PORCA PUTTANA - galileo ferraresi

GALILEO FERRARESI
PORCA
PUTTANA

"Il mestiere di prostituta, ad eccezione beninteso delle malattie sifilitiche, non sarebbe
dunque in se stesso poco sano."
P. Duchatelt, medico, La prostitution dans la ville de Paris, Parigi, 1836
"Se vi è qualcosa di vero in questa congettura, sarebbe opportunuo tacerlo nell'interesse
della morale"
F. F. A. Béraud, commissario, Le prostitute di Parigi, Parigi, 1839

INDICE
Indice pag. 5
Introduzione 7
Definizione del soggetto 9
Storia della prostituzione 11
Prostituzione sacra 11
La Grecia Classica 17
Roma
20
Dal Medio Evo al Regno d'Italia 31
Dal Regno d'Italia a oggi 39
Prostituzione maschile 46
Il Sindacato 51
Contraccettivi 54
Malattie veneree 56
L'aids 61
La morale 64
La persecuzione rituale delle puttane 68
Parole di puttane 72
Parole di puttanieri 80
Le donne clienti 83
Parole di puttani 84
Case chiuse 85
Protettori 88
I soldi 91
Sesso o altro 94
Porca Puttana 100
Leggere la prostituzione: 102
Generalità 102
Storia, antropologia, religione 107
Leggi, dati ufficiali, statistiche 115
Malattie sessuali, aids 117

Introduzione
"Tolfe per moglie la ingiuftizia, ed ebbene fette figliiuole,.. la fettima fu
suffuria, ma lafiolla puttana, che Ognuno la potesse adoperare"
(Prese in moglie l'ingiustizia, e ne ebbe sette figlie,...la settima fu la
lussuria, ma la lasciò puttana, perchè Ognuno la potesse adoperare)
Boccaccio n. 68.21
Il vocabolario degli Accademici della Crusca edito presso la
tipografia Giovanni Alberti a Venezia nel 1612, che possiamo
considerare una pietra miliare della lingua italiana dà di "puttana"
la seguente definizione:
"Femmina, che, per mercede, fa copia difonesftamente altrui del fuo
corpo, che men difoneftamente diciamo, meretrice, femmina di
mondo, mondana".
Già in questa antica definizione vediamo alcuni aspetti che definirei
'storici' della puttana:
1) nonostante nella storia antica e contemporanea non manchino i
casi di puttani, la prostituzione è pensata subito al femminile;
2) nel rapporto di prostituzione è elemento indispensabile lo
scambio economico, come nel matrimonio d’interesse;
3) la connotazione negativa della prostituzione del proprio corpo è
accresciuta dal termine totalmente indefinito "disonestamente";
4) la vendita, o sarebbe meglio dire il noleggio, l'affitto, del proprio
corpo è riprovevole, mentre l'acquisto dello stesso non è
riprovevole. Come dire che è riprovevole vendere bistecche ma non
è riprovevole comprarle;
5) la prostituzione di parti del corpo per soddisfazioni di tipo
sessuale è negativa, mentre non lo è per altri scopi. Quindi
masturbare una persona con una mano per denaro è negativo,
mentre piantare chiodi o scrivere a macchina con la stessa mano per
denaro è giusto e onorevole;
6) possiamo quindi aggiungere che per la morale giudaico - cristiana
non tutto il corpo ha lo stesso valore: le zone erogene sono più
importanti delle zone non erogene e quindi il sesso é più importante
del cervello;

7) mentre invece per la tradizione libertario - ugualitaria non c'è
differenza di valore tra le varie parti del corpo fisico e sociale,
quindi se consideriamo negativo l'affitto del proprio sesso, cosa
dovremmo dire degli avvocati e degli scienziati che affittano il
cervello?
8) puttana è un termine dispregiativo e pesante. Per definire una
persona disprezzata in modo meno volgare si possono usare altri
termini che non dicono ma lasciano intendere: donna di mondo,
mondana, meretrice.
Col passare del tempo i termini “soft” sono aumentati, si sono
evoluti, ma è rimasta sempre la differenza tra la voce popolare e
quella scientifica e letteraria: rude, sprezzante, laida, coinvolgente e
coinvolta la prima, asettica, pudica, distaccata, la seconda.
Più siamo interessati o coinvolti in qualcosa più nomi le diamo. Da
questa esuberanza di termini di origine sessuale possiamo trarre
una conclusione: come dicono alcune scuole psicoanalitiche il sesso
è più importante di tante cose, l'abbiamo sempre saputo e non
l'abbiamo mai ammesso, neppure a noi stessi.

DEFINIZIONE del SOGGETTO
"Sfrenata meretrice" al femminile; "Puttaniere emerito" al maschile.
(Lucini 7.342, dal Dizionario della Crusca, voce “puttana”)
Il primo problema da affrontare quando si tratta di un argomento è
la definizione di un vocabolario. Tutti hanno un vocabolario con cui
comunicano con altre persone, ma ogni persona ha uno o più
vocabolari specifici a seconda delle persone con cui parla.
Il medico quando parla con altri medici riuniti attorno al letto del
malato usa una terminologia specifica che spesso è volutamente
incomprensibile al paziente, poi il medico va a casa e con il figlio di
pochi anni usa un altro linguaggio, se va in barca usa termini
completamente differenti e come il medico anche l'avvocato, il
muratore, l'operaio, il ladro, il prete, il banchiere, tutti hanno un
proprio vocabolario. A volte i termini dei vari vocabolari coincidono
ma hanno significati totalmente diversi, a volte hanno significati
simili, ma quasi mai due persone riempiono la stessa parola di
emozioni, vissuti, valutazioni proprie uguali e dunque, anche se
siamo nell'era della comunicazione globale, resta sempre
maledettamente difficile comunicare.
In questo testo si parla di prostituzione che è un termine usato e
abusato, ma codificato in modo differente.
Nella Thorà si parla solo una volta di prostituzione, a proposito di
Tamara, e nel Talmud la prostituzione è proibita perchè una donna
non può andare con più uomini perché il rapporto sessuale è un atto
sacro. Per essere più chiari, un uomo può avere più mogli ma una
donna non può avere più uomini, se lo fa è una puttana, anche se lo
fa per amore e non per denaro. Ergo: appena una donna sta col
secondo uomo é una puttana.
La legge bibblica resiste ai secoli, ai millenni e ancor oggi in alcuni
stati degli Usa l'adulterio femminile (la moglie che ha rapporti con
un uomo diverso dal marito) è parificato alla prostituzione. In Italia
si dice comunemente di una donna che ha varie esperienze sessuali
che è una puttana, o nella migliore delle ipotesi che è una poco
seria.

Dalla Bibbia in poi ogni testo, ogni legge, ha dato la propria
interpretazione dei termini "puttana", "prostituire" ecc.. Per ovviare
a questi problemi di definizione, per i termini ulilizzati in questo
testo valgono le seguenti definizioni:
"Prostituire" è l'atto di utilizzare il proprio corpo o parti del proprio
corpo per provocare direttamente o indirettamente piaceri della
sfera sessuale ad una o più persone che contraccambiano tali
prestazioni sia con beni materiali sia sociali.
"Puttana" è la donna che si prostituisce;
"Puttano" è l'uomo che si prostituisce;
"Puttaniere" è l'uomo che utilizza la prostituzione altrui per il
proprio piacere; dicesi di colui che “va a puttane”;
"puttaniera" è la donna che utilizza la prostituzione altrui per il
proprio piacere; ovvero la donna che “va a puttani”;
"Lupanare", "postribolo", "bordello", "casa di tolleranza", "casa
chiusa" sono tutti sinonimi di luogo in cui una o più persone si
prostituiscono sotto l'autorità di un gestore che amministra le
rendite e senza il cui permesso chi si prostituisce non può lasciare il
locale.
"Protettore"," magnaccia", "pappone", "pappa", "apache": sinonimi di
persona che amministra le rendite della prostituzione di una o più
persone in cambio di protezione dalla violenza di altri protettori.
"Ruffiano", "mezzana": persone che procurano clienti a chi si
prostituisce in cambio di una parte del guadagno;
“Sex worker”, “lavoratori e lavoratrici del sesso” termine che
raccoglie tutte le persone coinvolte nell’industria del sesso,
comprese le porno star e gli addetti alle linee erotiche.

"Fili de le pute, traite"
(Figli di puttana, tirate)
Iscrizione in italiano della fine del XI Sec.
Chiesa di San Clemente, Roma
STORIA DELLA PROSTITUZIONE
Non nasciamo indipendenti dal mondo che ci è attorno, e neppure
viviamo indipendentemente dal mondo che ci circonda, e che ci ha
preceduto, siamo il risultato di infiniti condizionamenti e a nostra
volta condizioniamo i nostri successori e i nostri contemporanei. Per
comprendere un fenomeno vecchio di secoli è importante sapere
cosa è successo prima di noi, e capire perché in un certo luogo e in
un certo momento, e non in altri luoghi o momenti, sono accaduti
determinati fatti.
LA PROSTITUZIONE SACRA
"L'atteggiamento di una determinata società nei confronti del rapporto
sessuale illecito è determinato dal complesso di sentimenti e sensazioni che
circondano il matrimonio."
F. Henriquez, la Prostituzione,
Per la nostra mentalità non c'è probabilmente nulla di più distante
come il sacro e il profano, e l'amore sacro e profano sono due
elementi con nessun punto in comune, agli antipodi. Per alcune
civiltà invece il rapporto sessuale e il rapporto con la divinità
avevano parecchi elementi in comune quando addirittura non
coincidevano. Nella civiltà greca la copula era spesso ammirata o
guardata con adorazione, ma ci sono civiltà ove il legame che univa
sessualità e religione era più pertinente ancora con l'argomento di
questo testo.
Presso alcune popolazioni mediterranee, dell'Asia minore, dell'India
meridionale e dell'Africa occidentale si è praticata una forma di
prostituzione chiamata dagli antropologi 'sacra' perché riferentesi ai
luoghi di culto.

Si può dividere la prostituzione sacra in due tipi: al primo
appartiene quella forma di prostituzione per cui una donna compie
una volta nella vita uno o più atti di prostituzione con valenze
iniziatiche per poter poi essere considerata una donna e una sposa
come le altre; al secondo tipo invece appartengono tutte quelle
forme di prostituzione operate da donne addette al tempio per un
periodo più o meno lungo della propria esitenza.
In riferimento al primo tipo Erodoto ci informa che "gli abitanti di
Babilonia hanno un'usanza vergognosa: ogni donna assira deve, una
volta nella vita, compiere un sacrificio a Venere giacendo con uno
sconosciuto...c'è sempre una gran folla e un gran movimento (al
tempio) e i forestieri percorrono dei passaggi delimitati da corde
tese. Una volta che la donna ha preso posto sul luogo d'attesa non le
è permesso di tornare a casa finché uno sconosciuto non le getti in
grembo una moneta d'argento pronunciando la formula 'la dea
Militta ti sia propizia' e la conduca con se....la donna va col primo
che le getta la moneta senza respingere nessuno....Una volta
soddisfatta la dea giacendo con lo straniero la donna ritorna a casa e
da quel momento nessun regalo, per quanto grande, dovrà
corromperla. Le donne alte e belle vengono presto rilasciate, mentre
le brutte dovranno attendere a lungo prima di poter adempiere al
precetto; talune attendono fino a tre, quattro anni. Un'usanza simile
c'è anche nell'isola di Cipro."(1)
La dea assira Militta, chiamata dai romani Venere, non era che una
delle divinità a cui si sacrificavano le donne antiche; non è chiaro se
le donne assire si recassero al tempio per la cerimonia prima di
sposarsi o in un momento qualsiasi della vita, mentre per le donne
di Eliopoli (la Baalbek dei fenici) e di Aretusa era di rigore
sacrificare alla divinità la propria verginità e di ciò si occupavano i
padri offrendo le figlie vergini ai forestieri di passaggio perché si
potessero poi sposare (2).
Presso i fenici la verginità era considerata un male e preferivano
dare in pasto ai maiali le vergini piuttosto di sposarle (3); tale usanza
venne proibita con una legge da Costantino che distrusse il tempio
di Eliopoli e costruì una chiesa sulle sue rovine.
In Lidia esisteva un tipo di deflorazione prematrimoniale a
pagamento che sopravvisse fino al terzo secolo dopo Cristo come
illustrano sia Eliano (4) che un'iscrizione rinvenuta a Tralleis.

Periodi più lunghi di prostituzione sacra prematrimoniale li
troviamo tra gli amoriti, sette giorni presso il cancello di casa (5) e tra
i medi e gli armeni che avevano costruito vari templi dedicati alla
dea Anaiti di cui uno, ad Acilisene, particolarmente considerato (6).
A Cipro il re Cinira aveva istituito la prostituzione sacra ad
Afrodite, dea greca dell'amore, e ogni fanciulla sverginata riceveva
in dono una focaccia salata ed un fallo di terracotta e portava al
tempio della dea una moneta (7) .
Ma anche in altre località si svolgeva questa forma di prostituzione
rituale prematrimoniale fra cui anche nel sud est d'Italia (8).
In tutti i casi citati la prostituzione sacra era elemento comune di
tutto l'universo femminile, in Egitto invece era riservata solamente
alle figlie delle famiglie nobili e il forestiero che copulava con la
ragazza pagava un obolo al tempio (9).
La prostituzione sacra fin qui considerata è un atto rituale in cui la
donna concede il proprio corpo ad un uomo, uno straniero, un
forestiero, ad uno che non fa parte della cerchia delle persone vicine
alla donna che paga, copula, o più spesso svergina, e sparisce.
Consideriamo per un momento questa situazione. La divinità per
cui si compie tutto ciò, si chiami Afrodite, Venere, Astarte, Iside,
Lete, Ishtar, Ashtoreth rappresenta, per gli antropologi, la grande
Dea-Madre, la terra, la natura, il ciclo della vita per cui è necessario
che le cose muoiano e rinascano, si rinnovino, crescano e si
riproducano. L'unione sessuale è importante perché vitale. Ancora
oggi presso alcune popolazioni africane durante il periodo della
semina gli sciamani scavano un buco nella terra e si sdraiano sopra
per copulare con la terra e renderla fertile.
Tra le popolazioni agro-pastorali c'è un forte senso di incertezza:
l'insicurezza del raccolto dovuta a svariati motivi meteo-climatici
rende l'attesa del raccolto carica di speranze e di incertezze che
senza dubbio l'economia pastorale non ha. Per un pastore il
rapporto tra atto sessuale, fecondità, nascita e sviluppo è semplice,
si attua in tempi brevi ed è sicuro, per un agricoltore la correlazione
tra aratura, semina, crescita e raccolto è enormemente più lunga,
complessa e incerta.
Il culto della Dea-Madre unisce questi due mondi prendendo la
certezza riproduttiva del mondo pastorale per darla al mondo
agricolo.

Al rito del sacrificio della verginità femminile per imitare la dea e
assicurare fertilità al proprio ventre, alla terra e agli animali si
aggiunge la donazione da parte dell'uomo di un bene materiale, di
una moneta, alla dea come per ricordare alla divinità il fine ultimo
del rito: il commercio dei beni prodotti ed il benessere economico.
Non ho trovato nessuna informazione riguardante l'età dei maschi
incaricati di deflorare le giovani donne ma considerato che l'atto
doveva essere compiuto da persone provenienti da altri lidi è lecito
pensare che si trattasse di persone adulte.
Parecchie culture hanno per la deflorazione una sorta di tabù
collegato alla perdita di sangue che si può avere per la rottura
dell'imene, tabù presente tutt'ora anche in alcune zone d'Italia per il
sangue mestruale cui si attribuiscono poteri magici e terrifici e usato
per sortilegi e magie. Fra i documenti in nostro possesso gli
antichissimi testi indiani, i Veda, attribuiscono al sangue della
deflorazione poteri velenosi e ricchi di insidie. La deflorazione è
quindi un atto pericoloso e ogni cultura ha cercato delle forme di
salvaguardia della propria popolazione. Alcuni la compiono con le
mani, altri con strumenti appositi, altri ancora delegano la
responsabilità ad un sacerdote, o ad un capo, che per il particolare
ruolo svolto è considerato più vicino alla divinità o comunque
dotato di poteri superiori a quelli dei normali sudditi e quindi più
protetto da eventuali malefici.
Le società presso cui la deflorazione era compiuta da un re, un
nobile o un sacerdote si estendono in tutto il mondo, dalla Polinesia
alla Groenlandia, dal Brasile all'India senza escludere casi
altisonanti e vicini a noi come quello di re Conchabar dell'Ulster che
sverginò tutte le fanciulle del suo regno e quello dei vari signorotti
italiani che per il 'diritto di prima notte' riempirono i propri dominii
di fanciulli assomiglianti al padrone.
La deflorazione rituale avviene solitamente alla presenza di varie
persone che a volte partecipano al rito, come nel caso degli abitanti
delle Baleari, in cui tutti i presenti giacciono con la sposa in ordine
di anzianità prima del marito. Tutt'ora in Italia e in Spagna appena
una sposa esce di chiesa viene presa d'assalto dai presenti per il
"rituale" bacio della sposa, ultimo embrione di queste antiche
usanze sessuali che precedono la copula degli sposi.

Anche gli stranieri sono da considerare persone “particolari” per il
semplice motivo che, non facendo parte del gruppo locale, sono
considerati “diversi”. In parecchi paesi c'era l'uso di affidare agli
stranieri il compito di deflorare le giovani, e anche Marco Polo nel
Milione ci parla di questa "simpatica usanza del paese del To Bot",
l'odierno Tibet.
"Nessun uomo in quel paese sposerebbe mai una vergine; laggiù si
dice infatti che una moglie non val nulla se non si è prima
accompagnata con altri uomini....quando un viaggiatore giunge in
quelle contrade le vecchie gli offrono le figlie nubili....dopo aver
giaciuto con il forestiero le giovani tornano alle loro case...chi capita
in un villaggio o in altro luogo abitato potrà trovarsi venti o trenta
ragazze a disposizione...il viaggiatore è tenuto a dare alla ragazza
un anello o un gingillo che dimostri al futuro marito la sua
esperienza prematrimoniale: ed è in fondo solo per ottenere tale
pegno che le giovani suddette stanno con gli sconosciuti; prima di
potersi sposare una giovane deve ottenere almeno venti regali,
coloro che possono mostrarne di più, dimostrando così di possedere
un gran fascino, sono tenute in gran considerazione e sono molto
richieste in matrimonio. Dopo le nozze quei mariti tengono molto
alle mogli e considerano estremamente disdicevole per un uomo
toccare la moglie altrui; e nonostante le donne si comportino da
nubili nella maniera descritta, in seguito si tengono accuratamente
lontane da qualsiasi condotta leggera."
Anche in Tibet, come in parte a Cipro, la giovane riceve un dono che
serve per dimostrare che la ragazza è stata scelta, quindi che è
desiderabile e l'avvenuto atto rituale: più monili, più uomini, più
onore, più ricercata come moglie sia per il fascino che per la "dote
da prostituta".
La prostituzione sacra vera e propria, senza valenze iniziatiche, si
sviluppò in varie parti del mondo antico.
Nell'epopea di Gilgamesh si parla di Ishtar, dea della fertilità e della
prostituzione, le cui sacerdotesse abitavano nel tempio e si davano
ai fedeli durante cerimonie sacre. Anche il dio Babilonese Marduk
aveva le proprie sacerdotesse-prostitute che in base al codice di
Hammurabi erano divise in due categorie, le nobili destinate al
tempio dai padri e le comuni. Anche in Israele a Canaan e a

Cartagine i templi ospitavano prostitute sacre come pure in
Cappadocia dove, a detta di Strabone (10), "una moltitudine di
donne, in gran parte consacrate alla dea (Ma), trae guadagno dal
meretricio".
Non sappiamo se la prostituzione sacra greca avesse origini
autonome o fosse influenzata dai riti di fertilità dell'Asia minore, ma
sappiamo che presso i tempi di Artemide a Efeso, di Afrodite a
Corinto e di Dioniso a Sparta erano presenti le sacerdotesseprostitute.
A Corinto poi, dove esisteva un famoso tempio di
Afrodite, oltre alla prostituzione sacra all'interno della cerchia del
tempio era presente un'altra forma di prostituzione sacra
"autonoma" all'esterno del tempio che prosperava anche durante le
ore notturne.
note a La prostituzione sacra:
1) Erodoto, libro I, 199
2) Socrate, Storia ecclesiastica, libro XVIII
3) Sozomeno, Storia ecclesiastica, V. 10
4) Eliano, Varia Historia, IV, 1
5) R. H. Charles, The Testament of the Twelve Patriarchs, Londra, 1908, cap. 12
pag. 81
6) Strabone, Geografia, II, 14, 16
7) Clemente d'Alessandria, Esortazione ai Greci, II, 13
8) Ateneo, Deinosophistae, XII, 515-16
9) Strabone, Geografia, XXVII, I , 46
10) Strabone, Geografia, II, 4, 7

La GRECIA CLASSICA
Filomena scrive all'amante Critone: "Perché ti disturbi a scrivermi delle
lunghe lettere? Io voglio cinquanta monete d'oro, non lettere. Perciò se tu
mi ami, paga; se invece ami il denaro più di me, non mi seccare più.
Addio!"
Alcifrone, Lettere di cortigiane, 1, 40
La morale della Grecia classica è molto importante per la
comprensione dei rapporti matrimoniali e sessuali della nostra
società perché è da essa che, attraverso Roma, derivano molti nostri
modi di pensare.
La divisione del lavoro e dei rapporti sociali nella Grecia Classica
era netta: all'uomo spettavano i rapporti pubblici, le attività
produttive esterne all'abitazione, la politica, la filosofia e la guerra,
alla donna le attività domestiche. La ragazza greca era quindi
educata ai lavori domestici poiché la sua unica collocazione era tra
le mura di casa da cui poteva uscire solo ad "un'età tale da far dire
agli uomini non 'di chi è moglie?' ma 'di chi è madre?'"(1). La donna
greca insomma non aveva altra funzione che quella riproduttiva e
altro ruolo sociale che quello di servire il marito in casa, ruolo non
molto dissimile da quello tradizionale della donna veneta che deve
soddisfare al detto "che la tasa, che la piasa, che la staga in casa" (che
piaccia, che taccia, che stia in casa).
La donna greca non aveva autonomia né di pensiero né di
movimento ma era sempre soggetta ad un'autorità maschile, il
padre, il marito, il figlio maggiore, e nei rapporti col marito si
poteva considerare fortunata se riusciva ad instaurare un rapporto
di amicizia e non di sopportazione e odio.
L'amore e la passione erano totalmente esclusi dalla vita
matrimoniale greca perché il matrimonio era un mezzo per
tramandare la proprietà e per consolidare la posizione sociale del
marito. Null'altro che un contratto economico sociale tra marito e
suocero in cui i sentimenti non erano assolutamente considerati.
Questa consuetudine vecchia di millenni è tutt'ora accettata anche in
Italia e in parecchie nazioni "sviluppate". Nelle classi elevate il
matrimonio è considerato una cosa troppo seria per poter essere
affidato a due giovani in preda ai sentimenti. Alcuni anni fa Gianni

Agnelli dichiarò che l'innamoramento e il matrimonio d'amore
erano un'esclusiva delle servette. Non molto distante è la posizione
della chiesa romana che da secoli predica il matrimonio e mai
l'innamoramento.
Ne va da se che la vita matrimoniale dei greci basata su un contratto
di matrimonio fosse alquanto misera di sentimenti e passioni e ci
fosse una forte tendenza all'adulterio e all'omosessualità. La Grecia
non era uno stato unico ma era formato da varie città-stato dotate di
una propria legislazione e spesso in guerra fra di loro per cui la
soluzione giuridica del matrimonio e del ruolo sociale della donna
non fu omogenea in tutta la grecia.
Solone, "l'uomo più giusto dell'antichità" e grande legislatore degli
ateniesi, risolse in chiave maschilista la situazione organizzando un
bordello in ogni quartiere d'Atene dove "donne disponibili per tutti
aspettano svestite i clienti per non trarli in inganno...e dopo aver
giaciuto con loro per un denaro e mezzo...uscendo, si potrà
mandarle al diavolo: esse non contano nulla" (2).
Presso i postriboli sorsero scuole di prostituzione in cui venivano
educate alla professione le contadine e le donne provenienti da fuori
della repubblica: alle cittadine ateniesi nate libere era proibito
prostituirsi.
Oltre che nei bordelli la prostituzione ateniese si sviluppò in alcune
zone della città dove ferveva il traffico come ad esempio il porto.
Qui lavoravano le prostitute della categoria più bassa ed erano
soggette ad una tassa proporzionale al reddito che veniva riscossa
da appositi incaricati, i pornikon telos. Col tempo la lotta per
accaparrarsi i clienti divenne sempre più dura e le prostitute
ricorsero a infiniti trucchi per mettersi più in mostra fra cui tingersi i
capelli di biondo e incidere le suole dei sandali in modo da lasciare
scritte accattivanti sulla sabbia.
A differenza delle ospiti dei bordelli le prostitute libere, dette dagli
ateniesi "lupe", provenivano solitamente dalla città di Atene ed
erano costituite da donne sedotte e abbandonate, vedove o donne
rimaste per qualche motivo sole. Erano quindi le sole donne libere
dal dominio maschile di Atene che si potessero trovare in giro per la
città e che frequentavano i viali, i bagni e le locande.

