Vomero antico - Aracne editrice
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Emilio Ricciardi<br />
<strong>Vomero</strong> <strong>antico</strong><br />
ARACNE
Copyright © MMVIII<br />
ARACNE <strong>editrice</strong> S.r.l.<br />
www.aracne<strong>editrice</strong>.it<br />
info@aracne<strong>editrice</strong>.it<br />
via Raffaele Garofalo, 133 a/b<br />
00173 Roma<br />
(06) 93781065<br />
ISBN 978–88–548–2072–2<br />
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,<br />
di riproduzione e di adattamento anche parziale,<br />
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.<br />
Non sono assolutamente consentite le fotocopie<br />
senza il permesso scritto dell’Editore.<br />
I edizione: settembre 2008
A Mara
Indice<br />
Presentazione p. 9<br />
Introduzione p. 11<br />
Parte I - Breve storia del quartiere p. 17<br />
Parte II - I luoghi p. 35
Presentazione<br />
Già nell’introduzione al suo lavoro sul <strong>Vomero</strong> Emilio Ricciardi<br />
denuncia una scelta che rappresenta una delle qualità più<br />
interessanti dello studio relativo alla trasformazione subìta dalla<br />
fascia collinare napoletana in un tempo assai breve, se si pensa<br />
alla storia millenaria dell’insediamento <strong>antico</strong>. Avere deciso di<br />
pubblicare, infatti, solo immagini e planimetrie che si fermano<br />
all’Ottocento contribuisce, molto più di vedute antiche e fotografie<br />
moderne messe a confronto, a marcare i cambiamenti avvenuti<br />
nelle colline verdeggianti, punteggiate da qualche masseria<br />
e da rare ville, entrate nell’immaginario collettivo locale<br />
grazie alla diffusione della tardoquattrocentesca tavola Strozzi.<br />
L’autore, tuttavia, non dedica a rimpianti per quello (tanto)<br />
che si è perduto. Cosciente che si sarebbe potuto, con una visione<br />
poco più lungimirante, trasformare la zona collinare in una<br />
più vivibile area residenziale, si limita a ricordare come,<br />
all’incirca dalla metà del secolo appena trascorso, non si può<br />
parlare di storia urbana del <strong>Vomero</strong> senza rimarcare che si tratterebbe,<br />
come scrisse Giancarlo Alisio, di narrare la cronaca di<br />
un massacro.<br />
Sorto nell’Ottocento con un piano che ignorava le qualità<br />
panoramiche delle creste collinari, con ritardi nel collegamento,<br />
già allora non facile, con la città storica, il quartiere si svilupperà<br />
con fatica tra fallimenti, ritardi e varianti ai tanti piani studiati,<br />
fino all’esplosione edilizia del secondo Novecento, che ha<br />
definitivamente cancellato, dovunque era possibile, e anche dove<br />
non lo sarebbe stato, quasi tutte le tracce della stratificazione<br />
secolare dell’ambito collinare. E quindi ben venga la scelta di<br />
dimenticare, sia pure per un breve momento, il caos quotidiano<br />
per prendere atto di una immagine diversa che, anche se perduta,<br />
può in qualche modo indurci a ripercorrere i luoghi nel ricordo<br />
di com’erano, ripensandone la qualità.
10<br />
Presentazione<br />
Sulla base di una ricerca cartografica approfondita e con<br />
l’aiuto di una grande quantità di documentazione inedita rintracciata<br />
negli archivi e nelle biblioteche, le brevi note di storia<br />
urbana sono tratteggiate con la volontà di percorrere, con rapidità<br />
e chiarezza, i percorsi storici che collegavano villaggi, ville<br />
e masserie separati da ampi spazi verdi, adeguandosi alle peculiarità<br />
fisiche del territorio, per poi ricostruire la successiva<br />
stratificazione, intricata perché nata dall’improvvisazione.<br />
Ma la parte dello scritto di Ricciardi che meglio ci restituisce<br />
l’immagine perduta del quartiere è quella dedicata ai ‘luoghi’; a<br />
