Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - ferrettiarte.it

Jorio Vivarelli
e gli architetti del Novecento
Opere della Fondazione Pistoiese Jorio Vivarelli
Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia
Mostra a cura di
Veronica Ferretti

Fondazione
Pistoiese
Jorio Vivarelli
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Con il contributo di
In collaborazione con
Fondazione Pistoiese Jorio Vivarelli
Via Felceti, 11 - 51100 Pistoia
Tel. e Fax 0573 477423
www.fondazionevivarelli.it - segreteria@fondazionevivarelli.it

Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento
Opere della Fondazione Pistoiese Jorio Vivarelli
Convegno
Sala Maggiore
10 novembre 2012
Saluto delle autorità
Samuele Bertinelli
Sindaco di Pistoia
Stefano Morandi
Presidente Camera di Commercio di Pistoia
Gianfranco Cellai
Presidente OAPPC di Pistoia
Giulio Masotti
Presidente Assemblea Fondazione Vivarelli
Ugo Poli
Presidente C.d.A. Fondazione Vivarelli
Relatori
Veronica Ferretti
“Jorio Vivarelli negli spazi pubblici”
Fabio Fortuzzi
“E’ l’ora che l’idea si faccia cosa”
Oreste Ruggiero
“Da Michelucci a Vivarelli attraverzo Zevi”
Mostra - Convegno a cura di Veronica Ferretti
Palazzo Comunale di Pistoia
Mostra
Sale Affrescate
10 novembre / 11 dicembre 2012
Testi catalogo
Veronica Ferretti
Fabio Fortuzzi
Oreste Ruggiero
Catalogo delle opere
Selezione dei lavori
presenti nella mostra
Elaborazione
Grafica e Stampa
Il Micco - Pistoia
Progetto di allestimento
Oreste Ruggiero
Segreteria
Maria Antonia Martinelli
Anna Mura
Si Ringrazia
Aurelio Amendola

La Fondazione Pistoiese Jorio Vivarelli con questa mostraconvegno
realizzata presso la Sala Maggiore e le Sale
Affrescate del Palazzo Comunale di Pistoia, intende
celebrare, a dodici anni dalla propria costituzione, l’opera
del Maestro nella sua città con una esposizione che
presenta il contributo offerto dallo scultore all’architettura
del Novecento. Lo scorso anno la Fondazione, assieme
al Comune di Montale, promosse presso il Castello della
Smilea una mostra-convegno per ricordare i centoventi
anni dalla nascita del celebre architetto pistoiese, secondo
le linee d’indirizzo del programma regionale dal titolo “Un
anno dedicato a Giovanni Michelucci. Se io campassi altri
novantanove anni…”
Nell’occasione venne anche proiettata un’intervista, fino a
quel momento rimasta inedita, rilasciata da Vivarelli nel 2007
nella quale lo scultore lasciava un sentito ricordo dell’amico
Michelucci. Quest’anno il Consiglio d’Amministrazione della
Fondazione, assieme al Professor Giulio Masotti, quest’anno
ha fortemente voluto ampliare, e se vogliamo completare, il
tema lanciato lo scorso anno sviluppando ulteriormente il
rapporto fra scultura e architettura nell’arte di Vivarelli. Con
ciò intendiamo dare il nostro modesto ma sentito contributo
alla valorizzazione del patrimonio artistico e architettonico
che nella nostra provincia. In questa rassegna, infatti,
vengono esposti cento lavori tra sculture, gessi, bozzetti,
progetti e fotografie riferiti alle collaborazioni che nel corso
dei suoi settanta anni di attività Jorio ebbe con Giovanni
Michelucci, Oskar Stonorov, Marcel Breuer, Giovanni Bassi,
Fabio Fortuzzi e Oreste Ruggiero. La nostra manifestazione
si affianca a “3 Giornate di Architettura”, una biennale
promossa dall’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti
e Conservatori di Pistoia dedicate alla salvaguardia del
patrimonio architettonico del XX secolo nell’ambito del
territorio pistoiese. Desidero ringraziare il Sindaco di Pistoia
Samuele Bertinelli, il presidente della Camera di Commercio
Stefano Morandi e il presidente dell’Ordine degli architetti
Gianfranco Cellai, gli sponsor tecnici. Un ringraziamento
particolare a Veronica Ferretti, Maria Antonia Martinelli,
Fabio Fortuzzi, Oreste Ruggiero, Aurelio Amendola e a tutti
coloro che si sono prodigati nella realizzazione di questa
manifestazione.
Ugo Poli
Presidente del C.d.A. Fondazione Pistoiese Jorio Vivarelli
La mostra del Maestro Vivarelli rappresenta per il territorio
un’occasione unica per rendere omaggio alla figura del
noto artista pistoiese mettendo in luce le sue eccellenti doti
progettuali e soprattutto le sue collaborazioni con architetti
di fama internazionale.
In questa occasione, infatti, si potranno ammirare circa
cento delle sue opere, alcune delle quali mai esposte,
riguardanti, in particolare, le sue collaborazioni con alcuni
dei più significativi architetti del Novecento.
Un rapporto del tutto singolare quello del maestro Vivarelli
con l’architettura, in cui egli esprime tutta la sua passione
per la vita e per l’arte, come mostrano le opere e i progetti
presentati in questa mostra.
Si tratta di un’iniziativa culturale che va ad inserirsi
perfettamente nelle 3 Giornate di Architettura, dedicate alla
salvaguardia del patrimonio delle architetture del XX secolo,
attribuendo all’intera manifestazione un rilievo di pregio,
rappresentandone nell’ultima giornata del convegno, la sua
naturale conclusione.
La Camera di Commercio riconosce nel progetto culturale
un eccezionale valore artistico, dato che i temi della
conservazione e valorizzazione del patrimonio storico,
artistico e architettonico sono, oltre che un forte motivo
di orgoglio per l’eccezionale ricchezza posseduta dal
nostro contesto, un fattore strategico fondamentale per la
promozione turistica del territorio.
La nostra scelta di aderire e di promuovere un evento
culturale di così grande livello deriva, oltre che dal desiderio
di rendere omaggio ad un illustre pistoiese, anche dalla
volontà di valorizzare la città di Pistoia anche come meta
privilegiata per tutti coloro, addetti ai lavori e non, che
amano e studiano le architetture contemporanee.
L’impatto che questa iniziativa potrà avere sulla
riqualificazione dell’offerta turistica del nostro territorio è uno
dei motivi che hanno spinto l’ente camerale a supportarla e
a promuoverla.
Stefano Morandi
Presidente Camera di Commercio di Pistoia
4 Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia

