19.06.2013 Views

Marzo 2010 - n. 1 - Anno 20° - Centro Orientamento Educativo

Marzo 2010 - n. 1 - Anno 20° - Centro Orientamento Educativo

Marzo 2010 - n. 1 - Anno 20° - Centro Orientamento Educativo

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Sped. in abb. postale ART. 2. Comma 20/C Legge 662/96 Filiale di Lecco - <strong>Anno</strong> XVI<br />

<strong>Marzo</strong> <strong>2010</strong> - n. 1 - <strong>Anno</strong> <strong>20°</strong>


Il Festival del Cinema Africano è gioia. È riconoscenza<br />

per quegli uomini che hanno fatto cinema per fare<br />

dono di una nuova interpretazione della realtà, di un<br />

orientamento e di un messaggio di vita e armonia per<br />

l’uomo e per la società.<br />

<strong>Marzo</strong> <strong>2010</strong> - <strong>Anno</strong> <strong>20°</strong> - n. 1<br />

Registrazione Tribunale di Milano<br />

n. 245 dell’11 Aprile 1992<br />

Bimestrale<br />

Sped. in abb. postale Art. 2<br />

Comma 20/C Legge 662/96<br />

Filiale di Lecco - <strong>Anno</strong> XVI<br />

Direttore responsabile<br />

Maria Spoti<br />

Redazione<br />

Dino Ticli<br />

Prashanth Cattaneo<br />

Rita Bonacina<br />

Lisetta Bianchi<br />

Anna Pozzi<br />

Carla Airoldi<br />

Giuseppe Pizzagalli<br />

Proprietà Associazione COE<br />

Resp. Rosella Scandella<br />

Foto<br />

Archivio COE<br />

Stampa<br />

Molgora Print - Olgiate Molgora<br />

Strada dei Pioppi, 7 - Tel. 039.9910029<br />

COE - Via Milano, 4 - 23816 Barzio (LC)<br />

Tel 0341.996453 - Fax 0341.910311<br />

email: notiziario@coeweb.org<br />

www.coeweb.org<br />

SOMMARIO<br />

3 A volte capita che...<br />

4 Cristo crocefisso e risorto<br />

5<br />

Lo sviluppo umano<br />

6 I laici e la missione<br />

7 Missione e dialogo<br />

8<br />

9<br />

10<br />

Impegno per un mondo nuovo<br />

11 Il Festival compie 20 anni!<br />

13<br />

15<br />

16<br />

17<br />

18<br />

Finestra sul mondo<br />

Cortometraggi africani<br />

La Diocesi di Mbalmayo<br />

in festa<br />

Ascensione verso le<br />

“Char de Dieu”<br />

I ribelli del L.R.A. a Tapili<br />

19 Non dimentichiamoli!<br />

20 Educare attraverso lo sport<br />

22<br />

23<br />

Sobri e solidali<br />

Il COE e la Valsassina<br />

Libri<br />

Iniziative d’inverno<br />

<strong>Marzo</strong> <strong>2010</strong> - n. 1 - <strong>Anno</strong> <strong>20°</strong><br />

COME VERSARE IL TUO CONTRIBUTO<br />

A SOSTEGNO DEI PROGETTI DEL COE<br />

A mezzo bonifico bancario a favore:<br />

Associazione <strong>Centro</strong> <strong>Orientamento</strong> <strong>Educativo</strong><br />

Presso Deutsche Bank - Barzio<br />

IBAN IT55 B031 0450 9300 0000 0004 400<br />

Versamento c.c. postale n. 14528228<br />

intestato a:<br />

Associazione <strong>Centro</strong> <strong>Orientamento</strong> <strong>Educativo</strong><br />

Via Milano 4 – 23816 Barzio<br />

L’Associazione <strong>Centro</strong> <strong>Orientamento</strong> <strong>Educativo</strong><br />

è un’ONG riconosciuta, pertanto è ONLUS<br />

di diritto.<br />

I contributi versati godono dei benefici fiscali<br />

previsti dalla legge.<br />

Per usufruirne nella maniera più vantaggiosa è<br />

consigliabile scegliere una modalità<br />

di versamento sopra riportata.<br />

Per informazioni rivolgersi a:<br />

Associazione <strong>Centro</strong> <strong>Orientamento</strong> <strong>Educativo</strong><br />

23816 BARZIO – Via Milano, 4<br />

tel. 0341 996453 – fax 0341 910311<br />

20124 MILANO – Via G. Lazzaroni, 8<br />

tel. 02 66712077 – fax 02 66714338<br />

www.coeweb.org


editoriale<br />

A VOLTE CAPITA CHE...<br />

di Gigi<br />

A<br />

volte capita che, anche nel mezzo della frenetica<br />

vita d’oggi, si faccia spazio un silenzio che diresti<br />

d’altri tempi o di un ambiente particolare: silenzio<br />

di chiostro, silenzio di grandi spazi alpini, silenzio d’acque<br />

sfiorate appena da un vento lieve come una carezza che<br />

ne increspi la superficie… Un silenzio strano, ti sembra,<br />

quello; come una cosa che non abbia nessun rapporto<br />

con la tua quotidianità affannata, con il tuo guardare freneticamente<br />

l’orologio per essere sicuro di non mancare<br />

ad un appuntamento<br />

dal quale può<br />

dipendere qualcosa<br />

di decisivo per te,<br />

per i tuoi. Silenzio;<br />

e basta. Nessuna<br />

interferenza di cose<br />

visibili e tangibili.<br />

Silenzio allo stato<br />

puro: come un’aria<br />

che non vedi ma<br />

nella quale sei immerso.<br />

Resti in<br />

dubbio se gioirne<br />

o rammaricarti di<br />

non poter capire subito<br />

e pienamente<br />

quello strano spazio<br />

(non un vuoto!)<br />

d’improvviso aperto<br />

alla tua percezione.<br />

Una percezione diversa da quella normale che hai delle<br />

cose. Come un respiro più profondo, come una musica<br />

che s’inventa nella tua mente e ti accompagna non sai per<br />

quanto tempo; e se la smarrisci, se tace, se s’interrompe<br />

scopri quasi con dolore d’averla perduta, e ti dà gioia il<br />

sentirla ripullulare frescamente, ancora e all’improvviso;<br />

l’avverti come il soffio di una piuma che volteggi leggera<br />

nell’aria e sembri fermarsi ora in un punto ora in un altro<br />

dove tu cerchi, dove tu rincorri un tuo desiderio di consolazione<br />

e di pace.<br />

Succede, a volte, che un raggio di sole al tramonto, un<br />

raggio obliquo ricco di colore, attiri la tua attenzione.<br />

Forse per un momento tutto risulta sospeso intorno a te.<br />

Sei affascinato da quel colore; lo osservi quasi per non<br />

perderne la minima sfumatura. E basta quel colore, quel<br />

piccolo miracolo di natura, a farti accorgere che c’è un<br />

cielo che hai perduto l’abitudine di guardare perché la<br />

terra richiede fin troppo la tua attenzione, e camminando<br />

nel mondo devi stare attento che insidiose buche non siano<br />

pronte ad interrompere i tuoi passi, che una caduta dia<br />

una brusca dolorosa svolta ai tuoi pensieri.<br />

Già, il cielo! Non lo ricordavi più, tenero all’alba, trasparente<br />

e lieve; carico della ricchezza del giorno al tramonto.<br />

E stipato da un carico di stelle, la notte, se ti capita di<br />

trovarti in un luogo dove le ingannevoli luci della città<br />

non impediscano al<br />

tuo occhio di vedere<br />

la misteriosa bellezza<br />

di uno spettacolo<br />

che riscopri<br />

con un’emozione<br />

segreta in cui s’annida<br />

una puntura di<br />

memoria infantile<br />

che tanto è acuta da<br />

far male.<br />

Succede, a volte,<br />

che una strana sensazioneinterrompa<br />

il corso dei tuoi<br />

pensieri abituali.<br />

Un’immagine familiare<br />

che si ridesti<br />

nella memoria, il<br />

ricordo di un gioco<br />

infantile, una cantilena<br />

d’altri tempi che zampilla da un remoto passato con<br />

la freschezza di un oggi che, ti fosse chiesto, non sapresti<br />

definire. Perciò ti meravigli; credi che ciò che ti succede<br />

in qualcuno di quei momenti possa essere addirittura un<br />

segno di vecchiezza.<br />

Ma non c’è malinconia nell’abbandonarsi fiduciosamente<br />

alla sensazione di benessere che quel silenzio, quel raggio<br />

di sole al tramonto, quel cielo stellato ti comunicano.<br />

Per un momento dimentichi di controllare l’orario, ti lasci<br />

andare a una confortevole ondata di benessere. Che cosa<br />

è questo?<br />

Forse cerchi una voce e quel silenzio si è destato in te per<br />

consentirti di captarla, se risuoni; quel raggio di sole, per<br />

aiutarti a comprenderne la bellezza; quel cielo stellato per<br />

darle solennità di cosa eterna…<br />

Capita a volte...<br />

3


4<br />

CRISTO CROCEFISSO E RISORTO<br />

L’amore è sempre uno<br />

scandalo, un inciampo<br />

e una provocazione a<br />

uscire da una situazione<br />

sterile verso nuove<br />

aperture e coinvolgimenti,<br />

a rinnovare i percorsi<br />

umani perché ritrovino<br />

accoglienza e solidarietà.<br />

Un amore è sempre<br />

profezia di ciò che<br />

ancora non è, di orizzonti<br />

spalancati per vedere la<br />

novità che avanza nella<br />

pur sempre faticosa ricerca<br />

umana, di potenzialità<br />

inesplorate per un dialogo<br />

tra diversi nel rispetto<br />

e nell’autentica ricerca<br />

del bene dell’altro, di un<br />

mondo nuovo possibile<br />

e significativo ricco di libertà e responsabilità. Ma l’amore non è<br />

amato e non è capito, anzi talora deriso e calpestato; è più facile e più<br />

omogeneo al sistema accettare e avallare il male nella sua devastante<br />

distruzione della bellezza del cuore della persona che cercare,<br />

raggiungere e affermare la forza debole del bene.<br />

“Colui col quale ho spezzato il pane, ha levato il calcagno contro di<br />

me”!<br />

La terra diventa fredda e fa paura, ma se il seme del grano non<br />

marcisce non dà frutto. L’amore diviene un apparente spreco di risorse<br />

e originalità, ma la strada del futuro sta nel morire per amore.<br />

Noi in Lui morto e risorto ritroviamo la certezza dell’unico ideale<br />

“perdersi per ritrovarsi”, per accoglierci nell’Amore in tutte le potenzialità<br />

positive, per scrivere la speranza in questo nostro tempo carico di<br />

possibili ideali ma mortificato e avvilito per le sordità egoistiche, per le<br />

superficialità mortificanti, per il disprezzo proclamato verso il povero<br />

e il bisognoso.<br />

La vera rivoluzione sta nel dare, anche se talora non si sa dove corre<br />

il proprio cuore, sta nel non difendersi, ma nell’umiltà di chi accetta il<br />

passaggio del Getzemani, nella via della Croce fino al Calvario.<br />

Certi che la Risurrezione ricompone nella libertà e nella gioia ogni<br />

apparente fallimento, ci fa essere cristiani sereni, donatori lieti, testimoni<br />

umili, poveri ma autentici.<br />

Possiamo ancora credere all’amore perché Lui è con noi nella Sua<br />

Morte e Risurrezione.<br />

A tutti Buona Pasqua<br />

LA PASSIONE<br />

DI SERVIRE<br />

Portatori di una realtà che è più grande di<br />

loro, perché ordinati, consacrati all’offerta<br />

del mistero eucaristico, profondamente legati<br />

alla croce di Cristo, vissuta in comunione<br />

con il Risorto, i sacerdoti, a imitazione<br />

del Pastore bello/buono, depongono le<br />

loro vesti ogni giorno per servire i fratelli.<br />

In questo anno sacerdotale, dove la figura<br />

del presbitero è stata oggetto di tante parole,<br />

è bene rimettere al centro la barra del<br />

timone per procedere in alto mare, perché<br />

il Signore possa ancora, attraverso di loro,<br />

compiere le cose meravigliose che la storia<br />

della salvezza ricorda: liberare, salvare,<br />

proteggere il popolo che hanno ricevuto in<br />

carico.<br />

Sacerdoti per il mondo da Dio tanto amato,<br />

non solo in forza della consacrazione presbiterale,<br />

ma dello stesso battesimo.<br />

Sacerdoti per una Chiesa protesa verso<br />

il mondo, che si spalanca su tutto l’orbe,<br />

come il progetto salvifico di Dio.<br />

Sacerdoti per tutti, servi di tutti, come<br />

Gesù che «non è venuto per essere servito,<br />

ma per servire» (Mt 20,28), a tempo pieno,<br />

dal mattino alla sera.<br />

Servi premurosi, che nutrono il popolo di<br />

Dio con il pane della parola, lo santificano<br />

con i sacramenti, al quale offrono la testimonianza<br />

della loro vita.<br />

Annunciatori di una parola che risuona libera<br />

e profetica, che sgorga dalla preghiera,<br />

dallo studio approfondito della Scrittura sacra.<br />

Parola paradossale, da non sfumare, da<br />

presentare in tutta la sua forza dirompente,<br />

da vivere fino alle estreme conseguenze.<br />

Servi che hanno una forte passione per il<br />

regno di Dio, perché si espanda, raggiunga<br />

tutti gli uomini, quelli con i quali vengono<br />

a contatto, comportandosi «in maniera<br />

degna della vocazione ricevuta» (Ef 4,1),<br />

gettando continuamente le reti, nella speranza,<br />

certi della presenza del Signore, del<br />

suo amore che non abbandona mai.<br />

Ma amare implica sacrificio, sofferenza,<br />

tenere alto l’impegno assunto, sia nei confronti<br />

di Dio che dell’uomo. Una stessa<br />

passione deve bruciare per le realtà divine<br />

e per quelle umane. Una consegna di sé<br />

totale, una resa incondizionata alla volontà<br />

del Signore. Questo chiediamo ai nostri sacerdoti,<br />

accompagnando con la preghiera<br />

la loro missione. Il loro cuore batta incessantemente<br />

per Cristo, innamorati del suo<br />

amore per tutti.<br />

Scrive Ireneo di Lione: «Dio ricerca la collaborazione<br />

degli uomini per avere la possibilità,<br />

lui che è buono e misericordioso,<br />

di riversare i suoi benefici su quelli che<br />

perseverano nel suo servizio» (Contro le<br />

eresie, 4,13,4).