Un'altro tipo di prostituta ateniese era l'aleutride. Solitamente faceva
parte di qualche gruppo artistico ed era dedita alla danza e al suono
del flauto. Veniva ingaggiata per feste e banchetti o noleggiata per
un periodo di tempo da qualche benestante che poi la poteva
passare a qualche amico. L'attività sessuale non rientrava negli
accordi di lavoro, cioé i contratti erano per attività artistiche, ma
solitamente se l'artista voleva continuare a lavorare doveva
accettare anche altri tipi di prestazioni: come molte attrici del
cinema e del teatro odierno, insomma.
Le aleutridi migliori erano libere e si mettevano all'asta da sole al
termine di qualche festa. Erano delle artiste e annualmente
organizzavano un'assemblea durante la quale nominavano quella di
loro che avesse il più bel seno, il miglior sedere, le gambe più belle e
il ventre più piatto: qualcosa di non dissimile dagli odierni concorsi
di bellezza, se si esclude che quello era autogestito.
La categoria più alta delle prostitute ateniesi era costituita dalle
etere. Costoro erano spesso dotate di qualità eccezionali e di buona
educazione ed esperte nell'arte oratoria. Spesso erano al seguito di
generali, politici o di artisti quotati. E' chiaro che il rapporto
economico con una etera era di livello ben diverso da quello con una
donna da bordello. A differenza di tutti gli altri tipi di prostitute
ateniesi le etere erano formate in una scuola speciale presso il tempio
di Venere a Corinto, erano quindi delle prostitute sacre e a volte
venivano donate al tempio decine o centinaia di donne per
ringraziare la divinità della grazia ricevuta.
Se ad Atene la prostituzione era un rimedio contro l'adulterio e un
piacere per la vita degli uomini, a Sparta era completamente
inesistente e non se ne sentiva neppure la mancanza.
Il grande legislatore spartano Licurgo nel nono secolo avanti Cristo
"pose fine ad ogni attaccamento della donna per una vita
eccessivamente ritirata, e ordinò che le ragazze, non meno dei
ragazzi, andassero nude in processione e prendessero parte ai canti,
alle feste e alle danze insieme a giovani uomini....Questa nudità non
comportava nulla di vergognoso...dava anzi un'impressione di
semplicità ed insegnava alle donne ad apprezzare la buona salute e
ad amare come gli uomini il coraggio e l'onore... questo mostrarsi

era un incentivo per i maschi al matrimonio... e i celibi incorrevano
in pene e nella pubblica derisione "(3).
Gli spartani trascorrevano in modo comunitario la maggior parte
della loro vita rendendo quindi infrequenti i rapporti sessuali tra gli
sposi, ciò garantiva che la passione e l'amore reciproci rimanessero
sempre vivi.
Per evitare l'adulterio, i rapporti illeciti e le gelosie Licurgo permise
ai mariti di avvalersi della collaborazione di altri uomini per
procreare con le proprie mogli figli migliori sia fisicamente che
socialmente e "insegnò a ridicolizzare coloro che insistevano
sull'esclusivo possesso della propria moglie ed erano pronti a
combattere e uccidere altra gente per mantenere il loro diritto" (4).
Per Licurgo i bambini appartenevano ai genitori ma soprattutto allo
stato, sua preoccupazione era quindi quella di permettere l'unione
dei genitori migliori per ottenere i cittadini migliori.
Ovvio che in una situazione di comunità e di libertà sessuale come
quella di Sparta le richieste di prestazioni sessuali extramatrimoniali
fossero accettate tranquillamente e non ci fosse neppure l'idea della
prostituzione.
note aLa Grecia Classica:
1) Stobeo, Florigenium, LXXIV, 33
2) Ateneo, Deipnosofhistae, Il banchetto dei sapienti, XIII, 569
3) Plutarco, cit in Henriquez, La prostituzione, pag 52
4) Plutarco, Vita di Licurgo, XII, XIV, XV

ROMA
"I vizi non si concentrano in un sol luogo, ma cambiano continuamente,
sono in costante movimento, si combattono e si fuggono l'un l'altro. Ma
potremo sempre dire di noi la stessa cosa: siamo e siamo stati creature
piene di peccati e (ahimè bisogna che lo dica!) saremo sempre tali"
Seneca, De Beneficiis Libri, VII, I, 10
"Alcuni pensano che Acca Larenzia (madre del fondatore di Roma
Romolo e di Remo) fosse stata soprannominata dai pastori "Lupa", a
causa della facilità con la quale concedeva i suoi favori " (1). Anche a
Roma, come ad Atene, col termine "lupa" si identificava, oltre alla
femmina del lupo, una prostituta. Possiamo quindi dedure che la
prostituzione nella valle del Tevere nell'VIII secolo a.C. era senza
dubbio sviluppata, o anche, prendendo per vera l'affermazione di
Tito Livio, che Romolo, il leggendario fondatore della Città Santa,
sia stato oltre che fratricida anche figlio di puttana.
Nei primi secoli di vita della città i romani non furono certamente
dei militaristi con mire imperialiste ma pastori e agricoltori che si
erano riuniti nei pressi dell'isola Tiberina dove il guado del Tevere
era più semplice e dove era più facile difendersi dagli attacchi dei
vicini. Motivazioni difensive e commerciali furono dunque alla base
della scelta dell'ubicazione della città. Il carattere agricolo pastorale
dei primi romani si riflette, secondo alcuni, anche nell'indifferenza
per la sofferenza umana e animale caratteristica di molte società
rurali che portò poi al piacere sadico delle crudeltà perpetrate
nell'arena.
E' ovvio che le istituzioni matrimoniali e le norme sessuali variarono
totevolmente in una città che diede un'impronta a 1200 anni di
storia e che passò da piccolo villaggio bucolico a capitale di un
impero.
Nonostante la vicinanza e la convivenza dei primi anni con gli
etruschi la condotta sessuale dei romani nei primi anni di Roma
pare essere stata irreprensibile, tranne per il ratto delle sabine, la
classica eccezione che conferma la regola.
Oltre alle mogli i romani presero dai Sabini anche la forma
matrimoniale, la confarreatio , cioé il rito mediante il quale la moglie

divide col marito il farro (cereale simile al grano alla base
dell'alimentazione di varie popolazioni dell'area etrusco-laziale fino
al secolo scorso) e ne accetta la totale autorità diventando "una cosa
a lui necessaria ed inalienabile" (2). La confarreatio non prevedeva il
divorzio e prevedeva il passaggio della donna dalla famiglia
paterna a quella del marito. Un'ultima traccia di questo rito
matrimoniale la si riscontra nel vecchio diritto di famiglia italiano
dove "la moglie deve seguire il marito ovunque egli ritenga
opportunuo stabilire la propria dimora", fosse anche stato a
Timbouctoù, e dove non si prevedeva il divorzio.
Col passar del tempo e l'aumento della divisione tra le varie caste
sociali la confarreatio restò una cerimonia riservata alle famiglie
patrizie che la compivano davanti al Pontifex Maximus e a dieci
testimoni mentre per la plebe era prevista la coemptio, cioé il
matrimonio senza passaggio della moglie al marito ( la moglie in
pratica restava nella famiglia paterna). Col tempo anche la coemptio
subì variazioni e la moglie andò ad abitare presso il marito. Siccome
il rito plebeo era più semplice, bastava mimare l'acquisto della
donna davanti al padre di lei e dargli una moneta, negli anni
divenne il matrimonio più usato da tutti i romani.
Esisteva anche un terzo tipo di matrimonio in cui però la moglie
non lasciava l'autorità paterna per quella maritale, era detto per usus
, per abitudine: coloro che per un anno vivevano come marito e
moglie erano considerati sposati.
Dopo le cerimonie matrimoniali e il banchetto nunziale
caratterizzato da canzoni falliche, scherzi osceni e danze licenziose il
marito simulava il rapimento della moglie e la portava a casa
propria seguito dal corteo nuziale. Giunti in camera il letto
matrimoniale era già pronto e il marito slacciava la cintura della
moglie che si spogliava e andava a sedersi sul fallo di pietra della
statua di Mutuno Tutuno, dio della fecondità, per perforarsi l'imene
e facilitare il compito del marito. Terminato questo rito che serviva
evidentemente a neutralizzare i pericoli del primo rapporto sessuale
i due potevano finalmente consumare il matrimonio in pace in una
stanza circondata da statue di varie divinità preposte alle varie fasi
della copula.
Contrariamente a quanto avviene nella nosta società i riti
matrimoniali romani davano una forte impronta sessuale al

matrimonio ma, in contrasto con questo inizio focoso la vita
matrimoniale della neo matrona era alquanto squallida. Ben presto
era relegata nelle stanze delle donne in cui doveva tessere, filare,
controllare l'andamento della casa e accudire i figli: niente di
diverso dalle donne ateniesi, se si esclude che poteva mangiare col
marito ma veniva esclusa dai banchetti perché si beveva vino e
spesso si finiva in orge.
I valori femminili erano di chiara origine campagnola, figli e virtù
domestiche, e i matrimoni erano quasi sempre il risultato di
contratti fra famiglie. Una frase attribuita a Tacito e probabilmente
non molto distante dalla realtà ci informa che "Il vero romano si
sposava senza amore e amava senza rispetto e raffinatezza"
E' chiaro che le frustrazioni sessuali femminili dell'ambiente
familiare dovevano sfogarsi in qualche modo: gli schiavi, le ancelle,
i figli, i gladiatori nell'arena erano i parafulmini su cui si
scaricavano le pulsioni delle matrone insoddisfatte. A Roma la
frusta era ovunque presente, in quasi tutte le famiglie c'erano
inservienti incaricati di frustare gli altri addetti alla casa, e quando
la matrona era stanca di veder frustare allora ordinava le più
sadiche condanne a morte che mente umana abbia inventato. Anche
nelle scuole lo staffile era considerato un valido elemento di
educazione, come ancor oggi in Inghilterra, e visto che tutta la
famiglia dipendeva dal Pater Familias non si contano i romani
adulti che videro stroncata la propria attività politica e la vita perché
il padre li trascinò via dal palco su cui parlavano per farli uccidere.
Insomma, sia durante la repubblica che durante l’impero, la vita dei
romani valeva poco, quella degli schiavi niente, le insodisfazioni
erano tante e le gioie poche: non c'è da stupirsi se Roma era un
continuo bagno di sangue umano da far disgustare anche Seneca.
Reich e Freud avrebbero parecchio da dire sulla psicologia
dell'individuo e del popolo romano: la costruzione di un impero è
un'ottima valvola di sfogo per una popolazione frustrata.
Una volta acquisito l'impero e stabilizzatasi la furia conquistatrice la
figura della donna cambiò di valenza. Ai tempi dell'ultima
repubblica il matrimonio era possibile solo col reciproco accordo dei
coniugi ed era previsto che entrambi i coniugi ottenessero il
divorzio mentre fino a poco prima era consentito solo al marito per
sterilità della moglie. Anche il celibato fu considerato normale e non

fu più perseguitato: Roma non aveva più bisogno di una città piena
di abitanti-soldati che andassero a conquistare l'impero, ora le
bastavano pochi potenti romani che comandassero gli eserciti dei
popoli sottomessi.
Anche la moralità sessuale subì cambiamenti: Ovidio ebbe tre
mogli, Pompeo cinque, e più passava il tempo più le libertà sessuali
e i divorzi aumentavano. L'imperatore Augusto cercò di limitare il
divorzio e di incentivare il matrimonio ma ottenne solo matrimoni
falsi, di facciata, per gabbare la legge. Il cambiamento morale era
conseguenza delle nuove condizioni economiche di Roma. Era
inutile rifarsi ai vecchi valori agricolo pastorali, quelle condizioni
economiche non esistevano più e le prime ad accorgersi della fine
dei vecchi valori femminili furono le donne che divennero ricche
per prime: le donne delle famiglie patrizie. "Tra le donne che
appoggiarono Catilina fu Sempronia...(ella) dava assai poca
importanza all'onore e alla castità, tanto che era difficile stabilire se
desse meno importanza al denaro o alla sua reputazione. Il suo
appetito carnale era tale che era più facile vederla corteggiare gli
uomini che esserne corteggiata. Nella sua vita fu spergiura, ladra e
assassina...ma era piena di qualità. Scriveva, spiritosa negli scherzi,
sapeva conversare con misura, con tenerezza e con audacia: era
insomma piena di brio e di fascino" (3). Che differenza con Cornelia,
la madre dei Gracchi, che considerava i figli gli unici gioielli della
sua vita!
I piaceri del sesso erano comunque quasi sempre predominio
maschile e di essi si parlava normalmente in ogni luogo. Apuleio,
Catullo, Ovidio, Marziale, Petronio, Properzio, Tibullo scrivono
tranquillamente del sesso e anche le raffigurazioni pittoriche e le
sculture pervenuteci non fanno certo mistero del sesso, senza
parlare della collezione di oggetti osceni conservata nel primo
Museo Borbonico di Napoli e attribuita a Tiberio.
La vita del romano era circondata da riferimenti sessuali al punto
che Augusto chiamava Orazio "mio più immacolato pene", ma il
luogo in cui i riferimenti sessuali erano più forti erano i bagni.
Si è molto scritto dell'abitudine dei romani di prendere vari bagni
alla settimana, bagni caldi, tiepidi, freddi, massaggi, unguenti
insomma la cura del proprio corpo rivestiva un'importanza
fondamentale per il cittadino romano, quello ricco si intende, il

povero a quanto pare, restava sempre sporco. Ma i bagni erano in
effetti i luoghi di incontro più lascivi e tolleranti di Roma dove,
prima solo gli uomini, poi anche le donne, potevano andare in giro
nudi, incontrarsi con le persone desiderate e appartarsi in stanze
dove nesuno li avrebbe disturbati. Chi voleva poteva farsi
massaggiare il corpo e poi giacere con il massaggiatore o la
massaggiatrice, lo stesso dicasi per i vari addetti alla cura delle mani
e dei piedi, per gli addetti all'acconciatura dei capelli e alla
depilazione del corpo. Ai bagni c'erano stanze in cui mangiare e
dormire, in altre danzatrici di Gadez (Cadice) danzavano
dimenando sensualmente i fianchi in attesa di un cliente, insomma i
bagni erano locali pubblici dove, chi non trovasse niente di meglio
da fare, poteva anche lavarsi, ma non da solo.
Al popolino invece erano riservate le feste del raccolto. Durante
queste feste veniva portato in processione un enorme fallo e
venivano cantati i canti fescennini, ovviamente di natura oscena, che
avevano come scopo quello di incantare e indurre al rapporto
sessuale le donne ("affascinare" deriva da "fescennino"). Altro culto
sviluppato nelle campagne era quello di Libero, divinità della
fecondità del suolo e delle campagne. Il suo fallo veniva portato in
processione sia in campagna che in città e agli incroci delle strade
venivano celebrati riti definiti da S. Agostino abominevoli e osceni.
Altra divinità alla quale si rivolgevano le moltitudini per richiedere
la fecondità e per risolvere infiniti problemi era Priapo, il dio
dall'enorme pene risolutore di ogni problema.
Le libertà che si prendeva il popolo non escludono comunque
l'origine sacra e il valore rituale di queste manifestazioni durante le
quali all'organo sessuale maschile venivano attribuite tutte le
valenze della fecondità sia degli animali che della terra. Non si deve
credere che nell'inconscio collettivo i culti di Libero e Priapo siano
spariti: ancora oggi in parecchie città italiane sono presenti agli
incroci paracarri a forma fallica e in Calabria si usa mettere un
aratro sotto al letto per rendere fecondo un rapporto: il legame tra
fecondità della terra e sessuale è inequivocabile.
Altra festa a sfondo sessuale e orgiastico famosa a Roma erano i
Baccanali. Il culto originario della Magna Grecia venne importato a
Roma ove perse le sue caratteristiche di ritualità per la fecondità
della terra e vennero accentuate le componenti orgiastiche.

Inizialmente i riti erano segreti e vi erano ammesse solamente le
donne, ma a Roma divennero pubblici e aumentarono di licenziosità
fino a raggiungere un punto in cui, chi rifiutava di avere rapporti
sessuali con un'altra persona, dello stesso o di altro sesso, veniva
immediatamente sgozzato. Alla base della filosofia dei seguaci di
Bacco era la convinzione che nulla potesse essere definito criminale.
A causa di questa filosofia deleteria per l'ordine legislativo, e non
per l'aspetto sessuale o gli omicidi, i Baccanali vennero aboliti dal
senato nel 186 a. C. che ne tollerò alcune forme minori e di poco
conto nell'estremo sud d'Italia.
Il culto di Venere, dea dell'amore, si divideva in culto per Venere
Verticordia, protettrice delle vergini contro la lussuria, Venere
Genitrice e Venere Volgivaga, protettrice delle prostitute. Vi era poi,
in alcuni periodi dell'anno, il culto della castità, o di Iside, importato
dall'Egitto a cui facevano appello le donne che non volevano aver
rapporti col proprio marito: "Sovente neghi i tuoi favori, adducendo
a scusa ora il mal di testa, ora Iside." (4).
La tragica guerra del letto nunziale portava le donne a sfogarsi
come potevano comminando ai dipendenti infinite pene e la morte,
e portando gli uomini a puttane.
La prima registrazione europea delle prostitute risale probabilmente
a Roma. La donna che voleva prostituirsi lo doveva dichiarare ad un
apposito ufficio dove doveva anche pagare una tassa proporzionale
alla propria tariffa. Erano escluse dall'iscrizione le donne patrizie,
anzi per esse in caso di prostituzione era previsto il bando, e se
sposate, la morte. Il senato teneva particolarmente al buon sangue
della propria nobiltà.
Le prostitute registrate erano normalmente schiave e non potevano
cambiare mestiere, tutte le altre donne romane che non fossero
schiave o patrizie si potevano prostituire tranquillamente senza
essere iscritte o pagare tasse. Una regolamentazione a questa
situazione venne da Augusto che per limitare la prostituzione, con
le leggi Giulie, proibì il matrimonio tra cittadini liberi e nati da
prostitute: da allora il termine "figlio di puttana" acquistò valenze
negative.
Tiberio invece varò una serie di leggi contro l'adulterio e obbligò le
puttane a colorarsi i capelli di giallo o di blu e instituì la figura
dell'oedile per far rispettare la legge dalle prostitute e per obbligare i

clienti a pagare il pattuito alle puttane. Le regole andavono
rispettate da tutti!
Roma era un puttanaio: le prostitute registrate, cioé le schiave, erano
dette meretrices ed erano la categoria più bassa, le non registrate
invece erano dette postibulae e si dividevano in varie sottoclassi. Le
delicatae e le famosae erano delle concubine che univano a vaste
conoscenze anche l'attività sessuale. Erano ricercate particolarmente
da poeti e artisti, nonché dai nobili colti nonostante, come ci informa
Ovidio (5), fossero scarse nella danza e nella lettura dei poeti e non
raggiungessero mai il livello delle etere greche. Anche nella
prostituzione i romani, se confrontati coi greci, erano dei grezzi.
Al di sotto di queste concubine erano le doris che perché non ci
fossero dubbi di sorta giravano sempre nude; le lupae che
frequentavano parchi e giardini e attiravano i propri clienti
ululando da dietro i cespugli; le bustuariae che battevano i cimiteri;
le fornices cioé le frequentatrici dei bordelli (da cui il termine
"fornicare"); le pergulae che mostravano tette e culi alle finestre; la
scorta erratica, ovvero le passeggiatrici che se operavano di notte
erano dette ambulatrices notilucae; le diabolaiae che si vendevano per
due oboli; le blitidae che battevano le taverne; le gallinae che
arrotondavano i proventi della prostituzione col furto; le
quadrantariae , le meno care di tutte e sulle strade che portavano a
Roma le fororiae. A queste forme ufficiali di prostituzione vanno
aggiunte le danzatrici, le suonatrici di flauto, le massaggiatrici e le
addette ai bagni, le teatranti e le inservienti di taverne e locande
chiamate asellae perché pagate con una moneta chiamata asino. Oltre
ai bagni e ai vari locali pubblici i romani potevano trovare prostitute
alle arcate degli stadi e degli acquedotti, sotto i ponti, nei vari
bordelli ufficiali, o negli stabula dove si compiva tutto nello stesso
ambiente e nelle turtutillae ove si partecipava ad orgie, e per i meno
abbienti nei casauria, veri buchi fattiscenti.
Come si vede il ventaglio di possibilità di rapporti sessuali per un
romano era abbastanza ampio come tipologia; e a questo va
aggiunto un altro mercato sessuale: quello maschile.
Per il diritto romano ogni cittadino maschio poteva avere rapporti
con un ragazzo finché questi non avesse i peli sul mento. In altre
parole la pedofilia era di ordinaria amministrazione ma alcuni
romani illustri, fra cui Giulio Cesare, suscitavano battute sagaci

perché non utilizzavano i ragazzi solamente come oggetti passivi,
ma anche come elementi attivi.
Non si sa se l'omosessualità a Roma raggiunse mai i livelli della
Grecia classica ma col passare del tempo si sviluppò sempre più e
non si tenne più in considerazione il limite del pelo sul mento del
vecchio diritto. I testi in nostro possesso in cui si parla di
prostituzione maschile sono ridottissimi rispetto a quelli in cui si
parla di quella femminile, ma ciò non è una sufficiente unità di
misura.
Per alcuni studiosi comunque la prostituzione maschile della Roma
imperiale raggiunse i livelli di quella femminile, incoraggiata
indubbiamente dal comportamento di alcuni personaggi illustri.
Nerone, Caligola, Salvio, Ottone, Vitellio, Tito, Domiziano,
Eliogabalo, Commodo non furono che alcuni degli imperatori
romani che si impegnarono a fondo nell'attività sessuale.
Commodo, per esempio, affidò le cure dello stato a Perennis e si
organizzò la vita fra banchetti e bagni circondato da trecento donne,
scelte sia tra le sgualdrine che tra le matrone, e trecento uomini:
evidentemente non faceva distinzioni sessuali e di classe,
l'importante era ben altro. Uccisa la sorella Lucilla dopo averla
esiliata a Capri e costrette alla perversione le altre sorelle, quando
scoprì che la moglie se la intendeva con un'altro la cacciò di casa, la
fece bandire da Roma e infine la uccise. Evidentemente un amante
della moglie pesava più di seicento amanti del marito.
Anche Eliogabalo non fu un imperatore di poco conto. Non si
congiunse mai due volte con la stessa persona, ad eccezione della
moglie, riunì al circo tutte le prostitute di Roma per tenere loro,
vestito da donna, un gran discorso e discutere delle varie posizioni
dell'accoppiamento, stessa cosa fece con i prostituti maschi, ma
vestito da giovanetto. A più riprese distribuì a prostitute e prostituti
denaro e grano come si era soliti fare con un esercito dopo una
campagna vittoriosa. Fu insomma un gran protettore della
prostituzione e quando la Guardia Pretoriana lo uccise in una
latrina lasciò un vuoto incolmabile nel mondo della prostituzione
Romana.
Anche dell'attività sessuale di alcune donne romane si ha notizia:
Messalina, moglie dell'imperatore Claudio da cui ebbe due figli, si
divertiva a lasciare il letto matrimoniale e a rifugiarsi nei bordelli

per poi tornare al talamo imperiale all'alba dopo essersela spassata
con chiunque le passasse vicino. Approfittando di un viaggio ad
Ostia del marito si sposò col console Silio e se lo portò a letto
davanti agli occhi stupefatti degli invitati. Al suo ritorno
l'imperatore risolse la partita secondo il classico realismo romano:
condannò a morte Silio e costrinse Messalina al suicidio.
Anche Giulia, la moglie di Tiberio, visto che il marito si rifiutava di
avere rapporti con lei, andò per le strade di Roma a cercare un pò di
sesso, ma dopo poco tempo fu esiliata e morì in povertà.
Evidentemente, nonostante il livello economico, al rango delle
donne imperiali non era consentita quella autonomia che altre
donne romane avevano. La posizione sociale comportava
un'etichetta derivante dalla vecchia cultura contadina che, come era
sempre stato, andava rispettata più dalle donne che dagli uomini.
Per quei bravi contadinotti dei romani la moglie era né più né meno
che un contenitore ove far crescere il proprio seme (la donna incinta
è chiamata "venter") e siccome la madre era sempre nota ma il padre
non era mai certo, veniva posta tutta l'attenzione possibile perché
nessuno intrufolasse il proprio seme nel venter altrui facendoglielo
poi allevare e accudire come se fosse il proprio. Oltre al danno
economico c'era anche la beffa. Il bastardo avrebbe poi potuto
godere di diritti e potere che forse il rango del vero padre non
avrebbe permesso e ciò avrebbe minato le istituzioni del paese.
Insomma, l'adulterio era un male da perseguitare il più possibile,
soprattutto quello femminile perché si portava dentro il frutto della
colpa.
Per tenere i giovani e gli scapoli lontano dalle donne altrui era
incentivato il ricorso alle prostitute e nella Roma repubblicana era
disonorevole per un uomo sposato fare ricorso al meretricio perché
così sprecava inutilmente il proprio seme. La prostituta era
considerata, come anche ad Atene, un oggetto, un bene di consumo,
un usa e getta che valeva meno ancora della somma richiesta,
inoltre era una donna, quindi un possibile venter e una possibile
madre, era considerata come un essere che avesse abdicato alle
proprie possibilità, un traditore di se stesso, della propria natura, un
autoreietto, e siccome si vendeva era una schiava, schiava di se
stessa, ma pur sempre uno schiava.