JORIO VIVARELLI
E GLI ARCHITETTI
DEL NOVECENTO
di Veronica Ferretti
La mostra che presentiamo alle Sale Affrescate del
Comune di Pistoia, con le opere conservate presso la
Fondazione Pistoiese Jorio Vivarelli, non è certamente la
più esaustiva tra quelle che si potrebbero dedicare alla
memoria del grande Maestro, perché intende unicamente
mettere a fuoco uno dei punti fondamentali della sua opera,
ovvero il costante e proficuo rapporto tra la sua scultura e
l’architettura.
Egli, andando al di là della consueta separazione tra le
due tradizionali forme d’arte, affermava che “l’architettura
è scultura e la scultura è architettura”. Nel corso dei suoi
settant’anni di attività, anche grazie alla collaborazione di
alcuni grandi architetti del Novecento, la validità di questo
assunto è largamente confermata dalle opere e dai progetti
esposti nella presente rassegna.
In essa, accanto alla riproposizione di opere ampiamente
note, vengono per la prima volta presentati alcuni studi che
per ragioni politiche, economiche o personali non furono
realizzati.
Altra caratteristica della mostra è quella di aver disposto il
percorso espositivo non seguendo un ordine cronologico ma
procedendo per sezioni, in modo da evidenziare quanto sia
stata differente la produzione di Jorio nella collaborazione
con l’architetto Giovanni Michelucci rispetto a quella con
l’architetto-sculture Oskar Stonorov e così via.
Vivarelli - Michelucci
Partendo dal lungo e proficuo rapporto tra Vivarelli e
Michelucci, maestri dell’arte pistoiese tanto simili nel sentire
e nel fare, mi limiterò a sviluppare quattro considerazioni
fondamentali.
Per prima cosa dirò che Michelucci non ha fatto
dell’architettura una forma o un organismo da inventare,
ma un’architettura sollecitata dal richiamo di vivo interesse
Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia
per la comunità. Per capire a fondo il concetto di comunità
per Michelucci, vorrei ricordare l’interesse che egli ebbe
per un uomo che è stato una figura fondamentale degli
anni Sessanta: Don Lorenzo Milani, la cui pedagogia
puntava ad una educazione intesa come sviluppo integrale
della persona umana e come mezzo di promozione dei ceti
sociali più svantaggiati.
Presso il Centro di Documentazione Giovanni Michelucci è
tutt’ora conservato il testo della prefazione che l’architetto
aveva scritto per la prima edizione di «Lettera a una
professoressa», mai pubblicato, perché ritenuto nel ’67,
troppo difficile dal punto di vista linguistico rispetto allo stile
con il quale Don Milani e i suoi allievi avevano scritto il
libro.
Ulteriori elementi che accomunano i due Maestri dell’arte
pistoiese del secondo Novecento sono: la ricerca espressiva
sintonizzata alle trasformazioni politiche e sociali del tempo,
il costante impegno civile nel quale risiede il messaggio più
autentico dell’opera michelucciana e vivarelliana e infine
l’ottimistica fiducia nella possibilità di un’arte che fosse
svincolata da interessi speculativi e che si ponesse al
servizio dei reali bisogni della comunità di appartenenza.
Un terzo aspetto che li unisce è un peculiare “naturalismo”
che sta alla base dell’ispirazione creativa di entrambi, e che
si ritrova nel modo in cui interpretano l’aspetto fisiologico
dell’albero come organismo vivente, fonte di fascino e di
espressione simbolica e antropomorfica. Si sa, ad esempio,
come Michelucci proprio in anni prossimi alla collaborazione
con Vivarelli per la chiesa della Vergine a Pistoia e per quella
di San Giovanni sull’Autostrada, andasse elaborando un
linguaggio architettonico che vedeva nell’albero un simboloarchetipo
dal quale sviluppare gli elementi portanti della
sua architettura, come la struttura dei pilastri a raggiera o
a croce. Dal canto suo anche Vivarelli non ha mai fatto
della “scultura per la scultura”, intesa come ornamento, ma
una scultura di contenuto storico, una “scultura moralista”
incentrata sull’uomo, come attestano i suoi due più
importanti periodi creativi, quello della “Testimonianza” e
quello de “L’Uomo Nuovo”.
Era approdato all’arte plastica modellando la creta a forma
di radici avviando un percorso evolutivo che lo avrebbe
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portato al periodo delle gemmazioni. «La radice - diceva
Vivarelli - è indizio o, se vogliamo, metafora ricchissima
della condizione umana, condizione intesa come parabola;
c’è una corrispondenza profonda tra l’uomo e la natura».
Un altro punto di contatto tra lo scultore e l’architetto è
«l’idea di un’arte intesa come eco di un creato che in
essa si riflette. L’opera d’arte come creazione dell’uomo
che è in sé microcosmo, essere vivente tra i viventi; la
presenza, in ambedue, dell’aspirazione alla realizzazione
di un’utopia: quella di un’opera d’arte fatta dagli uomini
per gli uomini, che si fa organismo vivente tra i viventi»
(A. M. JACUZZI, in «Vivarelli e Michelucci: scultura e
architettura a confronto nella Chiesa dell’Autostrada del
Sole» 2006).
Quando Vivarelli diceva: “l’architettura è scultura e la scultura
è architettura” intendeva evidenziare nell’architettura il suo
carattere artigianale, il concetto di manualità che sta alla
base sia del progettare che del costruire. Da questo comune
sentire, tra Michelucci e Vivarelli, sono nate due importanti
opere e altrettanti progetti. La prima occasione avvenne nel
1956 quando il giovane Vivarelli fu invitato dall’architetto
a realizzare il crocifisso per la chiesa michelucciana della
Vergine, che ne era sprovvista. Giovanni ebbe l’intuizione
di chiamare, tra tutti gli artisti che gravitavano nella fonderia
del fratello Renzo, proprio il trentaquattrenne Jorio che ebbe
così il suo primo incarico. Dopo un’intensa quanto rapida
gestazione, Vivarelli scolpì, in legno, un grande Crocifisso
con il volto di un Cristo drammaticamente sofferente e il
corpo che pesantemente scivola lungo l’asse della croce.
Alto ben tre metri, il Crocifisso di Vivarelli richiama quello
del trecentesco pulpito di Sant’Andrea di Giovanni Pisano
per il modo in cui descrive il momento più drammatico
della morte del Figlio di Dio. È un Cristo patiens, dal
volto sconvolto, con la bocca urlante, gli occhi terrorizzati
dalla paura per la morte imminente. Nell’iconografia
del Novecento il Crocifisso di Vivarelli diventa il simbolo
universale della sofferta condizione dell’uomo nella storia
del mondo.
Nella Chiesa di San Giovanni Battista sull’Autostrada del
Sole, tra i criteri di progettazione architettonica ideati da
Giovanni Michelucci e quelli concepiti da Jorio Vivarelli per
la grande scultura del Crocifisso inserita in tale struttura
- nella perfetta perpendicolarità tra il tronco e le braccia
che si pone a contrasto visivo con l’edificio - avrà luogo
una saldatura tale che il Crocifisso diventa una “scultura
architettonica” e la chiesa una vera e propria “architettura
scultorea”. Michelucci sviluppò così un avveniristico
complesso architettonico dalla forma di grande tenda,
antico simbolo della dimora del pellegrino in viaggio sin
dai tempi dell’Esodo di Mosè dall’Egitto verso la Terra
Promessa.
Michelucci intendeva inserire la chiesa come un organismo
vivente all’interno del paesaggio circostante come dimostra
la particolare conformazione della copertura concava della
grande tenda che richiama la curvatura dei monti Appennini
visibili sullo sfondo. Nell’interno il grande Crocifisso di
Vivarelli si staglia come la rappresentazione superba e
tragica della morte del figlio di Dio nella figura posta sotto
la vertiginosa e audace fuga dei pilastri e delle travi in
cemento che sorreggono la grande vela.
Per la chiesa di Longarone a Belluno il progetto ideato da
Michelucci nel 1967 costituiva una vera e propria novità
nella tipologia chiesastica in quanto ispirata alle linee di
tendenza scaturite dal Concilio Vaticano II. Michelucci
propose, infatti, una interpretazione dello spazio ecclesiale
che non separasse più i fedeli dal sacerdote, facendo della
comunità di Longarone un tutto unico attorno alla volontà di
risorgere dalla tragedia della catastrofe del Vajont.
Nell’ideazione di questa chiesa, Vivarelli realizzò ben
sei progetti relativi allo studio del campanile dando alla
struttura una forma che ricordasse quella della goccia
come elemento che, nella vicina diga, aveva prodotto il
disastro ma anche come fonte di nuova vita per esprimere,
in sintonia con Michelucci, il senso di rinnovamento e di
rinascita della comunità di Longarone.
Anche quest’ultima collaborazione conferma quanto fosse
grande tra i due artisti la sintonia creativa nel progettare
un’opera. Una straordinaria “libertà fantastica” che
consentiva a Vivarelli di innestare, nello spazio architettonico
liberato ad opera di Michelucci dai vincoli della tradizione
ecclesiale, il richiamo all’armonia alla natura e al divino
come simboli e radici della vita nel mondo.
6 Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia

