16.06.2013 Views

“Campanili Solandri” n°1 – Marzo 2011 - Parrocchia S. Stefano di ...

“Campanili Solandri” n°1 – Marzo 2011 - Parrocchia S. Stefano di ...

“Campanili Solandri” n°1 – Marzo 2011 - Parrocchia S. Stefano di ...

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

Rembrandt aveva contatti con la comunità ebraica<br />

<strong>di</strong> Amsterdam. Riconosceva quegli ebrei<br />

come il popolo della Bibbia e aveva per<br />

loro grande rispetto, inusuale a quel tempo.<br />

Amava ritrarli e li <strong>di</strong>pingeva nei loro costumi<br />

tra<strong>di</strong>zionali. Questo vecchio padre, così tenero<br />

e dolce, è la figura <strong>di</strong> un antico patriarca<br />

d’Israele e i suoi occhi velati <strong>di</strong>cono l’amore<br />

<strong>di</strong> Dio, che volge uno sguardo cieco sui nostri<br />

errori e peccati. La sontuosità del vestito<br />

denota la ricchezza della grazia che ci dona<br />

e la gran<strong>di</strong>osità dell’accoglienza che riserva<br />

al figlio che ritorna.<br />

Tutto confluisce qui: la storia personale <strong>di</strong><br />

Rembrandt, la storia dell’umanità (compresa<br />

la mia), la storia <strong>di</strong> Dio. Peccato e perdono si<br />

abbracciano. Nella figura del padre la forza<br />

dell’amore <strong>di</strong> Dio è espressa con ciò che vi è<br />

<strong>di</strong> più umano: un uomo anziano, mezzo cieco,<br />

vestito con indumenti ricamati in oro e un<br />

mantello rosso scuro, che posa dolcemente le<br />

gran<strong>di</strong> mani sulle spalle del figlio.<br />

Tutto questo <strong>di</strong>ce ad ognuno <strong>di</strong> noi l’infinita<br />

misericor<strong>di</strong>a e l’amore senza riserve che emanano<br />

dal Padre, descritti così dal genio <strong>di</strong> un<br />

grande pittore. Rembrandt, dopo essere stato<br />

molto provato dalla vita, mostra un’attrattiva<br />

speciale per i ciechi. Li considera i veri vedenti<br />

e li <strong>di</strong>pinge spesso anche nei personaggi<br />

biblici: Mosè, Tobia, il vecchio Simeone…<br />

Quando l’esistenza si avvia verso le ombre<br />

della sera, dopo una giornata <strong>di</strong> amare delusioni<br />

e sofferenze, quando gli splendori della<br />

vita impalli<strong>di</strong>scono, si entra più a contatto<br />

con l’immensa bellezza della vita interiore<br />

Particolare (le mani del padre)<br />

e con la vera luce, quella che permette <strong>di</strong> vedere<br />

la salvezza dell’umanità intera.<br />

« Simeone prese tra le braccia il bambino Gesù<br />

e bene<strong>di</strong>sse Dio:<br />

“Ora lascia, o Signore, che il tuo servo<br />

vada in pace secondo la tua parola;<br />

perché i miei occhi han visto la tua salvezza,<br />

preparata da te davanti a tutti i popoli,<br />

luce per illuminare le genti<br />

e gloria del tuo popolo Israele.” » (Lc.2,28-32)<br />

IL CENTRO DEL DIPINTO<br />

È costituito dalle mani del padre. Su <strong>di</strong> esse<br />

si concentra tutta la luce e in esse si incarna<br />

la misericor<strong>di</strong>a. Osserviamole un istante. Non<br />

sono uguali: una è grande e forte, una mano<br />

virile che attira e tiene saldo il corpo del figlio;<br />

l’altra è più gentile e delicata, una mano<br />

femminile, materna, dolcemente appoggiata.<br />

Sembrava una cosa davvero strana quando<br />

Giovanni Paolo I° (Papa Lucani) parlò <strong>di</strong> Dio<br />

che è Padre e Madre al tempo stesso. Eppure<br />

già il grande Isaia, annunciando il ritorno alla<br />

sua terra del popolo <strong>di</strong> Dio, umiliato da 40<br />

anni <strong>di</strong> esilio, così riferisce la parola <strong>di</strong> Dio:<br />

“Sion ha detto: «Il<br />

Signore mi ha abbandonato, Il Signore mi ha<br />

<strong>di</strong>menticato». Si <strong>di</strong>mentica forse una donna<br />

del suo bambino, così da non commuoversi<br />

per il figlio delle sue viscere? Anche se queste<br />

donne si <strong>di</strong>menticassero, io invece non ti<br />

<strong>di</strong>menticherò mai.” (Is.49,14-15)<br />

Chi non scorge in quelle del <strong>di</strong>pinto le mani<br />

che lo hanno accolto al momento della nascita,<br />

che lo hanno stretto al seno della madre,<br />

che lo hanno nutrito e riscaldato? Sono<br />

le mani che proteggono nei pericoli e consolano<br />

nel momento del dolore; sono le stesse<br />

che hanno stretto la mia mano quando sono<br />

partito e poi <strong>di</strong> nuovo al mio ritorno. Sono<br />

le mani dei genitori, degli insegnanti, dei veri<br />

amici, dei dottori che hanno curato i miei<br />

mali…, sono le mani <strong>di</strong> Dio!<br />

Rembrandt ha <strong>di</strong>pinto questo quadro alla fine<br />

della sua vita travagliata. Si era identificato<br />

in ambedue i figli della parabola, ora è<br />

<strong>di</strong>ventato pure lui un padre <strong>di</strong>strutto dal dolore<br />

