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69 Ieromonaco Gabriele di Revello, L'ORTODOSSIA IN ITALIA E L ...

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L’ORTODOSSIA <strong>IN</strong> <strong>ITALIA</strong> E L’ODIERNA SECOLARIZZAZIONE<br />

<strong>Ieromonaco</strong> <strong>Gabriele</strong> <strong>di</strong> <strong>Revello</strong><br />

Analisi <strong>di</strong> un momento storico (la pastorale degli Italiani)<br />

La sco ante delicatezza del’argom ento ogge o <strong>di</strong> questo<br />

mio intervento mi consente <strong>di</strong> rivolgermi a voi in modo<br />

informale, <strong>di</strong>menticando e chiedendovi <strong>di</strong> <strong>di</strong>menticare per<br />

questo momento conce i quali gra<strong>di</strong>, titoli, <strong>di</strong>gnità ecclesiali<br />

ecc, e <strong>di</strong> concentrare la nostra a enzione su noi stessi in<br />

qualità <strong>di</strong> uomini. Come tali, con le nostre capacità e forze, e<br />

anche con le nostre debolezze ed imperfezioni.<br />

Preme o che l’analisi del fenom eno de la secolarizzazione<br />

e del suo contesto storico non è inappellabile e sentenziosa<br />

<strong>di</strong>agnosi, ma ricerca <strong>di</strong> una terapia. Tu avia, è necessario<br />

rendersi conto <strong>di</strong> dove siamo, se vogliamo iniziare un cambiamento<br />

epocale nella storia della Chiesa Ortodossa. Cambiamento<br />

al quale tu i siamo chiamati a contribuire in modo<br />

generoso e virile, allontanando da noi stessi le suggestioni<br />

del mondo e gli echi del suo potere.<br />

Secolarizzazione signi ca indossare una maschera che<br />

ci impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> agire con potenza nella libertà dei gli <strong>di</strong><br />

Dio al servizio <strong>di</strong> un santo ideale che ci supera e completa.<br />

Onestamente dobbiamo riconoscere che troppo spesso<br />

abbiamo indossato questa maschera. E se ci ri e iamo un<br />

poco ci possiamo rendere conto che questa maschera non è<br />

nostra, non ci appartiene come innata ma si è con gurata nel<br />

corso della nostra vita. Il più delle volte ci è stata appiccicata<br />

da consuetu<strong>di</strong>ni culturali e dalla paura del giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> al-<br />

tri esseri umani. La secolarizzazione non deve essere intesa<br />

come mancanza <strong>di</strong> ascesi rituale o inosservanza <strong>di</strong> pratiche<br />

ascetiche comunemente intese, ma come la contaminazione<br />

delle energie mondane nel nostro pensiero. Contaminazione<br />

che si traduce in comportamenti ed a eggiamenti proni a<br />

fare nascere <strong>di</strong>visioni, invi<strong>di</strong>e, liti. Il tu o con<strong>di</strong>to da faziosità<br />

pericolose per la salvezza del’anim a. Questo tarlo rode<br />

in profon<strong>di</strong>tà l’e sere intim o de l’uom o e lo rende ribele a la<br />

<strong>di</strong>sciplina, duro e privo <strong>di</strong> misericor<strong>di</strong>a, testardo e presuntuoso,<br />

ambizioso secondo il mondo e <strong>di</strong>mentico della grazia<br />

ricevuta. Grazia che, spesso, viene confusa con il potere e<br />

l’autorità e, com e tali, esercitata con conseguenze nefaste. A l<br />

punto <strong>di</strong> confondere la conoscenza o familiarità con le rubriche<br />

del giusto comportamento liturgico con la maturità e<br />

l’esperienza spirituali. Il rapporto sacerdote/laico spesso viene<br />

sovvertito. Molti laici giocano a fare i preti, o si improvvisano<br />

padri spirituali (alcuni anche esorcisti con risultati che<br />

spesso hanno del <strong>di</strong>sastroso, quando non sono solo ri<strong>di</strong>coli),<br />

ma non vengono corre i e aiutati perché “in uenti” ne la<br />

micro-comunità.<br />

Purtroppo la pressoché totale mancanza <strong>di</strong> esperienza<br />

spirituale spesso obbliga il sacerdote a rifugiarsi <strong>di</strong>etro prescrizioni<br />