Vivarelli - Storonov
“Con Stonorov - mi disse un giorno il Maestro Vivarelli - ebbi
un’amicizia così intensa che per me era diventato come
un fratello”. Ma chi era Oskar Gregory Stonorov? Bruno
Zevi, nel numero speciale de «L’architettura – cronache
e storia» del giugno 1972 interamente dedicato all’opera
dell’architetto tedesco naturalizzato statunitense, scrisse
in premessa che in lui aveva riscontrato una personalità
multiforme, straordinariamente energica e incisiva.
A sua volta Frederick Gutheim ne ha fatto nella stessa rivista
una descrizione ancora più esauriente: «Stonorov era uno
sportivo oltre che un artista, andava a cavallo, giocava a
tennis, nuotava. Guidava una delle auto di moda dell’epoca,
una Moon. Era pianista dotato, frequentava le sale da
concerto come i nights. La sua formazione cosmopolita era
rafforzata dalla conoscenza di quattro lingue, ma non si
può dire che venisse ammirato dagli americani. Era ben
accetto da coloro che avevano familiarità con il mondo
dell’arte, come Lewis Mumford, e dall’influente circolo di
persone che si raccoglievano intorno al Museum of Modern
Art di New York».
Stonorov era stato tra i primi a scegliere la frontiera
americana dopo aver studiato al Polytechnique di Zurigo
e aver lavorato nello studio di Andrè Lurcat a Parigi dove
fece amicizia con Willy Boesiger e Giovanni Vedres con
i quali più tardi collaborò al riordino degli archivi di Le
Corbusier e partecipò, sotto la sua diretta supervisione,
alla stesura dei testi che composero «L’opera completa
di Le Corbusier et Pierre Jeanneret» il cui primo volume
fu pubblicato nel 1929. In quell’anno Stonorov si stabilì in
America, prima a New York nello studio di Harvey Wiley
Corbett poi, a Philadelphia, dove nel 1930 aprì uno studio
con i 6.000 dollari che si era aggiudicato piazzandosi al
secondo posto, con il tedesco Alfred Kastner, nel concorso
per il Palazzo dei Soviets a Mosca.
A Philadelphia il primo cliente fu il sindacato Full Fashioned
Hosiery Workers diretto da John Edelman che si interessava
di abitazioni popolari. Qui Stonorov realizzò il primo progetto
pubblico di edilizia del New Deal, dedicato a un eroe del
sindacalismo Carl Mackley Houses, che fu salutato con
favore da Henry Wright e Lewis Mumford in un articolo della
Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia
rivista «Fortune». Successivamente disegnò con George
Howe e Louis Kahn un piano residenziale per alcune città
della Pennsylvania. Con Kahn nel 1943 scrisse «Why City
Planning Is Your Responsibility» e l’anno dopo «You and
Your Neighborhood... A Primer for Neighbohood Planning».
L’anno in cui Stonorov incontrò Vivarelli fu il 1951 allorché
assieme a Carlo Ludovico Ragghianti si stava occupando di
allestire a Palazzo Strozzi una mostra antologica dedicata
a Frank Lloyd Wright che ritornava in Italia per ricevere
a Firenze la cittadinanza onoraria e a Venezia la laurea
honoris causa. Quella mostra ebbe il merito di far conoscere
all’Italia la grandezza di Wright e l’architettura cosiddetta
“organica”. La passione di Stonorov per la scultura lo portò
a incontrare Renzo Michelucci recandosi una domenica
mattina nella sua fonderia a Pistoia. Jorio, che vi lavorava,
ricordò così quel loro primo incontro. «Era domenica
mattina, dovevo consegnare un lavoro e stavo facendo
ore di straordinario. Sentii suonare alla porta, all’inizio feci
finta di niente ma poi la scampanellata riprendeva con
ancora più insistenza. Mi alzai molto contrariato e aprii la
porta, vidi un uomo alto, calvo con due spalle da lottatore.
“Sono l’architetto Stonorov mi faccia entrare”. “Qui lei non
mette piede se non chiede il permesso al Cavalier Renzo
Michelucci, la sua casa è quella là” e richiusi la porta mentre
questi continuava a replicare. “Lei non sa chi sono io!” Non
passò neanche dieci minuti che Stonorov tornò in fonderia
con Michelucci rosso per la rabbia».
Il secondo incontro tra Stonorov e Vivarelli avvenne
all’inaugurazione della mostra di Wright a Firenze. Da quel
momento fra i due nacque un’amicizia che durò quindici
anni e permise a Vivarelli, di lì a poco, di lavorare negli
Stati Uniti dove insieme progettarono e realizzarono grandi
opere.
Stonorov, come Michelucci, nutriva un’attenzione
particolare nei confronti dei problemi legati all’edilizia delle
comunità in genere e dei lavoratori in specie. La sua idea
era supportata dal convincimento che l’architettura potesse
migliorare le condizioni di vita dell’uomo. Stonorov che si
definiva «lecorbusiano per intelletto, wrightiano per istinto
e toscano di adozione» esprimeva in questi termini la sua
concezione urbanistica: «Le Courbusier nel 1952 ha dato
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origine alla Città Radiante. Frank L. Wright nel 1932 aveva
ideato la Città Giardino. Io definirò la mia attività urbanistica
come un tentativo non verso l’urbanismo nel senso di Le
Courbusier, ma verso una nuova Urbanità intesa come
conservazione dei valori delle strutture tradizionali da
contrapporsi a inusitate forme di coesistenza tra sociologia
e industrializzazione nel progettare i contesti urbani in
funzione degli abitanti. Un nuovo movimento sindacale
unificato di milioni di persone si accinge ad agire con
forza in questa direzione di progresso. La nostra ultima
improvvisazione è la città dormitorio composta di alloggi
indipendenti intorno a un gigantesco nucleo di negozi e
di servizi sociali, il tutto definito Comunità Organica» (O.
Stonorov, La prossima ricostruzione delle città americane,
Seminario Italia-USA sulla pianificazione urbana, Ischia,
giugno 1955.).
Fu così che Vivarelli e Stonorov realizzarono per Walter
Reuther, presidente del grande United Auto Workers Union,
il Villaggio nel Black Lake (UAW Family Center Education)
che doveva coinvolgere in “toto” la vita del lavoratore e
rendere umana e gradevole la vita dei workers.
Sempre ispirato dal concetto di un’arte al servizio della
comunità, Stonorov negli anni Sessanta, invita Vivarelli,
appena giunto negli Stati Uniti, a pensare a sculture e
monumenti che stessero nelle piazze come punti d’incontro
degli spazi urbani nelle nuove città. Fu così che Stonorov
coinvolge Vivarelli nel progetto per la realizzazione di
un quartiere a Philadelphia costruito secondo i concetti
pensati da Reuther, un quartiere dove le varie classi sociali
si fondevano senza entrare in conflitto, rispettose ognuna
del proprio ruolo.
L’affinità tra Stonorov e Vivarelli nasceva dal fatto che,
avendo Stonorov studiato presso lo scultore Aristide
Maillol, ammirò subito la forza della modellazione plastica
e la grande abilità manuale di Vivarelli e quindi insieme
modellarono fontane come quella chiamata “Tuscan Girls”
per il Palazzo Plaza in Benjamin Franklin Parkway, il bronzo
“Adamo ed Eva” sempre a Philadelphia, il gruppo scultoreo
“Giovani” a Detroit e la fontana “Le Bagnanti” per la piazza
dello Stephen College nella città di Columbia nel Missouri.
Vinsero inoltre il primo concorso internazionale per piazza
Kennedy con la scultura “Riti di Primavera” e progettarono
l’istallazione “Acrobati” per lo stadio di Philadeplia.
C’era in comune tra Stonorov e Vivarelli la convinzione
che scultura e architettura dovessero integrarsi per poter
esprimere al massimo i valori dell’arte e fu in occasione
della sua ultima visita a Pistoia che il grande architetto
americano pronunciò: «Eccoci qui, in questa antica
fonderia artigiana nella quale, ormai da molti anni, con
l’amico Vivarelli lavoriamo assieme per unire in maniera
integrale la scultura con l’architettura, cosa questa ormai
dimenticata da un paio di secoli, da quando Firenze e
Pistoia erano unite nella tradizione delle Botteghe d’arte.
Questa nuova Bottega acquista importanza perché operai,
scultori e architetti lavorano insieme: il contributo di chi
esegue diventa importante quanto quello di chi concepisce
l’opera.[...] ed è perciò che in questa fonderia dell’antica
Pistoia facciamo del nostro meglio per dare significato
artistico all’architettura delle strutture utili alla società»
(V. Cecconi, Un po’ di Pistoia va in USA, in «L’Avvenire»,
Milano, 10 aprile 1969.).
L’ultimo progetto di Stonorov, prima del tragico incidente
aereo nel quale perse la vita con Walter Reuther fu la Casastudio
Vivarelli, oggi nota come Villa Stonorov e sede della
Fondazione. Qui l’architetto ha voluto rendere omaggio alla
terra pistoiese con un recupero della memoria architettonica
della vera casa colonica toscana quattrocentesca con le
sue pareti verticali di sasso, intonaco e tetto senza gronda.
La casa doveva essere un laboratorio ideale che da anni
lo scultore andava cercando nella serenità e nel silenzio
tra gli ulivi sulla collina e un luogo di attività creativa, di
incontro tra culture diverse e di formazione di una nuova
generazione di artisti.
Vivarelli - Breuer
L’unica ma significativa collaborazione intervenuta tra lo
scultore pistoiese Jorio Vivarelli e l’architetto Marcel Lajos
Breuer avvenne nel 1965 per il monastero benedettino
Saint John’s Abbey di Collegeville nel Minnesota. Sin
dal 1954 l’abate Baldwin Dworschak e i monaci avevano
scelto di affidare al famoso architetto ungherese, exmembro
della Bauhaus, la costruzione di una chiesa e del
8 Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia

