Marzo 2010 - n. 1 - Anno 20° - Centro Orientamento Educativo
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Marzo 2010 - n. 1 - Anno 20° - Centro Orientamento Educativo
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Sped. in abb. postale ART. 2. Comma 20/C Legge 662/96 Filiale di Lecco - <strong>Anno</strong> XVI<br />
<strong>Marzo</strong> <strong>2010</strong> - n. 1 - <strong>Anno</strong> <strong>20°</strong>
Il Festival del Cinema Africano è gioia. È riconoscenza<br />
per quegli uomini che hanno fatto cinema per fare<br />
dono di una nuova interpretazione della realtà, di un<br />
orientamento e di un messaggio di vita e armonia per<br />
l’uomo e per la società.<br />
<strong>Marzo</strong> <strong>2010</strong> - <strong>Anno</strong> <strong>20°</strong> - n. 1<br />
Registrazione Tribunale di Milano<br />
n. 245 dell’11 Aprile 1992<br />
Bimestrale<br />
Sped. in abb. postale Art. 2<br />
Comma 20/C Legge 662/96<br />
Filiale di Lecco - <strong>Anno</strong> XVI<br />
Direttore responsabile<br />
Maria Spoti<br />
Redazione<br />
Dino Ticli<br />
Prashanth Cattaneo<br />
Rita Bonacina<br />
Lisetta Bianchi<br />
Anna Pozzi<br />
Carla Airoldi<br />
Giuseppe Pizzagalli<br />
Proprietà Associazione COE<br />
Resp. Rosella Scandella<br />
Foto<br />
Archivio COE<br />
Stampa<br />
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SOMMARIO<br />
3 A volte capita che...<br />
4 Cristo crocefisso e risorto<br />
5<br />
Lo sviluppo umano<br />
6 I laici e la missione<br />
7 Missione e dialogo<br />
8<br />
9<br />
10<br />
Impegno per un mondo nuovo<br />
11 Il Festival compie 20 anni!<br />
13<br />
15<br />
16<br />
17<br />
18<br />
Finestra sul mondo<br />
Cortometraggi africani<br />
La Diocesi di Mbalmayo<br />
in festa<br />
Ascensione verso le<br />
“Char de Dieu”<br />
I ribelli del L.R.A. a Tapili<br />
19 Non dimentichiamoli!<br />
20 Educare attraverso lo sport<br />
22<br />
23<br />
Sobri e solidali<br />
Il COE e la Valsassina<br />
Libri<br />
Iniziative d’inverno<br />
<strong>Marzo</strong> <strong>2010</strong> - n. 1 - <strong>Anno</strong> <strong>20°</strong><br />
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editoriale<br />
A VOLTE CAPITA CHE...<br />
di Gigi<br />
A<br />
volte capita che, anche nel mezzo della frenetica<br />
vita d’oggi, si faccia spazio un silenzio che diresti<br />
d’altri tempi o di un ambiente particolare: silenzio<br />
di chiostro, silenzio di grandi spazi alpini, silenzio d’acque<br />
sfiorate appena da un vento lieve come una carezza che<br />
ne increspi la superficie… Un silenzio strano, ti sembra,<br />
quello; come una cosa che non abbia nessun rapporto<br />
con la tua quotidianità affannata, con il tuo guardare freneticamente<br />
l’orologio per essere sicuro di non mancare<br />
ad un appuntamento<br />
dal quale può<br />
dipendere qualcosa<br />
di decisivo per te,<br />
per i tuoi. Silenzio;<br />
e basta. Nessuna<br />
interferenza di cose<br />
visibili e tangibili.<br />
Silenzio allo stato<br />
puro: come un’aria<br />
che non vedi ma<br />
nella quale sei immerso.<br />
Resti in<br />
dubbio se gioirne<br />
o rammaricarti di<br />
non poter capire subito<br />
e pienamente<br />
quello strano spazio<br />
(non un vuoto!)<br />
d’improvviso aperto<br />
alla tua percezione.<br />
Una percezione diversa da quella normale che hai delle<br />
cose. Come un respiro più profondo, come una musica<br />
che s’inventa nella tua mente e ti accompagna non sai per<br />
quanto tempo; e se la smarrisci, se tace, se s’interrompe<br />
scopri quasi con dolore d’averla perduta, e ti dà gioia il<br />
sentirla ripullulare frescamente, ancora e all’improvviso;<br />
l’avverti come il soffio di una piuma che volteggi leggera<br />
nell’aria e sembri fermarsi ora in un punto ora in un altro<br />
dove tu cerchi, dove tu rincorri un tuo desiderio di consolazione<br />
e di pace.<br />
Succede, a volte, che un raggio di sole al tramonto, un<br />
raggio obliquo ricco di colore, attiri la tua attenzione.<br />
Forse per un momento tutto risulta sospeso intorno a te.<br />
Sei affascinato da quel colore; lo osservi quasi per non<br />
perderne la minima sfumatura. E basta quel colore, quel<br />
piccolo miracolo di natura, a farti accorgere che c’è un<br />
cielo che hai perduto l’abitudine di guardare perché la<br />
terra richiede fin troppo la tua attenzione, e camminando<br />
nel mondo devi stare attento che insidiose buche non siano<br />
pronte ad interrompere i tuoi passi, che una caduta dia<br />
una brusca dolorosa svolta ai tuoi pensieri.<br />
Già, il cielo! Non lo ricordavi più, tenero all’alba, trasparente<br />
e lieve; carico della ricchezza del giorno al tramonto.<br />
E stipato da un carico di stelle, la notte, se ti capita di<br />
trovarti in un luogo dove le ingannevoli luci della città<br />
non impediscano al<br />
tuo occhio di vedere<br />
la misteriosa bellezza<br />
di uno spettacolo<br />
che riscopri<br />
con un’emozione<br />
segreta in cui s’annida<br />
una puntura di<br />
memoria infantile<br />
che tanto è acuta da<br />
far male.<br />
Succede, a volte,<br />
che una strana sensazioneinterrompa<br />
il corso dei tuoi<br />
pensieri abituali.<br />
Un’immagine familiare<br />
che si ridesti<br />
nella memoria, il<br />
ricordo di un gioco<br />
infantile, una cantilena<br />
d’altri tempi che zampilla da un remoto passato con<br />
la freschezza di un oggi che, ti fosse chiesto, non sapresti<br />
definire. Perciò ti meravigli; credi che ciò che ti succede<br />
in qualcuno di quei momenti possa essere addirittura un<br />
segno di vecchiezza.<br />
Ma non c’è malinconia nell’abbandonarsi fiduciosamente<br />
alla sensazione di benessere che quel silenzio, quel raggio<br />
di sole al tramonto, quel cielo stellato ti comunicano.<br />
Per un momento dimentichi di controllare l’orario, ti lasci<br />
andare a una confortevole ondata di benessere. Che cosa<br />
è questo?<br />
Forse cerchi una voce e quel silenzio si è destato in te per<br />
consentirti di captarla, se risuoni; quel raggio di sole, per<br />
aiutarti a comprenderne la bellezza; quel cielo stellato per<br />
darle solennità di cosa eterna…<br />
Capita a volte...<br />
3
4<br />
CRISTO CROCEFISSO E RISORTO<br />
L’amore è sempre uno<br />
scandalo, un inciampo<br />
e una provocazione a<br />
uscire da una situazione<br />
sterile verso nuove<br />
aperture e coinvolgimenti,<br />
a rinnovare i percorsi<br />
umani perché ritrovino<br />
accoglienza e solidarietà.<br />
Un amore è sempre<br />
profezia di ciò che<br />
ancora non è, di orizzonti<br />
spalancati per vedere la<br />
novità che avanza nella<br />
pur sempre faticosa ricerca<br />
umana, di potenzialità<br />
inesplorate per un dialogo<br />
tra diversi nel rispetto<br />
e nell’autentica ricerca<br />
del bene dell’altro, di un<br />
mondo nuovo possibile<br />
e significativo ricco di libertà e responsabilità. Ma l’amore non è<br />
amato e non è capito, anzi talora deriso e calpestato; è più facile e più<br />
omogeneo al sistema accettare e avallare il male nella sua devastante<br />
distruzione della bellezza del cuore della persona che cercare,<br />
raggiungere e affermare la forza debole del bene.<br />
“Colui col quale ho spezzato il pane, ha levato il calcagno contro di<br />
me”!<br />
La terra diventa fredda e fa paura, ma se il seme del grano non<br />
marcisce non dà frutto. L’amore diviene un apparente spreco di risorse<br />
e originalità, ma la strada del futuro sta nel morire per amore.<br />
Noi in Lui morto e risorto ritroviamo la certezza dell’unico ideale<br />
“perdersi per ritrovarsi”, per accoglierci nell’Amore in tutte le potenzialità<br />
positive, per scrivere la speranza in questo nostro tempo carico di<br />
possibili ideali ma mortificato e avvilito per le sordità egoistiche, per le<br />
superficialità mortificanti, per il disprezzo proclamato verso il povero<br />
e il bisognoso.<br />
La vera rivoluzione sta nel dare, anche se talora non si sa dove corre<br />
il proprio cuore, sta nel non difendersi, ma nell’umiltà di chi accetta il<br />
passaggio del Getzemani, nella via della Croce fino al Calvario.<br />
Certi che la Risurrezione ricompone nella libertà e nella gioia ogni<br />
apparente fallimento, ci fa essere cristiani sereni, donatori lieti, testimoni<br />
umili, poveri ma autentici.<br />
Possiamo ancora credere all’amore perché Lui è con noi nella Sua<br />
Morte e Risurrezione.<br />
A tutti Buona Pasqua<br />
LA PASSIONE<br />
DI SERVIRE<br />
Portatori di una realtà che è più grande di<br />
loro, perché ordinati, consacrati all’offerta<br />
del mistero eucaristico, profondamente legati<br />
alla croce di Cristo, vissuta in comunione<br />
con il Risorto, i sacerdoti, a imitazione<br />
del Pastore bello/buono, depongono le<br />
loro vesti ogni giorno per servire i fratelli.<br />
In questo anno sacerdotale, dove la figura<br />
del presbitero è stata oggetto di tante parole,<br />
è bene rimettere al centro la barra del<br />
timone per procedere in alto mare, perché<br />
il Signore possa ancora, attraverso di loro,<br />
compiere le cose meravigliose che la storia<br />
della salvezza ricorda: liberare, salvare,<br />
proteggere il popolo che hanno ricevuto in<br />
carico.<br />
Sacerdoti per il mondo da Dio tanto amato,<br />
non solo in forza della consacrazione presbiterale,<br />
ma dello stesso battesimo.<br />
Sacerdoti per una Chiesa protesa verso<br />
il mondo, che si spalanca su tutto l’orbe,<br />
come il progetto salvifico di Dio.<br />
Sacerdoti per tutti, servi di tutti, come<br />
Gesù che «non è venuto per essere servito,<br />
ma per servire» (Mt 20,28), a tempo pieno,<br />
dal mattino alla sera.<br />
Servi premurosi, che nutrono il popolo di<br />
Dio con il pane della parola, lo santificano<br />
con i sacramenti, al quale offrono la testimonianza<br />
della loro vita.<br />
Annunciatori di una parola che risuona libera<br />
e profetica, che sgorga dalla preghiera,<br />
dallo studio approfondito della Scrittura sacra.<br />
Parola paradossale, da non sfumare, da<br />
presentare in tutta la sua forza dirompente,<br />
da vivere fino alle estreme conseguenze.<br />
Servi che hanno una forte passione per il<br />
regno di Dio, perché si espanda, raggiunga<br />
tutti gli uomini, quelli con i quali vengono<br />
a contatto, comportandosi «in maniera<br />
degna della vocazione ricevuta» (Ef 4,1),<br />
gettando continuamente le reti, nella speranza,<br />
certi della presenza del Signore, del<br />
suo amore che non abbandona mai.<br />
Ma amare implica sacrificio, sofferenza,<br />
tenere alto l’impegno assunto, sia nei confronti<br />
di Dio che dell’uomo. Una stessa<br />
passione deve bruciare per le realtà divine<br />
e per quelle umane. Una consegna di sé<br />
totale, una resa incondizionata alla volontà<br />
del Signore. Questo chiediamo ai nostri sacerdoti,<br />
accompagnando con la preghiera<br />
la loro missione. Il loro cuore batta incessantemente<br />
per Cristo, innamorati del suo<br />
amore per tutti.<br />
Scrive Ireneo di Lione: «Dio ricerca la collaborazione<br />
degli uomini per avere la possibilità,<br />
lui che è buono e misericordioso,<br />
di riversare i suoi benefici su quelli che<br />
perseverano nel suo servizio» (Contro le<br />
eresie, 4,13,4).
