è, in quattro casi, di otto. Negli Specchi<br />

Ustori gli elementi sono tre, ma se sommati al numero de<strong>ll</strong>e porte<br />

danno lo stesso risultato. Anche le fasce dei candelabri sono otto e la<br />

disposizione de<strong>ll</strong>e Rane Eteronime segue i vertici di un ottagono.<br />

Il senso de<strong>ll</strong>’impiego di tale numero si spiega con il ricorso a un ordine<br />

parziale che aspira a<strong>ll</strong>’armonia complessiva. Il numero otto assume in<br />

varie culture e dottrine mistiche il significato simbolico di equilibrio<br />

cosmico e risulta adatto, quindi, a incarnare l’universalità de<strong>ll</strong>’istinto<br />

creativo che appartiene a<strong>ll</strong>a vita in sé.


Maurizio Tittare<strong>ll</strong>i Rubboli<br />

Prima Porta: Specchi Ustori, maioliche a lustro in vernice<br />

argento, oro e rosso-rame, 2010.<br />

11<br />

Maurizio Tittare<strong>ll</strong>i Rubboli<br />

Seconda Porta: Candelieri, maioliche a lustro in vernice<br />

oro, rubino, nero e blu di Sèvres, 2010.


Maurizio Tittare<strong>ll</strong>i Rubboli<br />

Terza Porta: Ciotole, maioliche a lustro in vernice oro,<br />

rubino, nero e blu di Sèvres, 2010.<br />

12<br />

Maurizio Tittare<strong>ll</strong>i Rubboli<br />

Quarta Porta: Coppie di Vasi, maioliche a lustro<br />

in vernice oro, rubino, nero e blu di Sèvres, 2010.<br />

Maurizio Tittare<strong>ll</strong>i Rubboli<br />

Quinta Porta: Le Rane Eteronime di Fernando Pessoa,<br />

maioliche a lustro in vernice oro, rubino, nero, blu di<br />

Sèvres, rosa, gia<strong>ll</strong>o, celeste, 2010.

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