e purificato dall’amore, preparato ormai<br />

ad entrare nella vita eterna.<br />

Henri Nouwen (1932-1996) vede in quell’ampio<br />

mantello rosso del padre una tenda che<br />

invita il viandante stanco e deluso a trovare<br />

un po’ <strong>di</strong> riposo e pace. Ma ancora più forte è<br />

un’altra immagine che gli suggerisce: quella<br />

delle ali protettive <strong>di</strong> una madre-uccello. Anche<br />

Gesù usa una simile immagine quando<br />

<strong>di</strong>ce: «Gerusalemme, Gerusalemme, che ucci<strong>di</strong><br />

i profeti e lapi<strong>di</strong> quelli che ti sono inviati,<br />

quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli,<br />

come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali,<br />

e voi non avete voluto!» (Mt.23,37)<br />

Sotto le sembianze <strong>di</strong> un vecchio patriarca ebreo,<br />

emerge anche un Dio materno che accoglie<br />

a casa i propri figli e li protegge.<br />

Conclu<strong>di</strong>amo questa nostra riflessione con le<br />

parole del Salmo 91:<br />

«Tu che abiti al riparo dell’Altissimo<br />

E <strong>di</strong>mori all’ombra dell’Onnipotente,<br />

dì al Signore: “Mio rifugio e mia fortezza,<br />

mio Dio, in cui confido.”<br />

Egli ti libererà dal laccio del cacciatore,<br />

dalla peste che <strong>di</strong>strugge.<br />

Ti coprirà con le sue penne<br />

Sotto le sue ali troverai rifugio.<br />

La sua fedeltà ti sarà scudo e corazza;<br />

non temerai i terrori della notte<br />

né la freccia che vola <strong>di</strong> giorno,<br />

la peste che vaga nelle tenebre,<br />

lo sterminio che devasta a mezzogiorno.»<br />

V° EDUCARE AL PERDONO<br />

Quando il perdono è più forte del bullismo<br />

GIORGIO PAOLUCCI<br />

Il bullismo è <strong>di</strong>ventato una delle piaghe del<br />

mondo giovanile, e la scuola è il palcoscenico<br />

preferito per mettere in scena le imprese<br />

<strong>di</strong> violenti e prevaricatori. Il tutto si consuma<br />

nell’impotenza o nella complicità <strong>di</strong> chi assiste<br />

allo “spettacolo” e nella crescente <strong>di</strong>fficoltà<br />

a trovare rime<strong>di</strong> efficaci per contrastare il fenomeno.<br />

Serve certamente più rigore, ma può<br />

bastare il rigore per andare alla ra<strong>di</strong>ce del problema,<br />

e soprattutto per innescare percorsi <strong>di</strong><br />

positività e <strong>di</strong> reale cambiamento? Accadono<br />

fatti da cui si può imparare molto, imprevisti<br />

e insieme emblematici. Eccone uno.<br />

Allo squillare della campanella che segnala l’inizio<br />

delle lezioni, un gruppo <strong>di</strong> ragazzi <strong>di</strong> terza<br />

me<strong>di</strong>a interrompe un’improvvisata partitella<br />

<strong>di</strong> calcio, ma uno <strong>di</strong> loro non vuole smettere e<br />

tira una violenta pallonata contro i compagni<br />

“rei” <strong>di</strong> voler entrare in classe. Ne colpisce uno<br />

in piena faccia mandando in frantumi gli<br />

occhiali. Una <strong>di</strong>namica simile si era già innescata<br />

nei giorni precedenti, con altre pallonate<br />

provocatoriamente tirate dal bullo <strong>di</strong> turno<br />

all’insegna della legge del più forte: ‘non giochi<br />

con me, peggio per te’.<br />

Che fare? Il colpevole nega tutto, la scuola vuole-deve<br />

dare un segnale forte, certi episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> intolleranza<br />

non sono ammissibili. Il preside e gli<br />

insegnanti si consultano: la sospensione è il<br />

provve<strong>di</strong>mento più efficace? Si decide <strong>di</strong> percorrere<br />

un’altra strada: si convoca la madre<br />

del “bullo”, alla quale viene comunicato l’accaduto<br />

proponendole - come punizione e a parziale<br />

risarcimento del danno - <strong>di</strong> ritirare il figlio<br />

dalla gita <strong>di</strong> due giorni in montagna programmata<br />

per il fine settimana, dando la quo-<br />

Educare al perdono (due bambini)<br />

10 11

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!