ciascuna porzione del <strong>Vomero</strong> sono riservate alcune pagine a<br />
parte, corredate dalla necessaria bibliografia, da numerose planimetrie<br />
(molte delle quali inedite) e dalle più significative immagini<br />
dei vedutisti dei secoli passati. I singoli paragrafi, nei<br />
quali sono bandite nostalgiche rievocazioni e descrizioni di maniera<br />
che avrebbero nociuto alla chiarezza scientifica del metodo<br />
seguìto, nell’illustrazione degli episodi di architettura e degli<br />
ambiti urbani pongono l’accento sulla stratificazione del territorio<br />
storico, mostrano cappelle rurali e conventi modesti, aree a<br />
orto, grandi giardini, posizioni panoramiche invidiabili occupate<br />
da grandi ville i cui nomi ora ricordano solo percorsi stradali<br />
impraticabili per la densità di traffico meccanico e ‘pedonale’.<br />
Qualcosa si è salvato, ma è difficile goderne; possiamo ritrovarne<br />
le tracce nel volume che sollecita memorie e interesse<br />
a verificarne l’esattezza orientandosi nella caotica struttura attuale.<br />
MARIA RAFFAELA PESSOLANO
Introduzione<br />
Chiunque abbia studiato il <strong>Vomero</strong> sa che la difficoltà principale,<br />
per intraprendere una ricerca sull’argomento, non consiste<br />
nella scarsità di fonti. Al contrario, a partire dalla fine<br />
dell’Ottocento, quando la fisionomia del quartiere napoletano<br />
inizia a distinguersi da quella delle zone collinari vicine, è disponibile<br />
una vasta bibliografia che, unita alla documentazione<br />
archivistica e iconografica, permette di ricostruire senza troppe<br />
lacune la storia e la topografia del territorio vomerese 1 .<br />
Tuttavia, se la dovizia di testimonianze smentisce il luogo<br />
comune secondo il quale il <strong>Vomero</strong> sarebbe un quartiere “senza<br />
storia”, il materiale a disposizione, in particolare quello bibliografico,<br />
è di natura piuttosto eterogenea e mescola informazioni<br />
sulla topografia con ricordi personali, impressioni paesaggistiche<br />
e note di folklore. Inoltre nella maggior parte dei casi la<br />
trattazione abbraccia solo gli anni più recenti e le rare volte che<br />
l’indagine si spinge ai secoli anteriori al XIX gli autori preferiscono<br />
lasciare spazio alle leggende o ripiegare su osservazioni<br />
generiche sulla storia di Napoli piuttosto che cercare di individuare,<br />
attraverso la ricerca d’archivio e una attenta lettura architettonica<br />
e urbanistica, le peculiarità della zona.<br />
Sebbene non manchino contributi basati sull’osservazione<br />
diretta dei luoghi 2 , e anche se alcuni edifici del <strong>Vomero</strong> sono<br />
1<br />
Cfr. G. TAFURI, Cenni sul villaggio del <strong>Vomero</strong>, con note storiche, climatologiche<br />
e mediche, Napoli 1889; A. ARCUNO, Il <strong>Vomero</strong>. Piccola guida per le scuole e pei viaggiatori…,<br />
Napoli 1915; M. FÙRNARI, Il vecchio <strong>Vomero</strong> dalle origini al 1885, Napoli<br />
1961; G. BELLET, Il <strong>Vomero</strong> capitale di Napoli, Napoli 1966; G. ALISIO, Il <strong>Vomero</strong>,<br />
Napoli 1983; M. FÙRNARI, Il vecchio <strong>Vomero</strong>. Saggio di topografia e toponomastica,<br />
Napoli 1985; M. FINIZIO – S. ZAZZERA, Il quartiere dei broccoli. Storia, tradizioni e<br />
immagini del <strong>Vomero</strong>, Napoli 1985; F. STRAZZULLO, Il <strong>Vomero</strong> tra storia e poesia, Napoli<br />
1985; A. BULISANI, Le strade del <strong>Vomero</strong>, Napoli 1986. Cfr. anche le immagini e<br />
le foto d’archivio raccolte in A. LA GALA, Il <strong>Vomero</strong> e l’Arenella, Napoli 2002.<br />
2<br />
Cfr. G. PARADISO, Arenella e dintorni. Ville e chiese, a cura di N. Della Monica e<br />