LO SVILUPPO UMANO<br />

Alcune idee cardine dall’enciclica di Papa Benedetto XVI<br />

di Gerolamo Fazzini<br />

L’enciclica risponde fondamentalmente<br />

a questa domanda: a quali<br />

condizioni lo sviluppo può dirsi<br />

davvero umano? La risposta di Bendetto<br />

XVI è: quando si basa sulla carità<br />

vera (declinata laicamente in gratuità e<br />

fraternità). In questo senso è una ripresa<br />

e una riattualizzazione della Populorum<br />

Progressio, che non a caso viene<br />

definita la Rerum Novarum dei nostri<br />

giorni.<br />

Un’idea-guida della Caritas in veritate è<br />

questa: o lo sviluppo è di tutto l’uomo<br />

oppure non è tale. Ciò significa tener<br />

presente sia l’integrità della persona<br />

dalla nascita al concepimento (e questo<br />

spiega perché in un’enciclica sociale<br />

si parli di diritto alla vita, di bioetica,<br />

ecc.) sia la totalità delle dimensioni della<br />

persona: relazionale, sociale, economica,<br />

politica ma anche religiosa (di<br />

qui il riferimento alla libertà religiosa,<br />

a prima vista “estemporaneo”).<br />

Dentro questa grande riflessione che<br />

ricalca Paolo VI, ci sono accenti nuovi,<br />

specie laddove si parla delle povertà<br />

spirituali del nostro tempo. Il Papa<br />

non lo esplicita, ma è come se dicesse:<br />

“Non di solo Pil vive l’uomo”.<br />

Questo tema è di forte attualità, basti<br />

pensare al filone di riflessione su economia<br />

e felicità o al ripensamento dei<br />

parametri del ben-essere (cfr. la Com-<br />

missione Fitoussi-<br />

Stiglitz-Sen in Francia)…<br />

Il Papa benedice lo<br />

sviluppo (in questo<br />

senso distanziandosi<br />

da Latouche e da altri<br />

critici dello sviluppo<br />

in quanto tale), ma<br />

non a qualunque costo,<br />

tant’è che chiede<br />

nuovi stili di vita.<br />

Ancora: lo sviluppo<br />

può (e deve) servirsi<br />

della tecnica, ma il<br />

primato è dell’uomo.<br />

La questione sociale<br />

è questione antropologica, si legge al<br />

n. 35; anche in questo caso il Papa non<br />

disprezza la tecnica (apre agli Ogm),<br />

ma la vuole finalizzata al bene comune.<br />

Il Papa sottolinea, poi, che lo sviluppo<br />

dev’essere di tutti gli uomini. Lo sviluppo<br />

integrale implica, infatti, la fraternità<br />

universale, altrimenti non solo non<br />

è morale, ma non funziona: si ritorce<br />

cioè contro gli stessi ricchi (basti vedere<br />

le conseguenze delle migrazioni<br />

forzate). Fraternità universale, infine,<br />

vuol dire ripensare i meccanismi di<br />

partecipazione economica e politica,<br />

dai livelli locali fino all’Onu.<br />

Il Papa insiste: la globalizzazione non<br />

è da demonizzare tout court, ma certo<br />

questa globalizzazione non funziona,<br />

perché mette al centro l’economia<br />

e non l’uomo. Qui si innesta la parte<br />

forse più originale dell’enciclica che introduce<br />

parole insolite, ovvero gratuità<br />

(valore infinito della persona) e fraternità<br />

(un passo oltre la mera uguaglianza).<br />

Occhio alle illusioni della globalizzazione,<br />

sembra dire Benedetto XVI: ci<br />

ha reso vicini ma non fratelli. Tradotto:<br />

abbiamo internet e skype, ma la gente<br />

continua a morire di fame. Un appello<br />

alla responsabilità che deve scuotere<br />

tutti, credenti in primis.<br />

GIOIA PER LA VITA<br />

CHE NASCE<br />

Insieme ai genitori siamo contenti<br />

di comunicarvi la nascita di:<br />

ANGELO di Anna ROCCO<br />

e Riccardo SEBASTIANI<br />

GIULIA di Simona BALESTRA<br />

e Luca BONAFÈ<br />

DELIA di Louise Carole NGUE<br />

e Jerome ROUSSELIN<br />

5


Vorrei iniziare questa testimonianza<br />

con una domanda<br />

che forse qualcuno di voi si è<br />

posto: qual è la vocazione del volontario<br />

o missionario laico? In parole<br />

semplici direi che è quella di testimoniare<br />

il Vangelo con la propria<br />

professionalità, con le proprie opere.<br />

Chi sono i volontari laici? Persone di<br />

tutte le età che dedicano parte o tutta<br />

la vita per gli altri nello spirito di solidarietà,<br />

secondo le possibilità, con<br />

il loro lavoro, con la testimonianza<br />

della vita.<br />

Ma perché impegnarsi per gli altri e<br />

non vivere solo per sé, pensando a<br />

realizzare la propria vita?<br />

Papa Benedetto XVI nell’ultima enciclica<br />

“Caritas in Veritate” ci dice:<br />

“L’amore - «caritas» - è una forza<br />

straordinaria, che spinge le persone<br />

a impegnarsi con coraggio e generosità<br />

nel campo della giustizia e della<br />

pace. È una forza che ha la sua origine<br />

in Dio, Amore eterno e Verità<br />

assoluta. Ciascuno trova il suo bene<br />

aderendo al progetto che Dio ha su<br />

di lui, per realizzarlo in pienezza: in<br />

tale progetto infatti<br />

egli trova la sua verità<br />

ed è aderendo<br />

a tale verità che egli<br />

diventa libero…<br />

Bisogna poi tenere<br />

in grande considerazione<br />

il bene<br />

comune. Amare<br />

qualcuno è volere il<br />

suo bene e adoperarsi<br />

efficacemente<br />

per esso. Accanto<br />

al bene individuale,<br />

c’è un bene legato<br />

al vivere sociale<br />

delle persone: il<br />

bene comune.”<br />

Da diversi anni faccio<br />

parte del COE<br />

(<strong>Centro</strong> orienta-<br />

6<br />

I LAICI E LA MISSIONE<br />

di Pietro Mariani<br />

mento <strong>Educativo</strong>), uno degli organismi<br />

di volontariato cristiano internazionale.<br />

Il suo fondatore, don<br />

Francesco Pedretti, già negli anni 60<br />

e alla luce dell’impegno dei laici nel<br />

mondo secondo lo spirito del Concilio<br />

Vaticano II, aveva avuto l’intuizione<br />

di valorizzare la loro professionalità<br />

e il volontariato, prima in<br />

Italia e poi con l’apertura ai Paesi più<br />

poveri. Da allora il COE manda persone<br />

in tutto il mondo a lavorare nei<br />

progetti di sviluppo promossi nei vari<br />

settori: agricoli, sanitari, nelle scuole<br />

professionali, artistiche, nei programmi<br />

educativi interculturali e in molte<br />

altre iniziative.<br />

Come cristiani diamo molta importanza<br />

alla preghiera, irrinunciabile<br />

aiuto per avere la forza di affrontare<br />

le tante situazioni e le difficoltà che si<br />

incontrano nella vita.<br />

Perché impegnarsi come volontari,<br />

sacrificando parte della propria<br />

carriera, dei profitti, nello spirito di<br />

gratuità? Innanzitutto per rispondere<br />

a un chiamata e per ringraziare il Si-<br />

Pietro Mariani con alcuni collaboratori colombiani<br />

gnore dei doni ricevuti, poi per aiutare<br />

chi ha più bisogno, come ci dice<br />

il Vangelo. Certamente è un andare<br />

controcorrente, non seguendo le logiche<br />

del profitto o della carriera. Ma<br />

nella logica del dono non mancano<br />

le soddisfazioni sia professionali che<br />

umane.<br />

La mia prima esperienza missionaria<br />

è stata in Cile, a fine anni 80 inizio<br />

90, poi, dopo alcune brevi esperienze<br />

di Africa, sono stato inviato in<br />

Bangladesh dove ho incontrato culture<br />

e religioni differenti e, negli ultimi<br />

tempi, in Colombia, da dove sono<br />

rientrato da poco. Da queste esperienze<br />

ho tratto un grande arricchimento<br />

sia professionale cha umano:<br />

i luoghi, le persone, le culture, gli stili<br />

di vita differenti, la ricchezza umana<br />

dei poveri, l’accoglienza, la gioia,<br />

l’apertura di nuovi orizzonti culturali,<br />

nuove esperienze di vita.<br />

Di cosa c’è bisogno oggi per lo sviluppo<br />

dei popoli? Benedetto XVI<br />

nella sua enciclica ci dice: Lo sviluppo<br />

ha bisogno<br />

di cristiani con le<br />

braccia alzate verso<br />

Dio nel gesto<br />

della preghiera,<br />

cristiani mossi dalla<br />

consapevolezza<br />

che l’amore pieno<br />

di verità, caritas<br />

in veritate, da cui<br />

procede l’autentico<br />

sviluppo, non è da<br />

noi prodotto ma ci<br />

viene donato. Auguriamoci<br />

che tante<br />

persone, tanti<br />

giovani, rispondano<br />

generosamente<br />

all’appello per la<br />

costruzione di un<br />

mondo più giusto e<br />

più buono.


