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Disorientarsi. L'atopia del punto di vista. - ideeperlarappresentazione.it

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Edoardo Dotto<br />

<strong>Disorientarsi</strong>.<br />

L’atopia <strong>del</strong> <strong>punto</strong> <strong>di</strong> <strong>vista</strong>.<br />

L’antiporta <strong>del</strong> volume <strong>di</strong> Georges Perec Specie <strong>di</strong> spazi1, riporta una bizzarra immagine<br />

tratta da un’e<strong>di</strong>zione recente de La caccia allo Snark <strong>di</strong> Lewis Carroll. Si tratta<br />

<strong>di</strong> una Mappa <strong>del</strong>l’oceano: una vignetta quadrata, bordata da un filetto nero completamente<br />

vuota, priva <strong>di</strong> segni <strong>di</strong> orientamento, <strong>di</strong> ogni in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> scala o <strong>di</strong><br />

qualsiasi riferimento. Nell’osservare l’immagine cap<strong>it</strong>a <strong>di</strong> rimbalzare <strong>di</strong> continuo tra<br />

un <strong>di</strong>vert<strong>it</strong>o stupore ed un vago smarrimento. La nostra ab<strong>it</strong>u<strong>di</strong>ne a costruire relazioni<br />

e nessi tra le cose, la nostra capac<strong>it</strong>à <strong>di</strong> attribuire un senso coerente ai segni<br />

grafici che strutturano la rappresentazione <strong>di</strong>segnata, le nostre aspettative su ciò<br />

che una mappa dovrebbe contenere, vengono drasticamente tra<strong>di</strong>te dal vuoto <strong>di</strong><br />

quell’immagine. L’analoga illustrazione tratta dalla prima e<strong>di</strong>zione <strong>del</strong> poemetto <strong>di</strong><br />

Carroll incisa nel 1876 dal p<strong>it</strong>tore preraffaell<strong>it</strong>a Henry Holiday2 (fig. 1), se possibile,<br />

è ancora più efficace. Il campo <strong>del</strong>la mappa resta perfettamente vuoto, ma all’esterno<br />

<strong>del</strong>la vignetta si trovano varie in<strong>di</strong>cazioni geografiche – alcune contrad<strong>di</strong>ttorie o<br />

prive <strong>di</strong> significato – e viene riportata un’in<strong>di</strong>cazione, <strong>del</strong> tutto incomprensibile, <strong>del</strong>la<br />

scala metrica. Eppure, in entrambi i casi, la mappa <strong>di</strong> Carroll contiene degli elementi<br />

<strong>di</strong> ver<strong>it</strong>à. Benché non sia possibile attribuire le corrette coor<strong>di</strong>nate geografiche alla<br />

porzione <strong>del</strong>l’oceano rappresentato, il <strong>di</strong>segno descrive in modo adeguato l’assoluta<br />

continu<strong>it</strong>à <strong>del</strong>la superficie marina, la mancanza <strong>di</strong> gerarchia tra parti <strong>di</strong>verse, l’impossibil<strong>it</strong>à<br />

<strong>di</strong> sondarne il fondale.<br />

325


Fig. 2. Tabula Peutingeriana, particolare<br />

Alla Mappa <strong>del</strong>l’oceano si può opporre la Tabula Peutingeriana (fig. 2) copia duecentesca<br />

<strong>di</strong> un originale romano, che come è noto riporta in una lunghissima striscia<br />

<strong>di</strong> pergamene giuntate, un’immagine geografica <strong>del</strong> mondo conosciuto, tracciato<br />

secondo le conoscenze <strong>di</strong>sponibili all’inizio <strong>del</strong> IV secolo. Si tratta ovviamente<br />

<strong>di</strong> una rappresentazione “non proiettiva”, le cui forme hanno con la realtà geografica<br />

solo dei rapporti <strong>di</strong> vaga analogia. Essa è una mappa topologica, in cui sono illustrate<br />

con chiarezza le connessioni tra le parti, così che è evidente come ciascuna<br />

c<strong>it</strong>tà rappresenti il nodo <strong>di</strong> una f<strong>it</strong>ta rete <strong>di</strong> collegamenti stradali che occupa l’inte-<br />

Fig. 3. S. Steinberg. Senza t<strong>it</strong>olo, 1952<br />

Fig. 4. Fotor<strong>it</strong>ratto <strong>di</strong> Saul Steinberg<br />

326<br />

EDOARDO DOTTO<br />

ro terr<strong>it</strong>orio. Non esistono spazi vuoti: estesi tratti <strong>di</strong> mare sono ridotti a semplici<br />

canali, gran<strong>di</strong> estensioni inab<strong>it</strong>ate sono contratte in pochi centimetri. Ciascun elemento<br />