LO SVILUPPO UMANO<br />
Alcune idee cardine dall’enciclica di Papa Benedetto XVI<br />
di Gerolamo Fazzini<br />
L’enciclica risponde fondamentalmente<br />
a questa domanda: a quali<br />
condizioni lo sviluppo può dirsi<br />
davvero umano? La risposta di Bendetto<br />
XVI è: quando si basa sulla carità<br />
vera (declinata laicamente in gratuità e<br />
fraternità). In questo senso è una ripresa<br />
e una riattualizzazione della Populorum<br />
Progressio, che non a caso viene<br />
definita la Rerum Novarum dei nostri<br />
giorni.<br />
Un’idea-guida della Caritas in veritate è<br />
questa: o lo sviluppo è di tutto l’uomo<br />
oppure non è tale. Ciò significa tener<br />
presente sia l’integrità della persona<br />
dalla nascita al concepimento (e questo<br />
spiega perché in un’enciclica sociale<br />
si parli di diritto alla vita, di bioetica,<br />
ecc.) sia la totalità delle dimensioni della<br />
persona: relazionale, sociale, economica,<br />
politica ma anche religiosa (di<br />
qui il riferimento alla libertà religiosa,<br />
a prima vista “estemporaneo”).<br />
Dentro questa grande riflessione che<br />
ricalca Paolo VI, ci sono accenti nuovi,<br />
specie laddove si parla delle povertà<br />
spirituali del nostro tempo. Il Papa<br />
non lo esplicita, ma è come se dicesse:<br />
“Non di solo Pil vive l’uomo”.<br />
Questo tema è di forte attualità, basti<br />
pensare al filone di riflessione su economia<br />
e felicità o al ripensamento dei<br />
parametri del ben-essere (cfr. la Com-<br />
missione Fitoussi-<br />
Stiglitz-Sen in Francia)…<br />
Il Papa benedice lo<br />
sviluppo (in questo<br />
senso distanziandosi<br />
da Latouche e da altri<br />
critici dello sviluppo<br />
in quanto tale), ma<br />
non a qualunque costo,<br />
tant’è che chiede<br />
nuovi stili di vita.<br />
Ancora: lo sviluppo<br />
può (e deve) servirsi<br />
della tecnica, ma il<br />
primato è dell’uomo.<br />
La questione sociale<br />
è questione antropologica, si legge al<br />
n. 35; anche in questo caso il Papa non<br />
disprezza la tecnica (apre agli Ogm),<br />
ma la vuole finalizzata al bene comune.<br />
Il Papa sottolinea, poi, che lo sviluppo<br />
dev’essere di tutti gli uomini. Lo sviluppo<br />
integrale implica, infatti, la fraternità<br />
universale, altrimenti non solo non<br />
è morale, ma non funziona: si ritorce<br />
cioè contro gli stessi ricchi (basti vedere<br />
le conseguenze delle migrazioni<br />
forzate). Fraternità universale, infine,<br />
vuol dire ripensare i meccanismi di<br />
partecipazione economica e politica,<br />
dai livelli locali fino all’Onu.<br />
Il Papa insiste: la globalizzazione non<br />
è da demonizzare tout court, ma certo<br />
questa globalizzazione non funziona,<br />
perché mette al centro l’economia<br />
e non l’uomo. Qui si innesta la parte<br />
forse più originale dell’enciclica che introduce<br />
parole insolite, ovvero gratuità<br />
(valore infinito della persona) e fraternità<br />
(un passo oltre la mera uguaglianza).<br />
Occhio alle illusioni della globalizzazione,<br />
sembra dire Benedetto XVI: ci<br />
ha reso vicini ma non fratelli. Tradotto:<br />
abbiamo internet e skype, ma la gente<br />
continua a morire di fame. Un appello<br />
alla responsabilità che deve scuotere<br />
tutti, credenti in primis.<br />
GIOIA PER LA VITA<br />
CHE NASCE<br />
Insieme ai genitori siamo contenti<br />
di comunicarvi la nascita di:<br />
ANGELO di Anna ROCCO<br />
e Riccardo SEBASTIANI<br />
GIULIA di Simona BALESTRA<br />
e Luca BONAFÈ<br />
DELIA di Louise Carole NGUE<br />
e Jerome ROUSSELIN<br />
5
Vorrei iniziare questa testimonianza<br />
con una domanda<br />
che forse qualcuno di voi si è<br />
posto: qual è la vocazione del volontario<br />
o missionario laico? In parole<br />
semplici direi che è quella di testimoniare<br />
il Vangelo con la propria<br />
professionalità, con le proprie opere.<br />
Chi sono i volontari laici? Persone di<br />
tutte le età che dedicano parte o tutta<br />
la vita per gli altri nello spirito di solidarietà,<br />
secondo le possibilità, con<br />
il loro lavoro, con la testimonianza<br />
della vita.<br />
Ma perché impegnarsi per gli altri e<br />
non vivere solo per sé, pensando a<br />
realizzare la propria vita?<br />
Papa Benedetto XVI nell’ultima enciclica<br />
“Caritas in Veritate” ci dice:<br />
“L’amore - «caritas» - è una forza<br />
straordinaria, che spinge le persone<br />
a impegnarsi con coraggio e generosità<br />
nel campo della giustizia e della<br />
pace. È una forza che ha la sua origine<br />
in Dio, Amore eterno e Verità<br />
assoluta. Ciascuno trova il suo bene<br />
aderendo al progetto che Dio ha su<br />
di lui, per realizzarlo in pienezza: in<br />
tale progetto infatti<br />
egli trova la sua verità<br />
ed è aderendo<br />
a tale verità che egli<br />
diventa libero…<br />
Bisogna poi tenere<br />
in grande considerazione<br />
il bene<br />
comune. Amare<br />
qualcuno è volere il<br />
suo bene e adoperarsi<br />
efficacemente<br />
per esso. Accanto<br />
al bene individuale,<br />
c’è un bene legato<br />
al vivere sociale<br />
delle persone: il<br />
bene comune.”<br />
Da diversi anni faccio<br />
parte del COE<br />
(<strong>Centro</strong> orienta-<br />
6<br />
I LAICI E LA MISSIONE<br />
di Pietro Mariani<br />
mento <strong>Educativo</strong>), uno degli organismi<br />
di volontariato cristiano internazionale.<br />
Il suo fondatore, don<br />
Francesco Pedretti, già negli anni 60<br />
e alla luce dell’impegno dei laici nel<br />
mondo secondo lo spirito del Concilio<br />
Vaticano II, aveva avuto l’intuizione<br />
di valorizzare la loro professionalità<br />
e il volontariato, prima in<br />
Italia e poi con l’apertura ai Paesi più<br />
poveri. Da allora il COE manda persone<br />
in tutto il mondo a lavorare nei<br />
progetti di sviluppo promossi nei vari<br />
settori: agricoli, sanitari, nelle scuole<br />
professionali, artistiche, nei programmi<br />
educativi interculturali e in molte<br />
altre iniziative.<br />
Come cristiani diamo molta importanza<br />
alla preghiera, irrinunciabile<br />
aiuto per avere la forza di affrontare<br />
le tante situazioni e le difficoltà che si<br />
incontrano nella vita.<br />
Perché impegnarsi come volontari,<br />
sacrificando parte della propria<br />
carriera, dei profitti, nello spirito di<br />
gratuità? Innanzitutto per rispondere<br />
a un chiamata e per ringraziare il Si-<br />
Pietro Mariani con alcuni collaboratori colombiani<br />
gnore dei doni ricevuti, poi per aiutare<br />
chi ha più bisogno, come ci dice<br />
il Vangelo. Certamente è un andare<br />
controcorrente, non seguendo le logiche<br />
del profitto o della carriera. Ma<br />
nella logica del dono non mancano<br />
le soddisfazioni sia professionali che<br />
umane.<br />
La mia prima esperienza missionaria<br />
è stata in Cile, a fine anni 80 inizio<br />
90, poi, dopo alcune brevi esperienze<br />
di Africa, sono stato inviato in<br />
Bangladesh dove ho incontrato culture<br />
e religioni differenti e, negli ultimi<br />
tempi, in Colombia, da dove sono<br />
rientrato da poco. Da queste esperienze<br />
ho tratto un grande arricchimento<br />
sia professionale cha umano:<br />
i luoghi, le persone, le culture, gli stili<br />
di vita differenti, la ricchezza umana<br />
dei poveri, l’accoglienza, la gioia,<br />
l’apertura di nuovi orizzonti culturali,<br />
nuove esperienze di vita.<br />
Di cosa c’è bisogno oggi per lo sviluppo<br />
dei popoli? Benedetto XVI<br />
nella sua enciclica ci dice: Lo sviluppo<br />
ha bisogno<br />
di cristiani con le<br />
braccia alzate verso<br />
Dio nel gesto<br />
della preghiera,<br />
cristiani mossi dalla<br />
consapevolezza<br />
che l’amore pieno<br />
di verità, caritas<br />
in veritate, da cui<br />
procede l’autentico<br />
sviluppo, non è da<br />
noi prodotto ma ci<br />
viene donato. Auguriamoci<br />
che tante<br />
persone, tanti<br />
giovani, rispondano<br />
generosamente<br />
all’appello per la<br />
costruzione di un<br />
mondo più giusto e<br />
più buono.