M. R. Guglielmelli, Napoli 2000.
12<br />
Introduzione<br />
stati oggetto di brevi monografie 3 , manca ad oggi un lavoro di<br />
sintesi che, abbracciando un arco cronologico ampio e mettendo<br />
a confronto le fonti archivistiche e iconografiche con le osservazioni<br />
“sul campo”, si prefigga di verificare e mettere in ordine<br />
i dati raccolti, integrandoli con nuovi particolari e ricostruendo<br />
con maggiore precisione le antiche vicende del quartiere.<br />
Le testimonianze dei secoli passati, concordi nel descrivere<br />
il <strong>Vomero</strong> come una zona poco urbanizzata e a forte connotazione<br />
agricola, hanno contribuito ad alimentare un’immagine<br />
oleografica del quartiere, che ha impedito di cogliere nella sua<br />
complessità la stratificazione dei luoghi. In realtà il ruolo delle<br />
zone collinari nella storia urbanistica napoletana può essere<br />
compreso appieno solo attraverso una lettura della città “in verticale”,<br />
cercando di indagare e di porre nel giusto risalto non<br />
solo le relazioni dei villaggi del <strong>Vomero</strong> e di Antignano con gli<br />
altri casali sparsi tra l’Arenella e Soccavo, ma anche il rapporto<br />
tra la collina e la sottostante riviera di Chiaia, oppure tra la<br />
sommità di Sant’Elmo e la città vicereale che si estendeva alle<br />
sua falde. Né va trascurata la grande trasformazione che, a partire<br />
dal Decennio Francese, si verificò nel paesaggio rurale napoletano,<br />
e in modo particolare nelle zone collinari, grazie alla<br />
diffusione di nuove tecniche agricole e di colture di maggior<br />
pregio.<br />
Nel presente lavoro si è scelto di non includere, se non in<br />
modo marginale, Castel Sant’Elmo e la certosa di San Martino,<br />
poiché le vicende storiche e artistiche dei due monumenti, così<br />
importanti per la storia di Napoli, sono sempre state distinte da<br />
3 Cfr. E. PÉRCOPO, La villa del Pontano ad Antignano, in “Napoli Nobilissima”, s.<br />
II, 2 (1921), 1-7; E. D’ACUNTI, L'antichissima chiesa di S. Gennariello (Piccola Pompei<br />
al <strong>Vomero</strong>), Napoli 1978; F. STRAZZULLO, Documenti inediti sul convento di S. Maria<br />
della Libera al <strong>Vomero</strong>, in Atti del Congresso Mariano Parrocchiale di S. Maria<br />
della Libera al <strong>Vomero</strong>, Napoli 1985, 89-151; S. ATTANASIO, La villa Carafa di Belvedere<br />
al <strong>Vomero</strong>, Napoli 1985; T. SICILIANO, La Floridiana e Villa Lucia, Napoli 1966;<br />
C. ABBATE, Villa Costanza, Napoli 2001; L. DI MAURO, La villa Pietracatella al <strong>Vomero</strong>,<br />
in Architetture e territorio nell’Italia meridionale. Scritti in onore di Giancarlo Alisio,<br />
a cura di M. R. Pessolano e A. Buccaro, Napoli 2004, 177-189.
Introduzione 13<br />
quelle del <strong>Vomero</strong>, un luogo che, anche dopo la fondazione del<br />
nuovo rione alla fine del XIX secolo, ha tardato a integrarsi nella<br />
città, mantenendo per lungo tempo una sua particolare fisionomia.<br />
La decisione di utilizzare solo immagini dei secoli passati,<br />
senza affiancarvi foto della situazione attuale, nasce dal desiderio<br />
di presentare l’abbondante materiale iconografico, in gran<br />
parte inedito, emerso nel corso delle ricerche d’archivio, ma lo<br />
scopo principale è quello di delineare l’immagine antica dei<br />
luoghi, diversa sia da quella odierna, condizionata dal caos e dal<br />
degrado, sia dalla rappresentazione idealizzata e bucolica che<br />
viene fuori da tanta cattiva letteratura.<br />
La documentazione reperita ha rivelato l’esistenza, accanto<br />
alle fabbriche più note, di masserie, cappelle e conventini rurali<br />
scomparsi da tempo, dei quali sopravvivono episodiche tracce<br />
nella toponomastica, mentre il confronto con le testimonianze<br />
iconografiche ha permesso di chiarire molti particolari della storia<br />
urbanistica del quartiere.<br />
Il lavoro si compone di un breve saggio di carattere generale,<br />
seguito da una trattazione divisa per zone, dedicando a ciascuna<br />
delle dieci aree individuate un paragrafo che ne riassumesse le<br />
vicende. Durante la redazione non si è perso mai di vista il proposito<br />
di fornire uno strumento agile che, senza appesantire il<br />
testo con troppa erudizione, fosse in grado di condurre il lettore<br />
in una piacevole escursione tra le raffigurazioni e le carte antiche,<br />
alla ricerca dell’immagine autentica del più celebrato quartiere<br />
collinare di Napoli.<br />
Ringrazio la professoressa Mariela Pessolano, che ha scritto la presentazione<br />
del libro e ha fornito materiale e consigli durante la stesura del testo, e<br />
il professor Alfredo Buccaro, per avermi gentilmente messo a disposizione<br />
alcune immagini. Devo inoltre al dottor Fausto De Mattia e al dottor Gaetano<br />
Damiano la segnalazione di alcuni documenti utilizzati nella presente ricerca.