è saldamente connesso all’intera struttura. Ogni <strong>punto</strong> è un luogo, caratterizzato<br />

univocamente per le sue relazioni ed il suo valore gerarchico.<br />

Quello che la Mappa <strong>del</strong>l’oceano <strong>di</strong> Carroll rappresenta invece, semplicemente, non<br />

è un luogo. Escluso da ogni nesso <strong>di</strong> collegamento con l’intorno, privato da ogni<br />

rapporto con il contesto, un s<strong>it</strong>o – reale o immaginario che sia – perde la sua connotazione<br />

<strong>di</strong> ‘local<strong>it</strong>à’ e scivola nello spazio in<strong>di</strong>stinto ed omogeneo <strong>del</strong>l’atopia.<br />

Nella visione che emerge dalla Tabula Peutingeriana invece il mondo è piuttosto il<br />

campo in cui si tessono congiunzioni forti tra le parti escludendo l’esistenza <strong>del</strong><br />

vuoto: non c’è alcuno spazio per i non-luoghi, non esiste traccia <strong>del</strong>l’atopia.<br />

L’indagine che Saul Steinberg per più <strong>di</strong> cinquant’anni ha condotto sul terr<strong>it</strong>orio<br />

americano mostra una s<strong>it</strong>uazione interme<strong>di</strong>a tra quelle appena descr<strong>it</strong>te. Trasfer<strong>it</strong>osi<br />

dall’Europa in America nel 1942, Steinberg continuò ad esplorare col <strong>di</strong>segno il suo<br />

nuovo paese per il resto <strong>del</strong>la sua v<strong>it</strong>a, mantenendo lo stesso atteggiamento lucido<br />

e <strong>di</strong>sincantato. I suoi <strong>di</strong>segni, alcuni dei quali raccolti nel volume La scoperta<br />

<strong>del</strong>l’America3 pubblicato nel 1992, oltre a r<strong>it</strong>rarre con precisione un’antropologia<br />

varia e stravagante, descrivono gli spazi <strong>del</strong>la c<strong>it</strong>tà americana come amb<strong>it</strong>i che appaiono<br />

perfettamente connotati e defin<strong>it</strong>i alla corta <strong>di</strong>stanza, che però ‘sfumano’ rapidamente<br />

annullandosi in orizzonti vuoti, incre<strong>di</strong>bilmente vicini (fig. 3). Ad un sistema<br />

<strong>di</strong> parti e <strong>di</strong> elementi semplice e riconoscibile (le vie, le case, il bar, la chiesa <strong>di</strong><br />

quartiere, le insegne pubblic<strong>it</strong>arie), si oppone senza alcuna me<strong>di</strong>azione ed in modo<br />

improvviso una totale assenza <strong>di</strong> prospettiva, la mancanza <strong>di</strong> una sponda lontana in<br />

grado <strong>di</strong> contenerne e <strong>di</strong> definirne la scala. La c<strong>it</strong>tà in questa maniera appare come<br />

sospesa, costru<strong>it</strong>a da puri prospetti quasi immateriali come fossero quinte teatrali,<br />

immersa in un vuoto privo <strong>di</strong> connotazioni e <strong>di</strong> relazioni. I <strong>di</strong>segni <strong>di</strong> Steinberg sono<br />

<strong>del</strong> tutto privi <strong>del</strong>la carica “consolatoria” <strong>di</strong> quelli, ad esempio, <strong>di</strong> Gordon Cullen4 che descrivono un paesaggio urbano sempre defin<strong>it</strong>o e compiuto. Gli orizzonti tracciati<br />

– o talvolta sottaciuti – da Steinberg preludono ad altri identici orizzonti e rendono<br />

le c<strong>it</strong>tà somiglianti a degli acquari arredati in modo ridondante, poggiati su <strong>di</strong><br />

un piano deserto, smarr<strong>it</strong>i nell’atopia <strong>di</strong> una superficie omogenea o, se si vuole,<br />

<strong>del</strong>le microscopiche isole sperdute nella mappa <strong>di</strong> Carroll. Gli spazi urbani <strong>di</strong>segnati<br />

da Steinberg, defin<strong>it</strong>i al loro interno ma isolati in uno spazio senza luogo, ricordano<br />

la Seaheaven Island in The Truman Show5 (fig. 4) o il “villaggio” nel telefilm Il<br />

prigioniero6. Connotazioni <strong>di</strong> questo tipo sono ormai state assunte nell’immaginario<br />

<strong>di</strong>ffuso e riguardano anche la percezione <strong>di</strong> luoghi reali: basta pensare ad esem-<br />