Il movimento ecumenico moderno<br />

compie cento anni, risalendo il suo<br />

inizio ufficiale convenzionalmente<br />

al 1910. Nell’ambito della Conferenza<br />

missionaria internazionale di Edimburgo<br />

del 1910 venne infatti raccolta la<br />

sfida dei paesi di missione: ‘Portateci<br />

il Vangelo, non le vostre divisioni’. Seguirono<br />

il costituirsi nel 1925 del movimento<br />

Vita e azione, organizzato dal<br />

vescovo luterano di Upsala Nathan Soderblom<br />

e, con l’assemblea di Losanna<br />

del 1927, il movimento Fede e Costituzione,<br />

iniziato dal vescovo episcopaliano<br />

canadese Charles Henry Brent, cui<br />

aderisce anche la Chiesa cattolica.<br />

L’anno centenario offre l’occasione di<br />

interrogarsi sul percorso compiuto,<br />

sull’impegno per l’unità della chiesa<br />

nel presente e come prospettiva per il<br />

riconoscimento dell’unità di fondo di<br />

tutta la famiglia umana. Non v’è dubbio<br />

che lo Spirito creatore del Signore è<br />

stato all’opera in questi cento anni per<br />

una profonda conversione nelle chiese<br />

e nell’animo dei credenti: per cui possiamo<br />

constatare che tante nebbie si<br />

sono dissolte e tanti muri sono caduti.<br />

Non si può che gioire anche nel vedere<br />

cambiato lo spirito con cui si affrontano<br />

attualmente gli ostacoli che permangono<br />

e le questioni che restano aperte,<br />

MISSIONE E DIALOGO<br />

a 100 anni dalla Conferenza di Edimburgo<br />

di Annamaria Sammartano<br />

con la capacità di<br />

passare dalla polemica<br />

ad un aperto<br />

confronto critico tra<br />

le varie confessioni<br />

cristiane.<br />

La nostra speranza<br />

per il futuro vive<br />

dunque del riconoscimento<br />

delle<br />

grandi opere che il<br />

Signore compie e<br />

gliene rende lode.<br />

Abbiamo continuato<br />

a farlo quest’anno<br />

nell’impegno<br />

di preghiera della<br />

settimana che va<br />

dal 18 al 25 gennaio, preceduta, negli<br />

ultimi vent’anni, dalla giornata dedicata<br />

al dialogo ebraico-cristiano, per<br />

il recupero della radice ebraica della<br />

nostra fede in Gesù. Il tema di riflessione<br />

concordato e sottoscritto dai<br />

rappresentanti di Chiese ortodosse,<br />

cattoliche ed evangeliche era incentrato<br />

quest’anno, sulla testimonianza,<br />

ritenuta, in particolare ai nostri giorni,<br />

come elemento veramente qualificante<br />

la missione. Sono state le chiese della<br />

Scozia a proporre e a preparare la<br />

traccia per gestire la preghiera e le celebrazioni<br />

della settimana, scegliendo<br />

il versetto di Luca 24,48: ’Voi sarete<br />

testimoni di tutto ciò’.’ E’ evidente che<br />

la divisione dei cristiani è in contraddizione<br />

con la Verità che essi hanno la<br />

missione di diffondere, e dunque essa<br />

ferisce gravemente la loro testimonianza...’<br />

E’ Giovanni Paolo II, nell’enciclica<br />

‘Ut unum sint’ a mettere il dito sulla<br />

piaga.<br />

Il 5 marzo marzo ritorna poi l’appuntamento<br />

per la giornata mondiale di<br />

preghiera, promossa più recentemente<br />

dalle donne e la cui animazione è affidata<br />

ogni anno alle donne di uno dei<br />

paesi del Sud del mondo. Quest’anno<br />

è la volta delle donne cristiane del Camerun,<br />

che propongono come tema il<br />

versetto 6 del Salmo 150, la solenne<br />

lode che chiude il salterio: ‘Ogni essere<br />

che respira lodi il Signore’. E’ un toccante<br />

invito alla gioia e alla gratitudine,<br />

è un riconoscimento commosso del<br />

dono della vita.<br />

Conosciamo la creatività e la capacità<br />

di mobilitazione di queste donne e ci<br />

auguriamo che anche per il futuro sappiano<br />

metterla al servizio della pace e<br />

della giustizia, per colmare in tanti paesi<br />

le gravi carenze nella tutela dei diritti<br />

umani e nelle opportunità di sviluppo<br />

economico, che ne frenano fortemente<br />

l’emancipazione.<br />

OGGI SPOSI<br />

Auguri di ogni bene ad<br />

ALESSIA STRADELLA<br />

e NICOLAS DEUBALBÉ<br />

FLAVIA LOMBARDO<br />

e DONATO MUNZILA<br />

che nel matrimonio hanno<br />

coronato il loro sogno d’amore.<br />

7


Una tendenza che va timidamente<br />

affermandosi, ma che<br />

è anche salutare in tempi di<br />

crisi, è quella di sostituire alle bomboniere,<br />

alle liste di nozze, alle feste<br />

di compleanno l’invito a sostenere<br />

un’attività nel Terzo Mondo. E’ un<br />

richiamo alla sobrietà e nello stesso<br />

tempo attenzione e sensibilità verso<br />

quanti non hanno le opportunità che<br />

abbiamo noi. Abbiamo avuto il simpatico<br />

esempio di persone che hanno<br />

annunciato il battesimo di un bimbo<br />

con l’invito a sostenere l’ampliamento<br />

della maternità di Nkoldongo o la<br />

costruzione del reparto di pediatria<br />

dell’ospedale di Tshimbulu, famiglie<br />

che vogliono ricordare la prima comunione<br />

o la cresima di un loro figlio<br />

sostenendo le spese di scolarità di un<br />

suo coetaneo, fidanzati che hanno<br />

rinunciato al regalo di nozze a favore<br />

del centro nutrizionale di Rungu e<br />

anche aziende che hanno sostituito il tradizionale<br />

regalo di Natale dei loro clienti<br />

con il sostegno a un’opera missionaria…<br />

Si tratta ancora di esempi isolati che però<br />

rispondono a quello stile di sobrietà e<br />

solidarietà cui ci richiamano gli appelli<br />

insistenti dei nostri vescovi e del papa.<br />

L’arcivescovo Tettamanzi ha più volte sottolineato<br />

il fatto che solo una vita sobria,<br />

alla ricerca della giusta misura, libera dalla<br />

logica dello spreco e dell’eccesso, sa<br />

creare gli spazi per una vera solidarietà e<br />

accoglienza dell’altro. E in occasione del<br />

Natale di quest’anno ha suggerito ai bambini<br />

la ricetta delle “Cinque R” per essere<br />

felici, una ricetta adatta anche agli adulti<br />

e che va controcorrente rispetto alla tesi<br />

che più si spende e consuma più in fretta<br />

si risolverà la crisi. «Ridurre gli acquisti<br />

all’essenziale, riciclare vestiti e giochi, riparare<br />

quel che si può, rispettare le cose<br />

e le persone che le hanno realizzate col<br />

loro lavoro, regalare con gioia.»<br />

Sul piano della “crisi ecologica” che incombe<br />

su tutto il mondo questa ricetta<br />

può applicarsi nel cambio di mentalità<br />

necessario per “abbandonare stili di vita,<br />

personali e nazionali, dettati dall’egoismo<br />

8<br />

SOBRI E SOLIDALI<br />

di Carla Airoldi<br />

e dal consumismo, a favore di una solidarietà<br />

tra persone, nazioni e generazioni,<br />

fondata sulla comune responsabilità<br />

nei confronti del creato”. E’ il messaggio<br />

di Papa Benedetto XVI per la Giornata<br />

Mondiale della Pace <strong>2010</strong>. “Tutto ciò<br />

che esiste appartiene a Dio, che lo ha<br />

affidato agli uomini, ma non perché ne<br />

dispongano arbitrariamente. L’uomo ha il<br />

dovere di esercitare un governo responsabile<br />

della creazione, custodendola e<br />

coltivandola, anche per le generazioni<br />

future”.<br />

Il Papa ci esorta a non rimanere indifferenti<br />

di fronte alle problematiche che<br />

derivano da fenomeni quali i cambiamenti<br />

climatici che già sono responsabili<br />

del crescente fenomeno dei ‘profughi<br />

ambientali’, persone che devono lasciare<br />

l’ambiente in cui vivono a causa del<br />

degrado e a reagire ai conflitti in atto e<br />

a quelli potenziali legati all’accesso alle<br />

risorse naturali.<br />

La crisi ecologica è fortemente connessa<br />

al concetto stesso di sviluppo e alla visione<br />

dell’uomo e delle sue relazioni con i<br />

suoi simili e con il creato. E’ necessario<br />

“un profondo rinnovamento culturale”, la<br />

riscoperta di quei valori che costituiscono<br />

il fondamento sul quale costruire<br />

un futuro migliore per tutti.<br />

Poiché le crisi “siano di carattere<br />

economico, alimentare, ambientale<br />

o sociale, sono, in fondo, anche crisi<br />

morali collegate tra di loro”, esse “obbligano<br />

a riprogettare il comune cammino<br />

degli uomini.<br />

Obbligano, in particolare, a un modo<br />

di vivere improntato alla sobrietà e<br />

alla solidarietà, con nuove regole e<br />

forme di impegno”. Con azioni personali,<br />

iniziative collettive, scelte politiche<br />

che portino a una vita più semplice<br />

e sobria, rispettosa dell’ambiente,<br />

attenta ai più poveri e alle generazioni<br />

future.<br />

In questa complessa realtà hanno valore<br />

anche i piccoli gesti come quelli<br />

di una festa di famiglia in cui non si dimentica<br />

chi è nella povertà, i bambini<br />

denutriti, i ragazzi di strada, chi non<br />

ha i mezzi per mandare i figli a scuola o<br />

per curarsi e soprattutto è necessario che<br />

ci educhiamo e che educhiamo i giovani<br />

a conoscere e saper affrontare le sfide<br />

del nostro tempo.<br />

Le risorse della terra si esauriscono, le<br />

disuguaglianze fra ricchi e poveri aumentano<br />

e miliardi di persone vivono al di<br />

sotto della soglia di povertà.<br />

Tra le buone vecchie abitudini c’è da riprendere<br />

e rilanciare anche la sesta “R”:<br />

Risparmiare con l’intento di usare rispetto<br />

all’ambiente: risparmiare acqua ad esempio<br />

che diventerà sempre più preziosa<br />

anche per noi e che già è scarsa o mancante<br />

per milioni di persone; risparmiare<br />

energia, educandoci a un consumo più<br />

oculato e introducendo sistemi meno<br />

dispersivi e meno inquinanti; riprendere<br />

quando è possibile l’andare a piedi o in<br />

bicicletta o con i mezzi pubblici.<br />

Sono proposte che possiamo considerare<br />

e che possono educare i giovani a<br />

vivere la loro vita con passione, capaci<br />

di mettersi in relazione in maniera significativa<br />

con l’ambiente nella salvaguardia<br />

del creato che Dio ci ha donato e nella<br />

solidarietà con tutti i popoli del mondo.