Il movimento ecumenico moderno<br />
compie cento anni, risalendo il suo<br />
inizio ufficiale convenzionalmente<br />
al 1910. Nell’ambito della Conferenza<br />
missionaria internazionale di Edimburgo<br />
del 1910 venne infatti raccolta la<br />
sfida dei paesi di missione: ‘Portateci<br />
il Vangelo, non le vostre divisioni’. Seguirono<br />
il costituirsi nel 1925 del movimento<br />
Vita e azione, organizzato dal<br />
vescovo luterano di Upsala Nathan Soderblom<br />
e, con l’assemblea di Losanna<br />
del 1927, il movimento Fede e Costituzione,<br />
iniziato dal vescovo episcopaliano<br />
canadese Charles Henry Brent, cui<br />
aderisce anche la Chiesa cattolica.<br />
L’anno centenario offre l’occasione di<br />
interrogarsi sul percorso compiuto,<br />
sull’impegno per l’unità della chiesa<br />
nel presente e come prospettiva per il<br />
riconoscimento dell’unità di fondo di<br />
tutta la famiglia umana. Non v’è dubbio<br />
che lo Spirito creatore del Signore è<br />
stato all’opera in questi cento anni per<br />
una profonda conversione nelle chiese<br />
e nell’animo dei credenti: per cui possiamo<br />
constatare che tante nebbie si<br />
sono dissolte e tanti muri sono caduti.<br />
Non si può che gioire anche nel vedere<br />
cambiato lo spirito con cui si affrontano<br />
attualmente gli ostacoli che permangono<br />
e le questioni che restano aperte,<br />
MISSIONE E DIALOGO<br />
a 100 anni dalla Conferenza di Edimburgo<br />
di Annamaria Sammartano<br />
con la capacità di<br />
passare dalla polemica<br />
ad un aperto<br />
confronto critico tra<br />
le varie confessioni<br />
cristiane.<br />
La nostra speranza<br />
per il futuro vive<br />
dunque del riconoscimento<br />
delle<br />
grandi opere che il<br />
Signore compie e<br />
gliene rende lode.<br />
Abbiamo continuato<br />
a farlo quest’anno<br />
nell’impegno<br />
di preghiera della<br />
settimana che va<br />
dal 18 al 25 gennaio, preceduta, negli<br />
ultimi vent’anni, dalla giornata dedicata<br />
al dialogo ebraico-cristiano, per<br />
il recupero della radice ebraica della<br />
nostra fede in Gesù. Il tema di riflessione<br />
concordato e sottoscritto dai<br />
rappresentanti di Chiese ortodosse,<br />
cattoliche ed evangeliche era incentrato<br />
quest’anno, sulla testimonianza,<br />
ritenuta, in particolare ai nostri giorni,<br />
come elemento veramente qualificante<br />
la missione. Sono state le chiese della<br />
Scozia a proporre e a preparare la<br />
traccia per gestire la preghiera e le celebrazioni<br />
della settimana, scegliendo<br />
il versetto di Luca 24,48: ’Voi sarete<br />
testimoni di tutto ciò’.’ E’ evidente che<br />
la divisione dei cristiani è in contraddizione<br />
con la Verità che essi hanno la<br />
missione di diffondere, e dunque essa<br />
ferisce gravemente la loro testimonianza...’<br />
E’ Giovanni Paolo II, nell’enciclica<br />
‘Ut unum sint’ a mettere il dito sulla<br />
piaga.<br />
Il 5 marzo marzo ritorna poi l’appuntamento<br />
per la giornata mondiale di<br />
preghiera, promossa più recentemente<br />
dalle donne e la cui animazione è affidata<br />
ogni anno alle donne di uno dei<br />
paesi del Sud del mondo. Quest’anno<br />
è la volta delle donne cristiane del Camerun,<br />
che propongono come tema il<br />
versetto 6 del Salmo 150, la solenne<br />
lode che chiude il salterio: ‘Ogni essere<br />
che respira lodi il Signore’. E’ un toccante<br />
invito alla gioia e alla gratitudine,<br />
è un riconoscimento commosso del<br />
dono della vita.<br />
Conosciamo la creatività e la capacità<br />
di mobilitazione di queste donne e ci<br />
auguriamo che anche per il futuro sappiano<br />
metterla al servizio della pace e<br />
della giustizia, per colmare in tanti paesi<br />
le gravi carenze nella tutela dei diritti<br />
umani e nelle opportunità di sviluppo<br />
economico, che ne frenano fortemente<br />
l’emancipazione.<br />
OGGI SPOSI<br />
Auguri di ogni bene ad<br />
ALESSIA STRADELLA<br />
e NICOLAS DEUBALBÉ<br />
FLAVIA LOMBARDO<br />
e DONATO MUNZILA<br />
che nel matrimonio hanno<br />
coronato il loro sogno d’amore.<br />
7
Una tendenza che va timidamente<br />
affermandosi, ma che<br />
è anche salutare in tempi di<br />
crisi, è quella di sostituire alle bomboniere,<br />
alle liste di nozze, alle feste<br />
di compleanno l’invito a sostenere<br />
un’attività nel Terzo Mondo. E’ un<br />
richiamo alla sobrietà e nello stesso<br />
tempo attenzione e sensibilità verso<br />
quanti non hanno le opportunità che<br />
abbiamo noi. Abbiamo avuto il simpatico<br />
esempio di persone che hanno<br />
annunciato il battesimo di un bimbo<br />
con l’invito a sostenere l’ampliamento<br />
della maternità di Nkoldongo o la<br />
costruzione del reparto di pediatria<br />
dell’ospedale di Tshimbulu, famiglie<br />
che vogliono ricordare la prima comunione<br />
o la cresima di un loro figlio<br />
sostenendo le spese di scolarità di un<br />
suo coetaneo, fidanzati che hanno<br />
rinunciato al regalo di nozze a favore<br />
del centro nutrizionale di Rungu e<br />
anche aziende che hanno sostituito il tradizionale<br />
regalo di Natale dei loro clienti<br />
con il sostegno a un’opera missionaria…<br />
Si tratta ancora di esempi isolati che però<br />
rispondono a quello stile di sobrietà e<br />
solidarietà cui ci richiamano gli appelli<br />
insistenti dei nostri vescovi e del papa.<br />
L’arcivescovo Tettamanzi ha più volte sottolineato<br />
il fatto che solo una vita sobria,<br />
alla ricerca della giusta misura, libera dalla<br />
logica dello spreco e dell’eccesso, sa<br />
creare gli spazi per una vera solidarietà e<br />
accoglienza dell’altro. E in occasione del<br />
Natale di quest’anno ha suggerito ai bambini<br />
la ricetta delle “Cinque R” per essere<br />
felici, una ricetta adatta anche agli adulti<br />
e che va controcorrente rispetto alla tesi<br />
che più si spende e consuma più in fretta<br />
si risolverà la crisi. «Ridurre gli acquisti<br />
all’essenziale, riciclare vestiti e giochi, riparare<br />
quel che si può, rispettare le cose<br />
e le persone che le hanno realizzate col<br />
loro lavoro, regalare con gioia.»<br />
Sul piano della “crisi ecologica” che incombe<br />
su tutto il mondo questa ricetta<br />
può applicarsi nel cambio di mentalità<br />
necessario per “abbandonare stili di vita,<br />
personali e nazionali, dettati dall’egoismo<br />
8<br />
SOBRI E SOLIDALI<br />
di Carla Airoldi<br />
e dal consumismo, a favore di una solidarietà<br />
tra persone, nazioni e generazioni,<br />
fondata sulla comune responsabilità<br />
nei confronti del creato”. E’ il messaggio<br />
di Papa Benedetto XVI per la Giornata<br />
Mondiale della Pace <strong>2010</strong>. “Tutto ciò<br />
che esiste appartiene a Dio, che lo ha<br />
affidato agli uomini, ma non perché ne<br />
dispongano arbitrariamente. L’uomo ha il<br />
dovere di esercitare un governo responsabile<br />
della creazione, custodendola e<br />
coltivandola, anche per le generazioni<br />
future”.<br />
Il Papa ci esorta a non rimanere indifferenti<br />
di fronte alle problematiche che<br />
derivano da fenomeni quali i cambiamenti<br />
climatici che già sono responsabili<br />
del crescente fenomeno dei ‘profughi<br />
ambientali’, persone che devono lasciare<br />
l’ambiente in cui vivono a causa del<br />
degrado e a reagire ai conflitti in atto e<br />
a quelli potenziali legati all’accesso alle<br />
risorse naturali.<br />
La crisi ecologica è fortemente connessa<br />
al concetto stesso di sviluppo e alla visione<br />
dell’uomo e delle sue relazioni con i<br />
suoi simili e con il creato. E’ necessario<br />
“un profondo rinnovamento culturale”, la<br />
riscoperta di quei valori che costituiscono<br />
il fondamento sul quale costruire<br />
un futuro migliore per tutti.<br />
Poiché le crisi “siano di carattere<br />
economico, alimentare, ambientale<br />
o sociale, sono, in fondo, anche crisi<br />
morali collegate tra di loro”, esse “obbligano<br />
a riprogettare il comune cammino<br />
degli uomini.<br />
Obbligano, in particolare, a un modo<br />
di vivere improntato alla sobrietà e<br />
alla solidarietà, con nuove regole e<br />
forme di impegno”. Con azioni personali,<br />
iniziative collettive, scelte politiche<br />
che portino a una vita più semplice<br />
e sobria, rispettosa dell’ambiente,<br />
attenta ai più poveri e alle generazioni<br />
future.<br />
In questa complessa realtà hanno valore<br />
anche i piccoli gesti come quelli<br />
di una festa di famiglia in cui non si dimentica<br />
chi è nella povertà, i bambini<br />
denutriti, i ragazzi di strada, chi non<br />
ha i mezzi per mandare i figli a scuola o<br />
per curarsi e soprattutto è necessario che<br />
ci educhiamo e che educhiamo i giovani<br />
a conoscere e saper affrontare le sfide<br />
del nostro tempo.<br />
Le risorse della terra si esauriscono, le<br />
disuguaglianze fra ricchi e poveri aumentano<br />
e miliardi di persone vivono al di<br />
sotto della soglia di povertà.<br />
Tra le buone vecchie abitudini c’è da riprendere<br />
e rilanciare anche la sesta “R”:<br />
Risparmiare con l’intento di usare rispetto<br />
all’ambiente: risparmiare acqua ad esempio<br />
che diventerà sempre più preziosa<br />
anche per noi e che già è scarsa o mancante<br />
per milioni di persone; risparmiare<br />
energia, educandoci a un consumo più<br />
oculato e introducendo sistemi meno<br />
dispersivi e meno inquinanti; riprendere<br />
quando è possibile l’andare a piedi o in<br />
bicicletta o con i mezzi pubblici.<br />
Sono proposte che possiamo considerare<br />
e che possono educare i giovani a<br />
vivere la loro vita con passione, capaci<br />
di mettersi in relazione in maniera significativa<br />
con l’ambiente nella salvaguardia<br />
del creato che Dio ci ha donato e nella<br />
solidarietà con tutti i popoli del mondo.
Giovanni Fazzini, era un giovane<br />
maestro di Premana quando<br />
ha conosciuto l’associazione<br />
fondata da don Francesco Pedretti. In<br />
quegli anni lontani, ha potuto constatare<br />
quale sia stato il progetto educativo<br />
del COE e quale ricaduta sull’intero<br />
comprensorio montano abbia avuto la<br />
presenza rispettosa e creativa di quel<br />
“gruppo di ragazze” costituitosi grazie<br />
al carisma e alle intuizioni di questo<br />
sacerdote.<br />
Come è avvenuto il suo incontro con<br />
il COE?<br />
Sono entrato in contatto con il COE<br />
quando ero già diplomato nel 1959,<br />
quando iniziai a insegnare in una<br />
scuola sussidiaria a Vegno di Crandola,<br />
con sette alunni, in una pluriclasse.<br />
A fine anno lo stato verificava la preparazione<br />
degli alunni sottoponendoli<br />
a un esame e dava anche un premio<br />
all’insegnante. Io l’ebbi, perché tutti<br />
gli alunni furono promossi… Carla<br />
Airoldi, in quel periodo mi coinvolse<br />
nell’insegnamento come supplente<br />
nella scuola media di Introbio e<br />
per tre anni assistetti al decollo della<br />
Scuola di Avviamento e quindi all’istituzione<br />
della Scuola Media Unificata.<br />
A quei tempi, in Valsassina, chi voleva<br />
continuare a studiare dopo le elementari,<br />
o andava dai salesiani a Vendrogno,<br />
a Sondrio o a Milano, oppure al<br />
collegio “Volta” di Lecco. Il COE, per<br />
una decina d’anni, ha traghettato la<br />
frequenza scolastica della fascia degli<br />
adolescenti, alle medie e dopo, quando<br />
ormai queste erano consolidate, ha<br />
lasciato che le istituzioni le gestissero,<br />
pur mantenendo una presenza all’interno<br />
della scuola con la preside Carla<br />
Airoldi.<br />
Quale rapporto mantenevano i docenti<br />
con il COE?<br />
Come docente ho fatto esperienza a<br />
Introbio per un anno, ma continuavo<br />
IL COE E LA VALSASSINA<br />
Intervista a Giovanni Fazzini<br />
a frequentare l’ambiente. Si percepiva<br />
di appartenere a una organizzazione<br />
molto ampia e complessa, ad una rete<br />
intricatissima ed efficientissima, sia<br />
che tu fossi alunno, sia che tu fossi insegnante.<br />
Anche la casa de “La Benedicta” di<br />
Santa Caterina, era una risorsa a disposizione<br />
per far crescere i giovani<br />
a contatto con la natura. Docenti e<br />
alunni, ci si trovava a tentare di salire<br />
al Cevedale o il Gran Zebrù, sotto la<br />
guida del COE. Era lo stesso contesto;<br />
uno spirito chiaro permeava tutto.<br />
Sia a Santa Caterina che in Valsassina,<br />
c’era uno stretto legame con le parrocchie<br />
e con le associazioni sportive.<br />
È emblematica la vicenda del professor<br />
Migliore. Arrivava da Caltanisetta<br />
e cercava lavoro. Era capitato per caso<br />
a Premana e pensava di trasferirsi altrove<br />
in breve tempo. Carla Airoldi gli<br />
disse che il suo posto era a Premana.<br />
Leonardo Migliore è rimasto e si è così<br />
radicato nella comunità, che ha sposato<br />
una premanese, è diventato assessore<br />
e, da quindici anni, è presidente<br />
della casa “Madonna della neve”. E<br />
confessa che, allora, le scelte per lui le<br />
fecero Carla Airoldi e don Francesco,<br />