327


ATOPIE<br />

Fig. 5. “The Truman Show” (A. Niccol e P. Weir, 1998); still frame.<br />

Fig. 6. “Totò che visse due volte” (D. Ciprì e F. Maresco, 1998); still frame.<br />

328<br />

EDOARDO DOTTO<br />

pio alla rappresentazione <strong>del</strong>le periferie <strong>del</strong>la c<strong>it</strong>tà <strong>di</strong> Palermo in Totò che visse due<br />

volte <strong>di</strong> Ciprì e Maresco7 (fig. 5) che sembrano – al pari <strong>di</strong> alcune ‘nuove c<strong>it</strong>tà’ <strong>del</strong><br />

Belice – sospese in un terr<strong>it</strong>orio ed in un tempo privo <strong>di</strong> respiro, sottratte alla geografia<br />

reale.<br />

Paradossalmente è l’acquisizione <strong>del</strong> maggior controllo <strong>del</strong>le <strong>di</strong>stanze reali tra le<br />

cose a renderci coscienti <strong>del</strong>la <strong>di</strong>mensione <strong>del</strong> vuoto, cancellando l’idea che il<br />

mondo sia cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da una continu<strong>it</strong>à <strong>di</strong> luoghi. Le indagini sullo spazio siderale e<br />

sulla struttura <strong>del</strong>la materia hanno mostrato come i corpuscoli subatomici, esattamente<br />

come i corpi celesti – ciascuno alla propria scala – sono immersi in un enorme<br />

spazio vuoto, rispetto al quale ogni elemento occupa un volume puntiforme<br />

infin<strong>it</strong>esimale. Allo stesso modo una corretta rappresentazione cartografica, o a<br />

maggior ragione un’immagine satell<strong>it</strong>are <strong>del</strong>la geografia terrestre, mostrerebbe<br />

come gli agglomerati urbani, nella quasi total<strong>it</strong>à <strong>del</strong>le s<strong>it</strong>uazioni, occupano porzioni<br />

minuscole <strong>di</strong> un enorme terr<strong>it</strong>orio, nel suo complesso debolmente antropizzato. Un<br />

click casuale sulla superficie <strong>del</strong> geoide rappresentato in Google Earth nella maggior<br />

parte dei casi finisce con l’in<strong>di</strong>viduare una zona deserta o un tratto <strong>di</strong> mare. Al pari<br />

<strong>del</strong> mondo ‘surmoderno’ <strong>di</strong> cui parla Augé, nella geografia <strong>del</strong>la terra visualizzata<br />

dall’alto «i luoghi e gli spazi, i luoghi e i non luoghi si incastrano, si compenetrano<br />

reciprocamente» 8. Amb<strong>it</strong>i sempre più caratterizzati annegano in una landa omogenea,<br />

senza riuscire a trovare una connessione significativa con l’intero. Avviene a<br />

livello globale quanto Koolhaas rileva a propos<strong>it</strong>o <strong>del</strong>la C<strong>it</strong>tà generica9: «Invece <strong>di</strong><br />

una rete e <strong>di</strong> un organismo le nuove infrastrutture creano enclave e vicoli ciechi: non<br />

più la grande narrazione, ma la svolta parass<strong>it</strong>aria». Le arch<strong>it</strong>etture, generando nel<br />

migliore dei casi nuove central<strong>it</strong>à puntiformi, mostrano <strong>di</strong> essere inadeguate a riconnettere<br />

il mondo.<br />

Nello stesso momento in cui le moderne cartografie satell<strong>it</strong>ari ci permettono, persino<br />

simulando viste prospettiche a volo d’uccello, <strong>di</strong> guardare le strade, le c<strong>it</strong>tà e il<br />

mondo dall’alto, esse ci svelano l’inesistenza <strong>di</strong> un nostro <strong>punto</strong> <strong>di</strong> <strong>vista</strong>. Nel simulare<br />

i nostri spostamenti attorno alla rappresentazione virtuale <strong>del</strong>la terra, sappiamo<br />

<strong>di</strong> non essere vincolati all’orb<strong>it</strong>a <strong>di</strong> un satell<strong>it</strong>e, non occupiamo la superficie <strong>di</strong> un<br />

pianeta. Siamo lontani dalla consapevolezza e dallo stupore <strong>di</strong> Gagarin – «La terra<br />

è blu. Che meraviglia. È incre<strong>di</strong>bile» 10 – che nel suo viaggio spaziale era legato ad<br />

una traiettoria precisa. Nel cercare <strong>di</strong> orientarci nel mondo, finiamo col perdere consapevolezza<br />