complesso universitario sapendo che li avrebbe progettati
in forme tali da rappresentare “una pietra miliare nell’edilizia
dell’architettura cattolica”. In effetti l’edificio, realizzato in
calcestruzzo, materiale spoglio che ben si intona con il
semplice stile di vita dei benedettini, si caratterizza per
la grande e nuda navata centrale, per la vela posta sulla
facciata e per i pilastri triangolari segnati da scanalature
profonde. Le virtù come la fede, la dedizione al lavoro e la
semplicità di vita, trovano in quest’opera un ideale impianto
architettonico che riflette i canoni liturgici dell’Ordine. Nel
presbiterio, fulcro della vita ecclesiastica, caratterizzato
oltre che dall’altare anche da un imponente coro, fu scelto
di apporre non un Crocifisso ma una Risurrezione, che
nella teologia cristiana assume il significato di riflessione
sul valore della soteriologia operata da Cristo attraverso
il suo sacrificio che ha permesso di liberare l’umanità dal
peccato originale.
Breuer chiese allo scultore Jorio Vivarelli nel 1965 di
rappresentare questa scena della salvezza e questi gli
presentò uno studio, oggi conservato presso la Sezione
d’Arte Contemporanea dei Musei Vaticani di Roma, con
il Redentore in volo che staccandosi dal mondo sale
verso il Padre attorniato da un corteo di angeli. L’opera
si caratterizzava per i pieni e i vuoti in una sorta di Big
Bang ma per motivi non ancora chiari, purtroppo non fu
mai realizzata.
Vivarelli - Bassi
L’amicizia e la proficua collaborazione con l’architetto
Giovanni Battista Bassi ha segnato l’opera di Jorio Vivarelli
non solo per i progetti che idearono e realizzarono insieme
ma direi anche per i contributi critici che di volta in volta
l’architetto ha voluto dedicare all’opera di Jorio ammirandone
l’umanità “tenuta celata nel segreto della materia”.
Nel 1959, quando Bassi era direttore dell’Istituto d’Arte
di Pistoia, curò la presentazione della mostra che Vasco
Melani, direttore del Museo Civico, organizzò a Dordrecht
in Olanda per Vivarelli e per altri artisti pistoiesi. In quella
occasione Bassi, allievo prediletto di Michelucci, scrisse
che le sculture “Testa”, “Figura di pietra” e “Passo di
danza” erano venute fuori dalle mani di Jorio: «...levando
Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia
il soverchio, quasi forma che si scorge misteriosamente
nel tempo e nello spazio della terra pietrificata. Ed è
un divenire potente e drammatico, massa che urla dal
profondo in cerca di luce e, come crisalide, si trasforma in
figura umana».
Di li a poco, nel 1963, Vivarelli mostrò ancora una volta i frutti
della sua figurazione espressionista nell’opera “Conforto-
Monumento ai caduti della strada”, in memoria di Guido
Lenzi figlio del più noto industriale di Quarrata. Attorno
al gruppo scultoreo di donne in lutto che, abbracciandosi
e stringendosi l’una all’altra, esprimono tutto il dolore e
la compassione per la perdita di una giovane vita, Bassi
provvide all’allestimento del parco circostante nel quale
sono abilmente disseminati percorsi e blocchi marmorei
a simboleggiare vie e ostacoli che causarono quel tragico
incidente.
Ancora insieme nel 1966 progettarono per la Fortezza
Santa Barbara a Pistoia il grande “Monumento ai caduti”
che prevedeva una sequenza di prigionieri incolonnati e
una doppia scala che conduceva verso un’agorà lungo il
cui perimetro erano disseminati resti di colonne.
Questo monumento e la nuova sistemazione della piazza
però non furono realizzati mentre l’anno successivo a
Cutigliano venne inaugurato il “Monumento all’Unità
Europea” dedicato ad Alcide De Gasperi e realizzato
da Vivarelli e Bassi con la partecipazione di alcuni loro
studenti dell’Istituto d’Arte Petrocchi. Ma forse i momenti
più significativi della loro collaborazione restano gli
allestimenti, curati dall’architetto nel 1974 per la mostra di
Vivarelli a Pescia e nel 1975, per la mostra “L’uomo e la
sua terra. Itinerario antologico dell’opera di Jorio Vivarelli”
realizzata nello spettacolare scenario dei mercati traianei
di Roma, ambiente definito da Bassi una «macrostruttura
polivalente che, moltiplicando le possibilità di scelta, indica
come l’architettura sia in grado di plasmare il paesaggio
anziché rimanere condizionato».
Bassi organizzò la rassegna antologica suddividendola in
tre distinte sezioni: “L’uomo e la sua terra”, “L’uomo e la
società” e “La testimonianza” con i grandi monumenti per le
città americane e le opere del periodo intrarealista.
All’interno del catalogo Bassi sosteneva: «attivare in un
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circuito culturale una così eccezionale presenza come la
mostra della scultura di Jorio Vivarelli ipotizza un modo
di restituire un oggetto di contemplazione ad una vitalità
urbana alternativa».
Vivarelli - Fortuzzi
Il rapporto tra Vivarelli e Fabio Fortuzzi nacque sui banchi
di scuola ed è durato 40 anni. Per Jorio, infatti, insegnare ai
giovani voleva dire educarli a diventare persone responsabili
nel pensare e nell’agire.
Vivarelli ha creduto così tanto nel valore sociale
dell’educazione da desiderare, assieme ad all’architetto
Oskar Stonorov e al critico Carlo Ludovico Ragghianti, la
nascita di un Centro di formazione artistica di scultura e
architettura (come si realizzò con l’Università Internazionale
dell’Arte sorta a Firenze) e a tale scopo nel 1969 fece
costruire la sua abitazione.
Fabio Fortuzzi, che dal 1986 sostituì Vivarelli nella cattedra
di progettazione della sezione di Metalli e Oreficeria presso
l’Istituto d’Arte di Pistoia, per poi laurearsi in architettura,
ha collaborato alla realizzazione del più affascinate e
avveniristico progetto del maestro, “Una testimonianza
mediterranea della Città di Taranto” (1976 – 1999) nel
quale scultura e architettura si ampliano e si compenetrano
armonicamente.
Si tratta, come lo stesso Vivarelli la denominava, di una
“Scultura Totale”, vero e proprio faro e porta d’ingresso ad
una grande città punto d’incontro tra Oriente e Occidente.
Il progetto, offerto agli Emirati Arabi Uniti, non ebbe seguito
ma restano, in Fondazione Vivarelli la relazione scritta
dall’artista, una ricchissima documentazione fotografica e
due importanti plastici.
In quegli anni, infatti, era previsto un potenziamento
del Centro Siderurgico di Taranto per accrescerne la
produzione fino a raggiungere 10.500.000 t/annue di
acciaio. Nell’area venivano costruiti nuovi laminatoi e
tubifici i cui prodotti finiti dovevano essere spediti a centri
di consumo preferibilmente per via marittima.
La diga foranea, posta a difesa del settore principale con
uno sviluppo di circa 1325 metri, dei quali 1200 costituivano
il banchinato sul lato di ponente per l’attracco di navi,
veniva realizzata in cassoni cellulari in cemento armato di
sabbia e calcestruzzo e sormontata da una sovrastruttura
prefabbricata sistemata in opera da grandi pontoni.
Di questo eccezionale progetto Jorio Vivarelli ha lasciato
scritta questa illuminante descrizione: «Di lato al mare,
che tutto assorbe nella sua immensa orizzontalità sorge
il logico intrico dei serpenti di acciaio delle attrezzature
portuali annodati in lunghissime spire, unite a chilometriche
lastre di cemento. Solo la verticalità della lucida torre
d’acciaio, prorompente all’apice in un vortice cavo di lastre
e lame, può evitare l’annientamento in un tale contesto
nel quale gli elementi naturali e quelli creati dall’uomo
entrano in conflitto. Verticalità contro orizzontalità (come
nel monumento a Giacomo Matteotti sul LungoTevere
a Roma) diatriba complessa sin dai tempi del faro di
Alessandria, una delle sette meraviglie del mondo. Ma con
la visione ravvicinata dell’opera la lotta si placa divenendo
momento di conforto e di dialogo. L’acciaio si confronta
con l’acciaio, ferree morse stringono il lucente corpo della
“Scultura Totale”, identici pezzi di metalli ripetuti diventano
fontane».
L’altra importante opera condivisa da Vivarelli con gli
architetti Fortuzzi e Fedi è il Monumento “Sacrificio: una
morte per una vita” realizzato a Fognano di Montale nel 1985
all’interno del nuovo parco pubblico. Il monumento esprime
uno spiccato dinamismo con la successione ascendente
dei larghi gradoni che, al culmine del percorso, portano alla
piazza centrale. Qui spicca il bianco altare sacrificale dove
una lucente lama d’acciaio spezza un frutto di questa terra,
ma nell’apparente immobilità di quella morte un seme
superstite, poco più lontano, infrange il marmo e affiora
come nuova vita nutrita da un getto d’acqua.
L’ultima opera nella quale il maestro e l’allievo sono insieme
è il monumento funebre dei coniugi Vivarelli nel cimitero di
Fognano, luogo nel quale, per volontà testamentaria sono
stati sepolti.
Il monumento, progettato da Fortuzzi, ha forti richiami
simbolici e si struttura su due piani: uno verticale, il
muro di confine e uno orizzontale, la lastra marmorea.
La stretta feritoia che seziona in due il muro di cinta del
cimitero è simbolo del passaggio dal luogo primordiale,
10 Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia

Fognano, che custodisce anche le spoglie degli antenati
del maestro, verso il luogo nuovo dove ora egli si trova
assieme alla sua gentile consorte. In basso, al cento della
lastra in pietra serena si trova la scultura di Vivarelli “Un
frutto della vita” (1971-’72) appartenente al periodo delle
gemmazioni. La scultura si compone di due elementi: il
seme, simbolo di “potenza in essere -principio del divenire”
e l’osso “metafora della fine”. Il bronzo esprime l’idea di
Vivarelli di una concezione ciclica del tempo, una visione
escatologica seconda la quale i due principi originari del
cosmo rimandano continuamente alle cose prime dove il
principio e la fine coincidono.
Vivarelli - Ruggiero
L’amicizia con l’architetto Oreste Ruggiero e lo scultore
è recente, nata in un pomeriggio di primavera a Casa
Stonorov tra un bicchiere di whisky e l’idea di partecipare
al concorso bandito dal Comune di Roma in memoria dei
soldati italiani caduti a Nassiriya nell’ambito della missione
umanitaria in Iraq. Vivarelli, che aveva vissuto la tragedia
della seconda guerra mondiale e che aveva fatto di gran
parte della propria opera testimonianza del sacrificio
dell’uomo, nonostante la tarda età e la malattia, non volle
esimersi dal dare ancora una volta il suo contributo.
Ruggiero e Vivarelli insieme progettano un’opera carica
di significati simbolici e modellata in spazi e forme capaci
di evocare ed esaltare il valore del sacrificio compiuto in
nome della solidarietà e della pace tra i popoli.
Inserita in un percorso di vialetti si caratterizza, dal punto di
vista strutturale, per due cunei contrapposti e per una stele
collocata al centro che conferisce all’insieme un’immagine
di fuga prospettica. Ruggiero e Vivarelli hanno disegnato
questo sacrario della memoria in modo che venisse vissuto
anche all’interno dei suoi elementi costitutivi: grazie alle
pareti in cristallo lo spazio interno dei cunei è reso visibile
dall’esterno, mentre la parte opposta di accesso al vialetto
è caratterizzata da un arco a ogiva, tipicamente orientale,
e da una forma che evoca la prua di una nave.
Il richiamo alla forma della nave ricorda l’idea del viaggio di
quanti, come i militari caduti a Nassirya, partendo dalla loro
terra d’origine per una missione umanitaria in un paese
Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia
sconvolto dalla guerra, inseguono un ideale di pace e di
solidarietà tra i popoli.
La parte scultorea dell’opera è caratterizza da lucenti lame,
sorgenti di luce indiretta, modellate a forma di fiamma
ascendente da realizzarsi in acciaio o titanio. Distaccate
l’una dall’altra consentono una vista dall’esterno all’interno
e viceversa verso i vialetti. Ognuna di queste diciannove
lame-sculture verticali, corrispondenti alle vittime italiane di
Nassirya, è personalizzata allo scopo di onorare meglio la
memoria di ciascun caduto.
Altro importante intervento dell’architetto Oreste Ruggiero
è stato l’allestimento del percorso espositivo della mostra
che nel dicembre 2009 la Fondazione Vivarelli e il Comune
di Firenze dedicarono alla memoria del Maestro, da poco
scomparso, e al suo proficuo rapporto con i Sindaci del
capoluogo toscano da Giorgio La Pira a Piero Bargellini.
La mostra, dal titolo “Jorio Vivarelli: la materia della vita”
venne allestita nella prestigiosa Sala d’Arme di Palazzo
Vecchio e, secondo l’idea dell’architetto Ruggiero, si
sviluppò attorno alle due possenti colonne ottagonali della
sala dalle quali si dipartivano, evocando una forma stellare
che terminava ai vertici in un triangolo, tre diversi gruppi di
opere.
Vennero esposte 29 opere grazie alle quali fu possibile
ripercorrere i cinque periodi creativi dello scultore da “Ritratto
di Maria” del 1936, realizzato a soli 14 anni, fino a “Cavallo
Pegaso d’oro della Regione Toscana” premio a J. Delors
del 1995, passando attraverso “Colona Toscana” (1952),
“Crocifissione” (1964); “Ritratto di Giovanni Michelucci”
(1965) e “Athanor” (1989).Oltre a questi capolavori la
mostra si arricchì di una serie di 9 medaglie, da “Alluvione
di Firenze” (1967), a “Piero Bargellini Sindaco di Firenze”
(1994). All’architetto Oreste Ruggiero si deve anche
l’allestimento di questa rassegna presso le Sale Affrescate
del Comune di Pistoia.
11