dei quali si era fidato. È un caso che<br />
evidenzia l’attenzione che il COE aveva<br />
alla scuola: Don Francesco e i suoi<br />
collaboratori individuavano docenti<br />
motivati, con valori, che costituissero<br />
un punto di riferimento, così che le<br />
scuole fossero caratterizzate e li invitarono<br />
a collaborare.<br />
Che cosa faceva il COE in Valsassina<br />
e in Valvarrone?<br />
Il COE aveva legami con molti paesi<br />
della zona, e manteneva contatti<br />
anche con gli ex allievi. Curava con<br />
grande attenzione la formazione<br />
professionale dei docenti. In tutta la<br />
Valsassina organizzava varie attività:<br />
tornei sportivi, recite, cori. In questo<br />
modo, anche i docenti che arrivavano<br />
da lontano potevano esercitare le proprie<br />
capacità e mettere a disposizione<br />
le proprie potenzialità culturali. Il COE<br />
copriva la metà delle proposte in Valsassina<br />
riguardo ai corsi professionali<br />
ed era molto attento alle esigenze delle<br />
ragazze. Era un impegno, nella valle<br />
intera, una risorsa, mai una prevaricazione.<br />
Il COE aveva creato una “rete”,<br />
grazie alla quale transitavano docenti,<br />
studenti, iniziative. Beh, c’era sempre<br />
un pullmino che andava su e giù…<br />
Com’era il rapporto con le famiglie?<br />
Proprio il servizio prestato a moltissimi<br />
alunni della Valsassina è stata<br />
occasione preziosa per tener contatti<br />
con le famiglie, per informarle dell’andamento<br />
dei figli e per fare attività di<br />
sensibilizzazione culturale. Il COE si<br />
è sempre qualificato. Si sapeva che<br />
la scelta educativa aveva motivazioni<br />
molto profonde. Don Francesco era<br />
onnipresente. Non so quanti viaggi<br />
abbia fatto da Saronno a Barzio per<br />
incoraggiare, promuovere, inventare.<br />
E con le istituzioni locali?<br />
È stata una felice intuizione quella di<br />
legarsi al territorio. Anche l’impegno<br />
per la mondialità è una caratteristica<br />
del COE, una costante a tutti i livelli. Il<br />
COE ha investito moltissimo sulla valle<br />
e tutta la Valsassina ha fatto tesoro del<br />
COE come risorsa. Non vorrei dimenticare<br />
il ruolo del prof. Vittorio Calvetti,<br />
assessore provinciale all’Istruzione<br />
in quegli anni lontani. Con il Provveditore<br />
agli Studi di Como, Calvetti e il<br />
COE si creò un triangolo virtuoso che<br />
permise, in pochi anni, il decollo della<br />
scuola media in Valsassina, allargando<br />
la fascia di utenza dell’istruzione<br />
obbligatoria. Le istituzioni compresero<br />
che il COE non avrebbe dato un<br />
appoggio distaccato e formale, ma un<br />
progetto educativo da condividere.<br />
9
Creatore è l’altro nome di Dio e<br />
l’uomo è, per eccellenza, la sua<br />
creatura più completa, non necessariamente<br />
la più importante, ma<br />
è quella che ha ricevuto il compito<br />
di continuare la sua opera creatrice.<br />
Come dice il poeta, Dio non ha bocca<br />
per parlare agli uomini, ha solo la nostra.<br />
Dio non ha mani e piedi per costruire<br />
e camminare, ha solo le nostre<br />
mani e i nostri piedi. A luce di quanto<br />
appena detto, l’uomo è rivestito di<br />
maggiori responsabilità in relazione a<br />
tutte le altre creature ed è chiamato a<br />
mettere in essere i doni che il Signore<br />
gli ha dato, moltiplicarli piuttosto che<br />
nasconderli in modo da rendere la propria<br />
vita e quella degli altri più degna<br />
di essere vissuta.<br />
Se è valido il pensiero secondo cui<br />
ogni uomo e ogni donna sono chiamati<br />
innanzitutto ad arricchire la propria<br />
esistenza con scelte e decisioni opportune,<br />
si distinguono coloro che singolarmente,<br />
o assieme ad altri, si impegnano<br />
nella creazione di un mondo nuovo.<br />
Costoro si possono riconoscere anche<br />
dai piccoli gesti di cordialità umana<br />
come dalle grandi scelte quale quella di<br />
impegnarsi, in maniera non episodica,<br />
10<br />
IMPEGNO PER UN MONDO NUOVO<br />
di Francisco Pacavira<br />
Compleanno<br />
nella ricerca delle migliori soluzioni alle<br />
sfide del proprio tempo con una attenzione<br />
particolare agli ultimi.<br />
Sotto questo punto di vista, il COE, nel<br />
suo piccolo, continua l’opera creatrice<br />
del Signore e nel cammino percorso si<br />
evidenziano le opportunità create perché<br />
persone e culture dialogassero in<br />
diversi luoghi del globo terrestre. Inoltre,<br />
vanno sottolineati l’organizzazione<br />
di eventi e le opere di promozione<br />
umana in cui la formazione<br />
e l’educazione rivestono<br />
un ruolo di vitale<br />
importanza, tra l’altro,<br />
frutto di una scelta ben<br />
precisa: creare una realtà,<br />
viverla attivamente,<br />
con scopi ben precisi.<br />
La presente riflessione<br />
avviene quando il COE<br />
ha appena celebrato il<br />
suo cinquantesimo anniversario<br />
della fondazione,<br />
la cui preparazione<br />
e festa sono state improntate<br />
dalla riscoperta<br />
della spiritualità di don<br />
Francesco, del suo modo<br />
di vedere e di fare le<br />
cose, dal suo stile e carisma nonché da<br />
un’analisi profonda circa la validità del<br />
progetto iniziale, ossia le ragioni per<br />
cui nacque il COE. La comunità del<br />
COE di Roma si è trovata a riflettere sul<br />
marchio storico con alcune domande<br />
che richiedono innanzitutto risposte<br />
personali, che intendiamo condividere<br />
con chi leggerà questo articolo.<br />
Ma il COE, ha ragione di continuare ad<br />
esistere? Il COE sta rispondendo alle<br />
sfide attuali? Il COE continua l’opera<br />
di creazione di Dio o guarda se stesso<br />
perdendo la direzione cui guardare<br />
e scegliendo di subire gli eventi e non<br />
più crearli? Cosa sarà il COE entro dieci,<br />
quindici anni? Come vorremmo che<br />
fosse nei prossimi vent’anni?<br />
Domande apparentemente retoriche,<br />
ma che rivestono una certa importanza<br />
strategica, perché investire è creare,<br />
è aver fiducia nel futuro. Nel momento<br />
in cui si lascia di investire, di osare<br />
e sognare, di volere trasformarsi per<br />
meglio rispondere alle sfide del nostro<br />
tempo, uccidiamo il futuro.<br />
“Se tornassi indietro io rifarei quella<br />
strada piena di incanti, di incontri che<br />
ci facevano subito amici, che ci legavano<br />
profondamente”. (Don Francesco)<br />
Roman del Turkmenistan ed Elias d’Israele
La 20ª edizione del Festival del<br />
Cinema Africano, d’Asia e America<br />
Latina si terrà a Milano dal<br />
15 al 21 marzo <strong>2010</strong>: un appuntamento<br />
ormai storico per gli appassionati<br />
del cinema del sud del mondo,<br />
l’unico festival in Italia interamente<br />
dedicato alla conoscenza della cinematografia,<br />
delle realtà e delle culture<br />
dei paesi dell’Africa, dell’Asia e<br />
dell’America Latina.<br />
Il programma del <strong>20°</strong> Festival del<br />
Cinema Africano, d’Asia e America<br />
Latina prevede le ormai consuete<br />
due sezioni “competitive” - Concorsi<br />
Finestre sul Mondo - aperte<br />
ai lungometraggi di fiction e ai documentari<br />
di Africa, Asia e America<br />
Latina e due concorsi riservati esclusivamente<br />
all’Africa: Concorso per il<br />
Miglior Film Africano e Concorso per<br />
i Migliori Cortometraggi di Fiction e<br />
Documentari (unificati quest’anno in<br />
un’unica sezione).<br />
Tra i film del Concorso Finestre sul<br />
Mondo, da Haiti l’ultimo film di Raoul<br />
Peck, Moloch Tropical, lettura creola<br />
del Moloch di Sokurov, un’acuta e<br />
inquietante rappresentazione della<br />
follia del potere assoluto.<br />
Novità di quest’anno: la collaborazione<br />
con l’International Film Festival<br />
Rotterdam (27 gennaio - 7 febbraio<br />
<strong>2010</strong>) per la presentazione in prima<br />
nazionale di una selezione di film<br />
del programma “Where is Africa”. E’<br />
la prima volta che un festival internazionale<br />
del calibro di Rotterdam<br />
dedica all’Africa un focus così ricco<br />
e innovativo e siamo felici di poterlo<br />
portare in Italia.<br />
L’idea nasce da Gertjan Zuilhof (programmatore<br />
storico di Rotterdam)<br />
che dichiara: “Non c’è altra ragione<br />
nell’aver fatto ora questa sezione se<br />
non che avremmo dovuto farla prima.<br />
È evidente che l’Africa non è<br />
IL FESTIVAL<br />
COMPIE 20 ANNI!<br />
a cura di Gabriella Rigamonti<br />
rappresentata nell’ambito dei festival<br />
internazionali se non per qualche<br />
film selezionato. L’idea era quella di<br />
andare nei paesi meno rappresentati<br />
e incontrare i filmmaker locali”.<br />
Il programma “Where is Africa” includerà<br />
nuovi corti e lunghi dedicati<br />
al cinema indipendente africano, in<br />
particolare dall’Africa anglofona, e<br />
presenterà anche la nuovissima serie<br />
dal titolo provocatorio Forget Africa<br />
costituita da film commissionati dal<br />
festival di Rotterdam e girati nel continente<br />
da registi asiatici e occidentali<br />
in collaborazione con registi locali.<br />
Ai registi è stato chiesto semplice-<br />
11
mente di viaggiare ciascuno per una<br />
paese africano a sua scelta e girare<br />
un film sulla base delle loro prime<br />
impressioni.<br />
A Milano in occasione del festival<br />
sarà quindi proposta una selezione<br />
dei film africani di “Where is Africa”<br />
e per interno, lo speciale focus<br />
“Forget Africa” che includerà quindi<br />
opere del filmmaker filippino Khavn<br />
De la Cruz (Cameroun), della regista<br />
Malese Tan Chui Mui (Sudafrica),<br />
delle registe americane Kimi Takesue<br />
(Uganda) e Deborah Stratman (Malati),<br />
della filmmaker Indo – americana<br />
Pia Sawhney (Ruanda), del<br />
filmmaker tedesco Uli Schuppel e<br />
dell’artista Sherman Ong (Tanzania),<br />
della filmmaker filippina residente<br />
in Pechino Joanna Arong Vasquez e<br />
dell’artista/regista tailandese Jakrawal<br />
Nilthamrong (Zambia), dell’indonesiano<br />
filmmaker Edwin (Kenya),<br />
dell’americano Kevin Jerome Everson<br />
(Angola) e dell’artista austriaca Ella<br />
Raidel (Mozambico).<br />
“Africa nel pallone”: sempre attento<br />
alle tematiche forti che provengono<br />
dal continente africano, e soprattutto<br />
alle immagini che questo continente<br />
produce, in occasione dei Mondiali<br />
del <strong>2010</strong> in Sudafrica, il Festival ha<br />
deciso di dedicare un focus al calcio<br />
nel continente. Il programma “Africa<br />
nel pallone” presenterà quei film<br />
e video che negli ultimi anni hanno<br />
dato espressione al rapporto intenso<br />
e complesso tra il football e l’Africa<br />
mostrandone gli aspetti più appassionati<br />
e positivi (il forte valore di aggregazione<br />
sociale e nazionale del gioco<br />
del calcio); ci sarà spazio per il calcio<br />
femminile, ma anche per documentare<br />
realtà più contraddittorie come<br />
la tratta dei piccoli calciatori africani<br />
attirati dal sogno di diventare dei<br />
grandi campioni.<br />
12<br />
Un fotogramma del cortometraggio “Ils se sount tus”<br />
Il fuoriconcorso del Festival presterà<br />
un’attenzione particolare ai registi<br />
italiani con la sezione “Extra” presentando<br />
opere rivolte ai tre continenti<br />
protagonisti del Festival e<br />
che trattano problematiche relative<br />
all’immigrazione in Italia.<br />
Abbracciando lo slogan il “Razzismo<br />
è una brutta storia”, il Festival<br />
parteciperà inoltre alla campagna<br />
lanciata da “la Feltrinelli” su un tema<br />
sempre più attuale e urgente, l’antirazzismo,<br />
con una sezione di film<br />
ispirati al tema e una serie di incontri<br />
ed eventi.<br />
Questa nuova collaborazione tra Festival<br />
e la Feltrinelli ha dato vita al<br />
Premio Feltrinelli che si aggiunge<br />
agli altri premi del Festival e che sarà<br />
consegnato al miglior film del festival<br />
che affronta il tema del razzismo.<br />
Alla programmazione nelle sale cinematografiche<br />
si affiancano gli eventi<br />
del Festival Center, uno spazio di incontro/bar<br />
per gli ospiti del Festival<br />
e gli spettatori che accoglierà varie<br />
iniziative: mostre e attività multidisciplinari<br />
(danza, atelier di decorazione,<br />
giochi di società…) ispirate<br />
alle culture dei tre continenti e, tra<br />
le novità di quest’anno, la stanza<br />
dei bambini e il film&bookcrossing,<br />
scambi di indirizzi ed esperienze di<br />
viaggi e immagini dal sud del mondo.<br />
Il Festival Center è ubicato nel bastione<br />
ovest di Porta Venezia e sarà<br />
attivo da martedì 16 a domenica 21<br />
dal mattino fino alle 20. Tutte le attività<br />
per il pubblico saranno gratuite.<br />
Dalle 17 alle 18 all’Ora del Tè, il festival<br />
vi aspetta per conversare con i<br />
registi ospiti sorseggiando i tè delle<br />
diverse culture.<br />
Dalle 18.30 alle 20.00 l’Etno-Bar offre<br />
al pubblico un happy hour con<br />
assaggi di cibo dal mondo.<br />
Alcuni film del Festival anche<br />
quest’anno circuiteranno su tutto il<br />
territorio italiano toccando altre città<br />
italiane.
