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VENERDÌ 4 FEBBRAIO 2011<br />
LA GAZZETTA DELLO SPORT<br />
SPECIALE<br />
RUGBY<br />
IL GLOSSARIO VIAGGIO NEI SIMBOLI DEL SEI NAZIONI<br />
Scozia-Inghilterra: gli scozzesi<br />
entrano in campo camminando, poi<br />
vincono 13-7, con Grande Slam<br />
Dal Galles ai Pirenei<br />
Un mare di fedeli<br />
a Santa Maria Ovale<br />
A Cardiff è il gioco del paradiso, in Francia c’è<br />
Notre-Dame du Rugby. Primo valore: il rispetto<br />
MARCO PASTONESI<br />
5RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
dLarrivière-Saint-Savin è un<br />
villaggio, un campanile e una<br />
chiesetta in Aquitania, nel profondo<br />
sud della Francia, dove<br />
si respira Atlantico e Spagna.<br />
La chiesetta era un antico oratorio<br />
romano, eletto sacrestia<br />
della parrocchiale: demolita<br />
la parrocchiale, la chiesetta<br />
venne trasformata in cappella.<br />
Si chiama Notre-Dame-du-Rugby,<br />
nostra signora<br />
del rugby. In una delle vetrate,<br />
sotto la figura centrale della<br />
Vergine Maria, è dipinta<br />
una mischia. In un’altra vetrata,<br />
Maria conforta un giocatore<br />
ferito. E in un’altra vetrata<br />
ancora, la Madonna tiene fra<br />
le braccia Gesù, che ha fra le<br />
mani un pallone da rugby. In<br />
un’altra immagine, ai piedi<br />
della Vergine e del Bambino, i<br />
giocatori saltano in touche e il<br />
Bambino lancia il pallone.<br />
Cucchiaio di legno, incubo reale<br />
5RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
dIl Sei Nazioni è fatto anche di<br />
trofei simbolici, reali o immaginari,<br />
che nel tempo si sono legati<br />
alla storia del Torneo.<br />
Cucchiaio di legno È un trofeo<br />
immaginario e la sua attribuzione<br />
è dibattuta, ma nel Torneo<br />
conta moltissimo. Secondo la<br />
tradizione francese, assorbita<br />
nei decenni anche dal rugby italiano,<br />
il cucchiaio va idealmente<br />
alla squadra che perde tutte le<br />
partite di un’edizione. Negli ultimi<br />
anni, in Gran Bretagna si tende<br />
invece ad assegnare il cucchiaio<br />
di legno (wooden spoon)<br />
all’ultima in classifica, mentre il<br />
Catechismo ovale La chiesetta<br />
di Larrivière-Saint-Savin è meta<br />
— il termine suona perfetto<br />
— di pellegrinaggio: ogni anno<br />
circa 12 mila persone, mille<br />
per mese, 30 al giorno, ovviamente<br />
più d’estate che d’inverno,<br />
visitano, venerano, ammirano,<br />
e anche pregano. Neogotica,<br />
di pietra nuda, Notre-Dame-du-Rugby<br />
è stata voluta<br />
non dall’International Board e<br />
neanche da un munifico e immaginifico<br />
sponsor, ma da un<br />
frate, l’abate Michel Devert,<br />
che riteneva il rugby come il<br />
migliore catechismo. Devert si<br />
è convertito all’ovale nel<br />
1963, quando tre giocatori del<br />
Dax morirono in un incidente.<br />
Fra loro, anche Raymond Albaladejo,<br />
di una dinastia rugbistica.<br />
Quattro anni<br />
filotto di cinque sconfitte viene<br />
definito whitewash. A questa lettura<br />
si è adeguato anche il sito<br />
del Torneo.<br />
Calcutta Cup In palio, dal 1878<br />
in poi, ogni anno, fra Inghilterra<br />
e Scozia. Nel 1872 un gruppo di<br />
studenti di Rugby si era trasferito<br />
in India, aveva fondato il Calcutta<br />
Rugby Football Club e,<br />
quando tornò in patria, nel<br />
1878, con i soldi rimasti fece fabbricare<br />
un boccale di birra diventata<br />