I<br />
Breve storia del quartiere
16<br />
Sigle<br />
ASDNa Napoli, Archivio Storico Diocesano<br />
ASNa Napoli, Archivio di Stato<br />
ASVat Roma, Archivio Segreto Vaticano<br />
BNNa Napoli, Biblioteca Nazionale “Vittorio Emanele III”
I villaggi collinari e la parrocchia dell’Arenella<br />
A partire dal XVI secolo, con l’aumento della popolazione, si<br />
erano sviluppati intorno a Napoli numerosi borghi, nei quali<br />
avevano trovato abitazione tutti coloro che non avevano la possibilità<br />
di stabilirsi all’interno delle mura. Al di là dei borghi, le<br />
campagne circostanti erano punteggiate da minuscoli nuclei<br />
abitati 1 distribuiti su una vasta area che si estendeva sulle colline<br />
del <strong>Vomero</strong>, dell’Arenella e dei Camaldoli, giungendo a<br />
lambire i confini di Soccavo, di Posillipo e di Chiaia. Centro di<br />
questa costellazione erano i villaggi del <strong>Vomero</strong> e di Antignano,<br />
collegati dalla via Puteolana per colles, dalla quale si diramavano<br />
i sentieri per raggiungere le campagne circostanti (fig. 1).<br />
Fig. 1 - A. BARATTA, Fidelissimae urbis neapolitanae… [1629], particolare con la “via<br />
del <strong>Vomero</strong>”.<br />
1 “E circa i suoi casali, che sono al numero di 37, i quali fanno un corpo con la città<br />
[…] sono situati […] otto nelle pertinenze del monte di Posilipo, e sono questi […] Antignano,<br />
Arenella, Vommaro, Torricchio, Chianura, Santo Strato, Ancarano, e Villa di<br />
Posilipo.” (Breve descrittione della città di Napoli, Napoli s.d. (ma 1621), 25; cfr. anche<br />
G. A. SUMMONTE, Historia della città e Regno di Napoli, Napoli 1599.
18<br />
Parte I<br />
La distanza dalla città e il carattere rurale dei luoghi spiegano<br />
la distribuzione delle diverse tipologie di edifici sacri. Le<br />
cappelle beneficiali sparse all’interno delle masserie, lungo le<br />
strade principali e nei villaggi, insieme ai piccoli conventi situati<br />
in prossimità dei nuclei abitati, assicuravano la cura pastorale<br />
agli abitanti, mentre due grandi monasteri maschili, quello<br />
di San Martino e quello di San Salvatore a Prospetto, occupavano<br />
la sommità delle colline del <strong>Vomero</strong> e dei Camaldoli. Erano<br />
invece assenti i monasteri femminili, concentrati dopo la riforma<br />
post-tridentina all’interno delle mura urbane.<br />
Lo Status Ecclesiae Neapolitanae, compilato alla fine del<br />
XVI secolo per conto dell’arcivescovo Annibale di Capua, elenca<br />
tra il <strong>Vomero</strong> e l’Arenella la chiesa di San Gennarello ad<br />
Antignano, quella di Santa Maria del Soccorso, la cappella di<br />
Santa Maria a Corigliano e i conventi di Sant’Agostino<br />
all’Arenella, Santa Maria degli Angeli al <strong>Vomero</strong> e Santa Maria<br />
della Libera 2 . A questa data esistevano anche la cappella di<br />
Santo Stefano, alla confluenza delle strade che provenivano da<br />
Posillipo e da Soccavo, e, più a valle, quella di Santa Maria<br />
delle Grazie “dei Passarelli”, all’interno di una estesa tenuta che<br />
apparteneva ai frati di San Domenico Maggiore.<br />
Nello scorcio del Cinquecento Antignano, il <strong>Vomero</strong> e<br />
l’Arenella appartenevano alla parrocchia di Santa Maria Maggiore,<br />
una chiesa situata nel centro <strong>antico</strong> della città; per questo<br />
motivo gli abitanti dei casali sparsi sulle colline chiesero che<br />
fosse loro garantito un più facile accesso ai Sacramenti e gli arcivescovi<br />
napoletani accolsero la richiesta, istituendo la nuova<br />
circoscrizione di Santa Maria del Soccorso, che si estendeva tra<br />
la collina di Posillipo, il casale di Soccavo e le parrocchie di<br />
Santa Maria dell’Avvocata, Santa Maria della Neve e<br />
Sant’Anna di Palazzo, racchiudendo una vasta area che andava<br />
più o meno dall’attuale piazza Canneto fin sopra l’eremo dei<br />
2 ASDNa, Status Ecclesiae Neapolitanae [s.d., ma 1580-85]. Sugli edifici sacri del<br />
<strong>Vomero</strong> cfr. E. RICCIARDI, Chiese secentesche tra <strong>Vomero</strong> e Arenella, in «Ricerche sul<br />
‘600 napoletano» 2001, 111-132.