FINESTRA SUL MONDO<br />
STORIA DI UN FESTIVAL<br />
Don Francesco Pedretti, padre Bellucci, padre<br />
Bruno alla prima edizione del Festival<br />
Il Festival del Cinema Africano nasce<br />
a Milano nel 1991 nell’ambito delle<br />
iniziative che il COE ha promosso<br />
per diffondere in Italia la conoscenza<br />
delle culture e dei popoli dell’Africa. E’<br />
da subito che si afferma anche come<br />
occasione d’incontro e di approfondimento<br />
dei temi e dei linguaggi di nuove<br />
cinematografie, quelle africane e<br />
della diaspora africana nel mondo.<br />
Molti sono gli obiettivi che il COE, attraverso<br />
la realizzazione del Festival,<br />
ha perseguito fin dall’inizio e che nel<br />
corso degli anni si sono riaffermati in<br />
tutta la loro urgenza rendendo sempre<br />
più determinato l’impegno del COE in<br />
questo campo:<br />
- veicolare un’immagine del Sud del<br />
mondo, con i suoi problemi, le sue<br />
aspettative e le sue realtà culturali e<br />
sociali, attraverso il punto di vista dei<br />
registi locali;<br />
- sollecitare nelle scuole l’introduzione<br />
degli audiovisivi come strumenti didattici<br />
per l’educazione all’immagine e<br />
per l’approccio interculturale;<br />
- offrire alle comunità straniere in Italia<br />
un’opportunità d’incontro con la pro-<br />
pria cultura d’origine;<br />
- proporre un’alternativa concreta alla<br />
cultura e all’informazione corrente<br />
dei mass media in rapporto al Sud del<br />
Mondo;<br />
- dare un’opportunità ai registi di entrare<br />
in contatto con le istituzioni europee<br />
di produzione e distribuzione<br />
cinematografica;<br />
- stimolare uno scambio culturale tra<br />
gli artisti, il pubblico, i giornalisti e i<br />
professionisti del settore degli audiovisivi;<br />
- approfondire la conoscenza dei temi<br />
e dei linguaggi delle cinematografie<br />
meno conosciute e mettere in evidenza<br />
le potenzialità della creatività artistica<br />
dei tre continenti.<br />
Per i primi 9 anni il Festival del Cinema<br />
Africano di Milano rimane legato<br />
esclusivamente all’Africa.<br />
La sua proposta cinematografica si rivela<br />
di grande importanza perché, grazie<br />
a una visione dell’Africa e del mondo<br />
proposta da autori africani, il Festival<br />
propone un’alternativa concreta alla<br />
cultura e all’informazione corrente dei<br />
mass-media.<br />
Il film TILAI è il vincitore della prima edizione del Festival<br />
Nel corso degli ultimi anni ‘90 la programmazione<br />
del festival si arricchisce<br />
man mano di nuovi orizzonti geografici<br />
e di nuove sezioni, come la sezione<br />
video che evidenzia l’entrata nell’era<br />
del digitale.<br />
Con la Sezione ”Finestre sul mondo”,<br />
istituita nel 2000, si valicano i confini<br />
dell’Africa aprendo il Festival ad una<br />
dimensione di cinema meticcio dove i<br />
limiti culturali e razziali si fanno sempre<br />
più labili.<br />
Con questa sezione cominciano a comparire<br />
sugli schermi del festival film dai<br />
Caraibi, dal Pacifico, dall’area mediorientale,<br />
dall’Asia e dal Sudamerica. La<br />
ricchezza e la varietà di questa produzione<br />
cinematografica ci spingono,<br />
pochi anni dopo, a riformulare il regolamento<br />
del concorso e a modificare<br />
radicalmente la struttura del festival.<br />
Nel 2003 infatti il il Festival del Cinema<br />
Africano di Milano prende il nome<br />
di Festival del Cinema Africano, d’Asia<br />
e America Latina estendendo la competizione<br />
al cinema dei tre continenti.<br />
Nasce la sezione competitiva di lungometraggi<br />
provenienti da Africa, Asia e<br />
America Latina: Concorso Lungome-<br />
13
traggi “Finestre sul mondo” e la sezione<br />
competitiva di documentari provenienti<br />
da Africa, Asia e America Latina:<br />
Concorso Documentari “Finestre sul<br />
mondo”<br />
Ai Concorsi Finestre sul Mondo si affianca<br />
la sezione “Panoramica sul cinema<br />
africano” che accoglie tutte le nuove<br />
produzioni africane<br />
fuori-concorso.<br />
Dal 2006 anche questa<br />
sezione diventa competitiva<br />
con la creazione<br />
di un Premio al Miglior<br />
Film Africano del Festival.<br />
Le altre sezioni del festival:<br />
Concorso Cortometraggi<br />
Africani (aperto a<br />
fiction e documentari),<br />
Retrospettive e Sezioni<br />
a tema rimangono dedicate<br />
al cinema africano<br />
per mantenere viva la<br />
tradizione e la specificità<br />
del festival.<br />
I motivi di quest’apertura<br />
del festival agli altri<br />
continenti del Sud del<br />
mondo sono molteplici.<br />
Innanzitutto la richiesta<br />
degli stessi registi africani<br />
di partecipare ad una<br />
competizione che non<br />
14<br />
Serata finale alla 18ª edizione<br />
si limiti al cinema africano<br />
ma che apra le<br />
porte ad un confronto<br />
con altre cinematografie.<br />
Si moltiplicano gli<br />
sguardi sulle cinematografie<br />
più nascoste<br />
per un ulteriore arricchimento<br />
del dialogo<br />
multiculturale.<br />
Nel corso degli anni<br />
il pubblico del festival<br />
è numericamente<br />
cresciuto arrivando a<br />
circa 14.000 presenze<br />
nell’ultima edizione.<br />
Se grande è l’interesse<br />
del COE per il<br />
pubblico in generale,<br />
non meno grande è<br />
quello per il pubblico<br />
scolastico e i giovani<br />
universitari. Il COE infatti, sin dall’inizio<br />
delle sue attività, ha rivolto proprio<br />
al mondo scolastico una particolare<br />
attenzione per la formazione di educatori<br />
e di giovani con una mentalità<br />
e un atteggiamento aperti ad una dimensione<br />
interculturale, proponendo<br />
percorsi didattici che privilegino le<br />
La serata di premiazione dell’ultima edizione del Festival<br />
produzioni artistico-espressive come<br />
strumenti di conoscenza di sé e degli<br />
altri.<br />
L’organizzazione all’interno del festival<br />
di uno Spazio Scuola e di uno Spazio<br />
Università rispondono proprio a questa<br />
esigenza. Le giornate del Festival<br />
sono così rese gioiose dalla partecipazione<br />
di tante classi delle scuole elementari,<br />
medie inferiori e superiori alle<br />
diverse proiezioni appositamente organizzate<br />
per le scuole. Alcuni studenti<br />
delle scuole superiori sono chiamati a<br />
costituire una giuria multiculturale per<br />
conferire ad un cortometraggio africano<br />
un premio messo a disposizione dal<br />
CEM (<strong>Centro</strong> Educazione Mondialità –<br />
Padri Saveriani), mentre una giuria di<br />
insegnanti conferisce il premio ISMU.<br />
Incontri con registi ospiti del Festival<br />
si tengono in varie Università e molti<br />
studenti-stagisti collaborano con diverse<br />
mansioni all’organizzazione e allo<br />
svolgimento della manifestazione.<br />
Come dalla prima edizione, insieme<br />
alla competenza e alla serietà professionale<br />
i collaboratori e i volontari del<br />
COE continuano a mettere a disposizione<br />
del Festival il loro entusiasmo e<br />
la loro generosità garantendo ad ogni<br />
edizione un grande successo.