Tutto il diritto romano poggia su queste tesi, e anche gli usi e la
morale pubblica tramandataci dai vari scrittori sottolinea
l'importanza della purezza della donna da sposare e la laidità della
donna da bordello: la donna é vista o come moglie o come puttana,
non ci sono altre possibilità.
Anche la verginità in questa situazione assumeva valenze enormi e
non è un caso se i lenones romani ornavano di foglie di lauro la
porta di casa quando riuscivano a mettere le mani su una schiava da
prostituire ancora vergine! La moglie poi doveva giungere vergine
al matrimonio, e quando una donna non sposata non era più
vergine era, per la mentalità comune, una puttana.
Ancora oggi in parecchi paesi una donna che passi disinvoltamente
da un uomo all'altro è considerata una puttana, anche se non c'è
scambio economico.
A Roma non esisteva la possibilità per una donna di essere una
persona, come del resto non esisteva per l’uomo, tutto era visto in
funzione economica, del mantenimento dello stato e della
riproduzione del potere, non importava a che prezzo.
A pensarci bene non è cambiato molto dai tempi di Roma.
note a Roma:
1) Tito Livio, I, IV, 7-8
2) Dioniso d'Alicarnasso, II, 25
3) Sallustio, Bellum Catilinae, 25
4) Ovidio, Amores, I, VIII, 74-75

Dal MEDIO EVO al REGNO D'ITALIA
"Dio ammette che avvengano mali nell'universo, e li lascia esistere per
paura che se essi fossero soppressi, i più grandi beni non lo sarebbero
altrettanto, o che non ne dovessero seguire i peggiori mali."
(San Tommaso, Summa theologica, Ia IIae, quest. 10, art.11)
Alcune città non solo ammisero la prostituzione ma la protessero e
si operarono per farla ben funzionare contro il grande pericolo del
vizio nefando dell'omosessualità.
Mancano ancora studi storici sufficentemente ricchi di documenti
per capire da dove, quando e perché nacque questo timore.
Indubbiamente il carattere non procreativo del rapporto anale giocò
un ruolo rilevante, come si può rilevare dalla teologia morale della
fine '200 inizi '300. Le tendenze fanatiche e intolleranti nei confronti
delle minoranze, che consideriamo normalmente medioevali, si
svilupparono solamente dal 1150 al 1350 e in questo periodo il
rapporto omosessuale e anale passò dall'indifferenza sociale ad atto
peccaminoso, asociale e pericoloso.
Perché in quel momento e non prima o dopo nacque questo timore.
Una risposta senz'altro valida è quella che pone l'accento sulla crisi
demografica verificatasi in quegli anni per carestie e pestilenze (1).
La stimmatizzazione del sempre tollerato 'vizio nefando' e
l’incentivo alla prostituzione non sarebbero quindi che una forma di
incitamento al rapporto procreativo in antitesi alle tendenze
sodomite. In appoggio a questa tesi si possono citare le indagini
svolte negli ospedali per ricercare forme di lacerazioni anali nei
ricoverati e nelle ricoverate per punire i colpevoli e le colpevoli di
tali pratiche .
La popolazione europea tocca il punto più basso tra il 1400 e il 1440
soprattutto a causa della peste (2).Il mondo cristiano assalito a sud
e ad est dai mussulmani, decimato dalle pestilenze e dalle
carestie, scisso dagli eretici si trova in poco tempo spopolato,
senza braccia per produrre e per difendersi. In pochi anni le
abitudini mentali si modificano e verginità e castità si trovano a
combattere una lotta persa contro il bisogno di popolazione.

Nel 1370 santa Brigida si dovette opporre ad un cardinale che
voleva la libertà matrimoniale per i sacerdoti e lo stesso Zabarella,
presidente al Concilio di Costanza, affermava che sarebbe stato
meglio permettere ai preti di sposarsi (3).
Verso la fine del '200 si sviluppò una scuola di pensiero che
partendo da due capisaldi della cultura dell'epoca, la seconda parte
del Roman de la rose e la Summa di san Tommaso, cercava di
vivificare e rendere più gioiosa la vita ritornando alle spinte naturali
e denunciando tutti coloro che non si rammentavano più di essere
uomini.
Nel 1275 P. d'Abernam scrive Lumiere az lais in cui dichiara che i
peccati capitali sono cinque spirituali e due carnali e siccome quelli
carnali vengono dalla natura sono meno gravi di quelli spirituali.
La rivalutazione della natura e della carnalità sminuiva il valore
della castità e nel 1277 Etienne Tempier condanna aspramente
affermazioni tipo "la continenza non è di per sé virtù" e "l'astinenza
totale dalle opere della carne corrompe la virtù e la specie" che
facevano parte dell'insegnamento di san Tommaso e di Averoé.
Guglielmo da Ockham invece si schiera con i seguaci di san
Tommaso e giudica i peccati tanto meno importanti quanto più si è
indotti a compierli, e quindi, siccome si è attratti dalla bellezza,
quanto più una donna è bella tanto più attrae, e più si è attratti
meno si pecca. L'uomo, che per sua natura non può resistere alla
bellezza femminile, ci prova sempre, è nel suo pieno diritto, anzi per
alcuni un dovere, sta alla donna resistergli, beninteso dopo averlo
adescato con la sua bellezza. Difficilmente si possono trovare
migliori avvalli morali alla violenza sessuale e allo stupro così in
voga nel tardo medio evo, e difficilmente si trovano regole morali
così inglobate nella morale comune: la donna deve farsi bella con
trucchi e profumi per essere accettata nel suo ruolo di selvaggina e
l'uomo cacciatore deve cercare di sedurla. Come si vede le industrie
di cosmetici e le cacce alle turiste hanno solide basi filosofiche e
religiose!
Frate Lorenzo, padre spirituale dei figli del re di Francia Filippo
l'Ardito, nel 1280 scrisse nel Somme le roy, opera che venne tradotta
in varie lingue, che alcuni moti della carne non son per nulla peccati
e non li si possono del tutto schivare ma non vanno incoraggiati con

cattivi pensieri o bevande. I peccati carnali assolutamente da evitare
sono tre: l'atto contro natura, il desiderare la donna altrui e la
disonestà matrimoniale.
Nel 1320 esce dal convento domenicano di Strasburgo lo Speculum
humanae salvationis che si schiera di massima con Etienne Tamper.
Verso la fine del '300 si hanno i primi scritti contro la masturbazione
considerata, sia solitaria che in compagnia, peccato peggiore del
mangiar carne il venerdi.
I problemi legati alla masturbazione comunque non sono solamente
religiosi. Lo sperma è considerato sangue purissimo che viene dal
cervello e l'eiaculazione è quindi pericolosissima perché ogni
emissione di sangue può portare alla debolezza i giovani non
ancora formati fisicamente, e ogni perdita di cervello precipita il
giovane nella stupidità. La masturbazione inoltre porta ad altri
comportamenti devianti e ad eccessi nel matrimonio e per
l'immondo piacere che procura può distogliere dall'atto generativo.
Fra la fine del 200 e l'inizio del 300 nasce il postribolo, diretto
discendente del lupanare romano ma con spiccate funzioni
poliziesche di controllo e di limitazione ai movimenti delle
prostitute.
In molte città come Londra, Tolosa, Montpellier, Avignone,
Amburgo, Ratisbona, Zurigo, Basilea, Vienna i postriboli erano di
proprietà comunale e venivano dati in gestione a privati che
provvedevano a stabilire le tariffe e a riscuoterle dagli avventori.
Oltre a ciò gestivano il ristorante del postribolo dove venivano
intrattenuti i clienti prima e dopo aver "consumato" e tenevano la
contabilità delle puttane che era solitamente in rosso perché tra
pasti, parrucchiere, lavanderia e mazzette alle guardie le spese
erano superiori alle entrate, cosa che costringeva ad una sorta di
schiavitù delle donne nei confronti dei tenutari.
Quando un personaggio importante transitava per una città le
abitanti del bordello venivano messe a disposizione del personaggio
e del suo seguito (4).
Per meglio distinguere le femmine oneste da matrimonio e da
riproduzione da quelle da sesso, le puttane quando uscivano per
strada erano spesso obbligate, pena elevate contravvenzioni, a
vestirsi in modo particolare. Queste 'divise' variavano da città a città
e potevano essere mantelle più o meno lunghe e di colori

determinati, sonagli appesi agli abiti, acconciature particolari dei
capelli, copricapi specifici, fazzoletti o nastri gialli al collo, fascie di
vario colore, proibizione di alcune calzature e di portare i guanti.
Per assicurare i propri clienti di non compiere un peccato avendo
rapporti con donne sposate o comunque "di qualcuno" i tenutari dei
bordelli dei primi '400 assicuravano, sotto la propria responsabilità,
che le meretrici a loro disposizione erano libere da ogni legame e
che si prestavano solamente per amore del denaro, non per piacere
come raccomandava san Tommaso. Queste limitazioni portarono ad
un forte afflusso di straniere perché meno controllabili delle paesane
sulla effettiva libertà, e all'imposizione di un segno di distinzione
per assicurare i clienti che un rapporto con quelle donne era libero e
non peccaminoso. Come segno di distinzione ci si ispirò spesso a
quello usato da Rahab, biblica puttana di Gerico, che fece pendere
dalla sua casa un filo rosso per proteggerla dai soldati di Giosué (5).
Nel '400 si sviluppò nell'Italia rinascimentale una particolare forma
di prostituta: la cortigiana. Nata all'ombra di S. Pietro
probabilmente da squilibri di educazione fra uomo e donna dei ceti
medio alti e alti, la cortigiana si espanse ben presto in tutte le città
italiane ed europee mantenendo, a volte per secoli, un ruolo
essenziale per le arti e la politica.
Il Rinascimento ricreò con le cortigiane un qualcosa di simile alle
etere greche e spesso queste donne furono ispiratrici di letterati o
letterate esse stesse come testimoniano i nomi di Imperia, Tullia
D'Aragona, Veronica Franco, Camilla Pisana e Lucrezia detta
"Madrema non vuole".
Donna educata al buon gusto, alla musica e alle arti, la cortigiana
seppe offrire al cortigiano sposato un ambiente frizzante e
seducente, al cortigiano nubile un misto di focolare domestico e
sensualità, e ad artisti, letterati ed eruditi in genere un salotto in cui
riunirsi, scambiarsi idee e riposare. Il suo salotto divenne così il
centro della vita culturale del rinascimento e gli odierni salotti
intellettuali non sono altro che i pronipoti decaduti di quelli delle
cortigiane del '500.
Il postribolo andò in crisi verso la fine del 400 (mancanza di
frequentazione per la possibilità di trovare altre donne in casa o
puttale libere, aumento dell'omosessualità, spinte moralizzatrici
della Riforma e della Controriforma?) e le donne iniziarono a

scialare per tutta la città in cerca di clienti destando preoccupazione
in chi le voleva ben distinte dalle donne oneste e in chi le voleva
lontane dai luoghi sacri o ecclesiastici. Numerosi editti e grida
cercarono di riportare le donne in un luogo chiuso o, come più
spesso si tenderà, ad una zona della città riservata a case di
malaffare gestite direttamente dalle puttane o da ruffiane e ruffiani,
ma dal numero e dalla frequenza di questi proclami si può dedurre
che non fosse cosa facile tenere sotto controllo queste persone. Va
notato comunque che più che dall'aspetto morale di distinguere le
donne oneste dalle disoneste l'autorità del tempo sembra comunque
preoccupata di non perdere le rendite derivanti dalla licenza di
prostituzione rilasciata alle iscritte all'apposito albo, condizione
spesso essenziale per poter esercitare la professione.
Col '600 si ebbe una grossa variazione dei rapporti fra stato e
prostituzione: l'avvento della polizia medica o di sanità che
sorvegliava e controllava l'igiene delle prostitute per impedire, o
almeno limitare, la diffusione delle malattie veneree, prima fra tutte
la sifilide.
Questa campagna che trovò sostenitori in ogni ceto e in pensatori
sia laici che ecclesiastici partiva dal presupposto che, considerata
l'inelluttabilità del dover convivere con la prostituzione, almeno
fosse controllata dal punto di vista medico.
Non mancano comunque anche nei secoli dei lumi i fautori
dell'abolizione della prostituzione considerata un mezzo che porta
alla spossatezza degli uomini, allontanandoli perciò da altre attività
virili come la guerra e il lavoro, e chi vede nel bordello il luogo in
cui gli uomini si stancano del sesso femminile per rivolgersi quindi
all'omosessualità. C'è chi osanna il matrimonio perchè trova
nell'indifferenza sessuale matrimoniale un rimedio contro la
spossatezza delle forze maschili e chi vede nel bordello lo sfogo
degli uomini non ammogliati che così non insidiano le donne altrui.
Tutti comunque considerano la prostituzione l'unica forma di
controllo e gestione sociale della masturbazione, questo tremendo
male che distrugge sia nel corpo che nello spirito responsabile fra
l'altro di priapismo e gonorrea, epilessia e consunzione,
eiaculazione precoce, perdita di erezione, perdita di fertilità, e per
la donna anche di leucorrea, imbecillità, isterismo e incapacità alla
procreazione. Questa analisi distruttiva della masturbazione partiva

probabilmente dai primi studi medici su mongoloidi e vari
handicappati mentali: dalla constatazione che spesso tali persone "si
toccavano" si dedusse facilisticamente che la loro condizione fosse
una conseguenza della masturbazione.
Considerando quindi che agli impulsi sessuali non si poteva
resistere senza subire danni all'organismo e che il rapporto sessuale
con una puttana era pur sempre meglio della masturbazione, l'unico
pericolo restava il controllo delle malattie veneree che si poteva
espletare meglio in un bordello che in tanti appartamenti
difficilmente controllabili. Questa pratica di polizia medica però
aveva dei limiti: una volta trovata una prostituta ammorbata questa
veniva internata in un ospedale per essere curata, o per essere più
realisti perché non ammorbasse altri uomini, ma dal momento in
cui aveva contratto la malattia a quando la malattia veniva
diagnosticata vari uomini potevano essersi contagiati; è chiaro che
un controllo di questo tipo era limitante delle libertà della donna e
quasi inutile dal punto di vista sanitario.
I lumi della ragione non schiarirono che per un attimo il popolo
parigino che assalì la Bastiglia in nome dela libertà, della fraternità e
dell'uguaglianza perché all'arrivo di Napoleone le poche prostitute
sopravvisute al terrore furono schedate, catalogate e rinchiuse in
bordelli sotto il controllo statale. La salute dei soldati innanzi tutto!
Napoleone fece la fine che sappiamo ma i suoi regolamenti non
finirono con lui, anzi furono addirittura migliorati da un genio del
controllo poliziesco come Parent-Duchatelet che nel 1837 uscì con
un testo destinato a divenire il faro dell'oppressione poliziesca della
prostituzione per oltre un secolo.
"Le prostitute in un accentramento di uomini sono inevitabili come
sono inevitabili le fogne, gli scarichi e i depositi di immondizie. La
condotta dell'autorità di polizia deve essere uguale sia per queste
che per quelle"(6). Non è cambiato molto da S. Agostino a
Duchatelet!
Dopo aver spiegato tutto sulla prostituzione, aver arricchito il testo
di grafici e statistiche fra cui alcune sull'età, sulla provenienza, sul
colore degli occhi, il colore del pelo, le tonalità del colore dell'ano e
delle labbra della vulva il nostro buon gendarme, visto che le
prostitute libere lavorano mediamente solo due anni della loro vita
poi passano ad altro lavoro, decreta che la prostituzione libera è da

abolire e va mantenuta solo nei bordelli sotto il controllo dello stato.
A chi obietta che così le donne saranno costrette a prostituirsi per
sempre perché viene loro impedito di fatto di lasciare il bordello il
padre di tutte le leggi inique dichiara che "..la libertà individuale è
un diritto al quale le prostitute non possono pretendere..(e poichè)
sono state loro ad abdicare a tale diritto...è giusto sottoporle ad un
codice diverso da quello che regola gli altri membri della società" (7).
Cosa dire di questo ragionamento, che è assurdo? Ma quanti si sono
schierati contro questo stesso ragionamento fatto da Muccioli nel
1978 per giustificare le catene ai tossicodipendenti nella sua
comunità a San Patrignano? Forse che le libertà di un eroinomane e
di una puttana sono diverse?
Comunque la storia ci insegna che i principii di Parent-Duchatelet
furono approvati e nacquero i bordelli di stato, veri lagher in cui
una donna poteva essere introdotta in base al sospetto della polizia
e da cui usciva solo quando nessuno la voleva più o perché troppo
vecchia o perché sifilitica. Per entrare nelle case chiuse bastava
essere sorprese fuori casa dopo le otto di sera, o che una denuncia
anonima dicesse che quella donna era stata con un uomo senza
essere sposata. La trafila era semplicissima: polizia, medico, visita e,
se malata al sifilicomio-prigione da cui probabilmente non sarebbe
più uscita, se sana al bordello dove se un cliente pretendeva qualche
prestazione che a lei non andava la frusta le avrebbe presto
insegnato che il cliente ha sempre ragione.
Neppure la breve parentesi libertaria della Comune del 1870 si
scrollò di dosso questa schifosa normativa, la liberalizzazione della
prostituta e della donna infatti non sarebbero venute dalla sinistra
rivoluzionaria ma dall'Inghilterra imperialista e vittoriana.
Come abbiamo visto nel medio evo torna in auge il bordello, istituto
che ha avuto per secoli un'importanza "storica" nella formazione
dell'uomo.
Per i ragazzi degli strati sociali più bassi che non hanno a
disposizione né serve né schiave e non hanno neppure la fortuna di
avere ragazze segrete ecco che il bordello fornisce l'opportunità di
compiere le prime esperienze sessuali e viene vissuto come
apprendistato della coniugalità. Nel bordello si formano gli uomini
del domani perché essendo la procreazione una peculiarità maschile

(ricordiamo che per il diritto romano e greco la donna non era che
un 'venter', un contenitore in cui far crescere il figlio e che anche per
la scienza medica non aveva alcun altra funzione) l'uomo deve
imparare sia le tecniche sessuali per avere un rapporto riproduttivo
che come comportarsi con una donna per dominarla perché anche
questo sarà suo compito come marito.
Che la legge fondamentale del matrimonio sia maschile con l'uomo
che comanda e detiene ogni forma di iniziativa lo si può dedurre
anche dalle posizioni amorose adottate: l'unica posizione concessa è
quella con l'uomo sdraiato sopra alla donna, ogni altra variante è
proibita dalla chiesa perché non porta alla riproduzione. Unica
eccezione ammessa la posizione 'a retro' nel caso la donna sia
incinta perché così non si comprime la pancia e non si mette in
pericolo la vita dell'embrione. Che mancanza di fantasia, che aridità
sessuale soprattutto se confrontata con le sculture dei tempi
indiani dello stesso periodo.
La posizione con l'uomo sopra alla donna restò rigorosamente
intoccabile per parecchi secoli e fu imposta a quasi tutte le
popolazioni con cui la cultura cristiana è venuta in contatto tanto da
essere definita 'la posizione del missionario'.
note a Dal Medio Evo al Regno d'Italia:
1) Canosa R.Colonnello I, Storia della prostituzione in Italia, Roma 1989,
Rossiaud J., Prostituzione, gioventù e società urbana nella Francia sud orientale nel
sec.XV. in: Paura (la) dei padri nella società antica e medievale. pp. 171- 232, Bari,
1983
2) Alcuni dati europei denunciano 12.000 vittime a Firenze, Pistoia perde i due
terzi della sua popolazione, a S. Geminiano nel 1450 gli abitanti sono il 14% di
quelli di un secolo prima, Prato in un secolo è diminuita dei quattro quinti, e
nel resto dell'Europa non è molto meglio: un terzo degli adulti e tre quarti dei
bambini morti in pochi mesi a Valréas in Francia, Montpellier passa nel 1395 da
10.000 famiglie a 800 e anche a Tarascona i sindaci nel 1396 lottano contro lo
spopolamento e il pericolo mortale che ne consegue.
3) Si deve considerare che in un grosso periodo di crisi in cui la sopravvivenza
era quotidianamente a rischio, la chiesa offriva pur sempre un modo per
sopravvivere e le vocazioni, vere o giustificate dal bisogno, avevano raggiunto
nella prima metà del '400 in alcune zone il 7% della popolazione.

4) Notizie certe in proposito si hanno sulle soste a Berna nel 1414 e a Ulm nel
1434 di Sigismondo, prima re e poi imperatore, e di Enrico III, re di Francia, a
Venezia nel 1574.
5) La Bibbia, Gios. 2. 18
6) Duchatelet P., La prostitution dans la ville de Paris, Parigi, 1836, pag. 367
7) Duchatelet P., La prostitution dans la ville de Paris, Parigi, 1836, pag. 359
Dal REGNO D'ITALIA a OGGI
...E' impossibile distruggere la prostituzione...esiste da tempi immemorabili
e tutto ciò che abbiamo tentato per distruggerla non ha potuto vincere una
imperiosa necessità.
F. F. A. Béraud, commissario di Parigi, Le prostitute di Parigi,
Parigi, 1839
Se il problema di Cavour era "fatta l'Italia, facciamo gli italiani", dal
punto di vista legale, l'Unità d'Italia delle prostitute esisteva già dal
1 febbraio 1860.
Nel 1854 il Piemonte aveva varato una legge che prevedeva il
servizio militare obbligatorio e irreggimentava i giovani del regno,
nel 1855 furono irregimentate le prostitute. La legge era di chiara
ispirazione francese e prevedeva l'iscrizione coatta e l'assegnazione
ad un bordello delle donne che fossero considerate, per voce
popolare o a discrezione della polizia, prostitute. Oltre a questa
forte discrezionalità della polizia la legge prevedeva la visita medica
bisettimanale obbligatoria e la reclusione nel sifilocomio-prigione
delle donne infette.
Nel 1857 la legge fu estesa a tutto il Regno di Sardegna e con
l'assegnazione della Lombardia dall'Austia alla Francia e dalla
Francia al Piemonte, la regolamentazione sabauda della
prostituzione passò dal Piemonte alla Lombardia e, guerra dopo
guerra a tutta l'Italia.

Ogni attimo della vita delle prostitute viene regolamentato in
maniera minuziosa, dall'iscrizione all'ufficio sanitario, alla visita
medica bisettimanale, dal ricovero coatto in sifilicomi alla
limitazione agli spostamenti, dalle relazioni annuali degli ispettori
del servizio sanitario di controllo al comportamento che le
prostitute devono tenere in pubblico.
La funzione politica del regolamento non è nuova: anche qui si
tratta di costringere le prostitute ai margini della società in modo
che esistano ma non si vedano. La loro pericolosità è duplice:
sanitaria e morale, e per garantire il controllo di queste persone si
deve continuamente dare la caccia alle "libere" perché si iscrivano
all'Ufficio Sanitario ed esercitino in un luogo controllabile, bordello,
munito di apposita licenza.
La prostituzione è, tanto per cambiare, ammessa ma considerata un
male da controllare per il bene dei frequentatori e della pubblica
morale.
Nel 1862 e 1866 ci furono due tentativi di rivedere la legge
istaurando dei sifilocomi provinciali ma non si approdò a nulla. Nel
Gennaio 1868 alla Camera si discuteva il bilancio dell'Interno e si era
giunti alla voce 18 bis, sifilicomi quando prese la parola l'onorevole
Salvatore Morelli, anarchico di Sessa Aurunca (Napoli) che esordì
dicendo: "Propongo alla Camera, la prima volta che ho l'onore di
indirizzarle la parola, la cancellazione di questo capitolo dal
bilancio. Esso è ingiusto...ed è indecoroso, perché è la prova legale
della tolleranza della prostituzione...Se lo Stato vuol rispettata la
libertà individuale e il domicilio del cittadino, con la fiscalità del
sifilicomio si viola l'una e l'altro." Morelli poi continuò dicendo che
come per il brigantaggio anche la prostituzione andava risolta non
opprimendo ma rimuovendo le cause economiche di miseria che
provocavano questi fenomeni.
La proposta di Morelli che tendeva all'abolizione di fatto
dell'internamento coatto e dei sifilicomi fu respinta e per poco non
si finì con un duello fra il deputato e il ministro Cadorna sospetto di
tollerare gli abusi polizieschi.
L'anno successivo il Morelli tornò all'attacco: "L'anno scorso io
innalzai una protesta contro questa istituzione che offende la dignità
non solo della donna ma anche del paese...Reitero la mia protesta a
nome dei principii di libertà che vedo violati impunemente.

