Animali domestici: nel Regno Unito i rettili battono i cani - Verdi
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Organo ufficiale d’informazione della Federazione dei <strong>Verdi</strong><br />
Anno IV – n. 246 martedì 30 dicembre 2008<br />
Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB - Roma • Direttore responsabile: Enrico Fontana • Editore: undicidue srl, via del Portofluviale, 9/a - Roma • Stampa: Rotopress, via E. Ortolani, 33 - Roma<br />
Registrazione Tribunale di Roma n. 34 del 7/2/2005 • Redazione: via del Portofluviale, 9/a - 00154 Roma - tel. 0645470700 - fax 0642013131 - redazione@notizieverdi.it • Stampato su carta ecologica • La testata fruisce dei contributi di cui alla legge 7 agosto 1990 n. 250<br />
Le meraviglie delle nuove specie<br />
Ogni anno biologi e naturalisti rinvengono esemplari di animali mai visti prima: solo <strong>nel</strong>l’ultimo anno centinaia di straordinarie scoperte<br />
Tanzania,<br />
Brasile, Congo,<br />
Nuova Guinea,<br />
Asia e Australia<br />
i luoghi<br />
protagonisti<br />
degli ultimi<br />
eccezionali<br />
ritrovamenti<br />
da parte degli<br />
scienziati<br />
a pagina 2 <br />
Proteggere<br />
la natura<br />
2<br />
Africa,<br />
uno scrigno<br />
di tesori<br />
3<br />
La sofferenza<br />
vive in gabbia<br />
3<br />
Una biodiversità preziosa<br />
È necessario un alto livello di protezione per lasciare il più possibile gli habitat incontaminati<br />
Andrea Drudi<br />
a.drudi@notizieverdi.it<br />
La scoperta di nuove<br />
specie animali avviene<br />
quasi sempre in<br />
angoli remoti del pianeta<br />
che, in quanto tali, riescono<br />
a garantire un’adeguata tutela<br />
alla biodiversità grazie<br />
alla loro posizione geografica<br />
strategica. Spesso però<br />
questi luoghi sono a rischio<br />
antropizzazione che mette<br />
in pericolo il territorio e le<br />
specie che vi abitano. In altri<br />
casi invece si trovano all’interno<br />
di aree protette dove<br />
esiste un alto livello di tutela<br />
della biodiversità.<br />
Il Cerrado con i suoi 716mila<br />
ettari è la seconda area protetta<br />
per dimensioni in<br />
Brasile e la distribuzione<br />
geografica di alcune specie<br />
è limitata a quest’area: la<br />
loro sopravvivenza dipende<br />
quindi dalla nostra capacità<br />
di mantenerla intatta.<br />
L’enorme distesa verde del<br />
Cerrado un tempo copriva<br />
un’area grande quanto metà<br />
del continente europeo. Da<br />
tempo, però, ampie porzioni<br />
di savana vengono convertite<br />
in piantagioni a una<br />
velocità doppia di quanto<br />
avviene in Amazzonia, con<br />
il risultato che vegetazione e<br />
fauna autoctona rischiano in<br />
molti casi di scomparire per<br />
sempre.<br />
Anche le foreste sui monti<br />
Nguru (in Tanzania), uno<br />
dei luoghi meno esplorati<br />
della Terra, dove di recente<br />
sono state scoperte 17 nuove<br />
specie di <strong>rettili</strong> e anfibi,<br />
rischiano di essere distrutte.<br />
Infatti, questo habitat è minacciato<br />
dalle popolazioni<br />
indigene che vivono ai margini<br />
della foresta e che preferiscono<br />
abbattere e bruciare<br />
gli alberi per trasformare la<br />
regione in coltivazioni di<br />
mais, patate e altri ortaggi. Il<br />
38,4 per cento del territorio<br />
della Tanzania è stato protetto<br />
grazie a parchi e riserve<br />
naturali, ma nonostante<br />
l’impegno dello Stato per la<br />
preservazione delle specie,<br />
molte zone e molti animali<br />
sono in pericolo a causa della<br />
crescente deforestazione.<br />
Il Borneo, dove sono state<br />
scoperte nuove specie ani-<br />
Spesso gli hot spot si trovano<br />
all’interno di aree protette, ma ciò<br />
non è sempre sufficiente. Bisogna<br />
fare i conti con gli interessi<br />
della popolazione locale<br />
e con il crescente disboscamento<br />
Secondo i calcoli della British federation of herpetologists,<br />
riportati dal Telegraph, in tutto il <strong>Regno</strong> <strong>Unito</strong><br />
sono più di 8 milioni gli anfibi e i <strong>rettili</strong> considerati come<br />
animali <strong>domestici</strong>, mentre i <strong>cani</strong> sarebbero soltanto 6,5<br />
milioni. E la crescita del numero di questo tipo di animali<br />
è così rapida che in pochi anni potrebbe superare<br />
i 9 milioni di gatti del Paese, decretando così la<br />
vittoria dei <strong>rettili</strong> come animali <strong>domestici</strong> più popolari.<br />
I <strong>rettili</strong>, infatti, sono economici, non hanno bisogno di<br />
moltissime cure e non sporcano come altri animali più<br />
impegnativi. I calcoli sono stati fatti in base all’analisi<br />
delle vendite di cibo per <strong>rettili</strong> (insetti e topi): dal<br />
2004, quando si stimava che i <strong>rettili</strong> fossero 5 milioni,<br />
il numero di grilli venduti in Gran Bretagna è raddoppiato<br />
da 10 a 20 milioni alla settimana. Nello stesso<br />
mali, tra cui particolari tipi<br />
di leopardo e rinoceronte,<br />
costituisce un ambiente ancora<br />
incontaminato. Infatti,<br />
di recente, i ministri dei tre<br />
governi del Borneo hanno<br />
firmato un’importante Dichiarazione<br />