“BISOGNA CHE L’IDEA
SI FACCIA COSA”
La testimonianza dell’arch. Fabio Fortuzzi,
suo allievo e collaboratore
Parlare della mia collaborazione ed amicizia con Jorio
Vivarelli, durata 40 anni, significa anche portare una
testimonianza sulla casa-studio. Proprio in virtù di
quanto vissuto, ritengo che sia riduttivo limitarsi a parlare
dell’edificio come esempio di architettura rurale toscana
reinterpretata dall’architetto americano Stonorov. La casastudio
è nata dall’incontro tra le esigenze dell’artista e la
capacità interpretativa dell’architetto per consentire al
primo di vivere e lavorare in uno spazio ideale; per questo
descrivere la casa significa anche parlare del suo modo
di vivere e lavorare. Ora la casa-studio è la sede della
Fondazione da lui voluta ma negli anni ‘70 ed ‘80 era il
centro vitale della sua attività creativa, di cui sono stato
testimone per un lungo periodo.
La mia prima visita alla casa studio risale al 1971, circa
due anni dopo la sua costruzione. Confrontando il mio
ricordo, di studente del 5° anno dell’Istituto d’arte di
Pistoia, con le foto presenti sulla rivista “L’Architettura” del
giugno 1972 mi sono reso conto che era stata apportata
una modifica al piano terra dell’edificio, trascurabile dal
punto di vista architettonico ma importante per la sua
funzionalità : la terrazza di separazione tra la cucina ed
il laboratorio si era trasformata nella zona pranzo, un
ambiente con ampie superfici finestrate. Con questa
trasformazione la casa, nell’uso quotidiano, era formata
da tre zone distinte :
- lo spazio privato della famiglia dell’artista, molto
ridotto, costituito dalle due camere da letto a
cui non avevano accesso gli estranei. Un altro
piccolo spazio privato al piano inferiore, posto tra
lo studio e la galleria, comprendeva una piccola
stanza da letto con annesso bagno per gli ospiti.
Questo è stato per molti anni lo spazio privato di
un suo collaboratore : l’orafo e scultore pesarese
Umberto Bovi, suo giovane collega all’Istituto
d’arte.
lo spazio di relazione costituito, al piano terra,
dalla zona pranzo : il fulcro dell’attività di relazione
con gli amici ed i collaboratori. Seguiva un grande
soggiorno arredato con i mobili “Torbecchia”
di Michelucci. Questo era una spazio usato
raramente nelle occasioni più formali.
12 Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia
-
Al piano mezzanino lo spazio di relazione
continuava nel soppalco con il suggestivo affaccio
sullo studio sottostante. Questo spazio era
utilizzato come archivio e segreteria e, raramente,
usato anche come ricevimento, sfruttando le
poltroncine degli anni ’50 che vi erano collocate.
- lo spazio di lavoro ed espositivo : al piano terra era
costituito dal laboratorio, alle spalle del pranzo,
usato per disegnare o mostrare i progetti in via di
sviluppo. Al piano seminterrato proseguiva con lo
studio , la galleria ed i locali accessori usati come
depositi per gessi ed altre opere.
Pur avendo questi grandi spazi a disposizione l’artista
preferiva iniziare la sua giornata lavorativa seduto
al grande tavolo di castagno, su una vecchia panca
addossata alla parete e con accanto una lampada da
tavolo in metallo cromato, contornata dai vari bigliettini,
post-it e schizzi che servivano a memorizzare e
ricordare le fasi di lavoro e le scadenze. Qui si teneva
l’incontro mattutino con i suoi collaboratori, quello che
oggi chiamiamo “Briefing”. Mi sono chiesto spesso se
questo modus operandi dipendesse dalle sue esperienze
con Stonorov e dal contatto con l’ambiente di lavoro
americano. In questa prima parte del giorno si decidevano
gli sviluppi di un progetto. Jorio Vivarelli annotava su
piccoli foglietti gli aggiornamenti, le cose da fare e le date
per l’ultimazione dei lavori. Le date stabilite costituivano
un impegno da rispettare ad ogni costo. Come il poeta
Alfonso Gatto, nel 1975, aveva ben compreso nello scritto

“La scultura di un uomo” era questo l’impegno morale e
materiale dell’artista perché “Bisogna che l’Idea si faccia
cosa, che esista, che pesi oggettivamente, che abbia
la sua ragione per essere : bisogna che questa cosa
nascente abbia la sua influenza, la sua autorità sull’artista
che ne è impegnato al confronto, sino al punto di vedere
che l’opera sua, più di lui, anche se è in lui,ha il diritto di
prevalere.
La fase di lavoro successiva corrispondeva esattamente
all’azione detta “Brainstorming” lo scambio continuo di
impressioni, idee, suggerimenti e quanto poteva essere
utile alla discussione da parte dei partecipanti. Questo era
per me il momento più stimolante e democratico, in cui
potevo liberamente attingere alla mia immaginazione. Con
queste modalità sono nati e si sono sviluppati i progetti per
il monumento di Fasano, per la Scultura totale di Taranto
e per il parco pubblico di Fognano.
Volendo fare una sintesi dell’evoluzione nel rapporto
tra la parte architettonica e la parte scultorea nelle opere
progettate e realizzate con Jorio Vivarelli, posso usare
questa sequenza :
Proposta ideale per la città di Taranto.
Progetto dal 1976 al 1999.
La prima opera importante in collaborazione è nata dalla
scultura “Salviamo la vittima”, collocata all’apice della
struttura. Da questo vortice di lame lo scultore ha creato il
suo sostegno, la struttura verticale, il faro.
La dott.ssa Veronica Ferretti, per prima, ha fornito nel libro
“Jorio Vivarelli Scultore La materia della vita” i dettagli sulla
stesura di questo progetto. Aggiungo qualcosa su quella
che fu l’ultima rielaborazione del progetto, che mi vide
impegnato tra il 1998 ed il 1999. In quegli anni, per merito
di persone con importanti contatti nel Medio Oriente,
sembrò possibile la sua realizzazione, a scala ancora
maggiore rispetto a quella iniziale. La proposta doveva
essere indirizzata ad un Paese del Golfo , scegliendo
quello che poteva offrire le migliori opportunità. Mi occupai
delle ricerche nel 1998. Con Internet a disposizione, la
raccolta di informazioni fu rapida e i paesi più interessanti
e dinamici risultarono Dubai e gli Emirati Arabi Uniti.
Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia
La scelta cadde sugli Emirati e la proposta,
accompagnata da una mia relazione, venne presentata ai
loro funzionari che si dimostrarono molto interessati, tanto
che lo scultore se ne uscì con una delle sue battute, ben
radicata nell’arguzia toscana e pistoiese : “ è la volta che
vado sul Globo in groppa a un cammello”. Dall’entusiasmo
iniziale si passò alla pianificazione del lavoro e fu a questo
punto che il progetto si arrestò. A distanza di venti anni le
esigenze erano cambiate ed il progetto di massima non
poteva più essere presentato solo con i disegni e plastici
esistenti : eravamo entrati nell’era digitale ed occorreva
trasferire tutto nei programmi di Cad e Rendering. La
necessità di creare una struttura operativa a migliaia di
chilometri di distanza e l’idea di dover trasformare il suo
modo di lavorare senza poterlo più gestire in prima
persona bloccarono, da parte dell’artista, ogni ulteriore
sviluppo del progetto.
Parco pubblico di Fognano.
Progetto e realizzazione dal 1982 al 1985.
La seconda opera in collaborazione è nata intorno alla
scultura “Il sacrificio - una morte per una vita”
Nel 1982 Jorio Vivarelli mi chiese di progettare insieme a
lui il parco pubblico con la sua grande scultura in marmo,
acciaio e bronzo “Il sacrificio – una morte per una vita”,
nel suo paese natale, Fognano di Montale. Nella mia nota
del 1982, ho così descritto il progetto: “In un contesto
urbano, qual è quello di Fognano, privo di emergenze
artistiche ed architettoniche, si è sentito il bisogno di
operare un intervento che non riguardasse solo l’uso
fisico del territorio, ma coinvolgesse anche le componenti
emozionali e della memoria, nella relazione tra la “madre
terra” ed i suoi figli. Per questo il nuovo spazio pubblico è
parco ed anche cornice alla grande scultura “Il Sacrificio”
di Jorio Vivarelli; un evento fisico per il rafforzamento, negli
abitanti, di quel senso di identificazione ed appartenenza
ai propri luoghi, che si può concretizzare solo attraverso il
fatto storico od artistico. In questo spazio, originariamente
uliveto, il momento celebrativo-rituale e quello quotidiano,
fatto di relax e svago, sono tenuti inizialmente distinti
tramite i due accessi estremamente differenziati. In essi i
13

