Animali domestici: nel Regno Unito i rettili battono i cani - Verdi
Animali domestici: nel Regno Unito i rettili battono i cani - Verdi
Animali domestici: nel Regno Unito i rettili battono i cani - Verdi
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
Aumentano le torture<br />
in nome della scienza<br />
Scriveva il cardinale John Henry Newman: «C’è qualcosa<br />
di pauroso, di diabolico <strong>nel</strong>le torture inflitte a chi non ci<br />
ha mai fatto del male, non può difendersi ed è completamente<br />
in nostro potere». La sua affermazione, fatta alla<br />
fine dell’Ottocento, è ancora oggi di straordinaria attualità<br />
e definisce al meglio la pratica tuttora messa in atto di<br />
utilizzare gli animali per gli esperimenti scientifici. La Lav<br />
(Lega anti vivisezione) ha lanciato una nuova denuncia<br />
contro la vivisezione: sempre più cavalli, asini, bovini, suini,<br />
uccelli e pesci finiscono la loro vita in un laboratorio.<br />
La denuncia nasce sulla base dei dati relativi al numero<br />
degli animali utilizzati in Italia per fini scientifici e sperimentali<br />
durante i tre anni dal 2004 al 2006, resi noti, con<br />
il solito ritardo, dal ministero del Welfare. Rispetto ai tre<br />
anni precedenti, il ministero informa che sono stati utilizzati,<br />
a fini sperimentali, 221 tra cavalli e asini contro 90, più<br />
di 8.000 maiali contro meno di 7.000, quasi 3.000 bovini<br />
contro 1.500. A questo si aggiunge un notevole incremento<br />
<strong>nel</strong>l’utilizzo di uccelli (quasi 100mila contro 85mila) e pesci<br />
(45mila contro 8.000). Naturalmente gli animali ancora più<br />
rappresentati in questa vera e propria strage di cui pochissimi<br />
parlano, sono i roditori che, per mere ragioni di costo<br />
e maneggevolezza, vengono sacrificati a milioni. Tutto<br />
questo accade in contrasto al fatto che le nuove tecnologie<br />
mettono a disposizione della ricerca metodi alternativi assolutamente<br />
validati che potrebbero risparmiare centinaia<br />
di migliaia di vite, sacrificate inutilmente su freddi banconi<br />
di laboratorio. Il quadro è ulteriormente aggravato dalle<br />
autorizzazioni in deroga, ovvero dalla possibilità di utilizzare<br />
<strong>cani</strong>, gatti e primati (non umani) o altre specie per<br />
fini didattici e senza fare ricorso ad anestetici. Se pensiamo<br />
che, ancora oggi, vengono testati sulle cavie profumi,<br />
unguenti e belletti e che detersivi e altri prodotti chimici<br />
per la casa finiscono negli occhi di poveri animali, prima<br />
che su piatti o pavimenti, dobbiamo renderci conto della<br />
mostruosità che implica questo tipo di sperimentazione e<br />
di quanto fossero vere le parole del cardinale Newman.<br />
Tutti li abbiamo visitati con gioia<br />
da bambini, e molti di noi<br />
hanno accompagnato i propri<br />
figli a visitarli, magari spiegando<br />
che tenere gli animali selvatici dietro<br />
le sbarre di una gabbia o dentro un<br />
recinto serve, oltre che a farli vedere<br />
da vicino a chi non ha la possibilità di<br />
fare un safari in Africa, anche a proteggere<br />
certe specie a rischio d’estinzione.<br />
Ma il diffuso luogo comune<br />
che presenta molti zoo e zoo-safari<br />
come una sorta di moderne “arche di<br />
Noè” o di riserve protette ha ricevuto<br />
un duro colpo da uno studio pubblicato<br />
sulla rivista Science. Una ricerca<br />
dell’university of Guelph, condotta<br />
su migliaia di elefanti ospitati negli<br />
zoo di tutto il mondo, dimostra che<br />
gli elefanti in cattività muoiono più<br />
giovani degli elefanti che vivono liberi<br />
<strong>nel</strong>la savana; e gli elefante nati<br />
negli zoo, anziché catturati in savana<br />
e poi trasportati in uno zoo, hanno<br />
statisticamente la vita più breve di<br />
tutti. Già si sapeva che gli elefanti<br />
tenuti negli zoo, così come altre specie<br />
in cattività, soffrono di disturbi<br />
comportamentali (il camminare<br />
ossessivamente avanti e indietro,<br />
casi di infanticidio) e segni di chiaro<br />
stress fisico. Il nuovo studio, il primo<br />
<strong>nel</strong> suo genere, rivela che la cattività<br />
danneggia non solo la salute degli<br />
elefanti ma pure la loro longevità e la<br />
loro capacità riproduttiva. Lo studio<br />
smentisce infatti che la popolazione<br />
degli elefanti negli zoo mondiali si<br />