per la conservazione<br />
e la gestione sostenibile<br />
del cuore del Borneo<br />
e questo ha portato l’area sul<br />
piano delle principali priori-<br />
Numero Speciale<br />
tà di conservazione globale:<br />
si tratta di una superficie di<br />
220mila km² del tutto incontaminata.<br />
A marzo scorso il Congo ha<br />
dichiarato l’istituzione della<br />
seconda area umida protetta<br />
più grande del mondo. Si<br />
tratta dell’area di “Grand affluents”,<br />
che include le zone<br />
umide dei quattro principali<br />
tributari del fiume Congo,<br />
tra cui il Libenga e il Sangha,<br />
e due aree costiere fondamentali<br />
per la migrazione:<br />
Cayo-Loufoualeba e Conkouati-Douli.<br />
L’area complessiva<br />
è di quasi 6 milioni di acri,<br />
ed è abitata da 300mila persone.<br />
Un luogo d’incantevole<br />
bellezza che presenta al<br />
suo interno altissimi livelli<br />
di biodiversità.<br />
Per tutelare la barriera corallina<br />
australiana, recente teatro<br />
di tantissime scoperte di<br />
nuove specie, è in corso un<br />
piano di tutela che prevede<br />
una gestione più severa della<br />
pesca commerciale, per<br />
tutelare gli squali e gli altri<br />
gruppi di pesci protetti che<br />
potrebbero erroneamente finire<br />
<strong>nel</strong>le reti dei pescatori<br />
locali. <br />
<strong>Animali</strong> <strong>domestici</strong>: <strong>nel</strong> <strong>Regno</strong> <strong>Unito</strong> i <strong>rettili</strong> <strong>battono</strong> i <strong>cani</strong><br />
periodo, il numero delle locuste è più che quadruplicato,<br />
fino ad arrivare a un milione a settimana. Sono<br />
cresciute vertiginosamente anche le vendite di roditori<br />
congelati: oltre ai roditori allevati a questo scopo<br />
<strong>nel</strong> <strong>Regno</strong> <strong>Unito</strong> e in Europa, ne sono stati importate<br />
dai Paesi extraeuropei circa 3,5 ton<strong>nel</strong>late ogni mese.<br />
Le cinque specie più popolari sono i i gechi leopardo,<br />
i draghi barbuti, i serpenti del grano, i pitoni reali e<br />
le tartarughe di Hermann. Altre specie molto richieste<br />
sono il serpente colubro, il camaleonte dello Yemen e<br />
il geco ciliato. Quest’ultimo è stato riscoperto solo <strong>nel</strong><br />
1994, poiché si pensava fosse estinto da molti anni. I<br />
nuovi dati includono anche gli anfibi, soprattutto rane,<br />
salamandre e rospi, anche se ricoprono solo il dieci per<br />
cento del totale.<br />
Rispettiamo<br />
la vita<br />
Cristina Morelli<br />
Mentre l’essere umano continua<br />
a disboscare le più grandi<br />
foreste esistenti e a devastare<br />
le più belle zone della Terra,<br />
il regno animale ci sorprende<br />
con la scoperta di nuove specie<br />
negli angoli più remoti del pianeta.<br />
Questa notizia dovrebbe<br />
farci riflettere sui nostri comportamenti<br />
e soprattutto sul<br />
rispetto che dovremmo avere<br />
nei confronti di tutti i viventi<br />
che insieme a noi compiono<br />
quel “meraviglioso viaggio”<br />
che è la vita. Viviamo in un<br />
paradosso continuo. Da una<br />
parte abbiamo il problema<br />
del randagismo che affolla<br />
i <strong>cani</strong>li a causa del costante<br />
abbandono dei nostri compagni<br />
a quattro zampe (e non),<br />
quasi sempre coincidente con<br />
i periodi di vacanza, quando<br />
il nostro amico diventa un<br />
ingombrante peso di cui sbarazzarci;<br />
dall’altra, assistiamo<br />
all’incremento della vendita<br />
di animali sempre più lontani<br />
da quelli cosiddetti d’affezione.<br />
Infatti, stanchi ormai del<br />
solito cane o gatto, riteniamo<br />
“indispensabile” possedere un<br />
animale che appartenga a specie<br />
esotiche o selvatiche: anfibi,<br />
<strong>rettili</strong>, roditori, ecc. <strong>nel</strong>la<br />
speranza di riacquistare, forse,<br />
attraverso il controllo su ciò<br />
che ci circonda, quell’armonia<br />
e quel rispetto che abbiamo<br />
perso ormai da troppo tempo.<br />
Cresce il numero di <strong>rettili</strong><br />
e anfibi come animali <strong>domestici</strong><br />
<strong>nel</strong> <strong>Regno</strong> <strong>Unito</strong>, che addirittura<br />
arrivano a superare<br />
la presenza dei <strong>cani</strong> <strong>nel</strong>le famiglie<br />
inglesi. Dietro a scelte<br />
come quella di costringere un<br />
essere vivente con caratteristiche<br />
etologiche completamente<br />
diverse dalle nostre, facendolo<br />
vivere in un habitat così diverso<br />
da quello in cui è nato, si<br />
nasconde il nostro profondo<br />
egoismo e l’ignoranza più bieca,<br />
che ci allontana sempre di<br />
più dal significato vero della<br />
nostra esistenza. Laboratori di<br />
sperimentazione continuano<br />
a infliggere sofferenze atroci<br />
in nome delle cose più varie,<br />
tra cui gli interessi economici,<br />
tranne sicuramente che in<br />
nome della scienza. Eppure le<br />
maggiori riviste scientifiche<br />
hanno ormai indicato nuove<br />
tecnologie a disposizione<br />
della ricerca basate su metodi<br />
alternativi più efficaci e meno<br />
costosi, che potrebbero risparmiare<br />
migliaia di vite, sacrificate<br />
ogni minuto, <strong>nel</strong>l’indifferenza<br />