materiali usati, essenziali ed efficaci come solo il cotto ed
il calcestruzzo possono essere, conferiscono alle diverse
configurazioni spaziali significati e pesi diversi.”
Monumento funebre per Jorio e Giannetta Vivarelli.
Progetto e realizzazione dal 2008 al 2011.
L’ultima opera è nata da una sua volontà testamentaria
che prevedeva l’inserimento della sua scultura in bronzo
” il Frutto di una vita” nel monumento. Questo progetto,
fatto per lui ma senza di lui, è stato il più difficile sotto
il profilo morale ed emotivo. Nella mia relazione del
dicembre 2008, presentando il progetto ai responsabili
della Fondazione e del Comune di Montale, ho spiegato
che la mia idea, senza poter contare su altre indicazioni,
era basata sul rispetto di ciò che mi aveva insegnato : “Ho
ripercorso mentalmente le tappe di un lungo cammino che
mi ha visto prima suo studente e poi suo collaboratore
ed ho cercato di rivederlo per un’ultima volta accanto
a me. Tra i suoi insegnamenti, i concetti ispiratori più
ricorrenti erano la chiarezza ed espressività delle forme,
la sincerità dei materiali ed un forte legame ai luoghi ed
alle tradizioni.”
Il monumento è composto da due strutture : una a
sviluppo orizzontale, la tomba e l’altra a struttura verticale,
il muro retrostante. Un basso recinto, costituito da lastre
ammorsate tra di loro, delimita l’area. Ho usato diversi
materiali lapidei : arenaria “Giallo etrusco”, pietra lavica,
pietra “Santafiora”. La prima riveste il ruolo più importante,
nel piano orizzontale della tomba, con due grandi
lastre spesse 8 cm. La pietra proviene da una cava di
Firenzuola, a poche decine di chilometri, in linea d’aria, da
Fognano e richiama la sua Terra nel colore e nel nome.
La struttura orizzontale nasce dall’accostamento di due
rettangoli aurei, la proporzione ideale dell’arte classica
e del Rinascimento. I rettangoli sono due tombe unite in
un’unica forma, la seconda destinata alla sua compagna
di una vita. Nella parte centrale è collocata la sua scultura
in bronzo “Il Frutto di una Vita”. Sulle lastre le scritte sono
incise nel carattere “Romain du Roi”, l’evoluzione più
raffinata e regale del Lapidarium romano.
Nella parte più alta del basamento sono inserite tre lastre
di LiTraCon, un nuovo calcestruzzo contenente fibre
ottiche. Il materiale, opaco di giorno, con il calar della sera
lascia filtrare verso l’esterno una luce soffusa proveniente
da lampade led nascoste in una nicchia retrostante.
Alle spalle del monumento un muro di sassi viene tagliato
da una stretta feritoia di arenaria. E’ la componente
verticale dell’opera, un richiamo, con una inversione
prospettica, al portale d’ingresso del parco pubblico. La
feritoia è anche un’apertura in una barriera fisica per
guardare oltre, sia in senso fisico che simbolico.
Bologna, 28 ottobre 2012
14 Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia

DA MICHELUCCI A VIVARELLI ATTRAVERSO ZEVI,
ARTE - ARCHITETTURA - SIMBOLISMO
Con Jorio Vivarelli, inizialmente, fu un incontro di cortesia
per conoscersi di persona, favorito dalla dottoressa
Veronica Ferretti. Parlammo di arte e architettura; ne
scaturì per Vivarelli il desiderio di tornare a pensare a
un’opera da ideare nello spazio. Un’opera da poter vivere
anche dall’interno, quindi dove non si capisse il confine
fra arte e architettura. E mi stupì quando ne ipotizzò i
materiali: plexiglas, acciaio, carbonio, vetro, titanio…
L’occasione fu il concorso del 2006 per il monumento dei
caduti di Nassiriya a Roma: il bando chiedeva proprio
un’opera da vivere fisicamente, non solo da ammirare.
La cosa più bella che potesse dirmi Vivarelli, quando
decidemmo di partecipare al concorso, fu in un pistoiese
perfetto “Si fa, ma non si vince mica…”. Partecipavamo
dunque, ma solo perché eravamo interessati a sviluppare
l’idea del progetto e perché avevamo individuato
argomenti che avrebbero dovuto essere di nuovo
fondamento dell’incontro fra arte e architettura, e
intendevamo comunicarli.
Questa mostra è l’opportunità, poiché Vivarelli è un
maestro, di ricordare e continuare a comunicare il suo
messaggio: l’arte e l’architettura debbono ritrovarsi e
nutrirsi non solo di virtuosismi, di tecnica e d’immagini,
anche se sono quelle lusinghiere delle “archistar”.
Soprattutto l’arte, assieme all’architettura, debbono
esprimere e comunicare “qualcosa”, entrare nella sfera
del simbolismo e non costituire soltanto un atto tecnico,
l’uno; e decorativo, quanto scioccante, l’altro.
Le opere di Vivarelli che hanno interessato il processo
alchemico: Athanor e Pietra filosofale parlano dell’interesse
di Jorio, non certo verso la trasmutazione dal piombo
di Oreste Ruggiero
Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia
all’oro, ma dell’evoluzione dell’uomo contemporaneo in un
uomo nuovo, e costituiscono “messaggio”.
Continuare a ignorare, attraverso la cosiddetta cultura
ufficiale, tale percorso e l’apporto di culture diverse,
significa voler acuire la frattura culturale fra oriente e
occidente: per questo il titolo dell’opera del concorso
del 2006, anche se la ferita dei caduti di Nassiyria era
profonda, fu l’Unione degli opposti.
Se non emergerà un interesse, ma almeno una riflessione
su questi temi, sono felice e credo che Vivarelli sarebbe
felice, perché, con questa mostra, si intende mettere in
luce questo suo legame con lo spazio e l’architettura
attraverso l’arte, così come l’incontro fra uomo e universo
attraverso la natura.
Mi auguro che presto, come fece Carl Gustav Jung nei
confronti di un altro pistoiese: Marino Marini, e dello
stesso rilievo di studioso, si occupi più in profondità di
questa ricerca del simbolismo nell’opera di Jorio Vivarelli.
Confido in questo a partire dall’impegno e dall’entusiasmo
delle dottoresse Maria Antonia Martinelli e Veronica
Ferretti che insieme hanno svolto un ruolo importante
quanto essenziale per la realizzazione di questa mostra.
15