“protoco lari” per <strong>di</strong>rim ere questioni e risolvere<br />

dubbi. Si nisce così per avere preti che impongo penitenze<br />

a destra e a manca senza avere la necessaria esperienza e il<br />

necessario <strong>di</strong>scernimento delle debolezze del penitente. Il


isultato è un’elevata “m oria” <strong>di</strong> fedeli. Ed ecco che assistiamo<br />

alla creazione <strong>di</strong> correnti, <strong>di</strong> fazioni che impe<strong>di</strong>scono<br />

alla nostra Arci<strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> continuare a crescere come sarebbe<br />

auspicabile. Assistiamo a comportamenti infantili ed indegni<br />

non solo per coloro i quali hanno ricevuto l’altissima<br />

<strong>di</strong>gnità presbiterale ma per qualsiasi uomo. Gli errori passati,<br />

se ce ne sono stati, non devono più avere la capacità <strong>di</strong><br />

in uenzare il comportamento presente e, <strong>di</strong> conseguenza,<br />

la vita futura della nostra Arci<strong>di</strong>ocesi e la nostra stessa vita.<br />

Se non recuperiamo in fre a una visione paci ca <strong>di</strong> insieme<br />

e un proge o comune <strong>di</strong> collaborazione fa iva, riconoscendoci<br />

per quello che siamo, peccatori ed inesperti, per<br />

questo bisognosi <strong>di</strong> esperire per primi l’amore <strong>di</strong> Dio e <strong>di</strong><br />

riversarlo sugli altri, le nostre paure che sono lo strumento<br />

del Nemico, ci plasmeranno al punto da renderci irriconoscibili<br />

a noi stessi e <strong>di</strong> smarrire la via, e il senso della nostra<br />

stessa esistenza. Siamo chiamati ad essere forti, sal<strong>di</strong><br />

e uomini. Non registratori che ripetono lezioni <strong>di</strong> altri che<br />

in prima persona hanno vissuto ciò che noi oggi vorremmo<br />

pre<strong>di</strong>care. Come già de o, il controllo della informazione/catechesi<br />

viene spesso frainteso come controllo sulle<br />

coscienza altrui, spingendo taluni ad agire in un’o ica <strong>di</strong><br />

intere se personale a detrim ento de l’interesse com unitario<br />

che è la realizzazione del <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> Dio a raverso lo strumento<br />

Arci<strong>di</strong>ocesi.<br />

Su <strong>di</strong> un piano più ampio dobbiamo analizzare anche il<br />

terreno ovvero le circostanze storiche ed ambientali nelle<br />

quali ci troviamo. Siamo i testimoni <strong>di</strong> un’opportunità storica<br />

irripetibile e come tali siamo investiti <strong>di</strong> una responsabilità<br />

santa e magni ca. Sta a noi scegliere con tranquilla<br />

onestà se im pugnare saldamente l’aratro che abbiamo preso<br />

senza più voltarci in<strong>di</strong>etro, oppure, se servire due padroni.<br />

Con do largamente nella potenza che è in noi quali gli <strong>di</strong><br />

Dio. Nela capacità che alberga nel’uomo <strong>di</strong> comportarsi in<br />

modo nobile ed elevato, evitando le so sticazioni monda-<br />

ne che sono un laccio per chi ha scelto <strong>di</strong> amare il proprio<br />

prossimo e Dio sopra ogni cosa. Il momento storico a uale<br />

è gravido <strong>di</strong> febbrili a ività, crescite spesso tumultuose che<br />

<strong>di</strong> per sé non sono né buone né ca ive. Ma che spesso sono<br />

solo la traduzione in azione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>segno personale alimentato<br />

da motivazioni egotiche e non spirituali. Questo ci deve<br />

preoccupare perché le iniziative personali sono spesso fru o<br />

del’ambizione egoistica e non del’iluminazione delo Spirito.<br />

Gli alle amenti del potere esercitano la propria fascinazione<br />

quasi ipnotica sulle menti razionali che non sono state<br />

forgiate so o il m aglio del’obbe<strong>di</strong>enza e de la fatica sica.<br />