The projet<br />
Cortometraggi africani<br />
Alcuni film, selezionati nell’ultimo Festival,<br />
distribuiti in Italia dal COE<br />
E’ un’opera prima il cortometraggio di Mohamed Ali<br />
Nahdi, The projet, vincitore del premio CEM-Mondialità.<br />
Le monologue de la muette<br />
Questo documentario della senegalese Khady Silla e<br />
del belga Charlie Van Damme, vincitore del Premio<br />
CUMSE, ci porta nel mondo di Amy, “bonne”, cioè<br />
collaboratrice domestica, “politicaly correct” parlando,<br />
o serva, realisticamente parlando, presso una<br />
famiglia di Dakar .<br />
Il mondo di Amy è un mondo chiuso tra le quattro<br />
mura della casa in cui lavora duramente, avvolto in<br />
un remissivo silenzio. Non c’è comunicazione con<br />
la padrona, che le rivolge la parola solo per impartire<br />
ordini o muovere rimproveri e a cui deve un’ossequiosa<br />
ubbidienza e non c’è più comunicazione con<br />
Un viaggio nelle scorribande notturne dei giovani tunisini<br />
di un quartiere degradato, di cui è protagonista il<br />
giovane Sami che passa il tempo tra risse, furti e incomprensioni<br />
familiari, finché non viene arrestato.<br />
Una Tunisi, poco riconoscibile, ma uniformata a tutte le<br />
metropoli per la piccola delinquenza che la abita, che<br />
scorre davanti ai nostri occhi a ritmo forsennato.<br />
Lo sguardo dell’autore è severo, grazie anche a una fotografia<br />
plumbea e a dialoghi secchi: non ammette scusanti<br />
neanche quando entra in gioco l’escamotage della<br />
finzione filmica, perché la critica alla sovrastruttura è<br />
più severa di quella alla struttura.<br />
Si accenna, in conclusione, a una garbata censura che<br />
mina, con una terribile naturalezza, il mondo culturale<br />
e per la quale lo sguardo sconcertato del regista nel<br />
finale non sembra ammettere possibilità di soluzione.<br />
la casa, la famiglia che è rimasta al villaggio, lasciato<br />
come molte altre coetanee, insieme agli studi, per cercare<br />
un po’ di fortuna in città.<br />
Amy, dal volto fiero, ma triste, che porta tutti i segni dei<br />
sogni che non ci sono più e del dolore con cui convive,<br />
nella sua solitudine, tace, ma parlano i suoi pensieri,<br />
che viaggiano malinconicamente verso casa, in modo<br />
da non annullare completamente dentro di sé il legame<br />
affettivo, spezzato nella realtà.<br />
Invece, parlano in macchina, intervistate, altre ragazze<br />
come lei, costrette alla stessa scelta, che, con umiltà e<br />
un velo di tristezza, ammettono le rinunce e le speranze<br />
accantonate.<br />
E parlano anche i due autori attraverso una drammatizzazione<br />
rap al femminile di quelli che sono i voli<br />
dell’anima di queste donne che vivono sfruttate, in una<br />
forma di schiavitù socialmente accettata, per la quale<br />
raramente conoscono ribellione e solidarietà dall’esterno.<br />
E ne esce così un monito duro, fermo contro lo sfruttamento<br />
tanto del corpo quanto dell’anima di coloro che<br />
non hanno voce o, meglio, che hanno rinunciato ad<br />
averla, nella convinzione che il loro destino non possa<br />
essere che quello.<br />
15
16<br />
cameroun<br />
La Diocesi di Mbalmayo in festa<br />
di Abbé Adalbert Balla<br />
Sabato 23 Gennaio <strong>2010</strong>, la Diocesi<br />
di Mbalmayo (Cameroun) ha vissuto<br />
un momento di gioia intensa e di<br />
preghiera nella celebrazione del 25mo di<br />
episcopato di Mons. Adalbert Ndzana,<br />
vescovo di questa Diocesi.<br />
L’iniziativa promossa dal clero diocesano<br />
che conta un’ottantina di preti ha previsto<br />
un buon periodo di preparazione con riunioni<br />
settimanali, e, a ridosso della festa,<br />
una conferenza sul programma pastorale<br />
del vescovo, un concerto di musica religiosa,<br />
un pellegrinaggio al Santuario Maria<br />
Regina della Pace, con mobilitazione<br />
d’un gran numero di fedeli.<br />
Il giorno della festa, il piazzale adiacente<br />
alla cattedrale, chiamato Piazza Mons.<br />
Paul Etoga, è stracolmo di fedeli venuti da<br />
tutte le parrocchie della Diocesi per festeggiare<br />
il loro Vescovo. Su questa stessa<br />
piazza, il 20 gennaio 1985, il giovane<br />
prete, l’abbé Adalbert Ndzana riceveva<br />
delle mani del Nunzio Apostolico Mons.<br />
Donato Squicciarini, la consacrazione<br />
episcopale che lo designava successore<br />
di Mons. Paul Etoga, primo Vescovo della<br />
Diocesi di Mbalmayo e primo Vescovo<br />
nero dell’Africa francofona. E’ lui oggi,<br />
il Vescovo festeggiato Mons. Adalbert<br />
Ndzana, a presiedere l’Eucaristia, attorniato<br />
dai due Arcivescovi di Yaoundé e<br />
di Douala, dai Vescovi di Obala, Eseka,<br />
Doumé/Abong Mbang, Kribi, dal Segretario<br />
Incaricato d’Affari della Nunziatura,<br />
da numerosi prelati e da un centinaio di<br />
preti, senza contare i numerosi religiosi<br />
e le religiose. Sono presenti anche il<br />
rappresentante personale del Presidente<br />
della Repubblica, Ministro e Segretario<br />
Generale del partito al potere, numerosi<br />
membri del Governo e numerose autorità<br />
civili, politiche e militari.<br />
Insomma, la celebrazione delle nozze<br />
d’argento del nostro Padre e Vescovo<br />
Mons. Adalbert Ndzana, è per tutti un<br />
grande evento di grazia e di riconoscenza<br />
a Dio per il dono che ha fatto alla Chiesa<br />
di Mbalmayo.<br />
Veniamo ora ai momenti forti che hanno<br />
segnato questo avvenimento.<br />
Il primo è dato dalla profondità e la pertinenza<br />
delle due allocuzioni pronunciate<br />
all’inizio della cerimonia: quella del Sindaco<br />
di Mbalmayo M. Dieudonné Zang Mba<br />
che ha presentato un bilancio delle opere<br />
realizzate dal Vescovo, tra cui un nuovo<br />
Collegio per l’insegnamento Secondario,<br />
un nuovo Ospedale e due Santuari (Maria<br />
Regina della Pace a Nkol Ebindi e Sacro<br />
Cuore a Mbog-Kulu) e quella del Vicario<br />
Generale della Diocesi Mons. Raphael<br />
Ondigui, che ha espresso il senso di legittima<br />
riconoscenza a Dio per l’azione<br />
pastorale svolta nella Diocesi di Mbalmayo<br />
attraverso il suo servo Mons. Adalbert,<br />
sottolineando anche il fatto che la celebrazione<br />
di questo anniversario è stata<br />
voluta e sostenuta da tutto il clero e dal<br />
popolo in segno di<br />
riconoscenza al loro<br />
Pastore. Il secondo<br />
momento forte è stato<br />
l’omelia del Padre<br />
Joseph Marie Ndi<br />
Okalla che, dopo<br />
aver commentato le<br />
letture della messa<br />
si è soffermato sui<br />
due sentimenti che<br />
devono albergare<br />
nell’anima del nostro<br />
Padre Vescovo<br />
in questo giorno giubilare:<br />
un sentimento<br />
di legittima gioia<br />
e di soddisfazione<br />
per il bene compiuto e ricevuto e un sentimento<br />
di umiltà e di compunzione per<br />
le proprie mancanze. Precisando che uno<br />
non esclude l’altro, il predicatore ha abbondato<br />
sul sentimento dell’amore, dono<br />
di Cristo, facendo il parallelo con l’azione<br />
pastorale del nostro Vescovo. Un terzo<br />
tempo forte è stata la benedizione nuziale<br />
a 23 coppie, coronamento della pastorale<br />
familiare, uno dei punti fondamentali del<br />
ministero episcopale di Monsignor Adalbert<br />
Ndzana. E’ stato un bel “bouquet” di<br />
23 matrimoni, con lo spettacolo delle graziose<br />
spose dal bianco vestito svolazzante<br />
in mezzo alla piazza, tenute per mano dai<br />
loro sposi in abito di festa.<br />
L’ultimo momento forte è stato il discorso<br />
dello stesso “Giubilante” che ha nuovamente<br />
sottolineato la duplice dimensione<br />
di questa festa: la dimensione verticale<br />
che rinvia a Dio autore di tutti i beni e<br />
quella orizzontale in direzione degli uomini<br />
a cui ha espresso la sua riconoscenza<br />
per i tanti sacrifici consentiti.<br />
Sono seguite, infine, diverse testimonianze<br />
tra cui quella molto toccante di Mons.<br />
Victor Tonye Bakot, Arcivescovo di Yaoundé,<br />
e le lettere di felicitazioni e di incoraggiamento:<br />
quella di Benedetto XVI con<br />
la benedizione papale, del Cardinal Dias<br />
della Sacra Congregazione per l’Evangelizzazione<br />
e del Nunzio Apostolico Mons.<br />
Eliseo Antonio Ariotti. Da notare le tre<br />
lingue ufficiali usate in tutta la cerimonia,<br />
l’ewondo, il francese e l’inglese, e il latino<br />
per la lettera del Papa.<br />
La cerimonia, durata cinque ore - ma in<br />
Africa il tempo non si misura ! - si è conclusa<br />
con l’offerta dei doni al Vescovo,<br />
primo fra tutti quello del capo dello Stato:<br />
una valigia con un servizio completo di<br />
messa. Dopo il banchetto eucaristico, la<br />
festa è continuata al <strong>Centro</strong> Diocesano<br />
d’Accoglienza sulla collina di Mbog-Kulu<br />
con la partecipazione di molti invitati, vescovi,<br />
preti, autorità civili e religiose. Le<br />
corali, i catechisti e tutti gli animatori parrocchiali<br />
con in testa le diverse associazioni<br />
hanno avuto pure le loro parte.<br />
Rendiamo grazie a Dio per il dono di questo<br />
grande Pastore e a lui diciamo: «Ad<br />
multissimos annos».
cameroun<br />
Nel sesto secolo prima dei nostri tempi<br />
i marinai cartaginesi condotti da<br />
Hanno, il Navigatore hanno dato il<br />
nome di Carro di Dio al Monte Camerun,<br />
che il popolo Bakweri della zona chiama<br />
Mongo ma Loba cioè Montagna di Dio, un<br />
vulcano attivo fino ai nostri giorni e la più<br />
alta dell’Africa Centrale (4100 m). La città<br />
di Buea capoluogo della regione del Sud-<br />
Ovest si trova ai suoi piedi.<br />
Da più di un anno Monsignor Immanuel<br />
Buschu, vescovo della diocesi di Buea ha rivolto<br />
l’invito al COE a essere presente nella<br />
sua diocesi.<br />
Diversi impegni hanno fatto rimandare l’incontro<br />
col Vescovo e l’occasione propizia é<br />
arrivata quando Nicoletta ha ricevuto l’invito<br />
dalla sua amica suora carmelitana nel<br />
monastero di Sasse a Buea di partecipare<br />
alla professione religiosa di Suora Maria Teresa<br />
di Gesù il 7 novembre 2009.<br />
Per partecipare a questo avvenimento e nello<br />
stesso tempo per incontrare il vescovo<br />
partiamo Pina, Nicoletta, Aurora e Magloire<br />
da Mbalmayo la mattina del 6 novembre<br />
a bordo della vettura del CPS per arrivare<br />
a metà pomeriggio a Buea dove troviamo<br />
l’amica Mirabelle, conosciuta durante l’ultimo<br />
CFAS, che ci fa da guida. Dopo una<br />
breve sosta all’albergo si va direttamente al<br />
Vescovado dove Mons. Buschu ci attende.<br />
Pina incomincia presentando la delegazione<br />
che l’accompagna poi passa a parlare<br />
dell’impegno del COE nel mondo e in Ca-<br />
Ascensione<br />
verso le “Char de Dieu”<br />
di Mbarga Manga Magloire<br />
merun e conclude affermando<br />
che, nonostante<br />
la scarsità dei<br />
mezzi, il COE assume<br />
questi impegni con<br />
gioia e fiducia nel Signore<br />
che ci interpella<br />
a essere presenti<br />
dove c’è bisogno.<br />
Monsignore da parte<br />
sua presenta il suo<br />
impegno nella formazione<br />
(scuola di teologia<br />
e di musica) e le<br />
sue preoccupazioni<br />
per l’animazione e la<br />
formazione dei giovani<br />
a Buea che è sede<br />
di una delle più grandi università del Camerun<br />
nella zona anglofona. Espone anche<br />
la sua idea di un <strong>Centro</strong> di formazione dei<br />
giovani in tecniche di produzione agricola<br />
biologica. Augura che il COE possa collaborare<br />
e introdurre novità come il turismo,<br />
l’arte e altre iniziative utili per la crescita dei<br />
giovani di questa diocesi.<br />
Il giorno dopo rivediamo il Vescovo in cattedrale<br />
durante la commovente cerimonia<br />
dei voti perpetui della giovane suora carmelitana<br />
accompagnata dai suoi genitori giunti<br />
dalla Sicilia!<br />
L’incontro con Monsignor Immanuel Bushu,<br />
un uomo aperto, semplice e umile che ci ha<br />
parlato dei suoi impegni, delle sue preoccu-<br />