Giovanni Fazzini, era un giovane<br />

maestro di Premana quando<br />

ha conosciuto l’associazione<br />

fondata da don Francesco Pedretti. In<br />

quegli anni lontani, ha potuto constatare<br />

quale sia stato il progetto educativo<br />

del COE e quale ricaduta sull’intero<br />

comprensorio montano abbia avuto la<br />

presenza rispettosa e creativa di quel<br />

“gruppo di ragazze” costituitosi grazie<br />

al carisma e alle intuizioni di questo<br />

sacerdote.<br />

Come è avvenuto il suo incontro con<br />

il COE?<br />

Sono entrato in contatto con il COE<br />

quando ero già diplomato nel 1959,<br />

quando iniziai a insegnare in una<br />

scuola sussidiaria a Vegno di Crandola,<br />

con sette alunni, in una pluriclasse.<br />

A fine anno lo stato verificava la preparazione<br />

degli alunni sottoponendoli<br />

a un esame e dava anche un premio<br />

all’insegnante. Io l’ebbi, perché tutti<br />

gli alunni furono promossi… Carla<br />

Airoldi, in quel periodo mi coinvolse<br />

nell’insegnamento come supplente<br />

nella scuola media di Introbio e<br />

per tre anni assistetti al decollo della<br />

Scuola di Avviamento e quindi all’istituzione<br />

della Scuola Media Unificata.<br />

A quei tempi, in Valsassina, chi voleva<br />

continuare a studiare dopo le elementari,<br />

o andava dai salesiani a Vendrogno,<br />

a Sondrio o a Milano, oppure al<br />

collegio “Volta” di Lecco. Il COE, per<br />

una decina d’anni, ha traghettato la<br />

frequenza scolastica della fascia degli<br />

adolescenti, alle medie e dopo, quando<br />

ormai queste erano consolidate, ha<br />

lasciato che le istituzioni le gestissero,<br />

pur mantenendo una presenza all’interno<br />

della scuola con la preside Carla<br />

Airoldi.<br />

Quale rapporto mantenevano i docenti<br />

con il COE?<br />

Come docente ho fatto esperienza a<br />

Introbio per un anno, ma continuavo<br />

IL COE E LA VALSASSINA<br />

Intervista a Giovanni Fazzini<br />

a frequentare l’ambiente. Si percepiva<br />

di appartenere a una organizzazione<br />

molto ampia e complessa, ad una rete<br />

intricatissima ed efficientissima, sia<br />

che tu fossi alunno, sia che tu fossi insegnante.<br />

Anche la casa de “La Benedicta” di<br />

Santa Caterina, era una risorsa a disposizione<br />

per far crescere i giovani<br />

a contatto con la natura. Docenti e<br />

alunni, ci si trovava a tentare di salire<br />

al Cevedale o il Gran Zebrù, sotto la<br />

guida del COE. Era lo stesso contesto;<br />

uno spirito chiaro permeava tutto.<br />

Sia a Santa Caterina che in Valsassina,<br />

c’era uno stretto legame con le parrocchie<br />

e con le associazioni sportive.<br />

È emblematica la vicenda del professor<br />

Migliore. Arrivava da Caltanisetta<br />

e cercava lavoro. Era capitato per caso<br />

a Premana e pensava di trasferirsi altrove<br />

in breve tempo. Carla Airoldi gli<br />

disse che il suo posto era a Premana.<br />

Leonardo Migliore è rimasto e si è così<br />

radicato nella comunità, che ha sposato<br />

una premanese, è diventato assessore<br />

e, da quindici anni, è presidente<br />

della casa “Madonna della neve”. E<br />

confessa che, allora, le scelte per lui le<br />

fecero Carla Airoldi e don Francesco,<br />

dei quali si era fidato. È un caso che<br />

evidenzia l’attenzione che il COE aveva<br />

alla scuola: Don Francesco e i suoi<br />

collaboratori individuavano docenti<br />

motivati, con valori, che costituissero<br />

un punto di riferimento, così che le<br />

scuole fossero caratterizzate e li invitarono<br />

a collaborare.<br />

Che cosa faceva il COE in Valsassina<br />

e in Valvarrone?<br />

Il COE aveva legami con molti paesi<br />

della zona, e manteneva contatti<br />

anche con gli ex allievi. Curava con<br />

grande attenzione la formazione<br />

professionale dei docenti. In tutta la<br />

Valsassina organizzava varie attività:<br />

tornei sportivi, recite, cori. In questo<br />

modo, anche i docenti che arrivavano<br />

da lontano potevano esercitare le proprie<br />

capacità e mettere a disposizione<br />

le proprie potenzialità culturali. Il COE<br />

copriva la metà delle proposte in Valsassina<br />

riguardo ai corsi professionali<br />

ed era molto attento alle esigenze delle<br />

ragazze. Era un impegno, nella valle<br />

intera, una risorsa, mai una prevaricazione.<br />

Il COE aveva creato una “rete”,<br />

grazie alla quale transitavano docenti,<br />

studenti, iniziative. Beh, c’era sempre<br />

un pullmino che andava su e giù…<br />

Com’era il rapporto con le famiglie?<br />

Proprio il servizio prestato a moltissimi<br />

alunni della Valsassina è stata<br />

occasione preziosa per tener contatti<br />

con le famiglie, per informarle dell’andamento<br />

dei figli e per fare attività di<br />

sensibilizzazione culturale. Il COE si<br />

è sempre qualificato. Si sapeva che<br />

la scelta educativa aveva motivazioni<br />

molto profonde. Don Francesco era<br />

onnipresente. Non so quanti viaggi<br />

abbia fatto da Saronno a Barzio per<br />

incoraggiare, promuovere, inventare.<br />

E con le istituzioni locali?<br />

È stata una felice intuizione quella di<br />

legarsi al territorio. Anche l’impegno<br />

per la mondialità è una caratteristica<br />

del COE, una costante a tutti i livelli. Il<br />

COE ha investito moltissimo sulla valle<br />

e tutta la Valsassina ha fatto tesoro del<br />

COE come risorsa. Non vorrei dimenticare<br />

il ruolo del prof. Vittorio Calvetti,<br />

assessore provinciale all’Istruzione<br />

in quegli anni lontani. Con il Provveditore<br />

agli Studi di Como, Calvetti e il<br />

COE si creò un triangolo virtuoso che<br />

permise, in pochi anni, il decollo della<br />

scuola media in Valsassina, allargando<br />

la fascia di utenza dell’istruzione<br />

obbligatoria. Le istituzioni compresero<br />

che il COE non avrebbe dato un<br />

appoggio distaccato e formale, ma un<br />

progetto educativo da condividere.<br />

9


Creatore è l’altro nome di Dio e<br />

l’uomo è, per eccellenza, la sua<br />

creatura più completa, non necessariamente<br />

la più importante, ma<br />

è quella che ha ricevuto il compito<br />

di continuare la sua opera creatrice.<br />

Come dice il poeta, Dio non ha bocca<br />

per parlare agli uomini, ha solo la nostra.<br />

Dio non ha mani e piedi per costruire<br />

e camminare, ha solo le nostre<br />

mani e i nostri piedi. A luce di quanto<br />

appena detto, l’uomo è rivestito di<br />

maggiori responsabilità in relazione a<br />

tutte le altre creature ed è chiamato a<br />

mettere in essere i doni che il Signore<br />

gli ha dato, moltiplicarli piuttosto che<br />

nasconderli in modo da rendere la propria<br />

vita e quella degli altri più degna<br />

di essere vissuta.<br />

Se è valido il pensiero secondo cui<br />

ogni uomo e ogni donna sono chiamati<br />

innanzitutto ad arricchire la propria<br />

esistenza con scelte e decisioni opportune,<br />

si distinguono coloro che singolarmente,<br />

o assieme ad altri, si impegnano<br />

nella creazione di un mondo nuovo.<br />

Costoro si possono riconoscere anche<br />

dai piccoli gesti di cordialità umana<br />

come dalle grandi scelte quale quella di<br />

impegnarsi, in maniera non episodica,<br />

10<br />

IMPEGNO PER UN MONDO NUOVO<br />

di Francisco Pacavira<br />

Compleanno<br />

nella ricerca delle migliori soluzioni alle<br />

sfide del proprio tempo con una attenzione<br />

particolare agli ultimi.<br />

Sotto questo punto di vista, il COE, nel<br />

suo piccolo, continua l’opera creatrice<br />

del Signore e nel cammino percorso si<br />

evidenziano le opportunità create perché<br />

persone e culture dialogassero in<br />

diversi luoghi del globo terrestre. Inoltre,<br />

vanno sottolineati l’organizzazione<br />

di eventi e le opere di promozione<br />

umana in cui la formazione<br />

e l’educazione rivestono<br />

un ruolo di vitale<br />

importanza, tra l’altro,<br />

frutto di una scelta ben<br />

precisa: creare una realtà,<br />

viverla attivamente,<br />

con scopi ben precisi.<br />

La presente riflessione<br />

avviene quando il COE<br />

ha appena celebrato il<br />

suo cinquantesimo anniversario<br />

della fondazione,<br />

la cui preparazione<br />

e festa sono state improntate<br />

dalla riscoperta<br />

della spiritualità di don<br />

Francesco, del suo modo<br />

di vedere e di fare le<br />

cose, dal suo stile e carisma nonché da<br />

un’analisi profonda circa la validità del<br />

progetto iniziale, ossia le ragioni per<br />

cui nacque il COE. La comunità del<br />

COE di Roma si è trovata a riflettere sul<br />

marchio storico con alcune domande<br />

che richiedono innanzitutto risposte<br />

personali, che intendiamo condividere<br />

con chi leggerà questo articolo.<br />

Ma il COE, ha ragione di continuare ad<br />

esistere? Il COE sta rispondendo alle<br />

sfide attuali? Il COE continua l’opera<br />

di creazione di Dio o guarda se stesso<br />

perdendo la direzione cui guardare<br />

e scegliendo di subire gli eventi e non<br />

più crearli? Cosa sarà il COE entro dieci,<br />

quindici anni? Come vorremmo che<br />

fosse nei prossimi vent’anni?<br />

Domande apparentemente retoriche,<br />

ma che rivestono una certa importanza<br />

strategica, perché investire è creare,<br />

è aver fiducia nel futuro. Nel momento<br />

in cui si lascia di investire, di osare<br />

e sognare, di volere trasformarsi per<br />

meglio rispondere alle sfide del nostro<br />

tempo, uccidiamo il futuro.<br />

“Se tornassi indietro io rifarei quella<br />

strada piena di incanti, di incontri che<br />

ci facevano subito amici, che ci legavano<br />

profondamente”. (Don Francesco)<br />

Roman del Turkmenistan ed Elias d’Israele


La 20ª edizione del Festival del<br />

Cinema Africano, d’Asia e America<br />

Latina si terrà a Milano dal<br />

15 al 21 marzo <strong>2010</strong>: un appuntamento<br />

ormai storico per gli appassionati<br />

del cinema del sud del mondo,<br />

l’unico festival in Italia interamente<br />

dedicato alla conoscenza della cinematografia,<br />

delle realtà e delle culture<br />

dei paesi dell’Africa, dell’Asia e<br />

dell’America Latina.<br />

Il programma del <strong>20°</strong> Festival del<br />

Cinema Africano, d’Asia e America<br />

Latina prevede le ormai consuete<br />

due sezioni “competitive” - Concorsi<br />

Finestre sul Mondo - aperte<br />

ai lungometraggi di fiction e ai documentari<br />

di Africa, Asia e America<br />

Latina e due concorsi riservati esclusivamente<br />

all’Africa: Concorso per il<br />

Miglior Film Africano e Concorso per<br />

i Migliori Cortometraggi di Fiction e<br />

Documentari (unificati quest’anno in<br />

un’unica sezione).<br />

Tra i film del Concorso Finestre sul<br />

Mondo, da Haiti l’ultimo film di Raoul<br />

Peck, Moloch Tropical, lettura creola<br />

del Moloch di Sokurov, un’acuta e<br />

inquietante rappresentazione della<br />

follia del potere assoluto.<br />

Novità di quest’anno: la collaborazione<br />

con l’International Film Festival<br />

Rotterdam (27 gennaio - 7 febbraio<br />

<strong>2010</strong>) per la presentazione in prima<br />

nazionale di una selezione di film<br />

del programma “Where is Africa”. E’<br />

la prima volta che un festival internazionale<br />

del calibro di Rotterdam<br />

dedica all’Africa un focus così ricco<br />

e innovativo e siamo felici di poterlo<br />

portare in Italia.<br />

L’idea nasce da Gertjan Zuilhof (programmatore<br />

storico di Rotterdam)<br />

che dichiara: “Non c’è altra ragione<br />

nell’aver fatto ora questa sezione se<br />

non che avremmo dovuto farla prima.<br />

È evidente che l’Africa non è<br />

IL FESTIVAL<br />

COMPIE 20 ANNI!<br />

a cura di Gabriella Rigamonti<br />

rappresentata nell’ambito dei festival<br />

internazionali se non per qualche<br />