Molti, vi im e <strong>di</strong> un “com plesso del ca olico orfano”, vivono<br />

in ossequiosa sud<strong>di</strong>tanza alla realtà ca olica romana. Non<br />

sicuri della propria ortodossia, spesso neppure consapevoli<br />

<strong>di</strong> essere strumenti della Grazia, impostano la propria vita<br />

in una tensione spasmo<strong>di</strong>ca volta a confutare tu o e a protestare<br />

il raggiungimento del tanto agognato grado <strong>di</strong> prete.<br />

Questo a eggiam ento che confonde l’or<strong>di</strong>nazione presbiterale<br />

con il conferim ento del “potere” è un retaggio culturale<br />

e psicologico pericoloso del quale facciamo bene a sbarazzarci<br />

in fre a. N el’o ica <strong>di</strong> questo intervento, nessuno<br />

nega che essere sacerdoti ortodossi italiani oggi sia qualcosa<br />

<strong>di</strong> eroico. Per questo, proprio per questo, dobbiamo essere<br />

eroi. Superare quello che la nostra cultura ha prodo o. Dimenticare<br />

l’ere<strong>di</strong>tà sia genetica che psicologica, eliminando<br />

così la rivalsa personale, arrivando ad immolare con virile<br />

risolutezza noi stessi per illuminare il nostro prossimo. Non<br />

è facile, ma nessuno ci ha mai ingannati su questo: sapevamo<br />

bene che non sarebbe stato facile essere della sequela <strong>di</strong><br />

Cristo. Sappiamo bene che da soli non arriviamo a nulla e<br />

che senza Cristo non possiamo fare nulla. Se è la gloria che<br />

cerchiamo, abbiamo una possibilità unica ed assoluta per<br />

o enerla: servire Dio con tu o quello che siamo, costruendo<br />

una Arci<strong>di</strong>ocesi modello <strong>di</strong> carità e sinergia. E se invece<br />

cerchiamo qualcosa <strong>di</strong> ancora meglio, ci è data con ogni lar-


ghezza e senza misura la possibilità <strong>di</strong> annientare noi stessi<br />

e seguire in modo più completo il Maestro. Quando siamo<br />

so oposti a bruschi e notevoli cambiamenti <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni, la<br />

nostra capacità <strong>di</strong> reazione viene in ciata, e <strong>di</strong> conseguenza<br />

la nostra capacità <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio. Troppo spesso scorgiamo nemici<br />

fuori da noi stessi, e non ci accorgiamo <strong>di</strong> essere preda<br />

del’avarizia e vi ime delle preoccupazioni mondane. Spesso<br />

cerchiamo <strong>di</strong> fare più e meglio degli altri perché così facendo,<br />

pensiamo, o erremo prestigio. Il prestigio è come un<br />

cancro per chi ha scelto la via del Cristo. Molti usano la propria<br />

intelligenza per o enere prestigio agli occhi <strong>di</strong> altri che<br />

sono ciechi quanto loro stessi. Il Vangelo parla <strong>di</strong> usamente<br />

<strong>di</strong> questo grave rischio. E’ il momento cruciale nel quale possiamo<br />

decidere se a rancarci una volta per sempre da tu o<br />

quello che è retaggio umano e <strong>di</strong>ventare quello che siamo<br />

sempre stati. Possedere Colui che è già Nostro.<br />

Dobbiamo superare la razionalità e ba ezzarci nel cuore.<br />

Cuore che non deve più albergare adulterio, fornicazione,<br />

dubbio, omici<strong>di</strong>o. Ba ezzarci in un cuore puro, per vedere<br />

Dio. Per fare questo occorre capire una volta per tu e che<br />

siamo sacerdoti sempre. Non solo nella celebrazione dei riti.<br />

E che il sacerdozio non è potere, ma servitù. Siamo e dobbiamo<br />

essere so o tu i. Dobbiamo portare la nostra comprensione<br />

a livelli nuovi. E come sarà possibile farlo se alcuni<br />

pensano “solo uno stupido può pensare <strong>di</strong> fare il prete<br />

a tem po pieno”?. Ne suno <strong>di</strong> noi è tanto santo da potersi<br />

a eggiare a grande personaggio, ognuno ha il proprio compito<br />

e non deve invi<strong>di</strong>are quello <strong>di</strong> un altro. Come gli arti<br />