Desidererei però ...che l'onorevole ministro provvedesse acciò fosse
esonerata dalla tassa vergognosa la sventura di quelle infelici che io
chiamo talvolta donne generose, e non prostitute...per far omaggio
alla dignità della donna..." (1). L'intervento di Morelli fu coperto e
interrotto più volte da risa, ilarità, battute e rumori di
disapprovazione: era la prima volta che qualcuno in Italia, e per
giunta un uomo, si dichiarava pubblicamente in difesa delle
prostitute.
Ai deputati italiani interessava quanto sarebbero costati i sifilicomi,
non perché c'erano le puttane. C'erano e basta, come c'erano sempre
state e sempre ci sarebbero state. Ai parlamentari interessava che
un uomo uscisse da un bordello sano, non che arrivasse al
bordello sano: la salute era a sesso unico.
Una nazione appena nata e in fase espansionistica militare aveva
bisogno di soldi quindi la prostituzione e i suoi proventi non si
toccavano. Per inciso la prostituzione di sole due regioni, piemonte
e liguria, aveva reso al regno sabaudo nel 1859 due milioni di
franchi, equivalenti a circa trenta miliardi di lire attuali (!!).
Il 22 novembre 1877 il ministro Nicotera presenta alla Camera una
nuova proposta di legge sulla prostituzione che solleva critiche da
più parti e muore poco dopo. Anche De Pretis incarica una
commissione per lo studio del problema ma non approda a nulla
finché il 19 marzo 1888 il ministro dell'interno Francesco Crispi vara
una nuova legge sulla prostituzione che prevede la possibilità della
prostituzione "libera", cioé al di fuori delle case di tolleranza ma in
appartamenti muniti di licenza di P.S. utilizzati anche solo da una
donna, l'aumento a 23 anni dell'età minima, l'abolizione dei
sifilicomi e l'istituzione dei reparti dermosifilopatici presso gli
ospedali, il passaggio della gestione della salute e dell'igiene delle
case dall'Ufficio Sanitario ai conduttori dei bordelli e la creazione di
appositi dispensari che sostituiscono l'Ufficio d'Igiene e sono aperti
sia agli uomini che alle donne.
La legge Crispi trovò una consistente reazione soprattutto da parte
della classe medica che si vedeva privata di una parte di potere di
controllo e della resa delle visite obbligatorie che le prostitute si
dovevano pagare e così il 27 ottobre 1891, dopo soli tre anni, venne
modificata da un nuovo regolamento che tornava a rendeva di fatto
obbligatorio il controllo sanitario e considerava postribolo qualsiasi

luogo abitato da una donna che avesse trasmesso malattie celtiche
ad un uomo.
Interessante è il discorso critico nei confronti della legge Crispi
tenuto alla Camera il 13 dicembre 1888 dal deputato Tommasi
Crudeli: "Come potete definire la prostituta ...che si vende per poco
dalla signora la quale non si vende se non per il pagamento dei
conti della sarta o per qualche bracciale di diamanti. C'è un abisso
secondo i nostri criteri sociali. Ma con quale criterio giuridico
rendete schiava della polizia la prima e non la seconda?" Il seme di
Morelli e dei movimenti abolizionisti internazionali e nazionali
iniziava ad insinuarsi in parlamento.
Il regio decreto del 27 ottobre 1891 nell'interesse dell'ordine
pubblico, della sanità e del buoncostume abroga le norme di polizia
dell'88 e non autorizza più le case chiuse, ma le "tollera"entro certi
limiti.
Nel 1905 nuovo regolamento per la profilassi della sifilide, che
ormai si intende accoppiata alla prostituzione, che rinforza i concetti
della legge del 1891 ma la forte diminuzione di morti per malattie
celtiche porta ad un sempre più facile e disinvolto approccio alla
prostituzione libera e ai tenutari dei bordelli non resta che
aumentare il livello qualitativo del prodotto offerto per non perdere
clientela. In altre parole venuta a cadere una legge fortemente
restrittiva come quella del 1860 e diminuita la paura di contrarre la
sifilide e di morirne di conseguenza, nessuno più riesce a contenere
la prostituzione entro spazi ipercontrollati come le case di
tolleranza.
Il 18 giugno 1931 veniva varato quel caposaldo del diritto italiano,
rimasto quasi intatto fino ad oggi, che è il Testo Unico di Pubblica
Sicurezza. In esso veniva ammessa la prostituzione sia libera che in
case di tolleranza e venivano stabilite le norme di attuazione della
prostituzione, comprese le visite mediche per le residenti nei
bordelli, l'età minima per i frequentatori era di anni 18 e per le
donne era richiesta la maggiore età, 21 anni.
Venne istituita poi la Quindicina cioé la rotazione delle prostitute
nei vari bordelli d'Italia ogni quindici giorni. Questa rotazione
serviva sia come funzione sanitaria di controllo che come ricambio
della merce per soddisfare meglio i clienti, inoltre impediva alle

prostitute di affezionarsi ai clienti e di diventare "gente del posto",
accettate dalla popolazione, come avveniva nel '400.
La rivoluzione d'ottobre portò grandi cambiamenti anche su questo
piano nelle repubbliche sovietiche: la prostituzione venne
completamente abolita sotto qualsiasi forma e venne prevista per i
contravventori, clienti compresi, la deportazione nelle isole del mar
Bianco a nord della Russia.
In Gran Bretagna nel 1864 fu varata una legge che obbligava le
prostitute ad una visita medica periodica obbligatoria e la denuncia
della propria attività alla polizia se risiedevano in zone con alta
concentrazione militare. Tre donne, Josephine Butler, Harriet
Martineau e Mary Carpenter, iniziarono una vigorosa campagna
contro questo soppruso sessuale che raccolse 1.968.379 firme e
presentò al parlamento 8.190 petizioni finchè il 6 Maggio 1876
questa legge venne abolita liberalizzando la prostituzione.
Da questa campagna nacque il 22 settembre 1877 la Federazione
Abolizionista Internazionale con varie sedi in Europa e nel mondo e
nel 1900 l'International Society of Sanitary and Moral Prophylaxis.
Un'altra associazione inglese, la National Vigilance Association,
convocò a Londra nel 1890 un congresso nel quale vennero gettate le
basi per la lotta alla tratta delle bianche. Sulle basi degli accordi
sull'abolizione della tratta degli schiavi venne proposta una
regolamentazione internazionale che dopo lunghe fasi alterne vide
la luce ad opera della Società delle Nazioni l'11 ottobre 1933.
La Federazione Abolizionista continuò la sua attività e ottenne
numerose vittorie alcune delle quali furono:
1890 - la Norvegia sopprime le case di tolleranza
1897 - Zurigo sopprime le case di tolleranza
1901 - la Danimarca sopprime le case di tolleranza
1907 - la Finlandia sopprime le case di tolleranza
1911 - la Bulgaria e i Paesi Bassi sopprimono le case di tolleranza
1919 - la Svezia, che non ha mai avuto case di tolleranza, sopprime
la schedatura poliziesca delle prostitute.
1922 - chiusura delle case di tolleranza in Cecoslovacchia
1925 - Ginevra abolisce le case e la schedatura
1927 - la Germania chiude le case di tolleranza
1946 - la Francia chiude le case di tolleranza

1947 - la FAI ottiene il voto consultivo all'ONU
1949 - l'Egitto abolisce sia le case che la schedatura
1949 - 7 dicembre - il senato italiano approva a forte maggioranza
l'articolo essenziale del progetto Merlin.
"Tenutari e trafficanti continuano la lotta in Italia, a colpi di
centinaia di milioni, per impedire alla legge di essere approvata
anche alla Camera" (2).
Ed in effetti tenutari, trafficanti, medici e tutti coloro che avevano a
che fare con le rendite da case chiuse si dovettero dare molto da fare
se la senatrice Lina Merlin presentò il progetto di legge il 6 agosto
1948 al senato e per essere approvato dai due rami del parlamento
passarono quasi dieci anni. Non si può che rendere onore alla
signora Merlin che per dieci anni resistette alle pressioni di milioni
di uomini e donne, anche del suo stsso partito, che si opponevano
all'abolizione della schiavitù di stato.
Il 20 febbraio 1958 veniva pubblicata sulla gazzetta ufficiale la legge
n° 75 intitolata "Abolizione della regolamentazione della
prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione
altrui". In quindici articoli firmati Gronchi, Zoli, Tambroni e Medici
la legge vietava la registrazione delle prostitute, le case chiuse, le
tessere sanitarie e l'incitamento, l'aiuto e lo sfruttamento della
prostituzione. L'atto di prostituirsi non era più un reato ma era
considerato legale mentre diventava reato indurre e sfruttare la
prostituzione altrui.
Fu previsto un periodo per l'attuazione della legge ma "senza
attendere le data fatidica del 20 settembre, quasi tutte le "case
chiuse" hanno cessato la loro attività...si calcola che a Milano siano
oltre 5.000 le donne che battono i marciapiedi" (3).
Ci fu chi pianse a lungo per la chiusura dei bordelli e chi per
serbarne un ricordo ne comprò in tutto o in parte l'arredamento, ma
le donne restarono poco tempo a battere liberamente i marciapiedi
perché ben presto le organizzazioni che prima svolgevano la tratta
delle bianche si organizzarono per gestire la prostituzione "libera"
obbligando le donne a pagare un pizzo per battere una certa zona e
per avere "protezione". Anche i bordelli, aboliti per legge,
riapparvero sotto mentite spoglie tanto che il CIDD ( un'organismo
nato con la legge Merlin per la difesa morale e sociale della donna
con un centro in ogni provincia) e altre associazioni lamentavano

all'inizio degli anni '70 dalle 300 alle 500 case chiuse nella sola
Torino a cui erano da aggiungere quelle per "superprivilegiati" di
cui quasi nessuno sapeva l'esistenza. Sommando i vari dati si può
calcolare che nel 1972 in Italia ci fossero circa un milione di
prostitute su una popolazione maschile di circa 25 milioni.
Togliendo a tale cifra i bimbi e i vecchi si ha circa una prostituta
ogni venti uomini.
Ma i tempi ormai incalzavano e l'Italia era passata in pochi anni, dal
'70 all' 80, da paese di emigrati a paese di immigrati. Migliaia di
persone in fuga per motivi politici ed economici dai propri paesi
d'origine si riversarono in Italia e a questi si aggiunse una massa di
altre persone entrate clandestinamente con l'appoggio di amici,
parenti e organizzazioni malavitose spesso in collusione con le
ambasciate. Un'enorme offerta di mano d'opera a basso costo o in
nero si riversò sul mercato del lavoro e anche il mercato della
prostituzione accusò duri colpi. Nell'ultimo decennio i marciapiedi
e i viali si sono riempiti di donne africane, asiatiche e dell'est
europeo a cui si aggiungono i travestiti e i transessuali sud
Americani. Le italiane si sono spesso riciclate nel mercato delle
squillo puntando sulla qualità e la serietà ma i prezzi si sono
bloccati e in alcune zone sono addirittura calati.
Nessuno riesce più a dare una valutazione di quante persone si
prostituiscono ma un dato è certo: l'offerta ha superato la
domanda. Erano più di cinque secoli che in Italia non si verificava
un fatto simile.
note a Dal Regno d'Italia ad Oggi
1) Atti parlamentari B, p. 9321
2) da "Rénovation", Parigi, 1950
3) F. Monicelli, in Il Mondo, 30 settembre 1958

PROSTITUZIONE MASCHILE
"Oggi il piacere che l'uomo e la donna si procurano l'un l'altro non
ha alcun fine conoscitivo. Tanto è vero che in fondo non differisce
che in apparenza dalla prostituzione la quale è chiaramente un
fenomeno di consumo."
Moravia (15-27): "Prostituzione", Grande Dizionario della Lingua
Italiana , Utet, Torino, 1988
La prostituzione maschile ebbe probabilmente inizio nelle due città
bibliche di Sodoma e Gomorra ma i primi documenti in proposito
vengono da Ierapoli dove, nel tempio di Astarte, assieme alla
prostituzione sacra femminile troviamo prostituti maschi che, al
pari delle donne, si davano agli ospiti del tempio. Particolarmente
scioccante è la loro iniziazione per la quale accorrevano folle da
tutta l'Asia Minore: "il giovane, liberatosi dei vestiti, si getta urlando
tra la folla e, impugnata una spada, si castra e corre attraverso la
città con in mano le parti tagliate che poi getta all'interno di una
casa da cui riceverà abiti femminili"(1).
Troviamo preti eunuchi dediti alla prostituzione anche a Babilonia,
Efeso, Kos, Creta e in Italia i sacerdoti di Cibele; in epoche più
recenti se ne ha traccia in Nord America, nella penisola del Ciukci,
in Madagascar e nei Caraibi e la Bibbia riporta i casi dei seguaci di
Istar a Erech in Siria e a Canaan.
In tutti i casi di prostituzione sacra maschile è previsto un
travestimento del soggetto "chiamato" dalla divinità dopo il rito
della castrazione. Gli individui così trattati erano tenuti in gran
considerazione e il contatto sessuale con essi era spesso considerato
sacro.
Abbiamo già visto come nella Grecia classica l'omosessualità fosse
sviluppata, ma non abbiamo tracce di prostituzione maschile. Nella
Roma imperiale invece ci fu un fiorente mercato di prostituti per
pratiche sessuali con maschi, non ci risulta però nessun caso di
prostituti con femmine. Oltre ai prostituti con il nome maschile
dell'equivalente attività femminile ve ne erano altri chiamati pueri
meritorii perché fanciulli da affittare, gli amanti amisii, i pazienti

pathici, gli efebi adolescenti, gli effeminati calamiti, gli eunuchi
spadones e i pederasti poedicones.. Nella Roma imperiale la
prostituzione maschile era sviluppata e accettata come quella
femminile tanté che Caligola scacciò le prostitute dai bordelli e le
sostituì con schiavi e gladiatori e per additare ai romani la nuova
via ne inaugurò egli stesso uno.
Nel Medio Evo, dalla pratica della sodomia, cioé di rapporti anali
sia con maschi che con femmine rinasce la prostituzione maschile.
Questa pratica, la sodomia, probabilmente sempre esistita, venne
considerata negativa e stimmatizzata solo nel tardo medioevo
probabilmente perché non riproduttiva e quindi contraria alle
spinte di riproduzione e aumento della popolazione
particolarmente sentite in quel periodo di dimezzamento degli
abitanti d'Europa a causa delle pestilenze e delle carestie.
Con la venuta in Italia da Costantinopoli di Manuele Crisolora, ad
opera di Jacopo Angelo da Scarperia, si aprì a Firenze a cavallo del
'400 la prima scuola di greco e con la scuola ebbe inizio la
traduzione dei testi greci antichi che fecero conoscere un modo
diverso di pensare, e soprattutto una morale diversa da quella
cristiana che già veniva messa in crisi dalle varie sette riformiste.
Ovvio che balzasse subito all'occhio la tolleranza, anzi,
l'accettazione come fatto normale di rapporti omosessuali e
altrettanto logico che gli artisti dell'epoca, che si ispiravano al
mondo classico, facessero di questo comportamento una loro
caratteristica peculiare al punto di dichiarare che .....erano tutti
omosessuali.
Ed in effetti la sodomia era talmente sviluppata in Italia e
soprattutto a Venezia e in Toscana che S. Bernardino da Siena nel
1427 esortò i propri concittadini a non mandare per strada i ragazzi
per non farli sodomizzare, ma a mandare le ragazze che, se anche
fossero state violentate, si sarebbe trattato di un peccato minore
perché volto alla procreazione e quindi naturale.
A Firenze, per combattere meglio il "vizio abominevole", oltre a vari
postriboli sparsi per la città e la periferia, ne venne costruito uno, La
Macciana, in centro, fra il palazzo vecchio e il palazzo vescovile. Per
incitare gli uomini a rapporti sessuali con le donne tra il 1425 e il
1447 venne esposta, come richiamo erotico, sul portone del
battistero di san Giovanni a Firenze l'immagine di Eva trionfante

portata in cielo dagli angeli e pochi anni prima era stato aperto un
bordello detto Chiassa de' buoi nei pressi del battistero stesso.
Il risultato non fu comunque soddisfacente visto che nel 1432 la
Magistratura fiorentina istituiva il corpo degli "ufficiali di notte" col
compito specifico di ricercare e perseguire tutti coloro, uomini e
donne, che si davano a rapporti anali.
Nonostante l'appoggio politico alla prostituzione da postribolo
evidentemente i fiorentini preferivano ancora i rapporti omosessuali
se, come compare da vari documenti, le prostitute erano costrette ad
adescare clienti nei locali pubblici e in giro per la città vestite da
uomini e con atteggiamenti maschili nonostante la legge proibisse i
travestimenti. Non è chiaro se il travestimento sia stato utile per
riportare sulla retta via i fiorentini o se abbia ingenerato maggior
confusione fra i sessi, comunque col finire del secolo le pratiche
omosessuali e di sodomia diminuirono, vennero aboliti gli ufficiali
della notte, e ci si tornò a preoccupare delle prostitute.
Se a Firenze e in tutta la Toscana l'omosessualità e la sodomia si
diffusero più che in altre parti d'Italia per motivi culturali, a Venezia
queste tendenze vanno viste probabilmente come la risposta
"diversa" al lusso e all'opulenza di una città mercantile in cui non
mancava nulla, donne comprese.
Nel 1360 iniziò la sua attività a Venezia Il Castelletto, postribolo che
avrebbe dovuto riunire tutte le puttane di Venezia, ma ciò non
avvenne mai, sia perché rimasero sempre in giro per Venezia delle
prostitute libere, sia perché vecchie strutture con forme particolari
di autogestione come quello di Cà Rampani, rifugio delle puttane
vecchie e brutte della città (da cui il termine "carampana" per
definire una donna molto brutta e vecchia), resistettero agli anni e
alle leggi.
La sodomia e l'omosessualità comunque si svilupparono anche a
Venezia nonostante i richiami sessuali di tipo femminile non
mancassero, si pensi al 'ponte delle tette' in cui le prostitute
mostravano le loro bellezze ai barcaroli che passavano sotto al
ponte. Le prostitute circolavano perfino in S. Marco, e il mercato
della fine '400 offriva pezzi femminili di meno di dieci anni. Anche
qui, come a Firenze, il richiamo più appetito era quello maschile e le
prostitute spesso si tagliavano i capelli alla moda maschile per
meglio attrarre i clienti.

Ormai la sodomia era diventata una componente essenziale della
vita sessuale veneziana e questa esuberante richiesta di rapporti
anali non poteva restare insoddisfatta in una città che aveva fatto
del commercio la propria forza. Nella seduta del 28 luglio 1516 il
Consiglio dei Dieci prese atto dell'esistenza a Venezia di uomini dai
30 ai 60 anni che si prostituivano per rapporti contro natura con altri
uomini come le puttane. Dopo aver condannato verbalmente ciò
non mi risulta altro intervento del Consiglio contro la prostituzione
maschile. Evidentemente a Venezia il postribolo pubblico non aveva
funzionato come a Firenze mezzo secolo prima.
La pratica del vizio nefando sia con maschi che con femmine era
sviluppata oltre che in queste capitali del sesso anche in altre meno
appariscenti località come a Lucca dove tra la fine del '400 e l'inizio
del '600 si svolsero quasi settimanalmente processi contro questo
reato, finché il 4/2/1606 si celebrò il primo processo per
prostituzione maschile: Lorenzo di Michelangelo Gabrielli,
maggiore di anni 14 ma minore di 18 fu condannato al carcere del
Sasso per essersi prostituito per atti di sodomia, e Jacopo di Piero di
Brancoli, detto Momo, fu condannato alla pena della frusta e al
bando perpetuo dalla città per aver procurato clienti a Lorenzo.
Col passare degli anni la sodomia e l'omosessualità vennero sempre
più considerati reati da perseguitare e spesso oltre alla condanna
morale si affiancarono i codici giuridici comminando pene
severissime ai rei del peccato contro natura.
L'unione tra capitale e etica protestante dettero origine al
capitalismo e da questo all'imperialismo il passo fu breve. Le
nazioni più "civili" scesero in lotta per l'egemonia su vaste fette del
territorio e la carne da cannone divenne un elemento essenziale per
imporre la propria politica economica. Al seguito degli eserciti
c'erano grossi gruppi di vivandiere che si occupavano della "salute"
della truppa mentre per gli ufficiali c'erano le infermiere;
l'omosessualità era spesso considerata indegna per un buon soldato.
Vista l'impossibilità di avere donne a bordo e i lunghi periodi
lontano dai bordelli dei porti la marina rimase per lungo tempo
l'unico rifugio dove l'omosessualità sopravvisse più o meno
tollerata. Su alcune navi venivano imbarcati mozzi con funzioni di
"ragazzi da culo" e vari ammiragli, fra cui Nelson, trovavano che

l'omosessualità rinforzasse i legami tra l'equipaggio e servisse a
sbollire gli spiriti dei più irrequieti.
Ma ciò che in mare era tollerato, a terra era vituperato e più i regimi
divennero assoluti più le prestazioni sessuali maschili divennero un
simbolo di purezza del corpo e dello spirito politico, non a caso uno
slogan del ventennio fascista era "uccello eretto, fascista perfetto".
L'apoteosi del potere fallocratico era di primaria importanza per chi
vedeva nelle culle vuote la fine di una nazione.
Le idee di un regime non muoiono con la fine del regime stesso ma
continuano per inerzia ancora a lungo e così si dovette arrivare ai
primi anni settanta per sentir parlare ancora di omosessualità.
Nacquero i primi locali notturni, i primi bar riservati a omosessuali
uomini e donne e in questi qualcuno iniziò a darsi per denaro. In
pochi anni dai locali riservati alcuni prostituti iniziarono a battere in
zone diverse da quelle delle prostitute e siccome erano solitamente
vestiti da donne vennero chiamati "travestiti".
Perseguitati dalla polizia che vedeva nel travestimento una
trasgressione alle leggi, sempre più ricercati da clienti che si
recavano in processione a vedere e a provare questi esseri
all'apparenza donne ma anagraficamente maschi alcuni travestiti
iniziarono una campagna per il riconoscimento del proprio
cambiamento sessuale e nel 1982 venne varata le legge 164 di ratifica
di attribuzione di sesso. Alcune persone approfittarono della legge
per cambiare nome e sesso anagrafico dopo essersi sottoposte a
interventi in costosi ospedali all'estero, altre sono ancora in attesa
che un oscuro regolamento di attuazione conceda a tutte le
richiedenti in tempi brevi e con costi a carico non del singolo ma
della società di sottoporsi agli interventi richiesti.
note a Prostituzione Maschile
1) Luciano, De Dea Syria , 51

IL SINDACATO
"Scaccia le cortigiane, e tosto le passioni sconvolgeranno ogni cosa...(esse)
hanno, quanto ai costumi, una vita del tutto impura, ma le leggi dell'ordine
assegnano loro un posto, sia pure il più vile"
Sant'Agostino, De Ordine, II, IV 12
Le prostitute ateniesi potevano venir perseguitate per parecchi
motivi fra cui primeggiavano l'irriverenza contro lo stato e la
corruzzione della gioventù. L'Aeropago, il tribunale di Atene, era
prevenuto nei confronti delle prostitute e spesso le condannava a
pesanti ammende senza neppure permetter loro di difendersi. Ci
sono giunti alcuni stralci di un processo intentato contro una
prostituta ateniese, Frine, in cui l'avvocato difensore, Iperide, riuscì
a dimostrare la falsità delle accuse e ad ottenere l'assoluzione per la
sua patrocinante. A fine processo le prostitute ateniesi inviarono
all'avvocato un messaggio particolarmente interessante: "...Tutte noi
prostitute vi siamo molto grate come Frine. Il processo intentato da
quella canaglia di Eutia non era solo contro Frine ma contro tutte
noi....Se non veniamo pagate dai nostri clienti , o se lo siamo per poi
essere trascinate in giudizio per empietà, è meglio per noi finirla e
non causare noie a noi stesse e a coloro che ci frequentano...non
avete solamente salvato una donna ma avete messo tutte noi in
condizione da dovervi ringraziare. Se vorrete mettere per iscritto
l'arringa pronunciata in difesa di Frine, vi innalzeremo una statua
d'oro in qualsiasi località della Grecia vorrete..." (1). Questo processo
decretò il passaggio dall'antica legge restrittiva di Solone ad una
concezione più permissiva della prostituzione. La lotta di Frine era
vista inoltre come vittoria delle prostitute che da quel momento
acquisivano più dignità e che giustamente ringraziavano, tutte
assieme, l'avvocato Iperide. In quella lettera inoltre si vede come un
gruppo di individui riconosca in un processo contro una persona
del gruppo un attacco a tutto il gruppo: non si era ancora al "tutti
per uno, uno per tutti" dei tre moschettieri ma si era già ad una
forma embrionale di sindacato delle prostitute.
Nei secoli successivi vi furono tante forme di lotta e resistenza delle
prostitute contro lo stato o contro gli sbirri che lo rappresentavano e

duemila anni dopo Frine vi fu la prima resistenza politica di un
gruppo di prostitute.
Il 15 novembre 1870 si presentò davanti al prefetto di Parigi un
gruppo di donne che si autodispensava dalla visita sanitaria
dell'ispettore di controllo. Le donne consideravano che pagavano le
tasse come tutti e che svolgevano la loro attività a casa propria e
quindi rivendicavano il diritto di essere trattate come normali
cittadini senza subire visite sanitarie e trattamenti assurdi da parte
della polizia.
Poco tempo dopo, il 28 gennaio 1871, vi fu l'armistizio e soldati e
prostitute manifestarono assieme per le vie di Parigi ma poi al
dispensario la guardia nazionale si comportò come si era sempre
comportata la polizia.
Dopo un paio di mesi fu proclamata la Comune e il primo atto del
comitato centrale fu l'abolizione della leva obbligatoria e della
polizia dei costumi.
"Meravigliosa fu invero la trasformazione operata dalla Comune a
Parigi! Sparita ogni traccia della Parigi meretricia del Secondo
Impero! Sparite le puttane...al loro posto apparvero le vere donne di
Parigi, eroiche, nobili e devote come le donne dell'antichità" (2).
Povero Marx, oltre a non aver mai risolto i propri rapporti con le
donne di famiglia era anche male informato.
Le prostitute si riunirono in assemblee, vi furono riunioni e anche
una conferenza a Notre Dame su questo argomento, vari editti
ebbero come preambolo frasi liberatorie nei confronti delle
prostitute, ma le visite sanitarie e i sopprusi polizieschi restarono
come prima della Comune. Le donne che "lavoravano" per strada, al
pari degli ubriachi, davano un cattivo spettacolo alle giovani leve
che dovevano combattere per la libertà e così i decreti contro la
prostituzione fioccarono come non mai, e coi decreti venne il carcere
per parecchie donne. Ma le condizioni economiche di vita a Parigi
erano tali che la prostituzione, nonostante i decreti e contrariamente
agli scritti di Marx, invece di calare aumentò.
Dopo un bagno di sangue durato una settimana il 28 maggio 1871 la
Comune era finita e la restaurazione si diede ad una caccia spietata
delle prostitute colpevoli di aver combattuto sulle trincee a fianco
dei rivoluzionari e così oltre alle strade anche i marciapiedi si
riempirono di cadaveri di donne e bambini.