film selezionato. L’idea era quella di<br />

andare nei paesi meno rappresentati<br />

e incontrare i filmmaker locali”.<br />

Il programma “Where is Africa” includerà<br />

nuovi corti e lunghi dedicati<br />

al cinema indipendente africano, in<br />

particolare dall’Africa anglofona, e<br />

presenterà anche la nuovissima serie<br />

dal titolo provocatorio Forget Africa<br />

costituita da film commissionati dal<br />

festival di Rotterdam e girati nel continente<br />

da registi asiatici e occidentali<br />

in collaborazione con registi locali.<br />

Ai registi è stato chiesto semplice-<br />

11


mente di viaggiare ciascuno per una<br />

paese africano a sua scelta e girare<br />

un film sulla base delle loro prime<br />

impressioni.<br />

A Milano in occasione del festival<br />

sarà quindi proposta una selezione<br />

dei film africani di “Where is Africa”<br />

e per interno, lo speciale focus<br />

“Forget Africa” che includerà quindi<br />

opere del filmmaker filippino Khavn<br />

De la Cruz (Cameroun), della regista<br />

Malese Tan Chui Mui (Sudafrica),<br />

delle registe americane Kimi Takesue<br />

(Uganda) e Deborah Stratman (Malati),<br />

della filmmaker Indo – americana<br />

Pia Sawhney (Ruanda), del<br />

filmmaker tedesco Uli Schuppel e<br />

dell’artista Sherman Ong (Tanzania),<br />

della filmmaker filippina residente<br />

in Pechino Joanna Arong Vasquez e<br />

dell’artista/regista tailandese Jakrawal<br />

Nilthamrong (Zambia), dell’indonesiano<br />

filmmaker Edwin (Kenya),<br />

dell’americano Kevin Jerome Everson<br />

(Angola) e dell’artista austriaca Ella<br />

Raidel (Mozambico).<br />

“Africa nel pallone”: sempre attento<br />

alle tematiche forti che provengono<br />

dal continente africano, e soprattutto<br />

alle immagini che questo continente<br />

produce, in occasione dei Mondiali<br />

del <strong>2010</strong> in Sudafrica, il Festival ha<br />

deciso di dedicare un focus al calcio<br />

nel continente. Il programma “Africa<br />

nel pallone” presenterà quei film<br />

e video che negli ultimi anni hanno<br />

dato espressione al rapporto intenso<br />

e complesso tra il football e l’Africa<br />

mostrandone gli aspetti più appassionati<br />

e positivi (il forte valore di aggregazione<br />

sociale e nazionale del gioco<br />

del calcio); ci sarà spazio per il calcio<br />

femminile, ma anche per documentare<br />

realtà più contraddittorie come<br />

la tratta dei piccoli calciatori africani<br />

attirati dal sogno di diventare dei<br />

grandi campioni.<br />

12<br />

Un fotogramma del cortometraggio “Ils se sount tus”<br />

Il fuoriconcorso del Festival presterà<br />

un’attenzione particolare ai registi<br />

italiani con la sezione “Extra” presentando<br />

opere rivolte ai tre continenti<br />

protagonisti del Festival e<br />

che trattano problematiche relative<br />

all’immigrazione in Italia.<br />

Abbracciando lo slogan il “Razzismo<br />

è una brutta storia”, il Festival<br />

parteciperà inoltre alla campagna<br />

lanciata da “la Feltrinelli” su un tema<br />

sempre più attuale e urgente, l’antirazzismo,<br />

con una sezione di film<br />

ispirati al tema e una serie di incontri<br />

ed eventi.<br />

Questa nuova collaborazione tra Festival<br />

e la Feltrinelli ha dato vita al<br />

Premio Feltrinelli che si aggiunge<br />

agli altri premi del Festival e che sarà<br />

consegnato al miglior film del festival<br />

che affronta il tema del razzismo.<br />

Alla programmazione nelle sale cinematografiche<br />

si affiancano gli eventi<br />

del Festival Center, uno spazio di incontro/bar<br />

per gli ospiti del Festival<br />

e gli spettatori che accoglierà varie<br />

iniziative: mostre e attività multidisciplinari<br />

(danza, atelier di decorazione,<br />

giochi di società…) ispirate<br />

alle culture dei tre continenti e, tra<br />

le novità di quest’anno, la stanza<br />

dei bambini e il film&bookcrossing,<br />

scambi di indirizzi ed esperienze di<br />

viaggi e immagini dal sud del mondo.<br />

Il Festival Center è ubicato nel bastione<br />

ovest di Porta Venezia e sarà<br />

attivo da martedì 16 a domenica 21<br />

dal mattino fino alle 20. Tutte le attività<br />

per il pubblico saranno gratuite.<br />

Dalle 17 alle 18 all’Ora del Tè, il festival<br />

vi aspetta per conversare con i<br />

registi ospiti sorseggiando i tè delle<br />

diverse culture.<br />

Dalle 18.30 alle 20.00 l’Etno-Bar offre<br />

al pubblico un happy hour con<br />

assaggi di cibo dal mondo.<br />

Alcuni film del Festival anche<br />

quest’anno circuiteranno su tutto il<br />

territorio italiano toccando altre città<br />

italiane.


FINESTRA SUL MONDO<br />

STORIA DI UN FESTIVAL<br />

Don Francesco Pedretti, padre Bellucci, padre<br />

Bruno alla prima edizione del Festival<br />

Il Festival del Cinema Africano nasce<br />

a Milano nel 1991 nell’ambito delle<br />

iniziative che il COE ha promosso<br />

per diffondere in Italia la conoscenza<br />

delle culture e dei popoli dell’Africa. E’<br />

da subito che si afferma anche come<br />

occasione d’incontro e di approfondimento<br />

dei temi e dei linguaggi di nuove<br />

cinematografie, quelle africane e<br />

della diaspora africana nel mondo.<br />

Molti sono gli obiettivi che il COE, attraverso<br />

la realizzazione del Festival,<br />

ha perseguito fin dall’inizio e che nel<br />

corso degli anni si sono riaffermati in<br />

tutta la loro urgenza rendendo sempre<br />

più determinato l’impegno del COE in<br />

questo campo:<br />

- veicolare un’immagine del Sud del<br />

mondo, con i suoi problemi, le sue<br />

aspettative e le sue realtà culturali e<br />

sociali, attraverso il punto di vista dei<br />

registi locali;<br />

- sollecitare nelle scuole l’introduzione<br />

degli audiovisivi come strumenti didattici<br />

per l’educazione all’immagine e<br />

per l’approccio interculturale;<br />

- offrire alle comunità straniere in Italia<br />

un’opportunità d’incontro con la pro-<br />

pria cultura d’origine;<br />

- proporre un’alternativa concreta alla<br />

cultura e all’informazione corrente<br />

dei mass media in rapporto al Sud del<br />

Mondo;<br />

- dare un’opportunità ai registi di entrare<br />

in contatto con le istituzioni europee<br />

di produzione e distribuzione<br />

cinematografica;<br />

- stimolare uno scambio culturale tra<br />

gli artisti, il pubblico, i giornalisti e i<br />

professionisti del settore degli audiovisivi;<br />

- approfondire la conoscenza dei temi<br />

e dei linguaggi delle cinematografie<br />

meno conosciute e mettere in evidenza<br />

le potenzialità della creatività artistica<br />

dei tre continenti.<br />

Per i primi 9 anni il Festival del Cinema<br />

Africano di Milano rimane legato<br />

esclusivamente all’Africa.<br />

La sua proposta cinematografica si rivela<br />

di grande importanza perché, grazie<br />

a una visione dell’Africa e del mondo<br />

proposta da autori africani, il Festival<br />

propone un’alternativa concreta alla<br />

cultura e all’informazione corrente dei<br />

mass-media.<br />

Il film TILAI è il vincitore della prima edizione del Festival<br />

Nel corso degli ultimi anni ‘90 la programmazione<br />

del festival si arricchisce<br />

man mano di nuovi orizzonti geografici<br />

e di nuove sezioni, come la sezione<br />

video che evidenzia l’entrata nell’era<br />

del digitale.<br />

Con la Sezione ”Finestre sul mondo”,<br />

istituita nel 2000, si valicano i confini<br />

dell’Africa aprendo il Festival ad una<br />

dimensione di cinema meticcio dove i<br />

limiti culturali e razziali si fanno sempre<br />

più labili.<br />

Con questa sezione cominciano a comparire<br />

sugli schermi del festival film dai<br />

Caraibi, dal Pacifico, dall’area mediorientale,<br />

dall’Asia e dal Sudamerica. La<br />

ricchezza e la varietà di questa produzione<br />

cinematografica ci spingono,<br />

pochi anni dopo, a riformulare il regolamento<br />

del concorso e a modificare<br />

radicalmente la struttura del festival.<br />

Nel 2003 infatti il il Festival del Cinema<br />

Africano di Milano prende il nome<br />

di Festival del Cinema Africano, d’Asia<br />

e America Latina estendendo la competizione<br />

al cinema dei tre continenti.<br />

Nasce la sezione competitiva di lungometraggi<br />

provenienti da Africa, Asia e<br />

America Latina: Concorso Lungome-<br />

13


traggi “Finestre sul mondo” e la sezione<br />

competitiva di documentari provenienti<br />

da Africa, Asia e America Latina:<br />

Concorso Documentari “Finestre sul<br />

mondo”<br />

Ai Concorsi Finestre sul Mondo si affianca<br />

la sezione “Panoramica sul cinema<br />

africano” che accoglie tutte le nuove<br />

produzioni africane<br />

fuori-concorso.<br />

Dal 2006 anche questa<br />

sezione diventa competitiva<br />

con la creazione<br />

di un Premio al Miglior<br />

Film Africano del Festival.<br />

Le altre sezioni del festival:<br />

Concorso Cortometraggi<br />

Africani (aperto a<br />

fiction e documentari),<br />

Retrospettive e Sezioni<br />

a tema rimangono dedicate<br />

al cinema africano<br />

per mantenere viva la<br />

tradizione e la specificità<br />

del festival.<br />

I motivi di quest’apertura<br />

del festival agli altri<br />

continenti del Sud del<br />

mondo sono molteplici.<br />

Innanzitutto la richiesta<br />

degli stessi registi africani<br />

di partecipare ad una<br />

competizione che non<br />

14<br />

Serata finale alla 18ª edizione<br />

si limiti al cinema africano<br />

ma che apra le<br />

porte ad un confronto<br />

con altre cinematografie.<br />

Si moltiplicano gli<br />

sguardi sulle cinematografie<br />

più nascoste<br />

per un ulteriore arricchimento<br />

del dialogo<br />

multiculturale.<br />

Nel corso degli anni<br />

il pubblico del festival<br />

è numericamente<br />

cresciuto arrivando a<br />

circa 14.000 presenze<br />

nell’ultima edizione.<br />

Se grande è l’interesse<br />

del COE per il<br />

pubblico in generale,<br />

non meno grande è<br />

quello per il pubblico<br />

scolastico e i giovani<br />

universitari. Il COE infatti, sin dall’inizio<br />

delle sue attività, ha rivolto proprio<br />

al mondo scolastico una particolare<br />

attenzione per la formazione di educatori<br />

e di giovani con una mentalità<br />

e un atteggiamento aperti ad una dimensione<br />

interculturale, proponendo<br />

percorsi didattici che privilegino le<br />

La serata di premiazione dell’ultima edizione del Festival<br />

produzioni artistico-espressive come<br />

strumenti di conoscenza di sé e degli<br />

altri.<br />

L’organizzazione all’interno del festival<br />

di uno Spazio Scuola e di uno Spazio<br />

Università rispondono proprio a questa<br />

esigenza. Le giornate del Festival<br />

sono così rese gioiose dalla partecipazione<br />

di tante classi delle scuole elementari,<br />

medie inferiori e superiori alle<br />

diverse proiezioni appositamente organizzate<br />

per le scuole. Alcuni studenti<br />

delle scuole superiori sono chiamati a<br />

costituire una giuria multiculturale per<br />

conferire ad un cortometraggio africano<br />

un premio messo a disposizione dal<br />

CEM (<strong>Centro</strong> Educazione Mondialità –<br />

Padri Saveriani), mentre una giuria di<br />

insegnanti conferisce il premio ISMU.<br />

Incontri con registi ospiti del Festival<br />

si tengono in varie Università e molti<br />

studenti-stagisti collaborano con diverse<br />

mansioni all’organizzazione e allo<br />

svolgimento della manifestazione.<br />

Come dalla prima edizione, insieme<br />

alla competenza e alla serietà professionale<br />

i collaboratori e i volontari del<br />

COE continuano a mettere a disposizione<br />

del Festival il loro entusiasmo e<br />

la loro generosità garantendo ad ogni<br />

edizione un grande successo.