generale. Così come gli<br />
zoo, gli acquari e i circhi continuano<br />
a speculare sulla pelle di<br />
innocenti creature, rinchiuse<br />
in spazi angusti e non conformi<br />
alla loro natura <strong>nel</strong> nome<br />
della cosiddetta “educazione”,<br />
che nulla ha a che fare con la<br />
vera conoscenza del mondo.<br />
Che educazione può essere<br />
quella che insegna ai nostri figli<br />
un mondo falso, che mostra<br />
animali dietro alle sbarre solo<br />
per il nostro perverso divertimento?<br />
Mi auguro ancora che<br />
gli “umani” si ravvedano e che<br />
il cammino indicato da molti<br />
(anche se sempre troppo pochi)<br />
illuminati ci induca a un<br />
cambiamento del nostro modo<br />
di vivere. Partendo dal rispetto<br />
di ogni vita su questo pianeta<br />
non possiamo che giungere<br />
al rispetto di noi stessi, alla<br />
consapevolezza che vivere <strong>nel</strong><br />
rispetto di tutto ciò che ci circonda<br />
è l’unica vita che vale la<br />
pena di essere vissuta.
2<br />
martedì 30 dicembre 2008<br />
Il record del 2008 va all’Australia<br />
Una ricerca svolta <strong>nel</strong> Pacifico ha permesso di conoscere l’esistenza di coralli, meduse, crostacei e pesci sconosciuti fino a poco tempo fa<br />
dalla prima<br />
È<br />
sempre boom per le<br />
nuove scoperte di specie<br />
animali. Nel 2007<br />
secondo i ricercatori della<br />
rivista Nature ne sono state<br />
trovate 700 nuove e anche il<br />
2008 si avvia a essere un anno<br />
prolifico in questo senso. Negli<br />
ultimi mesi, infatti, si sono<br />
verificate una serie di scoperte<br />
interessanti in diverse<br />
parti del mondo. In Tanzania<br />
Michele Menegon, ricercatore<br />
del museo di Scienze naturali<br />
di Trento, ha scoperto 17<br />
nuove specie di <strong>rettili</strong> e anfibi<br />
dopo oltre due mesi trascorsi<br />
<strong>nel</strong>le remote foreste sui<br />
monti Nguru, uno dei luoghi<br />
meno esplorati della Terra.<br />
Una spedizione composta<br />
da scienziati brasiliani, insieme<br />
ai colleghi della Ong<br />
americana Conservation international,<br />
hanno scoperto<br />
una rarissima lucertola senza<br />
zampe e almeno altre 14<br />
specie mai studiate finora<br />
durante una spedizione <strong>nel</strong><br />
Cerrado, la savana tropicale<br />
del Brasile grande quasi<br />
quanto metà Europa, considerata<br />
insieme all’Amazzonia<br />
uno dei patrimoni della biodiversità<br />
mondiale. Le specie<br />
scoperte sono molto diverse<br />
fra loro: otto tipi di pesci, tre<br />
<strong>rettili</strong>, un mammifero e un<br />
uccello nano.<br />
Nelle remote foreste del Congo,<br />
in una zona estremamente<br />
inaccessibile agli scienziati,<br />
la spedizione del World conservation<br />
society e del Wwf<br />
ha trovato sei nuove specie<br />
animali, oltre a un tesoro di<br />
biodiversità. Gli scienziati<br />
hanno perlustrato la foresta<br />
a ovest del lago Tanganika.<br />
In due mesi sono stati trovati<br />
una nuova specie di pipistrello,<br />
due di toporagno, un nuovo<br />
roditore e due di rane, ma<br />
non solo: oltre agli animali<br />
sconosciuti la regione si è rivelata<br />
una miniera di specie a<br />
rischio. L’elenco delle colonie<br />
rinvenute sembra tratto da<br />
un manuale sulla biodiversità:<br />
scimpanzè e altri tipi di<br />
scimmie, bufali, leopardi, ma<br />
anche uccelli, <strong>rettili</strong> e anfibi. I<br />
ricercatori hanno anche raccolto<br />
migliaia di campioni di<br />
piante, di cui il 10 per cento<br />
è risultato impossibile da<br />
identificare da parte dei botanici<br />
della spedizione ed è<br />
attualmente allo studio degli<br />
esperti. «Se in così poco tempo<br />
abbiamo trovato sei nuove<br />
specie - ha commentato Andrew<br />
Plumptre, che ha partecipato<br />
alla missione - si può<br />
solo immaginare cos’altro ci<br />
sia da scoprire».<br />
I ricercatori del Conservation<br />
international hanno scoperto<br />
52 nuove specie di pesci<br />
<strong>nel</strong> Pacifico, in una zona di<br />
L’evoluzione si misura<br />
anche con la resistenza<br />
all’odore<br />
Per gli esseri umani i profumi sono importanti. Per accettazione<br />
sociale, per essere più attraenti, come mezzo per<br />
comunicare stati d’animo. Anche <strong>nel</strong> mondo vegetale e<br />
animale i profumi sono un elemento la cui importanza è<br />
fuori discussione. Le piante li usano per attirare gli insetti<br />
impollinatori, gli animali per “marcare” il loro territorio<br />
o per attirare o “annusare” un compagno con cui accoppiarsi.<br />
Ma il ruolo dell’odore <strong>nel</strong>lo sfruttamento di una<br />
specie animale su un’altra, con tanto di fiore in mezzo a<br />
fare da “arbitro” e capace persino di influenzare il patrimonio<br />
genetico di una delle specie animali interessate, è<br />
sicuramente poco noto. I protagonisti di questo singolare<br />
intrigo “animal-floreale” sono rispettivamente una bella<br />
farfalla di colore blu, la Maculinea, le formiche rosse e<br />
una genziana dal nome comune assai curioso: la Gentiana<br />
pneumonanthe, che in Italia si trova <strong>nel</strong>le regioni del<br />