riproduca autonomamente, cioè con<br />
un numero di nascite in cattività pari<br />
a quello dei decessi, affermando che<br />
soltanto la cattura di nuovi esemplari<br />
permette agli zoo di continuare<br />
ad avere abbastanza elefanti. Il rapporto<br />
esorta i governi occidentali<br />
ad approvare un bando alla cattura<br />
e all’importazione di elefanti selvatici.<br />
E secondo il quotidiano Inde-<br />
Elida Sergi<br />
e.sergi@notizieverdi.it<br />
Il mondo della biodiversità<br />
è ancora uno scrigno<br />
pieno di tesori da<br />
scoprire, alcuni del tutto<br />
inaspettati, in un pianeta<br />
dove tutto sembra indagato<br />
e classificato. L’Africa in particolar<br />
modo è un continente<br />
ancora da scoprire.<br />
Ci hanno provato a partire<br />
dallo scorso anno alcuni<br />
studiosi, per mezzo di una<br />
spedizione scientifica della<br />
Wildlife conservation<br />
society Usa. I ricercatori<br />
avrebbero scoperto 6 nuove<br />
specie di animali <strong>nel</strong>l’Est<br />
della Repubblica democratica<br />
del Congo, in una regione<br />
boscosa a ovest del lago<br />
Tanganika, che gli scienziati<br />
non raggiungevano da anni<br />
a causa della sanguinosa<br />
guerra che ha sconvolto il<br />
cuore verde dell’Africa nera.<br />
Gli scienziati ameri<strong>cani</strong>, tra<br />
gennaio e marzo, avrebbero<br />
classificato 2 nuove specie<br />
di rane, 1 di pipistrello e 3<br />
di roditori. Inoltre, anche 4<br />
nuove specie di mammiferi,<br />
cosa sempre più rara da<br />
scoprire. La vita animale<br />
sta quindi dimostrando di<br />
sopravvivere anche in quei<br />
luoghi che per dieci anni<br />
sono stati sconvolti da quella<br />
che <strong>nel</strong> continente viene<br />
chiamata la “prima guerra<br />
mondiale africana”, che ha<br />
fatto più di quattro milioni<br />
La sofferenza vive in gabbia<br />
Secondo una ricerca della university of Guelph <strong>nel</strong>lo zoo gli elefanti muoiono più giovani che in savana<br />
Redazione<br />
redazione@notizieverdi.it<br />
pendent di Londra, che ne anticipa<br />
il contenuto, questo atto di accusa<br />
potrebbe valere anche per altri animali<br />
in cattività, come i rinoceronti<br />
e i grossi carnivori. E <strong>nel</strong> mirino delle<br />
critiche sono finiti anche i circhi. In<br />
Italia queste notizie hanno convinto<br />
alcuni sindaci a emanare ordinanze<br />
con le quali si vieta l’insediamento<br />
all’interno delle aree cittadine dei<br />
tendoni circensi qualora sia previsto<br />
l’utilizzo di animali negli spettacoli.<br />
Questi provvedimenti non sono<br />
però semplici casi isolati, ma si pongono<br />
in linea di continuità con una<br />
serie di prese di posizione, in primis<br />
con quella del nostro Parlamento. Lo<br />
scorso 30 luglio, infatti, con un’iniziativa<br />
parlamentare, il deputato Gabriella<br />
Giammanco, insieme ad altri<br />
colleghi, ha presentato alla Camera<br />
martedì 30 dicembre 2008 3<br />
Africa, uno scrigno di tesori<br />
In un continente ancora tutto da scoprire i ricercatori provano a classificare tutti i nuovi esemplari<br />
il progetto di legge 1564 dal titolo<br />
“Norme per la graduale dismissione<br />
dell’uso di animali da parte dei circhi<br />
e per il sostegno dello spettacolo circense”.<br />
Si tratta di un disegno di legge<br />
che mira a mettere fine alla presenza<br />
di animali <strong>nel</strong>le gabbie e negli spettacoli<br />
circensi e che ha coinvolto e<br />
sta coinvolgendo deputati di tutti gli<br />
schieramenti, insieme alla Lega antivivisezione<br />
e all’Ente nazionale per la<br />
protezione animali, che da tempo si<br />
<strong>battono</strong> per difenderne i diritti. Secondo<br />
la nuova normativa le risorse<br />
del Fondo unico per lo spettacolo andranno<br />
solo ai circhi e agli spettacoli<br />
viaggianti che non utilizzeranno animali.<br />
Inoltre sarà precluso l’ingresso<br />
<strong>nel</strong> nostro Paese di tutti i circhi stranieri<br />
che continueranno a utilizzare<br />
gli animali <strong>nel</strong>le loro esibizioni. <br />
Nel mirino anche i circhi: secondo una<br />
proposta di legge presentata <strong>nel</strong> luglio<br />
scorso in Parlamento otterranno fondi solo<br />
i spettacoli itineranti che non utilizzeranno<br />
animali per le loro performances<br />