The projet<br />

Cortometraggi africani<br />

Alcuni film, selezionati nell’ultimo Festival,<br />

distribuiti in Italia dal COE<br />

E’ un’opera prima il cortometraggio di Mohamed Ali<br />

Nahdi, The projet, vincitore del premio CEM-Mondialità.<br />

Le monologue de la muette<br />

Questo documentario della senegalese Khady Silla e<br />

del belga Charlie Van Damme, vincitore del Premio<br />

CUMSE, ci porta nel mondo di Amy, “bonne”, cioè<br />

collaboratrice domestica, “politicaly correct” parlando,<br />

o serva, realisticamente parlando, presso una<br />

famiglia di Dakar .<br />

Il mondo di Amy è un mondo chiuso tra le quattro<br />

mura della casa in cui lavora duramente, avvolto in<br />

un remissivo silenzio. Non c’è comunicazione con<br />

la padrona, che le rivolge la parola solo per impartire<br />

ordini o muovere rimproveri e a cui deve un’ossequiosa<br />

ubbidienza e non c’è più comunicazione con<br />

Un viaggio nelle scorribande notturne dei giovani tunisini<br />

di un quartiere degradato, di cui è protagonista il<br />

giovane Sami che passa il tempo tra risse, furti e incomprensioni<br />

familiari, finché non viene arrestato.<br />

Una Tunisi, poco riconoscibile, ma uniformata a tutte le<br />

metropoli per la piccola delinquenza che la abita, che<br />

scorre davanti ai nostri occhi a ritmo forsennato.<br />

Lo sguardo dell’autore è severo, grazie anche a una fotografia<br />

plumbea e a dialoghi secchi: non ammette scusanti<br />

neanche quando entra in gioco l’escamotage della<br />

finzione filmica, perché la critica alla sovrastruttura è<br />

più severa di quella alla struttura.<br />

Si accenna, in conclusione, a una garbata censura che<br />

mina, con una terribile naturalezza, il mondo culturale<br />

e per la quale lo sguardo sconcertato del regista nel<br />

finale non sembra ammettere possibilità di soluzione.<br />

la casa, la famiglia che è rimasta al villaggio, lasciato<br />

come molte altre coetanee, insieme agli studi, per cercare<br />

un po’ di fortuna in città.<br />

Amy, dal volto fiero, ma triste, che porta tutti i segni dei<br />

sogni che non ci sono più e del dolore con cui convive,<br />

nella sua solitudine, tace, ma parlano i suoi pensieri,<br />

che viaggiano malinconicamente verso casa, in modo<br />

da non annullare completamente dentro di sé il legame<br />

affettivo, spezzato nella realtà.<br />

Invece, parlano in macchina, intervistate, altre ragazze<br />

come lei, costrette alla stessa scelta, che, con umiltà e<br />

un velo di tristezza, ammettono le rinunce e le speranze<br />

accantonate.<br />

E parlano anche i due autori attraverso una drammatizzazione<br />

rap al femminile di quelli che sono i voli<br />

dell’anima di queste donne che vivono sfruttate, in una<br />

forma di schiavitù socialmente accettata, per la quale<br />

raramente conoscono ribellione e solidarietà dall’esterno.<br />

E ne esce così un monito duro, fermo contro lo sfruttamento<br />

tanto del corpo quanto dell’anima di coloro che<br />

non hanno voce o, meglio, che hanno rinunciato ad<br />

averla, nella convinzione che il loro destino non possa<br />

essere che quello.<br />

15


16<br />

cameroun<br />

La Diocesi di Mbalmayo in festa<br />

di Abbé Adalbert Balla<br />

Sabato 23 Gennaio <strong>2010</strong>, la Diocesi<br />

di Mbalmayo (Cameroun) ha vissuto<br />

un momento di gioia intensa e di<br />

preghiera nella celebrazione del 25mo di<br />

episcopato di Mons. Adalbert Ndzana,<br />

vescovo di questa Diocesi.<br />

L’iniziativa promossa dal clero diocesano<br />

che conta un’ottantina di preti ha previsto<br />

un buon periodo di preparazione con riunioni<br />

settimanali, e, a ridosso della festa,<br />

una conferenza sul programma pastorale<br />

del vescovo, un concerto di musica religiosa,<br />

un pellegrinaggio al Santuario Maria<br />

Regina della Pace, con mobilitazione<br />

d’un gran numero di fedeli.<br />

Il giorno della festa, il piazzale adiacente<br />

alla cattedrale, chiamato Piazza Mons.<br />

Paul Etoga, è stracolmo di fedeli venuti da<br />

tutte le parrocchie della Diocesi per festeggiare<br />

il loro Vescovo. Su questa stessa<br />

piazza, il 20 gennaio 1985, il giovane<br />

prete, l’abbé Adalbert Ndzana riceveva<br />

delle mani del Nunzio Apostolico Mons.<br />

Donato Squicciarini, la consacrazione<br />

episcopale che lo designava successore<br />

di Mons. Paul Etoga, primo Vescovo della<br />

Diocesi di Mbalmayo e primo Vescovo<br />

nero dell’Africa francofona. E’ lui oggi,<br />

il Vescovo festeggiato Mons. Adalbert<br />

Ndzana, a presiedere l’Eucaristia, attorniato<br />

dai due Arcivescovi di Yaoundé e<br />

di Douala, dai Vescovi di Obala, Eseka,<br />

Doumé/Abong Mbang, Kribi, dal Segretario<br />

Incaricato d’Affari della Nunziatura,<br />

da numerosi prelati e da un centinaio di<br />

preti, senza contare i numerosi religiosi<br />

e le religiose. Sono presenti anche il<br />

rappresentante personale del Presidente<br />

della Repubblica, Ministro e Segretario<br />

Generale del partito al potere, numerosi<br />

membri del Governo e numerose autorità<br />

civili, politiche e militari.<br />

Insomma, la celebrazione delle nozze<br />

d’argento del nostro Padre e Vescovo<br />

Mons. Adalbert Ndzana, è per tutti un<br />

grande evento di grazia e di riconoscenza<br />

a Dio per il dono che ha fatto alla Chiesa<br />

di Mbalmayo.<br />

Veniamo ora ai momenti forti che hanno<br />

segnato questo avvenimento.<br />

Il primo è dato dalla profondità e la pertinenza<br />

delle due allocuzioni pronunciate<br />

all’inizio della cerimonia: quella del Sindaco<br />

di Mbalmayo M. Dieudonné Zang Mba<br />

che ha presentato un bilancio delle opere<br />

realizzate dal Vescovo, tra cui un nuovo<br />

Collegio per l’insegnamento Secondario,<br />

un nuovo Ospedale e due Santuari (Maria<br />

Regina della Pace a Nkol Ebindi e Sacro<br />

Cuore a Mbog-Kulu) e quella del Vicario<br />

Generale della Diocesi Mons. Raphael<br />

Ondigui, che ha espresso il senso di legittima<br />

riconoscenza a Dio per l’azione<br />

pastorale svolta nella Diocesi di Mbalmayo<br />

attraverso il suo servo Mons. Adalbert,<br />

sottolineando anche il fatto che la celebrazione<br />

di questo anniversario è stata<br />

voluta e sostenuta da tutto il clero e dal<br />

popolo in segno di<br />

riconoscenza al loro<br />

Pastore. Il secondo<br />

momento forte è stato<br />

l’omelia del Padre<br />

Joseph Marie Ndi<br />

Okalla che, dopo<br />

aver commentato le<br />

letture della messa<br />

si è soffermato sui<br />

due sentimenti che<br />

devono albergare<br />

nell’anima del nostro<br />

Padre Vescovo<br />

in questo giorno giubilare:<br />

un sentimento<br />

di legittima gioia<br />

e di soddisfazione<br />

per il bene compiuto e ricevuto e un sentimento<br />

di umiltà e di compunzione per<br />

le proprie mancanze. Precisando che uno<br />

non esclude l’altro, il predicatore ha abbondato<br />

sul sentimento dell’amore, dono<br />

di Cristo, facendo il parallelo con l’azione<br />

pastorale del nostro Vescovo. Un terzo<br />

tempo forte è stata la benedizione nuziale<br />

a 23 coppie, coronamento della pastorale<br />

familiare, uno dei punti fondamentali del<br />

ministero episcopale di Monsignor Adalbert<br />

Ndzana. E’ stato un bel “bouquet” di<br />

23 matrimoni, con lo spettacolo delle graziose<br />

spose dal bianco vestito svolazzante<br />

in mezzo alla piazza, tenute per mano dai<br />

loro sposi in abito di festa.<br />

L’ultimo momento forte è stato il discorso<br />

dello stesso “Giubilante” che ha nuovamente<br />

sottolineato la duplice dimensione<br />

di questa festa: la dimensione verticale<br />

che rinvia a Dio autore di tutti i beni e<br />

quella orizzontale in direzione degli uomini<br />

a cui ha espresso la sua riconoscenza<br />

per i tanti sacrifici consentiti.<br />

Sono seguite, infine, diverse testimonianze<br />

tra cui quella molto toccante di Mons.<br />

Victor Tonye Bakot, Arcivescovo di Yaoundé,<br />

e le lettere di felicitazioni e di incoraggiamento:<br />

quella di Benedetto XVI con<br />

la benedizione papale, del Cardinal Dias<br />

della Sacra Congregazione per l’Evangelizzazione<br />

e del Nunzio Apostolico Mons.<br />

Eliseo Antonio Ariotti. Da notare le tre<br />

lingue ufficiali usate in tutta la cerimonia,<br />

l’ewondo, il francese e l’inglese, e il latino<br />

per la lettera del Papa.<br />

La cerimonia, durata cinque ore - ma in<br />

Africa il tempo non si misura ! - si è conclusa<br />

con l’offerta dei doni al Vescovo,<br />

primo fra tutti quello del capo dello Stato:<br />

una valigia con un servizio completo di<br />

messa. Dopo il banchetto eucaristico, la<br />

festa è continuata al <strong>Centro</strong> Diocesano<br />

d’Accoglienza sulla collina di Mbog-Kulu<br />

con la partecipazione di molti invitati, vescovi,<br />

preti, autorità civili e religiose. Le<br />

corali, i catechisti e tutti gli animatori parrocchiali<br />

con in testa le diverse associazioni<br />

hanno avuto pure le loro parte.<br />

Rendiamo grazie a Dio per il dono di questo<br />

grande Pastore e a lui diciamo: «Ad<br />

multissimos annos».


cameroun<br />

Nel sesto secolo prima dei nostri tempi<br />

i marinai cartaginesi condotti da<br />

Hanno, il Navigatore hanno dato il<br />

nome di Carro di Dio al Monte Camerun,<br />

che il popolo Bakweri della zona chiama<br />

Mongo ma Loba cioè Montagna di Dio, un<br />

vulcano attivo fino ai nostri giorni e la più<br />

alta dell’Africa Centrale (4100 m). La città<br />

di Buea capoluogo della regione del Sud-<br />

Ovest si trova ai suoi piedi.<br />

Da più di un anno Monsignor Immanuel<br />

Buschu, vescovo della diocesi di Buea ha rivolto<br />

l’invito al COE a essere presente nella<br />

sua diocesi.<br />

Diversi impegni hanno fatto rimandare l’incontro<br />

col Vescovo e l’occasione propizia é<br />

arrivata quando Nicoletta ha ricevuto l’invito<br />

dalla sua amica suora carmelitana nel<br />

monastero di Sasse a Buea di partecipare<br />

alla professione religiosa di Suora Maria Teresa<br />

di Gesù il 7 novembre 2009.<br />

Per partecipare a questo avvenimento e nello<br />

stesso tempo per incontrare il vescovo<br />

partiamo Pina, Nicoletta, Aurora e Magloire<br />

da Mbalmayo la mattina del 6 novembre<br />

a bordo della vettura del CPS per arrivare<br />

a metà pomeriggio a Buea dove troviamo<br />

l’amica Mirabelle, conosciuta durante l’ultimo<br />

CFAS, che ci fa da guida. Dopo una<br />

breve sosta all’albergo si va direttamente al<br />

Vescovado dove Mons. Buschu ci attende.<br />

Pina incomincia presentando la delegazione<br />

che l’accompagna poi passa a parlare<br />

dell’impegno del COE nel mondo e in Ca-<br />

Ascensione<br />

verso le “Char de Dieu”<br />

di Mbarga Manga Magloire<br />

merun e conclude affermando<br />

che, nonostante<br />

la scarsità dei<br />

mezzi, il COE assume<br />

questi impegni con<br />

gioia e fiducia nel Signore<br />

che ci interpella<br />

a essere presenti<br />

dove c’è bisogno.<br />

Monsignore da parte<br />

sua presenta il suo<br />

impegno nella formazione<br />

(scuola di teologia<br />

e di musica) e le<br />

sue preoccupazioni<br />

per l’animazione e la<br />

formazione dei giovani<br />

a Buea che è sede<br />

di una delle più grandi università del Camerun<br />

nella zona anglofona. Espone anche<br />

la sua idea di un <strong>Centro</strong> di formazione dei<br />

giovani in tecniche di produzione agricola<br />

biologica. Augura che il COE possa collaborare<br />

e introdurre novità come il turismo,<br />

l’arte e altre iniziative utili per la crescita dei<br />

giovani di questa diocesi.<br />

Il giorno dopo rivediamo il Vescovo in cattedrale<br />

durante la commovente cerimonia<br />

dei voti perpetui della giovane suora carmelitana<br />

accompagnata dai suoi genitori giunti<br />

dalla Sicilia!<br />

L’incontro con Monsignor Immanuel Bushu,<br />

un uomo aperto, semplice e umile che ci ha<br />

parlato dei suoi impegni, delle sue preoccu-<br />

UN AVVENIMENTO STRAORDINARIO<br />

di Gabriella Pasqui<br />

pazioni e dei suoi progetti per la pastorale<br />

dei giovani, ci ha fatto scoprire che la mietitura<br />

è grande e gli operai sono poco numerosi…<br />

In altre parole, usando la metafora<br />

adatta al posto, l’ascensione della montagna<br />

è lunga e difficile e gli accompagnatori sono<br />

pochi… Il vescovo ha invitato il COE a dare<br />

il suo contributo all’edificazione di uomini<br />

nuovi per un mondo nuovo a Buea, città del<br />

popolo Bakweri, città universitaria e capoluogo<br />

della regione del Sud-ovest, con tante<br />

potenzialità da valorizzare.<br />

Negli usi delle culture tradizionali africane<br />

un uomo maturo e rispettoso non parla molto…<br />

non chiede, si esprime…A noi di capirlo<br />

e rispondere al suo desiderio…<br />

Tale può definirsi un concerto di chitarra classica al carcere di<br />

Mbalmayo tenuto l´11 Febbraio <strong>2010</strong> in occasione della «Fete de<br />