Dopo la Comune di Parigi la lotta contro la visita sanitaria e per i
diritti delle prostitute venne portata avanti dai neonati movimenti
per la libertà e per i diritti femminili e solo un secolo dopo si sentirà
parlare ancora di associazioni o sindacati di prostitute.
Come tutti sanno negli anni settanta nacquero vari movimenti
femministi che portarono indubbiamente ad una maggior
autocoscienza delle donne. In questa ottica di analisi di ruoli e
funzioni nella società nacque in Francia un movimento e si ebbero
alcune manifestazioni di prostitute in lotta per i propri diritti. Anche
in Italia, a Pordenone, nacque un Comitato per i diritti civili delle
Prostitute che purtroppo non ebbe un gran seguito tra le addette ai
lavori nonostante per un certo periodo abbia anche pubblicato una
rivista "Lucciola". Dal settembre 1993 il Comitato collabora con altre
due associazioni europee per gestire un progetto Cee sulla
prevenzione dell'Aids e delle altre malattie a trasmissione sessuale
tra le prostitute immigrate in Europa.
note a Il Sindacato
1) Alcifrone, Lettere di cortigiane, Lettera 4, 1-31
2) Marx,La guerra civile in Francia

CONTRACCETTIVI
"La frigidità della prostituta è un'inevitabile caratteristica del
'sottosviluppo' psichico e psicosessuale."
Servadio E., La prostituzione continua
Nel medio evo era diffusa l'idea che le prostitute fossero poco
feconde perché come era stato dichiarato da vari saggi ecclesiastici
le donne abbandonate troppo agli uomini erano sterili. In effetti nei
bordelli si è sempre fatto uso di ogni forma conosciuta di
contraccettivo e di aborto.
Il contraccettivo più usato era probabilmente un batufolo di lana o,
più tardi, di cotone inserito nella vagina perché assorbisse lo
sperma. Ovviamente questa forma di contraccezione era lacunosa e
spesso le prostitute ricorrevano ad erbe, droghe, raschiamenti
primordiali e anche a finte risse con percosse alla pancia della
donna incinta per provocarne l'aborto. La legge ecclesiastica
proibiva l'aborto perché distruggeva il frutto nel corpo, ma siccome
san Tommaso, basandosi su Aristotele, aveva stabilito che l'anima si
installava nel nascituro dopo 40 giorni se era un maschio, e dopo 90
se era una femmina (Per sant'Agostino 46 e 96), l'interruzione di
gravidanza prima di tale periodo era concessa e accettata da tutti
senza problemi morali.
Che le prostitute dei bordelli fossero feconde é indubbio, e spesso
capitava di vedere in attività donne incinte. Le municipalità e i
tenutari dei bordelli dal medio evo in poi cercavano di accasare le
puttane incinte ma parecchie restavano nel bordello; su che fine
facessero i loro figli ci sono ancora parecchi misteri. Alcuni,
soprattutto le femmine, venivano allevati nel bordello, gli altri
probabilmente venivano abbandonati in strutture sorte quasi per
incanto quasi contemporaneamente ai bordelli e di cui la
cittadinanza intera si faceva carico, gli "ospedali per l'infanzia". Non
si può asserire che gli orfanatrofi siano stati creati solamente per i
figli di prostitute e di altre donne sedotte e abbandonate, ma è
rimarchevole che solamente in questo periodo di grande calo
demografico la comunità si prenda carico anche di coloro che
normalmente erano abbandonati a se stessi.

Batufoli di cotone, tampoli di lino e spugne inserite in vagina furono
per secoli i contraccettivi più usati dalle prostitute. Nonostante la
chiesa abbia sempre proibito qualsiasi forma di contraccezione nei
rapporti famigliari la forma di contraccezione più diffusa era il
coitus interuptus già applicato dal biblico Onan per non aver figli
con una donna che non considerava sua moglie, ma ovviamente
nessun maschio si preocupava di seguire questa norma con una
prostituta e non certo per paura della punizione divina. Altra forma
di salvaguardia era il saltare stando a gambe aperte per espellere il
seme e nei bordelli del novecento l'uso di lavaggi con acqua o acqua
mista ad altre sostanze prima e dopo i rapporti. Alcune donne
usavano inserire in vagina semi di papaia noti dall'antichità come
antifecondativi, ma qui si va nel sofisticato e nell'esotico.
Unico mezzo sicuramente adottato come contraccettivo da svariati
secoli è il preservativo. Il moderno profilattico in lattice con
serbatoio e annessi e connessi ha origini alquanto remote. Usato
nella forma primitiva, un pezzo di budella di animale annodata ad
un'estremità, trovò strenui assertore della sua utilità fra cui
Casanova che lo trovava essenziale, oltre che come mezzo
contraccettivo, nella prevenzione delle malattie veneree.
Solo con la comparsa dei contraccettivi moderni, spirale e pillola, le
prostitute si sentirono salvaguardate dal rischio di gravidanze
indesiderate, anche se il preservativo resta tutt'ora il pezzo forte di
prevenzione delle malattie.

MALATTIE VENEREE
"E il sesso: era forse un oppio per gli uomini? Lo era per alcuni. Per
alcuni tra i migliori"
E. Hemingway, Il biscazziere, la monaca e la radio
Nonostante questo testo non sia un trattato di medicina o di storia
della medicina mi è sembrata opportunua una breve parentesi sui
rapporti tra medicina e prostituzione per sottolineare alcuni aspetti
politico-sociali del rapporto tra scienza medica e prostituzione.
Le malattie trasmesse sessualmente sono probabilmente di origine
antichissima ma forse solo nell'antichità e da alcune persone in
tempi recentissimi sono state viste senza quell'alone di peccato e di
punizione divina che le ha sempre contraddistinte.
La gonorrea era conosciuta dai greci e dai romani ed è citata anche
nel Levitico (XV, 9), Galeno ne usa il termine, di probabile
derivazione greca, per definire la malattia riconoscibile dal
caratteristico scarico che si pensava fosse prodotto dallo sperma.
Da analisi compiute sugli scheletri e su ossa di antichi abitanti
dell'Egitto e della Cina, sembra da escludere la presenza di sifilide
nell'antichità fino alla fine del medio evo. La malatia che Abigail,
moglie di Nabal, passò a ré David, chiamata sifilide (dal greco siplos.
vergognoso, o da sus, porco, e da philia, amore), probabilmente non
era che gonorrea perché da quanto risulta la sifilide vera e propria
fece la sua comparsa in Europa nel 1493 col ritorno dalle Indie delle
due navi di Colombo. Stando ai dati ufficiali, sembra che il primo
morto di tale malattia sia stato proprio il comandante della seconda
nave della spedizione, Pinzon. Suona strano che un forte marinaio si
sia potuto ammalare e morire a solo poche settimane dal suo ritorno
quando la malattia ha più di sei anni d’incubazione. Alcuni
sostengono che la totale mancanza di anticorpi degli individui
dell'epoca provocava risoluzioni veloci delle malattie
d'importazione sia nel vecchio che nel nuovo mondo, ma poche
settimane contro svariati anni è decisamente una differenza
eccessiva. Comunque siano andate le cose Colombo portò agli
americani il vaiolo che li decimò e ne ottenne in cambio la sifilide
che in pochi anni si diffuse in tutta l'Europa.

Inutile dire che ben pochi si fecero avanti per assumersi la paternità
di una simile malattia e così in quasi tutte le nazioni europee venne
chiamata "mal francese", in Francia "mal di Napoli", e nel mondo
mussulmano "mal dei cristiani".
In un mondo che riemergeva allora dal terrore delle carestie e che
era ancora percorso da terribili pestilenze una malattia fastidiosa e
dolorosa ma non sempre mortale, o mortale dopo molto tempo dal
contagio, come la sifilide non fu sempre considerata una tragedia
anzi, visto che da subito si capì che la sua trasmissione era sessuale
e che il sesso era una delle poche attività gioiose, se non la sola,
dell'epoca, fu ben presto considerata come argomento scherzoso sia
dai letterati che dal popolino.
Fu verso la fine del XVI secolo che si iniziò a considerare la sifilide
un problema non solo del singolo ma dello stato perché poteva
portare ad una diminuzione della popolazione. Iniziarono allora le
analisi obbligatorie delle prostitute, ree del diffondersi del male, e
gli internamenti obbligatori delle infette in strutture appositamente
predisposte. La scienza medica iniziò allora la sua funzione di
controllo sociale e la sua lenta presa del potere che la porterà ad
essere la religione del XX secolo.
Fin dal loro apparire questi editti per il controllo sanitario furono a
senso unico: le donne che si prostituivano potevano trasmettere la
sifilide, ma che il male francese fosse stato trasmesso a loro da un
uomo non interessava a nessuno, mentre a tutti interessava che
nessun altro uomo lo ricevesse.
Le prostitute furono così perseguitate per secoli come esseri
immondi e per agevolare il controllo sanitario, e quindi quello
economico e sociale, si cercò continuamente, seppur con alterne
fortune, di costringerle in case o quartieri detti "di piacere".
Il primo passo rivolto non alla ghettizzazione delle donne ma al
controllo del contagio si ebbe solo all'inizio di questo secolo, e non
per motivi umani, ma per esigenze belliche. I soldati della prima
guerra mondiale erano costretti a vivere in trincea abbrutendosi
ogni giorno di più in attesa di morire in uno dei tanti attacchi
suicidi. E proprio perché erano considerati indispensabile carne da
cannone alcuni stati iniziarono una campagna propagandistica di
prevenzione del contatto sessuale come unico rimedio contro la
sifilide e la gonorrea: le malattie che giovavano al nemico.

La propaganda bellica tendeva a far sì che nessun uomo si
ammalasse e fosse pronto a combattere e incitava gli uomini a
salvaguardare la propria salute per il bene della famiglia e della
patria. La paura della sifilide e della gonorrea era tale che il nome di
queste malattie non veniva neppure citato nei manifesti.
Nonostante nel 1930 appaiano i primi chemioterapici sulfamidici
attivi contro le malattie veneree, la paura per il contagio indusse
alcuni stati degli Usa a rendere obbligatori nel periodo tra le due
guerre gli esami del sangue prematrimoniali per la diagnosi delle
malattie veneree. La ricerca della razza "pura" non era solamente in
Germania!
Nel 1943, grazie all'esigenza della macchina bellica di aggiustare in
fretta i pezzi umani rotti, divenne disponibile la pennicillina, unica
arma valida contro la sifilide e la gonorrea. Finita la guerra si pensò
che con gli antibiotici si fosse risolto il problema delle malattie
sessuali ma la comparsa del fenomeno delle resistenze batteriche
fece ben presto aumentare i tassi delle malattie sessuali trasmesse
passando, negli USA, dal 4 per 100.000 del 1950 al 12 per 100.000
nel 1965 al 20 per 100.000 del 1990.
Si è sempre sotto i dati del pre pennicillina (76 su 100.000 nel 1945)
ma non si è di certo debellata la sifilide. Per non parlare di
quell'arcipelago di altre malattie da contagio sessuale come le creste
di gallo, l'erpes ecc. che prolificano tamponate qua e là da creme e
iniezioni e che, pur non essendo mortali, non rendono certo gioiosa
l'esistenza.
Il comportamento dei maschi nei confronti delle malattie veneree è
sempre stato a dir poco "strano". Convinti che il bordello fosse il
luogo protetto dove andare a scopare tranquillamente, gli uomini
non si sono mai preoccupati di nessun tipo di prevenzione, né di
gravidanze, né di malattie.
Non si sa per quale contorto ragionamento la visione sessuocentrica
dell'uomo ha sempre fatto sì che preferisse qualsiasi cosa piuttosto
di farsi visitare o curare "lì".
Sintomatico di questo aspetto è un episodio attribuito ad un uomo
che, pur non esendo famoso come Mussolini, è stato assunto a
rappresentante mondiale della Romagna: Stefano Pelloni. Costui era
un traghettatore, da cui il soprannome di "Il Passatore", che si diede

al brigantaggio nella metà del XIX secolo compiendo gesta
coraggiose e sprezzanti del pericolo presto romanzate dalla
popolazione che vedeva in lui l'oppositore al potere temporale del
Papa. Un medico di Forlì dichiarò ad un tribunale di aver ricevuto
la visita del Passatore che "..accusò di avere ulcere alli genitali,
senza però volermele mostrare...Nel tavoliere era corico ...un
giovane di circa vent'anni...(che disse) Anch'io ho la scolazione, ma
prima di farmi medicare voglio che l'uccello mi caschi in pezzi"(1).
Esagerato senso del pudore o per i maschi il coraggio in battaglia si
"squaglia" di fronte alle malattie sessuali? Forse entrambi ma
senz'altro anche una forte attenzione del maschio per il proprio
sesso.
Se si dice che la femmina soffre d'invidia per la mancanza del pene,
che cosa prova il maschio se non paura per la perdita del proprio
pene?
Il Dalai Lama mostra solo a pochi fidati le palme delle mani perché
su di esse è scritta la sua vita, il suo futuro, i suoi pregi e i suoi
difetti: chi conoscesse tutte queste cose avrebbe un potere enorme su
di lui. L'uomo mostrando il proprio pene si mette a nudo
completamente, mostra la parte più nascosta di se che è anche il
proprio mistero, il proprio potere. Siccome mancano dati sessuali
oggettivi il maschio non sa mai se il suo sesso è come deve essere,
non ha punti di riferimento tranne le statue greche dove, per
fortuna, tutti hanno un pene relativamente piccolo il che fa pensare
tranquillamente "ce l'ho come un Dio".
Queste certezze comunque sono fugaci perché appena si è di fronte
ad un altro uomo ecco riaffiorare tutte le paure: e chi si sogna di
metterlo persino in mano ad un altro uomo? Ma chi è costui a cui
affidare il proprio bene più nascosto, più intimo, il proprio potere
riproduttivo, la propria identità? E non parliamo dei problemi
derivanti dall'incertezza del "chissà se funziona come si deve".
Diciamolo alle mamme apprensive che insegnano alle proprie figlie
che l'uomo non pensa che a "quello": è vero, l'uomo non pensa che a
quello, ma "quello" non è andare a letto con le loro caste figlie, è il
proprio "pistillo", anche perché se non funziona bene non c'é la
possibilità di averne uno di ricambio.

Finchè resiste la mentalità dell’uomo cacciatore e della donna preda
che sceglie da chi farsi cacciare, si può affermare che da questo
punto di vista sono senz’altro più fortunate le donne che possono
avere tutti quelli che vogliono!!
note a Malattie Veneree
1) Costa L., Il rovescio della medaglia. Storia inedita del brigante Stefano Pelloni detto
il Passatore, Faenza, 1974, Lega pag. 262-264

L'AIDS
"Le donne stanno sedute sulla propria fortuna e non lo sanno"
Nell Kimball, Memorie di una maitresse americana
Fin dalla nascita ufficiale l'Aids è stato vissuto dall'immaginario
collettivo come la "peste del XX secolo" in grado di colpire le
categorie più depravate della società: omosessuali,
tossicodipendenti e libertini sessuali.
Gli omosessuali iniziarono una campagna mondiale per la
prevenzione del contagio sessuale incentivando l'uso di profilattici, i
tossicodipendenti furono invitati attraverso ripetute campagne di
stampa a non scambiarsi siringhe probabilmente infette, e l'attività
sessuale al di fuori della coppia ricevette una secca battuta d'arresto.
In questa campagna mondiale di caccia alle streghe le prostitute
furono subito poste all'indice come principali responsabili della
diffusione del morbo tra la categoria dei "normali", gli eterosessuali.
In effetti un tossicodipendente o un omosessuale sieropositivo
avrebbero potuto contagiare una prostituta e questa, a sua insaputa,
avrebbe potuto contagiare centinaia di suoi clienti eterosessuali che
avrebbero trasmesso la pestilenza a migliaia di persone totalmente
estranee ai fattori di rischio sanciti dalla medicina ufficiale. Le
prostitute furono quindi considerate sia dai ricercatori che dai mezzi
di comunicazione come l'elemento di trasmissione dell'Hiv dalle
minoranze devianti e malate alla maggioranza corretta e sana.
Incredibilmente non è scoppiata nessuna epidemia di Aids nella
comunità eterosessuale. Allo stato attuale delle ricerche compiute in
Germania, USA e Gran Bretagna la trasmissione di Aids da
prostitute infette a clienti eterosessuali è quasi sempre correlato
all'uso di droghe.
A New York il 40% delle prostitute che si sono iniettate droghe negli
ultimi dieci anni è sieropositiva, fra quelle che non hanno fatto uso
di droghe negli ultimi dieci anni non ci sono casi di sieropositività.
A Seviglia il 20% delle prostitute attualmente tossicodipendenti è
sieropositivo, delle non tossicodipendenti solo il 2,5 e a Londra
meno del 1% delle 280 prostitute testate era sieropositivo. Nelle
Filippine sono stati riscontrati 8 casi di positività all'Hiv su 10.000

prostitute non tossicodipendenti. Ricerche svolte negli ultimi otto
anni a Londra, Amsterdam, Parigi, Zurigo, Vienna, Atene,
Pordenone, Callao (Perù), Reno (Usa), Tijuana (Messico) e nella
Tunisia centrale hanno dato risultati analoghi: l'attività sessuale
delle prostitute non è un elemento di diffusione dell'Aids.
Questi dati sono tanto più sconcertanti se si considera che per la loro
attività pochissime delle intervistate usano profilattici e infatti dal 25
al 50% delle prostitute era affetta da sifilide e circa le stesse
percentuali si sono avute per l'epatite B mentre il 95-100% delle
intervistate presentava traccia di anticorpi di altre malattie di
origine sessuale come la clamidia, l'herpes simplex di tipo I e II e
gonorrea.
Un'analisi compiuta da ricercatori inglesi nel 1992-93 su 25
prostitute di una bidonville di Nairobi ha riscontrato che dopo oltre
cinque anni di accoppiamenti mercenari con clienti ad altissimo
rischio e senza l'uso di profilattici le donne non solo non hanno
contratto l'Aids, ma non sono neppure diventate sieropositive.
Per alcuni ricercatori i fattori di rischio per la diffusione dell'Hiv
sarebbero da considerare o l'uso di droghe o lo scambio di siringhe
infette e sangue, di certo non l'attività sessuale anche se compiuta,
come è il caso delle prostitute analizzate, con centinaia di individui
all'anno.
Da quando una decina d'anni fa (aprile 1984) un ricercatore
americano, Robert Gallo, annunciò al mondo di aver scoperto l'Hiv,
il retrovirus responsabile del'Aids, e si iniziò la campagna mondiale
di moralizzazione contro le attività sessuali extraconiugali e
omosessuali, per l'incosnscio collettivo sesso e Aids andarono a
braccetto.
Dieci anni dopo poche cose dividono la scienza medica come l'Aids.
Da un lato la scuola dei ricercatori legati alle grosse multinazionali
farmaceutiche che vede in questa peste la conseguenza delle droghe
e del sesso smodato, dall'altra chi imputa la carenza di difese
immunitarie ad una serie di concause fra cui le emissioni di
radiofrequenze, l'uso di droghe, l'inquinamento atmosferico,
nucleare e alimentare e infine, ma non ultimo, gli stress e le
depressioni vissute in solitudine e non risolte.
Se sul fronte "ufficiale" italiano si continua a considerare l'Aids una
malattia a trasmissione sessuale e si spendono miliardi per

pubblicizzare i preservativi, ricercatori di tutto il mondo come il
giapponese Y. Shiokawa e l'americano R. Root-Bernstein dichiarano
invece che "individui sani non contraggono l'Hiv o l'Aids, e perfino
prostitute e tossicodipendenti non sono state e non possono essere
vettori per la trasmissione dell'Hiv o dell'Aids ad una popolazione
sana, eterosessuale e non tossicodipendente" (1).
Impossibile sapere chi abbia ragione, anche perchè non esiste una
definizione di Aids accettata e riconosciuta dai medici di tutto il
mondo!!
note a Aids:
1) "Rethinking Aids", Vol 1, N°3, marzo 1993, San Francisco

La MORALE
"...e le prostitute vi precederanno nel regno dei cieli..."
Matteo 21,31
La morale cattolica sulla prostituzione nasce da due brevi e
marginali note di Aurelio Agostino e Tommaso d'Aquino che
considerano la prostituzione un male necessario ad evitare altri mali
ben più gravi per la società come la sodomia e l'omosessualità.
I primi dubbi su queste teorie che in effetti tra il '300 e il '400 non
avevano sortito effetti favolosi vennero ad alcuni teologi spagnoli
fra qui Martin Navarro che nel 1578 pubblicò a Venezia un trattato
al riguardo. Considerate la data e il luogo non c'è da stupirsi né dei
dubbi né delle conclusioni.
Ad un altro teologo spagnolo, J. Caramuel, si deve la geniale
conclusione che se in una città, per scarsità di puttane, gli uomini
sono costretti a ricorrere a rapporti omosessuali la colpa ricade sul
principe governante; ma se, per sovrabbondanza di puttane, gli
uomini sono attratti da rapporti contro natura con le donne o con gli
uomini la responsabilità ricade ugualmente sui governanti poiché
essi devono adattarsi giornalmente alla situazione e mantenere in
circolazione il numero giusto di donne per stimolare gli appetiti
maschili senza che inducano alla sodomia. In pratica i governanti
dovrebbero controllare le tendenze sessualmente devianti dei
sudditi immettendo o togliendo dal mercato il giusto numero di
prostitute.
Nel secolo successivo la scuola teologica di Salamanca analizza
profondamente il problema con occhio più storico e disincantato.
Partendo dalla Bibbia che nel Deuteronomio condanna la
prostituzione, continua ricordando che vari principi cattolici si
erano dichiarati contrari ai postriboli fra cui Filippo IV di Spagna e
Ludovico di Francia e anche S. Agostino, dopo una dichiarazione
giovanile di accettazione come male minore nel "De Civitate Dei" si
dichiarava contrario. Veniva considerato inoltre che la prostituzione
non serviva per salvaguardare le donne oneste e maritate perché i
frequentatori di postriboli presto si stancavano delle puttane e
insidiavano le mogli altrui. Anche per quanto riguardava il

controllo della sodomia la prostituzione era inutile, anzi dannosa,
perché, come tutti i confessori sapevano bene, i puttanieri si
stancavano presto di usare le donne in modo naturale e
pretendevano da queste rapporti contro natura. Era poi evidente a
tutti come dove era proibita la prostituzione gli uomini fossero più
continenti e ci fossero meno adulteri. Inoltre le meretrici
invecchiando perdevano clienti e perciò si trasformavano in ruffiane
aumentando il numero delle donne pubbliche. Per finire le puttane
erano senza dubbio dannose in città studentesche perché
distraevano dallo studio i giovani e dannose alla nazione perché
allontanavano dal matrimonio e diffondevano malattie pericolose
per la riproduzione.
Una nota particolarmente interessante dei teologi di Salamanca
dichiara infine che, come tutti sapevano, gli uomini erano più
portati a resistere agli appetiti sessuali delle donne. Strano che
nessuno abbia pensato di aprire postriboli maschili per le donne
incontinenti.
Era evidente quindi come tutti dovessero uniformarsi al regno di
Spagna dove la prostituzione, salvo i luoghi frequentati
dall'esercito, era proibita.
Varie furono le prostitute santificate dalla chiesa: Maria Maddalena,
santa Pelagia, santa Maria Egizia, santa Afra, tutte puttane pentite
della propria condotta passata. E gli uomini? Agli uomini spettava il
diritto di andare a puttane per soddisfare la carne, e se volevano
occuparsi anche dello spirito, non dovevano che seguire gli
insegnamenti di Innocenzo III, papa dal 1198 al 1216, per cui salvare
una donna dal postribolo era una delle grandi opere di carità, e lo
sposarla un'opera pia.
Col passare degli anni i teologi cattolici si allontanarono sempre più
dall'idea della prostituzione come antidoto all'omosessualità, forse
anche perché l'omosessualità era diminuita, e stimmatizzarono
sempre più la prostituzione e lo sfruttamento della stessa come reati
contro Dio e contro la nazione. Sull'opportunità o meno della
prostituzione insomma non si discuteva più, la si accettava come un
male con cui si era chiamati a convivere. Ma se di convivenza si
trattava, allora che le puttane fossero il più lontano e isolate
possibile perché oltre ad essere impure nell'anima lo erano spesso
anche nel corpo.