Prima è toccato al Congo, con la<br />
scoperta di 6 nuove specie, di recente<br />
invece è stata la volta della Tanzania.<br />
Qui Michele Menegon, ricercatore di<br />
Trento, ha catalogato 97 nuovi gruppi<br />
animali di cui alcuni sconosciuti<br />
di vittime umane, distrutto<br />
interi habitat e messo in pericolo<br />
numerose popolazioni<br />
di animali. Evidentemente<br />
la guerra e la ferocia umana<br />
non hanno raggiunto i 2.700<br />
metri di altezza di questo<br />
santuario della natura situato<br />
vicino alle rive del Tanganika,<br />
ancora miracolosamente<br />
intatto. Una regione già conosciuta<br />
dai ricercatori per<br />
la sua biodiversità e dove vivono<br />
numerosi esemplari di<br />
grandi mammiferi come bufali,<br />
elefanti, leopardi e scimpanzé.<br />
Dopo la spedizione e<br />
le scoperte, i capi dei villaggi<br />
locali si sarebbero detti favorevoli<br />
all’istituzione di un<br />
parco naturale per proteggere<br />
l’ambiente e i suoi abitanti<br />
umani e animali.<br />
Le formiche killer<br />
invadono l’Europa<br />
Diciassette nuove specie di<br />
<strong>rettili</strong> e anfibi sono state invece<br />
recentemente scoperte<br />
in Tanzania da Michele<br />
Menegon, ricercatore del<br />
museo di Scienze naturali di<br />
Trento. Dopo oltre due mesi<br />
passati <strong>nel</strong>le remote foreste<br />
sui monti Nguru, uno dei<br />
luoghi meno esplorati della<br />
Terra, sono state catalogate<br />
97 specie tra le quali alcune<br />
del tutto sconosciute.<br />
Il record di stranezza (e di<br />
bruttezza), a detta dello stesso<br />
ricercatore, è stato vinto<br />
da un rospo di soli 4 cm interamente<br />
coperto di grosse<br />
ghiandole, che producono<br />
secrezioni tossiche, probabilmente<br />
utilizzate dall’animale<br />
come sistema antipredatorio.<br />
Ma queste specie<br />
rischiano di estinguersi<br />
ancora prima di essere conosciute<br />
dall’uomo. Questo<br />
habitat, infatti, è minacciato<br />
dalle popolazioni indigene<br />
che vivono ai margini della<br />
foresta e che preferiscono<br />
abbattere e bruciare gli alberi<br />
per trasformare la regione<br />
in coltivazioni di mais, patate<br />
e altri ortaggi. <br />
Ha già invaso Varsavia, Ginevra e la cittadina di Jena<br />
in Germania: la nuova e più aggressiva specie di formiche<br />
da giardino, la Lasius neglectus, con ogni probabilità<br />
asiatica, sta lentamente colonizzando parchi<br />
e giardini di mezza Europa annientando le specie autoctone<br />
<strong>nel</strong> loro ambiente. Un’invasione silenziosa,<br />
ottimo esempio di quel fenomeno chiamato “bioinvasione”,<br />
che preoccupa sempre più biologi ed etologi. In<br />
apparenza sono simili alle comuni formiche nere da<br />
giardino, ma le Lasius neglectus hanno una struttura<br />
sociale molto diversa. Le regine, infatti, non lasciano<br />
la colonia per fondarne una nuova, ma si accoppiano<br />
con i maschi della colonia d’origine, espandendola e<br />
facendo crescere enormemente il numero di formiche<br />
che scavano <strong>nel</strong> suolo per costruire nuovi nidi, finché<br />
l’area non risulti popolata da una sorta di “supercolonia”.<br />
In pratica, una volta stabilitasi in un luogo, questa<br />
specie riesce a imporsi senza grosse difficoltà sulle altre,<br />
dominando l’intera fauna locale.<br />
Inoltre, queste formiche prosperano in ambienti urbani<br />
anziché in habitat naturali. In questo caso si tratta di<br />
colonie altamente infestanti, dalle dieci alle cento volte<br />
più numerose di quelle native europee, come si legge<br />
in uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Plos<br />
One. La Lasius neglectus è onnivora e ben si adatta al<br />
nuovo ambiente. Questa formica eurasiatica è arrivata<br />
dalle nostre parti grazie all’uomo. Fu scoperta <strong>nel</strong> 1990<br />
in Ungheria. Poi trasportata attraverso l’Europa probabilmente<br />
<strong>nel</strong>la terra usata per far crescere le piante:<br />
le sue colonie sono oggi presenti in oltre cento luoghi<br />
fra Francia, Germania, Polonia e Belgio, riferisce Sylvia<br />
Cremer dell’università di Ratisbona in Germania,<br />
tra gli autori dello studio. Gli esperti sono convinti che<br />
sia solo questione di tempo: implacabile, rapida e quasi<br />
invisibile la formica invasiva colonizzerà ben presto<br />
gran parte d’Europa.