coppa. Ora è assegnata durante<br />
il match del Sei Nazioni.<br />
Triple Crown La triplice corona<br />
va alla Nazionale britannica (le<br />
«Home Unions»: Inghilterra,<br />
1990 2000 2001<br />
GRANDE SLAM SCOZIA ESORDIO DELL’ITALIA MOVIOLA IN CAMPO<br />
Scozia, Galles e Irlanda) che, durante<br />
un Sei Nazioni, batte le altre<br />
tre. Il trofeo è stato ufficialmente<br />
assegnato per la prima<br />
volta solo nel 2006: a conquistarlo<br />
è stata l’Irlanda, che nel<br />
rugby è indivisa fra Irlanda del<br />
nord (Ulster) e del sud (Eire).<br />
Trofeo Garibaldi Ideato per celebrare<br />
il bicentenario della nascita<br />
dell’eroe dei due mondi, il trofeo<br />
è in palio fra Italia e Francia,<br />
dal 2007, e assegnato durante il<br />
match del Sei Nazioni. Finora se<br />
l’è sempre aggiudicato la Francia.<br />
Il trofeo è opera di Jean-Pierre<br />
Rives, «l’angelo biondo» del<br />
rugby francese negli Anni Settanta,<br />
scultore.<br />
di lavori, e l’inaugurazione del<br />
vescovo di Dax. Da allora il<br />
rugby francese si è così preso a<br />
cuore la chiesetta da trasformarla<br />
nella sua Basilica di San<br />
Pietro.<br />
Il paradiso dei gallesi Che il<br />
rugby sia una religione, i rugbisti<br />
lo sanno, lo sentono e lo tramandano.<br />
Non è un caso che<br />
l’uomo che introdusse il rugby<br />
in Galles, nel 1850, 27 anni dopo<br />
la storica trasgressione di<br />
William Webb Ellis (che corse<br />
con il pallone fra le mani invece<br />
che prenderlo a calci), fu un<br />
reverendo, Rowland Williams,<br />
del St. David’s College a Lampeter.<br />
Non è un caso che, sempre<br />
in Galles, e adesso anche<br />
nella pubblicità, si recita che il<br />
rugby è lo sport giocato in paradiso.<br />
Tant’è vero che il Millennium,<br />
lo stadio di Cardiff, ha il<br />
tetto apribile in modo che —<br />
così si predica — anche Dio<br />
possa guardare le partite.<br />
Stessi sentimenti<br />
e<br />
stesse<br />
Nasce il Sei Nazioni, il 5 febbraio<br />
l’Italia esordisce con la Scozia e a<br />
Roma, al Flaminio, la supera 34-20<br />
preghiere anche dall’altra parte<br />
del mondo. In «L’arte del<br />
rugby» lo scrittore neozelandese<br />
Spiro Zavos spiega che «giocare<br />
e guardare il rugby era la<br />
nostra religione.<br />
I terreni dai quali seguivamo<br />
gli incontri erano le nostre cattedrali.<br />
I campi dove guardavamo<br />
giocare le squadre locali<br />
erano le nostre cappelle. I giocatori<br />
più bravi erano i santi e i<br />
teppisti avversari i peccatori.<br />
Gli arbitri che davano una punizione<br />
contro erano diavoli. Il<br />
grido di "Black! Black! Black!"<br />
che proveniva dagli spalti sotto<br />
forma di potente ruggito era<br />
la preghiera della Nuova Zelanda».<br />
E ancora: «Conoscevamo<br />
l’agiografia di tutti i più grandi<br />
giocatori: sapevamo come<br />
Bert Cooke, il piccolo, elettrizzante<br />
centro degli Anni Venti,<br />
un giocatore geniale, si infilò<br />
delle bottiglie di birra nelle tasche<br />
del cappotto per arrivare<br />
a pesare 60 chili».<br />
Rispetto La religiosità del<br />
rugby, o forse il rugbismo della<br />
religione, sta innanzitutto<br />
nei valori, quelli che fanno la<br />
differenza nella vita, e anche<br />
nello sport. Chiedete a<br />
qualsiasi giocatore di<br />
qualsiasi latitudine,<br />
livello e club, quale<br />
sia il valore numero<br />
1, cioè il<br />
primo comandamento:<br />