La sifilide e le malattie veneree in genere furono quindi il mezzo
che consentì il passaggio della gestione della prostituzione dalle
norme morali della chiesa a quelle mediche della nuova religione
della scienza.
Ma un atteggiamento considerato per secoli dalla chiesa prima come
male minore per impedire l'omosessualità e poi un peccato
responsabile delle peggiori nefandezze non poteva certo cambiare il
proprio carattere negativo con una semplice rivoluzione e così
anche la Repubblica Francese si schierò apertamente contro la
prostituzione e i postriboli e la neonata Repubblica Cisalpina non
esitò a dichiarare che la prostituzione era responsabile della
dissoluzione dei governi e la tomba della libertà.
Per risanare i costumi furono allora proibiti i postriboli e la
prostituzione e le puttane vennero passate al vaglio dei medici
perché inviassero le malate in case di rieducazione fisico morale.
Verso la fine del '800, forse per le nuove idee socialiste, la puttana
viene vista sotto un'ottica leggermente diversa e troviamo Bertani
che dopo averne considerato le grame condizioni economiche e di
sfruttamento da parte delle tenutarie passa a considerare e
apprezzare i valori di solidarietà fra prostitute, la loro religiosità e
insinua addirittura che spesso queste donne siano state condotte e
iscritte con l'inganno all'ufficio sanitario e da qui al bordello.
Un altro grosso aiuto al cambiamento dell'analisi della prostituzione
venne dalla letteratura, soprattutto francese. La prostituta era la
traviata, la poverina, la degna di pietà e comprensione cristiana, la
donna che l'amore, soprattutto materno, poteva salvare dal peccato
e così fiorirono romanzi come la Manon Lescaut, la Signora delle
Camelie e i Miserabili. Le donne piansero e gli uomini si
cimentarono nell'impresa eroica di redimere con l'amore e il
matrimonio le puttane.
Una grossa presa di posizione della scienza italiana viene a cavallo
del '900 da Lombroso e dalla sua scuola che tranquillamente
dichiara la prostituzione un male biologico perché, come si può
facilmente capire dai lineamenti delle puttane, esse sono inclini a
prostituirsi per caratteristiche congenite. Sulle caratteristiche
congenite dei puttanieri non fu mai scritta parola.
A queste analisi del Lombroso si opposero vari pensatori italiani che
vedevano nella situazione economica, ambientale, educativa e

sociale un forte elemento determinante nelle scelte di una donna di
prostituirsi e promuovevano la diffusioni di centri per ragazze
madri, una maggior cura della gioventù e i tribunali per i
minorenni.
Ma la prostituzione ha come base un rapporto commerciale e come
tutti sanno se non c'è la richiesta non nasce l'offerta, e se nasce e non
c'è richiesta muore subito. Si può insistere sulla pubblicità finché si
vuole ma nessuno riuscirà mai a vendere impianti di riscaldamento
ai Tuareg del Sahara. Se esiste la prostituzione è perché esiste la
richiesta di prostituzione, non viceversa.
Che una persona decida di prostituirsi per motivi economici, sociali,
ambientali può anche essere vero, ma per decidere di offrirsi sul
mercato deve esistere una richiesta.
Esistono tante storie della prostituzione vista soprattutto in chiave
folcloristica e di curiosità sui costumi sessuali, esistono varie analisi
e studi sul perché certe persone si prostituiscono, ma solo l'un per
cento dei testi che ho consultato si domanda perché si vada a
puttane o a puttani. Come mai?

La PERSECUZIONE RITUALE delle PUTTANE
"La donna pubblica è nella società ciò che la sentina è in mare, e la cloaca
nel palazzo. Togli la cloaca, e l'intero palazzo ne sarà infettato"
Glossa interlineare su testo di sant'Agostino del 1300
Nell'antichità le prostitute erano sacerdotesse, assolvevano a riti,
lavoravano in tempi o, come le etere, erano dotate di cultura ed
esperte d'arte e musica, erano insomma un tassello della società
come i soldati e gli osti, vivevano la vita di tutti ed erano conosciute
e rispettate da tutti. Questo rispetto si trasmetteva all'ambiente che
frequentavano e anche ai loro figli: sintomatico è il caso di Jefte
riportato dalla bibbia. La prostituzione a quei tempi non era quindi
considerata come stato di inferiorità, ma era accettata e spesso
onorata.
L'impero romano, pur accettando e tassando la prostituzione,
proibisce alle prostitute l'uso della palla e della stola, indumenti
riservati alle matrone. Questo primo segnale di distinzione, di cui si
ha un precedente solo in una citazione biblica, comporta già un
distinguo fra persona e persona; significativo che ciò accada durante
l'epoca imperiale in cui Roma cercava di dividere il più possibile le
varie classi sociali e le varie popolazioni per meglio comandare su
tutti.
Durante i secoli bui del medioevo la chiesa ebbe nei confronti della
prostituzione un atteggiamento ambiguo: fu tranquillamente
ignorata, tollerata e, a volte, proibita. Questo comportamento fu
probabilmente conseguenza dell'attegiamento mutevole della chiesa
che ha sempre cercato di mutare la propria politica a seconda delle
condizioni vigenti seguendo la teoria del male minore che combatte
il male maggiore e così la prostituzione, seppur condannata, fu
accettata, tollerata o istigata a seconda di quanta carne umana
servisse per i campi agricoli o per i campi di battaglia.
Con la nascita e lo sviluppo delle città la prostituzione passa da
rapporto libero ed individuale tra donna e cliente a rapporto
strutturato in postiboli gestiti da un conduttore, e per la prostituta
cessa la libera scelta del cliente diventando sempre più un oggetto
da sesso.

Fino al '500 la puttana, anche se vive nel bordello o nei bagni
pubblici, fa sempre parte del paese o della città e spesso si ferma a
parlare con amici per le strade o nel postribolo stesso e sono molte
le puttane che si sposano dopo un periodo più o meno lungo di
attività. La loro condizione è quindi di cittadine particolari, di
seconda o terza categoria per le classi dominanti, ma pur sempre
accettate dal ceto di origine.
Solo verso il '600 l'ombra morale del giudizio ecclesiastico,
supportata dalla minaccia mortale della sifilide, divenne una
macchia e la prostituta venne accantonata il più possibile ai limiti
dell'abitato in postriboli gestiti dall'autorità costituita e controllata
dalla classe medica per il corpo e dalla chiesa per lo spirito.
La prostituta libera inizia ad essere vista come un pericolo perché
può contagiare, se non controllata dai medici, l'intera umanità e
perché può trascinare nel peccato donne o uomini per bene,
distraendoli dal lavoro e dalla famiglia. Per questi motivi è bene che
ogni puttana sia rinchiusa in un postribolo lontano dal centro e dai
luoghi di culto o di istruzione.
Questo concetto di 'prostituta uguale malattia' da rinchiudere per il
bene della società, dei clienti o addirittura di sé stessa, si è tanto
radicato nella nostra cultura che resiste ancora oggi, dopo 400 anni!
Nessuno pensa che le prostitute nascono sane e, se si ammalano, è
per contatti con i clienti e che quindi forse andrebbero garantite
prima le prostitute sulla salute dei clienti che i clienti su quella delle
prostitute, ma su questo gioco del se è nato prima l'uovo o la
gallina, parecchie puttane hanno già da tempo preso una posizione
personale e risolutiva: l'uso obbligatorio del preservativo.
Parecchi clienti non concordano su questo mezzo di prevenzione
della diffusione di malattie preferendo, qualora la puttana imponga
"il guanto", rapporti più a rischio con professioniste meno
politicizzate e impegnate nella prevenzione.
Le minacce di contagio di malattie veneree non sono quindi un
freno o un impedimento ai rapporti sessuali mercenari, anzi, in
alcuni casi, sembra quasi ci sia una ricerca "della tossica che lo fa
senza". Lascio a chi di dovere la ricerca delle motivazioni di questo
legame tra eros e thanatos e mi limito ad osservare come, nonostante
da decenni le prostitute cerchino di salvaguardare autonomamente
il più possibile il proprio "mezzo di produzione" da ogni forma di

malattie perché loro per prime non vogliono ammalarsi "lì" per non
perdere giorni di lavoro per curarsi, la maggioranza delle persone le
vorrebbe rinchiudere in un bordello per motivi igienici.
La persecuzione della puttana non è quindi motivata da ragioni
sanitarie ma sociali: "quelle donne" sono il male che garantisce alle
altre donne di essere dalla parte del bene. La puttana è un essere
abietto a Dio e agli uomini e non può frequentare luoghi pubblici
come tutti ma deve essere rinchiusa in spazi particolari perché, se
vista in circolazione potrebbe essere confusa con una donna onesta e
allora non ci sarebbe più distinzione tra il bene e il male.
Per la tradizione giudaico-cristiana il bene e il male sono le due
parti di una mela tagliata con un coltello: di qua il bene, di là il
male. Il bene e il male sono in opposizione e non ci possono essere
momenti di unione, o per essere più chiari, dal bene può nascere il
male ma dal male non può nascere il bene. E' su questo
semplicissimo concetto che è basata l'etica cristiana e cattolica in
particolare, e in base a questo concetto una donna onesta può
diventare una puttana e una puttana, qualsiasi cosa faccia, resterà
sempre una puttana.
Il peccato è sempre in aguato e non c'è salvezza perché il Dio Padre
giudica e non comprende.
Inutile ricordare Gesù e Maddalena, il senso di colpa e di condanna
è superiore a qualsiasi comprensione e accettazione e allora, siccome
saranno condannate nell'aldilà, che facciano una vita d'inferno
anche di qua: che siano rinchiuse in casini per tutta la vita, e quando
saranno vecchie e brutte e nessuno le vorrà più, che queste cicale
crepino lontano da noi formiche laboriose e mai godute.
In un mondo privo di valori, o comunque con una grossa crisi di
valori in atto, l'individuo non sempre comprende se le proprie scelte
sono giuste o sbagliate. La persecuzione rituale della prostituzione
assolve a questa funzione: chi si prostituisce è il male, la parte
malata della società, gli altri sono il bene, la parte sana.
Nella Roma antica quando qualcosa non funzionava si prendeva un
capro e lo si sgozzava agli dei. Era colpa sua se la società aveva delle
disfunzioni, dei difetti, e perciò lo si uccideva. Era un atto simbolico
e anche i presenti lo sapevano; nella società attuale si emarginano
alcuni gruppi di persone per lo stesso motivo, per sacrificarli e poter
dire che se qualcosa non va è colpa loro.

In una società in cui l'individuo non è mai incentivato ad essere se
stesso ma solo ad avere qualcosa, dove è sempre costretto a ruoli
sociali alienanti, perché non esploda, e perché non esplodano le
contraddizioni sociali, vengono riconosciute delle valvole di sfogo,
degli spazi, dei luoghi, delle attività, delle persone con funzione di
parafulmine per la salvaguardia della società.
In questi luoghi viene accettato quello che la società "civile" non
accetta, la violenza gratuita, lo sfogo dell'aggressività repressa: a
questo servono i campi di calcio e le prostitute. L'importante è
salvare le apparenze, l'importante che la trasgressione avvenga in
luoghi predeterminati e codificati e che non si veda troppo in giro.
L'ipocrisia cristiana del "fate come dico, ma non fate come faccio" ha
anche in questo campo il suo utilizzo.
Non per nulla quel gran conoscitore dell'animo umano e del mondo
che fu Boccaccio nelle quattro novelle del Decamerone dedicate a
Calandrino pone come rappresentanti e sostegni dell'ordine
costituito il gabelliere, il prete, il medico e la puttana.

PAROLE DI PUTTANE
"Fai vedere che sei 'bbona,
fai vedere che sei racchia,
prometti follie erotiche,
prometti che non sai far nulla,
fai la dura,
fai la dolce,
fai la volgare,
fai l'intellettuale,
l'importante è che tu sappia che è per questi giochini e per queste promesse
che i polli pagano.
e non sono i soldi quello che cerchi?"
Anonima, Manuale dell'allegra battona
"Amare qualcuno significa volerlo conoscere. E più impareremo a
conoscerci, meglio riusciremo a riconoscere e perfino a integrare
nella nostra vita immaginativa le mille differenze che sono sempre
state utilizzate come dei cunei per separarci."
Con queste parole di Kate Millet si concludeva l'introduzione ad un
teso americano sulla prostituzione scritto nel 1970 a New York in
cui quattro puttane parlavano della loro esperienza. Erano gli anni
dell'autocoscienza femminista e qualche donna esprimeva e
scriveva senza molti pudori quello che pensava della propria
attività. Finalmente le puttane parlavano di se stesse, non erano più
i clienti a dire perché avevano scelto di prostituirsi, ad immaginare
che cosa provavano, ad inventare romanzi d'appendice ove col
melenso romanticismo fine ottocento "la poverina" era indotta alla
strada e pregava Dio perché un poeta la salvasse. Finalmente veniva
abbattuto lo stereotipo della donnaccia perversa che si prostituisce
perché ha voglia di sesso. Finalmente delle donne, delle puttane,
dicevano senza veli quello che pensavano, non quello che gli uomini
e le 'donne oneste' volevano che dicessero e pensassero.
E' sempre difficile trascrivere un incontro verbale, si omette o si
travisa sempre qualcosa. Trascrivere vari incontri e interviste
sarebbe stato impubblicabile perché lungo e noioso. Ho provato a

fare una scelta di frasi e battute prese quasi a caso. E' una scelta mia,
e quindi non interpreta esattamente le idee delle persone contattate,
ma anche l'idea delle persone contattate forse non è esattamente
rappresentativa del mondo della prostituzione femminile. Ho scelto
dei testi e con questi ho ottenuto una macedonia; quando è stata
fatta, pensavo fosse la soluzione migliore. Se non lo è...del senno di
poi son pieni i fossi.
Non siamo un pericolo per nessuno, ma la legge e la polizia
continuano a perseguitarci.....Il cliente che viene con me come si
procura i soldi? Sfruttando altre persone, magari altre donne o la
moglie, perché dovrei avere scrupoli per un porco... Avevo il diritto
di prostituirmi e l'ho fatto...Se qualcuno mi chiede di fare qualcosa
che non voglio fare non lo faccio e basta. Se non gli va bene che
vada via, ce ne sono tanti che aspettano.... Una segretaria se non ci
sta col capo viene licenziata, io se non sto con uno perché non mi
piace non perdo il lavoro...La donna che fa il mestiere è una vittima
dell'istituzione, è lo stato da perseguitare, non noi...Per i soldi, e per
cosa dovrei farlo?...Per molte donne il magnaccia è il principe
azzurro...Da quando ho smesso e lavoro ho pianto un casino, prima
quando battevo non piangevo mai... Se c'è veramente libertà e
uguaglianza perché rompono sempre le palle a noi e mai ai nostri
clienti?...I miei rapporti con gli uomini? Li odio! Certo, li odio.
Come si fa a non odiare chi ti tratta come schiava?... Non avevo
fiducia in me e sono andata con un magnaccia...Finché la legge è
così le donne avranno sempre a che fare con dei ladri: i magnaccia e
la polizia...La cosa peggiore della prostituzione è che ha rovinato i
miei rapporti con gli uomini, non sopporto più che mi tocchino....
Quando scopo con qualcuno scopo e basta, a cosa dovrei pensare?
Che faccia presto a venire così si toglie dalle palle...Chiedere del
denaro a qualcuno sarebbe umiliante, scopare per denaro no, mi
rende indipendente...Ho sempre avuto paura a salire in macchina
con qualcuno, non sai mai come va a finire, mi sento di non
controllare la situazione, preferisco portarli in camera... Gli uomini
raccontano sempre che la moglie non li capisce e allora cercano
comprensione, che palle...Sono indifferente. Indifferente e passiva.
Può scopare il mio corpo ma non riuscrà ad eccitarmi...In un
bordello devi prendere chiunque arrivi e ti scelga, tu non scegli mai,

devi andare anche con uno sporco...Il primo me lo ricordo, ero
impacciatissima, non ricordo neanche quanti soldi ho preso, ha fatto
tutto lui; col secondo invece ho voluto i soldi subito... Alcuni
vogliono che tu goda perché così si sentono uomini e allora devi
urlare e far finta di venire: è una delle cose più brutte perché ti senti
puttana dentro...Un mio cliente faceva l'analista, veniva tutte le
settimane, parlavamo un sacco e poi faceva quello che doveva fare,
mi pagava bene. Del resto anche lui prendeva un sacco di soldi per
ascoltare delle persone dire delle cazzate...Non capiscono come si
possa farlo solo per soldi...Se io fossi sposata non mi preoccuperei se
mio marito va a puttane, scopa con l'uccello, mica con la
famiglia...Non chiedo di essere amata. Voglio solo rispetto, solo
rispetto...Il pappa ti tratta come una merda. gli dai i soldi e ti tratta
come una merda. Io non lavoro più con un pappa...ce l'hanno qui
(indicando la testa) la figa, qui e vengono con te perché sei una
figa...In America e a Amburgo ci sonno i bordelli di stato. Lo stato si
fa un sacco di soldi con le donne. Solo che sei in prigione, non puoi
più uscire, non ti lasciano uscire dal quartiere e se cerchi un lavoro
sei schedata dalla polizia e non trovi mai un lavoro...Il sesso non ha
mai avuto una gran importanza per me e far la puttana era un modo
per far soldi...I poliziotti sanno che ti vendi e te la fanno pagare, ti
stanno addosso finché o gli dai dei soldi o li fai scopare gratis...I
magnaccia non scopano mai con le loro donne, ci deve essere
qualche donna del branco che sta con le altre donne altrimenti
scoppiano. Non puoi micca scopare sempre e non venire
mai...Praticamente sono passata dal convento al bordello...Non
vendi il sesso ma la tua umiliazione...Per comprarmi la roba...Gli
uomini ti disprezzano per quella che ti hanno fatta diventare...Le
impiegate e le infermiere scopano gratis per non perdere il
posto...Batti per comprarti la roba e ti fai per riuscire a battere, ti
restano gli spiccioli per un panino che vomiti quando arrivi a metà:
è una vita di merda...In una settimana prendo più di un prof.
dell'Università in un mese, perché dovrei smettere, e lui si è fatto un
culo così per studiare tutti quegli anni...Mi hanno arrestata assieme
a una mia amica ma conoscevo un avvocato che ci ha fatto uscire
subito, solo che dopo è voluto stare con tutte e due, e l'avevamo
anche pagato...Cosa me ne fregava: ormai avevo perso la faccia con
uno...Mi ha detto "se non smetti ti lascio!" e così ho smesso..E' come

una droga: ti abitui a tanti soldi e non riesci più a fare senza...Ho
cominciato in un bordello, la dritta me l'aveva data una mia amica
che c'era già stata anni prima, tutti lo sapevano che era un bordello e
la polizia veniva tutte le sere a prendersi la busta. C'erano tre
bordelli in quel paese, uno con le orientali, uno con le brasiliane e
uno con noi italiane...So di un pappone che una volta ha ammazzato
una tossica con una dose di ero pura e poi se l'è scopata davanti agli
altri pappa....Mi piacciono i vestiti nuovi, le cose belle e costose...Ci
sono uomini che non ce la fanno con la moglie e ce la fanno con la
puttana...Fare la puttana bene è difficile perché non si vende una
prestazione, devi vendere l'anima...Ci sono quelli che ti dicono dei
nomi per umiliarti e per sentirsi più forti...I pulotti, i giudici, i
magnaccia sono tutti uguali, tutti vogliono solo i tuoi soldi...Viene
con me perché così non si deve legare con nessuno...Il sesso e i soldi
sono le cose che premono di più a tutti e che fanno più paura a
tutti...Siamo in affari. Un periodo va bene un altro periodo va meno
bene. Siamo dei liberi imprenditori che rischiamo del nostro e non
sfruttiamo nessuno...A me fanno pena, costretti a pagare qualcuno,
dev'essere avvilente...Per quanti soldi abbia una puttana la più
sfigata donna 'onesta' ha qualcosa che la puttana non ha...Siccome
nessuno lo prende sul serio l'aspetto legale della prostituzione è una
buffonata... Forse perché sono sempre stata pigra...Se hai un sacco di
uomini non dipendi da nessuno in particolare, sei libera. Se sei
sposata o hai un amante che ti mantiene dipendi sempre...C'è gente
che va sul marciapiede per avere delle sensazioni o per sfidare
chissà cosa...La prostituzione, l'omosessualità e l'aborto sono tre
cose che toccano tutti ma nessuno ne parla tranquillamente...La
squillo adesso lavora col cellulare e anche la ruffiana ha il cellulare
per farsi chiamare e per chiamare le ragazze del giro...E' come se il
sesso fosse una cosa sporca e possano godere solo con qualcuno che
sta più in basso di loro...Non è vero che la prostituzione aumenta la
droga; è che per battere alcune devono farsi, non tutte riescono a
estraniarsi da quello che stanno facendo senza roba...In Thailandia
le donne dei bordelli sono costrette a fare venti, trenta marchette al
giorno; la Thailandia è il più gran bordello del mondo. Hai capito
perché preferiscono venire a battere qui?... Lui mi invitava a cena e
io ci andavo a letto, poi ho finito gli ultimi soldi...Forse perché ho
una gran confusione su tutto quello che riguarda il sesso che riesco