Nord e sulle Alpi. La Maculinea depone le sue uova sulle<br />
foglie di questa genziana, a sua volta frequentata da una<br />
specie di formiche rosse. Dalle uova si sviluppa un bruco,<br />
che inizia a emettere un odore che “inganna” le formiche<br />
inducendole a credere che si tratti di una loro larva. Le formiche<br />
quindi “adottano” il bruco e iniziano a nutrirlo, trascurando<br />
completamente le vere larve di formica, che ne<br />
fanno le spese. Ma la cosa più straordinaria, dimostrata da<br />
studi recenti condotti dall’università di Copenaghen, è che<br />
queste formiche possono sviluppare geneticamente una<br />
sorta di resistenza a questo inganno, secernendo sostanze<br />
chimiche che modificano l’odore del bruco di Maculinea,<br />
mentre altre popolazioni di formiche, che invece vivono<br />
in luoghi dove queste genziane sono assenti, non sono in<br />
grado di diventare resistenti all’inganno. Inoltre è stato dimostrato<br />
che, generalmente, la “resistenza” non viene trasmessa<br />
dalle formiche rosse parassitate a quelle che non<br />
lo sono state, anche se queste ultime occupano le stesse<br />
aree in cui vegeta la genziana. Ma non basta. La capacità<br />
di alterare l’odore del bruco può essere trasmessa solo <strong>nel</strong><br />
caso in cui una formica regina “non resistente” si accoppi<br />
con maschi di colonie “resistenti” e non viceversa. Sembra<br />
complicato, ma non lo è: in altri termini, si proverebbe<br />
che una specie può evolvere la resistenza a un determinato<br />
fattore per essa negativo attraverso la trasmissioni di geni,<br />
ma solo quando essi sono legati al sesso. Queste riflessioni<br />
appartengono al campo della biologia evoluzionistica e<br />
aprono la strada a ulteriori, interessanti ricerche anche in<br />
campo biochimico.<br />
mare ritenuta tra le più interessanti<br />
e incontaminate<br />
del mondo dal punto di vista<br />
faunistico: si trova attorno<br />
alla penisola di Bird’s Head,<br />
all’estremità occidentale della<br />
Nuova Guinea. In particolare,<br />
i biologi marini hanno trovato<br />
24 nuove specie di pesci,<br />
20 di corallo e 8 di gamberi.<br />
Un altro rapporto del Wwf,<br />
denominato “First contact in<br />
the greater Mekong”, ha riservato<br />
altre sorprese: un ragno<br />
predatore grande come un<br />
piatto (30 cm), un millepiedi<br />
rosa shocking che produce<br />
cianuro, una stupefacente<br />
vipera verde trovata su una<br />
trave di un ristorante di Khao<br />
Yai, un parco nazionale <strong>nel</strong><br />
Nord della Thailandia. Sono<br />
questi solo alcuni esempi del<br />
tesoro biologico scoperto<br />
Peter Trott del Wwf locale: «Si<br />
tratta di una conquista scientifica<br />
eccezionale. Ora dobbiamo<br />
studiare quali cambiamenti <strong>nel</strong>la<br />
gestione dell’ambiente marino<br />
saranno necessari per tutelare<br />
questi animali»<br />
Proteggere la natura<br />
Dai parchi degli Usa a quello del Gran Paradiso, la storia dei luoghi deputati alla tutela del pianeta<br />
Simone Di Meo<br />
s.dimeo@notizieverdi.it<br />
Uno degli obiettivi principali<br />
della protezione della natura<br />
è la conservazione della<br />
biodiversità, intesa come insieme<br />
delle forme di vita che popolano<br />
la Terra. Fin dall’antichità l’uomo<br />
ha tutelato parti di territorio, per<br />
finalità e scopi non direttamente<br />
riconducibili alla salvaguardia della<br />
biodiversità. È il caso dei boschi sacri<br />
della civiltà mediterranea o della<br />
cinta di Roma o ancora delle foreste<br />
appenniniche dell’Abetone e del<br />
Parco nazionale delle foreste casentinesi,<br />
conservatisi anche grazie alla<br />
presenza di eremi e monasteri che<br />
ne scoraggiavano lo sfruttamento<br />
pesante. L’istituzione di riserve di<br />
caccia a opera di famiglie nobili ha<br />
spesso permesso il mantenimento<br />
in condizioni di elevata naturalità<br />
di interi territori e la sopravvivenza<br />
di specie altrimenti estinte; basti<br />
ricordare la storia del primo parco<br />
nazionale italiano, il Gran Paradiso.<br />
Sono statunitensi i primi parchi<br />
naturali nazionali: <strong>nel</strong> 1872 viene<br />
istituito Yellowstone, <strong>nel</strong> Wyoming<br />
e, poco tempo dopo, <strong>nel</strong> 1880, Yosemite,<br />
in California; le note a commento<br />
dell’atto legislativo istitutivo<br />
dello Yellowstone sottolineano l’ampia<br />
approvazione in seno al Congresso<br />
e la massiccia mobilitazione<br />
dell’opinione pubblica sensibilizzata<br />
verso la necessità di preservare le<br />
bellezze naturali a beneficio dell’intera<br />
collettività nazionale, senza<br />
distinzione di rango. In Europa <strong>nel</strong><br />
corso del Diciannovesimo secolo vi<br />
sono state iniziative a favore di singole<br />
specie pesantemente sfruttate;<br />
le prime leggi di protezione della<br />
natura risalgono agli inizi del Novecento,<br />
ma è la Svizzera, <strong>nel</strong> 1914,<br />
la prima nazione europea a realizzare<br />
un parco nazionale con criteri<br />
e finalità di salvaguardia scientifica,<br />
l’Engadina. Negli anni successivi si<br />