la Jeunesse» dal maestro Michelangelo Severi.<br />

Il maestro è in Cameroun con la moglie Gabriella per un´esperienza<br />

di due mesi e mezzo di volontariato col COE. Essendo i prigionieri<br />

abituati ai ritmi frenetici dei tamburi, balafon e tam tam, eravamo<br />

dubbiosi sull’accoglienza che avremmo ricevuto.<br />

Invece i carcerati hanno ascoltato la musica, prima timidamente,<br />

poi rapiti ed estasiati in un “CRESCENDO”...trascinati dall’esecuzione<br />

del maestro, travolti dall’entusiasmo e dall’emozione che ci<br />

ha coinvolto tutti.. Ci hanno lasciato col grido “Incroyable! Tornate:<br />

le porte sono aperte...” Quel momento è stato un coro, una preghiera<br />

rivolta verso l´ALTO…!<br />

17


Tapili lunedì, 14 dicembre 2009.<br />

Verso le 17, viene notato un<br />

passaggio massiccio di persone,<br />

provenienti dai villaggi situati a<br />

30 Km, verso la strada che porta a<br />

Buta. Esse ci informano che i soldati<br />

del L.R.A. (l’esercito di resistenza del<br />

Signore) si trova a 80 Km da Tapili,<br />

un villaggio tra Niangara, Ndingba,<br />

Isiro e Poko, importante<br />

centro<br />

cittadino della<br />

zona.<br />

L’im p r ov vis o<br />

movimento di<br />

truppe non ci<br />

ha permesso di<br />

passare la notte<br />

tranquilli, ma<br />

abbiamo vegliato<br />

fino all’alba<br />

in un clima di<br />

paura e di smarrimento.<br />

Durante la notte,<br />

infatti, il gruppo<br />

dei ribelli del<br />

L.R.A. si muove<br />

in direzione di<br />

Tapili e martedì<br />

mattina, mentre<br />

siamo riuniti<br />

cercando di capire<br />

la situazione<br />

e organizzare il da farsi, giunge ad<br />

appena 3 Km dal nostro villaggio.<br />

Essi intendono, dapprima infiltrarsi,<br />

circondare totalmente la popolazione<br />

e infine agire.<br />

Crediamo in un aiuto divino quando<br />

un soldato della FARDC, l’esercito<br />

regolare congolese, che si trovava a<br />

Tapili in missione di servizio, prende<br />

il coraggio di verificare le voci circolanti<br />

e, accompagnato dal Capo ufficio<br />

dell’Amministrazione, ben armato,<br />

si avvia con la moto in direzione<br />

dei ribelli.<br />

18<br />

Disgraziatamente i due, incappati in<br />

un’imboscata, cadono nelle mani degli<br />

assalitori e vengono uccisi davanti<br />

alla chiesa protestante di Tapili. Vengono<br />

spogliati e derubati dei fucili e<br />

delle munizioni. È il panico!<br />

Gli assalitori, che avevano preceduto<br />

il gruppo, cominciano a sparare,<br />

rubare, massacrare, incendiare... e<br />

poco dopo i ribelli invadono l’abitato,<br />

ciascuno con un obiettivo preciso:<br />

devastare.<br />

La situazione è disastrosa. La paura<br />

mi paralizza. Ma quando gli assalitori<br />

si sparpagliano nelle stradine, tra le<br />

case in fiamme, fuggo con la famiglia<br />

senza prendere niente. Solo quando<br />

riprendo un po’ di coraggio, ritorno<br />

indietro e, per grazia di Dio, riesco a<br />

recuperare la mia bicicletta e la mia<br />

borsa con i diplomi scolastici. Poi mi<br />

nascondo cercando di identificarli.<br />

Ne vedo quattro in divisa con cap-<br />

congo r.d.<br />

I ribelli del L.R.A. a Tapili<br />

dal racconto di Kamango<br />

Donne e bambini sfollati<br />

pello, gambiere, uniforme color militare,<br />

ben armati ed equipaggiati.<br />

Il terrore mi prende e, senza perder<br />

tempo, cerco di mettermi in salvo.<br />

I ribelli si incamminano verso la Parrocchia<br />

cattolica S. Paolo di Tapili<br />

dove sfondano le porte della chiesa,<br />

entrano in sacristia, rompono gli armadi<br />

con gli abiti della messa, aprono<br />

il tabernacolo,<br />

prendono le<br />

ostie consacrate,<br />

i calici, il ciborio<br />

e distendono<br />

tutto sulla strada<br />

mettendoci sopra<br />

una scopa.<br />

Compiuto il sacrilegio,<br />

tornano<br />

verso il centro<br />

di Tapili aumentando<br />

i danni<br />

materiali.<br />

Verso la sera dello<br />

stesso giorno<br />

alcune fucilate<br />

r i m b o m b a n o<br />

nell’aria per annunciare<br />

la fine<br />

del saccheggio.<br />

I ribelli ritornano<br />

indietro per<br />

la stessa direzione<br />

da cui erano venuti, portandosi<br />

con loro i prigionieri e i beni rubati.<br />

Due giorni dopo uno dei fuggiaschi<br />

di Tapili ci racconta che nei villaggi<br />

intorno alla città altre persone erano<br />

state uccise a colpi di macete...<br />

Questo è il racconto della mia esperienza,<br />

ma come si può immaginare,<br />

le parole non bastano a descrivere la<br />

disastrosa situazione del nostro paese<br />

nel quale centinaia di persone trovano<br />

la morte e altre vivono in condizioni<br />

disumane.