a far lavorare (battere)...C'é chi viene perché alla moglie non piace
fare i bocchini...Adesso che sono uscita è un mondo che mi fa
schifo...Mi piaceva un casino scopare e lo facevo con tutti poi ho
cominciato a farlo per soldi. Adesso non mi attira nessuno...Se una
vuole lavorare ha bisogno di un uomo che la protegga dagli altri
uomini, sì un magnaccia, i migliori sono bravissimi in ogni traffico,
sarebbero degli ottimi banchieri...Se esco con qualcuno che mi offre
tante cose per scoparmi mi incazzo: preferisco che mi dica subito
quel che vuole e che mi dia i soldi direttamente...Mi piacciono i
romanzi d'amore dove sai già come andrà a finire...Non vorrei che
mio figlio facesse il prete però delle volte vado in chiesa...Era un
magistrato, arrivava in macchina, mi faceva bere una lattina di coca
cola e andava via. Dopo un'ora tornava, metteva per terra un dado
da gioco e mi diceva di pisciarci sopra, poi lo raccoglieva con un
fazzoletto e lo metteva in tasca. Cento carte per una pisciata!...Il
fatto è che la prostituzione è accettata da tutti. La polizia si muove
solo per finta, per mantenere la facciata...Il matrimonio stanca e
allora vanno a puttane. Anche nei casini cambiano sempre le
ragazze per non annoiare i clienti...Mi piace mangiare e bere bene e
si vede...Se lo fai una volta lo diventi: è per questo che è facile
restarci dentro...E' difficile trovare uno che sopporti che la propria
donna vada a scopare con tutti...Dico sempre che sono stati favolosi
e che hanno un cazzo splendido, ma come fanno a credermi...Se
porta una ragazza fuori spende soldi per la cena, per la disco, per il
bar e alla fine non sa se lei ci sta. Con una puttana non ci sono rischi
e sa dall'inizio quanto spende...Mi fanno ridere quelli che dicono
"sei una ragazza fantastica, ti voglio sposare", ma non posso mica
ridergli in faccia...Loro pensano di comprare ma io non mi sento
così indifesa e venduta anzi sono sempre io che controllo la
situazione e se voglio posso sempre dire basta...C'è qualcosa di
possessivo e perverso negli uomini che vogliono convincere le
puttane al matrimonio, come in quelli che vogliono convincere le
suore ad andare a letto...Anche se ti dicono di picchiarli, di frustarli
sono sempre loro che comandano perché a me non verrebbe mai in
mente di frustare uno che mi paga...Se si potesse parlare
tranquillamente con la gente di quello che facciamo senza sentirsi
giudicate sarebbe più facile lavorare e anche smettere...La squillo
non lo fa per campare ma per prendere un totale di soldi. Fanno

parte del sistema capitalistico e si comportano da capitaliste: il
massimo utile col minimo investimento. Sono le povere, le africane e
le tossiche che fanno il marciapiede...Ho sofferto e sono stata
umiliata molto più in altre situazioni...Non capisco perché. Ci sono
tante donne che uscirebbero con degli uomini, le trovi dappertutto;
anche donne carine, ma (gli uomini) preferiscono andare a
puttane...
A Bologna su circa un centinaio di transessuali solo una decina vive
di un'attività lavorativa, una ventina arrotonda i proventi di
un'attività lavorativa con la prostituzione e il restante vive dei
proventi della propria prostituzione.
No! no assolutamente, io non vado coi gay, io vado con gli
eterosessuali... Io ciò la figa in mezzo alle gambe...Quando un uomo
viene con una trans gode di più...La bocca è la più
richiesta...Sognano l'ermafrodito...La trans si eccita, non è passiva
come la puttana e questo l'uomo lo sente...C'è una legge che obbliga
le aziende ad assumere un handicappato ogni tanti dipendenti, le
trans non le vuole assumere nessuno, perché non fanno una legge
che obbliga ad assumere anche i transe?...Per me i clienti sono
omosessuali che non vogliono ammetterlo neppure a se
stessi...Troppa femminilità guasta, l'uomo preferisce l'ambiguità,
l'incertezza...Voleva farlo senza preservativo ma ho visto che aveva
l'anello e gli ho detto che era un porco e un criminale e che aveva
dei doveri di salute verso la sua famiglia e l'ho mandato via...Coi
brasiliani e' una guerra tra poveri, a volte sono uomini normali che
si fanno siliconare tette e culo, vengono in Italia a battere per due o
tre anni poi si fanno togliere le tette e il culo e tornano a casa dalla
famiglia; ma chi ci guadagna é l'organizzazione... Mi vengono
dentro dietro e mi toccano le tette, mi vogliono toccare tutta...A me i
gay fanno schifo, ci sono andata solo due o tre volte perché ero
proprio stesa...Vogliono il vestito da donna e il pistolino, e io ce
l'ho...Le vere donne, quelle che gli uomini sognano, siamo noi...Il
vero problema sono le straniere, arrivano di contrabbando, non
usano profilattici, non si curano perché non hanno neanche il
libretto sanitario...Qui a Bologna facciamo i bocchini con un dito
dietro e vengono dappertutto per questo...C'é quello che viene con

te dieci, venti volte e ti chiede sempre le stesse cose ma quando con
un gesto o una parola fai vedere che l'hai riconosciuto non viene
più, si vergogna...Vuole pensare di andare con una donna ma sa che
non è così...Ci sono quelli che mi vorrebbero sposare ma io li mando
via, non sono mica innamorata di loro...I Brasiliani hanno distrutto
il mercato, prezzi bassi, malattie e volgarità. Che bisogno c'è di farsi
vedere nudi...Ormai sulla strada ci siamo solo noi trans e quelle del
terzo mondo più le sfigate dell'est e qualche tossica...Il gay cerca il
maschio non la trans...
La prostituzione transessuale come si vede è un'altra copia della
prostituzione femminile con la differenza che l'oggetto del desiderio
è un essere dalle sembianze femminili che conserva però alcune
valenze maschili tali da renderlo più coinvolto emotivamente e
fisicamente della donna nel rapporto mercenario. Essendo in tutto o
in parte un prodotto confezionato è costruito in base a ciò che
l'uomo vuole, sia nel fisico che nella mente. Il corpo viene modellato
in modo da assomigliare alla top model del momento o ad una
particolare attrice. Il modello di donna ideale della trans è quello
attualmente richiesto dall'uomo, perché chi meglio di un ex uomo
conosce questi desideri? L'ideale femminile che la donna ha di se
stessa invece è ancorato ai modelli materni e sociali tramandati
attraverso i secoli, accettati o rifiutati ma sempre vecchi e
conflittuali, che portano la donna ad essere spiazzata rispetto alle
richieste maschili. Resta da vedere se e in che modo sia giusto
soddisfare con realtà virtuali queste richieste, ma questo è un altro
problema.
La transessuale è nata e si sente sempre un pò maschio e per
provare a se e agli altri la propria condizione di donna ricorre a
cure estetiche per rinsaldare la propria immagine di donna. Cosa
può confermare di più la propria sessualità di essere ferma su un
marciapiede e vedere un'auto che arriva lentamente con un uomo
alla guida e, dopo aver guardato tutte le donne e le trans precedenti,
si ferma e chiede di salire? L'essere scelte significa anche essere
scelte perché donne. Ogni volta che si viene scelte è un esame di
femminilità riuscito.
"Batto il marciapiede, con altre venti trenta transessuali. Sono
desiderata. Mi esibisco al femminile. Fernanda, ed è spettacolo." (1)

Secondo vari sessuologi e psicologi la richiesta di rapporti con
transessuali nasconde una omosessualità latente e un non amore per
sè. Prendendo per valide queste affermazioni si può dedurre che le
strade con transessuali e file di auto in attesa dimostrano
l'impossibilità dell'accettazione di se stesso di un gran numero di
persone e la tendenza omosessuale di una società che non vuole
ammetterlo neppure a se stessa.
Che cosa succederebbe se uomini vestiti da uomini si prostituissero
ad altri uomini? Sarebbe un trauma, un irrisolvibile disordine
sessuale e morale, la crisi se non il crollo di una civiltà. Meglio i
transessuali e gli uomini travestiti da donna: è sempre una donna
che si vende, i ruoli sono salvi e l'omosessualità della società è
sempre nascosta.
nota a Parole di Puttane
1) Farias de Albuquerque F.
Princesa, Roma, 1994, Sensibili alle Foglie

PAROLE DI PUTTANIERI
"Deh puttane a me, che cent'anni pofs'io andar bordellando, per lo mondo"
Pier del Nero: Libro dei motti, Testo a penna
Chiedete ai vosti conoscenti e amici se vanno a puttane, avrete
pochissime risposte positive. Sembra che nessuno abbia mai avuto
rapporti mercenari. E dire che secondo una semplicissima legge di
mercato ci sono senz'altro più acquirenti che venditori! Qualche
persona anziana parla tranquillamente dei casini, ma fra i giovani e
le persone di mezza età c'è la negazione, soprattutto tra le classi
sociali più "in". E' più facile sentir dire da un camionista che va a
puttane piuttosto che da un rappresentante, è più facile
l'ammissione da parte di un operaio che del dirigente d'azienda. E
non perché uno va a puttane sui viali e l'altro non va a puttane.
Ci sono agenzie volanti che reperiscono clienti tramite annunci su
giornali e riviste lasciando come recapito un numero di telefono. Ho
contattato una donna che gestiva uno di questi numeri. Un cliente
chiamava richiedendo una ragazza con certe caratteristiche fisiche e
per certe prestazioni e lei prendeva nota del numero del cliente, si
accordava sul prezzo e l'ora poi telefonava alla ragazza, spesso fuori
città, le passava l'informazione e il numero di telefono del cliente; la
ragazza avrebbe poi telefonato per conferma e avrebbe passato una
percentuale alla donna per il servizio di procacciatrice d'affari o
mezzana che dir si voglia.
Sembrava un operatore di borsa, aveva continuamente sia il
telefono normale che il cellulare in mano.
In tutta Italia abbondano società di servizi specializzate in forniture
di hostes e accompagnatrici. Queste agenzie spesso non sono altro
che degli uffici di collocamento per prostitute. Chi desidera una
ragazza per una cena d'affari o per accompagnare un cliente
durante una visita della città si può rivolgere a queste agenzie. Tutti
sanno che il contratto prevede anche prestazioni extra lavoro
ufficiale, ma nessuno ne parla mai, è sottinteso. Le ragazze fornite
sono sempre di bell'aspetto e con una certa cultura, parlano varie
lingue e spesso sono laureate o laureande. E' noto che è più facile
concludere un affare attorno ad un tavolo da pranzo che in un

ufficio, e chi è esperto assicura che è ancora più facile concluderlo
attorno ad un letto con l'offerta di una o più ragazze al dio
commercio; e poi è tutto fatturabile e si può scaricare l'Iva.
Le persone provenienti dalla cultura del casino parlano del bordello
come di un posto dove si formava l'uomo, dove ci si divertiva e
tutto era legittimo. La moglie a casa per i figli e il bordello per
l'uomo. Era così e basta, nessuno metteva in discussione
un'istituzione secolare. Con l'abolizione del bordello di stato sono
nati i bordelli privati e segreti, segreti di pulcinella ovviamente, ma
non sono la stessa cosa: quello che manca è l'ufficialità che garantiva
di fare qualcosa accettato da tutti.
Andare a puttane adesso è riprovevole, ci sono sensi di colpa, lo si
fa di nascosto o con pochi amici fidati, si sente che la morale
comune non lo accetta come accettava una volta il bordello.
Sì ci vado ogni tanto quando facciamo una cena con amici...Quando
mia moglie mi rompe...La prima volta ci sono andato con mio padre
e mio fratello, avevo sedici anni e mio fratello uno in più, mio padre
ne ha parlato con mia madre poi siamo usciti e siamo andati a casa
di una puttana che batteva alla Fiat...Mi sono sposato e dopo un
mese mi sono separato. Ho pagato un miliardo per la separazione.
Se pensi che l'avrò scopata dieci volte mi è costata cento milioni a
botta. Neanche la Schiffer costa tanto; adesso vado a
puttane...Quando sono incazzato...Mia moglie non mi vuol mai far
dei bocchini...Quando andavo in trasferta per la ditta andavo con
una donna e poi mettevo un biglietto nella lista delle spese: pulizia
martello lire tot. La segretaria le prime volte mi chiedeva cos'era e io
le dicevo paga e non ti preoccupare, poi si vede che ha capito perché
non l'ha chiesto più...Una volta che ero ubriaco e se ci penso sto
ancora male...Al casino c'era una stanza tutta per noi, ci si andava
sempre quando chiudevamo il giornale...Con mia moglie è sempre
la solita minestra, allora...Ho un mini appartamento vicino al centro
e circa una volta alla settimana ci porto una che trovo con le agenzie
o gli annunci, non vado certo sui viali...Io si; perché, lei non ci
va?...Da giovane un paio di volte...Il rapporto sessuale per me è
sempre stato un pò un dramma...Che poi paghi, ma lo sai prima,
mentre con quelle che non paghi alla fine ti costano di più...Ci sono
andato una volta ma quando sono venuto via ero così triste, per lei,

ma soprattutto per me...Ti fermi, quanto vuoi, in cinque minuti fai
tutto. Non ho mica tempo da perdere io...Sono sempre andato dalla
stessa, abitava in Mirasole, tante volte l'andavo solo a salutare o a
fare due chiacchere, delle volte sono rimasto anche a mangiare...Ci
vado e basta...Mia moglie non vuole nel culo ma io ho trovato una
troietta che...La prima volta che sono andato con una donna è stato
con una puttana...Quasi tutte le settimane con una che ho trovato al
telefono...Con mia moglie sto bene, è una brava donna, ma che
palle. Almeno così cambio qualcosa.

Le DONNE CLIENTI
"Godere pagando è godere senza peccato"
Proverbio spagnolo
Sui prostituti per donne la cultura italiana non si è mai scoperta
molto, eppure da quando Tennessee W. scrisse "La primavera
romana della signora Stone" nessuno poté più non credere a quanto
i bagnini e i vari ragazzotti a contatto con il mondo turistico già
sapeva per esperienza vissuta: le irreprensibili signore americane e
nordiche trovavano nell'amante latino (spagnolo, italiano o greco) lo
sfogo alle passioni sopite da una vita di repressioni, e per soddisfare
il proprio sesso e sublimare i propri sensi di colpa pagavano anche.
Dopo la carta stampata fu il turno del cinema con il non sempre
fortunato "Uomo da marciapiede" e con il mitico "American gigolò" ed
infine capitò sulla poltrona televisiva di Maurizio Costanzo
"l'italian gigolò": Jack il Selvaggio, al secolo Cesare Cremonini.
Se indagare sulla sessualità maschile a pagamento è un'impresa non
sempre semplice, avere dichiarazioni dalle donne che fanno uso di
prestazioni sessuali a pagamento è quasi impossibile, eppure alcuni
casi ci sono, ma perché questa gran differenza numerica tra maschi
e femmine? C'è chi la giustifica come dovuta a una differenza
ormonale e chi vi vede la conseguenza di secoli di dominazione
culturale maschile. Nessuno ha ancora la soluzione a questo
dilemma ma almeno la domanda è stata formulata.
Mio marito una volta ha portato a casa una donna, immagino fosse
una prostituta, e siamo andati a letto assieme...Stavo con un ragazzo
e abbiamo telefonato a una massaggiatrice...Abbiamo telefonato a
un numero su una rivista e si è presentato a casa questo
tipo...Mentre gli facevo un bocchino Carlo mi fotografava...
Inutile, a quanto pare nessuna donna va a uomini o a donne
autonomamente, eppure da alcuni anni i gigolò sono disponibili in
alcuni locali di Bologna, e ultimamente anche sui marciapiedi. Chi li
frequenta? E perché?

Parole di PUTTANI
"Le puttane piangono con uno ( occhio), le maritate con dui, le moniche
con quattro... Non sai tu, poveretto, che noi puttani (vò dir così) abbiamo
sempre il riso in mano e nell'altra il pianto?"
Aretino 20.123
...Tante coccole, e carezze...Lavoro per una agenzia di sicurezza, ma
è solo una copertura, abbiamo un giro di signore perbene che
chiedono un accompagnatore per un pomeriggio o per una sera per
andare in giro in macchina o al cinema. Dicono sempre che è per
motivi di sicurezza personale che vogliono un uomo, ma si sa
dall'inizio che è per scopare...Ci vuole un minimo di coinvolgimento
altrimenti non viene neanche duro...So tre lingue, ma se avessi tre
lingue...Ho lasciato dei biglietti da visita in vari alberghi d'Italia e
chi mi vuole mi telefona... Io vado con le donne ma un paio di volte
per fare un pò di grana sono andato anche con dei
finocchi...Vogliono baci, carezze, essere baciate e leccate...Sono
pagato dall'agenzia a ore e poi ho le mance...Quando una mi
telefona le chiedo cosa vuole, fin nei minimi particolari, quasi la
faccio venire per telefono, ma così vado sul sicuro...Una agenzia che
fornisce accompagnatori e accompagnatrici...

CASE CHIUSE
"Vedete questo puttaniere del mio marito a che ora torna a casa?"
Libro dei sette savi. 43
Come abbiamo visto la storia è piena di esempi di case chiuse, o
bordelli, o lupanari, o case di tolleranza che dir si voglia e
nonostante in Italia siano state abolite da svariati decenni ci sono
ancora parecchie persone che in perfetta buona fede sostengono che
le case chiuse sarebbero da ripristinare. I motivi ammessi durante le
interviste sono solitamente tre: controllo delle malattie, liberare le
strade dallo spettacolo osceno di donne e travestiti, dare a quelle
povere persone un posto dove poter lavorare senza prendere
freddo.
La seconda e la terza risposta sono per me le due facce della stessa
medaglia, i "perbenisti" e i "socialisti", entrambi preoccupati, con
motivazioni diverse, di far sparire la prostituzione dalle strade,
lontano dagli occhi e dal cuore.
La prima risposta è comune a tutti ma è una risposta sbagliata.
Già dal 1934 la Società delle Nazioni dopo un'inchiesta condotta in
quindici grandi città europee e in quattordici nazioni extraeuropee
poteva sentenziare che "ovunque sono state chiuse le case di
tolleranza non è stato riscontrato nessun aumento di malattie"(1) che
equivale a dire che senza dubbio la prostituzione libera non è dal
punto di vista sanitario più pericolosa di quella controllata in case
chiuse.
Un'altra organizzazione dell'ONU, l'Association for moral and social
Higiene, in un'indagine che ha coinvolto varie nazioni per un lungo
periodo e che ha raccolto dati in tempi normali senza epidemie o
guerre dimostra che le nazioni ove sono ammesse le case di
tolleranza hanno una percentuale di lue enormemente più alta di
quelle in cui la prostituzione non è controllata. Riporto alcuni dati
inequivocabili pubblicati nel 1952: Olanda 1,06 su diecimila
abitanti, Norvegia 1,5 su diecimila, USA 4,5 su mille, Italia 1,5 per
cento. Per comprendere meglio va detto che in Olanda e Norvegia le

case di tolleranza erano state abolite da 30 e 50 anni, negli Usa erano
ancora presenti in alcuni stati, in Italia erano ancora in vigore.
Mi ha particolarmente colpito vedere come sia le donne che gli
uomini siano favorevoli alla riapertura delle case chiuse.
Per l'uomo il bordello ha sempre rappresentato un luogo caldo e
protettivo, un luogo ove si era iniziati al sesso, una sede per il rito di
passaggio all'essere uomo, un posto goliardico dove andare in
gruppo a scopare e a vantarsi delle proprie doti sessuali, un luogo
insomma dalle molteplici valenze positive.
Per la donna il bordello dovrebbe rappresentare, secondo la mia
logica, il posto dove altre donne sono costrette a vivere in situazioni
di violenza e schiavitù, un posto quindi che per un senso di
"sorellanza" dovrebbero odiare, e invece no. Per la donna italiana è
il posto dove il marito può andare a sfogarsi senza preoccuparsi che
si innamori perché cambiano continuamente donne e "là" si va solo
per scopare. Nel bordello il marito può dare libero sfogo alle proprie
fantasie sessuali e smettere di rompere alla moglie che non ne vuol
sapere di "fare così". Il bordello poi è la palestra sessuale dove si
forma il figlio maschio e per il senso di "mammismo", potenza
cubica del complesso d'Edipo della donna italiana, il senso di
salvaguardia e di protezione del figlio arriva a sacrificare altre
donne all'altare della felicità della creatura.
La donna italiana è nemica delle altre rappresentanti del proprio
sesso: preferisce sacrificare alla schiavitù migliaia di donne pur di
salvare le apparenze di un matrimonio e di trovare uno sfogo alle
esigenze prematrimoniali del figlio.
Non si studierà mai abbastanza l'influenza della chiesa cattolica
nella formazione della morale dei paesi latini; la donna nel sud
Europa è o un oggetto di piacere o un oggetto intoccabile da riverire
e servire: o una figa da scopare o un soprammobile da accudire in
tutto perché da sola non sa neppure aprire una porta o attraversare
la strada. O donnaccia da oltraggiare o pulzella da riverire: in
entrambi i casi, un oggetto nelle mani di un cavaliere cui è rimasto
solo il cavallo dei pantaloni.
Insomma il bordello è richiesto, se ne sente la mancanza, e poi con
questa storia delle malattie ormai non se ne può più fare a meno.

Sembra incredibile ma sono le stesse motivazioni stupide e
infondate che venivano mosse dagli oppositori della legge Merlin.
Da oltre un secolo è chiaro che spesso alla base della scelta di una
persona di prostituirsi c'è la miseria. Non solo la miseria nera
descritta da I Miserabili , ma anche la miseria morale, la miseria della
violenza, della sopraffazione, la miseria di chi vive una vita priva di
soddisfazioni, priva di incoraggiamenti e comprensione, la miseria
provocata dall'insofferenza di aspettative di vita mai raggiunte. Un
rapporto ministeriale della fine 1993 calcolava in dieci milioni i
poveri in Italia. Chiaramente non sono i poveri che vivono nelle
bidonville, ma sono poveri perché vivono nel contrasto e al di sotto
di ciò che si sa possibile e ciò che effettivamente si vive. Inutile
ribattere che si sta pur sempre meglio di una volta; la gente vive nel
presente, non nel passato.
Giustamente Tammeo dichiarava che "la cattiva ripartizione della
ricchezza è la causa di questo male sociale" (2), ma la sola
motivazione economica non è sufficente. Finché si avranno diversi
standard di vita fra i vari gruppi sociali e qualche persona non
riuscirà a raggiungere gli standard proposti dai mezzi di
comunicazione assisteremo inevitabilmente al formarsi in alcuni
individui del desiderio di opporsi alle convenzioni sociali, di
evadere da una situazione frustrante.
Quando una persona si trova in fondo ad un vicolo cieco da cui non
può razionalmente fuggire in nessun modo ha solo due alternative
per non essere annientato: implodere o esplodere. Se implode
compie atti contro se stesso, suicidio, droga, alcolismo, autismo,
abbrutimento...se esplode compie atti contro altri, violenze, omicidi,
rapine...Tra i tanti mali derivanti da una disarmonia sociale la
prostituzione è senz'altro uno dei mali minori.
note a Case Chiuse
1) L'abolition des maisons de tolerance, Ginevra, 1934, pag. 101
2) Tammeo G., La prostituzione. Saggio di statistica morale, Torino, 1890

PROTETTORI
Nobody ever taught you how to make it on the street
now you'll have to get used to it
(nessuno ti ha mai insegnato come farlo per strada
ora ti ci devi abituare)
Bob Dylan "Like a rolling stone"
Nell'iconografia classica della prostituzione ogni puttana ha un
protettore di cui lei è enormemente innamorata mentre lui, il duro,
il macho, pensa solo a fumare, a bere e a farsi delle storie con altre
donne portandole in locali di lusso. Il rapporto è chiaro: il protettore
prende i soldi dalla puttana innamorata e in cambio le da due
schiaffoni per sedare le sue crisi di gelosia. Nella realtà italiana degli
anni novanta non è così.
La legge italiana non prevede la figura del protettore ma quella
dello sfruttatore e quella del favoreggiatore, entrambe punibili.
Da quello che risulta sia dai nostri incontri che dai libri scritti da
prostitute, la puttana cerca sempre la rispettabilità, la vita
"normale", un marito, una casa, dei figli; sogna di vivere in una
telenovela dalle infinite puntate condita con la felicità delle
pubblicità televisive.
E' un sogno umano e come tutti gli esseri umani anche una
prostituta a volte si innamora. Se l'amore dura a lungo è facile che le
due persone decidano di convivere e che una aiuti l'altra anche
economicamente. Per la legge questo è sfruttamento mentre per il
solo fatto che l'uomo amato non ostacoli il "lavoro" di prostituzione
è favoreggiamento.
Se una prostituta ha un rapporto sentimentale e coabita con un
operaio la differenza economica di reddito dei due sarà enorme e
anche se il poveretto non sa neppure che lei in due sere guadagna
come lui in un mese sarà considerato uno sfruttatore. Parliamoci
chiaro: persone così invece di essere considerate dei "protettori"
andrebbero protette.
Chi invece non ha problemi di fronte al pericolo di una condanna
per favoreggiamento è chi vive normalmente compiendo reati ben
più gravi: ad un rapinatore il reato di favoreggiamento fa il

solletico, e perciò le prostitute sono indotte dalla legge a cercare i
propri partners nel mondo della delinquenza.
La legge Merlin applicata in questo modo non fa che ostacolare il
cambiamento sociale di chi si prostituisce e mantiene la
prostituzione a contatto stretto col mondo della malavita.
Storia di normale delinquenza bolognese:
"Eravamo stati al mare e ci erano rimaste trenta carte allora col
vespino siamo andati sui viali a cercare una puttana. Siamo andati
da un sacco ma non ci cagavano neanche, figurati in due di sedici
anni su un vespino! Alla fine abbiamo trovato una negra che non
capiva neanche l'italiano, le abbiamo fatto vedere le trenta carte e ci
siamo messi d'accordo per due pompini. Lei andava a piedi e noi di
fianco sul vespino fino a un posto dietro i giardini. C'era una rete e
io mi sono appoggiato con la schiena alla rete, in piedi, e lei ha
cominciato di bocca mentre il mio amico aspettava, solo che dopo
mezz'ora eravamo ancora lì, io non venivo mai, sai in piedi, col mio
amico li, e lei che ogni tanto piangeva...si piangeva e diceva 'questo
non è lavoro, questo non è lavoro'...e allora io mi incazzavo e le
dicevo 'taci troia che poi ti diamo trenta carte'. Solo che il mio amico
si è stancato di aspettare - sai è fatto così lui, quando gli gira è così, è
un bravo ragazzo ma quando gli prende male non c'è niente da fare-
e siccome lei era piegata in avanti per farmi una pompa lui le ha
alzato la mini per farsela da dietro. Lei ha mollato l'uccello e si è
messa a dire 'no! No!' ma lui aveva già pronto il coltello e glielo ha
aperto con lo scatto sotto al naso. Si vede che ha capito subito che
tipo era perché si è rimessa il mio uccello in bocca e il mio amico se
l'è scopata in piedi mentre mi faceva una pompa. Oh! è venuto
prima lui! Poi le abbiamo preso la borsetta perché pensavamo che ci
fossero un sacco di soldi invece c'erano solo venti carte... Si ho i
capelli corti ma non sono uno skinheads, sono un naziskin.."
Da questo racconto, oltre a tante altre cose, si possono capire un
paio di cose importanti:
1) la donna è una africana arrivata da poco in Italia per lavorare e
invece del lavoro promesso si trova a prostituirsi,
2) la donna è una sprovveduta e non ha nessuno che la protegga
anche solo da due minorenni violenti.