dagli scienziati <strong>nel</strong>l’immensa<br />
foresta del Mekong (4425<br />
km) che attraversa l’Asia<br />
meridionale. In questa zona<br />
sono state censite, tra il 1997<br />
e il 2007, circa 1.068 nuove<br />
specie. Come già verificato<br />
per il crotalo, non sono state<br />
trovate tutte in zone inesplorate:<br />
un ratto che si pensava<br />
estinto 11 milioni di anni fa è<br />
stato rinvenuto dagli scienziati<br />
in un mercato locale a Thakhek,<br />
in Laos. Ma il record di<br />
scoperte di quest’anno spetta<br />
all’Australia. I risultati di una<br />
ricerca durata quattro anni<br />
hanno messo in evidenza<br />
centinaia di nuove specie animali<br />
<strong>nel</strong>la barriera corallina.<br />
Coralli, meduse, crostacei e<br />
pesci sono stati documentati<br />
in un inventario che farà parte<br />
del censimento mondiale della<br />
vita marina finanziato da<br />
susseguirono altre istituzioni in tutta<br />
l’Europa: in Italia, il Gran Paradiso<br />
<strong>nel</strong> 1922, il Parco d’Abruzzo <strong>nel</strong><br />
1923, il Circeo <strong>nel</strong> 1934 e lo Stelvio<br />
<strong>nel</strong> 1935 per citare solo quelli definiti<br />
storici. I criteri istitutivi dei<br />
parchi non sono uniformi: accanto<br />
a impostazioni quasi esclusivamente<br />
protezionistiche quali quella<br />
dell’Engadina, ci sono quelle di tipo<br />
paesaggistico-ricreative, negli Stati<br />
Uniti, o di tipo misto in Inghilterra,<br />
Germania od Olanda. I primi tentativi<br />
di uniformare i criteri di classificazione<br />
e giungere a una definizione<br />
universalmente accettabile di parco<br />
nazionale risalgono alle conferenze<br />
di Londra del 1933 e di Washington<br />
del 1940 ma, malgrado gli sforzi, il<br />
panorama rimane estremamente<br />
diversificato perché condizionato<br />
dalle politiche dei diversi Paesi,<br />
ispirate a principi autonomi. Nel<br />
1948 nasce l’Unione internazionale<br />
per la conservazione della natura<br />
(Iucn), organismo sovranazionale<br />
di riferimento, cui viene affidato un<br />
programma per la classificazione<br />
delle aree protette. L’impostazione<br />
che ne scaturisce, basata sulla contrapposizione<br />
uomo-natura permarrà<br />
a lungo, fino alla conferenza<br />
mondiale sull’Ambiente tenutasi a<br />
L’ultimo trentennio del secolo scorso ha posto<br />
in primo piano la questione ambientale: da qui<br />
numerosi accordi internazionali per la protezione<br />
di specie animali e la Convenzione di Rio sulla<br />
diversità biologica<br />
governi, Nazioni unite e organizzazioni<br />
ambientaliste e<br />
che sarà pubblicato <strong>nel</strong> 2010.<br />
Sono state scoperte in particolare<br />
100 nuove specie di<br />
squali e razze marine al largo<br />
della costa orientale, che vanno<br />
ad aggiungersi alla grande<br />
varietà di squali australiana,<br />
la più ricca al mondo dopo<br />
quella dell’Indonesia. Una di<br />
esse, il Parascyllum elongatum,<br />
è così rara che l’unico<br />
esemplare conosciuto è stato<br />
trovato <strong>nel</strong>lo stomaco di un<br />
altro squalo. «Si tratta di una<br />
conquista scientifica eccezionale<br />
- ha dichiarato Peter<br />
Trott, responsabile per la fauna<br />
marina del Wwf locale -.<br />
Ora dobbiamo studiare quali<br />
cambiamenti <strong>nel</strong>la gestione<br />
dell’ambiente marino saranno<br />
necessari per proteggere questi<br />
animali». A.D.<br />
Stoccolma <strong>nel</strong> 1972, quando si arriva<br />
finalmente ad associare i problemi<br />
della conservazione a quelli<br />
dello sviluppo. L’ultimo trentennio<br />
del secolo scorso ha posto in primo<br />
piano la questione ambientale, l’aumento<br />
demografico, l’esaurirsi delle<br />
risorse naturali, l’inquinamento e<br />
i limiti di uno sviluppo incontrollato.<br />
Risalgono a quel periodo numerose<br />
convenzioni internazionali<br />
per la protezione di specie animali;<br />
ma l’atto più significativo rimane<br />
la “Convenzione di Rio de Janeiro<br />
sulla diversità biologica”, sottoscritta<br />
da 153 Paesi. In quegli anni cominciano<br />
a emergere i primi dubbi<br />
sul concetto di protezione della natura<br />
basata esclusivamente sull’individuazione<br />
di isole di naturalità<br />
nettamente separate dal resto del<br />
territorio e precluse all’intervento<br />
umano. Comincia anche a farsi<br />
strada la consapevolezza che la creazione<br />
di un’area protetta necessiti<br />
di confini basati su criteri ecologici<br />
e di studi più complessi e approfonditi<br />
che non la semplice definizione<br />
dei punti d’interesse. Solide basi<br />
scientifiche e la consapevolezza che<br />
proteggere la natura significa anche<br />
tutelare l’ambiente di vita dell’essere<br />
umano divengono i nuovi principi<br />
ispiratori della protezione della natura<br />
e di un modello di sviluppo sostenibile<br />
che sappia farsi carico tanto<br />
delle componenti antropiche che<br />
di quelle naturali. È per questo che<br />
nascono aree a elevata biodiversità<br />
come il Costa Rica o il Madagascar<br />
e le riserve create sulle spiagge di<br />
Lampedusa dove depone le uova la<br />
tartaruga marina.