<strong>del</strong>la nostra posizione, entriamo virtualmente in uno spazio deserto, in<br />

un vuoto che somiglia terribilmente alla rappresentazione <strong>di</strong> Carroll, tanto più vertiginoso<br />

quanto più defin<strong>it</strong>o da infallibili coor<strong>di</strong>nate geografiche. Il nostro sguardo<br />

329


ATOPIE<br />

Fig. 9. HASSEL, Holopoint & The Environment Inst<strong>it</strong>ute. Terra Form Australis<br />

EDOARDO DOTTO<br />

virtuale sul mondo, ci colloca in un non luogo, mostrandoci come, prima ancora che<br />

nell’oggetto <strong>del</strong>la visione, i segni <strong>del</strong>l’atopia sono nella per<strong>di</strong>ta <strong>del</strong> nostro <strong>punto</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>vista</strong>, nell’in<strong>di</strong>fferenza <strong>del</strong>la nostra posizione, scelta come in una sorta <strong>di</strong> continuo<br />

viaggio last minute la cui destinazione è pressoché in<strong>di</strong>fferente.<br />

Allora forse l’acuirsi <strong>del</strong> nostro sguardo sul mondo e sulle cose ci ha mostrato lo<br />

sgretolarsi <strong>del</strong>le relazioni tra le parti e ci ha <strong>di</strong>silluso sulla con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> ‘local<strong>it</strong>à continua’<br />

che la Tabula Peutingeriana sancisce, come un solido patto con il mondo.<br />

Ecco che le tecniche e gli strumenti <strong>di</strong> rappresentazione ci rest<strong>it</strong>uiscono – assieme<br />

ad una impreve<strong>di</strong>bile <strong>di</strong>sponibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> dati e <strong>di</strong> conoscenze – nuovi interrogativi, nuovi<br />

temi <strong>di</strong> riflessione e la consapevolezza <strong>del</strong> nostro smarrimento in una parziale ma<br />

<strong>di</strong>ffusa atopia.<br />

Note<br />

1 G. Perec, Specie <strong>di</strong> spazi, Torino 1989, p. 8.<br />

2 L. Carroll, The Hounting of the Snark. An Agony in Eight F<strong>it</strong>s, London 1876. Le incisioni <strong>di</strong> Henry Holiday (1839-1927)<br />

sono nove, oltre ad un’antiporta. La Ocean-Chart è la quarta. Le illustrazioni possono essere scaricate all’in<strong>di</strong>rizzo URL:<br />

http://<strong>it</strong>.wikipe<strong>di</strong>a.org/wiki/Henry_Holiday.<br />

3 S. Steinberg, La scoperta <strong>del</strong>l’America, Milano 1992.<br />

4 G. Cullen, Il paesaggio urbano. Morfologia e progettazione, Bologna 1976. Va ricordato che il panorama urbano<br />

descr<strong>it</strong>to da Cullen è ovviamente quello europeo.<br />

5 The Truman Show, film, USA 1998, <strong>di</strong> Andrew Niccol e Peter Weir.<br />

6 Il prigioniero (The prisoner), serie televisiva <strong>di</strong> genere fantascientifico-fantapol<strong>it</strong>ico (Gran Bretagna 1967) <strong>di</strong> Patrick<br />

McGoohan e George Markstein. La serie è ambientata nel borgo gallese <strong>di</strong> Portmerion, progettato con forme ibride<br />

tra il neopalla<strong>di</strong>ano e lo stile me<strong>di</strong>terraneo da Clough Williams-Ellis, inaugurato nel 1926. Nella finzione cinematografica<br />

il “villaggio” in cui il protagonista viene costretto a vivere viene isolato <strong>del</strong> tutto tra un mare minaccioso e montagne<br />

inaccessibili.<br />

7 Totò che visse due volte, film, Italia 1998, <strong>di</strong> Daniele Ciprì e Franco Maresco.<br />

8 M. Augé, Non luoghi. Introduzione a una antropologia <strong>del</strong>la surmodern<strong>it</strong>à, Milano 1993, p. 97.<br />

9 R. Koolhaas, La C<strong>it</strong>tà Generica, in idem, Junkspace, Macerata 2006, p. 57.<br />

10 Pare che Gagarin abbia esclamato queste parole dalla sua capsula nel corso <strong>del</strong> suo viaggio spaziale, il 12 aprile 1961.<br />

Egli percorse un’orb<strong>it</strong>a ell<strong>it</strong>tica attorno alla Terra, alla quota massima <strong>di</strong> 300 chilometri, volando per meno <strong>di</strong> due ore.<br />

331


Jürgen Mayer H. Pokeville, 2010<br />

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