UN AVVENIMENTO STRAORDINARIO<br />
di Gabriella Pasqui<br />
pazioni e dei suoi progetti per la pastorale<br />
dei giovani, ci ha fatto scoprire che la mietitura<br />
è grande e gli operai sono poco numerosi…<br />
In altre parole, usando la metafora<br />
adatta al posto, l’ascensione della montagna<br />
è lunga e difficile e gli accompagnatori sono<br />
pochi… Il vescovo ha invitato il COE a dare<br />
il suo contributo all’edificazione di uomini<br />
nuovi per un mondo nuovo a Buea, città del<br />
popolo Bakweri, città universitaria e capoluogo<br />
della regione del Sud-ovest, con tante<br />
potenzialità da valorizzare.<br />
Negli usi delle culture tradizionali africane<br />
un uomo maturo e rispettoso non parla molto…<br />
non chiede, si esprime…A noi di capirlo<br />
e rispondere al suo desiderio…<br />
Tale può definirsi un concerto di chitarra classica al carcere di<br />
Mbalmayo tenuto l´11 Febbraio <strong>2010</strong> in occasione della «Fete de<br />
la Jeunesse» dal maestro Michelangelo Severi.<br />
Il maestro è in Cameroun con la moglie Gabriella per un´esperienza<br />
di due mesi e mezzo di volontariato col COE. Essendo i prigionieri<br />
abituati ai ritmi frenetici dei tamburi, balafon e tam tam, eravamo<br />
dubbiosi sull’accoglienza che avremmo ricevuto.<br />
Invece i carcerati hanno ascoltato la musica, prima timidamente,<br />
poi rapiti ed estasiati in un “CRESCENDO”...trascinati dall’esecuzione<br />
del maestro, travolti dall’entusiasmo e dall’emozione che ci<br />
ha coinvolto tutti.. Ci hanno lasciato col grido “Incroyable! Tornate:<br />
le porte sono aperte...” Quel momento è stato un coro, una preghiera<br />
rivolta verso l´ALTO…!<br />
17
Tapili lunedì, 14 dicembre 2009.<br />
Verso le 17, viene notato un<br />
passaggio massiccio di persone,<br />
provenienti dai villaggi situati a<br />
30 Km, verso la strada che porta a<br />
Buta. Esse ci informano che i soldati<br />
del L.R.A. (l’esercito di resistenza del<br />
Signore) si trova a 80 Km da Tapili,<br />
un villaggio tra Niangara, Ndingba,<br />
Isiro e Poko, importante<br />
centro<br />
cittadino della<br />
zona.<br />
L’im p r ov vis o<br />
movimento di<br />
truppe non ci<br />
ha permesso di<br />
passare la notte<br />
tranquilli, ma<br />
abbiamo vegliato<br />
fino all’alba<br />
in un clima di<br />
paura e di smarrimento.<br />
Durante la notte,<br />
infatti, il gruppo<br />
dei ribelli del<br />
L.R.A. si muove<br />
in direzione di<br />
Tapili e martedì<br />
mattina, mentre<br />
siamo riuniti<br />
cercando di capire<br />
la situazione<br />
e organizzare il da farsi, giunge ad<br />
appena 3 Km dal nostro villaggio.<br />
Essi intendono, dapprima infiltrarsi,<br />
circondare totalmente la popolazione<br />
e infine agire.<br />
Crediamo in un aiuto divino quando<br />
un soldato della FARDC, l’esercito<br />
regolare congolese, che si trovava a<br />
Tapili in missione di servizio, prende<br />
il coraggio di verificare le voci circolanti<br />
e, accompagnato dal Capo ufficio<br />
dell’Amministrazione, ben armato,<br />
si avvia con la moto in direzione<br />
dei ribelli.<br />
18<br />
Disgraziatamente i due, incappati in<br />
un’imboscata, cadono nelle mani degli<br />
assalitori e vengono uccisi davanti<br />
alla chiesa protestante di Tapili. Vengono<br />
spogliati e derubati dei fucili e<br />
delle munizioni. È il panico!<br />
Gli assalitori, che avevano preceduto<br />
il gruppo, cominciano a sparare,<br />
rubare, massacrare, incendiare... e<br />
poco dopo i ribelli invadono l’abitato,<br />
ciascuno con un obiettivo preciso:<br />
devastare.<br />
La situazione è disastrosa. La paura<br />
mi paralizza. Ma quando gli assalitori<br />
si sparpagliano nelle stradine, tra le<br />
case in fiamme, fuggo con la famiglia<br />
senza prendere niente. Solo quando<br />
riprendo un po’ di coraggio, ritorno<br />
indietro e, per grazia di Dio, riesco a<br />
recuperare la mia bicicletta e la mia<br />
borsa con i diplomi scolastici. Poi mi<br />
nascondo cercando di identificarli.<br />
Ne vedo quattro in divisa con cap-<br />
congo r.d.<br />
I ribelli del L.R.A. a Tapili<br />
dal racconto di Kamango<br />
Donne e bambini sfollati<br />
pello, gambiere, uniforme color militare,<br />
ben armati ed equipaggiati.<br />
Il terrore mi prende e, senza perder<br />
tempo, cerco di mettermi in salvo.<br />
I ribelli si incamminano verso la Parrocchia<br />
cattolica S. Paolo di Tapili<br />
dove sfondano le porte della chiesa,<br />
entrano in sacristia, rompono gli armadi<br />
con gli abiti della messa, aprono<br />
il tabernacolo,<br />
prendono le<br />
ostie consacrate,<br />
i calici, il ciborio<br />
e distendono<br />
tutto sulla strada<br />
mettendoci sopra<br />
una scopa.<br />
Compiuto il sacrilegio,<br />
tornano<br />
verso il centro<br />
di Tapili aumentando<br />
i danni<br />
materiali.<br />
Verso la sera dello<br />
stesso giorno<br />
alcune fucilate<br />
r i m b o m b a n o<br />
nell’aria per annunciare<br />
la fine<br />
del saccheggio.<br />
I ribelli ritornano<br />
indietro per<br />
la stessa direzione<br />
da cui erano venuti, portandosi<br />
con loro i prigionieri e i beni rubati.<br />
Due giorni dopo uno dei fuggiaschi<br />
di Tapili ci racconta che nei villaggi<br />
intorno alla città altre persone erano<br />
state uccise a colpi di macete...<br />
Questo è il racconto della mia esperienza,<br />
ma come si può immaginare,<br />
le parole non bastano a descrivere la<br />
disastrosa situazione del nostro paese<br />
nel quale centinaia di persone trovano<br />
la morte e altre vivono in condizioni<br />
disumane.
congo r.d.<br />
In Congo i tempi difficili non sono<br />
passati. A circa un anno dal massacro<br />
della popolazione nella parte<br />
Nord-Est del paese, per mano dei ribelli<br />
LRA (The Lord’s Resistence Army di<br />
Joseph Kiny), Rungu continua ad accogliere<br />
gente di tutte le età che fuggono<br />
dai villaggi sinistrati.<br />
L’ultimo attacco di questi ribelli, avvenuto<br />
il 13-14 e 17 dicembre scorso a<br />
Tapili, villaggio a 45 km da Niangara e<br />
85 da Rungu, non ha fatto che peggiorare<br />
la situazione già angosciante della<br />
popolazione.<br />
I fuggitivi arrivati in città sono stati migliaia<br />
in condizione di vita deplorevole.<br />
Tanti sono stati accolti nelle famiglie,<br />
altri sono stati ospitati all’ufficio della<br />
croce rossa, e un grande numero nell’ex<br />
internato delle scuole e nelle scuole<br />
elementari Ababu e Tchembete, dove<br />
di notte si dorme, mentre di giorno si<br />
fa ugualmente scuola. Le difficoltà con<br />
cui si devono confrontare sono tante:<br />
alloggio, fame, igiene personale. Manca<br />
il necessario per la preparazione del<br />
cibo e per la cura delle malattie...<br />
L’aumento della popolazione ha determinato<br />
inoltre altri grandi inconvenienti,<br />
come l’insufficienza di gabinetti,<br />
Famiglia di sfollati<br />
Non dimentichiamoli!<br />
le volontarie di Rungu<br />
di sorgenti per<br />
l’acqua, soldi<br />
per curarsi. I<br />
bambini hanno<br />
dovuto interrompere<br />
una<br />
scuola, già precarianell’insegnamento,<br />
nella<br />
quale i maestri<br />
non sono pagati<br />
regolarmente e,<br />
a volte, aspettano<br />
il salario per<br />
oltre tre mesi.<br />
Da qualche settimana<br />
anche<br />
la nostra zona<br />
è considerata<br />
“zona rossa”,<br />
cioè a rischio, per cui le autorità militari<br />
hanno mandato una compagnia di<br />
soldati allo scopo di proteggere la popolazione.<br />
Purtroppo succede esattamente<br />
il contrario. I militari molestano<br />
la povera gente senza tanti preamboli.<br />
Alle donne che ritornano dai campi<br />
prendono con prepotenza i viveri, e<br />
portano via i pochi animali allevati in<br />
casa. Fermano chi passa, senza guardare<br />
se giovane<br />
o anziano, e si<br />
impossessano<br />
delle biciclette<br />
e del carico trasportato.<br />
Noi stiamo cercando<br />
di aiutare<br />
questa gente,<br />
accogliendo in<br />
ospedale quelli<br />
gravemente<br />
ammalati. Abbiamo<br />
aperto<br />
ai più bisognosi<br />
il nostro centro<br />
nutrizionale e<br />
abbiamo offerto<br />
alle donne<br />
Difficoltà per far giungere gli aiuti umanitari<br />
la possibilità di lavorare le coltivazioni<br />
del centro nutrizionale per guadagnare<br />
qualcosa per vivere.<br />
Ma è una goccia d’acqua che si perde<br />
nell’oceano.<br />
Sono passati di qui i rappresentanti di<br />
alcune ONG umanitarie che hanno rilevato<br />
alcune statistiche dell’ospedale,<br />
hanno fatto una ricerca dei bisogni più<br />
urgenti, hanno promesso aiuti, ma finora<br />
non è arrivato niente.<br />
Anche se non siamo direttamente toccate,<br />
noi viviamo le stesse situazioni di<br />
disagio e di tensione della gente. Ogni<br />
tre o quattro giorni ci arrivano notizie<br />
non poco belle. Non lontano da noi<br />
i ribelli tornano a farsi vivi periodicamente<br />
massacrando e creando panico<br />
nella gente. Davanti a noi, lungo la<br />
strada, mamme e bambini stremati, in<br />
cammino con in testa le poche cose<br />
che hanno, tentano di allontanarsi e<br />
mettersi al sicuro.<br />
Non si può restare indifferenti.<br />
Sappiamo che richieste di aiuto giungono<br />
da ogni parte della terra, ma<br />
speriamo che qualcuno metta a fuoco<br />
i bisogni urgenti della popolazione di<br />
Rungu e dia una mano.<br />
19
20<br />
Educare attraverso lo sport<br />
di Matteo Sametti<br />
Derrick Shimaninga, Lovemore<br />
Tembo, Gibby Mwale, Closter<br />
Mukoka, Ernest Banda, Jane<br />
Seke e Memory Malupande. Chi sono<br />
costoro?<br />
Sono i protagonisti della Never Give<br />
Up, circuito podistico articolato su<br />
cinque prove campestri su distanze e<br />
percorsi diversi, nel distretto di Kafue<br />
in Zambia organizzato dal St. Ambrose<br />
Trade Centre colla sponsorizzazione<br />
dell’Atletica Lecco Colombo Costruzioni.<br />
Da quest’anno il programma sportivo<br />
‘Never Give Up’ si è arricchito con<br />
l’introduzione del Never Give Football<br />
Tournment che coinvolge 80 squadre<br />
suddivise in 5 categorie con 1300 giocatori<br />
(e giocatrici) impegnati ogni sabato<br />
sui polverosi o fangosi campi di<br />
Kafue e dintorni.<br />
Qui l’attività sportiva non rappresenta<br />
certo una priorità. La mancanza d’infrastrutture,<br />
il problema nazionale del<br />
trasporto, lo scarso interesse per lo<br />
sport in generale da parte di scuole,<br />
famiglie, chiese (non in una delle 74<br />
chiese di Kafue c’è un oratorio come<br />
quello che frequentavo io da piccolo)<br />
e l’assenza di società sportive fanno sì<br />
che quel poco di attività che si pratica<br />
è nelle mani di pochi appassionati illu-<br />
minati, solitamente professori di scuola,<br />
che cercano di fare qualcosa, ma non<br />
sono in grado di assicurare continuità,<br />
di trovare finanziamenti per l’attività di<br />
base, di trovare manifestazioni dove<br />
portare gli atleti. Qui è impensabile per<br />
un genitore pensare di poter pagare<br />
per l’attività sportiva dei figli, la scuola<br />
costa e se si tiene conto che le famiglie<br />
in media hanno tre quattro figli, si<br />
comprende come la vita sia veramente<br />
dura anche per chi ha un lavoro.<br />
Non so se lo sport è un diritto, più o<br />
meno inalienabile, come molti iniziano<br />
a sostenere, ma non si può negare,<br />
come sostenuto nel messaggio al<br />
seminario ‘Sport, educazione e fede’<br />
da Benedetto XVI che ‘lo sport possiede<br />
un notevole potenziale educativo<br />
soprattutto in ambito giovanile e, per<br />
questo, occupa grande rilievo non solo<br />
nell’impiego del tempo libero, ma anche<br />
nella formazione della persona. Il<br />
Concilio Vaticano II lo ha voluto annoverare<br />
tra i mezzi che appartengono al<br />
patrimonio comune degli uomini e che<br />
sono adatti al perfezionamento morale<br />