Aumentano le torture<br />
in nome della scienza<br />
Scriveva il cardinale John Henry Newman: «C’è qualcosa<br />
di pauroso, di diabolico <strong>nel</strong>le torture inflitte a chi non ci<br />
ha mai fatto del male, non può difendersi ed è completamente<br />
in nostro potere». La sua affermazione, fatta alla<br />
fine dell’Ottocento, è ancora oggi di straordinaria attualità<br />
e definisce al meglio la pratica tuttora messa in atto di<br />
utilizzare gli animali per gli esperimenti scientifici. La Lav<br />
(Lega anti vivisezione) ha lanciato una nuova denuncia<br />
contro la vivisezione: sempre più cavalli, asini, bovini, suini,<br />
uccelli e pesci finiscono la loro vita in un laboratorio.<br />
La denuncia nasce sulla base dei dati relativi al numero<br />
degli animali utilizzati in Italia per fini scientifici e sperimentali<br />
durante i tre anni dal 2004 al 2006, resi noti, con<br />
il solito ritardo, dal ministero del Welfare. Rispetto ai tre<br />
anni precedenti, il ministero informa che sono stati utilizzati,<br />
a fini sperimentali, 221 tra cavalli e asini contro 90, più<br />
di 8.000 maiali contro meno di 7.000, quasi 3.000 bovini<br />
contro 1.500. A questo si aggiunge un notevole incremento<br />
<strong>nel</strong>l’utilizzo di uccelli (quasi 100mila contro 85mila) e pesci<br />
(45mila contro 8.000). Naturalmente gli animali ancora più<br />
rappresentati in questa vera e propria strage di cui pochissimi<br />
parlano, sono i roditori che, per mere ragioni di costo<br />
e maneggevolezza, vengono sacrificati a milioni. Tutto<br />
questo accade in contrasto al fatto che le nuove tecnologie<br />
mettono a disposizione della ricerca metodi alternativi assolutamente<br />
validati che potrebbero risparmiare centinaia<br />
di migliaia di vite, sacrificate inutilmente su freddi banconi<br />
di laboratorio. Il quadro è ulteriormente aggravato dalle<br />
autorizzazioni in deroga, ovvero dalla possibilità di utilizzare<br />
<strong>cani</strong>, gatti e primati (non umani) o altre specie per<br />
fini didattici e senza fare ricorso ad anestetici. Se pensiamo<br />
che, ancora oggi, vengono testati sulle cavie profumi,<br />
unguenti e belletti e che detersivi e altri prodotti chimici<br />
per la casa finiscono negli occhi di poveri animali, prima<br />
che su piatti o pavimenti, dobbiamo renderci conto della<br />
mostruosità che implica questo tipo di sperimentazione e<br />
di quanto fossero vere le parole del cardinale Newman.<br />
Tutti li abbiamo visitati con gioia<br />
da bambini, e molti di noi<br />
hanno accompagnato i propri<br />
figli a visitarli, magari spiegando<br />
che tenere gli animali selvatici dietro<br />
le sbarre di una gabbia o dentro un<br />
recinto serve, oltre che a farli vedere<br />
da vicino a chi non ha la possibilità di<br />
fare un safari in Africa, anche a proteggere<br />
certe specie a rischio d’estinzione.<br />
Ma il diffuso luogo comune<br />
che presenta molti zoo e zoo-safari<br />
come una sorta di moderne “arche di<br />
Noè” o di riserve protette ha ricevuto<br />
un duro colpo da uno studio pubblicato<br />
sulla rivista Science. Una ricerca<br />
dell’university of Guelph, condotta<br />
su migliaia di elefanti ospitati negli<br />
zoo di tutto il mondo, dimostra che<br />
gli elefanti in cattività muoiono più<br />
giovani degli elefanti che vivono liberi<br />
<strong>nel</strong>la savana; e gli elefante nati<br />
negli zoo, anziché catturati in savana<br />
e poi trasportati in uno zoo, hanno<br />
statisticamente la vita più breve di<br />
tutti. Già si sapeva che gli elefanti<br />
tenuti negli zoo, così come altre specie<br />
in cattività, soffrono di disturbi<br />
comportamentali (il camminare<br />
ossessivamente avanti e indietro,<br />
casi di infanticidio) e segni di chiaro<br />
stress fisico. Il nuovo studio, il primo<br />
<strong>nel</strong> suo genere, rivela che la cattività<br />
danneggia non solo la salute degli<br />
elefanti ma pure la loro longevità e la<br />
loro capacità riproduttiva. Lo studio<br />
smentisce infatti che la popolazione<br />
degli elefanti negli zoo mondiali si<br />
riproduca autonomamente, cioè con<br />
un numero di nascite in cattività pari<br />
a quello dei decessi, affermando che<br />
soltanto la cattura di nuovi esemplari<br />
permette agli zoo di continuare<br />
ad avere abbastanza elefanti. Il rapporto<br />
esorta i governi occidentali<br />
ad approvare un bando alla cattura<br />
