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Fuerteventura di Ezio Tarantino Da alcuni anni posseggo una casa ...

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Il silenzio ci intrappolò <strong>di</strong> nuovo. Eravamo fermi lì da tre minuti e io<br />

continuavo a non capire, loro continuavano a tacere. Buttai un occhio sull’arco del<br />

vecchio Municipio de Pajara riempito dal cielo azzurro e le pietre color ocra che lo<br />

circondavano da ogni lato. La donna più giovane, il cui top nero aderiva sulla pelle<br />

abbronzata in modo vistoso, fece un cenno <strong>di</strong> <strong>di</strong>sappunto e <strong>di</strong> sorpresa. Non era<br />

davvero quello che si aspettava. La donna più anziana fece due passi in<strong>di</strong>etro. Io<br />

guardai l’ora, sconsolato e mi avviai verso la jeep, senza voltarmi. Hei, <strong>di</strong>sse la donna<br />

giovane. Con i gesti mi scusai cercando <strong>di</strong> farle capire come gli eventi stessero ormai<br />

precipitando.<br />

Le rocce davanti al vecchio arco del Municipio de Pajara ribollivano <strong>di</strong> <strong>una</strong><br />

eruzione ancora viva, un sommovimento eterno, robusto, tecnicamente ineccepibile.<br />

Mi allontanai dalla macchina, riluttante, seguito da <strong>una</strong> coda <strong>di</strong> pensieri che volevano<br />

venire in mio aiuto. Mi avvicinai al ciglio della strada e fissai <strong>una</strong> <strong>di</strong> quelle pietre,<br />

residuo <strong>di</strong> <strong>una</strong> enorme trage<strong>di</strong>a naturale.<br />

Pensai al momento in cui chissà quale dei crateri che avevo costeggiato lungo<br />

la tortuosa FV 207 quella mattina, milioni <strong>di</strong> <strong>anni</strong> fa aveva lanciato nello spazio<br />

intorno a sé i suoi detriti profon<strong>di</strong>, la sua livida rabbia bollente. Il ronzio del nulla<br />

gravitava intorno all’arco del Municipio de Pajara e le zanzare cominciavano a<br />

crepitare esauste.<br />

Le due donne mi guardavano come si guarda uno scienziato impegnato in<br />

gesti incomprensibili alla maggior parte delle persone, ed era esattamente il modo in<br />

cui mi osservavo io stesso.<br />

Ehi, <strong>di</strong>sse <strong>di</strong> nuovo la più giovane, ma ormai era tar<strong>di</strong>, erano quin<strong>di</strong>ci <strong>anni</strong> che<br />

nessuno mi rivolgeva la parola a <strong>Fuerteventura</strong>. Mi chinai e raccolsi <strong>una</strong> pietra, lunga<br />

circa mezzo metro, friabile ma compatta, e tagliente sul bordo. Mi voltai e non vi<strong>di</strong><br />

niente, ma c’era tutto. Percepivo la lotta furiosa degli elementi, la rivelazione arcaica<br />

dell’imminenza della fine: fa un rumore strisciante, più <strong>di</strong> un sibilo, meno <strong>di</strong> uno<br />

scroscio e non emette suoni articolati, si lacera nella sorpresa, vermina raggrumando<br />

aci<strong>di</strong>, grassi, sangue naturalmente, in un silenzio post-monitore che è specchio, non<br />

propulsore né propellente né arma né viscido rancido cromato limbo delle speranze

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