ed alla formazione umana’. Inoltre<br />
nel messaggio il Papa sottolinea che<br />
‘la Chiesa sostiene lo sport che aiuta<br />
lo sviluppo integrale della persona e<br />
sostiene lo sport per i giovani, valoriz-<br />
zambia<br />
zando appieno anche l’attività agonistica<br />
nei suoi aspetti positivi, come, ad<br />
esempio, nella capacità di stimolare la<br />
competitività, il coraggio e la tenacia<br />
nel perseguire gli obbiettivi, evitando,<br />
però, ogni tendenza che ne snaturi la<br />
natura stessa con il ricorso a pratiche<br />
persino dannose per l’organismo, come<br />
avviene nel caso del doping’.<br />
Ed è proprio pensando all’intrinseca<br />
capacità dello sport di stimolare<br />
la competitività, il coraggio e la tenacia<br />
nel perseguire gli obbiettivi che,<br />
ormai quattro anni fa, scegliemmo il<br />
nome ‘Never Give Up’ (tieni duro, non<br />
mollare mai) per la competizione. Chi<br />
opera in Africa sa quanto pesino nella<br />
vita di tutti i giorni, e nello sviluppo<br />
socio-economico più in generale, la<br />
mancanza di tenacia, coraggio e competitività.<br />
Spesso non si ha nemmeno<br />
il coraggio di iniziare qualcosa: perché<br />
tanto è inutile. Poi quando si parte con<br />
un qualcosa a un grande entusiasmo<br />
iniziale, segue di frequente l’abbandono<br />
dell’iniziativa presa, per l’assenza di<br />
tenacia. Infine specie nel lavoro è facile<br />
vedere un appiattimento verso il basso<br />
cause la mancanza di una sana competitività<br />
e la kaduka (invidia) dilagante.<br />
Chi pratica uno sport sa come sia difficile<br />
allenarsi costantemente senza
zambia<br />
un obiettivo definito. Le<br />
due edizioni annuali del<br />
circuito, con le gare a distanza<br />
di due settimane<br />
l’una dall’altra hanno lo<br />
scopo di dare continuità<br />
e una ragione valida per<br />
cui allenarsi costantemente.<br />
Mentre scrivo, sta<br />
per concludersi la sesta<br />
edizione delle campestri<br />
e si stanno per disputare i<br />
quarti di finale del torneo<br />
di calcio. Molti ragazzi si<br />
cimentano sia nella corsa<br />
sia nel calcio, alcuni con<br />
ottimi risultati. Le squadre<br />
sono eterogenee per<br />
composizione, estrazione sociale ma<br />
sono tutte animate da un incredibile<br />
entusiasmo.<br />
Quest’anno oltre alle sette squadre originarie<br />
se ne sono aggiunte altre nove<br />
con una media di 320 partecipanti. Si<br />
va dal disperato e poco professionale<br />
team di Zambia Compound guidato<br />
da un allenatore che assomiglia più a<br />
un boss di quartiere che a un atleta al<br />
team di Chipapa dal super tecnico Bornface<br />
Tembo. Alcuni atleti di Zambia<br />
Compound corrono con appariscenti<br />
catene al collo tanto che, a parte uno<br />
veramente forte, potrebbero fare i cattivi<br />
nel video di qualche rapper americano.<br />
Anche se i risultati sono scarsi<br />
a noi questo team piace perché rappresenta<br />
la voglia di uscire in qualche<br />
modo dal compound di fare qualcosa<br />
di diverso. Chipapa è animata da Bornface<br />
Tembo, appassionato, tenace e<br />
combattivo al punto che in una delle<br />
scorse edizioni quando arrivo alla<br />
partenza intorno alle 9 trovo già tutti<br />
i team pronti. I coach, però, stanno discutendo,<br />
qualcosa non va … Bornface<br />
si trova al centro della discussione …<br />
chiedo cosa non va … e mi spiegano<br />
che Bornface vuole allungare la corsa<br />
da due a tre, quattro giri perché è preoccupato<br />
che il suo gioiellino Derick<br />
possa soccombere su una distanza così<br />
breve. E’ una debolezza forse inaspettata<br />
per questo serio allenatore, vincitore<br />
delle due precedenti edizioni con<br />
due team diversi, anima della Never<br />
Give Up, ma che la dice lunga sul suo<br />
impegno e la voglia di vincere e determinazione<br />
che trasmette agli atleti<br />
negli allenamenti quotidiani.<br />
Certo perché, come auspica Benedetto<br />
XVI, l’attività sportiva sia strumento per<br />
lo ‘sviluppo integrale della persona, bisogna<br />
ancora lavorare molto, soprattutto<br />
sugli educatori allenatori e sulla<br />
sensibilità dei (pochi) luoghi naturalmente<br />
preposti ad accogliere le attività<br />
sportive come scuole e parrocchie, ma<br />
che spesso trascurano i giovani e le attività<br />
sportivo-ricreative<br />
con le scuse più varie.<br />
Ma a vedere questa moltitudine<br />
colorata di mini<br />
atleti lanciarsi determinati<br />
e coraggiosi verso<br />
l’arrivo, o le ragazzine<br />
di Chikoka motivarsi prima<br />
dell’inizio della partita<br />
in cerchio pregando<br />
e cantando si matura la<br />
speranza, per non dire<br />
qualcosa che assomiglia<br />
più alla convinzione che<br />
lo Zambia sarà migliore<br />
sin dal prossimo futuro.<br />
KAFUE<br />
44 Km a sud di Lusaka, capitale<br />
dello Zambia, fatte le debite<br />
proporzioni, ricorda alcuni<br />
paesi della periferia milanese<br />
a vocazione industriale, e dalle<br />
‘rovine’ ancora esistenti si<br />
capisce che sicuramente negli<br />
anni 70 era veramente una<br />
bella cittadina.<br />
Ora ad alcuni quartieri che furono<br />
‘residenziali’, si alternano<br />
‘compound’ o ‘slum’ (bassifondi),<br />
dove numerosissime famiglie<br />
vivono schiacciate in case<br />
precarie, a volte dotate di antenne<br />
paraboliche e televisioni<br />
alimentate da vecchie batterie<br />
d’auto, ma dove l’acqua filtra<br />
facilmente nella stagione delle<br />
piogge e la temperatura sale<br />
come in un forno durante la<br />
stagione secca, nelle strade<br />
dei compound si trovano indifferentemente<br />
galline, maiali,<br />
cani addormentati, bambini,<br />
prostitute, venditori di<br />
popcorn, topi, spazzatura, affilatori<br />
di coltelli e molto altro<br />
inimmaginabile.<br />
Ogni venti case c’è una taverna,<br />
dove si consuma il<br />
chibuku, la densa birra locale<br />
ottenuta dal mais. L’alcolismo<br />
è diffusissimo ed è concausa<br />
dell’Aids. Anche se la scuola<br />
pubblica primaria è da un<br />
paio d’anni gratuita sulla carta,<br />
l’accesso all’istruzione rimane<br />
complicato tenuto conto della<br />
pesante incidenza della voce<br />
spese scolastiche sul bilancio<br />
familiare, infatti, pur essendo<br />
le tasse scolastiche minime,<br />
restano tutta una serie di spese<br />
accessorie quali divisa obbligatoria,<br />
scarpe rigorosamente<br />
nere e sempre lucide, quaderni<br />
e libri, compassi e righelli ...<br />
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22<br />
AMBROGIO VOLONTÉ<br />
Eravamo in tanti ad accompagnare Ambrogio per l’ultimo<br />
viaggio una mattina fredda di febbraio, ma avremmo voluto<br />
essere tutti da Barzio, da Santa Caterina, da Esino, da Roma,<br />
dal Camerun … perché Ambrogio ha lasciato in ognuno di<br />
questi luoghi e a ciascuno il ricordo della sua laboriosità<br />
e semplicità. Era sempre pronto e disponibile ad affrontare<br />
qualsiasi lavoro e a prevenire che cosa c’era da fare in casa,<br />
in giardino rispondendo a ogni necessità. La sua specialità<br />
era lavorare il ferro: “mani di acciaio” l’ha ricordato il<br />
figlio Ivano, ma si industriava in qualsiasi lavoro. Sempre<br />
era accompagnato dalla moglie Antonia e ritroviamo una<br />
testimonianza affettuosa di don Francesco una volta che li<br />
aveva incontrati a Roma: “L’accoglienza affettuosa di Antonia<br />
e Ambrogio mi commuovono. Ho voluto dire loro la stima,<br />
la riconoscenza e l’affetto: due persone sempre disponibili e<br />
che fanno tutto (e sono impegni grandi) per amore. Vivono<br />
il dono della vita come l’hanno sempre vissuto nel loro<br />
matrimonio allargando il cerchio e aumentando l’impegno,<br />
il dono.”<br />
Purtroppo lunghi anni di sofferenza hanno costretto<br />
Ambrogio all’inattività ma lo sentiamo vicino e presente<br />
in tutto quanto le sue mani e il suo cuore d’oro ci hanno<br />
lasciato.<br />
Siamo vicini anche a Giuliano FUSI per la morte del caro<br />
papà VITTORINO e preghiamo perché il Signore dia a tutta<br />
la famiglia serenità e conforto.<br />
libri<br />
Ci è gradito presentare alcune<br />
delle numerose pubblicazioni<br />
sul lavoro educativo<br />
svolto in questi anni dal professor<br />
CARLOS DIAZ MARCHANT.<br />
Il prof. Diaz, socio del COE da diversi<br />
anni, docente di pedagogia<br />
all’Università Cattolica del Cile, è<br />
impegnato nello studio e nell’elaborazione<br />
di nuove proposte educative<br />
atte a promuovere un nuovo<br />
modello di scuola in Cile.<br />
HISTORIA DE LA EDUCACIÓN<br />
CHILENA<br />
(Storia dell’educazione cilena)<br />
<strong>Anno</strong> 2007<br />
È il racconto dei principali successi<br />
dell’educazione nel Cile.<br />
POR UNA ESCUELA CARIÑOSA<br />
(Per una scuola affettiva) <strong>Anno</strong> 2008<br />
Questo libro fa conoscere l’importanza<br />
di insegnare attraverso l’amore e<br />
l’affetto.
iniziative d’inverno<br />
DICEMBRE<br />
2009<br />
Ogni quadro,<br />
ogni<br />
opera d’arte,<br />
ci racconta<br />
una<br />
storia e ci<br />
trasmet te<br />
un’emozione.<br />
L’emozione<br />
arriva fino<br />
al nostro<br />
cuore attraverso numerosi dettagli, tra cui,<br />
all’osservatore più attento non sfugge di certo,<br />
l’uso del colore.<br />
Ecco che il colore viene percepito allora come<br />
una sensazione, quella che il pittore vuole fare<br />
arrivare come proprio messaggio.<br />
Perché al semaforo quando è rosso ci si ferma<br />
e con il verde si va? Di che colore vestiamo un<br />
bambino in un prato verde per poterlo vedere<br />
meglio? La scelta di un colore al posto di un<br />
altro nasconde un preciso significato.<br />
Nel laboratorio i ragazzi hanno risposto insieme<br />
a queste ed altri semplici domande, hanno<br />
compiuto degli esperimenti creativi per gustare<br />
con sorpresa cosa si ottiene mescolando<br />
insieme i colori.<br />
Il magico mondo dei colori<br />
A La Benedicta di Santa Caterina Valfurva numerosi<br />
gruppi di giovani e famiglie hanno trascorso<br />
favolose vacanze natalizie, a contatto<br />
con la natura, tra le alte montagne innevate e<br />
una stimolante proposta di mondialità.<br />
Tutti in pista verso il mondo<br />
Il COE ha partecipato a Milano all’iniziativa<br />
con uno stand alla Mostra-presentazione delle<br />
associazioni di volontariato milanesi per farsi<br />
conoscere alla cittadinanza e presentare:<br />
i progetti di educazione allo sviluppo e all’intercultura<br />
in particolare attraverso i linguaggi<br />
espressivi di tutti i popoli; i progetti di cooperazione<br />
e sviluppo che promuove in America<br />
Latina, Africa, Asia e Papua Nuova Guinea; la<br />
formazione legata ai temi del volontariato internazionale<br />
il <strong>20°</strong> Festival del Cinema Africano,<br />
d’Asia e America Latina di Milano.<br />
I giorni del volontariato<br />
FEBBRAIO<br />
<strong>2010</strong><br />
E s i s t o n o<br />
diverse tecnichepittoriche<br />
che si<br />
differenziano<br />
sia per<br />
i materiali<br />
e gli strumenti<br />
usati<br />
sia per le<br />
superfici<br />
sulle quali<br />
è eseguita<br />
l’opera.<br />
Attraverso i dipinti presenti in sala, hanno imparato<br />
a riconoscerle e a riprodurle.<br />
Sperimentando tecniche pittoriche diverse,<br />
gli alunni sono stimolati a sviluppare la capacità<br />
di osservare ed apprezzare opere d’arte<br />
provenienti da diversi paesi.<br />
Le tante “facce” dell’arte<br />
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Grazie al contributo di tanti amici, la ristrutturazione della<br />
MAISON SAINT PAUL a Kinshasa<br />
per l’accoglienza di studenti universitari è a buon punto.<br />
Con orgoglio vi presentiamo un’immagine di quello che sarà<br />
a lavori finiti. Ma per completare tutto il Mosaico<br />
della Solidarietà entro il <strong>2010</strong> resta ancora tanto da fare.<br />
Ci stai a dare una mano?