e all’importazione di elefanti selvatici.<br />
E secondo il quotidiano Inde-<br />
Elida Sergi<br />
e.sergi@notizieverdi.it<br />
Il mondo della biodiversità<br />
è ancora uno scrigno<br />
pieno di tesori da<br />
scoprire, alcuni del tutto<br />
inaspettati, in un pianeta<br />
dove tutto sembra indagato<br />
e classificato. L’Africa in particolar<br />
modo è un continente<br />
ancora da scoprire.<br />
Ci hanno provato a partire<br />
dallo scorso anno alcuni<br />
studiosi, per mezzo di una<br />
spedizione scientifica della<br />
Wildlife conservation<br />
society Usa. I ricercatori<br />
avrebbero scoperto 6 nuove<br />
specie di animali <strong>nel</strong>l’Est<br />
della Repubblica democratica<br />
del Congo, in una regione<br />
boscosa a ovest del lago<br />
Tanganika, che gli scienziati<br />
non raggiungevano da anni<br />
a causa della sanguinosa<br />
guerra che ha sconvolto il<br />
cuore verde dell’Africa nera.<br />
Gli scienziati ameri<strong>cani</strong>, tra<br />
gennaio e marzo, avrebbero<br />
classificato 2 nuove specie<br />
di rane, 1 di pipistrello e 3<br />
di roditori. Inoltre, anche 4<br />
nuove specie di mammiferi,<br />
cosa sempre più rara da<br />
scoprire. La vita animale<br />
sta quindi dimostrando di<br />
sopravvivere anche in quei<br />
luoghi che per dieci anni<br />
sono stati sconvolti da quella<br />
che <strong>nel</strong> continente viene<br />
chiamata la “prima guerra<br />
mondiale africana”, che ha<br />
fatto più di quattro milioni<br />
La sofferenza vive in gabbia<br />
Secondo una ricerca della university of Guelph <strong>nel</strong>lo zoo gli elefanti muoiono più giovani che in savana<br />
Redazione<br />
redazione@notizieverdi.it<br />
pendent di Londra, che ne anticipa<br />
il contenuto, questo atto di accusa<br />
potrebbe valere anche per altri animali<br />
in cattività, come i rinoceronti<br />
e i grossi carnivori. E <strong>nel</strong> mirino delle<br />
critiche sono finiti anche i circhi. In<br />
Italia queste notizie hanno convinto<br />
alcuni sindaci a emanare ordinanze<br />
con le quali si vieta l’insediamento<br />
all’interno delle aree cittadine dei<br />
tendoni circensi qualora sia previsto<br />
l’utilizzo di animali negli spettacoli.<br />
Questi provvedimenti non sono<br />
però semplici casi isolati, ma si pongono<br />
in linea di continuità con una<br />
serie di prese di posizione, in primis<br />
con quella del nostro Parlamento. Lo<br />
scorso 30 luglio, infatti, con un’iniziativa<br />
parlamentare, il deputato Gabriella<br />
Giammanco, insieme ad altri<br />
colleghi, ha presentato alla Camera<br />
martedì 30 dicembre 2008 3<br />
Africa, uno scrigno di tesori<br />
In un continente ancora tutto da scoprire i ricercatori provano a classificare tutti i nuovi esemplari<br />
il progetto di legge 1564 dal titolo<br />
“Norme per la graduale dismissione<br />
dell’uso di animali da parte dei circhi<br />
e per il sostegno dello spettacolo circense”.<br />
Si tratta di un disegno di legge<br />
che mira a mettere fine alla presenza<br />
di animali <strong>nel</strong>le gabbie e negli spettacoli<br />
circensi e che ha coinvolto e<br />
sta coinvolgendo deputati di tutti gli<br />
schieramenti, insieme alla Lega antivivisezione<br />
e all’Ente nazionale per la<br />
protezione animali, che da tempo si<br />
<strong>battono</strong> per difenderne i diritti. Secondo<br />
la nuova normativa le risorse<br />
del Fondo unico per lo spettacolo andranno<br />
solo ai circhi e agli spettacoli<br />
viaggianti che non utilizzeranno animali.<br />
Inoltre sarà precluso l’ingresso<br />
<strong>nel</strong> nostro Paese di tutti i circhi stranieri<br />
che continueranno a utilizzare<br />
gli animali <strong>nel</strong>le loro esibizioni. <br />
Nel mirino anche i circhi: secondo una<br />
proposta di legge presentata <strong>nel</strong> luglio<br />
scorso in Parlamento otterranno fondi solo<br />
i spettacoli itineranti che non utilizzeranno<br />
animali per le loro performances<br />
Prima è toccato al Congo, con la<br />
scoperta di 6 nuove specie, di recente<br />
invece è stata la volta della Tanzania.<br />
Qui Michele Menegon, ricercatore di<br />
Trento, ha catalogato 97 nuovi gruppi<br />
animali di cui alcuni sconosciuti<br />
di vittime umane, distrutto<br />
interi habitat e messo in pericolo<br />
numerose popolazioni<br />
di animali. Evidentemente<br />
la guerra e la ferocia umana<br />
non hanno raggiunto i 2.700<br />
metri di altezza di questo<br />