<strong>di</strong> un corpo collaborano insieme così dobbiamo fare noi. Ci<br />

vuole coraggio. Qualsiasi stupido è capace <strong>di</strong> criticare gli altri<br />

standosene in <strong>di</strong>sparte a coltivare il proprio giar<strong>di</strong>ne o<br />

privato. Solo chi è scelto da Dio cerca il bene comune.<br />

Per queste ragioni, pur non avendo altro titolo che quello<br />

<strong>di</strong> essere uomo <strong>di</strong> fronte ad uomini, mi sento <strong>di</strong> esortare tu i<br />

a collaborare ad una pastorale italofona comune e a iva. Chi<br />

vuole dei meriti se li prenda. Chi preferisce non apparire e<br />

ricevere la propria ricompensa dal Giusto Giu<strong>di</strong>ce, certo non<br />

sbaglia. Ma, in entrambi i casi, ogni sforzo colle ivo verso il<br />

bene della nostra Chiesa e, in ultima analisi, verso il popolo<br />

spesso confuso, ci varrà a giusti cazione per le nostre mancanze<br />

e ci sarà nutrimento per la nostra pace. Lo sforzo non<br />

è volitivo o intelle uale. La Salvezza non si acquisisce con lo<br />

sforzo personale ma con la carità che ci impone <strong>di</strong> superarci<br />

ogni giorno. Di eccedere noi stessi frantumando con risolutezza<br />

le nostre meschinità. E <strong>di</strong> ricominciare ogni giorno<br />

la nostra ba aglia. Ecco perché no ad adesso, la pastorale<br />

degli italiani è sempre stata relegata ad iniziative private <strong>di</strong><br />

poco spessore e <strong>di</strong> scarsa rilevanza salvi ca. In ambienti in<br />

cui l’inform azione veniva rivelata su base esoterica e quasi<br />

nel nascon<strong>di</strong>mento anziché con<strong>di</strong>visa, ampliata, <strong>di</strong> usa e<br />

largam ente <strong>di</strong>stribuita. La m ancanza <strong>di</strong> una visione d’insieme<br />

del proge o comune è sinonimo <strong>di</strong> scarsa ducia in Dio.<br />

Non per questo dobbiamo avvilirci. Avendo riconosciuto noi<br />

stessi mancanti, ci possiamo forti care. Con la paziente demolizione<br />

<strong>di</strong> tu o quello che ci impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> essere noi stessi.<br />

Con la verità. Con l’amore che non teme. E con la comprensione.<br />

E’ grave che giovani italiani che vogliono <strong>di</strong>ventare<br />

monaci siano guidati al’estero. Come se in Italia non ci fosero<br />

monasteri. Tanto più monasteri italofoni. Tu avia, questo<br />

accade. Perché? Perché spesso le parrocchie <strong>di</strong>ventano delle<br />

proiezioni del’ego del paroco. Piccoli mon<strong>di</strong> dominati da<br />

un despota assoluto che decide del bene e del male. Anzi,<br />

che cosa è bene e che cosa è male, sulla base delle proprie<br />

debolezze. Se proie iamo sugli altri le nostre colpe li contaminiamo.<br />

Se le energie che no ad oggi si sono spese per<br />

<strong>di</strong>struggere, <strong>di</strong>videre, denigrare e nascondere fossero state<br />

impiegate per costruire, formare, accogliere e comprendere<br />

alora nessun convertito al’ortodo sia avrebbe fa o marcia<br />

in<strong>di</strong>etro e i bene ci per le nostre anime e per le nostre stesse<br />

vite sarebbero incalcolabili. Purtroppo, questa o ica <strong>di</strong> domi-


nio, cara ai latini, sembra ancora aleggiare nelle menti. Non<br />

importa quello che siamo stati. Importa quello che Siamo in<br />

realtà. Alcuni <strong>di</strong> noi hanno dei passati burrascosi alle spalle.<br />

Non devono certo rendere conto a me. Altri hanno una visione<br />

così <strong>di</strong>storta del mondo da non riconoscersi neppure più.<br />

Ebbene, questo è il momento per cancellare tu o. Per liberarci<br />

<strong>di</strong> ogni passione malevola e perversa. Se, come spero, vi<br />

sentite ribollire il sangue al pensiero del bene che potete fare,<br />

ci a ende un futuro pieno <strong>di</strong> bene e una lo a epica. Il premio<br />

della nostra eventuale vi oria è l’abbraccio <strong>di</strong> Dio.

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