Come è possibile che una donna che parla solo il proprio dialetto
parta da un villaggio africano, arrivi in una città, faccia i visti alle
ambasciate e i biglietti, vada all'aeroporto, salga sull'aereo, arrivi ad
un altro aeroporto e da qui a Bologna dove sa già dove andare a
dormire, a mangiare e in quale tratto di viale andare a battere?
Provate a fare il viaggio inverso: chi saprebbe partire da casa
propria e raggiungere il villaggio di questa donna senza conoscere
altra lingua che il proprio dialetto e, arrivato al villaggio, saprebbe
dove andare a dormire, mangiare e dove lavorare? Nessuno!
Ci deve essere un'organizzazione dietro tutto questo, una o più
organizzazioni che gestiscono la tratta delle donne, africane,
thailandesi, del sud america o dell'est europeo, dal villaggio
d'origine al viale. E' la nuova tratta delle schiave che non usa mezzi
violenti ma adesca col miraggio di un lavoro e poi obbliga a
prostituirsi sotto il ricatto del rimpatrio e la paura della polizia,
perché ovviamente tutte queste donne sono in Italia
clandestinamente, senza documenti o coi visti scaduti.
Questi sono i nuovi "protettori", i veri "protettori", quelli che
gestiscono un branco di donne cercando di sfruttarle al massimo,
non preoccupandosi minimamente di quanto possa capitare loro
tanto un'africana nuova costa poco, scambiandosele per rinnovare la
merce, investendo i guadagni in traffici di droga e armi e lavando il
denaro sporco in immacolate lavanderie chiamate banche,
finanziarie, fiduciarie, istituti di credito...
Come è possibile che in Emilia Romagna ci siano più finanziarie che
parrocchie!!
Non nascondiamoci dietro un dito, il mondo dello sfruttamento
della prostituzione e del riciclaggio del denaro sporco è davanti agli
occhi di tutti.

I SOLDI
"Ne a puttana, ne a barbiere non dar mai più che il dovere."
Proverbio del '500
Attorno alla prostituzione circolano molti soldi, anzi moltissimi. Del
resto se non circolassero soldi si avrebbero dei rapporti sessuali
indiscriminati, frequenti, con varie persone, ma non sarebbe
"prostituzione".
Secondo un rapporto Ispes il giro d'affari che coinvolgeva
minorenni utilizzati per prostituzione, video e riviste har-core era di
600 miliardi nel lontano 1987. A questa criminalità organizzata che
riesce a far vendere mediamente 1000 riviste porno alla settimana
ad ogni edicola e che, secondo l'Unicef, fa arrivare in Europa due
milioni di bambini e minorenni ogni anno per avviarli alla
prostituzione, va aggiunta la prostituzione di centinaia di migliaia
di adulti che dai viali alle pagine dei giornali, dai telefoni alle
televisioni offrono prestazioni di carattere sessuale in cambio di
denaro.
Secondo alcuni studi la prostituzione adulta in Italia nel 1987 era di
circa un milione di persone di cui il 10% di colore, nel 1988 la
percentuale di immigrati era salita al 30%, nel 1994 ormai il mercato
dei viali è occupato quasi totalmente da immigrati africani, sud
americani, asiatici e dell'est europeo. Sparuti gruppi di italiane,
transessuali e tossicodipendenti, occupano gli ultimi posti liberi. A
questo boom di offerta terzomondista si è sovrapposto negli ultimi
anni un nuovo livello di sfruttamento. Chi si prostituisce è spesso
incentivato dalla propria organizzazione a vendere eccitanti per
stimolare maggiormente i clienti unendo così il mercato della
prostituzione con quello della droga. La grossa massa di denaro
guadagnata viene poi investita nel traffico d'armi e munizioni di cui
le ultime guerre tribal-nazionaliste hanno grande bisogno.
Come un perfetto bancario il crimine organizzato non si lascia
sfuggire la minima possibilità di far soldi sulla pelle altrui.

Si è proposto da più parti di tassare il reddito da prostituzione
considerando che è pur sempre una forma di reddito. La legge
proibisce qualsiasi forma di schedatura per prostituzione e quindi
chi vuole prostituirsi non ha forse altra alternativa che farsi
attribuire una partita Iva, rilasciare scontrini fiscali ai clienti e
presentare la propria denuncia dei redditi con una serie di
"prestazioni occasionali e continuative". Un assurdo? Se lo si
considera tale significa che non si è ancora accettato che la
prostituzione sia un'attività legale come è da 35 anni. E' ora di
svegliarsi. E' chiaro che lo stato deve garantire la dignità di
lavoratore anche a chi si prostituisce, difenderlo da sfruttatori e
dare la caccia a quelle forme di criminalità organizzata che
gestiscono la moderna tratta degli schiavi e delle schiave. Ma per far
ciò serve una volontà politica e morale chiara e la possibilità di
opporsi a poteri economici in grado di far saltare uomini e governi.
I clienti pagano, le poche clienti pagano, ma perché queste persone
pagano per far del sesso?
Seguiamo per un momento un cliente. Arriva, chiede il prezzo per
una prestazione, carica la donna in macchina e seguendo le sue
indicazioni si ferma in un'area appartata, paga, si slaccia i pantaloni,
lei gli manipola un pò il pene e gli mette il preservativo, si
accomoda sul sedile e con una mano guida pene e preservativo nella
vagina, l'uomo si agita, gode, preservativo fuori dal finestrino,
chiusura dei pantaloni, riconsegna della prostituta al marciapiede. Il
tutto in dieci, quindici minuti.
Ma come si fa?!!
Io non ci riuscirei mai; ho sempre avuto dei grandi problemi col
preservativo e in macchina nonostante il buon impegno delle mie
morose non ho mai concluso niente: è tutto stretto, scomodo,
insomma il sesso in auto non è per me.
Invece sembra sia l'ideale per milioni di persone disposte persino a
pagare.
Evidentemente come c'è chi preferisce un hamburger in un
puzzolente fast food a un piatto di tagliatelle servito in casa davanti
al camino, così c'è chi preferisce un fast sex a un rapporto bello,
comodo e tranquillo con la propria donna. Ma forse ciò non è del

tutto vero. Tutti sognano la bella amoreggiata e la buona tavola, ma
spesso si è costretti a ricorrere ad altro. Perché?
C'è chi non riesce ad aspettare per pochi minuti il proprio piatto
fumante e mangia nervosamente e avidamente pane, grissini e tutto
ciò che trova a portata di mano, e c'è chi decide di digiunare
tranquillamente per uno o più giorni e quando si siede a tavola
mangia senza voracità. C'è chi mangia per tutta la vita riso e
lenticchie ed è felice e chi non sopporta due piatti uguali in una
settimana. Indubbiamente il mondo degli appetiti gastronomici è
vario e quello degli appetiti sessuali non è da meno. Questione di
carattere? Di ormoni? Di educazione? Di cultura? Sono domande
che riguardano più prettamente altre sfere e che sfiorano solo la
problematica della prostituzione.
Quello che qui mi preme osservare è che spesso tutte queste
manifestazioni considerate di esuberanza e vitalità in effetti
nascondono tensioni, timori, rapporti irrisolti col sesso, con gli altri
e con se stessi. Una persona pienamente realizzata è serena e
attende a lungo, sorridendo e chiaccherando, di mangiare un piatto
uguale a quello dei mesi precedenti; una persona arrabbiata con se e
col mondo divora tutto quello che le passa a tiro, dalle proprie
unghie al pane del tavolo vicino. Chi è felice di sé è sereno e
trasmette serenità, chi non è felice di sé deve riempire il vuoto della
propria infelicità con cose, oggetti, alimenti, sesso.
Siamo in una società che per riprodursi deve continuamente
consumare e produrre per poi riconsumare e aumentare il capitale.
La cultura dominante privilegia l'avere all'essere perché meno si é
realizzati, meno si é felici e più si vuole avere: ci riempiamo di
prodotti di consumo illudendoci di diminuire il nostro vuoto
interiore e aumentando invece la nostra insoddisfazione. Che
differenza con quel maestro zen che quando sorprese un ladro nella
propria capanna disadorna gli donò i propri vestiti perchè non se ne
andasse a mani vuote e poi si sedette felice a contemplare la luna!!

SESSO O ALTRO ?
"Se gli uomini potessero scegliere senza mettere a repentaglio il loro
orgoglio di casta, preferirebbero giocare a carte anziché andare a letto."
Nell Kimball, Memorie di una maitresse americana
Una delle raffigurazioni più sacre della religione induista è
rappresentata dalla raffigurazione del lingam di Sciva unito alla yoni
di Parvati. Se ne trova un pò dovunque ma soprattutto nei luoghi
preposti al culto di Shiva. A Pasupati-nath presso Khatmandù c'è
un tempio pieno di sculture di varia grandezza raffiguranti il pene
del dio racchiuso tra le labbra della vulva della dea. Religione
sessuomane l'induismo o religione sessuofoba il cristianesimo?
Secondo vari antropologi ed etnologi l'uomo primitivo considerava
il rapporto sessuale un modo per relazionarsi con dio, un'esperienza
mistica, sia per la forte carica emotiva che per lo stato di abbandono
e annullamento conseguente all'orgasmo, perciò si avevano
donazioni di fiori o piccoli oggetti alla donna considerata un mezzo
per entrare in contatto con il divino.
Non c'era ancora pagamento ma c'era già una transizione di doni.
Il triangolo era un simbolo sacro e magico perché rappresentava il
triangolo di pelo del pube femminile e la società era probabilmente
matriarcale. Poi la società divenne patriarcale e sorse la
prostituzione sacra. Ora non sappiamo più come sia la società, la
prostituzione c'è ma non è sacra e per la nuova religione dell'auto il
triangolo è diventato il simbolo del pericolo.
Forse è rimasto nell'inconscio collettivo il legame dono-sesso-dio e
tutt'ora chi va a puttane in fondo non cerca altro che un'esperienza
mistica per entrare in relazione col sacro che è scomparso dalla vita
di tutti i giorni grazie a decine di secoli di religioni materialiste.
Tesi molto ardita ma l'inconscio collettivo ha una memoria
fortissima: un esempio. Come vi immaginate un mago? Semplice,
con la barba lunga, un corto mantello nero e un lungo cappello a
punta. Bene! Ma perché tutti lo immaginano così visto che nessuno
ha mai visto un mago?
Scavando nel passato si scopre che il "nostro mago" corrisponde
esattamente alla figura del sacerdote-medico-indovino etrusco che

ovviamente nessuno ha mai visto perché i romani abolirono i culti e
la religione etrusca 2300 anni fa. I romani deridevano i sacerdoti
etruschi e li accusavano di magia e non scientificità ma in realtà li
temevano perché erano in grado di curare le malattie e predire il
futuro meglio dei sacerdoti romani. Sono passati 2300 anni da
quando l'ultimo "mago" etrusco predisse il futuro e curò l'ultimo
ammalato con le erbe dei campi ma se la Walt Disney disegna il
mago Merlino disegna ancora quello sconosciuto etrusco.
Poteri sconosciuti della mente.
A volte si sente dire che in Italia manca una cultura sessuale e che
quindi nelle scuole andrebbero impartite delle lezioni di educazione
sessuale perché le famiglie non insegnano nulla ai figli riguardo a
questo argomento. A queste affermazioni si oppongono i
benpensanti della destra cattolica che affermano invece che di
queste cose si deve occupare la famiglia e non la scuola. Si discute
insomma su chi debba o a chi spetti il compito di educare i giovani.
Ma i giovani non sono dei campi fertili su cui non è mai stato
seminato nulla. Quando una persona arriva alle Medie ha già ben
chiari alcuni concetti base riguardo ai rapporti fra i sessi che non
verranno scalzati né da un'ora di educazione sessuale che parta
dalla fecondazione dei gigli né tantomeno da un'accidentale dialogo
fra genitori e figli.
Quando un giovane arriva alle medie ha già visto passare davanti a
se migliaia di ore di televisione, kilometri quadrati di manifesti
pubblicitari, ha già udito fra filmati e slogan ripetere in tutti i modi
possibili che può avere tutto, basta che lo desideri, che per
raggiungere la propria felicità il fine giustifica i mezzi e che i
rapporti con l'altro sesso sono rapporti di potere.
Una educazione che mi sembra già riduttivo definire "malsana".
Dalle copertine dei settimanali più letti e publicizzati, ai manifesti di
qualsiasi prodotto la donna è un richiamo sessuale parificato
all'oggetto pubblicizzato. La donna non ha più la valenza di una
persona ma quelle di una cosa, di un pezzo di carne, bella ma
sempre un gran pezzo di carne, di figa per l'esattezza.
Oltre al richiamo sessuale femminile da una quindicina d'anni ha
fatto la sua comparsa anche il richiamo sessuale maschile:

muscolacci lucidi, visi da duro o da dolce, spalle possenti su culetti
accattivanti.
Il femminismo propugnando l'uguaglianza tra i sessi ha portato le
donne dalle cucine alle catene di montaggio e ai consigli di
amministrazione, e mettendo in crisi i ruoli del maschio ne ha messo
in crisi anche l'identità.
Ora non sono più solo gli uomini a guardare una donna e dire
"guarda che bella passerina, me la farei" ma anche le donne dicono
"guarda quello che sano, chissà se ci sta".
Una parità dei sessi é stata raggiunta, ma ai livelli inferiori.
Un dirigente di una Usl, pur non guadagnando cifre enormi, ha un
potere considerevole su un parco di centinaia di dipendenti che può
promuovere o ostacolare in cambio di "attenzioni" sessuali.
Altre persone non gestiscono un potere diretto su altri individui ma
hanno una disponibilità economica tale da diventare "interessanti"
al punto che migliaia di persone economicamente più deboli si
prostituiscono. Da quando le agenzie di viaggio hanno scoperto che
la grazia dei movimenti, la bellezza e i massaggi erotici delle
tailandesi attiravano migliaia di turisti, i voli charter per Bangkok
sono aumentati moltissimo e la Thailandia è diventata il bordello
degli operai e degli impiegati europei, mentre i paesi dell’Est stanno
seguendo la stessa strada. Per i manager che non hanno tempo da
perdere invece ci sono voli charter diretti per la ex Jugoslavia:
partenza alla mattina, sistemazione in albergo di lusso, scelta della
merce e uso, aereo e rientro a casa in tempo per dare un'occhiata ai
compiti del figlio. Il tutto ovviamente organizzato in maniera da
soddisfare i desideri di ogni sesso.
Chi ha detto che siamo nella società dei bisogni insodisfatti: ad ogni
tasca e ad ogni richiesta la giusta risposta.
Ma è proprio solo bisogno di sesso o c'è anche qualche altro tipo
di bisogno che resta sopito e quando si risveglia viene codificato
come bisogno sessuale?
Secondo Freud e varie scuole psicologiche, le pulsioni sessuali
represse si manifestano in tanti atteggiamenti che, apparentemente,
non hanno nulla a che vedere con la primitiva richiesta sessuale.
E se fosse vero anche il contrario? Se le deprivazioni, gli stress, le
mancanze, gli abbrutimenti, le frustrazioni, le oppressioni invece di

essere sfogate con rifiuti, aggressività, ira e ribellioni fossero vissuti
come pulsioni sessuali di cui il ricorso alla prostituzione non é che il
mezzo più semplice di sfogo?
Ho trascorso la maggior parte dela mia vita coabitando con dei cani
e ho notato che a volte i cani afferrano con le zampe anteriori la
gamba di una persona e simulano i movimenti della monta. Se la
simulazione fosse fatta solo dai maschi si potrebbe facilmente
arguire che si tratta di un bisogno fisico o biologico, ma questo
atteggiamento è comune anche alle femmine.
Per anni mi sono sentito imbarazzato quando una mia cagna
cercava di montare la gamba di qualche amico o conoscente che
aveva giocato con lei non sapendo come motivare il fatto poi ho
avuto la spiegazione del fenomeno.
Quando un cane vuole entrare in rapporto con una persona e
dimostrarle che è superiore la monta, indipendentemente dal
proprio sesso. La monta simulata è quindi una dimostrazione di
superiorità fine a se stessa. Il bisogno sessuale o la riproduzione
non c'entrano nulla.
Quando una persona vuole entrare in rapporto con una persona
dell'altro sesso e dimostrare che è superiore a lei la monta. Ma
quando si deve dimostrare di "essere" vuol dire che non si "è".
Quando si è non si deve dimostrare niente.
Quando non si riesce ad avere un rapporto umano con le altre
persone, quando si è vuoti e si vede la realtà attraverso gli occhiali
deformati della televisione, quando si è in crisi col mondo e con se
stessi si va a cercare quello che manca in rapporti mercenari.
In appoggio a questa tesi vorrei considerare per un momento gli
stupri. Se un rapporto di pochi minuti con una prostituta è di scarsa
soddisfazione sessuale ancora più complesso, difficile e di ancor più
scarsa soddisfazione sessuale è uno stupro. Penso che sia di
maggior sodisfazione masturbarsi che violentare una donna che si
dimena, tira pugni e calci e non ne vuole sapere. Non mi sembra si
possa definire ciò "fare l'amore".
Lo stupro non è solo l'urlo della vittima, è anche l'urlo disperato
di un essere che vuol far sapere che esiste.
Come il suicidio è l'estremo tentativo di comunicare compiendo una
brutalità verso se stessi, così lo stupro è un abnorme tentativo di
comunicare compiendo una brutalità verso altri.

Chi si prostituisce ha potere e chi paga ha solo i soldi.
Chi si prostituisce rappresenta il bene da conquistare, il cliente è un
essere minorato ed è visto solo come un pollo da spennare.
Chi si prostituisce rappresenta un bene da conquistare, il cliente è
solo un essere alienato e insoddisfatto.
Chi si prostituisce rappresenta un mezzo per comunicare, chi deve
comunicare e non conosce altri mezzi deve accettare le regole di chi
detiene il mezzo di comunicazione e paga svilendo se stesso e
attribuendo sempre più potere a chi si prostituisce.
Che il cliente non sia che parzialmente soddisfatto è indubbio, ma
chi si prostituisce è felice?
Tante inchieste hanno messo in luce le situazioni economiche
d'origine delle prostitute chiarendo la scelta del mestiere come
scelta obbligata dal bisogno di denaro. Ma non sempre e non solo si
tratta di scelte per bisogno di denaro: dall'imperatrice Messalina che
non si prostituiva di certo per bisogno di denaro, a tante altre
persone che oggi potrebbero svolgere attività forse meno
remunerative ma più accettate socialmente.
In tutte le prostitute c'è una carica negativa nei confronti del cliente
e del mestiere che in qualche modo si sentono costrette a fare.
Anche se tutte insistono nel dire che è stata una loro libera scelta
tutte si sentono di non corrispondere ai valori del proprio gruppo.
Probabilmente è proprio da questa non accettazione che bisogna
partire.
La costante di tutte le persone contattate è stata una forte
conflittualità col gruppo d'origine, solitamente la famiglia, e forse è
proprio da un tentativo di distruggere le figure genitoriali che si
sceglie di prostituirsi distruggendo così anche i valori rappresentati
da queste figure. Ma gli stessi valori vengono riproposti dal mondo
quotidiano e la tensione, la crisi è inevitabile. La si può
razionalizzare, la si può nascondere sotto mucchi di denaro, ma
nessuno si sente di urlare che prostituirsi è bello e dà gioia e
serenità.
Prostituirsi è affittare o vendere una parte più o meno grossa di se
stessi. E' un trattarsi da schiavi, come è un trattarsi da schiavi
svolgere tante altre attività ritenute "oneste". La prostituzione è

tutt'oggi confinata ai margini dell'abitato perché evidenzia il
degrado di una persona ridotta ad oggetto.
Che differenza c'è tra chi vende quella che eufemisticamente viene
chiamata "forza lavoro" senza il minimo arbitrio e senza
soddisfazioni lavorative e uno schiavo ? Nessuna. La prostituzione
evidenzia questo, come evidenzia tanti altri sintomi negativi e
distorsioni di questa società, ed è per questo che viene confinata:
perchè é la rappresentazione senza veli del mondo.

PORCA PUTTANA
"Non valer un pelo di puttana"
Detto dell'Italia settentrionale
Se di puttana, prostituta, puttani si è parlato a lungo, dell'altra
parola del titolo non è stata spesa una parola. Io sono di origine
emiliana e abito a Bologna, la mia definizione quindi risentirà di
queste zone, ma penso possa andar bene più o meno a tutti.
Il maiale, o porco, è un animale su cui dalle invasioni longobarde fa
perno l'economia agraria e l'alimentazione della padania. E' un
animale che si nutre di tutto e riesce a trasformare qualsiasi
schifezza in carni profumate e saporite. Prosciutti, salami, salsicce,
zamponi tutto si ottiene dal porco, con i peli si fan le spazzole, e con
le ossa e la pelle il sapone.
Del porco non si butta via niente, ed è l'essere più infamato del
mondo animale. Anche la puttana è l'essere più infamato del mondo
umano, però non c'è uomo o donna che non sia andato "a vedere"
almeno una volta.
Attorno al porco c'è un giro di centinaia di miliardi di lire, come
attorno alla prostituzione. Il porco è schifato nel porcile e ricercato a
tavola. Anche la puttana è l'umano più schifato e al tempo stesso
più ricercato. I porci sporcano, puzzano, fan rumore eppure, come
dimostra il pluripremiato film sul porcellino Babe, i maiali sono
puliti e intelligenti. Anche le puttane sporcano la città, danno
oltraggio, fan confusione.. Per la nota legge della domanda e
dell’offerta basta eliminare la domanda e l’offerta sparisce. Basta
smettere di mangiare carne di porco e smettere di andare a puttane
e i maiali e le puttane spariscono.
Quando ho iniziato a scrivere questo libro mi è stato chiesto da varie
persone se proponevo delle soluzioni al "problema della
prostituzione". Che ipocrisia: la prostituzione non è un problema
ma la soluzione a tanti problemi.
Esistono i problemi delle prostitute e dei prostituti, esistono clienti
che vedono nell'utilizzo di altre persone la falsa soluzione dei propri
problemi, esistono i problemi degli immigrati costretti a prostituirsi,

dei rapporti tra polizia e mondo della prostituzione, ci sono i
problemi dei lavoratori, di persone indotte a comportarsi da schiavi
per sopravvivere, questi sono problemi. Non la prostituzione.
Beppe Grillo in una sua fugace apparizione televisiva ha intercalato
alcune volte il suo monologo con l'espressione "porca puttana" come
se le colpe e lo schifo del mondo fossero responsabilità dei porci e
delle puttane.
A tutti piace essere dalla parte del giusto, del bello, del pulito,
dell'innocente, ma a qualcuno, ai più sfortunati, tocca essere dalla
parte dello sbagliato, del brutto, dello sporco, del colpevole: ai porci
e alle puttane.
1

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