vi risponderà<br />
«il<br />
Italia-Irlanda, per la prima volta<br />
l’arbitro chiede l’aiuto del Tmo, che<br />
rivede le azioni alla moviola<br />
rispetto». Il rispetto delle regole:<br />
non tanto quelle scritte —<br />
solo gli arbitri le hanno lette e<br />
studiate, costretti — ma quelle<br />
orali, quelle che s’imparano, a<br />
proprie spese, sul campo.<br />
Come subire maltrattamenti<br />
quando ci si trova in fuorigioco,<br />
semplicemente perché non<br />
si è autorizzati a essere lì. L’arbitro<br />
lascia correre, o finge di<br />
non vedere, o è il primo ad approvare.<br />
E come regolare i conti:<br />
un colpo proibito viene restituito<br />
silenziosamente alla<br />
prima occasione. E sulle tribune,<br />
si commenterà «well done»,<br />
ben fatto.<br />
Il rugby appare come una religione<br />
monoteista, l’Ovale, in<br />
una terra promessa, Ovalia.<br />
Vanta un linguaggio e soprattutto<br />
un codice. Crea una ragnatela<br />
di legami e un senso di<br />
appartenenza. Più setta che<br />
popolo, più fedeli che seguaci,<br />
più fede che filosofia. Una volta<br />
battezzati, si rimane rugbisti<br />
per sempre.<br />
Spirito L’arbitro, a suo modo<br />
un missionario, deve salvare e<br />
salvaguardare lo spirito del<br />
gioco: non è uno spirito santo,<br />
e spiritoso in senso comico e<br />
alcolico lo diventerà solo finita<br />
la partita, nel terzo tempo.<br />
Lo spirito del gioco è durezza<br />
e ignoranza, è scontro e impatto,<br />
è lotta e battaglia, ma dentro<br />
i confini del regolamento.<br />
Aggressività non significa violenza.<br />
La frontiera è sottile, la<br />
terra di nessuno non esiste.<br />
Nell’alto livello, il professionismo<br />
ha elevato l’aspetto fisico<br />
e muscolare. E i rischi - di questo<br />
tutti i rugbisti sono consapevoli<br />
- esistono.<br />
LA STORIA GLI INGLESI LO CANTARONO PER LA PRIMA VOLTA NEL 1988<br />
Oti, l’uomo dello «Swing Low»<br />
Oti festeggiato nel match del 1988<br />
5RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
d(past.) Twickenham, Cinque<br />
Nazioni, Inghilterra-Irlanda. Il<br />
18 marzo 1988. Ogni volta che<br />
un giocatore inglese aveva la<br />
possibilità di segnare una meta,<br />
un gruppo di studenti della squadra<br />
della Douai Abbey, di Upper<br />
Woolhampton, a Reading, seduto<br />
in basso nella tribuna est, intonava<br />
l’inno della squadra di<br />
rugby della propria scuola.<br />
Quando Chris Oti, ala inglese di<br />
origine nigeriana, schiacciò il<br />
pallone oltre i pali irlandesi, l’inno<br />
venne cantato a tutta voce.<br />
Quando Oti fece la seconda meta,<br />
l’inno venne cantato a tutta<br />
birra. E quando Oti, in giornata<br />
di grazia, firmò anche la terza<br />
meta, l’inno venne cantato da<br />
tutto lo stadio. In quel momento,<br />
spontaneamente, divenne<br />
l’inno della Nazionale inglese.<br />
Era «Swing Low Sweet Chariot»,<br />
un gospel dell’americano Henry<br />
Thacker Burleigh arrangiato da<br />
uno spiritual che suo nonno,<br />
uno schiavo, gli aveva insegnato<br />
nel 1866 (poi ripreso da un jazzista<br />
come Sonny Rollins e da una<br />
band reggae come gli UB40).<br />
«Chariot» significa carrozza, ma<br />
nello spiritual indica tutti i mezzi<br />
con cui gli schiavi fuggivano<br />
per la libertà (a piedi, attraversando<br />
fiumi per far perdere le<br />
tracce ai segugi, oppure su treni<br />
o navi), ed è sinonimo di «fuga».