congo r.d.<br />

In Congo i tempi difficili non sono<br />

passati. A circa un anno dal massacro<br />

della popolazione nella parte<br />

Nord-Est del paese, per mano dei ribelli<br />

LRA (The Lord’s Resistence Army di<br />

Joseph Kiny), Rungu continua ad accogliere<br />

gente di tutte le età che fuggono<br />

dai villaggi sinistrati.<br />

L’ultimo attacco di questi ribelli, avvenuto<br />

il 13-14 e 17 dicembre scorso a<br />

Tapili, villaggio a 45 km da Niangara e<br />

85 da Rungu, non ha fatto che peggiorare<br />

la situazione già angosciante della<br />

popolazione.<br />

I fuggitivi arrivati in città sono stati migliaia<br />

in condizione di vita deplorevole.<br />

Tanti sono stati accolti nelle famiglie,<br />

altri sono stati ospitati all’ufficio della<br />

croce rossa, e un grande numero nell’ex<br />

internato delle scuole e nelle scuole<br />

elementari Ababu e Tchembete, dove<br />

di notte si dorme, mentre di giorno si<br />

fa ugualmente scuola. Le difficoltà con<br />

cui si devono confrontare sono tante:<br />

alloggio, fame, igiene personale. Manca<br />

il necessario per la preparazione del<br />

cibo e per la cura delle malattie...<br />

L’aumento della popolazione ha determinato<br />

inoltre altri grandi inconvenienti,<br />

come l’insufficienza di gabinetti,<br />

Famiglia di sfollati<br />

Non dimentichiamoli!<br />

le volontarie di Rungu<br />

di sorgenti per<br />

l’acqua, soldi<br />

per curarsi. I<br />

bambini hanno<br />

dovuto interrompere<br />

una<br />

scuola, già precarianell’insegnamento,<br />

nella<br />

quale i maestri<br />

non sono pagati<br />

regolarmente e,<br />

a volte, aspettano<br />

il salario per<br />

oltre tre mesi.<br />

Da qualche settimana<br />

anche<br />

la nostra zona<br />

è considerata<br />

“zona rossa”,<br />

cioè a rischio, per cui le autorità militari<br />

hanno mandato una compagnia di<br />

soldati allo scopo di proteggere la popolazione.<br />

Purtroppo succede esattamente<br />

il contrario. I militari molestano<br />

la povera gente senza tanti preamboli.<br />

Alle donne che ritornano dai campi<br />

prendono con prepotenza i viveri, e<br />

portano via i pochi animali allevati in<br />

casa. Fermano chi passa, senza guardare<br />

se giovane<br />

o anziano, e si<br />

impossessano<br />

delle biciclette<br />

e del carico trasportato.<br />

Noi stiamo cercando<br />

di aiutare<br />

questa gente,<br />

accogliendo in<br />

ospedale quelli<br />

gravemente<br />

ammalati. Abbiamo<br />

aperto<br />

ai più bisognosi<br />

il nostro centro<br />

nutrizionale e<br />

abbiamo offerto<br />

alle donne<br />

Difficoltà per far giungere gli aiuti umanitari<br />

la possibilità di lavorare le coltivazioni<br />

del centro nutrizionale per guadagnare<br />

qualcosa per vivere.<br />

Ma è una goccia d’acqua che si perde<br />

nell’oceano.<br />

Sono passati di qui i rappresentanti di<br />

alcune ONG umanitarie che hanno rilevato<br />

alcune statistiche dell’ospedale,<br />

hanno fatto una ricerca dei bisogni più<br />

urgenti, hanno promesso aiuti, ma finora<br />

non è arrivato niente.<br />

Anche se non siamo direttamente toccate,<br />

noi viviamo le stesse situazioni di<br />

disagio e di tensione della gente. Ogni<br />

tre o quattro giorni ci arrivano notizie<br />

non poco belle. Non lontano da noi<br />

i ribelli tornano a farsi vivi periodicamente<br />

massacrando e creando panico<br />

nella gente. Davanti a noi, lungo la<br />

strada, mamme e bambini stremati, in<br />

cammino con in testa le poche cose<br />

che hanno, tentano di allontanarsi e<br />

mettersi al sicuro.<br />

Non si può restare indifferenti.<br />

Sappiamo che richieste di aiuto giungono<br />

da ogni parte della terra, ma<br />

speriamo che qualcuno metta a fuoco<br />

i bisogni urgenti della popolazione di<br />

Rungu e dia una mano.<br />

19


20<br />

Educare attraverso lo sport<br />

di Matteo Sametti<br />

Derrick Shimaninga, Lovemore<br />

Tembo, Gibby Mwale, Closter<br />

Mukoka, Ernest Banda, Jane<br />

Seke e Memory Malupande. Chi sono<br />

costoro?<br />

Sono i protagonisti della Never Give<br />

Up, circuito podistico articolato su<br />

cinque prove campestri su distanze e<br />

percorsi diversi, nel distretto di Kafue<br />

in Zambia organizzato dal St. Ambrose<br />

Trade Centre colla sponsorizzazione<br />

dell’Atletica Lecco Colombo Costruzioni.<br />

Da quest’anno il programma sportivo<br />

‘Never Give Up’ si è arricchito con<br />

l’introduzione del Never Give Football<br />

Tournment che coinvolge 80 squadre<br />

suddivise in 5 categorie con 1300 giocatori<br />

(e giocatrici) impegnati ogni sabato<br />

sui polverosi o fangosi campi di<br />

Kafue e dintorni.<br />

Qui l’attività sportiva non rappresenta<br />

certo una priorità. La mancanza d’infrastrutture,<br />

il problema nazionale del<br />

trasporto, lo scarso interesse per lo<br />

sport in generale da parte di scuole,<br />

famiglie, chiese (non in una delle 74<br />

chiese di Kafue c’è un oratorio come<br />

quello che frequentavo io da piccolo)<br />

e l’assenza di società sportive fanno sì<br />

che quel poco di attività che si pratica<br />

è nelle mani di pochi appassionati illu-<br />

minati, solitamente professori di scuola,<br />

che cercano di fare qualcosa, ma non<br />

sono in grado di assicurare continuità,<br />

di trovare finanziamenti per l’attività di<br />

base, di trovare manifestazioni dove<br />

portare gli atleti. Qui è impensabile per<br />

un genitore pensare di poter pagare<br />

per l’attività sportiva dei figli, la scuola<br />

costa e se si tiene conto che le famiglie<br />

in media hanno tre quattro figli, si<br />

comprende come la vita sia veramente<br />

dura anche per chi ha un lavoro.<br />

Non so se lo sport è un diritto, più o<br />

meno inalienabile, come molti iniziano<br />

a sostenere, ma non si può negare,<br />

come sostenuto nel messaggio al<br />

seminario ‘Sport, educazione e fede’<br />

da Benedetto XVI che ‘lo sport possiede<br />

un notevole potenziale educativo<br />

soprattutto in ambito giovanile e, per<br />

questo, occupa grande rilievo non solo<br />

nell’impiego del tempo libero, ma anche<br />

nella formazione della persona. Il<br />

Concilio Vaticano II lo ha voluto annoverare<br />

tra i mezzi che appartengono al<br />

patrimonio comune degli uomini e che<br />

sono adatti al perfezionamento morale<br />

ed alla formazione umana’. Inoltre<br />

nel messaggio il Papa sottolinea che<br />

‘la Chiesa sostiene lo sport che aiuta<br />

lo sviluppo integrale della persona e<br />

sostiene lo sport per i giovani, valoriz-<br />

zambia<br />

zando appieno anche l’attività agonistica<br />

nei suoi aspetti positivi, come, ad<br />

esempio, nella capacità di stimolare la<br />

competitività, il coraggio e la tenacia<br />

nel perseguire gli obbiettivi, evitando,<br />

però, ogni tendenza che ne snaturi la<br />

natura stessa con il ricorso a pratiche<br />

persino dannose per l’organismo, come<br />

avviene nel caso del doping’.<br />

Ed è proprio pensando all’intrinseca<br />

capacità dello sport di stimolare<br />

la competitività, il coraggio e la tenacia<br />

nel perseguire gli obbiettivi che,<br />

ormai quattro anni fa, scegliemmo il<br />

nome ‘Never Give Up’ (tieni duro, non<br />

mollare mai) per la competizione. Chi<br />

opera in Africa sa quanto pesino nella<br />

vita di tutti i giorni, e nello sviluppo<br />

socio-economico più in generale, la<br />

mancanza di tenacia, coraggio e competitività.<br />

Spesso non si ha nemmeno<br />

il coraggio di iniziare qualcosa: perché<br />

tanto è inutile. Poi quando si parte con<br />

un qualcosa a un grande entusiasmo<br />

iniziale, segue di frequente l’abbandono<br />

dell’iniziativa presa, per l’assenza di<br />

tenacia. Infine specie nel lavoro è facile<br />

vedere un appiattimento verso il basso<br />

cause la mancanza di una sana competitività<br />

e la kaduka (invidia) dilagante.<br />

Chi pratica uno sport sa come sia difficile<br />

allenarsi costantemente senza


zambia<br />

un obiettivo definito. Le<br />

due edizioni annuali del<br />

circuito, con le gare a distanza<br />

di due settimane<br />

l’una dall’altra hanno lo<br />

scopo di dare continuità<br />

e una ragione valida per<br />

cui allenarsi costantemente.<br />

Mentre scrivo, sta<br />

per concludersi la sesta<br />

edizione delle campestri<br />

e si stanno per disputare i<br />

quarti di finale del torneo<br />

di calcio. Molti ragazzi si<br />

cimentano sia nella corsa<br />

sia nel calcio, alcuni con<br />

ottimi risultati. Le squadre<br />

sono eterogenee per<br />

composizione, estrazione sociale ma<br />

sono tutte animate da un incredibile<br />

entusiasmo.<br />

Quest’anno oltre alle sette squadre originarie<br />

se ne sono aggiunte altre nove<br />

con una media di 320 partecipanti. Si<br />

va dal disperato e poco professionale<br />

team di Zambia Compound guidato<br />

da un allenatore che assomiglia più a<br />

un boss di quartiere che a un atleta al<br />

team di Chipapa dal super tecnico Bornface<br />

Tembo. Alcuni atleti di Zambia<br />

Compound corrono con appariscenti<br />

catene al collo tanto che, a parte uno<br />

veramente forte, potrebbero fare i cattivi<br />

nel video di qualche rapper americano.<br />

Anche se i risultati sono scarsi<br />

a noi questo team piace perché rappresenta<br />

la voglia di uscire in qualche<br />

modo dal compound di fare qualcosa<br />

di diverso. Chipapa è animata da Bornface<br />

Tembo, appassionato, tenace e<br />

combattivo al punto che in una delle<br />

scorse edizioni quando arrivo alla<br />

partenza intorno alle 9 trovo già tutti<br />

i team pronti. I coach, però, stanno discutendo,<br />

qualcosa non va … Bornface<br />

si trova al centro della discussione …<br />

chiedo cosa non va … e mi spiegano<br />

che Bornface vuole allungare la corsa<br />

da due a tre, quattro giri perché è preoccupato<br />

che il suo gioiellino Derick<br />

possa soccombere su una distanza così<br />

breve. E’ una debolezza forse inaspettata<br />

per questo serio allenatore, vincitore<br />

delle due precedenti edizioni con<br />

due team diversi, anima della Never<br />

Give Up, ma che la dice lunga sul suo<br />

impegno e la voglia di vincere e determinazione<br />

che trasmette agli atleti<br />

negli allenamenti quotidiani.<br />

Certo perché, come auspica Benedetto<br />

XVI, l’attività sportiva sia strumento per<br />

lo ‘sviluppo integrale della persona, bisogna<br />

ancora lavorare molto, soprattutto<br />

sugli educatori allenatori e sulla<br />

sensibilità dei (pochi) luoghi naturalmente<br />

preposti ad accogliere le attività<br />

sportive come scuole e parrocchie, ma<br />

che spesso trascurano i giovani e le attività<br />

sportivo-ricreative<br />

con le scuse più varie.<br />

Ma a vedere questa moltitudine<br />

colorata di mini<br />

atleti lanciarsi determinati<br />

e coraggiosi verso<br />

l’arrivo, o le ragazzine<br />

di Chikoka motivarsi prima<br />

dell’inizio della partita<br />

in cerchio pregando<br />

e cantando si matura la<br />

speranza, per non dire<br />

qualcosa che assomiglia<br />

più alla convinzione che<br />

lo Zambia sarà migliore<br />

sin dal prossimo futuro.<br />

KAFUE<br />

44 Km a sud di Lusaka, capitale<br />

dello Zambia, fatte le debite<br />

proporzioni, ricorda alcuni<br />

paesi della periferia milanese<br />

a vocazione industriale, e dalle<br />

‘rovine’ ancora esistenti si<br />

capisce che sicuramente negli<br />

anni 70 era veramente una<br />

bella cittadina.<br />

Ora ad alcuni quartieri che furono<br />

‘residenziali’, si alternano<br />

‘compound’ o ‘slum’ (bassifondi),<br />

dove numerosissime famiglie<br />

vivono schiacciate in case<br />

precarie, a volte dotate di antenne<br />

paraboliche e televisioni<br />

alimentate da vecchie batterie<br />

d’auto, ma dove l’acqua filtra<br />

facilmente nella stagione delle<br />

piogge e la temperatura sale<br />

come in un forno durante la<br />

stagione secca, nelle strade<br />

dei compound si trovano indifferentemente<br />

galline, maiali,<br />

cani addormentati, bambini,<br />

prostitute, venditori di<br />

popcorn, topi, spazzatura, affilatori<br />

di coltelli e molto altro<br />

inimmaginabile.<br />

Ogni venti case c’è una taverna,<br />

dove si consuma il<br />

chibuku, la densa birra locale<br />

ottenuta dal mais. L’alcolismo<br />

è diffusissimo ed è concausa<br />

dell’Aids. Anche se la scuola<br />

pubblica primaria è da un<br />

paio d’anni gratuita sulla carta,<br />

l’accesso all’istruzione rimane<br />

complicato tenuto conto della<br />

pesante incidenza della voce<br />

spese scolastiche sul bilancio<br />

familiare, infatti, pur essendo<br />

le tasse scolastiche minime,<br />

restano tutta una serie di spese<br />

accessorie quali divisa obbligatoria,<br />

scarpe rigorosamente<br />

nere e sempre lucide, quaderni<br />

e libri, compassi e righelli ...<br />

21


22<br />

AMBROGIO VOLONTÉ<br />

Eravamo in tanti ad accompagnare Ambrogio per l’ultimo<br />

viaggio una mattina fredda di febbraio, ma avremmo voluto<br />

essere tutti da Barzio, da Santa Caterina, da Esino, da Roma,<br />

dal Camerun … perché Ambrogio ha lasciato in ognuno di<br />

questi luoghi e a ciascuno il ricordo della sua laboriosità<br />

e semplicità. Era sempre pronto e disponibile ad affrontare<br />

qualsiasi lavoro e a prevenire che cosa c’era da fare in casa,<br />

in giardino rispondendo a ogni necessità. La sua specialità<br />

era lavorare il ferro: “mani di acciaio” l’ha ricordato il<br />

figlio Ivano, ma si industriava in qualsiasi lavoro. Sempre<br />

era accompagnato dalla moglie Antonia e ritroviamo una<br />

testimonianza affettuosa di don Francesco una volta che li<br />

aveva incontrati a Roma: “L’accoglienza affettuosa di Antonia<br />

e Ambrogio mi commuovono. Ho voluto dire loro la stima,<br />

la riconoscenza e l’affetto: due persone sempre disponibili e<br />

che fanno tutto (e sono impegni grandi) per amore. Vivono<br />

il dono della vita come l’hanno sempre vissuto nel loro<br />

matrimonio allargando il cerchio e aumentando l’impegno,<br />

il dono.”<br />

Purtroppo lunghi anni di sofferenza hanno costretto<br />

Ambrogio all’inattività ma lo sentiamo vicino e presente<br />

in tutto quanto le sue mani e il suo cuore d’oro ci hanno<br />

lasciato.<br />

Siamo vicini anche a Giuliano FUSI per la morte del caro<br />

papà VITTORINO e preghiamo perché il Signore dia a tutta<br />

la famiglia serenità e conforto.<br />

libri<br />

Ci è gradito presentare alcune<br />

delle numerose pubblicazioni<br />

sul lavoro educativo<br />

svolto in questi anni dal professor<br />

CARLOS DIAZ MARCHANT.<br />

Il prof. Diaz, socio del COE da diversi<br />

anni, docente di pedagogia<br />

all’Università Cattolica del Cile, è<br />

impegnato nello studio e nell’elaborazione<br />

di nuove proposte educative<br />

atte a promuovere un nuovo<br />

modello di scuola in Cile.<br />

HISTORIA DE LA EDUCACIÓN<br />

CHILENA<br />

(Storia dell’educazione cilena)<br />

<strong>Anno</strong> 2007<br />

È il racconto dei principali successi<br />

dell’educazione nel Cile.<br />

POR UNA ESCUELA CARIÑOSA<br />

(Per una scuola affettiva) <strong>Anno</strong> 2008<br />

Questo libro fa conoscere l’importanza<br />

di insegnare attraverso l’amore e<br />

l’affetto.


iniziative d’inverno<br />

DICEMBRE<br />

2009<br />

Ogni quadro,<br />

ogni<br />

opera d’arte,<br />

ci racconta<br />

una<br />

storia e ci<br />

trasmet te<br />

un’emozione.<br />

L’emozione<br />

arriva fino<br />

al nostro<br />

cuore attraverso numerosi dettagli, tra cui,<br />

all’osservatore più attento non sfugge di certo,<br />

l’uso del colore.<br />

Ecco che il colore viene percepito allora come<br />

una sensazione, quella che il pittore vuole fare<br />

arrivare come proprio messaggio.<br />

Perché al semaforo quando è rosso ci si ferma<br />

e con il verde si va? Di che colore vestiamo un<br />

bambino in un prato verde per poterlo vedere<br />

meglio? La scelta di un colore al posto di un<br />

altro nasconde un preciso significato.<br />

Nel laboratorio i ragazzi hanno risposto insieme<br />

a queste ed altri semplici domande, hanno<br />

compiuto degli esperimenti creativi per gustare<br />

con sorpresa cosa si ottiene mescolando<br />

insieme i colori.<br />

Il magico mondo dei colori<br />

A La Benedicta di Santa Caterina Valfurva numerosi<br />

gruppi di giovani e famiglie hanno trascorso<br />

favolose vacanze natalizie, a contatto<br />

con la natura, tra le alte montagne innevate e<br />

una stimolante proposta di mondialità.<br />

Tutti in pista verso il mondo<br />

Il COE ha partecipato a Milano all’iniziativa<br />

con uno stand alla Mostra-presentazione delle<br />

associazioni di volontariato milanesi per farsi<br />

conoscere alla cittadinanza e presentare:<br />

i progetti di educazione allo sviluppo e all’intercultura<br />

in particolare attraverso i linguaggi<br />

espressivi di tutti i popoli; i progetti di cooperazione<br />

e sviluppo che promuove in America<br />

Latina, Africa, Asia e Papua Nuova Guinea; la<br />

formazione legata ai temi del volontariato internazionale<br />

il <strong>20°</strong> Festival del Cinema Africano,<br />

d’Asia e America Latina di Milano.<br />

I giorni del volontariato<br />

FEBBRAIO<br />

<strong>2010</strong><br />

E s i s t o n o<br />

diverse tecnichepittoriche<br />

che si<br />

differenziano<br />

sia per<br />

i materiali<br />

e gli strumenti<br />

usati<br />

sia per le<br />

superfici<br />

sulle quali<br />

è eseguita<br />

l’opera.<br />

Attraverso i dipinti presenti in sala, hanno imparato<br />

a riconoscerle e a riprodurle.<br />

Sperimentando tecniche pittoriche diverse,<br />

gli alunni sono stimolati a sviluppare la capacità<br />

di osservare ed apprezzare opere d’arte<br />

provenienti da diversi paesi.<br />

Le tante “facce” dell’arte<br />

23


Grazie al contributo di tanti amici, la ristrutturazione della<br />

MAISON SAINT PAUL a Kinshasa<br />

per l’accoglienza di studenti universitari è a buon punto.<br />

Con orgoglio vi presentiamo un’immagine di quello che sarà<br />

a lavori finiti. Ma per completare tutto il Mosaico<br />

della Solidarietà entro il <strong>2010</strong> resta ancora tanto da fare.<br />

Ci stai a dare una mano?

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!