Jorio VIVARELLI per Giovanni MICHELUCCI
t
Jorio Vivarelli,
"Crocifisso",
Chiesa della Vergine
Pistoia, 1956, cm 300
foto di Aurelio Amendola
16 Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia

Jorio VIVARELLI per Giovanni MICHELUCCI
Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia
t
Jorio Vivarelli
“Crocifisso”,
Chiesa dell’Autostrada del Sole
Firenze, 1963, cm 250
foto di Aurelio Amendola
17

Jorio VIVARELLI con Oskar STONOROV
p
Jorio Vivarelli in collaborazione con Oskar Stonorov,
“Riti di primavera”, bozzetto vincitore del concorso
internazionale e fontana di Piazza Kennedy, Philadelphia,
U.S.A.,
bronzo, 1964, cm 35x80
t
Ambientazione del progetto.
u
Jorio Vivarelli in collaborazione con Oskar Stonorov,
“Ragazze Toscane”, Hotel Plaza, Philadelphia,
bronzo 1966, cm 800
18 Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia

Jorio VIVARELLI con Oskar STONOROV
Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia
19

Jorio VIVARELLI con Oskar STONOROV
20 Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia

t
Jorio Vivarelli in collaborazione
con Oskar Stonorov, “Adamo ed Eva”,
fontana, Hopkinson House,
Philadeplphia, 1967, bronzo, cm 800
Sala interna del Walter and May Reuther UAW
Family Education Center, Black Lake,
Michigan 1967
q
Jorio VIVARELLI con Oskar STONOROV
Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia
p
Oskar Stonorov, plastico del “Walter and May Reuther
UAW Family Education Center”, Black Lake, Michigan
Jorio Vivarelli, “Cariatidi” per UAW Family Education Center,
Black Lake, Michigan, 1967, bronzo, cm 280
q
21

Jorio Vivarelli, “Giovani”, Detroit, Michigan,
1967, cm 500 x 250
q
Jorio VIVARELLI con Oskar STONOROV
Jorio Vivarelli in collaborazione con Oskar Stonorov, “Bagnanti”,
Stephens College, Columbia, Missouri, bronzo, 1967 - cm 600
u
22 Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia

Jorio VIVARELLI con Oskar STONOROV
Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia
23

Oskar Stonorov, “Casa- Studio
Vivarelli” oggi “Villa Stonorov”,
sede della Fondazione Pistoiese
Jorio Vivareli, Pistoia, 1969 -1972
u
Saloni interni
di “Villa Stonorov”,
Pistoia, 1972 - 1980
q
Jorio VIVARELLI con Oskar STONOROV
Stonorov e Vivarelli
nello studio dell’architetto
a Philadelphia, 1960 ca.
u
24 Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia

Jorio VIVARELLI con Oskar STONOROV
Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia
25

Marcel Breuer,
“Saint John’s Abbery”,
facciata Collegeville,
Minnesota
u
Jorio VIVARELLI per Marcel BREUER
t
Jorio Vivarelli e Marcel Breuer,
ambientazione della scultura all’interno
di Sant John’s Abbey , Collegeville,
Minnesota, 1965
Il bozzetto oggi è conservato presso la Sezione
d’Arte Contemporanea Musei Vaticani Roma
Inaugurazione del monumento
di Jorio Vivarelli, “Conforto”-
nel parco progettato da Giovanni Bassi,
Quarrata, Pistoia, 1963
u
Jorio Vivarelli e
Giovanni Bassi,
plastico per
“Monumento ai caduti
di Pistoia”, Pistoia, 1966
up
Jorio Vivarelli, “Proposta
per monumento
ai caduti di Pistoia”,
disegno a china,
Pistoia, 1966
u
26 Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia

Jorio VIVARELLI con Giovanni BASSI
Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia
27

Jorio VIVARELLI con Giovanni BASSI
p
Giovanni Bassi, allestimento della mostra
“Jorio Vivarelli e la sua terra”,
Roma, Mercati Traianei, 1975
Jorio Vivarelli e Giovanni Bassi
Monumento “Unità Europea” Alcide De Gasperi,
Cutigliano, bronzo, 1967
cm 400x300
t
28 Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia

Jorio Vivarelli in collaborazione con
Fabio Fortuzzi, progettano a Casa
Storonov la “Proposta ideale per
una testimonianza mediterranea”,
Taranto, 1976
u
Jorio Vivarelli in collaborazione
con Fabio Fortuzzi,
“Il sacrificio: una morte per la vita”,
parco monumentale di Fognano,
marmo e acciaio, 1979,
cm 500x500x200
q
Jorio VIVARELLI con Fabio FORTUZZI
Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia
Fabio Fortuzzi,
“Monumento funebre ai coniugi
Vivarelli” 2010-’11, con la scultura
di Jorio Vivarelli,
“Un frutto della vita” (1971-’72),
Cimitero di Fognano,
pietra arenaria “Giallo etrusco”
pietra lavica, pietra “Santafiora”,
Litracon, bronzo, cm 274x224
q
29

Oreste Ruggiero
"Il senso degli opposti" bozzetto
per il Concorso ai caduti di Nassirya,
2010
u
Oreste Ruggiero e Jorio Vivarelli, "Il senso
degli opposti" progetto per il Concorso ai
caduti di Nassirya, 2006
q
Jorio VIVARELLI con Oreste RUGGIERO
30 Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia

Oreste Ruggiero, Progetto di allestimento
della mostra “Jorio Vivarelli e gli architetti
del Novecento” Sale Affrescate Comune di
Pistoia, 2012
u
Oreste Ruggiero, LOVE,
acciaio, 2005, totem-pellegrino
fonte di ispirazione
per l’allestimento della mostra
q
Oreste RUGGIERO per Jorio VIVARELLI
Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia
Oreste Ruggiero, Progetto di allestimento della
mostra “Jorio Vivarelli - La Materia della Vita”
Sala d’Arme, Palazzo Vecchio - Firenze, 2009
t
Tarsia bicroma di
San Miniato a Monte, Firenze
fonte di ispirazione
per l’allestimento della mostra
q
31

Jorio VIVARELLI negli spazi pubblici
Jorio Vivarelli, “Monito.Sacrario:
caduti di tutte le guerre”, Pistoia,
bronzo, 1968, cm 320
t
Jorio Vivarelli,
“Seminazione germoglio di vita che prospera”,
Prato, acciaio e plexiglass,1985-’86, cm 400x150x600
t
Jorio Vivarelli, “Memoria storica”,
monumento a Giacomo Matteotti,
bronzo, 1974, cm 1600
q
32 Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia

Jorio Vivarelli, “Le Gemelle”,
Studio per la fontana della
Casa di Cura OMPI, Roma,
bronzo, 1983, cm 600
u
Jorio VIVARELLI negli spazi pubblici
Jorio Vivarelli,
“Ultima Sfida”,
struttura per
il monumento di
Piazza Banditori,
Ponte Buggianese, bronzo,
1993, cm 100 x 400
t
Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia
33

Jorio VIVARELLI negli spazi pubblici
Jorio Vivarelli,
“Pesca Miracolosa”
particolare mosaico
Chiesa di S.Pietro,
Galciana, Prato
1965
t
Jorio Vivarelli,
“Inno alla vita”,
Parco della Pace
Nagasaky, Giappone,
bronzo, 1986,
cm 400
u
34 Jorio Vivarelli e gli architetti del Novecento - Sale Affrescate Palazzo Comunale di Pistoia

Finito di stampare
Novembre 2012
Elaborazione Grafica e Stampa
Il Micco - Pistoia