santuario della natura situato<br />
vicino alle rive del Tanganika,<br />
ancora miracolosamente<br />
intatto. Una regione già conosciuta<br />
dai ricercatori per<br />
la sua biodiversità e dove vivono<br />
numerosi esemplari di<br />
grandi mammiferi come bufali,<br />
elefanti, leopardi e scimpanzé.<br />
Dopo la spedizione e<br />
le scoperte, i capi dei villaggi<br />
locali si sarebbero detti favorevoli<br />
all’istituzione di un<br />
parco naturale per proteggere<br />
l’ambiente e i suoi abitanti<br />
umani e animali.<br />
Le formiche killer<br />
invadono l’Europa<br />
Diciassette nuove specie di<br />
<strong>rettili</strong> e anfibi sono state invece<br />
recentemente scoperte<br />
in Tanzania da Michele<br />
Menegon, ricercatore del<br />
museo di Scienze naturali di<br />
Trento. Dopo oltre due mesi<br />
passati <strong>nel</strong>le remote foreste<br />
sui monti Nguru, uno dei<br />
luoghi meno esplorati della<br />
Terra, sono state catalogate<br />
97 specie tra le quali alcune<br />
del tutto sconosciute.<br />
Il record di stranezza (e di<br />
bruttezza), a detta dello stesso<br />
ricercatore, è stato vinto<br />
da un rospo di soli 4 cm interamente<br />
coperto di grosse<br />
ghiandole, che producono<br />
secrezioni tossiche, probabilmente<br />
utilizzate dall’animale<br />
come sistema antipredatorio.<br />
Ma queste specie<br />
rischiano di estinguersi<br />
ancora prima di essere conosciute<br />
dall’uomo. Questo<br />
habitat, infatti, è minacciato<br />
dalle popolazioni indigene<br />
che vivono ai margini della<br />
foresta e che preferiscono<br />
abbattere e bruciare gli alberi<br />
per trasformare la regione<br />
in coltivazioni di mais, patate<br />
e altri ortaggi. <br />
Ha già invaso Varsavia, Ginevra e la cittadina di Jena<br />
in Germania: la nuova e più aggressiva specie di formiche<br />
da giardino, la Lasius neglectus, con ogni probabilità<br />
asiatica, sta lentamente colonizzando parchi<br />
e giardini di mezza Europa annientando le specie autoctone<br />
<strong>nel</strong> loro ambiente. Un’invasione silenziosa,<br />
ottimo esempio di quel fenomeno chiamato “bioinvasione”,<br />
che preoccupa sempre più biologi ed etologi. In<br />
apparenza sono simili alle comuni formiche nere da<br />
giardino, ma le Lasius neglectus hanno una struttura<br />
sociale molto diversa. Le regine, infatti, non lasciano<br />
la colonia per fondarne una nuova, ma si accoppiano<br />
con i maschi della colonia d’origine, espandendola e<br />
facendo crescere enormemente il numero di formiche<br />
che scavano <strong>nel</strong> suolo per costruire nuovi nidi, finché<br />
l’area non risulti popolata da una sorta di “supercolonia”.<br />
In pratica, una volta stabilitasi in un luogo, questa<br />
specie riesce a imporsi senza grosse difficoltà sulle altre,<br />
dominando l’intera fauna locale.<br />
Inoltre, queste formiche prosperano in ambienti urbani<br />
anziché in habitat naturali. In questo caso si tratta di<br />
colonie altamente infestanti, dalle dieci alle cento volte<br />
più numerose di quelle native europee, come si legge<br />
in uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Plos<br />
One. La Lasius neglectus è onnivora e ben si adatta al<br />
nuovo ambiente. Questa formica eurasiatica è arrivata<br />
dalle nostre parti grazie all’uomo. Fu scoperta <strong>nel</strong> 1990<br />
in Ungheria. Poi trasportata attraverso l’Europa probabilmente<br />
<strong>nel</strong>la terra usata per far crescere le piante:<br />
le sue colonie sono oggi presenti in oltre cento luoghi<br />
fra Francia, Germania, Polonia e Belgio, riferisce Sylvia<br />
Cremer dell’università di Ratisbona in Germania,<br />
tra gli autori dello studio. Gli esperti sono convinti che<br />
sia solo questione di tempo: implacabile, rapida e quasi<br />
invisibile la formica invasiva colonizzerà ben presto<br />
gran parte d’Europa.
SI RINGRAZIA LʼEDITORE PER LO SPAZIO CONCESSO<br />
POCO DI BUONO.<br />
QUESTʼUOVO ' E UN AVANZO DI GALERA. SUA MADRE VIVE ANCORA IN GABBIA. CON ALTRE<br />
MIGLIAIA DI GALLINE. DI COSA SIANO COLPEVOLI NON SI SA. QUALCOSA DI ORRIBILE VISTO COME LE<br />
TRATTANO. AMMASSATE UNA SULL'ALTRA, NON POSSONO NEMMENO GIRARSI. PER IMPEDIRE CHE SI<br />
AGGREDISCANO DEVONO ADDIRITTURA AMPUTARGLI I BECCHI. CREDI CHE POSSA NASCERE QUALCOSA<br />
DI BUONO IN QUESTE CONDIZIONI? FAI QUALCOSA DI BUONO TU: NON COMPRARE UOVA DI GALLINE<br />
ALLEVATE IN GABBIA. WWW.LAV.IT